Ashes &Wine
Capitolo uno: Lonely days are gone, I'm a-goin'
home
“Maybe I know,
somewhere
Deep in my soul
That love never lasts
And we’ve got to find other ways
To make it alone
Or keep a straight face
And I’ve always
lived like this
Keeping it comfortable distance”
(The
only exception-
Paramore)
Quando
Stefan vide quella lettera, posata sullo zerbino,
appena fuori dalla porta, pensò di avere le allucinazioni.
La
prese e se la rigirò tra le mani, esaminandola per
cercare se, per caso, c’era stato un errore nella consegna.
Perché mai qualcuno
avrebbe voluto mandare una lettera lì, al Pensionato? Ci
doveva essere stato
per forza un errore.
La
confusione aumentò non appena si accorse che il
francobollo incollato all’angolo destro della busta era
italiano. Chi mai
avrebbe dovuto scrivere dall’Italia? Erano anni che
né lui né il fratello ci
mettevano piede ed era anche da escludere l’ipotesi che la
lettera fosse
indirizzata al defunto Zach: l’uomo infatti non aveva mai
osato uscire da
Fell’s Church; era troppo spaventato da Damon, temeva che il
vampiro lo avrebbe
ucciso se solo avesse lasciato incustodita la dimora dei Salvatore.
Si
sedette sul divano e lesse il destinatario; a quel punto
lo stupore crebbe a dismisura: Zach Salvatore.
Da
quando Zach aveva contatti in Italia? Lui odiava quel
paese, perché era lì che era iniziato tutto, era
lì che i due fratelli erano
stati trasformati cinquecento anni prima, era lì che
Katherine aveva deciso di
chiedere ospitalità segnando per sempre la sorte della
famiglia Salvatore.
Si
concentrò nuovamente sulla busta, curioso di scoprire chi
fosse il mittente. Mollò di scatto quel pezzo di carta che
cadde svolazzando
sul tappeto. Aveva capito perché quella lettera era stata
mandata lì e la cosa
ora cominciava ad avere senso. Pensò che sarebbe stato
meglio tenerlo nascosto
a Damon, se ne sarebbe occupato personalmente, senza immischiare il
fratello.
Non voleva riaprire vecchie ferite, soprattutto quando queste avrebbero
potuto
compromettere l’apparente equilibrio,
che il vampiro squilibrato si era
creato.
Tutti
i suoi propositi finirono al vento in meno di pochi
secondi. Damon apparve alle sue spalle e lo trovò seduto a
guardare qualcosa
che ancora giaceva a terra.
“Che
cosa stai facendo, fratellino?” chiese “Stai
cercando
di dare una ragione alla tua miserabile vita da vampiro
vegano?”.
Sempre
il solito sarcasmo inopportuno, sempre il solito
ghigno.
Stefan
scattò a raccogliere la lettera e si affrettò a
nasconderla dietro la schiena. Movimento che, di certo, non poteva
sfuggire a
una vista sopraffina come quella di Damon. “Che nascondi
lì dietro?”.
“Niente”
Stefan si maledì per la scarsa attitudine nel
mentire; si sentiva come un bambino beccato in pieno con le mani nel
barattolo
della marmellata.
“Nulla
d’importante” aggiunse.
“Per
essere qualcosa di poco valore, ti stai prodigando con
fatica per non farmela vedere” notò con un guizzo
negli occhi: proibire a Damon
di fare qualcosa era il metodo migliore per incitarlo a farla.
“Stefan,
non avrai dei segreti con me vero?” domandò con
tono da finto offeso.
“Ne
ho parecchi di segreti, Damon” rispose Stefan “Ma
questo
… questo è meglio se non lo scopri. È
una cosetta da nulla. Credimi ti sto
facendo un favore”.
“Oh,
che animo nobile” disse Damon con uno sbuffo sarcastico.
Entrambi
furono interrotti dal rumore della porta che si
apriva e subito dopo una voce chiedeva di Stefan.
“Credo
che sia la tua ragazza” ipotizzò Damon mentre
puntava
alla cosa nascosta dietro la schiena di Stefan “Siamo in
salotto” le disse ad
alta voce.
Forse
se suo fratello fosse stato distratto dalla celestiale
Elena, lui sarebbe riuscito a prendere quella cosa.
“Sei
pronto?” chiese Elena facendo il suo ingresso nella
stanza, rivolgendosi a Stefan. Gli diede un bacio a stampo e poi
salutò Damon.
“Elena”
rispose lui.
“Andiamo
a scuola” propose Stefan che voleva sottrarsi allo
sguardo inquisitore di Damon e occuparsi di quella faccenda da solo.
