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Autore: Akane    30/12/2005    7 recensioni
“Per il cameriere biondo che si chiama Marco:
‘Guarda, se avessi un colpo, un’opportunità per prendere qualcosa che hai sempre voluto, un momento, lo cattureresti o lo lasceresti scivolar via?’
…io vorrei catturare te…
Ciao Sherikel”
(di recente l'ho rivisitata un po' e questa è la versione migliorata...)
Genere: Romantico, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AUTRICE: Akane
TITOLO: Un colpo, un’opportunità
SERIE: original
TIPO: etero
GENERE: sentimentale, comico
RATING: verde
PARTI: 4
DISCLAMAIRS: i personaggi sono miei anche se in realtà Marco è di sé stesso poiché ho preso spunto da una persona che esiste realmente
NOTE: questa storia è tratta come sempre dalla mia realtà, è una situazione in cui mi sono trovata e siccome la trovo originale e molto divertente, ho sviluppato con l’immaginazione una storia vera e propria. Preparatevi perché questa sono veramente io (come sempre, lo so…) e questo ragazzo è un mito che riesce a non scappare dalle mie figuracce! Secondo me saremmo stati una bella coppia io e lui, solo che questo lui non l'ha mai capito! Purtroppo le cose non si sviluppato come ho fatto io...
Questa è una versione un pochino rivisitata rispetto all'originale di anni fa, anche se forse andrebbe rivisitata anche questa versione!
Preparatevi a ridere… e sappiate che a parte il finale, il resto è tutto successo!
Buona lettura. Baci Akane
DEDICA: la dedico ovviamente a Marco! Ma anche alla mia geme Saya che quella sera è morta dal ridere, fra facce da pesce, ipotesi e prese in giro innocenti verso i camerieri! Stupenda serata!

UN COLPO, UN’OPPORTUNITA’


PARTE PRIMA:
BIGLIETTO PER UN ANGELO

“Per il cameriere biondo che si chiama Marco:
‘Guarda, se avessi un colpo, un’opportunità per prendere qualcosa che hai sempre voluto, un momento, lo cattureresti o lo lasceresti scivolar via?’
… io vorrei catturare te…
Ciao Sherikel”

Se lo racconto non mi credono, quel che mi è capitato è a dir poco assurdo e folle, qualcosa da film o da manga… certo non da vita reale. Il fatto poi che la fine sia un incognita anche per me, non so se gioca a favore o no.
Tuttavia “parlerò” perché merita di essere raccontato.
Tutto iniziò circa un anno fa, quando io e mia sorella Irene andammo in un pub di non nostra usanza, dovevamo andare al cinema ed avevamo deciso di mangiare qualcosa in quel locale vicino.
Non conoscendo nessuno ci piazzammo in un angolo dove potevamo vedere tutto e tutti, io ho sempre avuto la mania di arrivare trapelata ovunque e stare anni a sistemarmi e capire in che punto del mondo sono, così anche in quell’occasione non ebbi tempo di guardarmi attorno e fare il solito doveroso punto della situazione.
Ero piuttosto distratta dal pensiero fisso di cosa chiedere e appena vidi con la coda dell’occhio il cameriere avvicinarsi, con ancora la giacca addosso mi immersi nel menù e ordinai qualcosa da mangiare e da bere senza far veramente caso a quel che leggevo. Alzai i miei occhi verdi solo per un momento e fu lì che rimasi come bloccata in un ferma immagine e folgorata mi dimenticai di continuare quel che stavo facendo.
Lo vidi… era il ragazzo più bello che avessi mai visto fino a quel momento… o quasi.
Cominciai un analisi veloce.
Biondo, io avevo un debole per i biondi, poi con quel taglio semplice e spettinato, non rasati ma nemmeno troppo lunghi, era perfetto. Occhi… beh, gli occhi non riuscii a vederli bene, col senno di poi posso dire che sono di un incredibile color dorato. I lineamenti erano semplici, a dire il vero, carino, certo, ma non bellissimo; era lui che aveva qualcosa di diverso, che si notava. Un fascino non proprio d’angelo, più da faccia da schiaffi. Qualcosa mi catturò di quel ragazzo, era strano perché poi quando lo feci vedere anche agli altri, piacque perfino a chi normalmente i biondi non piacciono. Attirava.
