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Autore: Flaminia_Kennedy    13/12/2010    4 recensioni
Anno Domini 1191.
E' l'epoca delle Crociate, la Terza per essere precisi.
Riccardo ha con sé una giovane donna, che cambierà per lo più il destino del Re inglese e quello di un uomo, le cui ali spezzate riprenderanno a volare in alto, retto dal credo degli Assassini.
"Nihil est reale, licet omnia...o come dici nella tua lingua -Niente è reale, tutto è lecito"
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altaïr Ibn-La Ahad , Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il sole era sceso dietro i tetti di Acri e avevo appena finito di leggere il messaggio di risposta di Re Riccardo: avrei dovuto indagare anche su Sibrando, il suo secondo in carica nella città presa agli arabi, e di ucciderlo se mai avessi scoperto un suo raggiro contro il sovrano in guerra.
Non avevo risposto, la città in tumulto mi aveva concesso di uscire solo il tempo di recuperare il piccione viaggiatore dalla sua gabbia comune e di leggere la lettera che ora mi stavo apprestando a bruciare nel piccolo angolo riparato lontano da qualsiasi strada o via della città in cui stavo programmando il resto della mia nottata.
Ero venuta a conoscenza, ascoltando delle persone mentre reperivo degli abiti anonimi, che Sibrando era lacerato dalla paura dopo che Guglielmo era perito per mano di un Assassino -l’uomo che avevo incontrato, quindi- e si era trasferito al molo principale di Acri.
Scendeva dalla sua nave solo per giustiziare persone che riteneva colpevoli dell’assassinio del suo superiore o per strigliare i suoi uomini.
Pensai che in tempo di guerra, uomini così reclusi dovevano trovare sollievo in mezzo a mappe cartacee e vino in compagnia di qualche donna.
Mi sarei dovuta introdurre come dama di compagnia -o donna oggetto, dato il credo che vagava in quelle terre arabe- e riuscire a estrapolare qualcosa attraverso l’uomo magari imbevuto di alcolici fino alle pupille degl’occhi.
Nella modesta tunica color ocra che avevo rubato a una bancarella, ringraziando il caos generale del bazar, camminai fino al molo, dove la città finiva bruscamente tagliata dalle mura che la proteggevano.
Alcuni uomini di Sibrando erano a guardia dell’entrata e sembravano ostinati a non far passare nessuno se non alcuni uomini con in braccio delle casse di merce di prima necessità…e solo allora notai che un plotone di soldati stava scortando alcune donne strepitanti aiuto verso gli ormeggi delle barche.
Una di esse si stava divincolando talmente tanto che le mani coperte dai guanti di una guardia gli avevano lasciato un segno rossastro sulle braccia scoperte.
Perfetto.
Mi guardai attorno per un attimo, poi notai un altro plotone di guardie senza alcuna donna che si stava guardando in giro, come alla ricerca di esse; partii alla carica e mi avvicinai fingendo indifferenza «hey! Tu!» urlò uno dei soldati appena ebbi superato il battaglione, avvicinandosi.
Simulai timore e incurvai un po’ le spalle, guardando l’uomo «cosa volete da me?» chiesi, la sicurezza dentro di me crebbe quanto la mia bravura come attrice «vieni qui zuccherino, ti porteremo in un bel posto» un’altra guardia seguì la prima, mentre le altre mi accerchiavano.
