Il Segno
dell’Uomo
Prologo
La luna tinta di un velo sanguigno brillava nella notte
priva di stelle che copriva le strade silenziose. Non si udiva un solo rumore,
se non il tenue fruscio del vento che fuggiva per i vicoli bui. L’intera città
era sopita in un torpore foriero di tempesta. Al centro della capitale il
castello reale si ergeva maestoso, con alti bastioni che svettavano nel cielo
notturno. Bracieri ardenti sulle torri ne rivelavano la mole imponente.
All’interno, ogni stanza, ogni corridoio era permeato dal silenzio. Nessun
rumore si udiva nelle vaste aule marmoree. Solo un debole suono, ovattato, quasi
impercettibile: un respiro affannato che alcuno avrebbe potuto percepire nel
vuoto che circondava la stanza del Signore di Maruyl. La tenue luce della luna
pioveva nell’ampio salone spoglio e austero da alte vetrate, illuminando la
figura del Principe. Era il Sire della città, la carica affidata di generazione
in generazione ai più meritevoli. Il designato doveva essere un condottiero
infallibile, forte di umanità, saggezza e coraggio e il suo unico proposito il
bene del popolo. Il Principe di allora incarnava alla perfezione quei requisiti.
Quell’uomo si accingeva però ad affrontare forze al di sopra della sua natura
mortale. Avvertiva strani presagi nell’aria. Con lo sguardo perso nel vuoto
sedeva immobile sul suo trono, costruito su una piattaforma rialzata, dominando
l’intera sala. Vestiva una tunica di porpora, che gli avvolgeva il corpo con
delicatezza. Un elmo d’oro con fini rilievi cremisi gli nascondeva i lineamenti del
volto, celando la sua espressione. Il respiro affannoso e spezzato scuoteva
l’aria della stanza, infrangendone l’immobilità. Una voce eterea nacque
d’improvviso dal nulla e l’oscurità si infittì nel salone.
“Misero mortale…Umano di cui farò il mio strumento…”
L’uomo sentì l’aria fremere intorno a sé. Il suo respiro
divenne ancor più irregolare.
Il Principe fissò rapito il buio davanti a sé,
appoggiandosi stanco allo schienale.
Le sue parole suonarono flebili e atone: “Chi sei? Chi
sei tu che assoggetti il mio spirito?” “Inginocchiati!” Mosso da una forza
estranea, l’uomo si alzò lento dal trono, cercando di controllare il violento
fremito che gli faceva fremere l’animo. Si inginocchiò davanti a un’ immagine di
nero assoluto che andava formandosi davanti a lui. “Io sono la forza che
presiede alla vita e alla morte dei viventi…Io sono ciò che giace nel profondo
dello spirito di ogni essere…Io sono…il Potere!” Al centro esatto del nulla
nero, due occhi vuoti brillavano di una luce livida. Una gigantesca mano
artigliata comparve dal vuoto e una luce di fuoco si agitava nel suo palmo.
“Oggi, principe dei mortali, io ti dono la mia essenza e
la mia effige. Con questo tu dominerai su tutti gli esseri
viventi.”
“Cosa può darmi un tale potere?” Alla domanda del
Principe la luce si condensò fino a formare i contorni di una spada lucente. Il
pomo recava incisi due fulmini che s’intrecciavano tra loro, al centro dell’elsa
risplendeva il simbolo di un sole a cui lati si innalzavano un dragone azzurro e uno nero. Sotto il
freddo dell’elmo, gli occhi dell’uomo si serrarono rapiti sui contorni della
lama. “Prendila!”. Il Principe esitò, fermando la sua mano che già si protendeva
verso l’elsa splendente. Infinite possibilità si aprivano nella sua mente, sogni
irraggiungibili, desideri inappagati, ora a portata della sua mano. Eppure aveva
l’impressione che tutto ciò fosse sbagliato. Sapeva che il potere ottenuto
contando sugli altri era effimero e pericoloso e spariva con la stessa rapidità
con la quale lo si otteneva. Lo spirito oscuro avvertì la riluttanza nell’animo
dell’uomo. Avrebbe dovuto far leva sulle sue debolezze per convincerlo. Ne
avvolse dolcemente la mente mostrandogli le potenzialità della spada. Gli
promise una forza senza lati oscuri. Gli mostrò le vittorie che avrebbe ottenuto
in nome dei suoi ideali. Predisse il bene e la gloria del suo popolo. Il
Principe si avvicinò tremante all’arma. Quasi sbaragliato nelle difese, la
sfiorò debolmente ed infine serrò la mano con forza intorno
all’elsa.
