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Autore: Sissi Bennett    04/02/2011    13 recensioni
Prendete tutto ciò che Lisa Jane Smith ci ha raccontato su Bonnie McCullough e dimenticatevelo. Bonnie manca da parecchi anni a Fell's Church, non hai mai conosciuto Elena Gilbert, non sa di essere una strega e ingnora l'esistenza dei vampiri. Ma ciò che stravolgerà la sua vita è il legame che condivide con i fratelli Salvatore, totalmente diverso da quello cui siamo stati abituati.
Dal quarantaduesimo capitolo:
Si stava mettendo in gioco per davvero, si stava abbassando a fare quello che in condizione normali avrebbe evitato come la peste. Tutti in quella sala non se n’erano neppure accorti, lo consideravano alla stregua degli altri. Bonnie, invece, sapeva che tutto quello era solo per lei. Damon si sentì quasi ridicolo.
Presentarsi su quel palco significava mettersi a nudo e mentre le altre ragazze avrebbero fatto a gara per accaparrarselo, una sola sarebbe stata l’unica e vera destinataria di un messaggio ignoto al resto dei presenti: sono qui, scegli me, punta su di me.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie McCullough, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Quasi tutti, Stefan Salvatore
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ashes &Wine

Capitolo uno: Lonely days are gone, I'm a-goin' home

 

“Maybe I know, somewhere
Deep in my soul
That love never lasts
And we’ve got to find other ways
To make it alone
Or keep a straight face

And I’ve always lived like this
Keeping it comfortable distance”

 (The only exception- Paramore)

 

Quando Stefan vide quella lettera, posata sullo zerbino, appena fuori dalla porta, pensò di avere le allucinazioni.

La prese e se la rigirò tra le mani, esaminandola per cercare se, per caso, c’era stato un errore nella consegna. Perché mai qualcuno avrebbe voluto mandare una lettera lì, al Pensionato? Ci doveva essere stato per forza un errore.

La confusione aumentò non appena si accorse che il francobollo incollato all’angolo destro della busta era italiano. Chi mai avrebbe dovuto scrivere dall’Italia? Erano anni che né lui né il fratello ci mettevano piede ed era anche da escludere l’ipotesi che la lettera fosse indirizzata al defunto Zach: l’uomo infatti non aveva mai osato uscire da Fell’s Church; era troppo spaventato da Damon, temeva che il vampiro lo avrebbe ucciso se solo avesse lasciato incustodita la dimora dei Salvatore.

Si sedette sul divano e lesse il destinatario; a quel punto lo stupore crebbe a dismisura: Zach Salvatore.

Da quando Zach aveva contatti in Italia? Lui odiava quel paese, perché era lì che era iniziato tutto, era lì che i due fratelli erano stati trasformati cinquecento anni prima, era lì che Katherine aveva deciso di chiedere ospitalità segnando per sempre la sorte della famiglia Salvatore.

Si concentrò nuovamente sulla busta, curioso di scoprire chi fosse il mittente. Mollò di scatto quel pezzo di carta che cadde svolazzando sul tappeto. Aveva capito perché quella lettera era stata mandata lì e la cosa ora cominciava ad avere senso. Pensò che sarebbe stato meglio tenerlo nascosto a Damon, se ne sarebbe occupato personalmente, senza immischiare il fratello. Non voleva riaprire vecchie ferite, soprattutto quando queste avrebbero potuto compromettere l’apparente equilibrio, che il vampiro squilibrato si era creato.

Tutti i suoi propositi finirono al vento in meno di pochi secondi. Damon apparve alle sue spalle e lo trovò seduto a guardare qualcosa che ancora giaceva a terra.

“Che cosa stai facendo, fratellino?” chiese “Stai cercando di dare una ragione alla tua miserabile vita da vampiro vegano?”.

Sempre il solito sarcasmo inopportuno, sempre il solito ghigno.

Stefan scattò a raccogliere la lettera e si affrettò a nasconderla dietro la schiena. Movimento che, di certo, non poteva sfuggire a una vista sopraffina come quella di Damon. “Che nascondi lì dietro?”.

“Niente” Stefan si maledì per la scarsa attitudine nel mentire; si sentiva come un bambino beccato in pieno con le mani nel barattolo della marmellata.

“Nulla d’importante” aggiunse.

“Per essere qualcosa di poco valore, ti stai prodigando con fatica per non farmela vedere” notò con un guizzo negli occhi: proibire a Damon di fare qualcosa era il metodo migliore per incitarlo a farla.

“Stefan, non avrai dei segreti con me vero?” domandò con tono da finto offeso.

