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Autore: Hi Ban    15/11/2010    6 recensioni
“Non lo so.” Dissi con voce afona, schiarendola subito dopo, quasi per riflesso.
“Non lo sai? Eppure sei a casa sua.” Disse con voce allegra Deidara, tirando fuori la mano che aveva messo in quel borsellino in cui teneva l’argilla.
Le possibili risposte:
‘Non abito veramente qui, faccio finta.’
‘L’ho cacciato un mese fa fuori di casa perché non si toglieva le scarpe prima di entrare.’
‘L’ho ucciso e messo in una sacca da bowling perché non voleva farmi tenere un famigerato cervo.’
‘Era troppo bello allora l’ho rinchiuso in cantina per non rimanere abbagliata dalla sua bellezza.’
‘Itachi Uchiha sono io.’
‘Prima di mettere le mani su di lui dovrete passare sul mio cadavere!’
Oppure...
‘Dovrebbe rincasare per cena, potete aspettarlo in soggiorno.’

[Storia sospesa]
Genere: Avventura, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki, Itachi, Nuovo Personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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Capitolo 21



Chiunque stesse a contatto con me e poteva vantare di conoscermi almeno un po’ sapeva perfettamente che la prima cosa che io guardavo in una persona erano le mani. Spesso capitava che guardassi prima le sopracciglia, ma erano dettagli. Le mani mi affascinavano, non sapevo bene perché, ma attiravano inevitabilmente la mia attenzione.
Quel pomeriggio, quando Itachi mi aveva preso di scatto per la vita e mi aveva trascinato indietro, al riparo, con l’intento di salvarmi la vita da morte certa, avevo avuto modo di appurare quanto le sue mani fossero belle. Non che ci fossero dubbi: bello lui, le mani non potevano assolutamente costituire un’eccezione. Lunghe, affusolate e pallide; erano molto curate per essere un ninja che, ovviamente, non doveva avere molto tempo da dedicarvi.
Inoltre, per la prima volta da quando avevo avuto l’onore di fare la sua conoscenza – di persona – avevo notato lo smalto scuro che adornava le sue unghie.
Erano belle le sue unghie e lo dovevano essere particolarmente, visto che in un frangente critico come quello riuscivo a concentrarmi su di esse.
E ad essere sinceri in quel momento ve ne erano di cose a cui prestare attenzione e le unghie dell’Uchiha non rientravano tra le prime dieci e tantomeno tra le prime venti.
Effettivamente, facendo un passo indietro erano successe un paio di cose. Un paio forse era riduttivo, ma in quel momento le mie facoltà mentali non mi davano la capacità di dare anche una quantificazione di sorta.
E poi, diciamoci la verità, di quella situazione non ci avevo capito granché. Il fatto che fosse successo tutto velocemente non aveva giovato, per nulla.
Una cosa era certa: non avevo mai imprecato tanto in vita mia, persino il povero Hidan – che i Cervi abbiano cura e onore di lui – avrebbe avuto qualche difficoltà ad aggiungere qualche altro scurrile vocabolo. Non che non ci sarebbe riuscito, per carità, era pur sempre Hidan.


Ma andando con ordine…


Che Diavolo ci facevano Kisame e Deidara lì?
Perché io finivo sempre nei guai anche quando non facevo niente?
Dov’era Itachi quando serviva?

Nella mia mente si susseguivano velocemente una serie di quesiti esistenziali che solo una situazione del genere poteva portare alla luce. Certo, forse quel ‘mi scappa la pipì’ non era proprio dettato dal frangente, ma lo imputai al panico che si stava prendendo possesso di me.
Oltre a pensieri inutili, ero riuscita soltanto ad indietreggiare di qualche passo, ma non aveva di certo fatto granché differenza.
Io fissavo i due loschi individui davanti a me e loro facevano lo stesso con la sottoscritta, ma, per quanto la situazione fosse idilliaca e piena zeppa di pathos, c’era qualche piccolo dettaglio da prendere in considerazione: oltre al fatto che loro non dovevano avere la stessa faccia che avevo io – bocca semi aperta, occhi a palla, il ritratto di una deficiente –, tali Kisame e Deidara non sembravano propensi a mantenere la staticità della situazione.
“E tu chi saresti ragazzina?” Chiese Kisame, con quella voce profonda che avrebbe fatto crepare anche uno che ha già tirato le cuoia e riposa beatamente sottoterra.
In quel momento le mie facoltà mentali non erano proprio in funzione, neanche la risorsa di emergenza che usavo di solito mi venne in soccorso, lasciandomi lì, con la bocca sempre mezza aperta.
“Magari è la cameriera di Itachi.” Ipotizzò Deidara, mettendosi una mano in tasca e producendo un rumore decisamente sgradevole.
Stava impastando l’argilla e quando qualcuno impastava qualcosa solitamente non era mai buon segno. Era un presentimento che in quel caso non doveva neanche essere appurato.
“E perché dovrebbe averne una? Non ha due anni.” Disse in tono burbero, quasi l’idea che l’Uchiha avesse qualcuno alle sue dipendenza fosse una cosa deplorevole. “Itachi sa provvedere a se stesso, non ha bisogno di una mocciosetta come lei tra i piedi.” Aggiunse in tono risoluto, poggiando la Samehada sulla spalla.
Era forse un segno che la cosa sarebbe andata per le lunghe?
Bene, benissimo.
“Era solo un’ipotesi Pesce, non ti scaldare.”
E calò nuovamente il silenzio. Io, ovviamente, non avevo emesso neanche un suono da quando mi ero ritrovata quei due davanti e non era certamente mia intenzione farlo. Non ero neanche sicura che stessi ancora respirando, ma se avevo ancora la forza di stare in piedi forse quella capacità ce l’avevo ancora.
Oh, almeno avevo chiuso la bocca.
“Ma secondo te questa qui è muta?” Chiese nuovamente Deidara, piegando la testa di lato e continuando ad impastare quello sterco che altro non avrebbe fatto se non farci saltare tutti in aria.
