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Autore: adirtywinter    05/05/2011    4 recensioni
[...] - Quindi è per Malfoy che piangi? -
- Io non piango per Malfoy, diamine! - Si girò di scatto Hermione fulminando Luna con lo sguardo, capendo subito dopo di aver esagerato e moderando i toni – Perché mai dovrei piangere per un idiota del genere? Dato che vedo che il Gossip va di moda ad Hogwarts, metti in giro questa voce: Hermione Granger e Draco Malfoy si odiano ancora profondamente, si insultano dalla mattina alla sera, quella sulla scopa era una ragazza che le assomigliava molto e la terra è tornata a girare sul proprio asse. E ora perdonami, Luna, ma devo proprio andare. - Asserì decisa, girando i tacchi.
Luna Lovegood si guardò un po' intorno, incrociando lo sguardo di Draco che la scrutava profondamente da qualche metro di distanza.
Aveva sentito tutto, e non gli era di certo sfuggita la parte delle lacrime della Granger.
***
Cosa potrebbe succedere se due acerrimi nemici storici venissero uniti da un progetto scolastico e fossero costretti a collaborare insieme?
Cosa potrebbe succedere, ancora, se la chiave d'accesso alla serenità fosse la causa della sua più totale distruzione?
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blaise Zabini, Draco Malfoy, Ginny Weasley, Hermione Granger, Il Secondo Trio (Neville, Ginny, Luna) | Coppie: Draco/Hermione, Luna/Neville
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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'Sera fanciulli. E' la mia prima fanfiction, vi prego di non essere troppo cattivi. Sigh. Accetto volentieri tutti i tipi di critiche costruttive, in quanto servano nell'aiuto del miglioramento della storia, non nel decadimento psicologico dell'autrice. Ditemi anche cosa devo migliorare, cosa c'è che non va, parlate esplicitamente se questo capitolo è una schifezza e non ne aggiungerò altri. Oppure, se vi piace, fatemelo presente così potrò andar avanti e scrivere altri capitoli. Non mi sembrano tante richieste, dai. Vi lascio alla storia, grazie in anticipo!

You are here, on my return.

 

#1. Bisogno di un pasticcio.

 

La guerra era finita da circa una settimana, Hermione non sapeva specificare con esattezza il giorno preciso. Tutto era stato così confuso e terribilmente surreale in quei ultimi tempi, che perfino la concezione del tempo era stata smarrita dalla sua anomala mente.

Mica tanto anomala...

Poteva dirsi che andava tutto bene, sorridere ai gentili e devoti Mezzosangue che la salutavano per strada riconoscendola come una del Trio Dei Miracoli, si poteva addirittura scherzare su alcune cose buffe che avevano caratterizzato la battaglia. La maggior parte della gente faceva così. Il male comunque era stato sconfitto, il Signore dell'Oscurità era morto e s'era portato dietro tutto l'astio nei confronti dei Sanguesporco.

Eppure...

 

-Hermione, svegliati o farai tardi a lezione.-

-Mmh, ancora cinque minuti mamma...-

-Vedo che non sei cambiata per niente. Avanti, alzati che la colazione è pronta.- così dicendo, Jane si diresse verso le persiane di un rosso sbiadito e le spalancò con tanto vigore da riuscire quasi a strapparle. Un sole che faceva a cazzotti con l'umore della ragazza si insinuò fastidiosamente all'interno della stanza, inondandola di una luce accecante che la destabilizzò. Aprì a fatica gli occhi ancora impastati dal sonno e si guardò intorno.

Sei a casa.

Questo riuscì a confortarla, perché una delle tante cose che aveva detestato in tutto quel tempo era dover dormire ogni volta in un posto diverso. Le dava un senso di non sedentarizzazione che aveva il potere di farla alzare di cattivo umore e litigare puntualmente con Ron.

Ron... Dove sei Ron?

Ci avrebbe pensato più tardi. Si alzò pigramente dal suo letto e si diresse in bagno. Lo specchio le faceva notare quanto la mattina lei fosse terribilmente in disordine: capelli arruffati (che novità), colorito bianco ai limiti del cadaverico, labbra screpolate e come se non bastasse, due occhiaie le circondavano le belle iridi castane.

Belle... Insomma, sono banali e scontate.

Anche a questo avrebbe pensato più tardi. Aprì l'acqua della doccia e tornò nella camera adiacente, prese posto seduta a gambe incrociate sul letto; si incantò sul paesaggio della Londra babbana che la finestra le offriva, per quanto riuscisse a guardare fuori data la posizione. Quanto le era mancato quel posto... Alle 7 di mattina si potevano già sentire le urla poco educate di chi si deve alzare presto per raggiungere il proprio posto di lavoro, i clacson che suonavano imperterriti come se se ne fregassero di tutto il resto della popolazione che dormiva beato. Poi c'era lo smog, non troppo per la quasi maniacale pulizia di Londra ma comunque sufficiente a inondare le narici dei passanti. Ad Hermione era sempre piaciuta la sua casa, ed ora che la guerra era finita lei aveva potuto ridare la memoria ai suoi genitori ritornando a vivere in quel posto magnifico. E quel giorno, quella stessa mattina in cui sua madre Jane l'aveva svegliata richiamando alla memoria i vecchi tempi (“Vedo che non sei cambiata per niente”), si rese conto che la stava per aspettare una fantastica mattinata: sarebbe tornata a Hogwarts. La guerra non era riuscita a farle finire il settimo anno e lei era ben intenta a concludere gli anni di quella beneamata scuola per due ragioni più che valide: la soddisfazione di finire il lungo percorso scolastico, e la voglia di tornare in quel luogo spettacolare che era Hogwarts. La sua seconda casa.