“Ne ho parecchi di segreti, Damon” rispose Stefan “Ma questo … questo è meglio se non lo scopri. È una cosetta da nulla. Credimi ti sto facendo un favore”.

“Oh, che animo nobile” disse Damon con uno sbuffo sarcastico.

Entrambi furono interrotti dal rumore della porta che si apriva e subito dopo una voce chiedeva di Stefan.

“Credo che sia la tua ragazza” ipotizzò Damon mentre puntava alla cosa nascosta dietro la schiena di Stefan “Siamo in salotto” le disse ad alta voce.

Forse se suo fratello fosse stato distratto dalla celestiale Elena, lui sarebbe riuscito a prendere quella cosa.

“Sei pronto?” chiese Elena facendo il suo ingresso nella stanza, rivolgendosi a Stefan. Gli diede un bacio a stampo e poi salutò Damon.

“Elena” rispose lui.

“Andiamo a scuola” propose Stefan che voleva sottrarsi allo sguardo inquisitore di Damon e occuparsi di quella faccenda da solo.

“Non così in fretta” lo fermò l’altro “Perché prima non dici a me e ad Elena che cosa nascondi lì dietro?”.

Stefan lo guardò malissimo: giocare la “carta Elena” era una mossa scorretta anche da parte sua.

La ragazza solo allora notò che il vampiro aveva entrambe le mani dietro la schiena “Che hai lì, Stefan?” sporgendosi per vedere meglio “E’ una lettera?”.

“Ti sei fatto l’amante, Stef?” chiese Damon sempre più divertito.

“Non mi sono fatto nessuna amante” replicò quello piccato.

“Allora rendici partecipi di questa missiva così segreta”.

Stefan corrugò la fronte irritato domandandosi perché suo fratello doveva essere sempre così cocciuto. Gli stava risparmiando un gran fastidio, ma lui doveva per forza intromettersi. E va bene, allora! Voleva vedere la lettera, voleva leggerla?

“E’ indirizzata a Zach, viene dall’Italia” spiegò porgendogliela.

“Dall’Italia? Chi mai dovrebbe scrivere a Zach dall’Italia?” chiese, forse più a se stesso che ai presenti, iniziando a rompere la busta.

“Io non la leggerei …” gli consigliò Stefan che sospettava di avere tutte le risposte alla domande appena poste da Damon.

I suoi dubbi divennero una certezza quando vide gli occhi del fratello indurirsi, mentre scorrevano sul foglio.

Elena li fissava incerta. Damon si stava innervosendo e Stefan sembrava preoccupato da una possibile reazione.

“Credo sia per Sissy” disse.

Damon accartocciò la lettera lasciandola cadere a terra “Sono solo stronzate”.

“Sta bene?” titubò Stefan.

“Non lo so e non me ne frega nulla” rispose l’altro impassibile con una nota di durezza nella voce. Si girò deciso a lasciare la stanza ma ‘sta volta fu Stefan a fermarlo “Che dice la lettera?”.

Damon lo guardò con un ghigno indifferente “Viene direttamente dalla scuola: sembra che il nostro Zach si sia dimenticato di pagarle l’ultima rata della retta. Forse dovremmo rispondere di avere un po’ di rispetto per i morti”.

Quest’ultimo appunto era stata una cattiveria gratuita, una di quelle che facevano stare bene Damon quando era turbato per qualcosa.

Nessuno immaginava lontanamente che Zach fosse morto, nemmeno lei, che avrebbe avuto diritto più di tutti di saperlo, di dargli un sepoltura.

“Dobbiamo pagarla noi” sentenziò risoluto, convinto che fosse l’unica soluzione possibile.

“Non contare su di me per questa tua nuova buona azione” lo informò Damon tornando sui suoi passi, verso il tavolino degli alcolici.

“Glielo dobbiamo, Damon, glielo devi” specificò “Non ha nessun altro”.

Damon alzò le spalle “Non sono particolarmente legato alla famiglia”.

“Vuoi che si scopra che Zach è morto?” strepitò Stefan “Dovrai dare parecchie spiegazioni, Damon. Al Consiglio, allo sceriffo, a Sis …”.

“Stef, leggi il labiale” lo interruppe bruscamente lui “Non me ne frega un accidenti! Se vuoi sborsare un sacco di soldi per quella cazzo di scuola, fa’ pure. Io non muoverò un dito”.

Dettò ciò, buttò giù l’ultimo sorso di bourbon e se ne andò dal salotto, diretto chissà dove, chissà a combinare quali danni.

Stefan raccolse la lettera da terra e finalmente portò l’attenzione su Elena, che lo osservava ancora in cerca di spiegazione.

