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Autore: whinydreamer    30/12/2010    6 recensioni
«Ci risiamo.» sospirò la donna sconsolata. «Minato, possibile mai che quando vai di fretta non capisci più niente?»
Il ragazzo si limitò a spostare lo sguardo altrove, puntando le iridi chiare sul campanellino causa della sua sconfitta.
«E’ tardi, devo andare…» disse, chiedendole implicitamente di lasciarlo libero.
La donna sorrise e si scostò, lasciandolo rialzarsi.
Minato si passò una mano tra i capelli, pensieroso.
Mi ammazzerà, sicuro.
«E dove dovresti andare?» chiese, facendo la finta ingenua, la donna dalla lunga chioma corvina.
«Come se tu non lo sapessi. Vado dalla figlia degli Uchiha.» dichiarò lui con un semplice sorriso, gli occhi color cielo illuminati.
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto, Sasuke/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie, Contesto generale/vago
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Capitolo I
»● Proposta di matrimonio ♥

Si muovevano silenziosi tra i rami imponenti del grande giardino. Non una foglia caduta, non uno scricchiolio dai loro rapidi movimenti. L’acqua del laghetto emetteva ogni tanto qualche bollicina, mentre le carpe nuotavano pigre, in quella strana calma che poche volte regnava sovrana in quella casa.
Un ragazzo biondo fissava attento ogni cespuglio, albero, pietra presente. Gli occhi azzurri lampeggiavano ad ogni piccolo, indistinguibile movimento, nella speranza di avvistare il proprio avversario.
Ma, proprio quando stava pensando di cambiare appostamento iniziò a soffiare una debole brezza, che fece tintinnare il campanellino appeso alla parete del corridoio che dava al giardino. Il ragazzo, sorpreso, si girò di scatto lasciandosi sfuggire un mugolio. E, mentre il campanellino ripeteva il suono, una pioggia di shuriken e kunai gli fu scagliata contro.
Se ne accorse giusto in tempo: evitò la maggior parte spostandosi con un balzo piuttosto grezzo, e fu costretto a respingerne altri con i suoi kunai.
Non c’era tempo da perdere, doveva sbrigarsi: evocò due copie di se stesso e cercò di circondare l’atro combattente, individuato su un ramo poco distante.
Lo avrebbe steso con poche mosse e non avrebbe perso tempo.
Il piano era semplice: circondarlo e attaccarlo con una raffica di armi. Dopotutto, erano o no i piani più semplici ad essere i migliori?
Nulla da fare: dopo pochi minuti, sentì le sue copie svanire.
Cazzo!
Era rimasto solo!
Innervosito e seccato da quel fallimento, iniziò ad allontanarsi da li, saltando sulle rocce vicino al laghetto, conscio che altrimenti sarebbe toccato a lui essere infilzato.
Ma non fu sufficiente. Fu fatto cadere di peso contro una roccia e sovrastato da una figura longilinea, dai capelli scuri scossi dal vento, che lo immobilizzava di peso solo grazie ad una mano e con l’altra, gli puntava un kunai contro.
«Ci risiamo.» sospirò la donna sconsolata. «Minato, possibile mai che quando vai di fretta non capisci più niente?»
Il ragazzo si limitò a spostare lo sguardo altrove, puntando le iridi chiare sul campanellino causa della sua sconfitta.
«E’ tardi, devo andare…» disse, chiedendole implicitamente di lasciarlo libero.
La donna sorrise e si scostò, lasciandolo rialzarsi.
Minato si passò una mano tra i capelli, pensieroso.
Mi ammazzerà, sicuro.
«E dove dovresti andare?» chiese, facendo la finta ingenua, la donna dalla lunga chioma corvina.
«Come se tu non lo sapessi. Vado dalla figlia degli Uchiha.» dichiarò lui con un semplice sorriso, gli occhi color cielo illuminati.
«Quale?» indagò divertita.
