Vi rompo le palle subito, dicendovi
che sono Yeah Efp su Facebook ;) Lì troverete spoiler delle mie fanfiction, e poi ci possiamo fare una bella chiacchierata ùu
Colgo l’occasione per scusarmi
su questo capitolo orrendo, ma non sono riuscita a betarlo.
Motivo? Beh, il bacio Robsten. L’avete visto? Se non l’avete visto
correte, perché io ancora sto piangendo e ridendo insieme *___*
Poi, vorrei sentire il parere di
tutti voi. Non abbiate paura di recensire, di dirmi se la storia vi piace o meno. Da quello che avete notato sto cercando di
rispondere sempre alle recensioni, anche per conoscervi meglio ;) Quindi, se i
preferiti e i seguiti della storia sono più di cento, voglio sentirvi
tutti. Almeno la metà ùu Sarebbe
bellissimo conoscervi tutti *-*
Il prossimo capitolo arriverà
dopo l’aggiornamento di Scambio Culturale, intanto spoiler sull’account
Facebook ;)
Buona lettura.
____
Sesto Capitolo – Jake… mi dispiace.
Bella
Sapevo
che accompagnare Alice a casa di Jake avrebbe
comportato vedere Edward.
Sì,
certo che lo sapevo.
E
mi ero anche preparata mentalmente.
Le
mani ancora sudavano, ma ci avevo lavorato quando Alice pensava a guidare il
mio catorcio definito macchina.
Ma
diamine, quando mi si parò davanti con una t shirt
bianca, i capelli spettinati e lo sguardo quasi addormentato.
Dio,
gli sarei saltata addosso immediatamente.
Calma, Bella. Calma. Lunghi respiri.
“Devi
ringraziare Dio che Isabella si sia
offerta di accompagnarmi. Eh no, caro mio mi ricordo perfettamente di
quello che ho detto stamattina. Tu da domani andrai a piedi, finché la
tua cara Volvo non rivedrà la luce.”
Quando
finì di parlare, un rumoroso tuono si
abbatté sul cielo.
Subito
dopo, un lampo.
Ottimo,
ci mancavano solo i temporali. Io odiavo i temporali!
Alice
scansò con una botta sulla spalla suo fratello, per poi entrare in casa.
Io
lo guardai imbambolata, feci un lungo respiro e poi varcai la soglia di casa.
“Edward.”
Si
riscosse dal suo torpore momentaneo, regalandomi un sorriso da togliere il
fiato.
“Isabella.”
Volevo
dirgli che non doveva chiamarmi così. Che tutti mi chiamavano Bella, e
che a me Isabella non piaceva per niente.
Ma
detto da lui suonava così maledettamente bene.
Dio,
avrebbe potuto chiamarmi in tutti i modi che voleva.
Scossi
la testa energicamente, entrando in casa Black.
Jacob
era praticamente sdraiato sul divano, con una ciotola di patatine in mano.
“Sempre
il solito.” Mormorai, prima che la porta si chiuse con un tonfo
assordante.
“Bells!” Si mise composto, si ripulì da tutti i
pop corn che aveva addosso e passò la ciotola
ad Alice, che gli lanciò un’occhiataccia.
“Jake… tutto a posto?” Chiesi sottovoce, mentre
Edward passava accanto a me, sfiorandomi una spalla e soffocando una risata.
Dio!
Quel ragazzo non poteva fare così!
“Ss- sì. Tutto a posto, Bells.”
Annuii,
alzando gli occhi al cielo.
Se
io non sapevo mentire, Jacob non era da meno.
Mi
sedetti accanto a lui, portando le ginocchia al petto.
“Allora”,
iniziai, schiarendomi la voce. “Cosa stavate facendo?”
Jacob
sorrise. “Niente di che. Prima che Edward venisse travolto dal folletto.”
La
mia amica prese alcuni pop corn, tirandone una
manciata a Jake e centrandolo in pieno viso.
Lui
si ripulì quasi di corsa, imprecando sotto voce verso Alice.
Lo
guardai di sottecchi; cosa diamine gli era successo?
Quello
non era il mio Jake.