“Ti va se ne parliamo in macchina?” le chiese indicandosi con il dito l’orecchio, comunicandole a gesti che voleva essere sicuro che Damon non origliasse la loro conversazione.

Elena annuì, precedendolo nel vialetto dove aveva parcheggiato la sua Mini. Attese di essere fuori dall’enorme cortile del Pensionato prima di porre quella domanda che stava stuzzicando la sua curiosità.

“Chi è Sissy?”.

Stefan posò la fronte sul finestrino, mentre la macchina si fermava a un semaforo rosso “E’ la sorella minore di Zach. In realtà Sissy è un nomignolo, perché lei adorava … sai … la principessa Sissy”.

“Non sapevo avesse una sorella”.

“E’ un argomento che tendo a non trattare per evitare d’infastidire Damon”.

“Cos’è, ha cercato di uccidere anche lei ed è scappata in Italia?”.

Stefan sorrise impercettibilmente “No, anzi le era molto affezionato e lei … beh … lo adorava”.

Elena si stupì percettibilmente “Non aveva paura? Da quanto mi hai detto Zach ne era terrorizzato”.

“No, era piccola e non si rendeva nemmeno conto di chi aveva davvero davanti. Capitava che prima di andare a dormire lo chiamasse per scacciare i mostri da sotto il letto. Capisci? Chiamava un vampiro per scacciare i mostri! Ne aveva uno che le girava attorno e non ci faceva neanche caso” disse lui alzando le mani vicino alla testa come a sottolineare l’assurdità di quella situazione.

“Ma sapeva che voi eravate vampiri?”.

“No, non credo che Zach gliel’abbia mai detto. Come ti ho spiegato era piccola e forse nemmeno gliel’avrebbe creduto” poi sembrò pensarci su un attimo  “In ogni caso credo che Damon gliel’avesse espressamente proibito”.

“Perché?”.

“Perché gli piaceva Sissy, diceva che era l’unica ad avere un po’ di cervello in quella casa, sebbene fosse ancora una bambina. L-le voleva bene” azzardò “Non voleva che avesse paura di lui”.

“E poi cos’è successo? Perché è diventata un argomento tabù?” s’informò sempre più intrigata da quella storia. Le piaceva quando Stefan le raccontava del suo passato, era bello poter ricomporre il puzzle della sua vita trascorsa.

“Da quando i loro genitori erano morti, Zach si era sempre preso cura di lei e non vedeva di buon occhio il legame tra lei e mio fratello. Inoltre Damon si faceva vedere più spesso da quando lei era nata e Zach non lo voleva intorno; io ogni due anni tornavo a trovarli e non c’era problema, perché di me si fidava, ma di Damon ...” lasciò in sospeso la frase “Così quando Sissy compì undici anni, la mandò a studiare in Italia, senza avvisare né me né Damon. Sono sette anni che non torna più a casa”.

“Sette anni?” ripeté Elena incredula “E’ da sette anni che non la vedi?”.

“No” confermò “Zach ha fatto in modo che nessuno sapesse precisamente dov’era andata. Lui prendeva regolarmente la verbena ed era impossibile soggiogarlo per scoprirlo. Però io, in fondo, lo capivo: era solo preoccupato per la sua sorellina, non voleva che si facesse male”.

“Scommetto che Damon non l’ha presa così bene”.

“Quando lo scoprì, s’infuriò parecchio. Lo avrebbe ucciso se non l’avessi fermato io. Sai com’è fatto, tende ad ingigantire tutto: da Zach la colpa è passata anche a Sissy e … beh, il resto lo sai”.

“E per questo che non vuole pagarle la retta? Una sorta di ripicca?”.

“Per quello e anche perché spera, nel profondo, almeno credo, che la sbattano fuori e sia costretta a tornare. Sai, è stata la prima volta, dopo secoli, che lo vedevo abbassare la guardia con qualcuno e subito dopo si è preso un bel pungo in faccia” finì di raccontare con una nota malinconica nella voce.

Avrebbe tanto voluto tornare indietro di qualche anno, solo per rivivere quei momenti in cui suo fratello aveva dimostrato di avere ancora qualcosa di umano.

La mano di Elena si posò sulla sua stringendogliela “Mi dispiace” disse “Anche tu ti eri affezionato, non è vero?”.

Stefan annuì sorridendo “Era così tenera e fragile, così dolce, con due occhioni castani talmente espressivi da togliere il fiato. Non si poteva non volerle bene Se l’avessi conosciuta, l’avresti trovata adorabile. È un peccato che non sia rimasta qui, sareste diventate ottime amiche … migliori amiche”.