“Non dire stronzate, è solo stupida.” Ribatté sbuffando e armeggiando con la sua spada che, anche quella, poteva solo uccidermi.
Nessun oggetto amico in quella casa, constatai.
“Come fai a dirlo! L’avrai spaventata tu con quella spada poco artistica! Non lo sai che non si dovrebbero spaventare troppo le vittime?” Un lampo di speranza aveva fatto largo nella mia mente, che già prevedeva morte e dolore per la mia povera e innocente persona. Magari Deidara non era tanto cattivo, era un po’ più buono di come lo aveva descritto Kishimoto. Forse… “O finiscono per crepare di crepacuore invece che per mano tua!”
Come non detto.
Io ingoiai a vuoto e tentai di riprendere il controllo del mio corpo: era sicuramente più utile e proficuo che stare ferma, immobile e esposta a qualsiasi attacco possibile e immaginabile.
Mossi mezzo passo indietro, finendo con l’inciampare nei miei stessi piedi e anche quando ripresi a ragionare come Dio comanda non capii come avessi fatto.
“Calmati mocciosetta, non siamo qui per te.” Mi disse con un ghigno Kisame, che evidentemente doveva ritenere tutto estremamente divertente.
Certo, era la cosa più spassosa che avessi fatto nell’arco di un anno, non lo batteva nulla.
Beh, almeno mi avevano dato una buona notizia, anche se saperlo non mi aveva messo addosso un gran sollievo. Erano pur sempre assassini, pazzi psicopatici e tanti altri aggettivi che denotavano in maniera piuttosto chiara la loro potenziale pericolosità.
“Questo però non vuol dire che non ti uccideremo!” Mi avvertì affabilmente Deidara.
Se gentilmente la smettevano di darmi false speranza, per poi ucciderle con brutalità sarebbe stato molto carino da parte loro.
Ricapitolando – sì, ricapitolare, perché io mi ero già persa –, non erano lì per me, ma visto che c’era mi avrebbero fatto secca, così, tanto per mettere un nome in più sulla lista delle persone che avevano fatto fuori. Sperai almeno che fosse per una specie di gara tra i membri dell’Akatsuki, almeno sarei servita a fare vincere qualcuno.
“Perché non ci dici subito dov’è Itachi, così chiudiamo qui la cosa?”
Tradotto: perché non ci dici dov’è Itachi, così ti uccidiamo e la chiudiamo qui?
Perciò cercavano Itachi e quella era una conclusione a cui sarei potuta arrivare anche io: perché mai avrebbero dovuto cercare me, visto e considerato che quella non era casa mia e quasi nessuno sapeva che io mi trovavo lì?
“Allora?” Chiese con tono ora spazientito Deidara.
“Deidara, non vedi che trema già come una foglia?” Disse in tono sarcastico Kisame, facendo spuntare un ghigno sul volto del mukenin di Iwa.
Possibile che lì si stessero divertendo tutti tranne che io? Beh, certo, se io un momento come quello lo trovassi divertente dovrei avere qualche serio problema mentale. Più gravi di quelli che già avevo s’intende.
“Non lo so.” Dissi con voce afona, schiarendomi la voce subito dopo, quasi per riflesso.
“Non lo sai? Eppure sei a casa sua.” Disse con voce allegra Deidara, tirando fuori la mano che aveva messo in quel borsellino in cui teneva l’argilla.
Le possibili risposte:
‘Non abito veramente qui, faccio finta.’
‘L’ho cacciato un mese fa fuori di casa perché non si toglieva le scarpe prima di entrare.’
‘L’ho ucciso e messo in una sacca da bowling perché non voleva farmi tenere un famigerato cervo.’
‘Era troppo bello allora l’ho rinchiuso in cantina per non rimanere abbagliata dalla sua bellezza.’
‘Itachi Uchiha sono io.’
‘Prima di mettere le mani su di lui dovrete passare sul mio cadavere’
Oppure…
‘Dovrebbe rincasare per cena, potete aspettarlo in soggiorno.’
Erano tutte risposte più che plausibili, visto che quella vera non l’avevano presa nemmeno in considerazione. La sincerità al giorno d’oggi non viene più ripagata, che amarezza.
“No, non lo so.” Dissi di nuovo, magari avrebbe capito meglio.
“Sei tenace ragazzina, forse non hai capito con chi hai a che fare!” Disse in tono strafottente il bombarolo delle esplosioni mancate – ma anche no –, osservandomi con uno sguardo minaccioso.
No, no, lo avevo capito benissimo con chi avevo a che fare, non era certamente quello il problema. Come avrei potuto, però, spiegargli in maniera sintetica e senza sembrare una deficiente che io reagivo in maniera piuttosto ambigua e stravagante quando mi trovavo in situazione non esattamente idilliache?
Nemmeno io lo avevo ancora spiegato a me stessa e la cosa diceva tutto. Forse, semplicemente, perdevo il controllo di me stessa quando intuivo di trovarmi in una situazione di pericolo.
“Forse sei tu che non hai capito. Al posto di altre due bocche perché non ti hanno dato un altro paio d’orecchie?”
La mia innata dote di parlare a sproposito era una di quelle azioni che non controllavo da sola. Lo spiegavano sempre, all’asilo – o da qualche parte, ma non era importante il dove –, che la pace e la calma risolvevano tutto, qualsiasi tipo di conflitto o incomprensione di sorta poteva essere appianata con il dialogo. Dicevano anche che non bisognava mai istigare gli altri, specialmente se questi potevano rivelarsi piuttosto pericolosi per la tua incolumità.
Era evidente che io, nel momento del panico, non tiravo fuori il coraggio o le palle, che dir si voglia, tiravo fuori una sostanza che probabilmente prendeva il nome di stronzina o demenzina e questa mi portava a fare enormi cretinate. Di proporzioni colossali, senza un minimo di senso, tanto per rendere l’idea.
Dovevo averne molta in circolo per istigare un mukenin che con un mezzo gesto poteva farmi saltare in aria e che aveva come supporto un altro simpatico ninja tanto tanto cattivo che con un solo movimento mi avrebbe potuto fare a fettine, più o meno come fossi un pezzo di sushi.