Ritornò alla realtà dopo questi riassuntivi pensieri e si spogliò nel tragitto camera-bagno lasciando i vestiti sul pavimento in parquet; si infilò sotto la doccia e un'altra delle tante riflessioni che in quel momento minacciavano di farle esplodere la testa le andò a incasinare la giornata: le sarebbero mancati Ron ed Harry. Era dal giorno successivo alla battaglia che non li vedeva... Harry probabilmente non sarebbe tornato a Hogwarts, gli era stato offerto un lavoro come Auror prematuro e lui aveva accettato senza esitazioni. Anche a lei e a Ronald era stata gentilmente fatta la stessa proposta. Ne avevano discusso a lungo arrivando alla conclusione che il rosso sopracitato sarebbe stato un po' alla Tana per riposarsi e stare accanto alla famiglia, uniti nel dolore per la morte di Fred avrebbero superato più facilmente gli ostacoli. Lei appunto aveva rifiutato, preferendo tornare a scuola e proferire una carriera da Auror in seguito.
Tornata ancora una volta alla realtà, uscì dalla doccia e si strinse nell'accappatoio fresco e morbido di bucato. Si vestì indossando il maglione scuro con lo stemma di Grifondoro, la gonna abbinata e le calze che non portava da mesi.

Dio, quanto mi siete mancate.

Si guardò allo specchio e poi partì la quotidiana battaglia (quasi peggiore di quella avvenuta poco prima contro Voldemort): Hermione VS capelli. Cercò di legarli, ma tanto erano folti e crespi che l'elastico si ruppe scagliandosi sul dorso della sua mano.

Accidenti.

Optò per la bacchetta, solo lei faceva miracoli. Pronunciò un incantesimo ormai conosciuto e il groviglio si trasformò in boccoli castani che le ricadevano sulle spalle; prese una forcina e tirò indietro una ciocca della frangia, come era solita fare da molti anni a quella parte. Sorrise soddisfatta per il risultato.

Hai vinto anche questa guerra.

Andò in cucina e si sedette a tavola, mangiò poco e sano. I suoi genitori, essendo dentisti, non le davano mai le cosiddette schifezze che avevano caratterizzato la vita di ogni bambino e adolescente esistente. Tornò in camera e prese il baule, diede uno sguardo tutto intorno e uscì con un sorriso stampato in volto. Salutò i genitori affettuosamente e ignorò le loro solite raccomandazioni, uscì di casa e fuori c'era un allegro Arthur Weasley che la aspettava con la macchina magica semi-distrutta. Difatti, da quando Harry e Ron l'avevano utilizzata molti anni prima perché avevano perso il treno, la povera auto non era del tutto tornata a posto: aveva ancora dei graffi che il Platano Picchiatore aveva gentilmente lasciato sui due sportelli laterali. Il viaggio da casa sua alla Tana fu più breve di quanto ricordasse. Ben presto scese ed entrò in un'altra casa che amava, la dimora dei numerosi Weasley sempre calda e profumante di sapone per i piatti. Si guardò intorno: non c'era Ron. Molly la invase con un abbraccio stritolante e poi la condusse davanti al camino, dandole della polvere magica in mano.

-Hai tutto quello che ti serve?”

-Sì, signora Weasley.-

-Baule, libri, piume, pergamene...?-

-Sì. Ho già controllato l'occorrente due volte- sorrise, la signora Weasley non sarebbe cambiata mai. Peccato che non si rendesse conto che lei non era una dei suoi numerosi e sbadati figli, bensì Hermione Granger alias l'emblema della precisione.

-Bene allora. Buon viaggio cara- la salutò con un sorriso e la riccia gettò la polvere sul camino pronunciando ad alta voce il luogo dove sarebbe dovuta arrivare. Così si ritrovò alla stazione, attraversò di corsa il muro e sbucò al fatidico binario nove e tre quarti. Entrò dentro al treno che, come quasi tutto il resto delle cose, non era cambiato affatto. C'erano ragazzi intenti a sistemare i propri bauli, altri che salutavano calorosamente i propri genitori, altri ancora come Neville Paciock che rincorrevano un qualche animale non identificato.

-Neville?- esclamò sbalordita andando verso il vecchio amico.

-Hermione- sorrise lui -Hai per caso visto la mia rana?-.

