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Autore: KairiXDD    30/01/2011    2 recensioni
Alice è una ragazza normale. O almeno, questo è quello che vorrebbe ritenersi. E' una Prescelta, ovvero, è l'unica ragazza con il potere di decidere la sorte del suo pianeta, Arcano. Su di lei gravano le vite di migliaia di persone. Un giorno si stufa del suo ruolo e scappa di casa verso le Terre Ignote, sperando così di passare serenamente la sua vita. Ma ben presto arriva un mercante straniero, che, venuto a sapere delle meravigliose potenzialità di Alice, si dirige presso la sua abitazione e le chiede di prevedergli il futuro. Nessun compito più facile per Alice, estrae delle carte dal suo mazzo e...
"Non sarebbe più divertente conoscere il tuo, di futuro, Alice?"
Delle parole che rimangono impresse nella sua memoria.
"Ci rivedremo".
Il Bianconiglio scompare, Alice si lascia sedurre dalle sue parole, e lo segue.
Ma finirà davvero nel Paese delle Meraviglie?
Genere: Fantasy, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Alice guardò l’orologio. Erano le 4 del pomeriggio, l’ora del tè.
Decise di rimandare le decisioni a più tardi, mentre si avviò verso i fornelli, prese la sua teiera di ceramica ed inserì dentro un apposito scomparto una bustina “al gusto di fragola”. Versò la bevanda in una graziosa tazza e si sedette al tavolo, contemplando il sacchetto davanti a sé. Sorseggiò lentamente la tisana, e con una mano sciolse il nastro che stringeva la busta.
Sul palmo della mano c’era una piccola ruota, che girava vorticosamente, mossa da chissà quale magia. Appoggiò subito l’oggetto sul tavolo e la ruota si bloccò. Alice era perplessa, continuava a chiedersi quale fosse l’identità del mercante, e perché le avesse dato una cosa simile; come mai i raggi avevano iniziato a muoversi al suo tocco? Era una specie di sortilegio?
Spostò lo sguardo sul mazzo delle carte. Il tè fumava ancora nella tazza. Lo bevve tutto d’un fiato, come se quella bevanda potesse tranquillizzarla, e farla ragionare. Infine appoggiò una mano sui tarocchi, e ne estrasse 4 carte: la Papessa, il Carro, la Ruota della Fortuna, il Diavolo.
Cercò di concentrarsi sul loro significato, ma non le uscì nulla di sensato.
Forse sventura? Probabilmente quel tipo che aveva incontrato prima era un potente mago che era venuto lì per vendicarsi. Forse le aveva lanciato alcune maledizioni stregando prima la ruota ed infine il mazzo di tarocchi. Scombussolata ed irata, si alzò dal tavolo, cercando di calmarsi.
Corse verso la porta di casa e, chiudendo gli occhi, stese le sue braccia pallide al cielo, inspirando profondamente l’aria fresca.
Quando fece per socchiudere leggermente le palpebre, si accorse di essere in un luogo diverso dal quale si trovava pochi istanti prima.
Attorno a lei si rincorrevano animali dalle forme strane, alberi dal tronco cartaceo con evidenti contrasti di chiaroscuro e dalle immense chiome che non proiettavano alcuna ombra sul terreno. Alcuni oggetti avevano spessore, altri no.
Un miagolio provenne da un cespuglio.
Si voltò verso quella direzione, e con stupore riconobbe una figura a lei familiare: un cucciolo di gatto, nero e spaventato, sembrava cercare disperatamente la sua mamma. Forse anche lui si sentiva perso in quel mondo surreale.
Piante coloratissime protendevano le loro foglie verso il cielo, cercando la luce del Sole. Ma quando Alice alzò gli occhi, cercando di dare un senso a ciò che le stava accadendo, un altro oscuro e misterioso aspetto di quel mondo si rivelò: il tempo, lì, non esisteva! Luna e Sole si spartivano lo stesso cielo, una parte delle nuvole aveva i riflessi del colore arancione dell’alba, l’altra era oscurata dall’ombra della notte. Numerosi pianeti e stelle erano ben visibili, si riconoscevano anche alcune galassie.
Dove mai era finita? Come era capitata lì?