Quando se ne andò tornai a calare lo sguardo nel menù per vedere cosa avevo preso (avevo indicato dei nomi di cibo  caso) e senza preoccuparmi molto dell’angelo appena visto, riferendomi a lui dissi schietta:
- Però, che figo il cam… -
Mentre rivelavo che il cameriere mi piaceva tornai a guardare dinanzi a me per trovare la sua faccia davanti alla mia proprio sulla parola ‘cameriere’. Inutile elencare i colori che assunsi, mi fermai in tempo non dicendo tutto però il dubbio che lui avesse capito cosa stavo per dire, mi è rimasto tutt’ora.
Era tornato per portare le posate e la tovaglietta, quando se ne andò facendo finta di nulla io mi sbloccai e aggredii Irene che aveva preso a ridere divertita per la mezza figuraccia che avevo fatto: proprio un bel modo di iniziare la serata in un nuovo locale!
Quella sera mi limitai solo ad osservarlo attentamente nei minimi particolari, come camminava veloce e deciso, come era allegro e socievole coi clienti, come il suo sorriso fosse contagioso e disarmante, come lui fosse effettivamente ed indubbiamente bello, non di una bellezza convenzionale ma semplicemente da fissare dall’inizio alla fine…
Ero così sfacciata nel mio osservarlo che non staccavo mai gli occhi dalla sua persona, persa nel mio mondo fatto di cuoricini e rose tutte per lui, come se il resto circostante sparisse e vi fosse solo lui.
Ero così, mi perdevo nelle cose che mi piacevano e non mi rendevo conto di quello che il mio corpo faceva, in quel caso i miei occhi. Senza staccarmi da lui che lavorava andando su e giù per il locale, mi trovai distratta e sognante a rispondere:
- No, nulla… -
Alla sua ovvia domanda che arrivava durante i miei viaggi sfacciati sul suo bellissimo corpo:
- Desideri qualcosa? – Domanda che mi poneva spesso passando dal mio tavolo.
Nemmeno arrossivo, ero completamente andata.
Fortunatamente venne per noi il momento di andarcene, poiché se rimanevo lì avrei combinato qualcos’altro.
Anche se ad essere sinceri non è servito poi granché, visto quello che ho combinato la volta successiva che sono tornata al locale.
La settimana che passai la percorsi tutta ad elencare le doti fisiche di quell’angelo fantastico che avevo incontrato, me lo sognavo e risognavo immaginando come potesse chiamarsi, che tipo fosse, quale vita conducesse e soprattutto se avesse la ragazza.
Ero straconvinta di non dovermelo lasciar sfuggire, uno come lui quando ricapitava sul mio cammino?
L’incognita sul suo carattere però rimaneva, magari in realtà era un grande antipatico… eppure da come si relazionava con gli altri non poteva che essere un Dio sceso in terra!
Arrivai al punto di idolatrarlo creandomi una sua immagine perfetta e alla fine con mia enorme testardaggine presi la mia decisione: dovevo fare qualcosa per catturare la sua attenzione.
Oltre a tutto il resto io come persona sono piuttosto impacciata coi ragazzi, per cui ogni volta che mi trovavo davanti una persona che mi piaceva molto tendevo (anche tutt’or) a fare la mossa sbagliata.
In sostanza non so quanto buono o cattivo fu quello che feci, però sicuramente mi mise in una luce di folle scatenata e magari anche maniaca!
Ero in macchina con Irene, ci stavamo dirigendo con mia somma gioia proprio a quel locale e guarda caso in macchina c’era proprio ma proprio quella canzone che mi faceva impazzire caricandomi alla grande, quella di Eminem, Lose Yourself, che dice di non lasciar scivolare via l’opportunità che ti si presenta per catturare quel che desideri.
Come un’evocazione dall’alto, un chiaro segno del destino.
Gridai eccitata al massimo:
- ECCO COSA DEVO FARE! -
Irene per poco non mollò una frenata nell’asfalto, le prese un colpo e mi fissò come se fossi un extraterrstre.