Deidara infatti non doveva aver apprezzato, poiché era già partito a passo di marcia verso di me, che avevo avuto il buon senso di indietreggiare senza inciampare da nessunissima parte. Fortunatamente Kisame gli aveva impedito di avventarsi su di me e uccidermi, piazzandogli davanti lo spadone.
“Non fare stronzate, o mandi all’aria la missione.” Gli disse gelidamente, per poi rivolgersi a me.
“Dicci dov’è.” Disse in tono perentorio. Nel manga né lui né la spada erano così grandi. Kishimoto evidentemente tendeva a minimizzare.
“Non lo so.” Scandii lentamente, conscia che la pazienza di quei due prima o poi sarebbe finita e una volta esaurita non sarebbe andata a finire bene per me.
Porsi poi a me stessa la domanda che loro continuavano a fare a me: dov’era Itachi?
Perché quando serviva non c’era? Era colpa sua se ora quei due volevano farmi fuori con la stessa velocità con cui alzavano e abbassavano la tavoletta del wc.
“Che legame hai allora con Itachi?”
‘Sono sua nonna, non si vede? Effettivamente mi mantengo bene, ma sono proprio io!’
“Non sono affari tuoi.”
Cosa che era vera ad essere sinceri, ma quella era stata la mia risposta solo perché non mi era venuto nient’altro in mente da dirgli. Che legame avevo io con Itachi?
Lui mi allenava – a vuoto – nella speranza – vana – che io impari qualcosa – illuso – per poi diventare una ninja degna di tal nome – doppiamente illuso.
Ma a loro quello mica potevo dirlo.
“Ne sei sicura?” Disse Kisame e in un attimo la sua Samehada fu a mezzo centimetro dal mio naso, pronto a farlo sparire completamente.
“Ehi, perché tu puoi farla cagare sotto dalla paura con quel tuo affare e io non posso?”
“Perché io so quello che faccio, Deidara.” Disse in tono stanco, non muovendo di un millimetro quell’attrezzo infernale.
“Io so quel che faccio, sono molto più abile di te, Triglia!” Disse, sporgendosi minacciosamente verso di lui. Anche se i vari centimetri di differenza che vi erano tra lui e l’Hoshigaki erano un gran deterrente per la sua performance di forza bruta verso il compagno.
In un certo senso era strano vederli battibeccare, come fosse una cosa assolutamente normale. Era bizzarro anche solo immaginarlo, trovarselo davanti agli occhi era tutta un’altra faccenda. Due membri di un’organizzazione di ninja traditori, che uccidevano tra un sonnellino e l’altro, non sembravano proprio due persone che battibeccavano come bambini dell’asilo.
“Deidara, finiscila di fare l’idiota o potrei tornare solo io questa sera al covo.”
“È una minaccia?” Chiese sarcastico e arrogante Deidara, ritornando però sui suoi passi, in contrasto al tono che aveva usato.
Alla fine di quel piccolo siparietto, i due riportarono l’attenzione su di me, con mia immensa gioia ovviamente.
Io non avevo mai allontanato lo sguardo dalla spada che poi finalmente Kisame decise di abbassare. Aveva ottenuto l’effetto desiderato: io ero spaventata a morte.
“Hai intenzione di dirci dov’è Itachi o dobbiamo farcelo dire con la forza?” Chiese quasi speranzoso Kisame.
Probabilmente lui aspettava soltanto di potermi fare a fette con quell’alabarda che, andando ad occhio, doveva fare abbastanza male e non ci tenevo esattamente a sperimentare quell’impressione. Buttarmi dalla finestra, in quel particolare frangente, oltre a sembrarmi la scelta più sensata, mi appariva anche come quella meno dolorosa.
Non potevamo fare che io dicevo di non sapere dove fosse l’Uchiha – cosa, tra l’altro, vera – e loro se ne andavano così come erano venuti?
Che poi, come diavolo avevano fatto ad entrare loro? Non c’erano Anbu che sorvegliavano ogni angolo di quella casa?
Allora non era una prerogativa solo del manga che quando c’era bisogno di qualcuno a Konoha – che fosse un Anbu per salvarti la vita o un chiosco di ramen per mangiare – non c’era mai.
Interessante; allora la prossima volta che qualcuno decideva di richiamarmi in maniere per nulla ortodosse in mondi che fino a mezzo minuto prima ritenevo frutto di pura fantasia, chiedevo di farmi trasportare almeno in uno in cui le persone svolgevano il proprio dovere. E Itachi magari non spariva così, mollandomi in balia di due ninja traditori che se ne fregavano altamente che io non avessi idea di dove diavolo si trovasse in quel momento lui. Io ero convinta che fosse andato al covo dell’Akatsuki, per rendere nota la sua presenza e non destare sospetti, ma evidentemente, se quei due beoti si trovavano davanti a me, non era così.
Rincuorante, davvero rincuorante.
“Ma io non lo so davvero!” Dissi in un tono che ormai rasentava l’isterico e l’ansia continuava a salire.
E, dovevo essere sincera, dire che me la stavo facendo sotto dalla paura, altri cinque minuti con quei simpatici ninja e non sarebbe stato solo un eufemismo, per nulla.
“E dovremmo crederti?” Disse in tono allegro e sarcastico Deidara.
“Oh, no! Credermi? Ma non dire scemenze! Sto ripetendo la stessa cosa da tre quarti d’ora solo così, per un mio personale divertimento!” Asserii sarcasticamente, per poi tapparmi di colpo la bocca.
La domanda sorgeva spontanea: perché avevo detto quel che avevo appena detto? In quel momento vi era forse stato un sovraccarico di stronzina e demenzina?
Tanto per riassumere le conseguenze della mia adorabile bravata, se prima ero nella merda e ci navigavo forse anche meglio di una gondola, ora ci stavo proprio affogando dentro e le possibilità di riemergere erano a pari al numero dei neuroni che in quel momento io stavo utilizzando.
Zero.
Non vi era alcuna probabilità che quella percentuale cambiasse.