Fissò il micio, lo prese in braccio e si voltò verso la sua casa. Almeno quella esternamente non era cambiata, continuava ad essere circondata da una foresta di cipressi, ma in lontananza, coperto per un terzo dalle nuvole e per l’altra metà dagli arbusti, si ergeva un possente castello.
Non riconosceva quella realtà; il gatto piangeva sempre più disperatamente: le sembrava quasi un incubo.
Lei non voleva vivere lì, cercò di nascondere la cruda verità rintanandosi in casa, l’unico luogo che in quel miscuglio di colori e sconosciute sensazioni, poteva rassicurarla. Con l’animaletto in braccio, girò il pomello della porta e lo adagiò delicatamente sul pavimento. Si girò velocemente e chiuse la serratura con la chiave, così che nessuno potesse entrare.
Prima di riporre la chiave, si guardò attorno con circospezione.
Presa dal panico non aveva preso in considerazione che l’interno della sua abitazione poteva essere cambiato ed essersi trasformato in qualcosa di mostruoso, ma con grande conforto trovò tutti gli oggetti al loro posto, così come li aveva lasciati prima di uscire. Accettò la possibilità che stesse sognando, che tutto ciò non fosse realmente accaduto.
Se si fosse distesa un attimo sul divano ed avesse chiuso gli occhi, tutto sarebbe sicuramente tornato come prima. E così fece.
Appoggiò la testa sul cuscino, fissò con lo sguardo perso nel vuoto la televisione, probabilmente aspettava qualcosa che non si sarebbe mai avverato, ma lei ci voleva provare lo stesso. Abbassò le palpebre, tentando di assopirsi; ma non ebbe nemmeno il tempo di entrare nello stato di dormiveglia che qualcuno bussò alla sua porta. Forse era già ritornata alla realtà, forse si era già risvegliata! Con ottimismo sorprendente, oltrepassò la cucina e si avviò verso l’entrata, pronta ad accogliere un nuovo cliente che le avrebbe chiesto di aiutarlo preparando un antidoto per salvare una persona cara da una misteriosa malattia, o forse era il solito riccone che passava di lì chiedendole di prevedere come sarebbero andati i bilanci questo mese.
Invece si presentarono due ragazzini, due gemelli, che appena varcata la soglia, presero Alice per le braccia e la trascinarono di peso fuori casa.
–Sei in arresto!- la accusarono, puntandole contro delle lance.
Alice li guardò un attimo e non riuscì a trattenere una fragorosa risata. Credeva ancora che tutto quello fosse una stupida allucinazione.
Sentì infine un odore metallico punzecchiarle le narici. Era l’odore del sangue: alcune gocce le scivolavano lungo la guancia, mentre la punta affilata della lancia le rigava il viso.
–Non stiamo scherzando, stiamo facendo sul serio- disse il giovane con occhi di ghiaccio –La regina ci ha detto di portarti al palazzo senza un graffio, ma se tu inizi a comportarti in questo modo, saremo costretti ad usare le maniere forti!- urlò il secondo, con occhi di fuoco. Alice stentava ancora a credersi, si voltò verso l’interno della sua casetta; sperava di riuscire a fuggire da quel mondo riprendendo contatti con qualcosa a lei familiare, quella che lei riteneva la unica e sola Realtà.
Ma non si era accorta, appena entrata, che sul tavolo era appoggiata la misteriosa ruota regalatole dal mercante?
Ora ai suoi raggi erano fissati da una parte un angelo e dall’altra un diavolo.
Il gatto si era nascosto sotto una sedia, la fissava con occhi imploranti pietà, ma il suo muso si contorceva in una strana espressione, quasi stesse sghignazzando.
Non c’era più niente da fare, ormai anche la sua dimora era stata contaminata dalla pazzia di quell’incredibile mondo; non era più possibile tornare indietro.
Fu fatta salire all’interno di una carrozza nera, con un solo finestrino sul retro. Appiccicata col viso al vetro, vedeva la sua casa allontanarsi, quando fu inghiottita dal verde della foresta cartacea.

Passarono giorni, forse notti; finché, sempre con la stessa “gentilezza” con la quale era stata accolta dai due, fu costretta a scendere dalla carrozza.
