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Autore: clop clop    24/01/2011    3 recensioni
Anche se lei ancora non ne era al corrente, la vita di Jude e di tutta la famiglia stava per essere cambiata, quasi sconvolta, da una serie di avvenimenti, che si sarebbero succeduti, non senza colpi di scena, nell’anno 1968. L’anno della rivoluzione culturale, in cui i ragazzi sempre più spesso scappavano di casa con le loro chitarre e i loro sogni, sperando nell’indulgenza di qualche anima buona che avrebbe concesso loro un passaggio, vedendoli fare l’autostop sulle strade nere come l’inchiostro. L’anno in cui una ragazza con una passione così sfrenata per la musica, come Jude, non poteva essere risparmiata alle mille possibilità, che si aprivano come porte sul lungo corridoio della vita.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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4. Dubbi e rivelazioni
 

 -Tu... tu sei davvero Paul McCartney? Non è uno scherzo?- gli chiese, fissandolo negli occhi per la prima volta.
 Erano verdi. Identici a quelli del Paul McCartney cartaceo del poster dei Beatles che lei aveva appeso in camera sua. Jude non poté fare a meno di spalancare la bocca, senza accorgersene, dando prova di tutto il suo sgomento.
 -A meno che i ragazzi non mi abbiano cacciato dalla band e abbiano ingaggiato un mio sosia in questo preciso istante, sì, sono davvero Paul McCartney- le rispose lui, senza smettere di sorriderle. -E non è uno scherzo.-
 I ragazzi. Era così che aveva chiamato gli altri Beatles. E lo aveva detto con una nonchalance impeccabile.
 Lei non poté far a meno di notare che dallo sguardo sembrava sincero. Non un battito di ciglia, non un’incertezza nella sua voce rassicurante lo avevano tradito. La sua voce.  Così simile a quella che ogni volta si librava leggera dai vinili che Jude custodiva così gelosamente. E più lei esaminava quel misterioso individuo da capo a piedi, più si rendeva conto che molto probabilmente le stava dicendo la verità. Il suo portamento elegante, i capelli così ordinati, il modo di mantenere il mozzicone che stava fumando. Erano tutti tali e quali a quelli delle foto pubblicate sulle riviste, che Jude puntualmente comprava e che, dopo essere state private dei preziosi ritratti, venivano abbandonate penosamente sul pavimento della sua camera.
 Erano dei ragionamenti del tutto privi di senso e fondamento, questo lo riconosceva. Tuttavia decise, per qualche oscuro motivo, di dar loro ascolto, abbandonando ogni scetticismo e accogliendo finalmente l’idea di trovarsi davanti al famoso bassista.
 Alzò lentamente lo sguardo sul suo volto, guardandolo ancora attentamente.
 -Allora, ho superato l’esame?- domandò lui allegramente.
 Jude soffocò uno sbuffo di risa e si preparò a dire qualcosa. Qualunque cosa che rompesse il silenzio e che non la facesse apparire come una ragazzina sprovveduta. Magari un commento brillante e spiritoso che la aiutasse a guadagnarsi la sua stima, o perlomeno che non gli facesse desiderare di andare a finire di fumare da qualche altra parte, dopo averla lasciata sola con un palmo di naso. Ma nella sua mente c’era il buio più assoluto. Forse causato proprio da quella rapida successione di sensazioni sconnesse. Niente che le fosse utile in quella situazione, ad ogni modo.
 -Ehm...- esordì, con un’espressione che lei avrebbe definito ‘piuttosto idiota’. -Cosa... cosa ci fai tu qui?- chiese, buttando furori la prima cosa che le era passata per la mente. -Voglio dire, non si vedono spesso persone ehm... interessanti da queste parti.-
 Appena Jude riuscì a proferire questa grama frase si complimentò con sé stessa per essere finalmente riuscita a spiccicare più di una sillaba. Poi si auto insultò per non aver evitato di chiedere qualcosa di così ovvio e stupido. E dopo si disse anche che era un gran bene che Paul McCartney non le potesse leggere nel pensiero perché avrebbe sicuramente pensato che fosse mentalmente instabile.
 -Questa sì che è una bella domanda!- commentò lui, gettando la cicca di sigaretta per terra. -Beh, ero andato a trovare John, che è tornato oggi dall’Ashram, per vedere come stava...-
 -John? John Lennon?!- non poté fare a meno di interromperlo Jude.
 -Esatto- confermò Paul con estrema noncuranza. -Cynthia però mi ha detto che era uscito e non era più rientrato. Era piuttosto giù, in effetti. Spero che non abbiano litigato di nuovo. Comunque ho deciso di fare un giro e... E la verità è che non ho idea di dove mi trovo e stavo giusto aspettando che passasse di qui qualcuno a cui chiedere informazioni- continuò, sempre con quel sorriso gongolante stampato sulle labbra, tanto che Jude pensò che quella che avesse buttato a terra pochi minuti fa non fosse stata una semplice sigaretta.
 -Oh- disse lei semplicemente, mentre cercava di convincersi che certamente il signor McCartney non era sempre così distratto e che quello doveva essere certamente l’effetto della sua sigaretta.
 In effetti anche se incontrare uno dei suoi miti strafatto non era la di certo sua massima ambizione, senza dubbio non le sarebbe mai più capitato. Forse sarebbe riuscita anche a strappargli un autografo (che naturalmente avrebbe incorniciato e appeso su una parete di camera sua).
 -Ti sembro un idiota, non è vero?- rise lui.
 -Oh... no! Certo che no!- esclamò lei presa alla sprovvista, con talmente tanta enfasi che chiunque si sarebbe accorto che stava mentendo spudoratamente.
 -Non preoccupati, non me la prendo mica- si affrettò a ribattere Paul divertito. -E’ colpa mia: mi dico sempre che non dovrei avventurarmi nei sobborghi di Londra che non conosco. Ma il più delle volte lo faccio per scappare dalle ragazzine urlanti che mi perseguitano ovunque vada- sospirò.
 -Immagino. Non è facile vero? Essere famosi e tutto il resto?-
 -No, non lo è- confermò Paul.
 Jude notò con apprensione che il suo sorriso, che stava cominciando seriamente ad irritarla, era improvvisamente scomparso.
 -Penso che ciò che mi manchi di più sia la libertà di andare dove voglio e di fare qualunque cosa mi salti in mente senza il timore di essere spiato dal mondo intero- continuò Paul. -Non mi piace nascondermi: mi fa sentire terribilmente solo. Ma non voglio nemmeno che mandrie di fans instancabili mi investano in ogni momento. A volte mi piacerebbe soltanto essere libero. Come ai vecchi tempi, quando a nessuno importava cosa facessi il sabato sera o di che colore fosse la mia biancheria.-