«Dalla più bella, ovvio!» chiarì, adorante.
«Vai pure.» concesse lei, pur sapendo che se l’avesse voluto trattenere, sarebbe stato del tutto inutile.
«Ci vediamo a cena…» salutò la donna voltandosi.
«Ma ricorda Minato: io sono tua madre, ma ancor prima una ninja e un’ambu. Se continui a trascurare così i tuoi allenamenti, sarò costretta a prendere provvedimenti.» lo avvertì lei.
«Si, si…» rispose lui non curandosene troppo. Ma aveva recepito il messaggio e sua madre lo sapeva.
Minato, il suo primogenito, aveva tutti i tratti fisici del nonno, oltre al nome. Inoltre, nessuno sapeva come o da chi l’avesse ereditato, era un vero genio e tutto il villaggio era sicuro che avrebbe seguito la tradizione di famiglia diventando Hokage. Al momento, aveva 18 anni ed era jounin da circa due anni. Sebbene le sue capacità gliel’avrebbero permesso da molto prima, Minato se la prendeva con calma, e poco gli importava il fatto di aver sviluppato da piccolo le capacità oculari del clan. Ma era il suo carattere a fare la differenza: l’allegria scorreva nelle sue vene al posto del sangue, ma agiva sempre con calma e lucidità, nonostante fosse un bonaccione di prima categoria.
Infatti, solo grazie al fatto che non aveva minimamente preso dal padre, il capoclan Uchiha gli permetteva di frequentare la sua primogenita. Seppure avesse voluto allontanarlo, quel ragazzo in vita sua non aveva commesso nessuna pecca, ed essendo un vero genio in tutto, non aveva proprio nulla per liberarsene pur se avesse voluto. Comunque, l’Uchiha ringraziava ogni giorno il signore che Minato non fosse come suo padre.
Hinata sospirò vedendo la figura del figlio sparire a piccoli passi.
Sorrise.
Sapeva che appena avesse messo piede fuori casa, avrebbe iniziato a correre come un matto, pur di diminuire il suo ritardo e non sorbirsi una strillata dalla sua ragazza.
«E’ di nuovo in ritardo?» chiese una voce matura alle sue spalle.
«Direi proprio di si.» rispose la donna non voltandosi.
«Non vorrei essere nei suoi panni.» le si avvicinò e le carezzò la guancia da dietro.
«A quanto pare, ha ereditato almeno questo da te.» sospirò Hinata.
«In che senso? Quando mai sono stato in ritardo con te?» le chiese con la faccia da bambino fissandola con i suoi occhi azzurro limpido.
«Ad esempio quando tutto il villaggio sapeva della mia cotta per te e tu non te n’eri proprio accorto?» lei si girò verso di lui e lo guardò con ovvietà.
«E’ stato tanto tempo fa ed ero solo un bambinetto cretino che non sapeva cosa fosse l’amore e sognava di diventare Hokage…» si giustificò lui acquattando la zazzera bionda.
«A me sembra che tu avessi una cotta per Sakura a quei tempi…» gli lanciò una frecciatina.
«Ehm… ti sembra male…» cercò di sgattaiolare lui sotto il sorrisino della consorte «Tanto io amo solo te.» e le circondò il bacino avvicinandosela.
«Lo so.» annuì lei mettendogli le mani al collo e facendosi baciare dolcemente.
Sollevò leggermente le sue labbra da quelle del marito e gli sospirò contro:«Oppure, tutte le volte che ai nostri appuntamenti ti dimenticavi di avvertirmi che saresti partito per qualche missione…», lasciando sottointeso “ed io rimanevo ad aspettarti come una cretina”.
Lui la guardò sconfitto.
Ecco perché mi piace Hinata: trova sempre il modo giusto per fregarmi.
Ragionò Naruto dopo essere stato zittito da quell’angelo di sua moglie.