Davanti a lei c’era un possente cancello in ferro sbalzato, ricoperto di lamine d’oro, che formavano eleganti chiaroscuri con il resto dell’inferriata. Socchiusi gli occhi, riuscì a intravedere il paesaggio al di là del cancello: un giardino, ben curato, portava verso una residenza imponente. Alla vista dell’edificio, riconobbe subito il palazzo che si poteva scorgere anche da casa sua.
Una donna dai capelli lisci corvini e sguardo agghiacciante si presentò all’entrata del portone. Fissò Alice dall’alto in basso, quando uno dei suoi due servi che l’avevano portata fino lì, disse che era la forestiera.
–Una forestiera?- tuonò la donna
–Sì, sua maestà, quella che viveva in quella catapecchia ai confini del suo regno.
“Come osano definire la mia casa una catapecchia?”, pensò Alice, irritata.
A quel punto la regina si voltò verso di lei bloccando ogni suo pensiero a riguardo. –Bene, seguimi, straniera- le ordinò.
Le due entrarono in una stanza decorata interamente in stile Ottocento. La luce della Luna che filtrava dal rosso delle tende riflettendosi sul pavimento, pareva colorarlo di sangue.
Alice deglutì.
La regina attirò la sua attenzione –Come sei arrivata fin qui? Come mai la tua casa è comparsa ai confini del mio Regno?- sembrava chiederle in tono accusatorio.
Alice era terrorizzata, ma prima o poi avrebbe dovuto parlare della sua esperienza con qualcuno. Forse la Regina dallo sguardo gelido sarebbe stata in grado di aiutarla. Le raccontò tutta la storia, dall’arrivo del mercante all’incontro con i servitori gemelli.
–Portava un capello a cilindro, con delle orecchie bianche- spiegò la ragazza quando iniziò a descrivere l’uomo che aveva visto.
La Regina sentendo quelle parole pensò subito a Lui.
–Il Bianconiglio? – chiese con voce tremante.
Alice non aveva capito bene –Chi?- le chiese di ripetere.
–Il Bianconiglio.. il Bianconiglio... – iniziò, con lo sguardo fisso nel vuoto. Sembrava che i suoi ricordi iniziassero a prendere forma, ma più ripeteva quel nome, più sembrava impazzire.
E, come un computer con troppi programmi in esecuzione, alla fine la Regina si bloccò, andò in standby.
Alice pensò nuovamente che quella fosse una sua allucinazione, che la sua fantasia da sognatrice avesse oltrepassato ormai ogni limite esaurendosi in quello stesso istante e che ora forse sarebbe ritornata a casa. Tirò leggermente la gonna del vestito della Regina: effettivamente sembrava senza vita, morta.
Sorrise, rassicurata: l’incubo sembrava finito.
Qualcosa però sembrò rompere quel magico incantesimo.
-Portatela via! È in arresto!
Con un movimento rapido del braccio, la Regina scaraventò lontano Alice, in quel momento priva di forze. Le colpì la testa.
Non le ci volle molto per svenire.

C’erano delle voci. Qualcuno stava bisbigliando, sghignazzando. No, non era qualcuno... probabilmente erano i due fedelissimi servitori della Regina.
Alice sobbalzò, aprì gli occhi di scatto.
-Hai visto, Léo? Abbiamo eseguito bene il nostro lavoro, la Regina sarà fiera di noi!
-Sì, Leon...- rispose l’altro, seccato.
Alice aveva visto giusto... anzi aveva sentito giusto: erano proprio quei diabolici ragazzini che l’avevano condotta fino al palazzo.
Socchiuse leggermente gli occhi, assopita. Si portò una mano alla fronte: le doleva ancora un bel po’. -Ahi!- esclamò, saltando sul sedile; ma questa volta non per il male provato al cranio, piuttosto per un colpo ricevuto alla schiena. Si guardò bene intorno a lei: un interno nero... una luce proveniente dall’esterno. Si girò e vide delle piccole tende viola ricoprire una piccola finestra. Le scostò leggermente, ma delle sbarre impedivano la vista. Era dentro una carrozza, probabilmente stavano passando sopra un terreno accidentato. Le veniva quasi da vomitare, dentro quella gabbia così stretta non filtrava nemmeno un po’ d’aria.