 Jude taceva. Era troppo irreale per sembrare vero. Eppure erano lì, uno di fronte all’altra.
 Lui era Paul McCartney, il bassista dei Beatles; lei una ragazza di cui non importava niente a nessuno.
 Lui aveva ancora in mano gli spartiti con quella canzone che lei aveva scritto; lei, invece, li aveva completamente dimenticati ed ora pendeva dalle sue labbra, facendo tesoro di tutte le parole che la sua voce profonda pronunciava.
 Lui era così stanco di tutto quello straordinario successo, che lo aveva e lo avrebbe segnato permanentemente; lei, al contrario, desiderava così intensamente catapultarsi in una vita simile, frenetica e quasi logorante.
 Due persone così diverse, anche se così simili e animate dalle stesse passioni, non avrebbero avuto la benché minima possibilità di trovarsi faccia a faccia, per puro caso. Eppure erano lì, uno di fronte all’altra.
 -Mi... mi dispiace- fece Jude, a voce bassa. -Tu non meriti una vita così stressante. Beh, nessuno la meriterebbe.-
 -Oh non preoccuparti. Tu non hai fatto niente di male, anzi!- le disse Paul, agitando i fogli spiegazzati che aveva in mano. -In realtà a me basta che le mie canzoni arrivino al cuore di chi le ascolta. Detta così sembra una frase fatta, magari copiata da qualche telefilm scadente. Ma ti assicuro che vedere che alla gente piace davvero quello che compongo e che suono... Beh, è ciò che mi spinge ad andare avanti e a non mollare.-
 -Devi sentirti davvero bene. Quando sai che milioni di persone ascoltano la tua voce e imparano ad amarla, intendo.-
 -E’ stata l’unica cosa a restare uguale dopo il successo. La sensazione di essere diverso quando canto e suono. Ma probabilmente è solo una mia impressione- disse, scrollando le spalle.
 -Capita anche a me- Jude si avvicinò al muro e vi si appoggiò con la spalla sinistra.
 Inaspettatamente sorrise. Lei stessa ebbe l’impressione che i muscoli delle sue labbra si fossero mossi, animati da una volontà propria, schiudendosi finalmente.
 -Allora probabilmente siamo entrambi fuori di testa- suggerì Paul. -Tu però hai del talento. Lo sai questo, vero?- aggiunse voltandosi verso la ragazza.
 Quelle le parole che rimbombarono più volte nella sua testa, per poi lasciare spazio ad un vuoto insopportabile. Jude si assicurò di non aver capito male. E modulò con cura la sua voce prima di rispondergli.
 -Non sono l’unica. Tanti altri ragazzi nel mondo hanno talento. E ne hanno anche più di me, sicuramente- disse, staccandosi improvvisamente da quella parete e movendo qualche passo più avanti.
 -Sei anche modesta, vedo.-
 A Jude non piacevano i complimenti espliciti. Preferiva decifrare un apprezzamento nel tono con cui le era stato detto qualcosa, oppure rintracciare la scia di un’opinione positiva negli sguardi che le erano rivolti. Tutti gli elogi che le venivano fatti così, su due piedi, non facevano che renderla ancora più insicura.
 -Beh... e allora?- sospirò, una nota di irrequietezza nella voce.
 Non lo sopportava. Non sopportava che gli altri non capissero. Perché tutte quelle lodi alle sue presunte doti, se poi a nessuno sarebbe importato? Perché fare in modo che si convincesse della sua bravura, quando aveva la netta impressione che tutte le sue preziose composizioni sarebbero restate a marcire in una soffitta polverosa in eterno?
 -E allora- riprese Paul, facendole il verso. -Si da il caso che qui a Londra ci siamo parecchi discografici in cerca di qualcosa. Qualcosa di nuovo, che non è ancora stato scoperto o rivelato. Non hai mai pensato a presentarti ad un’audizione?-
 Jude non rispose subito. La verità era che ci aveva pensato, eccome. Ma il timore di fallire, l’angoscia dell’esporre direttamente sé stessa al giudizio di altri, senza alcuno scudo al di là della sua chitarra e della sua voce, avevano fatto in modo che quelle fantasie astratte si dissolvessero ancora prima di formarsi nella sua mente.
 -Dovresti provarci, sai. Non ti costerebbe niente- le disse ancora McCartney.
 -Ma...-
 -Tieni- le porse un biglietto da visita. -Questo è del signor Bell. E’ un tipo in gamba e sa riconoscere un talento all’opera quando ne vede uno.-
 Jude prese con riluttanza il biglietto dalla mano dell’uomo e lo fissò con sguardo vacuo. Le sembrava impossibile ora come ora concentrarsi su qualcosa di tangibile, figurarsi pensare!
 -Grazie- sussurrò piattamente.
 -Non devi ringraziarmi. Ma se mi indicassi come uscire da questo vicolo sconosciuto ti sarei grato.-
 -Beh, bisogna proseguire sempre dritto e svoltare a destra a quell’incrocio. Lì c’è una fermata dell’autobus che passa anche dal centro- spiegò Jude con lo stesso tono piatto, mentre continuava a fissare con occhi vuoti il biglietto che aveva in mano.
 -Ah è tutto chiaro ora. E’ stato un piacere Jude- sentenziò stringendole la mano.
 -Anche per me- sussurrò la ragazza, alzando gli occhi sul suo volto.
 -Allora arrivederci- la salutò lui, rendendole gli spariti. -Sai, ho come l’impressione che ci rivedremo, chissà...-
 -Arrivederci... Paul- Jude pronunciò per la prima volta il suo nome.
 Che strano. Se pensava che all’inizio aveva creduto che fosse solo uno stupido deciso a mettersi in mostra spacciandosi per il famoso musicista, mentre ora... Ora aveva quasi accettato la realtà delle sue parole come un dogma incontrastabile. Ma il punto più critico della situazione era il fatto che in fondo non le importava più di tanto. Un solo pensiero si faceva strada nella sua mente, una volta affollata, facendosi scudo di flebili aspettative e sogni che lei aveva custodito segretamente, forse da sempre.
 Quasi non vide Paul andare via. I suoi occhi erano tornati a concentrarsi sulle lettere in rilievo su quel biglietto.
 Aaron Bell. Abbey Road Studios, Londra.
 Seguiva poi quello che doveva essere un numero di telefono o qualcosa de genere. Poco importava.
 Era strano, però. Quel cartoncino emanava un buon profumo. Sembrava quasi fosse acqua di colonia. Il profumo di Paul McCartney. Lo stesso di cui si erano impregnati i suoi spartiti.
 Non le avrebbero mai creduto se mai avesse raccontato in giro di averlo incontrato. Anche perché Jude si accorse solo in quel momento di non essere riuscita neanche a fargli autografare un banale pezzo di carta.
 