“Hai detto che se n’è andata a undici anni. Come mai non l’ho mai vista alla scuola elementare? Almeno non mi ricordo di lei” gli confidò Elena.

“No, ha studiato in casa. Probabilmente Zach aveva in mente da molto tempo di allontanarla da qui, non voleva si creasse dei legami. Scommetto che è stata piuttosto contenta di scappare in Italia”.

Stefan chiuse la portiera della macchina e aspettò che Elena prendesse la sua borse dal sedile posteriore. Poi le circondò le spalle con un braccio e la baciò teneramente su una tempia “Ti ho già detto che sei stupenda stamattina?”.

“Solo stamattina?” scherzò lei.

Il vampiro le accarezzò la testa e la strinse di più a sé, mentre entravano a scuola.

“Stefan, qual è il vero nome di Sissy?”.

 

“Sei sicura di volerlo fare?”.

“Sono costretta, Clara” rispose la ragazza premendo con forza le mani sulla valigia per far sì che si chiudesse. Tirò a strattoni la cerniera finché non si congiunse con l’altro pezzo e poi li unì con un lucchetto TSA, tanto per essere sicura che non le avrebbero fatto storia una volta arrivata negli States.

“Non è vero. Le ultime tasse sono state pagate, hai tutto il diritto di stare qui” le fece presente Clara, che non era per niente contenta di vedere scappare la sua compagna di stanza come una fuggitiva.

“Sono due mesi che non ho notizie di mio fratello. Due mesi!” ribadì alzando due dita per sottolineare ulteriormente il concetto.

“Gli ho mandato un mucchio di e-mail e messaggi, ma non ha mai risposto. L’ho tempestato di telefonate, ma il cellulare è sempre staccato. Ho cercato di contattarlo con Facebook, gli ho perfino spedito un paio di lettere, ma niente! Devo tornare a casa, Clara, è l’unico modo per scoprire che diamine gli è successo” si dovette fermare un attimo per calmare i battiti del suo cuore. Respirò profondamente, ricacciando giù i singhiozzi.

Era veramente preoccupata. Non era la prima volta che Zach non si faceva vivo per un po’, ma non era mai passato così tanto tempo. E soprattutto lei aveva sempre avuto modo di contattarlo.

Due mesi di assoluto silenzio. Sembrava sparito nel nulla, nessuno sapeva niente e cercare di chiamare lo sceriffo di Fell’s Church era difficile come parlare con il Presidente: o il telefono era occupato o le rispondeva qualche incompetente che non sapeva aiutarla e la pregava di richiamare più tardi, quando lo sceriffo non sarebbe stato impegnato.

Ma che diavolo poteva accadere in una cittadina sperduta della Virginia, da tenere sempre l’intero corpo di polizia indaffarato?

Diede un’ultima occhiata alla camera, per accertarsi non aver dimenticato nulla. Sembrava tutto a posto, ritirato alla rinfusa nelle valigie.

Clara era seduta sul letto, a gambe incrociate e la osservava con espressione triste “Mi mancherai, sai” le confessò.

Si sciolse sentendo quelle parole e corse ad abbracciarla “Anche tu mi mancherai, sei stata la miglior compagna di stanza che avrei mai potuto desiderare” le disse mentre le lacrime, questa volte di nostalgia, le si ripresentavano nuovamente a ridosso delle ciglia.

“Vedrai che tuo fratello sta bene” la rassicurò Clara.

“Lo spero, così potrò ucciderlo con queste mani per avermi fatto stare così in pena e potrò tornare qua in men che non si dica”.

“Lo spero tanto anche io”.

La ragazza si allontanò da Clara e tirò il trolley giù dal mobile, su cui l’aveva posato per comodità.

“Allora ripassiamo il piano: domani mattina ti svegli e avverti la preside della mia fuga, ok? Di’ che me ne sono andata ‘sta notte, mentre dormivi, e che non mi hai sentita. Inventati … che ieri notte non hai riposato bene e che il tuo sonno era troppo pesante anche per accorgerti di me che trascinavo via le valigie”.

“Sarà fatto. Sfodererò tutte le mie naturali doti di attrice” scherzò.

“Penso di aver fatto e detto tutto … quindi farei meglio ad andare”.

“Sì” concordò Clara “O perderai il pullman”.

“Allora …” esitò un attimo “Ci sentiamo, ok?”.

“Certo. Buon viaggio!”.

“Grazie” disse caricandosi sulla spalla un borsone e iniziando a trascinare il trolley “Ciao Clara!”.

“Ciao!”.

L’ultima cosa che vide, mentre chiudeva la porta, fu la sua amica salutarla tristemente con la mano.