- Mi rendi partecipe dei tuoi strani e contorti pensieri? -
Mi chiese ironica. Io non stavo parlando ad alta voce prima di esclamare quella frase, stavo solo pensando e ripensando a lui. Banale, no?
Eppure era diventata la mia attività migliore.
Puntai il dito contro mia sorella e saltellando sul sedile anteriore cominciai infervorata e felicissima a snocciolare mille parole al secondo:
- SI SI SI! DAI, E’ FATTA! UN BIGLIETTO! UN SEMPLICE ED INNOCENTE BIGLIETTO PER LUI! SCOPRO COME SI CHIAMA, POI A FINE SERATA PRIMA DI ANDARMENE GLI LASCIO IL BIGLIETTO CON UNA FRASE! -
Lei alzò un sopracciglio e dopo un attimo di silenzio in cui cercò di tradurre le mie frasi sconnesse con una di senso compiuto, affermò logicamente:
- E cosa ci scrivi? -
Io aprii subito la bocca rispondendo ovvia e sicura di me e come la aprii la bloccai in quella posizione, senza avere, in realtà, la più pallida idea di cosa dire.
La richiusi subito, poi mi massaggiai il mento, mi grattai il capo e il panico si impossessò di me; la mente si mostrava a me in una lavagna nera e vuota, nemmeno fossi in un interrogazione di inglese!
Ci impiegammo un po’ a fare qualche proposta, lei molto abilmente, ormai mi conosceva bene, tirò fuori dal caos della mia testa quel che volevo ottenere con quel biglietto, il senso di scriverglielo, il significato dell’ipotetica frase.
Concludemmo, poi, che il modo migliore per dirgli quel che desideravo, era attraverso la frase di una canzone.
Ovviamente la scelta della canzone fu un lampo.
- LOSE YOURSELF! LOOK, IF YOU HAD ONE SHOT, ONE OPPORTUNITY, TO SEIZE EVERYTHING YOU EVER WANTED, ONE MOMENT, WOULD YOU CAPTURE IT OR JUST LET IT SLIP? -
Concludendo con un:
- YATTA! GRANDE! -
Entusiasta!
Ricordando ora quel glorioso momento in cui mi sentivo al settimo cielo, estremamente orgogliosa di aver trovato la frase adatta, torno in quell’euforico stato d’animo.
Tormentai mia sorella per la geniale trovata tutto il tempo e da brava incosciente quale ero, facevo a dir poco i salti di gioia.
Scoprii facilmente il suo nome facendo attenzione ai suoi colleghi e a come lo chiamavano.
Marco era il suo soave nome.
Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso e come una calamita, attirò anche quella sera la mia completa e totale attenzione.
Irene non era affatto convinta, ma io si.
Sentivo che dovevo fare qualcosa e con la trovata del biglietto e la frase illuminante di Eminem, l’idolo della mia vita, mi sentivo sicura e tranquilla, felice senza spiegarmene il motivo. In fondo non c’era la sicurezza che l’avrebbe letto solo lui, che soprattutto l’avrebbe letto, che Marco fosse un tipo dal senso dell’umorismo, che  conosceva la canzone, che, che, che… ma il mio istinto mi diceva di farlo e mi buttai.
La mia incoscienza raggiunse picchi altissimi quella sera.
Nel foglio avevo scritto:
“Per il cameriere biondo che si chiama Marco:
‘Guarda, se avessi un colpo, un’opportunità per prendere qualcosa che hai sempre voluto, un momento, lo cattureresti o lo lasceresti scivolar via?’
…io vorrei catturare te…
Ciao Sherikel”
Lo lasciai nel tavolino per poi fuggire via trascinando la mia amata compagna di follie.
Quella stessa sera avevo la sana intenzione di tornare almeno una settimana più tardi per vedere la reazione, invece, alla fine, tornai al locale ‘appena’ il giorno dopo!
Ad accompagnarmi, però, non era solo la solita Irene… bensì anche tutto il mio gruppo al completo più una mia cara amica, la mia gemella virtuale, Saya. Io e lei andiamo molto d’accordo, siamo pressoché identiche per cui gemelle e poi siamo entrambe figlie di Kyo Soma (da Furuba), in sostanza siamo due gatte terribili!