“Hai voglia di scherzare ragazzina?” Chiese quasi ringhiando Kisame e brandendo più saldamente la Samehada.
“Non ti conviene!” Aggiunse Deidara, sempre in tono leggero, ma la minaccia che vi era dietro si capiva in maniera chiarissima, neanche ce l’avesse attaccata in fronte.
Meno uno.
Ok, forse la situazione poteva mutare, ma di certo non potevo sperare in nessuno mutamento drastico, che desse una svolta positiva a quella situazione. Che potesse peggiorare fino a livelli indicibili era sottinteso.
Quella era senza ombra di dubbio una situazione assurda, perché quei due volevano sapere da me qualcosa che io non sapevo, non avevano alcuna intenzione di credermi se glielo facevo presente e, dulcis in fundo, proprio in quel momento io ero soggetta a sbalzi di umore potenzialmente dannosi alla mia persona. Da spaventata a morte, passavo a spaventata a morte, ma impossibilitata a tenere la mia adorabile boccaccia chiusa e finivo per dire qualcosa di decisamente poco intelligente. “È chiaro che qui non concluderemo nulla, chiudiamo qui la faccenda.” Disse Kisame, ricevendo un cenno affermativo di Deidara come risposta.
L’Hoshigaki fece un passo avanti e sul volto dell’altro mukenin comparve una smorfia piuttosto contrariata.
“Perché devi farla fuori tu? Tu hai già fatto fuori quel tipo mentre venivamo, ora tocca a me divertirmi un po’!” Espresse il suo disaccordo, allargando le braccia e mettendo in bella vista le sue mani. O bocche. Le sue mani boccute.
Quello che erano, tanto faceva ribrezzo in qualsiasi modo le si chiamasse.
Vederle disegnate faceva decisamente meno ribrezzo e quelle simpatiche linguette disegnate da Kishimoto qui non erano per nulla simpatiche. Facevano schifo, detto in termini spicci e per rendere l’idea.
“Deidara, non fare l’idiota, non è il momento.” Lo ammonì Kisame.
“Ecco perché non mi piace stare in squadra con te, era meglio stare con Sasori.”
“Perché, lui assecondava i tuoi capricci? Non mi risulta.” Rispose lo Spadaccino con fare eloquente, probabilmente riferendosi a qualche aneddoto che solo loro conoscevano.
Infatti Deidara storse il naso, ma non rispose. Sembrava anche vagamente imbarazzato, ma forse era soltanto una mia impressione. Si limitò a cacciare nuovamente la mano in quel borsellino, per poi estrarla, mostrando quell’affare inumano che masticava l’argilla.
Senza neanche accorgermene rabbrividii e Deidara se ne accorse. Un ghignò supponente gli si stampò in volto.
‘Oh merda, oh merda, oh merda, ora mi ammazza! Oh santa merda ora mi fa fuori! Oh merda, oh merda…’: più o meno i pensieri che si agitavano nella mia mente erano di questa risma. “Ti piace?” Chiese con arroganza e superiorità, mostrandomi la mano linguamunita.
Solitamente si dice che, nel momento in cui si a che fare con un pazzo, bisogna assecondarlo e, possibilmente sorridere. Annuire, acconsentire e sorridere, nulla di così impossibile.
Io stavo colloquiando con un pazzo, lo era senza ombra di dubbio.
“No, è orribile!” Dissi storcendo il naso alla vista di quella cosa aberrante.
Evidentemente, per me era molto più che impossibile.
Lui non parve per nulla soddisfatto della mia risposta, infatti il ghignò vacillò per un attimo, quasi fosse rimasto spiazzato dalla mia considerazione.
“Ma questa è arte!”
“Quelle” Disse indicando con un breve cenno, le sue ‘mani’ “non si possono neanche definire un art attack, figurati arte!”
Avrei dovuto provvedere da sola ad imbavagliarmi, per evitare che la mia bocca si aprisse nuovamente a sproposito, ma quella situazione stava prendendo una piega tale che non sapevo nemmeno più gestire me stessa.
Tanto ora mi avrebbero ammazzata, che senso aveva impedire a me stessa di esprimere i miei ultimi pensieri?
Effettivamente, a rigor di logica, avrei anche dovuto far sapere al mondo che Itachi era l’essere più bello che mi fosse capitato davanti e abitarci insieme andava oltre ogni mia più fantasiosa immaginazione, ma forse quello avrei potuto evitarlo. Altrimenti avrei anche dovuto dire che, per quanto stupendo fosse, come insegnante doveva farsi un esame di coscienza e ammettere a se stesso che forse doveva essere un po’ meno negativo, in ogni senso. E decisamente meno drastico e catastrofico.
Era stato pur sempre lui che in uno dei nostri allenamenti mi aveva gentilmente riferito che, se dopo molto che ci allenavamo, il mio rendimento era sempre così scarso, era evidente che non avrei mai concluso nulla.
Suvvia, non poteva essere così drastico, avevo ancora qualche speranza!
Ce l’avevo, vero?
… lasciando perdere quel piccolo dettaglio…
“Come osi!” Disse in tono fin troppo melodrammatico.
In fondo che avevo detto?
“Questa me la paghi, levati di mezzo Kisame!” E con uno scatto degno di un ninja, passò davanti al compagno, per arrivare davanti a me.
L’Hoshigaki si passò una mano sulla faccia, a dir poco esasperato: probabilmente non gradiva particolarmente il comportamento di Deidara, atteggiamento che doveva essere abitudinario, visto e considerato che non fece nulla per fermarlo.
La situazione era la seguente: lui guardava me e io guardavo lui, tanto per fargli capire che di lui non avevo paura.
Bugia: stavo per crepare di paura, ma non era assolutamente mia intenzione ammetterlo, né ora né mai.
Mi sarei mostrata forte e sicura di me, apparentemente imperturbabile al fatto che a pochi centimetri da me ci fosse un ninja pericoloso, assassino e tutta un’altra sfilza di aggettivi che riconducevano sempre ad un futuro sotto terra.
