“Bells, allora io vado. Sicura che posso
lasciarti?”
Sbuffai
infastidita da tutte le raccomandazioni che mi stava facendo Charlie.
Neanche
fosse la prima volta che mi lasciava a casa da sola, per il suo turno in
Centrale.
“Sì,
non ti preoccupare. Te l’ho detto, Angela verrà fra poco
più di venti minuti e andremo a cena fuori. Alle dieci
sarò a casa, sana e salva!”
Mio
padre borbottò qualcosa di incomprensibile, infilandosi la giacca.
“Ogni
venerdì sera cenate in quel Pub buio e isolato, fuori dalla città!”
“Non eri tu quello che si preoccupava
perché sua figlia il venerdì sera non usciva? Ora che esco, non dovresti
farti tutti questi problemi!” Puntualizzai, guardandolo di sottecchi.
Da
quando mi ero trasferita a Forks, non ero riuscita a
socializzare molto. Ed ora che avevo trovato un amica,
una vera amica approfittavo della
maggior parte del tempo libero che avevo per uscire insieme ad Angela.
“Okay,
okay. Chiamami appena tornerai a casa. Ti ho lasciato i soldi sul tavolo, in
cucina. Mi raccomando, Bells.”
“Non
preoccuparti, papà.” Ripetei,
all’ennesima potenza.
Gli
schioccai un bacio sulla guancia, e quando uscì – finalmente -,
esalai un sospiro di sollievo.
Mi
diressi nella mia camera, passando prima dalla cucina per prendere i soldi che
Charlie mi aveva lasciato. Poi aprii l’armadio, grattandomi la testa
incerta.
Fra
meno di venti minuti Angela sarebbe passata a
prendermi, e dovevo decidere cosa mettermi. Il più presto possibile.
Dopo
aver optato per un paio di fuseaux neri e una maglia lunga viola, mi diressi in
bagno. Mi vestii di fretta e furia, passandomi un velo di cipria sulla faccia.
Non amavo truccarmi. Mentre mi stavo infilando l’ultima ballerina viola,
Angela suonò. Mi catapultai al piano inferiore, regalandole un bel sorriso.
“Sei
sempre di buono umore, il venerdì sera.” Esordì, senza
nemmeno salutarmi.
Come
potevo sbagliarmi? Ovviamente lei doveva sempre puntualizzare ogni minimo
dettaglio, e non si sarebbe mai dimenticata di quello.
“Già.”
Dissi, cercando di sistemarmi i capelli con una mano, lasciandoli sciolti e
disordinati. “Sono pronta, andiamo?”
Annuì,
uscendo prima di me.
“Allora,
prendiamo quel rottame della tua
macchina?” Domandò, dirigendosi verso il mio Pick
up.
“Angela!
Tratta bene la mia macchina.”
“Ci
vuole un coraggio per chiamarla macchina!” Sbuffai, dandole una pacca
sulla spalla.
Dopo
che con un rombo assordante il mio Pick up si mise in
moto, partimmo per le strade si Port Angeles.
“Insomma,
tutta in tiro per lui?” Chiese Angela, mentre ci
inoltravamo per le strade buie della città.
“Tasto dolente. Lo sai che è
fidanzato!” Dissi, scuotendo la testa prima a destra, e poi a sinistra.
“E
tu neanche ci provi. Lo sai che ti mangia con gli occhi, tutte le volte che
entri in quel Pub?”
“Ancora
continui? Nemmeno mi guarda in faccia, se non un saluto accennato. Che deve
fare per forza.”
“Se
sei così sicura perché ogni venerdì ti ostini ad andare a
cena in quel Pub?”
“Per
l’ottima cucina!” Angela sorrise, lisciandosi la coda che si era
fatta in basso a destra.
A
chi volevo darla a bere? Tutti sapevano – e quel tutti includeva me ed
Angela -, che ogni venerdì andavo in quel Pub per vedere lui.
Era
stato una specie di colpo di fulmine, proprio dritto al cuore.
“Oh,
Bella, Bella.” Cantilenò la mia amica, scuotendo la testa.
“Ma
dimmi… come va con Ben?” Improvvisamente diventò rossa,
abbassando la testa.
Ovvio,
quello era un tasto dolente anche per lei.
Ben
era un ragazzo che frequentava la nostra stessa scuola, ed il corso di
letteratura insieme a me.
Ad
Angela piaceva, ed anche molto, ma non aveva il coraggio di dichiararsi.
Proprio come me.
Insomma,
un’accoppiata fantastica.
“Oh, benissimo. Ieri mi ha invitata fuori a cena, ma non ho
accettato perché dovevo accompagnare la mia migliore amica dal suo Dio
personale. Che lavora in un Pub.” La buttò sul sarcasmo, rubandomi
anche un piccolo sorriso.
“Non
puoi dirmi niente. Io forse non mi dichiarerò mai, ma tu sei nella mia
stessa barca, cara mia.”