Lei non abitava vicino a noi, per cui era venuta per stare una giornata insieme… e che giornata!
La serata si concluse degnamente… degnamente è una parola grossa, diciamo che si concluse in maniera incisiva che tutti ricorderanno ora e sempre, nei secoli dei secoli.
Feci per prima la mia entrata trionfale nel pub ormai famoso, impettita e sicurissima di me per poi inciampare e quasi cadere appena lui, Marco, mi passò davanti salutandomi come nulla fosse.
Salutandomi.
Ed io poteri morire se non lo salutai a mia volta… infatti quello che scrive ora è il mio spirito dal momento che non ho ricambiato il saluto, imbambolata com’ero a guardarlo e a non cadere del tutto.
Divenni di molti colori in volto ma mi trattenei e andai dritta al tavolo, sempre quello in fondo dove potevo avere la completa visuale della sala.
Notando la mia espressione iniziale mi chiesero cosa mi fosse preso così spiegai l’accaduto e il commento di Stefania fu:
- Spero che tu non gli abbia scritto una frase con tremila parolacce, essendo una frase di Eminem non mi convince! -
Rimasi male della poca fiducia ma ovviamente fu tutto un continuo scherzo nei miei confronti.
Le avevo tutte dalla mia parte ma il problema principale fu: quale sarebbe stata la mossa successiva?
Ma soprattutto: avrà letto il messaggio?
Come sapere quelle cose?
Ci guardammo incuriositi e quando ancora riflettevamo sul da farsi arrivò proprio Marco, il mio dolce angelo biondo, per prendere le ordinazioni ed io in un secondo ferma immagine pietrificai il mio volto dall’espressione stralunata, non ero preparata!
Con un’attenzione maniacale mi ripresi solo per osservare ogni minimo dettaglio del suo volto.
Nessuno sapeva ancora chi era il misterioso mito fantastico, per cui non fecero espressioni strane.
Ordinarono mentre sia io che Irene lo fissavamo sfacciate per capire qualcosa, il suo volto assumeva arie semplici e simpatiche, sorridente come sempre, nulla di particolare…  eppure giurerei che i suoi occhi dorati si fossero soffermati maggiormente su di me. Ne ero strasicura. Anche se effettivamente ‘Sherikel’ poteva essere anche Irene, per quel che lui ne sapeva e a ripensarci bene, forse, si soffermò di più entrambe.
Io finii così per chiedere qualcosa a caso, qualcosa, però, della quale non potevo certo mai fare a meno:
- Una birra! -
Siccome si tratta di lui, non posso dimenticare nessuna delle parole che lui mi ha rivolto nel corso di tutta la nostra storia:
- Bionda, rossa, verde…? -
Io alzai un sopracciglio… aveva il senso dell’umorismo, un'altra preziosa informazione: perfetto, esattamente una dote essenziale in un ragazzo. Se avessi potuto avere i cuoricini al posto degli occhi mi sarebbero sicuramente apparsi. Mi limitai ad una pronta risposta data senza riflettere, come mio solito, giusto perché volevo conversare con lui il più possibile:
- Verde! -
Lui rise divertito e compiaciuto della risposta, probabilmente anche lui preferiva chi sapeva stare agli scherzi.
- No, bionda… -
Corressi poi onde evitare che mi portasse strani intrugli verdastri!
Quando se ne andò mormorai sotto voce per non farmi sentire:
- Marco è lui… -
Il coretto si levò dal tavolo urlante:
- DAVVERO? È LUI? BE’, E’ MOLTO CARINO, HAI RAGIONE! -
Io nascosi la testa fra le braccia sperando che non avesse sentito, poi alzai le spalle e sentii i loro pareri.
- Secondo me si è soffermato di più a guardare sia Irene che te… ma questo perché non sa che Sherikel sei tu! -
Disse tecnicamente Giulia, una ragazza dallo stile dark e la forte personalità.
Questo mi rincuorò, poteva significare che aveva letto il biglietto.
- Si, ma questo non assicura che abbia letto il biglietto, può anche essere che un suo collega l’abbia buttato credendolo uno scherzo e non glielo abbia fatto leggere… -
Sentenziò razionale e calma Irene, io le lanciai un’occhiataccia!