Io non avevo paura, non avevo paura…
Feci uno scatto indietro con tanto di gridolino spaventato quando mi ritrovai a mezzo centimetro dalla faccia una delle sue orribili lingue, mani o qualsiasi cosa fossero. Non che quando me lo ero trovata davanti avevo pensato molto a come definirle.
Sorrise vittoriosamente e allungò di nuovo le mani verso di me. Feci un altro passo lontano da lui, ma, sfortunatamente, ad intralciare il mio percorso trovai il muro.
Stupido muro.
Mostrando tutta la mia tenacia e la mia forse interiore, chiusi gli occhi e iniziai a scalpitare.
“Toglile, toglile, toglile!” Ripetei in un mantra continuo e dai toni isterici.
Sentii la sua risata esplodere e riempire il silenzio della stanza. Lui doveva trovare il tutto decisamente divertente, ma io no.
Non sentendo nulla di viscido entrare in contatto con la mia faccia, mi azzardai ad aprire un occhio e a far cessare quella nenia di implorazioni. La mano era ancora lì, a pochissimi centimetri dalla mia guancia e lui ghignava compiaciuto.
Il suo intento era quello di farmi morire di paura? Ci stava riuscendo.
Fece la mossa di avvicinarla di più e io chiusi di riflesso gli occhi.
“Deidara, smetti di fare il deficiente e uccidila.”
“Non rompere le scatole Kisame, mi sto solo divertendo un po’!” Disse esasperato il bombarolo, ma senza perdere quella nota ilare nella voce.
Il suo concetto di divertimento faceva quasi schifo quanto le sue mani, se non di più.
Se proprio dovevano uccidermi non potevano farlo in fretta, senza questi giochetti stupidi? Non che ci tenessi a morire, ma così stavano solo tirando la cosa per le lunghe e non gradivo.
Io lo fissai con sguardo bieco e lui sorrise di più, avvicinando un altro po’ la mano.
Continuò ad avvicinarlo sempre più velocemente e quando stava per entrare in contatto con la mia faccia chiusi di nuovo gli occhi, quasi impedendomi di vedere avrei potuto cambiare le cose.
“Itachi è bello.” Era il mio ultimo pensiero; alla fine avevo convenuto che fosse giustissimo che il mondo lo conoscesse. Forse era una constatazione ovvia, ma ciò che andava detto andava detto.
Era ormai vicinissima, potevo sentire che mi sfiorava; quando, però, ero certa che stesse per toccarmi, anche quel lieve tocco scomparve.
“Non ti conviene, Deidara.” Asserì una voce lapidaria, che riconobbi.
Eccome se la riconobbi, era impossibile non farlo.
La sua, sola ed inimitabile, fredda e distaccata come solo la sua poteva essere. Una manna dal cielo, oserei dire.
Mi azzardai ad aprire gli occhi e me lo trovai di fianco, la mano di Deidara ora a diversi centimetri da me. Aveva un’espressione stupita, evidentemente non si aspettava una così teatrale entrata in scena. Nemmeno io, a dir la verità.
Itachi aveva il solito sguardo impassibile, come se quella situazione non lo avesse per nulla sorpreso. Che si aspettasse veramente un’imboscata in casa sua da parte degli altri membri dell’Akatsuki? Beh, poteva anche farmelo presente, così mi sarei preparata almeno psicologicamente.
Ok, forse non avrebbe fatto differenza, mi sarei solo fatta prendere dal panico prima tempo, ma era una questione di principio.
Lo sguardo di Itachi rimase fisso sugli altri due e solo per un breve attimo portò la sua attenzione su di me, facendomi cenno di arretrare. Non me lo feci ripetere due volte, ovviamente. Mi spostai in modo da finire direttamente dietro di lui, facendomi così da scudo protettivo. Già era arrivato in ritardo e per poco quella linguaccia non arrivava a me, almeno ora si sarebbe dovuto rendere utile.
“Devi forse dirci qualcosa, Uchiha?” Chiese Deidara con arroganza e supponenza, tono che aveva usato probabilmente poiché era incoraggiato dal fatto che lui, dalla sua prospettiva, aveva il coltello dalla parte del manico.
“Che ci fate qui?” Rispose monocorde Itachi con una domanda, ignorando completamente quella posta dall’altro ninja, che non apprezzò particolarmente.
“Fossi in te non farei tanto il gradasso, Uchiha, non sei nella posizione giusta!” Aggiunse con un ghignò Deidara, come se Itachi non potesse ucciderlo con uno schiocco di dita. Peccato per lui che però che Itachi poteva eccome.
Kisame intanto non aveva detto nulla, si era limitato ad osservare con sguardo neutro la scena, sebbene anche lui all’inizio fosse rimasto stupito dall’apparizione improvvisa del compagno. “Cosa ci fate qui.” Ripeté nuovamente l’Uchiha, ma questa volta il tono era più imperioso e minaccioso, anche se la sua mimica facciale non era cambiata di una virgola. Nuovamente, la situazione aveva preso una piega ambigua: Itachi aveva preso le redini della situazione e io ero caduta nel mutismo più assoluto, proprio come se non sapessi parlare.
“Pain aveva ragione, ci stai nascondendo qualcosa.” Questa volta a parlare fu Kisame, il cui tono era quasi calmo, come se fosse una cosa normalissima ciò che aveva fatto presente.
Nel manga Kishimoto aveva reso piuttosto palese quel legame di rispetto che vi era tra Itachi e Kisame – soprattutto da parte sua. Si poteva leggere anche in quel momento la stima e il riguardo che aveva nei suoi confronti.
Itachi spostò lo sguardo su di lui, quasi il suo intervento nella questione lo avesse sorpreso.
“Non ho mai messo in dubbio le capacità intellettive di Pain,” Convenne lui “ma non credo che ciò cambi le cose. Se ve lo stavo tenendo nascosto è perché non lo dovevate venire a sapere.”
Quel discorso alle mie orecchie suonava surreale e privo di senso; lo compresi appieno solo quando colsi il secondo significato che vi era dietro quella frase, che apparentemente voleva solo rimarcare il significato di segreto. Itachi aveva semplicemente fatto presente a Deidara e Kisame che li avrebbe dovuti uccidere.