Poi sentì qualcosa di leggero scivolare sopra il tetto e pochi istanti dopo ci fu un colpo secco che creò una apertura, permettendo alla persona postavi sopra di entrare con un abile balzo all’interno.
-Insomma, Alice... perché ti sei dimenticata a casa quell’oggetto così prezioso che ti avevo regalato?
Il mercante!
Si voltò e le infilò in tasca un sacchetto. Ancora quell’oggetto malefico che l’aveva tratta in inganno e che l’aveva trascinata in un mondo simile!
Alice cercò di spingerlo via e di restituirgli la ruota; lei non ne voleva più sapere nulla di questa storia.
-Il Bianconiglio?- disse Leon
-Dannazione, ci rovina sempre tutto quel maledetto quadrupede!- esclamò Léo, lasciando le briglie della carrozza e cercando di acciuffare il mercante.
Alice intanto fece per allungare la mano verso la sua tasca, quando tastò una superficie un po’ ruvida e rovinata, simile al cartone.
Estrasse ciò che aveva appena sfiorato: erano i 4 tarocchi che lei aveva usato per prevedere il suo futuro. Cosa ci facevano lì? Eppure non li aveva presi con sé quando era rientrata in casa, se lo ricordava. Non ebbe il tempo di rispondere alle sue domande che la Papessa si dissolse al contatto con l’aria circostante, in una nube di polvere d’oro. Il tempo si bloccò di nuovo, solo Alice e il Bianconiglio riuscivano a muoversi. Il ragazzo le porse una mano e la aiutò ad uscire dalla carrozza.
-Sei stata brava, Alice – le disse, con un finto sorriso stampato sul volto.
Alice non si sarebbe più fatta coinvolgere da quel tipo spregevole. Indietreggiò di qualche passo.
-Stammi lontano... Sei strano. Mi hai trascinato tu in questo Mondo... Cosa vuoi realmente da me?
-Non è un bel modo di rivolgersi al tuo salvatore, Alice... Ti ho portata qui perché tu volevi cambiare il tuo destino, non è così? – le rispose, continuando a sorriderle.
-Io... – Alice non sapeva cosa ribattere –Non volevo finire in un posto simile!
-Alice, Alice, ti lamenti sempre... Dovresti essermi grata per aver posto fine alla tua vita così noiosa... Non è più divertente qui?
Alice lo fissò con occhi intrisi d’odio. -Tu non mi avrai sicuramente portata in questo incubo per rendermi contenta e cambiare il mio destino! Non credo alle frottole che mi stai raccontando... Dimmi realmente come stanno le cose!
Il Bianconiglio sospirò. -Come sei ostinata, beh, se vuoi la verità, te la racconterò – puntò gli occhi vispi verso quelli innocenti di Alice – Io sono il sovrano del Regno di Picche, ma nessuno si interessa a me perché passo gran parte del mio tempo a viaggiare e commerciare negli altri mondi... Ma in realtà sono io l’inventore di Wonderland! Il mio desiderio è quello di cambiare destino... – prese le mani di Alice fra le sue – Tu che hai questo potere, fammi diventare il più potente di tutti e sposami! Insieme potremo governare l’intera Wonderland e cambiarla a nostro piacere!
Il color smeraldo delle sue pupille si rifletté sugli occhi azzurri di Alice.
Il suo sguardo era affascinante, ma terrorizzante al tempo stesso: era come entrare in un vortice dal quale non sarebbe più potuta scappare, e la ragazza lo capiva bene; era già stata ingannata una volta.
-No! Non è ciò che io voglio... Il mio desiderio è quello di tornare alla realtà e vivere la mia vita come mi pare... Non voglio più aiutare o seguire persone come te!
Alice si voltò e scappò via, correva più veloce che poteva; scomparve nel verde della immensa foresta che protendeva le sue radici verso ogni stralcio di terra libero. Quel paese era davvero un incubo, ma lei sperava di riuscire a nascondersi dietro i possenti tronchi degli alberi; almeno quelli non parlavano, non potevano farle del male.

-Alice, non potrai scappare dal tuo personale incubo... –sussurrò il Bianconiglio, vedendola scomparire.

   
 
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