 
 
 Notes:
 Ebbene sì, sono tornata, più spietata che mai (?!?). Strano che abbia scritto così presto questo capitolo (strano in confronto ai miei standard, s’intende xD).
 Grazie infinitamente ha chi ha letto e/o recensito. :D
 
 Zazar90: Oh grazie, le riflessioni di Jude sono state proprio il punto su cui ho lavorato di più: sai, c’erano così tante cose da dire e così poco spazio. Ma mi fa piacere che si intuisca il suo stato d’animo.  *-* E l’entrata in scena di Paul, beh diciamo che è stata del tutto improvvisata, perché all’inizio avevo pensato ad un primo incontro del tutto diverso da questo. xD Ah, sono contenta di avere una fan dell’amicizia tra Jude e Alex: anch’io li adoro entrambi! (:
 
 Little Darling: Davvero pensi che sia bellissimo? E’ un po’ un’esagerazione! xD Ma sono felice che ti piaccia. Per questa mania di Jude di rileggere qualunque cosa scriva mi sono ispirata un po’ a me: a volte per rivedere i capitoli già scritti o le bozze di una storia, finisce che non riesco a scrivere niente. .-. Forse siamo state colpite tutte e tre dalla stessa malattia! *-* Comunque non sai quanto ti capisco! Ma se ci impegniamo, forse, alla fine riusciremo ad incontralo il nostro Paulie. :D
  
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