Era
troppo attento all’apparenza… come se dovesse far colpo su
qualcuno.
Forse
Alice? Nah, impossibile.
Poi
sapeva benissimo che lei era fidanzata con Jasper da due anni.
“Jake, sei sicuro di star bene?”
Mi
guardò, sbuffando e diventando rosso.
Rosso
attuato molto dal colore della sua carnagione.
“Sì,
certo.”
Diamine,
era imbarazzato!
“Sì, certo. Negli ultimi due
minuti l’avrai ripetuto quattro volte.”
Per poco mi ero dimenticata che c’era anche Edward in quella stanza.
Sorrisi,
quando derise Jacob. Allora non ero l’unica che si era resa conto del suo
strano comportamento.
“Stai
zitto, tu.”
Mi
piacevano da morire i loro punzecchiamenti.
Era
come rivedere me, Angela ed Alice quando stavamo insieme.
Jacob
si risedette accanto a me, continuando a guardare la partita.
Io
mi grattai la testa, un po’ annoiata.
Odiavo
le partite di Basket. O di qualsiasi altro sport esistesse sul pianeta.
Lo
sport, non faceva per me.
E
quando l’ennesimo tuono si abbatté sulla Riserva, quasi non
scattai sul posto, andando a finire su Jake.
“Non
è possibile, Bells. Ancora
hai paura dei temporali?”
“Sì. E’ una specie di fobia.” Inutile dire
che io non avevo aperto bocca, ma l’aveva fatto Alice al posto mio.
Abbassai
la testa, imbarazzata. Certo, loro dovevano mettermi in imbarazzo proprio
davanti a Edward.
Jake
non lo faceva a posta, ma Alice poteva risparmiarsela.
Mugugnai
qualcosa di incomprensibile, abbassando la testa.
Non
ebbi il coraggio di voltarmi. Ero troppo imbarazzata. Finché un altro
tuono riecheggiò fra le mura, facendo tremare anche i vetri delle
finestre.
“Oh,
Dio.” Sospirai, digrignando i denti.
Quando
c’erano i temporali mi rifugiavo sotto le coperte, mordendo i cuscini.
Okay,
sembrerà anche stupido, ma funzionava sempre.
Due
braccia forti si ancorarono sotto le mie, tirandomi su di peso.
“Jake… cosa?” Quando realizzai
quello che stava per fare, dalla mia bocca uscì un urlo di
disapprovazione. “No! Jacob Black, no! Il solletico no!”
Iniziò
a torturarmi, passando da sotto le ascelle al collo.
Io
mi dimenavo, mentre Alice se la rideva di gusto a guardarmi soffrire.
Poi
mi tolse le scarpe. E quando arrivò sotto i piedi la mascella
iniziò a farmi male per quanto ridevo.
“J-j-j” Ottimo, non riuscivo
nemmeno ad articolare una sola parola. “Jake,
basta!”
Finché
la mia testa non sbatté violentemente su qualcosa di duro e profumato.
Cazzo, cazzo e cazzo.
Dalla
mia postazione lontana venti centimetri da Edward Cullen
ora ero finita con la testa sul suo petto.
Rossa
dall’imbarazzo mi alzai, e con il fiatone mi spostai di qualche
centimetro.
Bene,
ennesima figura di merda.
“Basta.
Non lo fare mai più.”
Jacob
sorrise, porgendomi le mie Nike bianche che infilai con un po’ di fatica.
La
pancia ancora faceva male per quanto avevo riso.
“Bella?”
“Mmh?”
“Possiamo
parlare?”
Alzai
lo sguardo, incontrando gli occhi neri e seri di Jake.
“Certo.”
“In
camera mia?”
Guardai
prima Alice, che alzò le spalle e poi Edward, che invece guardava il
televisore fisso davanti a sé.
Mi
alzai riavviandomi i capelli con una mano, e poi seguii Jake
fino alla sua camera, che ormai conoscevo a memoria.
“Dimmi.”
Si sedette sul letto, prendendosi la testa fra le mani.
“Bells, io sono amico tuo.”
“Jake, così mi preoccupi. Cosa
succede?”
