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Autore: Hi Ban    26/04/2011    4 recensioni
“Non lo so.” Dissi con voce afona, schiarendola subito dopo, quasi per riflesso.
“Non lo sai? Eppure sei a casa sua.” Disse con voce allegra Deidara, tirando fuori la mano che aveva messo in quel borsellino in cui teneva l’argilla.
Le possibili risposte:
‘Non abito veramente qui, faccio finta.’
‘L’ho cacciato un mese fa fuori di casa perché non si toglieva le scarpe prima di entrare.’
‘L’ho ucciso e messo in una sacca da bowling perché non voleva farmi tenere un famigerato cervo.’
‘Era troppo bello allora l’ho rinchiuso in cantina per non rimanere abbagliata dalla sua bellezza.’
‘Itachi Uchiha sono io.’
‘Prima di mettere le mani su di lui dovrete passare sul mio cadavere!’
Oppure...
‘Dovrebbe rincasare per cena, potete aspettarlo in soggiorno.’

[Storia sospesa]
Genere: Avventura, Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akatsuki, Itachi, Nuovo Personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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Capitolo 22



“Questo combattimento non ha proprio nulla di artistico! Non sarebbe meglio risolvere tutto con una bella esplosione?!” Il tono era a dir poco euforico.
Sembrava completamente impazzito.
Accadde tutto nuovamente troppo in fretta, ma non sarei riuscita a muovere un solo passo anche se mi avessero dato tutto il tempo del mondo. Quando avevo collegato quella sua frase a quelle che erano le sue intenzioni avevo spalancato gli occhi, spaventata come non mai.
Voleva farci saltare tutti in aria.
Poi lo vidi, quel ghigno esaltato e insano in volto, intento a lanciare una delle sue ‘creazioni’ in quel poco di spazio che vi era tra me e Itachi e Kisame.
Quella era la volta buona che ci lasciavo le penne.


Non mi stancherò mai di farmi presente che io non ho mai il pieno controllo su me stessa: quel che dico, tre volte su due, si rivela sbagliato, completamente errato, neanche un misero fondo di verità. La cosa non può che lasciarmi indignata ogni volta che ci penso, ma, a volte, come in quel caso, sbagliarmi non poteva che farmi comodo.
Ero stata più che certa che, chiudendo gli occhi, non li arei più riaperti. Mi ero sbagliata, ma potevo forse lamentarmi? Cielo, no! Ero viva, mi bastava. Non era nei miei particolari desideri morire prima tempo, né tantomeno farlo in una maniera così dolorosa e poco quieta. Saltare in aria per mano di un bombarolo pazzo, con l'unica colpa di essere stata catapultata in un mondo senza avere voce in capitolo non era nemmeno lontanamente pensabile. Morendo lì, poi, cosa ne sarebbe stato di me? Avrebbero rispedito il mio cadavere a casa, magari con un bigliettino allegato che faceva presente ai miei cari che, facendo schifo come ninja, non valeva la pena nemmeno che stessi sulla faccia della Terra?
Fortunatamente per me, il come sarebbe stato morire lì, con varie ed eventuali conseguenze, non era il problema principale, dal momeno che quando riaprii gli occhi mi ritrovai schiacciata contro quello che doveva essere il petto di Itachi. Il tutto passò in secondo piano in favore di svariate domande sulla situazione, che a quanto pareva era lungi dall'essere quella che mi ero prospettata.
Non avevo idea di cosa stesse succedendo attorno a me, la mia visuale confinata al tessuto scuro della maglia di Itachi. Mi resi conto di trovarmi completamente in braccio a lui, ma non mi ero minimamente resa conto di quando fosse avvenuto un cambiamento del genere.
Era avvenuto tutto in un attimo, ma non riuscivo a capacitarmi come.
Quando mi aveva preso in braccio? E come aveva fatto a farci spostare contemporaneamente? Ok, era un ninja, ma la situazione, fino a che l'avevo avuta sotto controllo io, era in rotta verso una fine piuttosto dolorosa. Forse se lo era immaginato, ma aveva visto chiaramente Deidara lanciare quell'ammasso informe di argilla che, a quanto potevo immaginare, aveva la portata distruttiva di distruggere l'intera casa.
Pensandoci, però, non avevo sentito nemmeno l'esplosione. O, perlomeno, ora che facevo mente locale, avevo sentito una sottospecie di esplosione, ma era stato come se fosse stata... risucchiata? Era l'unica immagine possibile che mi veniva in mente, ripendando a ciò che avevo sentito. In quel momento, non sentivo nulla intorno a me, però. Nulla di ciò che percepivo mi faceva presagire che ci fossero due nukenin lì vicino né tantomeno che tutto intorno a me fosse distrutto. C'era solo puzza di bruciato. In fondo, però, da quella posizione non potevo vedere nulla, perciò poteva mancare anche metà tetto e i tre quarti delle pareti.
“Itachi...” Sentii appena la voce di Kisame, una specie di ringhio che mi giunse ovattato alle orecchie. Mi appariva estremamente distante, ma forse non lo era.
Cos'era successo?
Dovevo capire cosa stava succedendo.
Ad un tratto mi sentii scivolare giù, ma non toccai terra, rimasi contro il torace di Itachi.
Probabilmente si era inginocchiato per terra e, solo in quel momento, come se fossi appena uscita da una sorta di senso di frastornamento, mi resi conto che aveva il respiro pesante. Il suo petto si alzava e si abbassava con un ritmo decisamente accellerato.
Da rannicchiata com'era tra le braccia di Itachi, tentati di alzare un po' lo sguardo, almeno per poter incrociare il suo, per scoprire quanto la situazione potesse essere grave.
I suoi occhi erano fissi su un punto davanti a lui, probabilmente Kisame, o Deidara, che però non avevo ancora sentito intervenire con una delle sue battutine mordaci e strafottenti.
I segni sotto agli occhi sembravano quanto più marcati e il volto, per quanto tentasse di mantenere un contegno dignitoso e tipico della sua persona, era chiaramente sfiancato e affaticato.
Cos'era successo? Cosa aveva fatto per ridursi in quello stato?
“Itachi...” Esordii, la voce bassa e poco udibile. Lui, però, mi aveva sentito, anche se non mi rispose. Strinse un po' la presa su di me, un gesto che voleva forse placare per il momento la mia curiosità e la mia preoccupazione. Quello, evidentemente, non era il momento per fare domande.
“Si può sapere che diavolo di tecnica hai usato? Dov'è finito Deidara?” La voce un po' ansante di Kisame giunse nuovamente alle mie orecchie, questa volta meno distante.
In che senso dov'era finito Deidara? Non era più lì?
Probabilmente Itachi doveva averlo rinchiuso in una sua illusione, ma ancora non riuscivo a capire come avesse fatto a fare tutto in qul breve lasso di tempo.
E poi, non poteva essere una semplice illusione quella in cui Deidara era sparito: Kisame era il suo compagno all'Akatsuki, e si presuponeva conoscesse tutte le tecniche di Itachi, o perlomeno quelle più importanti e di cui faceva maggiore uso.
