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Autore: suzako    14/02/2006    6 recensioni
"Hai perso, Harry..."
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Tom Riddle/Voldermort
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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I

Il cielo si era fatto scarlatto, lingue di fuoco si innalzavano dalla terra bruna e umida di pioggia, di lacrime, di sangue. Il marchio nero osserva dall’alto, le orbite vuote e il serpente arrotolato, con gli occhi che lampeggiano nell’oscurità. Basta guardarsi intorno per capire che la fine è vicina.

Raggi di luce verde e rosso fendono l’aria, grida dei caduti e ululati dei trionfatori: ci sono solo sguardi d’odio ormai, e anche il potere dell’amore è perduto.
Solo una disperata, inutile, ignobile voglia di vivere.
Ognuno combatte per se stesso… E per se stesso muore.

<< Ron! Mio dio, Ron come sta?!? >>

<< presto, togliamoci di qua! VIA! >>

<< Ma Lupin, non… Non possiamo…! >>

<< HO DETTO VIA! >>

<< M-ma… >>

Esplosione.

<< Hermione! No, non può essere! HERMIONE!! >>

<< Andiamo via, basta….Weasley… >>

<< No… No… Non può essere. >>

Morire o Fuggire?
Vivere nel rimorso o perire con Onore?

Il bambino sopravvissuto era acquattato nell’ombra, dietro una serie di pietre tombali scoperchiate.
Aspettava. La morte, il Coraggio. Aspettava.

<< Allora, Harry! Morirai come tuo padre?! Ai miei piedi? >>, le urla di Voldemort erano calci, e in quel nascondiglio sembrava stare sempre peggio.

“Sono un codardo.”

<< Stupeficium! >>, un fulmine gli passò a pochi centimetri dal viso, accompagnato dalle grida di scherno di Voldemort.
I massi andarono in frantumi, con essi il suo nascondiglio. Non poteva più fuggire, il momento che aveva temuto e desiderato era infine giunto.
Si parò davanti a lui, la bacchetta stretta nel pugno, gli occhi fissi sui suoi.

<< Expelliarmus! >>

<< Avada Kedavra! >>, gridarono contemporaneamente.

Ma successe qualcosa, in quel momento, in quel frammento di esistenza, limbo fra il prima e il poi. Altre grida giunsero da lontano. Una nota aspra e prolungata, qualcosa che nella battaglia non aveva sentito prima. Qualcuno piangeva.
Non urlava, non gridava parole d’odio. Solo tristezza, nessun rancore. Solo la perdita.
E in quel momento vide qualcosa. Vide i loro occhi, come baratri senza fondo, come ombre d’inverno, come ricordi offuscati dai pianti.
Lo fissavano, lo aspettavano.
Ma perché vivere?

Nell’infinitesimale attimo prima della vittoria, Harry Potter decise che la morte era quello che si meritava. Che non era giusto, che senza di loro…

Morire. Non per sé stesso, non per loro.

Il suo corpo giaceva fra la polvere.
Gli occhi sbarrati, gli occhiali che ricadevano a terra, frammenti di vetro che nell’impatto avevano graffiato il viso fino a ridurlo a una massa sanguinolenta. Un rivolo di sangue colava dalla bocca. Gli arti piegati in una posizione innaturale, la pelle grigia e fredda.

Occhi di serpente, si avvicina e schiacciandolo con il piede, ghigna.

<< Hai perso… Harry. >>


Epilogo


Le strade della Londra babbana erano insolitamente vuote, per quell’ora. Una fitta e grigia nebbia tesseva un’atmosfera cupa e dolorosa. Ecco, se tendete l’orecchio potrete sentire il pianto di un bambino, lontano. Un giornale rotola per la strada battuto dai venti, il primo titolo in copertina parla di forze politiche, di scandali e di un imminente terza guerra mondiale.
Tutto risuona di cupi scricchiolii, voci che parlano di una distruzione ormai prossima, la gente ha sempre più paura del futuro.
Un fulmine squarciò il cielo, la pioggia incominciava a cadere. Il pianto cessa.
Dall’altra parte del mondo, in un silenzioso turbine di telefonate, carta stampata e spari violenti, la sorte del mondo viene decisa.
E’ la fine di un era, della tranquillità.

……………..


Grimmauld Place, numero dodici. Un tempo fremeva d’attività, risate e resistenza, luce e speranza.
Ormai non ne resta che polvere.
Polvere, e qualche ricordo malinconico che parla di stemmi e irruzioni nella notte.
Una figura incappucciata avanza fra le macerie, profonde cicatrici gli ricoprono il volto, i capelli striati di grigio. Nessuno ricostruisce più le case, il ministero è troppo occupato a cercare di vincere la guerra con le forze ancora rimaste. Perderà, e lo sa bene.
La città sta marcendo, maghi e streghe sono solo l’ombra di un tempo.
Le scuole hanno chiuso, molti vivono come babbani.
Paura.
Nessuno seppellisce più i morti, nessuno prega più ormai: Voldemort ha vinto, il bambino sopravvissuto questa volta non ce l’ha fatta, non c’è più speranza.
La città è morta, morta.
E’ la fine di un Era, l’inizio dell’oscurità.

