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Autore: Nejiko    14/06/2011    1 recensioni
"Non era una delle sue giornate migliori, non lo era mai stata. Nonostante il tempo passasse, non avrebbe mai dimenticato. E non lo voleva nemmeno fare. Sembrava quasi desiderasse essere tormentato da quei ricordi, come se quella sofferenza potesse lavar via le sue colpe.
Odiava quel periodo dell’anno, lo odiava con tutto se stesso perché non era ancora riuscito a perdonarsi.
E non l’avrebbe mai fatto.
"
Kakashi Hatake aveva sempre lasciato che la vita gli scivolasse addosso, incapace di perdonarsi per la morte di Obito, un caro amico. Un'esistenza priva di legami profondi, almeno fino a quell'incontro.
Dedicata alle ragazze dell'Urd Café.
(SakuraxKakashi - KakashixSakura)
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Sakura Haruno, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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- Questa storia fa parte della serie 'KakaSaku collection '
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Capitolo 3
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“Calmati Obito! Dobbiamo restare lucidi!”
Una schiena, a pochissimi passi dal crepaccio.
“Se scendiamo ora, moriremo tutti e tre. Dobbiamo raggiungere il rifugio e chiedere aiuto!”
Uno sguardo furioso. Due iridi nere traboccanti di rabbia.
“Come puoi chiedermi di abbandonarla laggiù? Come?”
Un silenzio imbarazzante, scandito solo dalla pioggia.
“Non sappiamo nemmeno se è ancora viva…”
Angoscia, mista a preoccupazione…
“Dobbiamo essere razionali. La tua emotività non potrà che peggiorare le cose, non essere sciocco.”
Una calma irritante.
“Se ci calassimo laggiù adesso, potremmo non riuscire a risalire. Senza contare la possibilità d’essere travolti da una frana.”
Una  mano, stretta a pugno.
“Raggiungendo il rifugio avremo maggiori…”
Il colletto della giacca improvvisamente stretto con forza.
“Sei solo un vigliacco. Uno sporco codardo! Come puoi abbandonare Rin? Proprio tu, che sei il suo eroe!”
Rabbia e sdegno, in quegli occhi fissi su di lui.
“E’ quello che dobbiamo fare se vogliamo avere qualche speranza.”
Di nuovo la calma, che alimenta l’ira.
“Al diavolo tu e  la tua razionalità Kakashi! Io vado a salvare Rin!”




 
L’uomo si svegliò di soprassalto; la fronte bagnata e il fiato corto. Si guardò attorno per qualche istante, quasi cercasse conforto, incapace di realizzare subito dove si trovasse. Ansimò, mettendosi a sedere.
Erano quindici anni che quel sogno lo tormentava. Con l’avvicinarsi di quella data diveniva sempre più frequente. Ed ogni volta portava con sé con gli stessi effetti.
Kakashi si passò la mano sul volto, indugiando con le dita sulla cicatrice. Cercò di respirare con maggior profondità, incamerando più aria possibile, mentre il cuore tornava lentamente a battere in modo regolare. Allungò la mano verso il bicchiere d’acqua appoggiato sul comodino, conscio che, anche bevendo, non sarebbe stato in grado di sciogliere quel groppo in gola.
Una luce calda illuminava parzialmente la semplice stanza, penetrando dall’infisso socchiuso. Kakashi si massaggiò le tempie, tentando inutilmente di scacciare il pesante cerchio alla testa che lo infastidiva, evidente postumo della serata precedente. La sua attenzione si spostò poi sulla radiosveglia: i led rossi confermarono che il sole era sorto da un bel po’.
L’uomo si lascio ricadere svogliatamente sul letto, sospirando pesantemente. Non si sarebbe alzato, non ne aveva la minima voglia. Restò così, la mano destra sulla fronte e l’altra lungo il fianco, immobile fissando il candido soffitto. A tenergli compagnia solo qualche sporadico cinguettio proveniente da fuori.