Lui, però, si era dimostrato non a conoscenza di quella usata da Itachi.
Probabilmente, mettendo insieme un po' dei pezzi della faccenda, Itachi doveva aver rinchiuso Deidara e la sua esplosione in un'illusione. Perché allora Kisame si dimostrava tanto sorpreso da quella tecnica?
“Deidara è morto, non c'è altro da dire.” Disse pacatamente Itachi, come se la cosa non lo toccasse minimamente.
Il tono che usò mi fece attraversare la schiena da un brivido: Itachi era un nukenin, questo lo sapevo, così come sapevo che lui uccideva. Non si faceva scrupoli, ne aveva dato la prova svariate e svariate volta, anche con l'assassinio della sua intera famiglia. Per lui contava il fine, raggiungerlo poteva comportare delle perdite, ma non era importante. Fino a quel momento non aeva dato molto peso a quel lato della faccenda: io ero al corrente di ciò che aveva fatto e faceva Itachi, ma, forse perché mi appariva solo come una distante realtà, non vi avevo dato il giusto peso.
Ora che aveva ucciso Deidara – non sapevo né come né tantomeno quando, però era quel che aveva detto e non era difficile da credere – tutto mi appariva più reale. Non potei trattenere quel brivido, che era di cosa? Di paura? No, probabilmente era solo la consapevolezza che mi si presentava davanti senza preavviso, tanto da lasciarmi piuttosto scossa.
“Beh, allora vorrà dire che sarete in due a crepare sotto questo tetto!” Ringhiò l'Hoshigaki e da quel che potei capire dallo slancio della sua voce, si era anche scagliato contro di noi.
Chiusi istintivamente gli occhi, ma percepii solo un lieve spostamente: Itachi si era portato fuori dalla traiettoria del ninja.
Come sarebbe andata a finire quella storia? Me lo chiesi distrattamente, mentre sentii nuovamente Itachi compiere uno spostamento, seguito poi da altri e altri ancora. Il tutto continuando a tenermi in braccio e probabilmente gli ero anche di peso. In una situazione del genere, però, non sarei di certo stata io a chiedergli di mettermi giù, visto e considerato che avrebbe fatto il doppio della fatica dovendomi proteggere dagli attacchi di Kisame non avendomi a 'portata di mano'.
Per quanto sarebbe andata così? Non si poteva continuare con quella sottospecie di combattimento inesistente. Continuare a schivare gli attacchi di Kisame era facilitato dall'impossibilità di quest'ultimo di muoversi con facilità all'interno dello stretto spazio, ma non sarebbe continuato all'infinito in nessun caso. Prima o poi qualcuno doveva morire. O Kisame uccideva Itachi – e perciò me – o l'Uchiha faceva fuori il nukenin.
Le imprecazioni e le parole beffarde e irate di Kisame continuavano imperterrite a riempire il silenzio dell'abitazione.
Effettivamente, fino a quel momento, sotto il tetto di quella casa che secondo burocratiche concessioni, doveva ospitare una sola inquilina – massimo due all'evenienza – il rumore prodotto non era esattamente indiscreto. Forse non aveva la portata di un'epica guerra, ma da fuori sicuramente non si sentivano rumori imputabili alla presenza di una sola persona all'interno.
Ad un tratto, infatti, menre Kisame si lanciava con la sua Samehada per l'ennesimo attacco che Itachi avrebbe saggiamente evitato, qualcosa cambiò. L'Hoshigaki si bloccò di colpo e si mise come in ascolto.
L'Uchiha si irrigidì.
“Merda.” Inveì irato Kisame, mentre si voltava verso Itachi.
Lui non disse nulla, limitandosi poi a fare un'affermazione che mi lasciò spiazzata, ma ebbe la stessa reazione anche il nukenin.
“Scappa. Fra poco saranno qui.”
Gli aveva detto di scappare? Fino ad un attimo prima non stavano combattendo? Mi resi conto solo alla luce di quell'affermazione che nessuno dei due stava realmente combattendo. Kisame non stava sferrando veri attacchi, perché se avesse voluto avrebbe colpito Itachi e l'Uchiha, dal canto suo, invece di limitarsi a schivare, avrebbe potuto attaccarlo, uccidendolo senza ripensamenti.
Era evidente che il legame tra i due era piuttosto singolare e io non ne avevo compreso nemmeno la metà. C'era rispetto reciproco, quello lo avevo inteso, ma anche qualcosa che andava oltre a quello, una forma sottintesa forse di... affetto? Chiamarla così forse era un po' eccessivo, la faceva sembrare qualcosa di morbosamente sentimentale, ma era una cosa del genere.
Nessuno avrebbe ucciso nessuno alla fine di quella faccenda.
Kisame prima rivolse uno sguardo interrogativo all'Uchiha, ma poi fece come gli era stato detto, infatti scomparve in una nuvoletta di fumo.
Mentre lo vidi sparire, feci caso al resto della frase di Itachi.
“Chi sarà qui fra poco?” Chiesi con voce involontariamente stridula.
Possibile che finisse una situazione orribile e fosse destinata ad iniziarne una forse peggiore?
Chi diavolo stava arrivando? Era pericolosa la situazione, più di prima?
Non era che prima mi facevano andare in bagno? Col susseguirsi di tutti quegli eventi non avevo tenuto conto delle esigenze omeostatiche.
“Anbu.” Asserì lapidario, mentre mi allontanava da sé, poggiandomi infine per terra. Il contatto con il pavimento, abituata com'ero a stare in braccio a lui, mi apparve quantomeno strano.
Anbu. Ah, beh, grazie, se erano solo Anbu qual era il problema? Nessuno! Suvvia, lui era solo un ricercato ninja traditore e in quella casa, fino a dieci secondi fa, c'erano altri due ninja traditori.
Mal che sarebbe andata, si sarebbe sparsa per il Villaggio la voce che davo illegalmente festini in casa altrui, invitando gente di indubbia pericolosità.
“Come Anbu? Come fai a saperlo?” Chiese allarmata, mentre lui evocò un rotolo.
Cosa ci doveva fare ora con quello? Io non ci stavo seriamente capendo più niente e la cosa non mi andava particolarmente a genio.
Fino a cinque minuti prima rischiavo di morire perché dei ninja dell'Akatsuki, alla ricerca di Itachi avevano trovato me e ora stavano arrivando Anbu Dio solo sa da dove e perché.
“Percepisco il loro chakra. Alcuni sono appostati qui intorno nel raggio di cinquanta metri in attesa di ordini.” Disse con il solito tono monocorde. Era come se mi avesse appena anunciato che in bagno era finita la carta igienica, l'enfasi era la stessa. Forse solo la mia reazione sarebbe stata meno allarmata.
“Non possono vedere all'interno della casa, comunque. C'è un jutsu che impedisce di vedere cosa sta accadendo all'interno, ma non ci vorrà molto prima che se ne accorgano.”
Saperlo non mi rendeva meno preoccupata, sia chiaro.
“E adesso cosa succederà?”