 
Cazzo! Mikoto non mi parlerà per un mese se non mi sbrigo!
Correva a perdifiato, cercando di recuperare ogni singolo secondo con una corsa da maratoneta.
Aveva promesso alla sua ragazza, o meglio, fidanzata, come preferiva chiamarsi lei, che avrebbero trascorso il pomeriggio insieme, dove le sarebbe più piaciuto.
La ragazza era rimasta felicissima da quelle parole e gli aveva promesso di preparare qualcosa di davvero speciale per il suo arrivo. A differenza della madre, lei era molto portata per la cucina e le piaceva perdere il tempo a preparare varie leccornie, soprattutto dolci, da far assaggiare alle sue sorelline o a chiunque si trovasse a passare dalla cucina.
Certo, dalla madre aveva ereditato caratteristiche come l’irascibilità, la forza mostruosa, il voler essere sempre la prima donna in tutto, ma anche tanta caparbietà, tenacia e buon senso.
Dal padre forse aveva ereditato di meno, a parte l’innegabile somiglianza fisica. A volte si chiudeva in se, a riccio, e nessuno riusciva a leggerle dentro. Era schiva con gli sconosciuti e maledettamente testarda. Forse non aveva ereditato poco dal padre, anzi, le aveva trasmesso anche troppo di suo.
Il biondo si fermò e smise di imprecare e maledirsi solo appena vide la figura snella tanto conosciuta attenderlo al portone d’ingresso di casa sua.
Ora si che sono fritto!
Quando Mikoto l’aspettava fuori, di solito c’era qualcosa che non andava. Ed oggi, probabilmente era lui ed il fatto che fosse in ritardo.
«Ehi, Mikoto!» la chiamò lui da lontano, per sembrare meno in ritardo di qualche secondo. «Ciao! Scusa per…» non poté neanche completare la frase che la ragazza le lanciò un’occhiataccia fulminandolo con i suoi profondi occhi scuri.
Sembrava tenergli il broncio, e stette per qualche secondo in silenzio, guardandolo quasi in cagnesco.
«Su, dai… non fare c…» provò lui.
«Sai che odio i ritardatari.» lo interruppe lei con poca grazia. «Andiamo, prima che mi passi la voglia di uscire con te.» gli ordinò, spostando con la mano sinistra i lunghi capelli neri e facendoli ondeggiare.
Con piglio deciso, gli diede un cestino da pic-nic da portare e si aggrappò al suo braccio destro, stringendosi ad esso ed appoggiando la testolina sulla spalla del biondo.
Minato, dal canto suo, in estasi, portava il pesante cestino e si faceva guidare come un cagnolino dalla ragazza, che aveva ancora un’espressione un po’ indispettita.
Che cretino! Quel ragazzo si fa sempre fregare come un allocco da mia figlia!
Osservò il capoclan Uchiha scorgendo i due ragazzi sparire dietro l’angolo.
Forse è meglio così. Buon per lei. Al giorno d’oggi, avere qualcuno che ti ama tanto da fare proprio tutto quello che dici è difficile...
Rifletté poi l’uomo dai folti capelli scuri.
«Sasuke!! Verresti ad aiutarmi in cucina?» da una stanza poco distante, una donna dalla capigliatura rosa lo chiamò con voce squillante.
«Arrivo subito.» e si precipitò da lei prima che questa dovesse ripeterglielo una seconda volta.
 
Minato,fidanzata a braccetto, passeggiava tranquillo per il villaggio, con uno sguardo da innamorato perso (o meglio, da ebete sognante) sul volto.
Quando era in compagnia di Mikoto, il ragazzo non pensava ad altro. O semplicemente non pensava.
Spesso era capitato che qualcuno l’avesse salutato, e lui aveva proseguito per la sua strada, non accorgendosi neanche della presenza dello sfortunato conoscente.
Mikoto, dopo una decina di passi, aveva sostituito il piglio deciso, con cui aveva afferrato il ragazzo, con un’espressione serena.