Kakashi rimase immobile per un po’, lo sguardo fisso e vuoto allo stesso tempo.
In quella totale assenza di rumore riusciva ancora ad avvertire il rumore della pioggia, accompagnato dal fragore dei tuoni. Ricordava ogni particolare di quell’escursione: dall’entusiasmo di Rin, alla discussione con Obito poco prima della partenza; dai sorrisi, ai battibecchi; dalla gioia alle lacrime. Aveva custodito ogni dettaglio, ogni minimo dettaglio. Nulla era sbiadito nonostante il tempo trascorso. Poteva sentire distintamente quelle fredde gocce battergli sulla fronte accaldata, scendere lungo il viso ed impregnargli i vestiti. Poteva avvertirlo ancora, quel freddo sotto le unghie. Già, esattamente come l’odore della terra bagnata, inzuppata d’acqua come i loro abiti. Come dimenticare le sue mani coperte di fango, abrasioni e tagli, incapaci di provare dolore, e tese nel disperato tentativo di scavare il più rapidamente possibile per rimediare al più grande errore della sua vita.
S’era tormentato per giorni, mesi, anni, obbligandosi a ripercorrere quegli attimi istante per istante, come se quel dolore che gli straziava il petto, impedendogli di respirare, fosse l’unico modo per tentare di espiare la sua colpa.
Perché era stato lui a voler proseguire nonostante il temporale che li sorprese. Lui, che non s’era accorto di quel dannato tratto di sentiero scavato dalla siccità e poi eroso dall’abbondante pioggia. Lui, che aveva lasciato Rin sola al suo destino, cercando di raggiungere il rifugio in cerca d’aiuto. Lui, che aveva abbandonato Obito sul ciglio di quel crepaccio. Lui, che gli aveva voltato le spalle mentre l’amico  preparava corde e imbragatura. Lui, che una volta tornato indietro, nel tentativo di rimediare al suo stupido errore, s’era quasi cavato un occhio scivolando mentre si calava verso di loro. E sempre lui, che, lasciandosi sorprendere dall’improvvisa frana, aveva obbligato il suo più caro amico a mettere in gioco la sua stessa vita per salvarlo.
Perché Obito era morto per lui. Lui, che li aveva abbandonati entrambi.
Non esistevano giustificazioni. Nessuna possibile scusa.
Solo un imperdonabile, enorme sbaglio.
Così grande da essere costato una vita.
 
L’improvviso trillo del cellulare lo riportò alla realtà, evitandogli di sprofondare ancor di più nei ricordi.  Kakashi ne fu sollevato ma pensò comunque di lasciarlo suonare, restando dov’era, sicuro che fosse la classica telefonata di uno dei suoi compagni di serata desiderosi di sincerarsi delle sue condizioni fisiche e mentali.
Si girò di fianco, afferrando il cuscino e poggiandoselo sopra la testa, nel tentativo di attenuare quel rumore molesto. Non appena lo scocciatore s’arrese, Kakashi si liberò del guanciale lasciandolo cadere a terra, riportando poi lo sguardo verso il soffitto. Forse sarebbe riuscito a riprendere il sonno…
La pace invece, durò poco. Il telefono riprese a suonare incessantemente solo alcuni istanti più tardi. Arrendendosi all’insistenza di quegli squilli, si alzò svogliatamente raggiungendo la scrivania sul lato opposto della stanza, afferrando l’apparecchio abbandonato lì la sera precedente.
“Pronto…” Difficile mascherare il tono leggermente seccato.
“Alla buon ora, Kakashi!” La voce chiara e vivace di Tenzo lo destò del tutto. “Si può sapere che ci fai ancora a letto? E’ una splendida giornata.”
“Non ero a letto” biascicò lasciandosi sfuggire un mezzo sbadiglio.
“Certo…” Tenzo fece una breve pausa giusto per sottolineare quanto credesse all’affermazione dell’amico. “E perché non hai risposto prima allora?”