Era quello che mi premeva sapere maggioremente. L'immediato veniva prima in quel momento.
“Io me ne vado.” Rispose. Spalancai gli occhi stranita quando lo vidi mordersi un dito, aprendosi un piccolo taglio e scrivendo qualcosa con il sangue su quel rotolo. Mi ricordava molto la tecica di evocazione, ma forse quel che stava facendo era un po' diverso. In seguito, evocò un secondo rotolo, che aprì e sovrappose al secondo.
Non avevo idea di cosa dovesse farci con quelli, ma evidentemente era qualcosa di importante, altrimenti non l'avrebbe fatta in un momento del genere. Decisi di non fare domande, poi mi avrebbe spiegato lui.
“Che vuol dire che te ne vai? Mi molli qui da sola con quelli? Cosa faccio quando arrivano? Li invito a prendere un tè?” Chiesi sbalordita, riprendendo la sua risposta precedente.
Oh, certo, lui se ne andava e io restavo lì; loro entravano, mi chiedevano cosa diavolo era successo per ridurre la casa in quello stato e io da brava ninja che sa mentire, avrei risposto che stavo lavando il pavimento con dell'esplosivo, certo.
Poi quelle pareti mi sembravano troppo tristi e anonime, perciò ho saggiamente deciso d buttarle giù, per dare alla casa un tocco di vintage. Come ho fatto tutto questo? Guardando i muri e con la forza del pensiero sono caduti, ecco.
In caso non avessero deciso di mettermi in prigione per uso errato di esplosivi – lo sanno tutti che con l'esplosivo si lavano i vetri! –, mi avrebbero rinchiuso in un centro psichiatrico. Non ero sicura che a Konoha ce ne fossero, ma in quel villaggio doveva per forza esserci una struttura per gli insani mentali, perché lì ce n'erano davvero tanti. Tantissimi. Troppi. A partire da Tsunade, che avrebbe richiesto probabilmente, solo lei, un intero reparto in cui essere cofinata a vita.
“Puoi provare a difenderti con un kunai, ma la tua mira rischierebbe di farti accecare da sola.”
“Mi sta prendendo per il culo?” Ribattei non proprio a bassa voce.
Come osava? La mia mira era migliorata davvero!
Più o meno.
Un pochino.
Quel tanto che bastava per non accecarmi da sola, ecco.
“No, elogio solo le tue inesistenti abilità di attacco.” Commentò senza spostare la sua attenzione dal rotolo. Lo vidi alzare un po' la testa, probabilmente percependo maggiormente il chakra degli Anbu.
“Cosa stanno aspettando?” Mormorò più a se stesso Itachi, prima di eseguire dei sigilli con le mani. Ipotizzai che stesse facendo la tecnica che era riportata su quel rotolo che aveva evocato prima, ma non avevo idea di che tecnica potesse essere.
Mormorò qualcosa, ma non successe nulla. Perlomeno non accadde nulla che io potessi vedere.
Notando il mio sguardo interrogativo, si decise a spiegarmi cosa aveva appena fatto. Fece cenno ai rotoli e solo allora mi resi conto che quello su cui aveva scritto non era più presente.
Come aveva fatto?
“Ho informato Tsunade di quel che è successo.” Telegrafico come al solito, riarrotolò la pergamena e la fece scomparire.
Evidentemente non ero destinata a saperlo.
Stancamente, poi, si passò una mano tra i capelli, guardando un punto indefinito alle mie spalle. Un lampo – forse di consapevolezza – attraverso i suoi occhi, che puntò nuovamente su di me.
Sembrava meno affaticato di prima, ma lo era comunque.
Chissà che tecnica aveva usato per far scomparire – morire suona male persino solo a pensarlo – Deidara.
“Ora io me ne vado. La versione che darai dei fatti quando arriveranno gli Anbu sarà che per sbaglio ti è esplosa una cartabomba che ha creato tutto questo disastro.”
Mi aveva appena fornito la spiegazione da dare agli Anbu, a cui io, tra l'altro, non avevo minimamente pensato. Non sarei mai stata così avventata e stupida da tentare di propinare a dei ninja addestrati la menzogna dell'aver lavato i pavimenti con l'esplosivo. Non subito perlomeno. Quello infatti costituiva il mio piano migliore, altri, oltre a non averne, probabilmente sarebbero stati cento volte peggiori di quello.
Evidentemente, lui, più di me, teneva a mente la mia scarsa abilità nel mentire, perciò si era prodigato per trovare una scusante più credibile. Meno male che pensava lui a quelle cose, o a quella giornata già eterna – ma non finiva più? – si sarebbe aggiunta l'ennesima disgrazia a cui far fronte.
“Ok. Ma tu dove andrai?” Chiesi sinceramente curiosa.
Ciò che era successo quel pomeriggio non era stato esattamente comprensibile per me, volevo un po' di chiarimenti, magari anche delle rassicurazioni – avere la consapevolezza che non si sarebbero presentati più alla porta dei membri dell'Akatsuki mi avrebbe aiutato a dormire meglio la notte, sì – e poi, in verità, mi dispiaceva vederlo sparire così, senza sapere quando l'avrei rivisto.
Lui mi lanciò un breve sguardo indecifrabile – probabilmente si stava chiedendo perché non mi facessi gli affari miei –, dopodiché rispose: “Non lo so ancora, sicuramente abbastanza lontano da qui. Non dovrei star via per molto.” Aggiunse, quasi mi avesse letto nel pensiero.
Avevo una faccia così leggibile? La mia faccia da cagnolino bastonato doveva avergli fatto pena, anche perché lo aveva capito da solo che mi ero affezionata a lui e per compassione mi aveva dato quella rassicurazione. Magari non era vero, forse non sapeva quando sarebbe tornato, ma andava bene anche così.
“Sii credibile.” Mi reguardì subito dopo, conscio che ero proprio negata nel mentire.
Beh, se voleva io me ne andavo e lui faceva la mia parte. Certo, lui con lo Sharingan e varie tecniche di tortura conosciute ci sarebbe riuscito sicuramente molto meglio a convincerli.
Io forse sarei riuscita a convincerli solo che ero completamente stupida e che la mia insanità mentale non aveva ancora raggiunto i livelli massimi, ma rappresentava già un pericolo per l'umanità.
Ok, ce la potevo fare in fondo. Dovevo solo dire che per sbaglio mi era esplosa una cartabomba. Sbadata e rincretinita come sono, nessuno avrebbe avuto da ridire, se non per affermare che era più che credibile.
Una cartabomba. Esplosa.
No, un attimo.
“Itachi! Ma se qui è esplosa una cartabomba non dovrebbero esserci i segni di un'esplos–” Come non detto.
Mentre parlavo, Itachi aveva tirato fuori una cartabomba dalla tasca.
Voleva fare tutto proprio nei minimi particolari. Lui di certo era più che credibile.
Balzai letteralmente indietro e, allarmata, tentai di fermarlo.
“Ehi, no, aspet–”
“Fossi in te mi allontanerei.”
