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Autore: taty990    12/10/2010    5 recensioni
Una Sana e un Heric adulti; un mondo diverso nel quale conoscersi e - magari - amarsi. Alle volte, però, bisogna mettersi in gioco. Perciò, giochiamo?!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Giochiamo?


Era una buia mattina di ottobre. La leggera pioggia si infrangeva - delicatamente, con accuratezza - al suolo. Il cielo era cupo, sterile, privo di vita. Se ti capitava di alzare il capo - distrattamente - non potevi osservare altro che un unico colore, grigio. Tuttavia, lei, Sana, non aveva nessuna intenzione di alzare il capo verso il cielo, verso un Dio che si divertiva a giocare con l'acqua. Era fin troppo occupata a cercare di coprirsi con quell'ombrello multicolore non lasciando che nessuna goccia sgattaiolasse via, finendo sui suoi capelli lisci. Chissà perchè, la fissa dei capelli non le era mai passata; il suo risveglio veniva susseguito da accurati e minuziosi atteggiamenti tutti rivolti alla cura di quei lunghi capelli color rame che si ritrovava, sempre ordinati e assolutamente perfetti. Del resto non aveva vizi, aveva una sola fissazione, loro.

Frequentava il secondo anno di Lettere all'Università, non poteva fare altro che sentirsi sempre più convinta e sicura che la scelta compiuta l'anno prima era decisamente la migliore per lei, l'unica che potesse renderla felice fino in fondo.

Camminava a passi lenti e leggeri, con la solita eleganza che la contraddistingueva. Raggiunse dopo qualche minuto l'entrata della facoltà, ancora spoglia di studenti. Amava entrare in un luogo come quello, in un luogo che sarebbe stato immerso nella confusione successivamente e che, invece, in quell'istante era immerso nella quiete e in un silenzio tale da farti sentire in pace con me stessa. Un lieve sorriso si formò sulle sue labbra, voltandosi a scrutare minuziosamente il lungo corridoio che avrebbe dovuto attraversare per raggiungere la biblioteca. Già, perchè - purtroppo o per fortuna - per mantenersi gli studi era costretta a lavorare, passando qualche ora al giorno lì tra quelle quattro mura colme di libri. Non c'era niente di più soddisfacente per lei, in effetti. Era il lavoro più appropriato per una che aveva in mente di aprire una grande libreria non appena terminati gli studi.