“Non
così in fretta” lo fermò
l’altro “Perché prima non dici
a me e ad Elena che cosa nascondi lì dietro?”.
Stefan
lo guardò malissimo: giocare la “carta
Elena” era una
mossa scorretta anche da parte sua.
La
ragazza solo allora notò che il vampiro aveva entrambe le
mani dietro la schiena “Che hai lì,
Stefan?” sporgendosi per vedere meglio
“E’
una lettera?”.
“Ti
sei fatto l’amante, Stef?” chiese Damon sempre
più
divertito.
“Non
mi sono fatto nessuna amante” replicò quello
piccato.
“Allora
rendici partecipi di questa missiva così segreta”.
Stefan
corrugò la fronte irritato domandandosi perché
suo
fratello doveva essere sempre così cocciuto. Gli stava
risparmiando un gran
fastidio, ma lui doveva per forza intromettersi. E va bene, allora!
Voleva
vedere la lettera, voleva leggerla?
“E’
indirizzata a Zach, viene dall’Italia”
spiegò
porgendogliela.
“Dall’Italia?
Chi mai dovrebbe scrivere a Zach dall’Italia?”
chiese, forse più a se stesso che ai presenti, iniziando a
rompere la busta.
“Io
non la leggerei …” gli consigliò Stefan
che sospettava
di avere tutte le risposte alla domande appena poste da Damon.
I
suoi dubbi divennero una certezza quando vide gli occhi del
fratello indurirsi, mentre scorrevano sul foglio.
Elena
li fissava incerta. Damon si stava innervosendo e
Stefan sembrava preoccupato da una possibile reazione.
“Credo
sia per Sissy” disse.
Damon
accartocciò la lettera lasciandola cadere a terra
“Sono solo stronzate”.
“Sta
bene?” titubò Stefan.
“Non
lo so e non me ne frega nulla” rispose l’altro
impassibile con una nota di durezza nella voce. Si girò
deciso a lasciare la
stanza ma ‘sta volta fu Stefan a fermarlo “Che dice
la lettera?”.
Damon
lo guardò con un ghigno indifferente “Viene
direttamente dalla scuola: sembra che il nostro Zach si sia dimenticato
di
pagarle l’ultima rata della retta. Forse dovremmo rispondere
di avere un po’ di
rispetto per i morti”.
Quest’ultimo
appunto era stata una cattiveria gratuita, una
di quelle che facevano stare bene Damon quando era turbato per qualcosa.
Nessuno
immaginava lontanamente che Zach fosse morto,
nemmeno lei, che avrebbe avuto
diritto più di tutti di saperlo, di dargli un sepoltura.
“Dobbiamo
pagarla noi” sentenziò risoluto, convinto che
fosse l’unica soluzione possibile.
“Non
contare su di me per questa tua nuova buona
azione” lo informò Damon tornando
sui suoi passi, verso il tavolino degli alcolici.
“Glielo
dobbiamo, Damon, glielo
devi” specificò “Non ha nessun
altro”.
Damon
alzò le spalle “Non sono particolarmente legato
alla
famiglia”.
“Vuoi
che si scopra che Zach è morto?”
strepitò Stefan
“Dovrai dare parecchie spiegazioni, Damon. Al Consiglio, allo
sceriffo, a Sis
…”.
“Stef,
leggi il labiale” lo interruppe bruscamente lui
“Non
me ne frega un accidenti! Se vuoi sborsare un sacco di soldi per quella
cazzo
di scuola, fa’ pure. Io non muoverò un
dito”.
Dettò
ciò, buttò giù l’ultimo
sorso di bourbon e se ne andò dal
salotto, diretto chissà dove, chissà a combinare
quali danni.
Stefan
raccolse la lettera da terra e finalmente portò
l’attenzione su Elena, che lo osservava ancora in cerca di
spiegazione.
“Ti
va se ne parliamo in macchina?” le chiese indicandosi
con il dito l’orecchio, comunicandole a gesti che voleva
essere sicuro che
Damon non origliasse la loro conversazione.
Elena
annuì, precedendolo nel vialetto dove aveva
parcheggiato la sua Mini. Attese di essere fuori dall’enorme
cortile del
Pensionato prima di porre quella domanda che stava stuzzicando la sua
curiosità.
“Chi
è Sissy?”.
Stefan
posò la fronte sul finestrino, mentre la macchina si
fermava a un semaforo rosso “E’ la sorella minore
di Zach. In realtà Sissy è un
nomignolo, perché lei adorava … sai …
la principessa Sissy”.
“Non
sapevo avesse una sorella”.
“E’
un argomento che tendo a non trattare per evitare
d’infastidire Damon”.