- No! Sento che l’ha letto! -
Borbottai brusca.
- Si, però anche se l’ha letto non sa chi delle due è Sherikel e magari non si pronuncia perché vuole saperlo. -
Concordò Saya, lei era la mia gemella e quindi era ovvio che mi capisse meglio degli altri.
- Allora dovete chiamarmi ad alta voce per nome quando lui è nelle vicinanze! -
Sentenziai io convinta e subito fui accontentata, Marco non era molto lontano e il nostro amico impulsivo Cristian gridò a squarciagola:
- Sherikel! Cosa hai fatto! -
Io lo guardai come fosse un alieno da ammazzare. Maledetto, mi imbarazzò all’idea che effettivamente potesse funzionare, in forte contrasto con me stessa gli diedi un calcione ma poi alzai lo sguardo speranzosa verso Marco per vedere che reazione aveva avuto. All’apparenza nulla… oddio, il dubbio mi uccideva e lo espressi subito:
- Ci vuole qualcuno che glielo chieda, che abbia la faccia tosta di andare là da lui e dirgli: ‘hai ricevuto un certo biglietto da una certa pazza?’ -
Mi autodefinii tale da sola; tutti asserirono, effettivamente era la cosa più sensata da fare, così poi avremmo potuto fare il passo successivo.
Ci guardammo fra noi chiedendoci chi potesse fare una cosa del genere, normalmente ero io quella dalla faccia tosta, ma io ero eliminata dal gioco per cui l’attenzione di ognuno si spostò sulla mia gemella virtuale: Saya!
Lei era perfetta, il classico tipo da fare queste cose, senza nessun problema.
Nuovamente, però, il contrasto in me si fece avanti, ero felice di poter venire finalmente a sapere se aveva o no letto il biglietto, ma al contempo mi imbarazzava l’idea e mi mandava in tilt.
Saya stava per alzarsi ma io la fermai al volo, non potevo assolutamente permetterlo, non ancora:
- No, non sono pronta psicologicamente! -
Così non andò, rimanemmo nel buio della nostra ignoranza a crogiolarci sul: lo saprà o no? L’avrà letto o no?
Mi consolò il fatto che perfino a Stefania, che non le piacevano mai i biondi, l’apprezzasse fisicamente.
Marco passava di lì spesso ed ogni volta lanciava lo sguardo furtivo che io pronta captavo… peccato che non fossero gli unici sguardi ad essere lanciati!
Dico ‘peccato’ perché questi a cui mi riferisco non erano discreti, anzi: spudorati e sfacciati. Da farmi vergognare.
Tutti i membri del mio gruppo, quella sera eravamo in sei me esclusa ovviamente, ogni volta che lui passava si fermavano di botto dal parlare animatamente, lo fissavano con facce da pasce lesso puntando quei loro occhi sgranati e curiosi sul povero ragazzo, infine tornavano a parlare animati come se nulla fosse… non dopo, però, essere stati sgridati da me. Gli ordinavo sempre di non fissarlo in quel modo, di essere disinvolti o per lo meno di non fare espressioni particolari… invece loro puntualmente ogni santa volta si fermavano e gli regalavano le loro fisionomie da pesce!
Imbarazzanti.
E imbarazzante lo era anche il fatto che dopo il suo passaggio, il mio bell’uomo, svoltato l’angolo, lo si vedeva ridacchiare divertito!
Che momenti terribili… e l’ilarità era sempre maggiore!
Finché al nostro tavolo non arrivò un altro cameriere, tale Daniele, conoscente di Stefania, costui era un amico di suo fratello.
Daniele aveva riconosciuto la nostra amica ed era venuto a salutarla, parlarono un po’ del più e del meno poi lui guardò il tavolo e mettendolo a posto disse di punto in bianco:
- Chi di voi è Sherikel? -
Tutti zitti, il gelo calò mentre i miei amici mi fissarono alla velocità della luce costringendomi a rispondere. Con maestria feci la parte dell’attrice consumata, una tipa tutta d’un pezzo con nessun problema al mondo, a parte l’apocalisse che mi si agitava dentro.