Subito un paio di mani si chiusero sui miei polsi, mentre una terza si faceva strada nel mio vestito per accarezzare e tastare il mio corpo «questa è perfetta!» esclamò colui che aveva palpato la carne pallida sotto la tunica e il mio corpo allenato dalle battaglie rimase quieto mentre mi divincolavo debolmente «lasciatemi!» gridai, giusto per non sembrare troppo felice di venir presa e tastata senza ritegno.
Per tutto il tragitto dal portone del molo fino al grande veliero dove Sibrando rimaneva rintanato, continuai a inveire e strepitare contro i soldati che stavano andando troppo oltre con la loro ispezione corporale «sentite che pelle fine! Mi dispiace portarla al capo, con tutte le idee che ho per la testa!» esordì uno mentre gli altri ridacchiavano «anche il viso non è male, nonostante al di sotto del collo non sia tanto prominente» «solo a te piacciono scarne, Barduf!» esclamarono in coro tutti i soldati a quello che mi aveva esaminato per primo, ma si zittirono quando -da lontano- sentirono le urla adirate di Sibrando.
Inghiottii a vuoto, non sapendo se il mio piano sarebbe mai andato a buon fine o meno «accidenti, il capo ha gli attributi che paiono in fiamme, per quanto strepita» disse un soldato di ritorno dalla nave, ai cinque che mi stavano quasi trasportando di peso «forse con questa giumenta, il torello smetterà di muggire» continuò lo stesso, indicandosi le spalle con un pollice «muovetevi e poi ritornate a cercare quell’Assassino, prima che ci faccia fuori tutti quanti».
A quanto pareva lo sconosciuto di cui avevo avuto l’onore d’incontrare era un essere abominevole, voglioso di sangue umano esattamente quanto i saraceni dall’altra parte del fronte di mio padre, nonostante il suo volto e le sue intenzioni mi erano state nascoste: perché non mi aveva ucciso? Forse sosteneva la causa di Riccardo?
Le mie domande vennero falcidiate da un singolo rumore, quello degli ormeggi di corda che vibravano ogni volta che la nave si allontanava dalle mura per un’onda o per un soffio di vento «portatele nella stiva con le altre» disse Sibrando, al plotone che avevo incontrato solo qualche tempo prima con le donne che strepitavano.
Appena l’uomo si voltò, potei vedere gli occhi cerchiati dalla paura e dalla follia fissarmi corrucciati, per poi aprirsi in una strana espressione «questa lasciatela qui, scaricherò un po’ di tensione su di lei» abbaiò Sibrando, minacciando le guardie che sarebbero finite impiccate al posto dei criminali se non se ne fossero andati immediatamente.
Io rimasi immobile davanti al Comandante, con il lento beccheggiare della nave a togliere ai miei piedi un po’ di supporto «bene bene…abbiamo una giada araba qui…anche se la tua pelle e i tuoi occhi non sembrano per niente come quelli di questi diavoli infedeli» disse lui, prendendomi il mento tra le dita come avrebbe fatto con un animale in vendita.
Avrei solo dovuto fargli mettere la mano alla bottiglia di vino e forse qualche informazione sarebbe uscita da quelle labbra lucide per la prematura voglia di sesso.
Lo stomaco fece mezzo giro di disgusto «no, mi signore» dissi io, abbassando gli occhi come una brava schiava farebbe «non sono di queste terre…ma ci sono stata condotta con la forza…» alzai i miei occhi scuri e sperai di poter averla vinta su quel bastardo traditore.