“Cos’è,
ha cercato di uccidere anche lei ed è scappata in
Italia?”.
Stefan
sorrise impercettibilmente “No, anzi le era molto
affezionato e lei … beh … lo adorava”.
Elena
si stupì percettibilmente “Non aveva paura? Da
quanto
mi hai detto Zach ne era terrorizzato”.
“No,
era piccola e non si rendeva nemmeno conto di chi aveva
davvero davanti. Capitava che prima di andare a dormire lo chiamasse
per
scacciare i mostri da sotto il letto. Capisci? Chiamava un vampiro per scacciare i mostri!
Ne aveva uno che le girava attorno e non ci faceva neanche
caso” disse lui alzando
le mani vicino alla testa come a sottolineare
l’assurdità di quella situazione.
“Ma
sapeva che voi eravate vampiri?”.
“No,
non credo che Zach gliel’abbia mai detto. Come ti ho
spiegato era piccola e forse nemmeno gliel’avrebbe
creduto” poi sembrò pensarci
su un attimo “In
ogni caso credo che
Damon gliel’avesse espressamente proibito”.
“Perché?”.
“Perché
gli piaceva Sissy, diceva che era l’unica ad avere
un po’ di cervello in quella casa, sebbene fosse ancora una
bambina. L-le
voleva bene” azzardò “Non voleva che
avesse paura di lui”.
“E
poi cos’è successo? Perché è
diventata un argomento tabù?”
s’informò sempre più intrigata da
quella storia. Le piaceva quando Stefan le
raccontava del suo passato, era bello poter ricomporre il puzzle della
sua vita
trascorsa.
“Da
quando i loro genitori erano morti, Zach si era sempre
preso cura di lei e non vedeva di buon occhio il legame tra lei e mio
fratello.
Inoltre Damon si faceva vedere più spesso da quando lei era
nata e Zach non lo
voleva intorno; io ogni due anni tornavo a trovarli e non
c’era problema,
perché di me si fidava, ma di Damon ...”
lasciò in sospeso la frase “Così
quando Sissy compì undici anni, la mandò a
studiare in Italia, senza avvisare
né me né Damon. Sono sette anni che non torna
più a casa”.
“Sette
anni?” ripeté Elena incredula
“E’ da sette anni che
non la vedi?”.
“No”
confermò “Zach ha fatto in modo che nessuno
sapesse
precisamente dov’era andata. Lui prendeva regolarmente la
verbena ed era
impossibile soggiogarlo per scoprirlo. Però io, in fondo, lo
capivo: era solo
preoccupato per la sua sorellina, non voleva che si facesse
male”.
“Scommetto
che Damon non l’ha presa così bene”.
“Quando
lo scoprì, s’infuriò parecchio. Lo
avrebbe ucciso se
non l’avessi fermato io. Sai com’è
fatto, tende ad ingigantire tutto: da Zach
la colpa è passata anche a Sissy e … beh, il
resto lo sai”.
“E
per questo che non vuole pagarle la retta? Una sorta di
ripicca?”.
“Per
quello e anche perché spera, nel profondo, almeno
credo, che la sbattano fuori e sia costretta a tornare. Sai,
è stata la prima
volta, dopo secoli, che lo vedevo abbassare la guardia con qualcuno e
subito
dopo si è preso un bel pungo in faccia”
finì di raccontare con una nota
malinconica nella voce.
Avrebbe
tanto voluto tornare indietro di qualche anno, solo
per rivivere quei momenti in cui suo fratello aveva dimostrato di avere
ancora
qualcosa di umano.
La
mano di Elena si posò sulla sua stringendogliela
“Mi
dispiace” disse “Anche tu ti eri affezionato, non
è vero?”.
Stefan
annuì sorridendo “Era così tenera e
fragile, così
dolce, con due occhioni castani talmente espressivi da togliere il
fiato. Non si
poteva non volerle bene Se l’avessi conosciuta,
l’avresti trovata adorabile. È
un peccato che non sia rimasta qui, sareste diventate ottime amiche
… migliori amiche”.
“Hai
detto che se n’è andata a undici anni. Come mai
non
l’ho mai vista alla scuola elementare? Almeno non mi ricordo
di lei” gli
confidò Elena.
“No,
ha studiato in casa. Probabilmente Zach aveva in mente
da molto tempo di allontanarla da qui, non voleva si creasse dei
legami.
Scommetto che è stata piuttosto contenta di scappare in
Italia”.
Stefan
chiuse la portiera della macchina e aspettò che Elena
prendesse la sua borse dal sedile posteriore. Poi le
circondò le spalle con un
braccio e la baciò teneramente su una tempia “Ti
ho già detto che sei stupenda
stamattina?”.