Continuava a tenerselo stretto, limitandosi a indicargli la strada da seguire.
In poco tempo, i due ragazzi uscirono dalle mura del villaggio, dirigendosi sempre più verso il fitto della foresta.
Mikoto gli si staccò guardandosi attorno.
«Su, forza. Di questo passo non arriveremo neanche per stanotte. Che ne dici di un po’ di moto?» suggerì lei con tono di sfida. E gli occhi le brillarono.
«Certo!» sorrise lui accettando: non si sarebbe mai tirato indietro. «Dimmi solo verso dove.»
«Due kilometri sud. Non è poi molto lontano.» precisò lei.
«Bene. Dai tu il via?» chiese.
«Certo,» disse risoluta, «via!» scattò subito lei, rimanendolo indietro.
Minato sospirò.
Mikoto… pensi di farmela?
E con un sorrisetto di chi la sapeva lunga, il cestino alla mano, iniziò il suo inseguimento saltando di albero in albero.
Pochi secondi dopo, la ragazza gli fu di nuovo visibile.
Agile e veloce, alternava la corsa sulla nuda terra con rapidi salti.
I lunghi capelli neri ondulavano sulla sua figura, mostrando di tanto in tanto il visino affusolato, sorridente per il vantaggio ottenuto.
In poco Minato la raggiunse, dando luogo ad un vero testa a testa.
Siccome correva per gioco e soprattutto per divertimento, decise di non modificare quell’andatura e di restare al passo con Mikoto.
All’Uchiha non piaceva perdere e quindi, Minato si preoccupò di starle sempre a spalla e magari, di superarla solo verso la fine della corsa.
Ed in pochi minuti, si intravide il posto deciso dalla ragazza.
Mikoto, volgendo di tanto in tanto lo sguardo verso l’Uzumaki, notò che egli, senza farsi accorgere, aumentava la velocità.
Sapeva benissimo che lui era molto più veloce di lei, non era stupida. Eppure, sapeva anche benissimo che c’era un modo per vincere.
Ora ti frego io… vediamo un po’…
Elaborò un semplice ed astuto piano, vincente su tutte le frontiere.
Rallentò di poco il passo.
«Ehi! Minato!» lo chiamò a squarciagola attirando la sua attenzione.
Si poggiò una mano sulla maglietta.
«Vorresti vedere le mie tette?» gli chiese con fare innocente, alzando giusto un frammento del lembo di stoffa rosa che le ricopriva il ventre.
«C-COS..!?» si fermò di scatto, restando con la mascella aperta e gli occhi sbarrati nell’udire quella proposta.
Approfittando del suo shock e del fatto che si fosse fermato, Mikoto aumentò di nuovo il passo, e vi aggiunse molta velocità.
Ma che cazz…
Il ragazzo, se la vide sfrecciare affianco, con un occhiolino consolatore che diceva chiaramente: “Ti ho fregato”.
Oh, no! Me l’ha fatta! Se la prendo!
«Ti aspetto avanti!» gli disse ridendo come una bambina.
«Mikoto! Questo è scorretto!» protestò lui, « Se ti prendo…» la minacciò poi.
«Giusto! Se mi prendi.» continuò a ridersela lei.
Lui emise un grugnito o qualcosa del genere.
Ora vedrai… sicuro che ti prendo!
Ormai erano arrivati sul luogo scelto, ma i due continuarono la loro piccola maratona attorno all’incantevole specchio blu che con i suoi scrosci, riempiva l’aria.
Il biondo la rincorse un bel po’, prima di riuscire a raggiungerla ed a incastrare il suo corpo tra se stesso ed un albero.
Lasciò cadere il cestino a terra e la immobilizzò.
In quel modo, forse, si sarebbe fermata un attimo.
«Visto? Ti ho presa.» concluse lui vincente.