“Semplice, ero impegnato. Stavo bagnando le piante”. O meglio, temevo che fossi tu e non avevo voglia di rispondere.
“Kakashi…” Un nuovo attimo di silenzio. “Tu non hai piante…”.
Le sue scuse erano pessime, una più assurda dell’altra, ma solitamente Tenzo fingeva di crederci. Kakashi lo sapeva bene, ormai quel ragazzo era un libro aperto per lui. Per questo conosceva già il motivo che l’aveva spinto a chiamarlo in quel caldo pomeriggio. S’immaginò così Anko, in piedi accanto al collega, intenta ad incenerirlo con lo sguardo perché colpevole d’abbandono domenicale nei confronti della propria ragazza, preferendole quattro chiacchiere e una birra in compagnia di un amico.
“Ti aspetto da me tra mezzora, ho un progetto da farti vedere”. La comunicazione s’interruppe prima che potesse replicare.
Mentre riappoggiava il cellulare sulla scrivania, Kakashi sorrise divertito; anche le scuse di Tenzo non erano un granché.
Dovette ammettere però che stava diventando davvero scaltro; ormai lo conosceva così bene da sapere che, se l’avesse lasciato parlare, avrebbe in qualche modo declinato l’invito.
Guardò l’orologio da polso. Mezzora… Sarebbe certamente arrivato in ritardo e necessitava di una scusa credibile, quella dell’anziana vicina bisognosa d’aiuto non avrebbe retto nuovamente.
 
 
Il centro, in quel caldo primo pomeriggio, era stranamente affollato. Una lieve brezza soffiava dal lago, incapace però di sciogliere la calura. Ad attirare la gente nonostante l’elevata temperatura, un’apertura straordinaria con orario continuato dei negozi più in. Cosa che Ino non si sarebbe mai lasciata sfuggire.
Camminava da una vetrina all’altra da ore, trascinando con sé una Sakura ormai spazientita.
Scarpe, borse, accessori vari e vestiti… un’infinità di vestiti. La giovane Yamanaka aveva già fatto impazzire la maggior parte delle commesse del paese.  
“Hai almeno una vaga idea di quello che vuoi comprare?” chiese la giovane Haruno davanti all’ennesima parata di manichini, mentre il suo sguardo vagava alla disperata ricerca di una comoda, libera panchina dove sedersi e lasciare i pacchi che l’amica le aveva affibbiato. Non le era mai piaciuto fare il facchino e allo shopping avrebbe di gran lunga preferito un tuffo in piscina e un po’ di sole ma, nonostante sapesse che sarebbe finita così, non le andava di rinunciare ad un po’ di compagnia.
“Certo che no!“ replicò l’interessata intenta ad osservare un leggero abitino color pesca “Ci sono un sacco di cose carine, come posso scegliere?”
“Scegli e basta, non è così difficile!” si limitò rispondere Sakura alzando lo sguardo al cielo terso, nella vana speranza che la ragazza cogliesse il suo suggerimento.
“Non fare la guastafeste! E poi anche tu dovresti comprarti qualcosa di nuovo, non credi?” Lo sguardo divertito che Ino le rivolse le permisero di intuire esattamente dove l’amica stesse andando a parare. Riportò così l’attenzione sulla sua aguzzina, inarcando un sopraciglio. “Sapevo di non doverne parlare con te! E poi non mi serve un abito da sera per sistemare il conto della lavanderia.”
“Ne sei  sicura?” Un sorriso ancora più ampio si disegnò sul volto della giovane.
L’interesse di Ino per i pettegolezzi era risaputo; nulla le sfuggiva, soprattutto quando si trattava di appuntamenti vari e nuove coppie all’orizzonte. Più che un’aspirante futura dottoressa, sembrava un rotocalco di cronaca rosa vivente. Sakura, dal canto suo, credeva d’averci fatto il callo, ma non poté nascondere una leggera irritazione di fronte a tanta curiosità.