“Solo
stamattina?” scherzò lei.
Il
vampiro le accarezzò la testa e la strinse di più
a sé,
mentre entravano a scuola.
“Stefan,
qual è il vero nome di Sissy?”.
“Sei
sicura di volerlo fare?”.
“Sono
costretta, Clara” rispose la ragazza premendo con
forza le mani sulla valigia per far sì che si chiudesse.
Tirò a strattoni la
cerniera finché non si congiunse con l’altro pezzo
e poi li unì con un
lucchetto TSA, tanto per essere sicura che non le avrebbero fatto
storia una
volta arrivata negli States.
“Non
è vero. Le ultime tasse sono state pagate, hai tutto il
diritto di stare qui” le fece presente Clara, che non era per
niente contenta
di vedere scappare la sua compagna di stanza come una fuggitiva.
“Sono
due mesi che non ho notizie di mio fratello. Due
mesi!” ribadì alzando due dita per sottolineare
ulteriormente il concetto.
“Gli
ho mandato un mucchio di e-mail e messaggi, ma non ha
mai risposto. L’ho tempestato di telefonate, ma il cellulare
è sempre staccato.
Ho cercato di contattarlo con Facebook, gli ho perfino spedito un paio
di
lettere, ma niente! Devo tornare a casa, Clara, è
l’unico modo per scoprire che
diamine gli è successo” si dovette fermare un
attimo per calmare i battiti del
suo cuore. Respirò profondamente, ricacciando giù
i singhiozzi.
Era
veramente preoccupata. Non era la prima volta che Zach
non si faceva vivo per un po’, ma non era mai passato
così tanto tempo. E
soprattutto lei aveva sempre avuto modo di contattarlo.
Due
mesi di assoluto silenzio. Sembrava sparito nel nulla,
nessuno sapeva niente e cercare di chiamare lo sceriffo di
Fell’s Church era
difficile come parlare con il Presidente: o il telefono era occupato o
le
rispondeva qualche incompetente che non sapeva aiutarla e la pregava di
richiamare più tardi, quando lo sceriffo non sarebbe stato
impegnato.
Ma
che diavolo poteva accadere in una cittadina sperduta
della Virginia, da tenere sempre l’intero corpo di polizia
indaffarato?
Diede
un’ultima occhiata alla camera, per accertarsi non
aver dimenticato nulla. Sembrava tutto a posto, ritirato alla rinfusa
nelle
valigie.
Clara
era seduta sul letto, a gambe incrociate e la
osservava con espressione triste “Mi mancherai,
sai” le confessò.
Si
sciolse sentendo quelle parole e corse ad abbracciarla
“Anche tu mi mancherai, sei stata la miglior compagna di
stanza che avrei mai
potuto desiderare” le disse mentre le lacrime, questa volte
di nostalgia, le si
ripresentavano nuovamente a ridosso delle ciglia.
“Vedrai
che tuo fratello sta bene” la rassicurò Clara.
“Lo
spero, così potrò ucciderlo con queste mani per
avermi
fatto stare così in pena e potrò tornare qua in
men che non si dica”.
“Lo
spero tanto anche io”.
La
ragazza si allontanò da Clara e tirò il trolley
giù dal
mobile, su cui l’aveva posato per comodità.
“Allora
ripassiamo il piano: domani mattina ti svegli e
avverti la preside della mia fuga, ok? Di’ che me ne sono
andata ‘sta notte,
mentre dormivi, e che non mi hai sentita. Inventati … che
ieri notte non hai
riposato bene e che il tuo sonno era troppo pesante anche per
accorgerti di me
che trascinavo via le valigie”.
“Sarà
fatto. Sfodererò tutte le mie naturali doti di
attrice” scherzò.
“Penso
di aver fatto e detto tutto … quindi farei meglio ad
andare”.
“Sì”
concordò Clara “O perderai il pullman”.
“Allora
…” esitò un attimo “Ci
sentiamo, ok?”.
“Certo.
Buon viaggio!”.
“Grazie”
disse caricandosi sulla spalla un borsone e
iniziando a trascinare il trolley “Ciao Clara!”.
“Ciao!”.
L’ultima
cosa che vide, mentre chiudeva la porta, fu la sua
amica salutarla tristemente con la mano.
Camminò
per tutto il corridoio in fretta, maledicendo i suoi
tacchi per tutto il rumore che stavano facendo.
Avrebbe
fatto volentieri a meno di vestirsi così, ma il
piano prevedeva di intrufolarsi sul pulmino che avrebbe portato un
gruppo di
studentesse americane, in visita per studiare l’italiano,
all’aeroporto.