“I-io. Diamine, è così
imbarazzante!” Si alzò di scatto, tirando un calcio alle coperte
che scendevano dal letto.
“Di
cosa stai parlando?” Stavo per posargli una mano sulla spalla, quando si
voltò di scatto.
“Io non so cosa fare. E’ che… Bells,
io e te siamo cresciuti insieme e tu… Cristo Santo!” Si voltò
nuovamente, facendo un giro su sé stesso.
No,
no e no.
“J-jak-”
“Bells, tu mi piaci. E’ da un po’ di giorni che
questa storia va avanti. Ma non pensavo fosse così difficile dirtelo. So
che anche tu provi qualcosa per me. L’ho visto dal modo in cui mi guardi,
da com-”
“Jacob!”
“Che
c’è?” Sembrava caduto da chissà dove.
Lo
sguardo perso nel vuoto. Come se lo avessi risvegliato da una specie di trans.
“Jake, ora parliamo. Siediti.”
Prese posto sul letto, proprio dov’era prima.
“Jake. Tu… ecco, tu sei un mio amico. Potrei
considerarti anche il mio migliore amico ma… io non provo niente nei tuoi
confronti. Sei… sei come il fratello che non ho mai avuto, i-”
“Chi è?”
“Cosa?”
“Bells, ti conosco da troppo tempo. E se non ci fosse
un’altra persona tra noi due, ora mi avresti detto Sì.”
“Jake i-”
“Chi
è?”
“Non
lo conosci.” Mi arresi, evitando di recargli un altro dispiacere, forse
più grande di quello già ricevuto. “Non lo conosci.”
Continuai, prendendo un bel respiro. “E’ un amico di Alice.
E’… ecco, è stato come un colpo di fulmine.”
“Tu
li odi, i fulmini. E i temporali. Lui le sa queste
cose? Conosce qualcosa su di te?”
Da oggi sì, avrei voluto rispondere.
Ma
stetti in silenzio, osservando il mio amico con lo sguardo perso nel vuoto.
Stavo
per accarezzargli una guancia, quando si scostò.
“Lasciami
solo.”
“Jake.” Sussurrai, perdendomi in quelle
pozze neri.
“Lasciami
solo.”
“Jake.” Mi alzai, mettendo una mano sulla maniglia.
“Jake… mi dispiace.” Dissi
infine, uscendo dalla sua camera.
“Cosa
voleva tutto muscoli e niente cervello?” Domandò Alice, quando
scesi al piano inferiore.
La
scena era proprio come l’avevo lasciata.
Solo
che stavolta anche Edward guardava me, come in attesa di un verdetto.
“Niente. Niente. Io… io vado
a fare una passeggiata.” Mi diressi verso la porta, senza nemmeno
prendere il mio giubbotto.
“Bella! Ma piove a dirotto.” Urlò Alice, prima che uscissi da
quella casa, andando incontro a un temporale mai visto a
L’unico
rumore che riuscivo a sentire era quello dei miei passi, che calpestavo
soltanto acqua e fango.
Ero
a pochi kilometri da casa Black, e camminavo a testa
bassa lasciando che la pioggia mi bagnasse da testa a piedi.
Pensavo
a quello che mi aveva detto Jake.
Era
così sicuro che gli avessi detto di sì, se fossi stata innamorata
di Edward?
Perché
sì, ero innamorata da Edward.
Da
troppo tempo.
E
se mi fossi fidanzata davvero con Jake? Avrei smesso
di avere questa ossessione per Edward?
Sospirai
pesantemente, mentre sentii un rombo assordante provenire da dietro le mie
spalle.
Finché
una macchina si fermò vicino a me.
Quello
era il mio pick up! E l’unica cosa di cui non
avevo bisogno in quel momento era del terzo grado di Alice.
Peccato
che quando il finestrino si abbassò vidi un’altra persona.
“Isabella.”
Gli
occhi si sbarrarono. “Edward?!”
“Sali. Ti porto a casa?”
“Cosa?”
“Andiamo.”
Con un cenno della testa mi indicò l’interno del pick up.
“No.”
Riabbassai
la testa continuando a camminare.