Loro due non sembrarono turbati da ciò che aveva detto, ma la loro era una reazione quantomeno logica: minacce di morte per loro non valevano nulla e se mai erano loro a farne, non davano peso a quelle che venivano rivolte a loro.
Ciò che mi stupì maggiormente, fu che né Itachi né Kisame sembravano particolarmente preoccupati per quella situazione. In fondo erano compagni di squadra, tra di loro si era creato quella sorta di legame che non poteva lasciarli completamente indifferenti dinnanzi alla morte di uno dei due. Tantomeno se poi dovevano uccidersi a vicenda. Oppure poco prima mi ero solo immaginata che vi fosse un qualche tipo di legame? Avevo colto degli indizi solo perché ero troppo influenzata dal manga e avevo presupposto – erroneamente – che la situazione fosse uguale a quella descritta dal mangaka? D'altronde molti aspetti che ci aveva rivelato e descritto Kishimoto si erano già più volte rivelati completamente sbagliati in questa sottospecie di dimensione parallela o quello che era.
Non leggevo, nei loro sguardi, nulla che mi desse una conferma, ma tantomeno una smentita.
“Uh uh, passi alle minacce ora?” Si intromise beffardo Deidara, che in quella situazione appariva quasi un estraneo.
Lo sguardo gelido che gli riservò Itachi dovette fargli abbassare un po’ la cresta, perché il suo ghignò sprezzante vacillò e non si azzardò più a dire nulla.
“Si può sapere che cosa ci stavi nascondendo? Stai mettendo a rischio la copertura dell’organizzazione per una ragazzina come quella?” Chiese invece Kisame con un ghigno supponente, ma il suo tono era serio, per nulla farsesco o sarcastico.
Il modo in cui disse ‘quella ragazzina’ non mi piacque per nulla: possibile che tutti, a pelle, senza neanche conoscermi, mi prendevano per un’inetta? Non esisteva più il beneficio del dubbio, in cui, almeno all’apparenza, potevo apparire come una ragazza che sa il fatto suo? Ok, forse dopo avermi conosciuta, avrebbero capito che ero un’inetta, ma almeno prima volevo avere quella sorta di vantaggio.
“Cosa ti fa pensare che ti dirò qualcosa che non avevo intenzione di rendere noto neanche prima?” Aveva una sua logica effettivamente.
“Il fatto che tanto ora creperai Uchiha, perciò che senso ha portarti i tuoi stupidi segreti nella tomba?” Fu di nuovo Deidara a parlare, riacquistata la grinta e l’arroganza di poco prima.
“Non ne sarei così sicuro fossi in te.” Ribatté Itachi, non scomponendosi minimamente.
Evidentemente anche per lui le minacce dovevano contare meno di zero. O forse per lui non esercitavano nessun interesse solo quella lanciate da individui che erano senza ombra di dubbio più deboli di lui.
Che Deidara fosse più debole di Itachi era un dato di fatto e non era così solo nel manga, ne ero certa.
Tanto per precisare, io ero ancora dietro l’Uchiha, che osservavo la scena in silenzio, non osando minimamente intromettermi in quella faccenda. Dovevo ringraziare se ero ancora viva e più passavo inosservata più avevo possibilità di non morire quel giorno.
Certo, poi avrei potuto benissimo strozzarmi mentre mangiavo un panino o con un sorso d’acqua giusto dieci minuti dopo che tutto si era concluso, ma in quel caso sarebbe stata tutta opera della mia personale ed eterna sfiga.
Non che poi sarei stata di grande aiuto: io ero tendenzialmente più portata ad essere un soggetto potenzialmente inutile e di intralcio.
“Se c’è una cosa che non ho mai sopportato di te è il tuo crederti superiore!” Continuò il mukenin di Iwa, totalmente incurante dell’avvertimento fattogli poco prima.
Quella sua confessione era da intendere come una sua dichiarazione in vista della sua imminente morte o una considerazione che voleva fare ad Itachi prima che fosse lui a morire? Probabilmente da suo punto di vista si doveva intendere come la seconda ipotesi.
“Sei sempre stato un grandissimo stronz–”
“Deidara, smettila di dire idiozie e di fare il deficiente!” Gli ringhiò contro Kisame, mantenendo lo sguardo fisso su Itachi.
Ad un tratto i lineamenti dello spadaccino, da apparentemente neutri e indifferenti si erano fatti scuri e piuttosto furenti. Cosa aveva provocato quel mutamento?
Ad un tratto lo vidi stringere più saldamente la Samehada nella mano sinistra e mettersi in una posizione che intuii fosse da combattimento.
“Il capo ha dato ordini precisi e noi li porteremo a termine.” Quella singola frase, detta da Kisame aveva assunto toni solenni, quasi imperiosi. Era nella sua natura rispettare gli ordini e portare a termine gli incarichi che gli venivano affidati dai suoi superiori.
Non sono mai stata una grande esperta nel leggere gli altri, molto probabilmente gli indovini che andavano alla cieca ci azzeccavano anche più di me, ma in quel momento negli occhi di Kisame c’era qualcosa che sembrava… risentimento?
Risentimento nei confronti di Itachi, visto che lui in un certo senso aveva tradito anche lui, mantenendo quel segreto?
Oppure verso se stesso, poiché era costretto a troncare quel legame di rispetto che lo legava a Itachi?
O forse, anche se quella volta ero quasi sicura di averci azzeccato, non ci avevo capito niente neanche questa volta?
Deidara inoltre d’un tratto si era fatto serio, atteggiamento che non gli avevo ancora visto assumere da quando aveva messo piede in quella casa e io, paradossalmente, avevo potuto fare la sua conoscenza.
“Effettivamente non è importante che tu ci dica che segreto stai mantenendo, ti avremmo ucciso lo stesso!” Questa volta il tono sfrontato apparteneva allo stesso Kisame, che ora trasudava brutalità da tutti i pori.
La missione e gli ordini al primo posto.