“Non fare quella faccia…” riprese la bionda notando la sua espressione infastidita “…è solo che credo ti farà bene uscire con qualcuno invece di startene in casa a deprimerti per quei due.”
“Non esco con nessuno! Come te lo devo dire? Ha solo insistito per pagare…”
“Certo, certo” Ino la interruppe, avvicinandosi più del dovuto prima di proseguire “ma magari… chi lo può dire, no? E poi Kakashi è davvero un bel uomo… anche se, in effetti, è un po’ troppo vecchio per te…”
Sakura osservava in silenzio l’amica intenta a farneticare qualcosa su una sua improbabile relazione con il loro ex sensei. Parlava e parlava, senza sosta. Avrebbe voluto strangolarla. O meglio, la vocina dentro la sua testa glielo stava caldamente consigliando. Perché Ino non era mai stata in grado di capire quand’era il momento di smettere e, a volte, le maniere forti erano l’unico modo per farla tacere.  
“Sei insopportabile!” sbottò ormai al limite della sopportazione, lasciando a terra le borse colorate e scrollandosi da dosso il braccio che la ragazza le aveva poggiato attorno alle spalle. “Possibile che tu debba vedere relazioni ovunque e fra chiunque?” continuò voltandosi verso l’unica panchina libera adocchiata poco prima, incamminandosi decisa prima che Ino potesse replicare in qualche modo.
“Ehi, dai… aspettami! Che ho detto di male?”.
Sakura la ignorò completamente, continuando dritta per la sua strada.
“Lo dicevo per te, perché hai bisogno di distrarti un po’!”
E come darle torto. In cuor suo Sakura sapeva quanto Ino avesse ragione; non poteva certamente restare perennemente chiusa in casa rimuginando sui problemi di quei due.
 
Già, quei due…
Sasuke e Naruto.
Naruto e Sasuke.
Loro, sempre loro nei suoi pensieri. E quella volta non si trattava di una futile sciocchezza come quelle che possono capitare fra i banchi di scuola. Sasuke s’era messo davvero nei casini e, sinceramente, non credeva che la sola testardaggine di Naruto avrebbe potuto aiutarlo ad uscirne.
Raggiunta la panchina, Sakura si lasciò quasi cadere su di essa. Era stanca, non poteva negarlo. Quella situazione la stava sfiancando, ed essere lasciata all’oscuro dei particolari la logorava più di ogni altra cosa. Si sentiva inutile. Inutile ed esclusa.
Credeva d’essere cresciuta abbastanza da non dover più essere protetta da Naruto. Si sentiva abbastanza matura e forte da poter aiutare Sasuke, qualunque fosse stato il suo problema, senza doversi appoggiare ad altri. Pensava anche di averlo dimostrato in qualche modo.
Eppure… eppure nulla era cambiato. Anche quella volta l’avevano lasciata in disparte.
Ormai erano trascorsi giorni dall’ultima telefonata di Naruto, e lei passava le sue giornate osservando in continuazione il cellulare, attendendo una chiamata o, quanto meno, uno stupido messaggio. Anche in quel preciso istante, senza rendersene conto, l’aveva tolto dalla borsetta.
Nessun messaggio, nessuna chiamata.
Forse avrebbe dovuto dar retta a Ino. Forse chiamare Kakashi non le avrebbe fatto male. Uscire per un caffè non era di certo un reato, e non significava nemmeno non preoccuparsi per gli amici. Non aveva motivo per sentirsi in colpa.
In colpa per cosa poi, non lo sapeva nemmeno lei. D’altronde restare ad osservare il display del telefono come un’idiota non avrebbe comunque risolto i problemi di Sasuke.