Lo vidi attaccare la cartabomba e farmi un cenno di saluto, poco prima di scomparire dalla mia vista.
Ma mi voleva forse uccidere?! Fino a quel momento mi aveva salvata e ora mi piazzava quasi sotto il naso una cartabomba? Era per caso impazzito?



Se non era morta quel giorno, probabilmente ero immortale.
In poche ore aveva rischiato così tante volte di restarci secca che sembrava quasi surreale pensarci; dal semplice inciampare nei miei piedi quella mattina – quanto tempo fa era stato? Sembrava tantissimo tempo fa – al rischiare di restare coinvolta in un'esplosione, tecnicamente imbastita per far sembrare credibile la scusante per coprire uno scontro tra nukenin.
E poi tutti si lamentavano della mia insanità mentale. Tutto quel che mi stava succedendo ultimamente – da quando mi trovavo lì, meglio specificare – mi mandava in panne il cervello, visto che non riuscivo a capirne nemmeno la metà.
Persino il susseguirsi degli eventi diveniva complicato da metabolizzare per me!
Ora che mi trovavo comodamente seduta su una delle sedie nell'ufficio dell'Hokage, riflettere mi riusciva un po' meglio, ma erano successe così tante altre cose che più che ventiquattro ore, quel giorno sembrava essere durato 8.765,81277 ore.
Andando nuovamente con ordine, ciò che era successo dopo che Itachi aveva improvvisato lo scenario adatto, con tanto di sonoro boom, era da classificarsi come una commedia di serie C che non fa ridere. O perlomeno, fa tanto piangere che per non cadere vittima della disperazione, ridi da solo, fino poi a piangere comunque.
Gli Anbu, come previsto da Itachi, erano venuti a controllare. Non c'era bisogno di chiedersi perché degli Anbu si fossero presentati a Villa Uchiha, non tanto per quel che era successo, quanto più perché era da quando ci avevo messo piede per la prima volta che si erano accampati lì fuori, per tenerla sotto controllo.
Non volevano tenere sotto controllo me, per carità. Ero sì un soggetto ignoto, piuttosto ambiguo che arriva da non si sa bene dove e va a vivere nella casa di una famiglia appartenuta ad un Clan praticamente estinto se non fosse per due membri, entrambi traditori, guarda caso proprietari della casa, ma non controllavano me. Non me direttamente, perlomeno.
Sospettavano che uno dei due fratelli traditori – o entrambi – avessero a che fare con me. Solo perché vivevo in casa loro. Decretata come un soggetto inutile, non avendo comunque prove su di me, speravano che tenendo sotto controllo la casa potessero scovare i traditori. O più o meno la storia doveva essere questa, dettaglio più, dettaglio meno. Forse mancava qualche passaggio che la rendeva comprensibile, ma io evidentemente non lo ricordavo.
Tutto questo me lo aveva raccontatto Tsunade una sera, non ricordo quando, ma quella volta non recepii completamente il messaggio mezza addormentata com'ero e perciò quella era la versione che conoscevo io.
Non mi ero poi prodigata per chiederle un resoconto più comprensibile, anche perché dal mio punto di vista l'importante era sapere che gli Anbu tenevano sotto controllo la casa, il perché non era poi tanto importante.
Tornando ai fantomatici Anbu che, casualmente, si erano presentati a casa mia – ok, non mia mia, ma più o meno eravamo lì –, non c'è molto da dire.
Quando hanno sentito l'esplosione, si sono fiondati dentro – non ho ben compreso da dove sono entrati, ma non mi è parso il caso di chiedere informazioni dettagliate – come api al miele o come mosche ad una carcassa, a voi il paragone più azzeccato.
Io me ne stavo ferma ed immobile totalmente all'altro capo della casa rispetto a dove era esplosa la cartabomba, non ancora ben consapevole di come ci ero arrivata in tempo prima che esplodesse.
Sentii i ninja giungere nel luogo in cui era esplosa e meditai attentamente di restarmene in quel lato della casa, senza andare là. Poi mi resi conto che se non avessi fatto la mia parte, spiegando come era successo quel disastro, sarei stata poco credibile e la prossima volta che avrei visto Itachi sarebbe stata quella della mia morte.
Si era anche sprecato a far andare una cartabomba del suo personale arsenale, come potevo sprecare così un sacrificio dell'Uchiha? Certo, lui in compenso stava per sacrificare me, ma vogliamo mettere a confronto un'inutile vita umana – di una mezza ninja inetta per di più – con una regale cartabomba Uchiha? Forse era anche quella che gli avevano regalato per il suo secondo compleanno – al primo suppongo gli avessero regalato una katana e al terzo una Wakizashi – perciò era proprio un sacrificio che non poteva essere fatto invano.
Fatto stava che, buoni propositi o motivazioni estrinseche che fossero le mie, non feci in tempo a fare più di due passi che mi apparve mezza squadra di Anbu davanti, bloccandomi il passaggio.
E ora? Dovevo davvero offrirgli un tè?
“Ehm... Salve?” Neanche per sbaglio, più che altro per riflesso, feci il grande errore di fare un passo indietro, cosa che mi costò quasi la testa.
Infatti, quei simpaticoni che si credevano tanto fighi solo perché erano muniti di un arsenale non indifferente di armi, mi puntarono tale arsenale alla gola, forse non particolarmente propensi ad un mio qualsivoglia movimento.
“Posso... esser... vi... ahm.. utile per qualcosa?” Chiesi deglutendo, mentre pregavo che uno mi rispondesse 'sì, gradirei un tè', facendo abbassare le armi a tutti.
Anzi, no, come risposta sarebbe stata disastrosa, visto e considerato che le poche volte che avevo bevuto tè in quella casa era stato perché l'aveva preparato Itachi.
Lui se n'era pure andato!
“Abbassate le armi.” Ordinò una voce secca alle loro spalle.
La voce risultò appartenere ad un tale, probabilmente il capo di quello squadrone di Anbu, che si fece largo tra i suoi sottoposti, katane e kunai abbassati, giungendomi di fronte. La maschera non era calata sul viso, ma appoggiata sulla testa.
Il tale, senza nome, era alto almeno due volte quanto me ed era anche abbastanza giovane, forse aveva la stesa età di Kakashi. Era nell'ordinario, per essere precisi: occhi e capelli castani, questi ultimi tagliati corti.
Fine della descrizione.
Mi stava anche simpatico. Aveva anche un'aria piuttosto affabile. In fondo, poi, mi aveva salvato da quel branco di sciacalli che volevano mozzarmi la testa senza neanche sentire la scusante apposta preparata dal mio sensei che evidentemente non era poi molto interessato se ne uscivo viva o morta da lì.
Oh, mio eroe...
“Dicci quel che sai, cos'è successo qui e ogni informazione utile e non ti sarà torto un capello.” Asserì con voce dura e tagliente quello che di certo non era più il 'oh, mio eroe', dal momento che mi aveva piantato la sua katana alla gola, affilata forse anche di più di quella degli altri ninja.