Qualche ora dopo correvo sul legno marcio delle piccole imbarcazioni che circondavano il grosso veliero di Sibrando, il rumore della campana d’allarme che picchiava contro le pietre delle casupole attorno al porto.
Davanti a me la tunica bianca dell’assassino che stavo inseguendo, sebbene con qualche fatica.
Il suo nome e il suo scopo ultimo mi erano totalmente sconosciuti, ma sapevo che il motivo che muoveva la sua lama era di certo un motivo che poteva stare dalla mia stessa parte della barricata: aveva già ucciso parecchi uomini di Saladino, sebbene avesse stroncato la vita dei più valorosi uomini di Riccardo, e ciò lo rendeva ai miei occhi un possibile alleato «fermati!» urlai, mentre lui saltava su un palo e atterrava senza un rumore sul pontile di legno più vicino «fermati ti supplico!» continuai, saltando con un po’ di difficoltà su una barchetta che dondolò parecchio prima di darmi il tempo a passare sulla parte in pietra che circondava la baia artificiale.
Salii rapidamente gli scalini, impacciata dal vestito lungo, e guardai attraverso la folla in panico: la schiena bianca era appena visibile attraverso la gente, come sprazzi di luce attraverso il soffitto di un bosco «Assassino, fermati!» esclamai, attirando l’attenzione di un paio di guardie, che subito si accodarono alla mia corsa, scostando malamente le persone sul loro cammino.
Dannazione, pensai, non so nemmeno se stanno inseguendo lui o me.
Dopo quella corsa incessante appresso al cappuccio bianco dell’uomo, mi ritrovai in una piazza quasi deserta, se non si contava la piccola processione di monaci che passava sulla sinistra.
Svanito, era completamente svanito e io avevo ancora le guardie a inseguirmi come se fossi stata io ad uccidere Sibrando.
Forse gli schizzi di sangue sul tessuto ocra della tunica non aiutavano la mia situazione, dopotutto avevo assistito alla morte negli occhi lussuriosi dell’uomo proprio mentre i miei si focalizzavano su quelli scuri come la pece dell’Assassino.
Sibrando mi era caduto addosso nel suo lento morire, mentre borbottava qualcosa d’incomprensibile «gli altri…» avevo distinto in mezzo ai gorgoglii del sangue nella gola.
Per la seconda volta mi ritrovai inseguita, in quella città, e le casupole di pietra non offrivano nessun riparo, solo alcune tettoie sopra gli architravi delle porte, ma nessuna rientranza che mi avrebbe aiutato a scampare alle guardie sguinzagliate dalla morte di Sibrando.
Con un grugnito scocciato ripresi a correre, lanciandomi nella direzione in cui avevo visto sparire i monaci: pensai che si stessero dirigendo verso qualche moschea o qualche chiesa in cui avrei potuto trovare rifugio.
Corsi quanto veloce potessi, il peso della piccola lama che tenevo nascosta sotto le vesti non m’impicciava per niente, ma se avessi dovuto estrarla non avrei potuto avere alcuno scampo «fermati o morrai!» urlò una guardia dietro di me e ridacchiai, in un moto isterico.
Se mai mi avessero preso sarei morta comunque, perché dunque fermarmi? Avrei voluto rispondere al soldato, ma prima che potessi dire qualsivoglia cosa anche solo nella mia mente, una freccia sibilò pericolosamente vicino al mio orecchio e il dolore pungente della sua punta in ferro mi sconquassò le vertebre della schiena, mentre la freccia finiva il suo volo nella mia spalla, poco distante dalla scapola.
Un urlo strozzato uscì dalla mia gola prima che cadessi in avanti «prendetela!» urlò qualcuno dietro di me, ma ormai il danno era fatto: ero stata ferita, condannata a una morte lenta in cui o la perdita di sangue o la cancrena avrebbero avuto la meglio sul mio cuore.
Tentai di alzarmi, ma ansimai e i polmoni pieni d’aria mi fecero avvertire ancora di più la punta della freccia nella carne «eccola! Non può fuggire!» altre grida, più vicine, ma questa volta con qualcosa in più nel sottofondo del caos della città in allarme.
Sentii il frusciare di una lama che scatta fuori dal suo fodero di pelle, dopodichè un salto silenzioso e frusciante diede vita a uno scoppio di grida instupidite assieme alle ossa del collo che cedono sotto il ferro battuto del pugnale sottile e letale.
Alzarsi in piedi era inutile, il dolore era insopportabile, nonostante avessi già sopportato qualche ferita da lama durante gli addestramenti del mio passato, così tentai di voltare il viso alle mie spalle, rotolando sul fianco opposto alla freccia per evitare di spezzarla dentro la ferita: un cappuccio bianco come la testa di un’aquila spiccò tra gli elmi grigi delle guardie e una di esse, presa dalla folle paura di morire, corse verso di me.
Inciampò nel mio corpo, scontrando la freccia che sentii scorrere più a fondo, e cadde in avanti, prontamente raggiunto con un salto dall’Assassino.
La lama nascosta nel suo polso sinistro fece il resto, mozzando la vita al pauroso soldato privo di qualsivoglia onore.
Appena si alzò in posizione eretta, il mondo venne avvolto da una lattiginosa nebbia bianca che coprì qualsiasi cosa, persino il volto che mi si era fatto vicino per controllare la ferita e la seconda freccia volata a qualche passo dal ginocchio piegato dell’Assassino.
Una voce rimbombò qualche secondo nella vastità di quel luogo bianco e azzurrino, fatto di nebbia e un suolo inesistente «per oggi abbiamo terminato signorina Hills.
La faccia uscire».
Un tono seccato e nervoso di un uomo sulla cinquantina e tanti rumori tecnologici.


Angolo dell'Avvocata
Non so se sono riuscita ad antichizzare bene questo capitolo, ma spero che sia piaciuto ^^

Lady_Kadar: Beh dovranno per forza fare conocenza xD Sono contenta di aver trasmesso tali sensazioni, miro a fare un po' come il cinema in 3D, ma con lo scritto anche se penso fallirò la missione -e Al Mualim mi toglierà il portatile come punizione v.v-
Curiosità: ma il tuo nik c'entra con il fratello morto di Malik? O_o Giusto per sapere

Ama_: non ti preoccupare ^^ Ricordati però che sono le cattive recensioni che fanno di uno scrittore un vero scrittore ^^ non ti abbattere!

Sese87: Mi dispiace di averti lasciata un po' così nella prima parte del capitolo scorso, ma smaniavo ad arrivare ad un incontro xD lo ammetto, non ho proprio dato il meglio di me -e temo che finchè Altair non sarà costantemente presente non si migliorerà xD- ma spero che ti piaccia questo capitolo!
   
 
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