Quello fu il colmo, un vortice di pensieri la portò indietro nel tempo al primo giorno in cui era salita su quel treno e tutti cercavano la rana di Neville Paciock. Sembrava un nome così buffo... Anche lei, nell'aiutare il povero ragazzo, si era imbattuta in Harry e Ron. In un certo senso era proprio merito suo.

-No, mi spiace. Cosa ci fai qui?-

-Mia nonna mi ha detto che devo finire la scuola, altrimenti non avrò nessun tipo di futuro- sbuffò lui -E tu? Hai la strada asfaltata Hermione, puoi diventare Auror senza problemi! Perché sei qui?-

-Mi conosci abbastanza per capire che non mi piacciono le strade asfaltate, Neville- sorrise -Preferisco dei sentieri tortuosi che poi riesco ad appiattire io stessa col cemento.-

Si guardò un po' intorno e notò che molti ragazzini la fissavano ammirati, poteva udire perfino qualche bisbiglio.

-Dovrai farci l'abitudine- disse il ragazzo con aria mortificata -dopotutto sei la salvatrice del mondo magico.-.

Lei annuì e andò a cercarsi uno scompartimento. La innervosivano tutti quegli sguardi, avevano il potere di farle scattare qualcosa di fastidioso che riconduceva a una dannata cosa che non avrebbe mai voluto cercare: la fama.

Colpa di Harry Potter.

Intenta a pensare a questo, aprì uno sportello e si intrufolò nello scompartimento; sistemò il suo baule e solo poco dopo si accorse della presenza di una persona che la guardava schifata.

Draco Malfoy era seduto in posizione altolocata e la squadrava come se fosse appena entrato un verme di grandezze cosmiche.

-Granger, che cazzo ci fai qui?-

-Sempre molto educato, Malfoy.-

-Non hai risposto alla domanda.-

-Non ti devo nessun tipo di risposta, idiota di un Malferret.- si sedette di fronte a lui, solo una buona manciata di centimetri più in là; Draco era vicino allo sportello, mentre lei se ne stava appiccicata al finestrino. Il sole si era timidamente nascosto dietro a delle nuvole dispettose che rendevano il paesaggio piuttosto avvilito. Perché era così giù di morale quel giorno?

Il treno prese a partire e vide il sorriso malinconico che i genitori dei ragazzi avevano impresso nel volto, una mano alzata e fatta ondeggiare per salutare i propri figli. Ben presto si allontanarono dalla stazione e ora poteva scorgere le bellissime colline che solo Hogwarts poteva avere intorno. Si era fatto tardi, erano circa le 20.00 e la sua pancia borbottava maleducata.

-Diamine mezzosangue, cerca di contenere quell'insopportabile rumore.-

Dopo un'intera giornata di viaggio, il biondo si era deciso a rivolgerle la parola, ovviamente per sottolineare una critica.

Ti pareva.

-Non è colpa mia, Malfoy!-

-Anch'io ho fame ma non mi sembra che sfoggio così educatamente quel fastidioso borbottio. Sei patetica.- la guardava male, così male che lei ebbe quasi paura. Era proprio vero che i suoi occhi erano di ghiaccio, argento puro, un mix di impenetrabilità e freddezza che faceva raggelare il sangue nelle vene. Una serpe a tutti gli effetti.

Ma quel giorno, proprio quel fatidico giorno, non era abbastanza leonessa da riuscire a tenergli testa. Un sentimento di rancore e amarezza si era brutalmente insinuato dentro lei, facendole cambiare continuamente umore: si era svegliata vuota, per poi essere felice, e poi tornare ancora una volta sgomberata. Non c'era modo di descriverla meglio: era sgomberata.

Tutte le sue preoccupazioni erano marcite insieme alla battaglia, i suoi problemi risolti, le sue paure accantonate; non andava bene così. Era sempre stata abituata a convivere con un qualche peso insormontabile o un enigma da risolvere, ora il tempo libero sembrava troppo e in una sola settimana dalla fine della guerra la sua mente era decisamente sgombra. Qualcun altro al suo posto non avrebbe fatto i salti di gioia, di più! Forse qualcuno avrebbe organizzato una festa, un banchetto per mettere felicemente la parola “Fine” a una storia troppo tragica, poteva giurarci che c'era perfino qualcuno che sarebbe finito a nozze con la propria mente libera dai pensieri. Ma ovviamente, come tutti potremmo aspettarci, non lei. Aveva bisogno di un problema. Aveva bisogno di quel coinquilino che la teneva occupata sui libri o attaccata alla bacchetta, che la faceva piangere e disperarsi.

Hermione Granger aveva bisogno di trovarsi in un pasticcio.

La risposta era proprio davanti a lei, di fronte, a pochi corti passi dalla sua posizione. Era una risposta inaspettata e bella, bionda, con delle ciocche ribelli di capelli che ricadevano sulla fronte, dei lineamenti perfetti, degli occhi glaciali e un portamento nobile. Una risposta che non si sarebbe mai aspettata, il sentiero di un destino che la sua coscienza non le avrebbe mai permesso di proseguire. La risposta si chiamava Draco Malfoy.

Hermione Granger trovò il suo pasticcio. 

  
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