Erano
delle universitarie di New York, abituate a vestirsi
sempre al top anche per andare a prendere un caffè sotto
casa.
Perciò
si era messa un po’ in tiro, affinché si
confondesse
bene nella comitiva e non destasse sospetti.
Arrivata
nel cortile d’ingresso, prese un bel respiro e si
unì alla coda di ragazze che attendevano di sistemare i loro
bagagli. Quando fu
certa che l’autista avesse caricato anche i suoi,
entrò dalla porta centrale,
si sedette in un posto in fondo, vicino al finestrino, e si
appiattì sul sedile
pregando che nessuno la riconoscesse.
Arrivò
all’aeroporto senza problemi e ,dopo aver recuperato
la sua roba, si dileguò tra la folla, senza che nessuno si
accorgesse di lei.
Si
precipitò al check-in, pregando di trovare in fretta un
volo che l’avrebbe riportata dopo tanti anni a casa sua.
“Mi
serve un biglietto per la Virginia” dichiarò con
foga.
L’uomo
dall’altra parte del banco, la guardò aggrottando
le
sopracciglia “Quale aeroporto?”.
“Qualsiasi”.
“Qualsiasi?”.
“Sì,
va bene tutto … devo arrivare lì il
più in fretta
possibile”.
“Mi
lasci controllare” digitò un paio di tasti sulla
tastiera e poi disse “C’è un volo che
parte tra quattro ore, diretto a Richmond
… no aspetti è tutto prenotato”
aggiunse spezzando in un secondo tutto
l’entusiasmo della ragazza.
“E
non ce ne sono altri?”.
“Il
prossimo parte domani sera” la informò.
“Domani
sera? Io non posso aspettare fino a domani sera”
affermò in preda al panico. Decise di provare con
un’altra destinazione, magari
Atlanta. In fondo era l’aeroporto più grande del
mondo, certamente avrebbe
trovato più aerei diretti là che a Richmond
“E per Atlanta?”.
“Atlanta
non è in Virginia”.
“So
perfettamente dove si trova Atlanta” ribatté lei
infastidita.
L’uomo
controllò di nuovo su PC “C’è
un volo che parte tra
meno di due ore”.
“E’
perfetto”.
“E’
rimasta solo la prima classe”.
“Non
è un problema” assicurò lei pensando
che Zach l’avrebbe
ammazzato una volta scoperto quanti soldi aveva speso per quella follia.
“Allora
mi dia il passaporto e mi può dire il suo nome?”.
“Bonnie …
Bonnie Salvatore”.
“I don't care
how much money I gotta spend,
Got to get back to my baby again
Lonely days are gone, I'm a-goin' home,
'Cause my baby just a-wrote me a letter”
(The
Letter- The Box Tops)
Ok
esperimento totalmente folle o promettente?
Confesso
che questa idea era nata ponendo come protagonista
un personaggio completamente inventato; poi, però, ho
pensato che avrebbe
potuto funzionare adattando la storia a Bonnie.
Voi
che ne dite? Sono impazzita? Devo continuare per vedere
cosa ne uscirà fuori o è meglio se la smetto
subito?
Vorrei,
in ogni caso, fare delle precisazioni per introdurre
meglio la storia:
1)
Katherine
e Klaus non
sono ancora arrivati a Fell’s Church; o meglio, Katherine ha
fatto un veloce
comparsa, giusto per trasformare Caroline in un vampiro e poi
è sparita nel
nulla.
2)
Caroline,
appunto, non
sarà la solita ochetta vendicativa e repressa, ma
sarà molto simile al
personaggio creato nella serie ( perché è
fantastica!)
3)
Non
ci sarà la signora
Flowers ( almeno per ora), perché mi piace molto di
più l’idea che i due
fratelli vivano da soli.
4)
Bonnie
ha vissuto per
sette anni in Italia, da sola, lontano dalla famiglia, quindi il suo
carattere
è certamente più forte e risoluto di quello
ideato dalla Smith. Comunque non è
mio intento stravolgerlo, per cui ho scelto di non mettere
l’avviso OOC. Ma se
leggendo, ritenete che lei sia cambiata troppo e pensate che farei
meglio ad
aggiungerlo, fatemelo sapere e provvederò ad indicarlo
subito =)
5)
Come
avete potuto notare,
ci sono riferimenti sia al libro che alle serie.
6)
Il
titolo è una canzone
di A Fine Frenzy e si chiama appunto “Ashes and
wine”.
Bene,
credo proprio di aver finito!
A
voi il giudizio, grazie! =)