Con
uno scatto secco sentii la porta del pick up aprirsi,
e poi richiudersi.
“Tieni.”
Edward
si parò davanti a me, porgendomi le chiavi della mia macchina.
“Se
non vuoi venire… beh, di certo io non posso andarmene con la tua
macchina.”
“Oh.”
Cielo,
come ero patetica?
Era
lì, zuppo anche lui con i capelli appiccicati alla fronte.
Oh,
Dio.
Presi
le chiavi, alzando un sopracciglio.
“Come
andrai a casa?”
“Beh…
chiederò un passaggio a Jacob.”
“Alice?”
“Oh,
dopo la minaccia di stamattina non mi accompagnerà più da nessuna
parte.” Borbottò fra sé, scostandosi qualche ciocca dalla
fronte.
Quanto
avrei voluto farlo io. Dio, ero proprio pessima.
“Andiamo,
ti porto io.” Dissi in tono autoritario, voltandomi e dirigendomi verso
la mia auto.
Lui
mi seguì poco dopo, prendendo posto vicino a me.
“Senti,
posso chiedere a Jake.”
“No, non lo disturbare. Certo, non sono di strada ma non fa nulla.”
Ovvio,
l’avrei accompagnato anche dall’altra parte del continente se me
l’avesse chiesto.
Partii
dopo qualche protesta del pick up, uscendo finalmente
da
Cercai
di portarmi i capelli da una parte, cercando di non farli gocciolare.
“Sei
da strizzare, Isabella.”
Sorrisi,
scuotendo la testa.
“E
tu non se da meno.” Ammiccai nella sua direzione.
Cosa
diamine mi stava succedendo? Dio, quello era Edward Cullen!
Entrai
a Forks, e superai anche il vialetto di casa mia.
Fortuna
che casa Cullen distava di una decina di minuti dalla
mia.
“Allora,
cos’è ‘sta storia che Alice ti ha minacciato.”
Lui
sbuffò, issando il suo sguardo fuori dal finestrino.
“La mia Volvo è a Seattle, da un
meccanico. Alice tutte le mattine
deve accompagnarmi a scuola alla Riserva, per poi tornare qui nella sua.
Stamattina l’ho convinta a prestarmi la sua macchina.”
“Ti
ho visto, stamattina.” Constatai l’ovvio, diventando rossa come un
peperone.
“Esatto. L’ho accompagnata, e poi sono andato a scuola. Le avevo
promesso di tornare a prenderla alle tre, ma me ne sono dimenticato.”
“Sì,
me ne sono resa conto. Si è praticamente
scagliata contro di me, minacciandomi di accompagnarla a
Cazzo!
“Se
no?” Mi incitò Edward, posando la sua attenzione su di me.
Se no ti avrebbe rivelato la mia
cotta colossale.
“No,
niente.” Biascicai, concentrandomi ancora meglio sulla strada.
Svoltai
a destra, trovandomi davanti all’immensa casa della famiglia Cullen.
Stupenda.
L’avevo
sempre fatto notare ad Esme, che aveva arredato
quella casa magnifica.
“Beh,
grazie Isabella.”
Sorrisi
cordialmente, mentre apriva lo sportello dell’auto.
“Ah,
Edward?”
“Si?”
Si voltò di nuovo, fulminandomi con quegli occhi verdi.
“Puoi
chiamarmi Bella.”
Una
cosa più idiota non potevo dirla.
“No. Mi piace, Isabella.” Calcò particolarmente sul mio
nome, facendomi girare vorticosamente la testa.
Distolsi
lo sguardo, aspettando che uscisse dalla mia auto.
Poi,
abbassai il finestrino.
“Edward?”
“Mh?” Era lì, in piedi sotto la pioggia ad
aspettare che dicessi qualcosa.
“Domani,
alle otto fatti trovare pronto.”
“Cosa?”
Quasi non urlò, sbarrando gli occhi.
“Hey, mica vuoi che ti lasci andare a piedi fino a
Rise
di gusto, questa volta voltandosi davvero fino ad arrivare alla porta di casa.
Con
un sospiro ingranai la marcia, diretta a casa.