«E chi ti assicura che non sia stata io a volermi far prendere?» lo stuzzicò lei.
«Sai che quello che mi hai fatto è scorretto, vero?» le chiese lui guardandola negli occhi.
«E contro quale regola và? Non mi pare che avessimo mai messo delle regole fra noi…» ammiccò lei.
«Hai ragione…» stette al gioco lui. «Ora però, devi fare punizione.» cercò di vendicarsi lui.
«Ah, si? E cosa dovrei fare? Sentiamo.» si mise in gioco lei, guardandolo maliziosamente.
«Hmm…» parve pensarci su.
Lei non si fece attendere e gli circondò il collo con le braccia, alzandosi leggermente sulle punte e avvicinando il suo viso al proprio.
Gli baciò le labbra, facendo diventare pian piano il bacio più intimo.
Lui spostò le sue forti braccia dal tronco su cui l’aveva incastrata per stringerla a se.
Lei gli si staccò dopo un po’.
«Così può andare?» gli chiese mentre le loro bocche erano ancora a poca, se non nulla, distanza.
Minato non rispose, le diede un bacetto affettuoso sul naso.
«Ora si.» sorrise lui spostandosi, mentre lei si toccava il naso, come a voler togliere quel piccolo bacino.
Maledetto Minato!
I baci sul naso non li aveva mai sopportati!
Il ragazzo riprese il cestino e si avvicinò sulle rive del laghetto.
Mikoto aveva scelto di passare il pomeriggio proprio li, dove una piccola cascata creava uno specchio d’acqua indisturbata tra la natura, vicino alle porte del villaggio.
Un bel posto davvero. Tranquillo, spazioso e rilassante.
Il ragazzo aveva già sistemato buona parte del cestino sul prato, molto vicino alla riva.
«Minato, li non va bene. Metti tutto più lontano dall’acqua, o mangeremo solo zuppa.» lo richiamò lei, con tono leggermente irritato.
«Va bene.» rispettò il suo ordine sereno, senza replicare.
 
Poco dopo, entrambi si erano seduti sul prato per assaggiare la merenda preparata da Mikoto, ovvero una torta e del the.
Minato mangiava tranquillo: esagerava con la quantità, ma lo faceva in modo composto, così da non mostrare troppo la sua golosità.
Inutile dire che, quando la torta fu terminata fino alle briciole, la cuoca richiese ed ottenne meritati complimenti.
Dopo essersi stiracchiato per bene, il biondo si sdraiò completamente al suolo, sazio.
Mentre fissava le nuvole scorrere pigre nell’azzurro limpido del cielo, la chioma di Mikoto si sovrappose a quelle.
«Ci facciamo un bagno?» chiese speranzosa.
Lui la guardò un attimo stranito.
«Ti sembra la temperatura adatta per un bagno? E poi non abbiamo neanche il costume.» scartò il suggerimento l’Uzumaki.
«Credo che le mutande le avrai, no? E poi sentilo: il figlio dell’Hokage che ha paura di farsi un bagnetto perché fuori periodo.» lo prese in giro.
«Nulla da fare, mi spiace. Rimandiamo.» asserì convinto.
«Mpf» sbuffò lei delusa. Perché Minato non l’assecondava mai su queste cose?
Forse non gli piaceva il luogo.
O forse, semplicemente non gli piace il mio corpo.
Scosse la testa per cacciar via quell’insana idea senza fondamenta. Non lo credeva affatto, e poi, a giudicare da come si era bloccato prima alla proposta di guardarle il seno, almeno un po’ di attrattiva doveva esercitarla sul quel ragazzo.
Purtroppo però non aveva mai provato a toccarla con un dito e questo, soprattutto nell’ultimo periodo, le dispiaceva.
Mikoto si spostò a piccoli passi e guardò dritto davanti a se, osservando il getto d’acqua in tutto il suo splendore.