Prima di comprendere che forse la situazione non si era risolta nemmeno un po' e che io ero destinata a morire per decapitazione, non potei che fare un paragone tra quel simpatico capo-Anbu o chi diavolo era con il mio professore di fisica. Entrambi affabili e piuttosto cortesi dall'aspetto, ma nel momento in cui si concedevano il lusso di aprire bcca divenivano esseri disumani e più che meritevoli dell'odio profondo che provavo nei loro confronti.
“Ahm... mi sono persa alla prima domanda, non è che può ripeterle?” Chiesi, mentre ingoiavo a vuoto.
Cosa dovevo sapere esattamente? Che la sua katana era affilata? Non poteva provare la lama tagliando un pezzo di formaggio invece che la mia testa? Ero certa che avrebbe ottenuto lo stesso identico risultato.
“Non sei nella posizione di fare battute.” Mi fece presente, mentre impugnava più saldamente la katana.
Non era che forse stavano esagerando un pochino? Ok, avevo creato un po' di trambusto – ok, non io, ma era meglio immedesimarsi nella parte anche mentalmente parlando – ma non di certo tanto da rischiare la decapitazione per alto tradimento. Loro si aspettavano che gli dicessi qualcosa riguardo ad Itachi o possibili contatti con nukenin vari, ma restava il fatto che non potevano accusarmi in tal modo, anche perché come aveva detto Tsunade non avevano prove che mi collegavano a qualcosa.
Forse, poi, in fin dei conti, era solo destino che fossi uccisa da un Anbu.
“Ma cosa devo sapere esattamente?” Chiesi, tanto per farmi un'idea di ciò che lui voleva dicessi.
Magari alla fine voleva solo gli dicessi dove si trovava il bianconiglio, e non Itachi Uchiha, il ninja che era andato via dieci minuti fa, perciò perché non accontentarlo?
“Tu lo sai cosa voglio sapere.”
Eh. Cos'era, una roba in stile io so che tu sai che io so che tu sai cosa io so che tu sai che io voglio sapere da te perché so che sai?
Poteva andare per le lunghe.
Non ero minimamente intenzionata a rispondere e lui se ne accorse. Probabilmente, mise anche in moto il cervello e comprese da solo che quella sua linea d'attacco non era per nulla proficua, infatti tentò un approccio diverso.
“Inizia col dirmi cosa è successo.” Il tono era duro e scorbutico come sempre, ma apprezzai che avesse deciso di comportarsi con un po' più di tatto.
Magari con lui si poteva pure ragionare.
“Dopodiché, se non mi dirai cosa sai immediatamente, finirai talmente male da rimpiangere giorno e notte di non aver detto tutto quel che sai, da ciò che voglio sapere io ai tuoi più reconditi segreti.”
Ragionare, certo. Tentare di sedersi su un cactus sarebbe risultato più facile e meno doloroso. In quel momento, comunque, la voglia di far sedere lui sopra una di quelle piante piene di spinte era davvero molto allettante.
Poi come osava minacciarmi a quel modo? Dirgli i miei più reconditi segreti! Se voleva potevo dirgli anche cantando una sfilza di insulti per fargli presente la mia ammirazione per lui, ma di certo non avrebbe ottenuto una sola parola da me.
“Fossi in te collaborerei.”
Sì, collaborerò volentieri alla tua evirazione.
“Se vuoi, posso dirti quel che so.” Eordii dopo qualche minuto di silenzio, in cui nessuno si era mosso e lui, il ninja senza nome ma con una faccia da culo, mi aveva osservata in attesa di una risposta.
“Ti ascolto.” Rispose, mentre un lampo gli attraversava gli occhi. Pensava di essere riuscito a persuadermi. Demente.
“Posso dirti che so... di non sapere.” In quel momento Socrate era davvero una fonte da cui trarre spunto. Era decisamente filosofico, uscirmene con quelle frasi ad effetto, molto enfatiche e piene di significato. Lui non parve apprezzare, infatti il suo sguardo divenne di ghiaccio e la distanza tra la katana e il mio collo minima. Forse la mia morte non sarebbe stata poi così filosofica.
Colpa mia che non imparo a stare zitta, evidentemente.
Lasciò anche perdere il voler prima sapere cosa fosse successo, in quanto evidentemente a lui non interessava per davvero. Lui voleva solo informazioni. Ma a cosa gli servivano? Per conto di chi veniva?
“Smettila di sparare stronzate, ragazzina, dimmi quel che sai. Ora.” Il tono perentorio che usò non era per nulla amichevole e forse dovevo davvero iniziare a trovar una scusa che mi liberasse da lui. Sempre se ne esisteva una.
Avrei potuto seguire la linea di pensiero di Itachi, facendo un nuovo uso di cartebomba. Gliene avrei piazzata una sul cactus su cui l'avrei fatto sedere, pregando poi per la defunta anima del povero ed ingiustamente sacrificato cactus.
Peccato che in quel momento ne fossi completamente sprovvista.
“Io non so niente davvero! Però in questi ultimi minuti ho appurato che quando ti irriti troppo, oltre a venirti le rughe attorno agli occhi, allarghi in maniera schifosa le narici. E da quaggiù non è proprio una bella visuale, comprendi?” Dissi con una noncuranza che in quel momento non mi apparteneva.
Cioè, quell'essere mi puntava una katana alla gola, io rischiavo di riuscire a vedere persino la mia testa rotolare sul pavimento se avesse deciso di colpo di decapitarmi, e mi prendevo anche la libertà di sfotterlo? Da dove lo avevo tirato fuori questo coraggio che mi permetteva di non farmela sotto in una situazione del genere? Sfortunatamente, ne era provvista solo a giorni alterni, con la congiunzione astrale di pianeti random, quindi non potevo farci affidamento sempre.
Lui questa volta fremette dalla rabbia e io, da brava idiota quale sono, invece di inginocchiarmi codardamente – ma con la certezza di poter andare in giro con la testa sulle spalle – e chiedere perdono, dissi: “Vedi? Proprio come ora!”
“Non prendermi in giro, ragazzina!” E così dicendo si abbassò alla mia altezza, uno sguardo che mi fece raggelare, mentre, senza nemmeno accorgermene, indietreggiai.
“Dimmi quel che sai.” Scandì nuovamente.
“Non so niente.”
“Ris-pon-di.”
“Non parlerò se non in presenza del mio avvocato.” Lo sbeffeggiai incautamente. In fondo, poi, non ero così avventata, no. Stavo solo colloquiando in maniera palesemente errata con uno che aveva praticamente il destino della mia testa in mano.
Ordinaria amministrazione.
“Tu menti.”
“Perché dovrei?” Lo fronteggiai, conscia che peggio di così non poteva andare. In più, avevo ripreso un po' del coraggio che prima aveva fatto scomparire con la sua sola occhiata.
Mi era ricordata del fatto che prima Itachi aveva avvisato Tsunade della situazione, probabilmente mettendola anche al corrente del fatto che c'erano degli Anbu pronti ad arrivare.