 


II


La battaglia volgeva al termine, se fine si poteva chiamare.
Ed erano grida, ed erano urla, ed era il dolore in ogni sua forma. Sembrava non dovesse più esistere felicità, nel mondo: eppure era per questo che lottavano, per la felicità. Felicità bagnata di sangue, felicità uccisa a sassate.
Voci, echi.

<< Tonks, dove sono Ron ed Hermione? >>

Esplosioni. Altre grida.

<< I-Io non lo so Remus. Mi dispiace, io… >>

<< Non ti preoccupare, li troveremo. >>

<< Sì… sì. >>

Ma è poco distante da lì, che si decidono le vere sorti dell’amore e del cielo.
Dopo tanto tempo…

Nascosto dietro un masso, Harry Potter voleva morire. Non voleva uccidere. Non voleva vivere.
Gli incantesimi infuriavano dietro di lui, maledizioni e parole terribili: Lord Voldemort era maestro nell’arte della paura, e nonostante il cuore Grifondoro, il ragazzo non poté non desiderare che tutto si concludesse il più in fretta possibile. Vincita o sconfitta, comunque desiderava la pace.
Ma perché combattere, poi?
Perché?
Perché…?

La voce aspra del Signore Oscuro irruppe nella sua mente, l’occlumazia scavava nei suoi pensieri.

<< Sai, Potter, è sempre un piacere uccidere sporchi mezzosangue… Con la tua amica, poi, mi sono davvero divertito…! Ma no, no, non preoccuparti… La rivedrai presto, sì. >>

Improvvisamente.
Rabbia. La vista si congela, gli occhi si sbarrano e tutto assume una sfumatura più nitida, più cupa, più forte e crudele. Come se avesse recuperato i suoi stanchi occhiali, Harry vedeva meglio.
Perché combattere?
Lui mentiva. Sicuramente, mentiva.
Vendetta.

“Io non morirò.”

Con un doloroso scatto uscì dal suo nascondiglio, al suo cospetto, un secondo prima che un'altra maledizione centrasse la roccia in pieno e la mandasse in frantumi, cenere.
Un ghigno deformo il volto piatto, una luce purpurea gli illuminò gli occhi orribili.

<< Hai paura, Harry? Mi ucciderai? >>, parlò, con la bacchetta alzata.

<< Sì. >>

E senza aspettare, senza i preamboli consueti, lanciò quella maledizione.
L’ultima.
E dall’alto i loro occhi dalla lunga ombra, guardavano la scena. Senza sorrisi, senza parole: un grido di donna, e fu la fine.


Epilogo


<< Harry. >>

Non…

<< Harry, so che sei sveglio. >>

Non parlare, perché…

<< Ti… Ti prego, parlami… Per favore… Non puoi… >>

Non parlare, perché fa troppo male, sentire.

<< Oh, Harry… >>

 

Il ragazzo sopravvissuto per la secondo volta, aprì molto lentamente gli occhi. Roteò due o tre volte le pupille, scrutando la luminosità della sala. Era sdraiato. Provò a muovere il braccio sinistro, quello con cui teneva la bacchetta.
Niente. Era paralizzato. La mente annebbiata. Dov’era?
Riuscì comunque a sentire un peso all’altezza dell’addome, e abbassando lo sguardo la vide.
Quella chioma rossa arruffata, le palpebre chiuse e le ciglia lunghe e nere. Aveva un’aria stanca, il respiro rarefatto di chi ha appena smesso di piangere.
Provò a parlare, senza riuscirci. Ma come il migliore degli incantesimi, lei si svegliò di soprassalto, con un’espressione terrorizzata sul volto segnato, che si distese subito quando i loro occhi si incontrarono.

<< Ha… Harry! Mio dio, erano tre settimane, ormai… Credevo che… che… >>, e qui si interruppe, mordendosi le labbra.

Harry guardò un attimo Ginny Weasley, la mente ancora annebbiata, finché un ricordo nitido non si fece spazio nella sua mente, e i loro volti non apparvero fra la nebbia. Prese un profondo respiro e tentò di articolare quei nomi.

<< …R…Ron…Ron, Her…mio…mione… Dove…? >>, mormorò con enorme fatica

Il volto di lei sbiancò, degluttì nervosamente e lo guardò aggrottando le sopracciglia. Il suo viso aveva parlato prima, lui conosceva già la risposta.

<< Io… Loro… Non lo sappiamo, dopo la battaglia…. Non li abbiamo trovati da nessuna… parte e quindi.... >>, la sua voce sfumò lentamente, abbassò il viso in fretta e presto delle lacrime silenziose le rigarono le guance.

Harry strinse convulsamente la mano, quella della bacchetta, senza accorgersene.

Aveva perso, comunque.

 

 

  
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