Un dolce potere si liberò, avvolgendolo sin nel profondo
della sua intima essenza. Avvertì la stretta che fino ad allora l’aveva agitato
sciogliersi veloce, lasciando posto a sensazioni indescrivibili. Nuove energie
diventavano parte di lui, lo cambiavano, lo mutavano, ma era troppo concentrato
sulla Spada per accorgersene. Si sentiva un essere nuovo, traboccante di forza,
invincibile. Quando ogni parte di lui fu intrisa di nuove vitalità, il suo animo
era già stato corrotto.
Le buone intenzioni per il bene della sua gente erano
state accantonate, rigettate nel fondo della sua mente. Tutto il suo spirito era
concentrato su di sé e ammirava sognante i suoi limiti di mortale allargarsi,
diventare sempre più ampi fino a sparire. Non si accorse nemmeno dell’ombra
oscura che diminuì fino a sparire dentro di lui, radicandosi nel suo essere. Le ultime parole lo
risvegliarono dal torpore che gli avvolgeva mente e sensi. “Hai accettato…Ora
siamo una cosa sola…”
Il Principe si guardò improvvisamente intorno come per sincerarsi di non aver sognato.
Il suo sguardo si fermò su ciò che aveva ottenuto. Impugnò la spada con maggior
forza, tenendola alta di fronte a sé. La ammirò a lungo nella pallida luce della
sala. I simboli incisi palpitanti, quasi
l’arma avesse vene pulsanti. Si sedette nuovamente sul trono, incapace di
distogliere lo sguardo da essa. Non si rese conto del tempo che scorreva
silenzioso e veloce.
Un improvviso rumore interruppe la contemplazione del
Principe e la porta del salone si aprì di colpo. Provò a scorgere la figura
dell’intruso nell’oscurità della sala, ma ne udì solo la voce, dura e profonda.
“Siamo giunti tardi a quanto pare.” La figura di un uomo insolitamente alto,
muscoloso e di candida carnagione, si fermò ai limiti della zona illuminata
della stanza. Indossava una armatura metallica che ne proteggeva quasi tutto il
corpo e brandiva due asce. Dietro le spalle possenti si potevano scorgere i
contorni di una grande ascia forgiata in metallo rosso. Il viso ieratico e bello
era incorniciato da una rada barba bionda e da lunghi capelli altrettanto
chiari.
Una seconda voce giunse in risposta alle sue parole.
“Non è mai troppo tardi, amico mio.”
La figura di un secondo uomo si fermò al fianco del
precedente. Vestiva completamente di bianco e sia i capelli che gli occhi erano dello stesso colore. Il
viso era marchiato da segni nivei che, simili a saette, gli illuminavano il
volto terminando intorno agli occhi.
Brandiva un bastone di candido legno che aveva inciso nella sommità la
testa di un dragone. Le fauci spalancate della creatura stringevano un globo
trasparente. Il Principe si rivolse con tono distaccato ai due intrusi. “Che
cosa fanno nella mia fortezza l’Astro Bianco, Re degli Ateloi dell’ Aurora e
Mastro Earnor, Sire del popolo degli Albii?” Ma l’umano sapeva già la risposta,
lo Spirito del Potere gliela suggeriva, sussurrandogli parole languide
nell’animo: “Sono qui per lei, per prenderti ciò che ti
appartiene.”