In teoria, volando abbastanza con l'immaginaione, la Godaime avrebbe dovuto avere il buon gusto di mandare qualcuno a mettere a posto la situazione, magari venire lei stessa.
Sarebbero dovuti arrivare a momenti, secondo quella logica, ma non c'erano certezze, perciò il mio modo di agire si basava più che altro su una possibile botta di culo che potevo avere quel giorno. Che, in verità, mi spettava di diritto.
Jashin, una giornata più sfortunata di quella non esisteva, non me ne era ancora andata una dritta!
“Non sono stupido, ragazzina. Pensi forse che sono diventato Anbu per caso?”
“Probabilmente lo sei diventato perché il tuo naso è un ottimo diversivo. Tutti si concentrano su quello e non si accorgono di possibili attacchi.”
“Non prendermi per il culo e rispondi!”
“Ti rispondo e mi aggredisci! Se non ti va bene quel che ti rispondo non chiedere!”
Lui non parve gradire il mio intervento, infatti sembrava che si stesse molto arrabbiando. Stavo rischiando abbastanza, di quello ne ero sicura, ma secondo i miei calcoli era questione di tempo.
Non me ne accorsi solo io, che stava perdendo le staffe, perché alcuni Anbu suoi sottoposti si fecero avanti, ma gli fece cenno di restare indietro.
“Chi c'era qui con te prima.”
Era la prima domanda-affermazione mirata che mi faceva da quando quella sottospiecie di colloquio improvvisato era iniziato.
“Tua nonna. Non c'era nessuno, come te lo devo dire?” Borbottai esasperata.
Se quella situazione fosse giunta al termine e io ne fossi uscita abbastanza incolume da essere ancora in grado di intendere e di volere, senza psicosi mentali dovute a tutto quel che stava succedendo, avrei citato quel cretino di un Anbu per abuso di potere, portando in tribunale anche tutta Konoha. Quel villaggio ed ogni suo sigolo abitante che incontravo sembrava completamente intenzionato ad attentare alla mia sanità mentale, mandando a morire quei pochi neuroni che non si erano ancora dati alla fuga.
“Non te lo ripeterò ulteriormente, parla.”
“Ti ho detto che non so niente! O perlomeno, non so quello che vorresti sapere tu. Cos'è, quando sei diventato Anbu sei diventato anche sordo?”
“Adesso basta!” Sbarrai gli occhi, quando lo vidi abbassare la mano che reggeva la lunga katana, per poi alzare l'altra. Mi aspettavo che uno schiaffo si abbattesse sulla mia guancia, ma non arrivò.
“È lecito sapere cosa sta facendo, Tokugawa?” La voce di Tsunade mi indusse a riaprire gli occhi, prima ostinatamente serrati, per scorgere la sua figura di fianco a quella del fantomatico Anbu schizzato che rispondeva, a quanto pareva, al nome – cognome – di Tokugawa.
Anche il suo cognome faceva schifo, ben gli stava.
“TsuTsu!” Esordii con un tono di voce forse un po' troppo squillante, tanto che lei si voltò infastidita.
“Ti ho detto che non devi chiamarmi in pubblico così! È degradante per una del mio calibro!”
“Perché sei sempre indisponente nei miei confronti? Io volevo solo esprimerti la mia gratitudine per avermi salvato dalle grinfie di questo buzzurro!” Dissi, additando Tokucoso, che fino a quel momento era rimato interdetto, ascoltando il nostro singolare battibecco e storcendo la bocca in una smorfia al mio ultimo commento.
“A chi credi di poter dare del buzzurro, eh?” Ringhiò al mio indirizzo, sporgendosi minacciosamente.
Osservai eloquentemente Tsunade, muta richiesta di togliermi quel babbeo da vicino e fui sicura che lei fu tentata di restarsene lì, tanto per vedermi in una situazione scomoda come quella.
Poi sospirò e intervenne.
“Anbu Tokugawa, sarebbe il caso che mi spiegassi cosa sta succedendo qui. Cosa ci faceva con la katana sguainata puntata al collo di questa ninja? Inoltre, come mai si trova qui?” Il tono che usò, così serio e professionale – poche volte l'avevo sentita parlare così – la fece sembrare decisamente diversa dalla solita Tsunade. Era evidente che ogni tanto sapeva anche fare il compito che le era stato assegnato.
Impressionante. Forse, se usava quel tono anche quando schiavizzava altri ninja random per svolgere quelli che, in teoria, erano i suoi compiti, avrebbe ottenuto sicuramente più successo.
Notai che nessuno dei ninja della squadra di Tokugawa si era mosso di lì.
Toku-io-so-tutto-ma-devo-torturare-te-perché-forse-proprio-tutto-non-so-Gawa non parve minimamente soppesare la risposta, sciorinando una serie di motivi più che reali e decisamente credibili. Perché solitamente erano i cattivi di turno ad avere la gran bella abilità di saper mentire?
“Da questa abitazione sono provenute due esplosioni e siamo venuti a controllare quale fosse la situazione, Hokage-sama.” Disse brevemente, con una scioltezza che nel mentire io non avrei mai avuto nemmeno se dalla bugia che avrei detto ne sarebbe dipesa la mia vita stessa.
“Ed è altrettanto lecito sapere perché le stavate puntando una katana al collo? Si è forse sentito in dovere, Tokugawa, di esercitare un potere che non le è stato minimamente conferito? Danzo le ha fatto credere questo?” Il tono di voce di Tsunade divenne man mano che continuava a parlare più duro, accusatorio e potenzialmente spaventoso. Forse questo però era merito dell'espressione con cui accompagnò quell'arringa. Il tutto sapeva un po' di... accusa neanche tanto velata?
Un momento: cosa c'entrava Danzo? Lui, per quel che ne sapevo e in base a dove era arrivato il manga prima che giungessi lì, Danzo aveva solo a che fare con la radice, ma questi qui non erano Anbu?
“Non so di cosa stia parlando, non ho contatti con Danzo-san. Stavo chiedendo alla qui presente ragazzina, che sfido chiunque a definire ninja...”
“È una ninja, ha il coprifronte, il tutto con la mia approvazione, vuole ancora sfidare qualcuno, Tokugawa?”
Dire che Tsunade incuteva timore era come dire che Dumbo aveva leggermente le orecchie un po' a sventola, ma nulla di tanto appariscente: un enorme eufemismo.
“... Bene, stavo chiedendo alla qui presente ninja cosa fosse successo qui, ma lei non è sembrata incline a rispondere alle mie domande, allora sono passato alle maniere forti.”
“Ma non è vero!” Urlai prontamente, facendo un mezzo passo avanti, come a voler imporre la mia presenza e ciò che avevo da dire.
Lui non si voltò verso di me, ma osservò attentamente la reazione di Tsunade, che si voltò verso di me.
Mi lanciò uno sguardo che poteva voler dire almeno un centinaio di cose, tra le quali 'non pensavo fossi così stupida', 'forse ha ragione, sei un ninja come un tronco d'albero', 'ci conosciamo?', 'hai idea di quanto tempo stia perdendo per salvare il culo a te?, 'non mi è difficile capire perché Itachi si è dato alla fuga'.