“E
secondo te perché siamo amiche?” Domandò, abbottonandosi la
giacca. Eravamo arrivate, finalmente.
Il
viaggio era durato una decina di minuti.
Scendemmo
insieme, ed io ci misi qualche minuto in più, perché la mia
portiera non voleva chiudersi.
Dopo
qualche minaccia, mi avvicinai alla mia amica, prendendola sotto braccetto. E
poi andammo verso il Pub.
Guardai
l’insegna lampeggiante, prima di entrare.
Cullen’s.
Non
c’era molta gente.
Fu
la cosa che mi saltò subito all’occhio, appena entrata. Il posto
non era mai affollatissimo, ma il venerdì c’erano talmente tante
persone che era una fortuna se io ed Angela riuscivamo a trovare due posti
liberi al bancone.
Ecco
perché quel piccolo particolare mi era saltato subito all’occhio.
Perché quella sera avremmo trovato almeno un tavolo libero.
Questo
significava non vederlo per niente.
“Dopo cena avrò voglia di un cocktail. E tu sarai costretta ad alzati,
per prenderlo alla tua migliore amica, intese?” Sorrisi, guardando Angela
con lo sguardo colmo di gratitudine.
“Da
quando la mia migliore amica beve?” Domandai innocentemente, prendendo
posto in un tavolo, davanti a lei.
“Farei
di tutto, per la mia migliore amica. Anche farmi portare a casa mezza ubriaca.
Devi solo preoccuparti di quello che dovrai raccontare a mio padre.”
Inorridii,
pensando al reverendo Weber che prendeva per le braccia sua figlia mezza
ubriaca sull’uscio della porta di casa.
“Okay.
Forse prenderemo quel cocktail, e poi lo scaricheremo nel water.”
“Ottima
idea!” Acconsentì, mentre una ragazza minuta si avvicinava a noi.
“Angela,
Bella! Cosa vi porto?”
“Il
solito.” Dissi decisa, mentre la cameriera sbuffò roteando gli
occhi.
“Siete
sempre solite e ripetitive, e…” si abbassò alla mia altezza,
per sussurrarmi qualcosa nell’orecchio. “Stasera lei non
c’è, via libera!”
Diventai
paonazza, sgranando gli occhi.
“Alice!
Cosa diamine ti dice quella testolina?”
“Cosa
dice a te, mia cara. Che vieni ogni venerdì qui per ingozzarti di
panini, solo per vedere mio fratello.”
“Shhh! Abbassa la voce!”
L’ammonii, mentre Angela rideva.
Loro
due sì, che erano una coppia fantastica! Amavano sfottermi in un modo
assurdo, soprattutto la mattina, a scuola.
“Va bene, va bene. Aspettate un quarto d’ora e sarò di
ritorno.” Se ne andò, con un sorriso
furbo stampato sulla faccia.
Proprio
non la sopportavo, quando faceva così. E peggio ancora quando Angela le
dava corda.
“Non
capisco perché non viene nella nostra scuola!” Disse la mia amica
indispettita, guardando verso il bancone.
“Lo
sai, e te l’ho detto mille volte. Il suo migliore amico si è
trasferito a
“Peccato
che il suo migliore amico sia anche il tuo migliore amico.”
Precisò Angela, alzando tutte e due le sopracciglia.
“Jake con è il mio migliore
amico. E’ il figlio di Billy, e come sai Billy per me è come un
secondo padre.”
“E
Jacob è il tuo migliore amico!”
“Certe volte sei insopportabile, lo sai?”
“Ecco
a voi le vostre ordinazioni!”
Per
poco non saltai sul posto. Di certo quella non era la voce di Alice.
“Oh.”
Anche Angela non era riuscita a celare il suo sbigottimento.
Ed
io rimanevo lì, imbambolata come una deficiente.
La
mia amica ci mise meno di due secondi a riprendersi, sorridendo e facendo
spazio per mettere i due vassoi con due bicchieri di Coca Cola.
“Grazie!”
Lo liquidò Angela, pestandomi un piede da sotto il tavolo.
“Di niente, ragazze. Bella.” Mi salutò, con un cenno del
capo.
“Edward.” Sussurrai, prima che si
voltasse andandosene via.
“Non dire una parola. Non provare a dire una
parola!” Disse decisa Angela, quando Edward fu abbastanza lontano da non
sentirci.
“Cosa
ti prende?”
“Cosa
mi prende? Dio, l’hai visto anche tu, vero?”
“Che
è bello come sempre, che ha un sorriso da infarto e che mi ha salutata,
come sempre?”
“Vedi
solo quello che vuoi vedere, tesoro.” Chiuse il
discorso, addentando un pezzo del suo panino.
“No,
io vedo quello che vedono tutti!”
“Io
vedo che ti sbava addosso e ti lancia occhiatine maliziose!”