Dopodiché accadde tutto piuttosto in fretta e perciò non posso essere certa che avessi realmente sentito quella risata bassa e prima di un qualsivoglia divertimento e tantomeno che essa appartenesse proprio ad Itachi.
La mia attenzione fu completamente catalizzata dall’attacco frontale portato avanti da Kisame, che brandiva con una maestria innata lo spadone.
Io, senza farmelo neanche dire da qualcuno, agii di mia spontanea iniziativa, azione probabilmente governata dal mio istinto di sopravvivenza. Era un tantino tarocco, come istinto, ma sapeva il fatto suo.
Mi spostai perciò molto più indietro rispetto a dove mi trovavo prima. Per fortuna il corridoio in cui ci trovavamo era piuttosto largo nonché lungo ed era un vantaggio. Probabilmente quando tutto sarebbe finito mi sarei dovuto prodigare per elargire i dovuti complimenti agli architetti che avevano ideato quella casa o a quel punto io non mi sarei più potuta muovere da dove mi trovavo. Una mossa saggia da parte mia sarebbe stata andarmene anche da quel corridoio, ma anche se avevo paura – molta paura – non mi sarei mossa di lì, lasciando Itachi. Avevo già chiarito la mia posizione di intralcio e di totale inutilità nella faccenda, ma non me ne sarei andata comunque. Certo, non avrei fatto nulla che potesse essere un impiccio per Itachi, quello era sottinteso.
L’Uchiha rimase immobile fino a poco prima che la spada lo toccasse, dopodiché la schivò abilmente.
Si spostò di lato e così facendo la spada si piantò rumorosamente nel pavimento.
Una risata gutturale si levò da Kisame e un ghignò gli si disegnò in volto, mettendo in bella mostra i canini appuntiti.
Estrasse la spada da terra e la poggiò nuovamente sulla spalla: quello non era che il preludio di una lunga battaglia.
“Non mi aspettavo di certo che ti saresti lasciato ammazzare senza fare nulla!” E detto ciò, si rilanciò all’attacco.
“Saresti stato uno stupido a crederlo.” Così dicendo schivò nuovamente il colpo e un’altra crepa si creò nel pavimento. Quello, però, era il più infimo dei problemi in quel momento.
Lo scontro si fece più acceso quando anche Itachi iniziò ad attaccare e i suoi colpi erano chiaramente mirati ad allontanare il combattimento da me.
Io avevo lo sguardo fisso su loro due, senza neanche perdermi una delle loro mosse.
Non sembrava neanche che poco più di un’ora fa io mi ero fermata ad un nuovo chioso per fare il pieno di Takoyaki. Era successo tutto troppo in fretta e la mia mente non aveva ancora avuto modo di metabolizzare il tutto.
Se avessi avuto il dono della preveggenza me ne sarei rimasta lì, evitando di incontrare quei due e, in diretta corrispondenza, non mi troverei nel bel mezzo di uno scontro.
Se all’inizio dello scontro non ci stavo capendo poi molto, ora non ci capivo proprio più niente. Era bastato distrarmi un attimo, persa nelle mie riflessioni, e quel combattimento era divenuto per me totalmente illeggibile. Solo quando si erano fermati, avevo potuto tirare le somme della situazione: Itachi aveva tirato fuori un kunai e con quello aveva affrontato Kisame, provocandogli un taglio sulla guancia non molto profondo. Lui, a sua volta, era riuscito a sfiorarlo con la Samehada, ma anche lui non era riuscito a fargli nulla di grave.
Quel corridoio era certo piuttosto largo e grande per essere tale, ma era comunque troppo piccolo per sostenere un combattimento. Sebbene riuscissero lo stesso ad affrontarsi, quello limitava di molto i loro attacchi e quello spiegava anche il perché nessuno dei due avesse usato dei ninjutsu. Solo Kisame, con una delle sue tecniche d’acqua avrebbe allagato tutto e il combattimento sarebbe divenuto maggiormente difficoltoso. Se poi Itachi avesse usato una delle sue tecniche di fuoco il risultato non sarebbe neanche da commentare.
Ad un tratto il ghigno sul volto di Kisame fu sostituito da un’espressione allarmata e lo sentii imprecare contro Deidara.
Feci appena in tempo a chiedermi dove fosse finito il bombarolo, non vedendolo più, che sentii la sua voce affianco a me e vidi Itachi voltarsi di scatto.
“Questo combattimento non ha proprio nulla di artistico! Non sarebbe meglio risolvere tutto con una bella esplosione?!” Il tono era a dir poco euforico.
Sembrava completamente impazzito.
Accadde tutto nuovamente tropo in fretta, ma non sarei riuscita a muovere un solo passo anche se mi avessero dato tutto il tempo del mondo. Quando avevo collegato quella sua frase a quelle che erano le sue intenzioni avevo spalancato gli occhi, spaventata come non mai.
Voleva farci saltare tutti in aria.
Poi lo vidi, quel ghigno esaltato e insano in volto, intento a lanciare una delle sue ‘creazioni’ in quel poco di spazio che vi era tra me e Itachi e Kisame.
Quella era la volta buona che ci lasciavo le penne.



*arranca strisciando*
Tadaima!*sviene*
Imperdonabile ritardo, ne sono più che consapevole!_-_
Sono da picchiare, consapevolissima anche di questo, ma non ho proprio avuto un attimo di tempo neanche per buttare giù nemmeno mezza riga. Una cosa però è certa: posso metterci mesi per aggiornare, ma questa storia non la abbandonerò mai. Massimo massimo potrei decidere di sospenderla, ma alla fine la riprenderei in mano!:)
Il capitolo non è esattamente corto, ma non è nemmeno lungo quanto il Nilo: abbiamo appurato che loro due, Kisame e Deidara, non sono venuti per me – cosa su cui non si dovevano nemmeno avere dubbi!xD – e che… li ho fatti tremendamente ooc!=,= Non era cosa assolutamente intenzionale, ma io quei due mi sono resa conto di non saperli proprio gestire!.__. Gli sarò allergica, non lo so, ma non sono proprio riuscita a renderli meglio di così!ç__ç *si picchia*
Oltre a volermi fare fuori per lo schifoso ritardo vorrete anche appendermi per i pollici giù dalla finestra per aver concluso il capitolo così, in una fine non fine, e tutto grazie alla mia immensa bastardaggine!^^’
Suvvia, se no che fine faceva la supance?*si nasconde*
No, l’ho fatto terminare così non perché sono sadica e voglio lasciarvi con il dubbio ‘questa schiatta *coro di sììììììì’ o non schiatta *coro di nooooo*’, ma perché sarebbe venuto un capitolo troppo lungo e ho preferito spezzarlo.