Probabilmente, però, mi stava solo intimando di stare zitta: lei sapeva qual era la situazione, pertanto meno mi intromettevo e meglio lei riusciva a risolvere tutto.
A quanto pareva tutti ritenevano che avessi più le capacità di una boicottatrice – nemmeno consapevole, poi – che di una ninja. Beh, almeno non potevano ritenere che fossi completamente inutile.
“Vede? Ha un atteggiamente totalmente indisponente.”
“Oh, sì, è davvero poco collaborativa, la conosco abbastanza da sapere che piuttosto che rispondere ad una sua domanda le avrebbe–”
“Sputato in un occhio.” Terminai io per lei lapidaria, beccandomi un'occhiataccia più che eloquente.
Io risposi con una semplice alzata di spalle, come a dirle che era inevitabile una mia uscita del genere.
In effetti era così.
Si aspettava realmente che stessi zitta in un momento del genere? L'unica cosa che poteva fare allora era imbavagliarmi, ma anche in quel caso, probabilmente, avrei comunicato imprecazioni incidendole sul pavimento o sul braccio di Mr Lei È Indisponente Perciò Io Ho Il Diritto Di Sgozzarla Con Una Katana.
“Che pessimo soggetto, meriterebbe una punizione esemplare.” Commentò poi, volendo far passare quell'affermazione per pura ironia, ma era più che serio.
Si poteva benissimo dire che la mia punizione esemplare fosse stata quella di dover passare del tempo con quell'individuo, nella stessa stanza, intrappolata in una conversazione a senso unico, ma evitai di proferirlo a voce o Tsunade non mi avrebbe lasciato abbastanza in vita per collaborare all'evirazione di Tokugawa.
“Terrò presente il suo sggerimento. Per il momento, sono sicura che se le chiedessimo cosa è successo risponderebbe senza troppi problemi.” Disse con una specie di sorriso, che forse stava meglio stampato sulla faccia di un serial killer, ma, in fin dei conti, nessuno mi aveva ancora detto che lei era meno pericolosa di un assassino sanguinario.
“Allora, Carmen, vuoi dirci cosa è successo qui?” Si rivolse a me Tsunade, non mancando di fari intendere con lo sguardo che o mi rendevo credibile o lei mi avrebbe reso verosimilmente morta.
“Mi è esplosa una cartabomba che ha provocato l'esplosione. Se me lo avesse chiesto lo avr–”
“Da qui sono provenute due esplosioni.” Mi interruppe Tokugawa con un sorriso di vittoria per nulla trattenuto.
“Ah sì?” Chiesi per nulla convinta.
Come due? E io dov'ero quando c'era la seconda?
Oh. Probabilmente la prima doveva essere stata quella mezza esplosione creata da Deidara, prima che succedesse quel che ancora non ero riuscita a comprendere. La seconda, invece, era quella della cartabomba di Itachi.
“Sì, l'ho detto anche prima.”
Guardai l'Hokage, che in volto aveva un'espressione imperturbabile.
Fantastico, e ora?
Ora ero nella merda, ma a quel punto dubitavo di esserne mai uscita.
“S-sì, forse sono state due, ora non ricordo...” Tergiversai, iniziando a sguazzare nella cacca, impelagandomi e probabilmente uccidendo la mia unica possibilità di salvezza.
“O una o due, non le abbiamo chiesto quante sono state le volte che ha messo in moto il cervello.” Disse Tokugawa, nuovamente sul piede di guerra.
“Scusi, ora mi stavo riferendo a quanti neuroni sono rimasti nella sua scatola cranica. È evidente che non ce ne sono né due né uno...”
Lui parve più che pronto a saltarmi addosso per trapassarmi con la katana e lo avrebbe anche fatto se non fosse stato per Tsunade, che riprese il controllo della situazione.
“Bene, l'unica cosa che ci resta da fare è controllare.” Poi si voltò verso i ninja che non avevano ancora proferito parola e chiese ad uno di loro di andare a controllare i luoghi in cui vi erano state queste fantomatiche esplosioni.
Tokugawa aveva abbandonato temporaneamente i suoi desideri di vendetta verso di me per la mia 'impudenza' – legittima difesa verbale, invero – in favore di una calma che ostentava quel senso di vittoria che credeva di aver raggiunto.
Ed effettivamente era quel che credevo anche io.
Il più che potevano trovare erano i resti di una carta bomba, massimo le tracce che permettevano di riconoscere che erano un tipo di esplosione causata da quel tipo di oggetto, ma restava il fatto che ne era esplosa solo una, di cartabomba.
Una sola.
Non avevo nemmeno fatto caso a quali erano stati i danni prodotti dalla pseudo esplosione di Deidara, perciò poteva anche non aver creato nessun danno, non avendone avuto il tempo.
E, conscia di tutto ciò, mi chiedevo che diavolo avesse in mente Tsunade. Aveva notato sicuramente che nel mio sguardo non c'era la minima traccia di certezza, né di sicurezza, perciò perché lei era così calma? Forse non riteneva un gran problema se io finivo per passare il resto dei miei giorni in carcere, per uso illecito di esplosivi e danneggiaento di proprietà altrui, ma per me era un problema eccome.
L'attesa era snervante, il sorriso di Tokugawa era più che irritante e la calma di Tsunade era pure peggio. Poi l'Anbu che aveva inviato in avanscoperta fece ritorno e io fui certa di morire per infarto conbinato ad un forte senso di stupore e di totale incomprensione.
“Ci sono resti di una cartabomba nel corridoio affianco alle scale e tracce di un esplosione da cartabomba alla fine dello stesso corridoio.”
Oh.
Ah sì?
Non mi passò nemmeno per la testa di chiedere come facessero a riconoscere che una delle esplosioni fosse proprio da cartabomba. C'era per caso attaccato lì vicino un cartello con scritto 'qui esplosione da cartabomba'?
Forse, in quel momento, c'era più stupore sulla mia faccia che su quella di Tokugawa, cosa che non mi rendeva esattamente credibile, ma non potevo esattamente affermare di avere il totale controllo di me.
Oltre a non capirci niente, avevo il serio dubbio di essermi persa qualcosa durante tutto quel che era successo.
Quando era esplosa la prima cartabomba? Dove era esplosa? Lui aveva detto nello stesso corridoio, ed effettivamente era più che probabile. Quella specie di combattimento non si era spostato, era rimasto in quello spazio angusto, che per essere un corridoio era già abbastanza largo.
Quando, però?
Ok, dire che mi ero persa un po' di cose era un eufemismo, eccome se lo era.
Guardai non so bene con quale espressione Tsunade, ma lei dovette trovarla piuttosto divertente; Tokugawa, la cui espressione era un connubio di varie sfumatre di ira, imbarazzo o qualcosa di non meglio identificato, sembrava essere appena stato colpito nei gioielli di famiglia, il che mi impedii di fargli una linguaccia e magari passare al piano 'evirazione'.