«Ti piace qui?» chiese a bassa voce, timida, sperando di non aver scelto qualcosa che potesse dispiacergli.
Minato le si avvicinò da dietro e l’abbracciò poggiando la testa sul suo collo, la bocca vicino all’orecchio.
«Tantissimo.» le bisbigliò velocemente, per poi trascinarla con se indietro e farla cadere insieme a lui sul folto prato.
La ragazza si ritrovò su di lui che gli aveva fatto da cuscino.
Si sentiva così piccola…
Trattata quasi come una bimba a cui piace giocare.
«Dai… Minato!» provò a fermarlo tra le risa dovute al forte solletico che gli stava facendo.
Ma il ragazzo non smise e continuò ancora per un po’.
«Non trattarmi come una bambina.» si trovò a commentare, facendo la finta offesa, dopo essersi ritrovata non sapendo come, stesa affianco a lui, con la mano sinistra intrecciata a quella del ragazzo.
«Non lo farei mai.» controbatté serio lui.
Lei ci pensò.
«Eppure, a me pare che spesso succeda. Cioè… che mi tratti da bambina… invece che da donna.» confessò vergognosa.
Era capitato spesso di parlare di sesso tra i due ragazzi, soprattutto durante la prima adolescenza. Ma, sebbene Mikoto ogni tanto accennasse a qualcosa, Minato non le aveva mai chiesto niente o dimostrato particolare interesse. Se da un lato ne era sollevata poiché non si sentiva ancora pronta per certe cose, dall’altro crescendo, era come se la infastidisse parecchio non risultare attraente e desiderabile ai suoi occhi.
Minato le sorrise malinconicamente e le carezzò delicatamente una guancia.
«Ti sbagli. Tu sei una donna; la migliore che esista, non potrei mai trattarti come una bambina.» palesò le sue idee.
Mikoto non parve convinta, le sembrava una di quelle frasi già fatte.
«E’ che non voglio tu possa pentirti di qualcosa. Sai che credo molto nel matrimonio.» si imbarazzò un po’ lui, dato che poco gli capitava di parlare dei valori nei quali credeva maggiormente: ovvero matrimonio e famiglia. Sebbene ne avesse una, crearne una da se lo imbarazzava tantissimo, per non parlare poi dell’idea di sposarsi. Erano quei piccoli segreti che si portava nel cuore, e che sperava di avverare con Mikoto, prima o poi.
«E tu sai benissimo che io credo molto in noi.» lo interruppe lei, convinta e seria.
«Mikoto, io ti amo, lo sai, ma…»
«Quale ma? Se mi ami mi ami, punto e basta.» si impose lei.
«Benissimo.» si decise lui, stanco di quei discorsi che da un po’ facevano capolino sempre di più tra loro. «Allora sposami.»
Cosa…?
«Sposami, Mikoto, e mi farai l’uomo più felice su questa terra.» proruppe lui, sincero.
Si mise seduto e la penetrò con gli occhi color cielo.
Mikoto era rimasta imbambolata, lo guardava sconcertata e non sapeva per la prima volta cosa rispondere.
Minato si illuminò.
«Giusto. Hai ragione, te lo devo chiedere in questo modo.» disse, inginocchiandosi e guardandola profondamente.
«Mikoto, vuoi sposarmi?»
La ragazza era rimasta a bocca aperta.
Infatti, non seppe neanche dove trovò la forza per pronunciare un flebile e balbettato «S-si».
«Scusami, non ho neanche un regalo da darti… come vedi, è stato un po’ improvvisato…»
Poi gli venne un’idea e si portò le mani al collo.
«Però… pensi che questa potrebbe andar bene? Almeno per il momento, s’intende…» le avvinò il suo ciondolo, regalatogli dal padre quando era piccolo e da cui non si era mai staccato.
In quel piccolo gioiello erano rinchiusi i suoi sogni e le sue speranze, così come quelle di molte altre persone prima di lui.