Risposi fiera, come nulla fosse:
- Io! -
Lui fece uno strano sorrisino che non mi convinse, poi continuò:
- Hai scritto tu, ieri, un biglietto a Marco? -
Tutti tornarono a guardarmi con facce comicamente tese, sembrava che assistessero ad un film di alta suspense, erano molto buffi ma non avevo il tempo di notarlo allora!
Così con la mia faccia tostissima asserii:
- Si! -
Nel frattempo la mia aritmia andò a mille, il cuore mi sembrava dovesse uscire da un momento all’altro dalla gola, dentro di me ero proprio in crisi, non sapevo assolutamente cosa fare e il sudore mi colava lungo le guance, sudore freddo. Penso che se mi avessero solo sfiorata sarei saltata fino al soffitto.
Ebbene mentre io immaginavo la morte, lui se ne andò via tranquillo lasciandoci(mi) in  quel modo pietoso!
A quel punto tutti rimasero in silenzio guardando me e lui che si allontanava, cercando di capire cosa ciò significasse. Fu Stefania ragionevolmente arrabbiata  a richiamarlo:
- Ma scusa, cosa ha detto lui? Cosa ne pensa? -
Lui rispose:
- E che ne so? Mica me l’ha detto! -
Calò di parecchi punti sulla mia lista di gradimento, nonostante avesse un bel fondoschiena sembrava un cafone schizzato.
- Vai a chiederglielo poi diccelo, no? -
Gli ordinò quindi lei, l’avrei baciata per questo!
Io onestamente ero sull’orlo del crollo, fra la tensione di tutta la serata, giustificata, i sorrisini e gli sguardi di Marco… lui stesso che non mi lasciava pace con la sua bellezza… come potevo rimanere integra?
Daniele così sparì mollandoci in quello stato per tutto il resto della serata; nel frattempo feci a pezzi tutti i tovaglioli.
Tornò dopo molta attesa, io non ce la facevo più anche se facevo impulsivamente le cose più assurde ma poi la tortura terminò e Daniele mi si avvicinò e mi disse discreto e fintamente dispiaciuto:
- Ha detto che ha la ragazza e che non è interessato, mi spiace. -
Non ci fu tempo di realizzare risposte decenti, tanto meno di elaborare pensieri coerenti sul fatto di credergli o meno, poteva sempre aver fatto finta.
Dissi solo tranquilla mantenendo un sangue freddo che in realtà non avevo, ammirata da tutti per questo:
- Pazienza! -
Come se all’apparenza me ne importasse poco. Bugiarda: ero definitivamente venuta a mancare, dentro di me!
Lanciai un urlo, quando lui si allontanò.
La domanda sul cosa fare ora mi arrivò mentre volevo piangere e strapparmi i capelli per le pessime figure fatte per nulla, ma quando Marco passò dal tavolo e mi guardò a lungo, ora sapeva chi era Sherikel, non ebbi più dubbi.
Sarei tornata e ritornata mille e mille volte senza mai perdermi d’animo!
Chi ci credeva alla scusa della fidanzata? Era la classica che si tirava quando non ci si voleva esporre o mettere in mezzo a cose strane ed impreviste.
Ne ero sicura e lo fui per sempre!
La serata finì fra mille risa e battute che non si sprecarono.
Tanto lo sapevo, la mia sfortuna in campo amoroso mi perseguitava come una mosca con la cacca!
Tornammo ovviamente tantissime volte in quel pub ignorando le figuracce che facevo in continuazione, quella più grande che avevo fatto ed ogni altro divieto morale che la mia coscienza (ne avevo una anni fa) mi imponeva.

Una sera Marco non c’era ed io disperata ero molto depressa e di pessimo umore.
Quella volta eravamo io, Stefania, Cristian ed Irene.
Quei dannati antipatici presero a cantare per prendermi in giro la canzone di Laura Pausini, La Solitudine.
Con quel loro urlato e stonato:
- MAAARCO SE NE è ANDATO E NON RITORNA Piùùùùùùùù!!!! E IL TREEEEENO DELLE SEETTE E TRENTA SENZA LUUUUIIII….-
E via dicendo.