“Bene, visto che non c'è nulla di realmente compromettente, se non un uso errato di 'attrezzi ninja', penso non ci sia un reale motivo per cui attaccarla in tal modo. Spero sia stata solo una semplice mal interpretazione della situazione, Anbu Tokugawa, e che non abbia a che fare con quanto menzionato precedentemente.”
Non vorrei passare per la cinica della situazione, ma fu quantomeno logico per me chiedermi se a parlare fosse proprio Tsunade; o meglio, la stessa Senju che neanche una settimana fa, ubriaca come poche volte l'avevo vista, mi aveva chiesto se fosse o no il caso di cercare un acquirente di talismani per vendere TonTon e ricavare pecunia. Tutt'ora sono alla ricerca di un possibile significato intrinseco della frase.
“Ed ora credo sia il caso che tu vada a fare qualche controllo in ospedale, in fondo sei sempre stata quasi coinvolta in due esplosioni.” Disse rivolta a me, mentre mi faceva cenno di incamminarmi.
Passai davanti a Tokugawa e, contro ogni logica, non infierii su di lui. Non per pena, quanto più perché non avevo la più pallida idea di ciò che stesse succedendo.
Non trovavo un filo logico da nessuna parte, forse qualcuno doveva darmi qualche spiegazione o di quel passo non avrei più nemmeno capito da che parte ero girata. Forse la cosa che mi scombussolava di più era il fatto che tutto fosse successo sotto al mio naso. E io non mi ero accorta di un bel niente. Ottime capacità di osservazione, sicuro.
“E poi sembri anche abbastanza rincretinita, non vorrei che la tua situazione mentale si fosse aggravata!” Mi disse, tornata ad essere la solita vecchia Tsunade.
“Ehi! Senti chi parla!”
“Porta rispetto, mocciosa!”
“Tsé, certo, nell'anno del cammello.”
“Ma non c'è.” Disse dubbiosa, dopo averci pensato.
“Infatti!”
La manata che mi assestò me li fece vedere i cammelli, altroché.



Salve!^^
Sì, lo so, sono passati all'incirca... sei mesi? Fra un po' faceo l'anno a non aggiornare! Eheh! Ok, non fa ridere, ma a mia discolpa posso dire che non avevo la più pallida idea di cosa scrivere per questo capitolo. O meglio, non avevo idea di come scrivere l'idea e prima di riuscirci ne è passato giusto un po' di tempo. Non sono riuscita a scriere in generale, in verità, ma sono felice di riuscire finalmente a scrivere!^^
Vi chiedo solo di avere pazienza con me, non lo faccio assolutamente di proposito di lascarvi sulle spine, ma sarebbe inutile buttare giù un capitolo che non ha nulla di mio solo per postare.
Che dire? Il capitolo è confusionario. Cioè, se lo avete trovato così va bene, erché l'idea doveva essere questa!xD Incasinata la povera me nella storia, non credete di essere immuni alla mia confusione!u____ù
Bastardaggine a parte, vi voglio infomare che la storia, anche se non sembra minimamente, sta giungendo alla svolta conlusiva. Cioè, non mancano esattamente pochi capitoli, ma stiamo giungendo agli ultimi atti! Ok, non sono riuscita a spiegarmi, ma ultimamente non sono in grado di fare nemmeno questo!^^'
Non c'è bisogno che ve lo dica io che un paio di tecniche me le sono bellamente inventate, vero?xD Ma poi spiegherò tutto, basta avere fede!

Spero di riuscire ad aggiornare nuovamente in tempi decenti, ma sappiate solo che non dipende unicamnte da me.
Ci tengo a rngraziare chi ancora segue questa storia, che fra poco meno di un mese e mezzo compirà ben due anni!^^ … Sì, ho una grandissima capacità nel tirare per le lunghe le cose, me lo dicono veramente in molti!=___=
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!


Burdock 95: mi fa piacere ricevere le tue recensioni, anche se brevi, perciò non ti preoccupare!:) Sono davvero molto contenta che ti sia piaciuto il capitolo e spero che questo non ti deluda! Grazie per il supporto!^^
Elena_chan: chiedo immensamente perdono per il lunghissimo ritardo, ma non sono proprio riuscita a scrivere nulla, nemmeno una riga. Sono felice che la parte delle mani ti sia piaciuta! Mi è piaciuto particolarmente scriverla e vedere che è apprezzata è bello!^^ Spero che il capitolo ti piaccia, nonostante l'attesa!:)
IvI: non perdere la speranza! Non smetterò mai di aggiornare, sono che sono di tempi un po' lenti, tutto qui! Diciamo che non è colpa eslusivamente mia se non aggiorno, perciò non posso farci granché. Il ritardo spero possa essere compensato dal capitolo, ma ho come l'impressione che non sarà così!o_O Non è riuscito come vorrei, ma spero comunque che ti piaccia! E ti prego, non dimenticarti di Hubert! Poverino!:( In un momento cruciale io penso sempre la cosa più assurda, anche se è pure assurdamente vera!xD Comunque la colpa è anche mezza di Itachi: se non fosse così bello non avrei problemi a concentrarmi sulla paura di schiattare da un momento all'altro!xD Grazie per la recensione!^^
Pain Hatake: sono felice che il banner ti piaccia!*-* Ovviamente non l'ho fatto io, altrimenti non sarebbe bello, ma dettagli!u__ù Io comunque non mi sottovaluto, guardo solo le cose dalla prospettiva più vera! E anche tu ti sottovaluti, perciò possiamo mettere su un club di autrici dai punti di vista spostati!xD Spero tu abbia trovato anche Hubert sotto l'albero o, visto che ormai siamo più vicini a pasqua che a natale (ok, è passata, ma dettagli), nell'uovo di pasqua!xD Perdona la demenza di ciò che dico, ma sono in tremenda astinenzada cioccolato!=__= Grazie per la recensione e spero che il capitolo ti piaccia!^___^
ghirigoro: tu mi dici che questo Deidara lo ami e io lo faccio scomparire!^^' MI sento un po' una merda, ma era per esigenze di trama!xD Non ne sono ancora sicura, ma potrebbe ritornare sulle scene, sempre che riesca a gestire bene la trama e non mi impelaghi da sola, mandando tutto a farsi benedire!=_= Sì, in caso non si fosse capito non ho ancora ben bene in mente il finale vero e proprio, solo una vaga idea fantasma, qualche punto fermo e idee secondarie! Incoraggiante, lo so!xD Kisame merita di più di quel che gli ha concesso Kishimoto, perciò mi batto per i suoi diritti!ù__ù Spero che il capitolo ti piaccia!^^
Samirina: questa volta vi ho fatto attendere anche più del solito, ma non sono certa che il capitolo saprà ricompensare l'attesa!*si nasconde* Sono felice che comunque l'altro capitolo ti sia piaciuto e spero che comunque questo non risulti un totale disastro... in caso fosse sei autorizzata a minacciarmi e a mandarmi sicari sotto casa!xD Grazie per la recensione!:)


Alla prossima (che spero sia databile un po' più decentemente _-_)!
  
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