Nel rendersi conto di aver indugiato un po' troppo nell'osservare l'interno dell'edificio, riprese a camminare, raggiungendo l'entrata della biblioteca, per poi mettersi nella sua postazione, accendendo il computer e preparandosi a registrare gli ultimi libri arrivati in facoltà. Beh, sicuramente quella era la parte che meno apprezzava di quel lavoro, ma non poteva farci molto, era l'unico modo che aveva per tenersi stretto quell'occupazione e quei soldi che gli arrivavano una volta al mese e con i quali, fortunatamente, riusciva a pagarsi le tasse universitarie.
Si mise immediatamente a lavoro, cercando di non perdere altro tempo. Nonostante cercasse di metterci tutta la sua buona volontà, si ritrovò a sbuffare lievemente non appena arrivò al decimo libro da catalogare.
Dio, che palle! - Disse con infinita rassegnazione, non scostando lo sguardo dallo schermo del pc, non rendendosi conto che c'era qualcuno davanti a lei, qualcuno che l'aveva sentita parlare in quel modo.
Devo dire che hai molta voglia di lavorare, eh?! - Una voce mai udita fino a quel momento rimbombò nella sala spoglia, facendola sobbalzare e alzare il capo immediatamente, spalancando gli occhi.
Un ragazzo dal nome e viso sconosciuto si presentò davanti a lei, con un sorrisetto malizioso stampato in volto e con l'evidente desiderio di ricevere una risposta da lei.
E tu chi diavolo sei?! - Tuonò alzandosi di scatto dalla sedia, guardandolo in quei suoi occhi ambrati, davvero piacevoli alla vista.
Che ne sai se ho voglia di lavorare o no, scusa?! Come ti permetti?! - Continuò a parlare, stizzita, per quella sua frase detta poco prima. Odiava sentirsi messa sotto esame, così come odiava le persone che sputavano giudizi così superficialmente, senza conoscere l'altro. Certo, però, forse era stata un po' troppo brusca. Beh, del resto era fatta così; e, come si dice? Prendere o lasciare.
Il ragazzo, dal suo canto, scoppiò in una sonora risata nel momento in cui la sentì parlare in quel modo.
Sei davvero buffa, lo sai? Perchè ti arrabbi tanto?! Stavo solo scherzando! - Parlò tra una risata e l'altra, scuotendo il capo e guardandola negli occhi, ritrovando in essi una dolce bellezza sicuramente da apprezzare, sebbene i suoi modi non fossero alla pari della delicatezza che ostentava.
Rimase sconcertata di fronte a quella sua reazione, di certo non si aspettava che potesse scoppiare a ridere in quel modo, prendendosi nuovamente gioco di lei, parlandole con leggerezza, facendola inalberare ancora di più.
Sospirò, cercando di trattenere le altrimenti feroci ingiurie che avrebbe fatto fuoriuscire dalle sue labbra.
Forse perchè non ti conosco nemmeno e ti permetti di giudicarmi così; non sembrava stessi scherzando, comunque. - Disse allora Sana, trattenendosi dal rispondergli male ancora una volta.
Il ragazzo scrollò le spalle, non perdendo quel lieve sorriso che sembrava aver tatuato sulle labbra.
Beh, mi dispiace, non volevo di certo giudicarti. Per quanto riguarda il fatto che non mi conosci, possiamo pur sempre rifarci ora, non credi?! Piacere, io sono Heric! - Parlò con la sua solita leggerezza infinita, allungando una mano verso di lei, in attesa che l'afferrasse e che potessero così presentarsi, sperando di dimenticare quella breve incomprensione.
Non le parve vero il suo modo di fare, sembrava riuscisse a sorprenderla ogni volta che aprisse bocca! Come diavolo faceva?! Mah, magari c'era qualcosa di strano in lui, qualcosa che spiegava anche quell'immensa bellezza di cui era caratterizzato. Forse era tutto lì, il segreto.
Rossana, piacere. Ma chiamami pure Sana. - Cercò di sorridere e,  quasi come se non esistesse niente di meglio al mondo, ci riuscì con molta spontaneità, mostrando uno splendente sorriso che andava ad illuminarle il volto, compresi i suoi occhi color nocciola. Strinse la sua mano per qualche istante, gurdandolo negli occhi, scostandosi poco dopo, sentendo il lieve calore che aveva imprigionato le sue dita grazie alla sua stretta, scomparire pian piano. In quel preciso istante, quasi come se quell'allontanarsi da lui apparisse come una sorta di grande risveglio da quel torpore che si erano concessi i suoi sensi, iniziò a chiedersi con serietà cosa ci facesse lì a quell'ora, dato che l'Università non era ancora aperta al pubblico. Magari glielo avrebbe spiegato, no?!
Aspettò che fosse lui a parlare, che le dicesse qualcosa...chissà, magari sarebbe ancora stato in grado di sorprenderla.














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Avevo bisogno di tornare. Di scrivere e tornare. Due bisogni impellenti che bollivano nel mio animo e che facevano a gara per venir fuori. E così, eccomi qui. Chissà se c'è ancora qualcuno che si ricorda di me, comunque, non importa. Di certo, quello che importa, è che sono di nuovo qui.
Ringrazio già da ora chi deciderà di cliccare su questa storia e di leggerne qualche riga, così come ringrazio infinitamente chi arriverà alla fine di questo primo capitolo e, magari, sentirà la voglia di leggere il seguente. Mi piacerebbe ricevere dei commenti, non lo nego, ma ovviamente non siete costretti a farlo. Se ne avrete voglia, anche solo di farmi un saluto, sarò pronta, successivamente, a rispondervi. Mi farà piacere poter comunicare con voi. In fondo, so perfettamente che se non ci foste, probabilmente non avrei deciso di tornare a pubblicare le mie storie qui. 
Bene, spero che questo inizio vi possa piacere e magari incuriosire, così da decidere di seguirmi.
Ora vi saluto...alla prossima, un bacione!
Taty990

  
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