“Io vedo che ha una fidanzata. Ed ora è proprio lì, attaccata a
lui come una cozza.” La mia amica non si voltò,
per educazione.
“Ma
Alice non aveva detto che non sarebbe venuta?”
L’aveva
detto, infatti. Ed era quello che speravo ardentemente.
“Sì. Il tempo di portarvi le vostre ordinazioni, e poi
sarebbe tornata.” Esordì Alice, sedendosi
accanto a me. “Piccola pausa. Stasera non
c’è quasi nessuno.” Spiegò, stiracchiandosi le
braccia.
Io
ed Angela continuammo a mangiare, silenziosamente.
“Il
siparietto è stato bellissimo!” Disse, riferendosi anche lei a
quello che era successo prima con suo fratello.
“Jasper
dov’è? Non dovresti stare con lui?”
“No. Stasera mamma mi ha chiesto se venivo ad aiutare qui. Pensavano che
ci fosse molta più clientela. Si sbagliavano.” Commentò fra
sé e sé.
In effetti era vero. Stranamente, quel venerdì il locale era quasi vuoto.
“Perché
Tanya prima non c’era?” Domandò
Angela, dando il via ad una sfilza di domande sulla coppia Edward-Tanya.
“Hey, io sono qui è!” Commentai risentita.
Parlavano di me, come se io non ci fossi.
“Tesoro,
tu non puoi competere con Tanya. Quella è una
bambola gonfiabile. Non la vedi? Ha diciassette anni, e sicuramente il seno
rifatto. Tu sei di gran lunga più bella.”
Ringraziai
Alice con lo sguardo, regalandole un sorriso.
Tanya
era veramente una bambola gonfiabile. Ed oltre che vederla ogni venerdì
appiccicata a Edward, dovevo sorbirmela anche ogni singolo giorno a scuola.
“Alice! Alice! Qualcuno ti ha chiesto di intrattenere i clienti?”
Alice guardò prima me e poi Angela, alzando gli
occhi al cielo.
“Ragazze,
è stato un piacere. Ci vediamo lunedì a scuola,
vero?”
Annuii,
bevendo un sorso di Coca.
“A
lunedì!” Anche Angela la salutò, accompagnando il tutto con
un cenno della mano.
“Che
ne dici se andiamo a pagare?” Domandai, notando che tutte e due avevamo
finito la nostra cena, e già erano le nove e trenta.
“Tu
vai a pagare la cena. Io ti aspetto al Pick
up.”
Sbuffai,
tutto questo per andare a pagare alla cassa, e quindi per vedere Edward.
“Tieni.”
Dissi, allungando una mano e porgendole le chiavi. “Vedi di non perderti
o farti rapire.”
“Vedi
di non rimanere ammaliata e svenire lì davanti.” Mi rispose a
tono, facendomi una linguaccia e dileguandosi.
Sospirai,
alzandomi di malavoglia e dirigendomi verso il rogo.
La
cassa era proprio lì, a pochi metri da me. E a pochi metri da me
c’era anche il ragazzo per cui stravedevo da qualche mese. Due mesi e
sette giorni, per essere precisi.
“Allora,
tutto di vostro gradimento?”
“Oh, certo. Tutto ottimo, come
sempre!” Sorrisi, prendendo il borsellino per tirare fuori i soldi.
“Ci
vediamo venerdì prossimo?” Quasi sgranai gli occhi.
Cosa
diamine stava blaterando?
“Cosa?”
“Venerdì.
Tu ed Angela non verrete venerdì prossimo?”
Oh,
Dio. Quanti film mentali mi ero fatta in meno di un minuto?
“Sì,
credo di sì.”
“Okay. Ciao, Bella.” Mi regalò un sorriso da togliermi il
fiato per qualche secondo, prima che mi voltassi per raggiungere Angela.
Aspettai
che la porta di vetro si richiuse dietro di me, e l’aria fredda di
Novembre mi colpì in pieno volto.
A venerdì, Edward.
**
Ho tremila interrogazioni e una fanfiction ancora in corso. E non avevo meglio da fare che
pubblicarne un’altra, vero?
Eccomi qua, miei cari lettori :D Vi sono mancata? Mi scuso con tutte le persone che si
aspettavano l’aggiornamento di Scambio Culturale. Arriverà. Entro la
prossima settimana, arriverà. Promesso.
Insomma, questa nuova e malsana idea
mi è salita in testa una mattina a scuola, precisamente nell’ora
di francese. Ora sta a voi dirmi se andare avanti o scaraventare tutto nel water
(come i cocktail di Bella ed Angela :D)
Spero che avete
capito un po’ come stanno andando le cose nella storia, e se avete
dubbi, scrivetelo in una bella recensione che riceverete una risposta!
Un grazie infinito a tutte quelle
povere ragazze o ragazzi che avranno il coraggio di leggere.
Alla prossima :*