Questa vola ho deciso di iniziarlo in maniera u po’ differente, semplicemente perché quando mi è venuta ‘ispirazione per scrivere mi ispirava impostato così!xD Le mie motivazioni lasciano sempre a desiderare, lo so, ormai me ne sono fatta una ragione!>_>
Ahn… le descrizioni della pseudo battaglia non fanno schifo. Fanno aggettivi molto peggiori.
Chiedo perdono, ma io ‘ste cose non so descriverle!.___. Avrei preferito descrivere una scena in cui Kisame, Deidara e Itachi si giocavano la loro vita ai dadi, magari bevendo tè e mangiando torta, mentre io me ne stavo in un angolino o al massimo ero relegata al ruolo di serva. E invece no!ò__ò Quei due dementi devono per forza (e ci credo sono io a deciderlo!) venire a scassare le balles o non riposeranno in pace una volta crepati.
Oh, e sono contenta che in molti hanno apprezzato Hubert!:) Sarò sincera, lui è il mio cavallo di battaglia!ù___u



Nihal: inizi le recensioni in questo modo gentile e garbato solo con me?xD Ammetto che non pensavo che questo capitolo potesse piacere così tanto, sia perché rasentava il limite della demenzialità, sia perché… era demenziale!x) Hubert è una saga e dovrei quasi scrivere una nuova fic: ‘nato per essere cervo’! E qui sì che mi arriverebbero i pomodori! Come fai a trovare bella la parte dell’anbu, fammi capire?ò_O Quello lì *indica anbu/jack/Yamato/echipiùnehapiùnemetta* ha attentato ala mia regale vita! E poi Shikatsuke non vuole neanche farsi chiamare Hubert!>_> Stupido cervo… *borbotta* Il finale è stato ideato dalla mia mente malsana per rendere palese anche in un mondo parallelo la mia immensa e colossale sfortuna!u___ù Felicissima che ti sia piaciuto lo special baka-no-nee!:) E che il sommo Shikatsubert (?) sia con te!y_y
IvI: Hubert è tutto frutto della mia mente pazza e psicopatica!ù__ù Però lui in realtà esiste davvero ed è un cervo protetto dal wwf! E ovviamente si chiama Hubert, anche se sostiene imperterrito di chiamarsi Hubert!>_> Anche a me dispiace di non aver preso la collana, ma per fortuna esiste ebay !xD Ma non lo sa che sognare Hubert porta bene? E pestare la sua cacca ancora di più! Altro che quadrifogli!U__U
Pain Hatake: *si dissotterra dalla cacca di Hubert che Pain le ha lanciato addosso* Io continuo a chiedermi se tua sia umana!O_o Se ti piace il mio stile di scrittura e riesci a sopportarlo senza morire nell’impresa vuol dire che devi avere i geni di qualche supereroe nel sangue!... O hai lo stomaco forte!ù__ù Anche tu non dovresti sottovalutarti!:) *Hubert fa pat pat sulla spalla di Pain* Spero che questo capitolo ti piaccia!^_^
Kiuxy: felicissima che ti sia piaciuto!xD Itachi più espansivo è una prerogativa dello special e negli altri capitoli, purtroppo, tornerà quello di sempre, ma almeno in un capitolo dovevo descriverlo così, ne andava della mia integrità mentale!ù__ù In fondo, un piccolo strappo alla regola non può fare male a nessuno, no?xD Forse Itachi potrebbe non essere molto d’accordo, ma mica posso accontentare tutti!xD Questo capitolo purtroppo è un tantino… un escremento di Hubert, ecco!.____. Spero ti piaccia lo stesso!:)
DebbyUzu: Hubert ha fatto strage di cuori!xD Se volete posso recapitargli le vostre lettere, in via del tutto eccezionale!ù___ù Ha bisogno di un po’ di fan quel vecchio fossile! *sguardo assassino di Hub-chan* Io proporrei Hubert for president, basta che qualcuno lo voti!xD Purtroppo lui è piuttosto ritroso ad accettare il suo vero nome, ma riuscirò a fargli capire che si chiama Hubert!*sguardo determinato* Spero che questo capitolo ti piaccia!xD
Samirina: sono contenta che anche a te sia piaciuto il capitolo speciale! Ha riscosso decisamente successo, non e lo aspettavo!O_o Purtroppo ci ho messo un po’ ad aggiornare, ma alla fine ce l’ho fatta!y_y Spero che la qualità del capitolo non mandi a farsi benedire i miei buoni propositi di farmi perdonare per l’attesa!ç__ç Grazie per la recensione!:3
Akatsuki95: si è scoperto che l’Akatsuki non vuole me e la cosa non mi dispiace affatto!xD Pur troppo mi sono ritrovata in mezzo, ma quello è tutto merito della mia immensa fortuna sfacciata!v_v Sono contenta che ti piaccia il mio modo di scrivere e che Carmen (me!xD) come personaggio ti piaccia!:) Al prossimo capitolo!^___^


Non garantisco assolutamente che il prossimo aggiornamento sarà ancora nel 2010!;___; Tenterò di fare il possibile però!
Alla prossima!(:



Pssssssssssss!
La cara Nihal mi ha anche fatto un bellissimo banner per questa storia e io, dopo aver litigato con l'html e esseri strappata tutti i capelli che avevo in testa per la disperazione, sono riuscita a caricarlo!*O*
Mi ha fatta pure con gli occhi verdi!<3



Le immagini sono state trovate su internet.

Thank you very much, NihBakaChan!x3
  
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