Camminò per tutto il corridoio in fretta, maledicendo i suoi tacchi per tutto il rumore che stavano facendo.

Avrebbe fatto volentieri a meno di vestirsi così, ma il piano prevedeva di intrufolarsi sul pulmino che avrebbe portato un gruppo di studentesse americane, in visita per studiare l’italiano, all’aeroporto.

Erano delle universitarie di New York, abituate a vestirsi sempre al top anche per andare a prendere un caffè sotto casa.

Perciò si era messa un po’ in tiro, affinché si confondesse bene nella comitiva e non destasse sospetti.

Arrivata nel cortile d’ingresso, prese un bel respiro e si unì alla coda di ragazze che attendevano di sistemare i loro bagagli. Quando fu certa che l’autista avesse caricato anche i suoi, entrò dalla porta centrale, si sedette in un posto in fondo, vicino al finestrino, e si appiattì sul sedile pregando che nessuno la riconoscesse.

Arrivò all’aeroporto senza problemi e ,dopo aver recuperato la sua roba, si dileguò tra la folla, senza che nessuno si accorgesse di lei.

Si precipitò al check-in, pregando di trovare in fretta un volo che l’avrebbe riportata dopo tanti anni a casa sua.

“Mi serve un biglietto per la Virginia” dichiarò con foga.

L’uomo dall’altra parte del banco, la guardò aggrottando le sopracciglia “Quale aeroporto?”.

“Qualsiasi”.

“Qualsiasi?”.

“Sì, va bene tutto … devo arrivare lì il più in fretta possibile”.

“Mi lasci controllare” digitò un paio di tasti sulla tastiera e poi disse “C’è un volo che parte tra quattro ore, diretto a Richmond … no aspetti è tutto prenotato” aggiunse spezzando in un secondo tutto l’entusiasmo della ragazza.

“E non ce ne sono altri?”.

“Il prossimo parte domani sera” la informò.

“Domani sera? Io non posso aspettare fino a domani sera” affermò in preda al panico. Decise di provare con un’altra destinazione, magari Atlanta. In fondo era l’aeroporto più grande del mondo, certamente avrebbe trovato più aerei diretti là che a Richmond  “E per Atlanta?”.

“Atlanta non è in Virginia”.

“So perfettamente dove si trova Atlanta” ribatté lei infastidita.

L’uomo controllò di nuovo su PC “C’è un volo che parte tra meno di due ore”.

“E’ perfetto”.

“E’ rimasta solo la prima classe”.

“Non è un problema” assicurò lei pensando che Zach l’avrebbe ammazzato una volta scoperto quanti soldi aveva speso per quella follia.

“Allora mi dia il passaporto e mi può dire il suo nome?”.

“Bonnie … Bonnie Salvatore”.

 

“I don't care how much money I gotta spend,
Got to get back to my baby again
Lonely days are gone, I'm a-goin' home,
'Cause my baby just a-wrote me a letter”

(The Letter- The Box Tops)

Ok esperimento totalmente folle o promettente?

Confesso che questa idea era nata ponendo come protagonista un personaggio completamente inventato; poi, però, ho pensato che avrebbe potuto funzionare adattando la storia a Bonnie.

Voi che ne dite? Sono impazzita? Devo continuare per vedere cosa ne uscirà fuori o è meglio se la smetto subito?

Vorrei, in ogni caso, fare delle precisazioni per introdurre meglio la storia:

1)   Katherine e Klaus non sono ancora arrivati a Fell’s Church; o meglio, Katherine ha fatto un veloce comparsa, giusto per trasformare Caroline in un vampiro e poi è sparita nel nulla.

2)   Caroline, appunto, non sarà la solita ochetta vendicativa e repressa, ma sarà molto simile al personaggio creato nella serie ( perché è fantastica!)

3)   Non ci sarà la signora Flowers ( almeno per ora), perché mi piace molto di più l’idea che i due fratelli vivano da soli.

4)   Bonnie ha vissuto per sette anni in Italia, da sola, lontano dalla famiglia, quindi il suo carattere è certamente più forte e risoluto di quello ideato dalla Smith. Comunque non è mio intento stravolgerlo, per cui ho scelto di non mettere l’avviso OOC. Ma se leggendo, ritenete che lei sia cambiata troppo e pensate che farei meglio ad aggiungerlo, fatemelo sapere e provvederò ad indicarlo subito =)

5)   Come avete potuto notare, ci sono riferimenti sia al libro che alle serie.

6)   Il titolo è una canzone di A Fine Frenzy e si chiama appunto “Ashes and wine”.

Bene, credo proprio di aver finito!

A voi il giudizio, grazie! =)

  
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