Mikoto gli si buttò al collo, lo baciò e lo trascinò a terra.
«Ma scherzi? Va benissimo.»
Lui sorrise.
Poco dopo, fu costretto a farle allentare un po’ l’abbraccio, altrimenti, non sarebbe arrivato vivo al matrimonio.
 
Erano ormai sulla via di casa quando la ragazza, felice come una pasqua, gli chiese innocentemente quando volevano celebrare il rito.
«Scegli pure tu quando e dove. A me va bene anche domani in una birreria…» scherzò lui, pensando di far cosa gradita, ma lei lo incenerì immediatamente con lo sguardo.
E no, la birreria a quanto pare non va bene…
«Mikoto, prima dovremmo dirlo almeno ai nostri genitori, non credi?»
«Effettivamente…» ragionò lei. «Sai la mamma come sarà felice, lei adora queste cose!»
«Si, certo… io piuttosto mi immagino tuo padre.» si terrorizzò lui. «Penserà sicuramente che io ti abbia messa incinta o qualcosa del genere…»
«Ma dai! Babbo è un uomo dalle ampie vedute e non si fermerà all’apparenza!»
Si, si fermerà a darmi calci in culo…e con le “ampie vedute” che gli da il suo sharingan ci riuscirà ancora meglio…
Il pensiero se lo tenne per se.
«Vedrai, andrà tutto bene!» lo consolò allegra lei.
Certo, come no.
Si disse pessimista.
«Quando andiamo a dirglielo? Ora?» lo incitò sprizzando felicità da tutti i pori.
«Ora è tardi, e mio padre non c’è a casa. Che ne dici di domani mattina?»
«Va bene. Pensandoci, a casa ora ci saranno solo le mie sorelline. Riuniamo tutti assieme, vero?»
«Si, così evitiamo di dover fare il discorso due volte.»
Parlando parlando, arrivarono a casa Uchiha.
«Allora a domani…» sgattaiolò via lei.
«Ehi, non mi saluti neanche?» si rammaricò lui di non aver avuto neanche una semplice carezza.
«Eh no mio caro! Da stasera, niente contatti troppo stretti, fino al matrimonio!» sorrise lei divertita, lasciandolo poi fuori al portone con una faccia ancora più da stupido di quando si era presentato quel pomeriggio.
Perché, quando mai abbiamo avuto contatti troppo stretti io e lei?
Speriamo almeno che questo matrimonio arrivi presto… sigh!


 

Spoiler

"«COOOOOOSA?!»
L’urlo di Sasuke riecheggiò in tutta la villa, senza risparmiare neanche il giardino.
Fortunatamente casa Uzumaki era territorio del ragazzo, altrimenti Sasuke non avrebbe pensato due volte sullo sbatterlo fuori dalla finestra a calci nel sedere.
Mikoto, la sua primogenita, la sua bambina, la sua principessa, sposare il figlio di quel mentecatto dell’Uzumaki?"

Salve a tutti! Siccome l'altra mia fanfiction su Naruto sta terminando, ho deciso di iniziarne una nuova, che sarà composta da soli 4 capitoli. Come potete ben vedere però, saranno molto più corposi rispetto ai soliti che scrivo. L'unica nota dolente è il tempo: vi dirò, solo per questo capito ne ho impiegato tantissimo, anche perchè dovevo delineare il carattere ai due protagonisti. Ora quello che più mi preoccupa è rendere al meglio le reazioni dei genitori, soprattutto di Naruto e Sasuke. Spero vivamente di riuscirci e magari di non impiegarci troppo(non foglio fare un'Odissea con questa storia, come magari ho fatto con We are lovers, areen't we?).
Mi farebbe molto piacere conoscere la vostra opinione sul primo capitolo che vi presento. Un saluto generale e un grazie per aver letto questo capitolo. Ah, auguri di Buon Anno Nuovo.

   
 
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