Medesimo imbarazzo, medesima figura di merda che non fu l’ultima e nemmeno la migliore; arrabbiata nera per l’assenza del mio cuccioletto e per il loro canto irrispettoso, mi alzai dal tavolo e mi sedetti in quello dietro infuriata, girai le spalle al mio posto libero e cacciai il broncio come una bambina.
Fu lì che arrivò Daniele per parlare con Stefania e salutarla, si intrufolò proprio al mio posto dando a me le spalle e il suo bel sedere. Così per vendicarmi mi sporsi dal suo lato e senza farmi vedere da lui ma solo dai miei amici, cominciai a fare le boccacce in loro direzione come una bambina piccola. Loro cercarono di trattenersi ma ad un certo punto si misero a ridere sganasciati, il povero ragazzo pensando che ridessero di lui si voltò e mi vide in piena smorfia di scherno… io mi fermai impreparata in quella posa e Daniele probabilmente pensò che fosse diretta a lui e che stessimo tutti prendendolo in giro, così prese e se ne andò seccato.
Ci rimasi male anche io, un po’, ma non più di tanto, l’importante era che Marco non mi avesse visto in quello stato!
Fu divertente, ridemmo a spese di qualcun altro, però ci tenevamo la pancia dal ridere!
Memorabile, quella volta!
Come anche memorabile fu un'altra nella quale con noi, sempre e solo noi (c’era anche Giulia), venne un amico di Stefania conosciuto da poco, lei non sapeva com’era ed effettivamente fu una sorpresa per tutti constatare che era brutto, noioso e anonimo.
Ci pentimmo a lungo di averlo fatto venire… fino ad un certo punto in cui al nostro tavolo venne il famoso ed amato mio Marco, sorridente e radioso più che mai salutò da amicone quel tipo. Sembravano conoscersi da molto, come fossero amici d’infanzia. Parlarono a lungo mentre noi tutti lo guardavamo scandalizzati: e lui e Marco e Marco e lui… volevo mangiarmi il mio comportamento ostile nei confronti del poveretto, avrei voluto essergli folle amica così da poter conoscere anche Marco… ma come immobilizzata, muta, colpita da un fulmine, rimasi secca a guardare i due che parlavano in confidenza.
Volevo uccidere un paio di persone, giusto per sfogare quanto mi tenevo ancora dentro.
Quando il biondo se ne andò noi assalimmo il ragazzo, lui spaventato ci guardò e ci spiegò che si conoscevano solo di vista, erano alla stessa scuola superiore, in classi differenti e anni differenti. Marco era un tipo famoso a scuola, irrequieto, finiva spesso dal preside e quando si arrabbiava con un calcio buttava giù una porta. Era un tipo allegro e simpatico ma veniva bocciato e così l’aveva perso di vista.
In realtà si erano parlati si e no una o due volte e di sfuggita.
Io ero a dir poco scandalizzata, mi guardai con gli altri amici e mi ripetevo le parole appena sentite analizzandole e rielaborandole, poi guardai Irene e chiesi spiegazioni maggiori, così lei esauriente disse:
- Che senso aveva che venisse a fare la parte dell’amicone con lui che nemmeno lo conosceva quasi? -
Qualcuno disse:
- Secondo me l’ha fatto apposta, quando ha visto che lui era a questo tavolo ne ha approfittato! -
- Si, probabilmente voleva godere nel vedere la tua faccia, Sherikel, sei stata degna da film comico! -
Io fra tutti i discorsi e le ipotesi compresi che in qualche modo c’ero di mezzo io!
Mai persona fu più felice di me in quell’istante.
Gioia e gaudio!
Lentamente stavo scoprendo molte cose interessanti su di lui: era una persona socievole, allegra e di spirito, stava agli scherzi, aveva il senso dell’umorismo e sempre la battuta pronta, un sorriso da infarto, un aspetto meraviglioso, un fascino incredibile ed un temperamento assolutamente non da principe angelico, tutt’altro; era forte e sicuro, sapeva combinare i suoi guai ed era meglio non farlo arrabbiare, celava dietro quella facciata una personalità irrequieta, non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno. Chissà quante altre cose potevo scoprire!
Ero molto contenta per la piega che aveva preso la serata e quella notte rielaborai tutte le informazioni e le teorie fatte insieme.
La storia aveva preso una piega interessante!
   
 
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