Una terza persona si palesò alla luce della luna e le
sue parole suonarono piene di rammarico e dolore. “ Giungiamo per fare ciò che è
giusto, mio re” Assiso sul suo trono, il Principe si meravigliò di vedere che a
parlare era stato Nicolas, Signore della Casata Guerriera, suo fidato amico e
consigliere. Brandiva due daghe corte e aveva appesa alla vita una lunga
spada.“Nicolas, anche tu qui? Ti rivolti dunque contro il tuo re?” Le parole del
Principe erano deformate dalla rabbia e l’odio si insinuava ormai tra i suoi
pensieri. I presenti che ne ascoltavano la voce, udivano solo un sibilo ferino.
“Quello che ho davanti a me non è più il mio re.” Disse costernato il Signore
della Casata e i suoi occhi grigi
erano velati di tristezza. “Come osi, traditore?” La rabbia del Principe esplose
a quelle parole e si alzò in piedi furioso. Puntò
“Vi consiglio di moderarvi, Principe. Siamo qui per
parlare, non per combattere.” Disse con determinazione l’atelos. “Poco credibile
se detto da voi, che siete quattro tra i maggiori potenti del mondo. Raramente
ci siamo incontrati assieme. Una tal concilio non accadeva da tempo immemore.”
“Un’urgente necessità l’ha richiesta.” Intervenne l’Astro Bianco. “Avevo
previsto questo evento, ma le distanze che ci separano ci hanno impedito di
agire prima.”
“Agire prima ?”Chiese il Principe che non aveva capito a
cosa l’auroreo si riferisse.
“Per evitare che voi otteneste ciò che stringete in
pugno.” Concluse l’Astro Bianco.
“Perché mai non avrei dovuto ottenerla? Il destino mi ha
donato questo potere. Io merito di averlo!” “Sapete bene che non è la verità”
ribatté l’Astro Nero “ Ciò che otteniamo crescendo, con le nostre sole forze, è
naturale e giusto.”. Il Principe rispose esitante, quasi cercando di convincere
se stesso. “Che cosa importa da dove esso provenga? L’importante è il fine. Io
lo userò per il bene del mio popolo.”
“Forse, all’inizio. Ma alla fine ne sareste corrotto.
Sapete bene, voi che siete re, quanto sia facile, troppo facile, farsi forviare
dalle lusinghe del potere e deviare dalla via della giustizia.” Le parole degli
ateloi lo ferivano più di una spada e le certezze che si erano radicate da
troppo poco in lui iniziarono a sgretolarsi. Lo spirito del Potere vide il suo
schiavo vacillare. Rinforzò allora la sua morsa e tinse della sua stessa
sostanza i pensieri del Principe. Avvicinò la sua essenza alla propria, fino a
renderlo simile a sé. Il viso dell’uomo si contorse per il dolore. Si piegò a
metà, tenendosi la testa, come ad arginare il dolore che gli dilaniava la mente.
L’elmo gli cadde dal capo, rotolando sul pavimento di marmo. I presenti
inorridirono davanti a ciò che videro. I capelli chiari del Principe diventarono
lentamente scuri, di un colore che richiamava il buio della notte. La pelle si
scurì e gli occhi iniziarono a brillare di
luce vuota. Improvvisamente smise di agitarsi. Si rialzò e tenne la spada
alta dinanzi a sé. L’uomo di una volta si sarebbe spaventato nel vedere il
proprio riflesso sulla lama lucente. Ma quello di allora ne fu soddisfatto. I
dubbi e le incertezze che l’avevano turbato erano scomparsi. Non sentiva più
nessun dolore, ma un piacere come non ne aveva mai provati. Tutti si accorsero
con sgomento di ciò che era accaduto. Non ci fu bisogno di parole di intesa.
Sarebbe stato necessario l’uso della forza. Prepararono le loro armi, pronti al
combattimento. Solo Nicolas ancora esitava. Il Principe era stato più di un
amico per lui, quasi un fratello e non poteva credere di doverlo salvare da sé
stesso con la violenza. Avanzò lento e deciso verso il trono con il viso che
esprimeva la stessa determinazione che mostrava in battaglia. Giunto a pochi
passi dal suo signore, lasciò cadere le daghe e sfoderò la sua spada lunga. La lama brillava
d’argento alla luce della Luna e le lettere azzurre incise nell’acciaio
brillavano. Si inginocchiò al cospetto del suo re, che lo fissava
imperscrutabile. Appoggiandosi con
entrambe le mani sulla spada, rimase alcuni secondi in silenzio, come a voler
cercare le parole giuste. Alzò lo sguardo verso quello del Principe. Quella
vista lo sgomentò ancor di più, ma non perse la speranza di salvarlo. Quando
parlò i suoi occhi esprimevano una ferrea convinzione. “Mio Re…Questa città è la
casa dove viviamo e che amiamo…Voi siete la colonna portante di questa casa… Non
potete spezzarvi e crollare. Non potete cedere a questo maleficio!” Il Principe
non rispose, ma per un attimo Nicolas vide una antica luce negli occhi del
Principe, che scomparve subito. Il suo Signore stava lottando per tornare in sé.
Si alzò e il tono della sua voce era deciso e speranzoso.
“La fede del nostro popolo sta in ogni parte del vostro
corpo. Loro hanno fiducia in voi e voi in loro… E’ questo che significa essere
Principe…Amare il popolo e proteggere chi ha fiducia in
voi … questo è il vostro compito…Tornate in
voi!”
Le parole sincere di Nicolas ebbero l’effetto insperato.
Gettarono luce nell’oscurità che aveva avvolto come un manto il Principe. Lo
spirito del Potere non l’avrebbe permesso. Ora che i suoi piani erano quasi
giunti a compimento non avrebbe permesso che fossero rovinati. Prese possesso
con ferocia del corpo che cercava di ribellarsi e con un movimento rapido del
braccio tentò un affondo verso il ventre del guerriero. Nicolas riuscì a
deflettere a stento il colpo e senza quasi volerlo contrattaccò. Girando veloce
su se stesso riuscì a ferire di striscio la spalla destra del suo Principe.
Intanto Earnor e i due Re ateloi erano accorsi in aiuto del guerriero, armi in
pugno. Accadde tutto come lo Spirito sperava: il dolore della ferita e la vista
dei nemici che lo attaccavano spense il tentativo di ribellione del Principe.
“Difenditi!” Gli urlò perentoria una voce nella testa e lui obbedì. Ma mentre
alzava la spada per attaccare, incrociò il suo sguardo con quello di Nicolas.
Non vide nessuna ombra di odio o rancore trasparire dai suoi occhi, solo onore e
valore. Esitò per un attimo.
L’acuto tintinnio dell’acciaio contro l’acciaio
riecheggiò nella sala, mentre le spade si scontravano le une con le altre. Lampi
di magia esplosero nell’aria, illuminando la battaglia. Urla di sgomento e
dolore, sangue…Se qualcuno avesse assistito allo scontro, gli sarebbe parso che
fossero stati degli dei a darsi battaglia. Pochi poterono raccontare ciò che era
accaduto. Lo scontro tra il potere
assoluto e la volontà di fermarlo provocò, infatti, un’esplosione tale da
radere al suolo quasi l’intera Maruyl . Nessuno tra i contendenti sopravvisse,
ma il loro ricordo e quello della Spada del Sole rimasero custoditi dai loro
discendenti. Adesso, a venti anni di distanza, gli stessi eventi si ripetono e
gli eredi di chi perì per la propria patria tornano a
combattere.
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