Invece un caffè e una chiacchierata le sarebbero certamente servite a distrarsi. Kakashi poi, non era uno sconosciuto. Magari parlarne con lui l’avrebbe aiutata. In fondo le era stato vicino altre volte in passato, con lui aveva sempre potuto parlare liberamente. L’aveva sommerso più volte con i suoi problemi adolescenziali e Kakashi l’aveva sempre ascoltata, risollevandola a modo suo. Perché, nonostante fosse un uomo di poche parole, quel suo tono pacato e quell’imperturbabile tranquillità con cui riusciva sempre ad affrontare i problemi, avevano sempre avuto lo strano potere di riuscire a farla star meglio.
Sakura alzò lo sguardo dal display ormai oscurato, spostandolo verso il lago.
Sì, se ne era finalmente convinta, l’avrebbe chiamato.
 
 
La casa di Tenzo restava fuori dal centro, in periferia. Nonostante lavorasse da poco, era riuscito a sistemarsi veramente bene, almeno secondo Kakashi. Aveva trovato un appartamento appena ristrutturato, in una graziosa casetta indipendente su due piani e con un piccolo giardino ben curato. Niente a che vedere con il suo bilocale in quel grigio condominio del centro.
Davanti al cancello in ferro battuto, Kakashi suonò il campanello ripetutamente, ad intervalli regolari, quasi a voler pareggiare i conti per l’insistenza dell’amico al telefono.
Per sua sfortuna però, invece di Tenzo, sul balcone uscì Anko.
“Ne hai per molto, Kakashi?” Impossibile non notare il suo tono irritato.
Quella donna era sempre stata intrattabile, a suo avviso. Non sapeva spiegarsi come Tenzo riuscisse a sopportarla da più di un anno.
“Non credevo ci fossi anche tu in casa… “ si giustificò, incurvando le labbra in un lieve sorriso.
“Non preoccuparti, sto uscendo.” Replicò la donna prima di sparire all’interno dell’abitazione.
 
Kakashi entrò nel giardino, percorrendo il viottolo d’ingresso e incrociando Anko sul portone principale. Un saluto veloce, un semplice gesto della mano, per poi salire le scale fino al secondo piano dove, dalla porta semiaperta, la voce di Tenzo lo invitò ad entrare. Dedusse che, probabilmente, era di sopra, nella piccola mansarda adibita a studio. Da bravo stacanovista qual era si portava il lavoro anche a casa.
L’ingresso era semplice, piccolo e ordinato. Kakashi lo oltrepassò trovandosi nell’ampio soggiorno. I mobili, rigorosamente in legno massello, erano in stile classico, disposti ad arte come solo un buon progettista d’interni come Tenzo sapeva fare. Alla sua sinistra, l’ampia portafinestra in vetro rendeva l’ambiente molto luminoso. Come in ogni stanza di quella casa poi, il pavimento era in parquet chiaro d’ottima qualità. Anche quel particolare era dovuto alla fissazione che il giovane architetto aveva per il legno. Chissà poi da dove gli veniva. Kakashi sorrise ricordandosi quando la prima volta che Tenzo lo invitò, mentre l’amico mostrava orgoglioso il suo lavoro, gli aveva chiesto scherzosamente se pure il frigorifero e il materasso fossero in legno massello attirando su di sé lo sguardo perplesso e contrariato del collega.
 
“Sono di sopra.” La voce di Tenzo dalla mansarda lo invitò a salire. Kakashi raggiunse la scala a chiocciola sulla destra del soggiorno e salì. Ad attenderlo al piano superiore, l’amico impegnato al tecnigrafo.
“Te l’hanno mai detto che non si dovrebbe mai uscire con le ex degli amici?” punzecchiò scherzosamente l’architetto intento a terminare la sua tavola.
“Beh… forse non dovresti lasciarti dietro una schiera di ex.” Rispose lui mentre tracciava l’ennesima linea. “Oppure, più semplicemente, non dovresti presentarle ai tuoi amici”.
L’Hatake sorrise divertito, prendendo una sedia e accomodandosi accanto all’uomo. La battuta sempre pronta era una delle caratteristiche che apprezzava di più in Tenzo.
“Dammi un secondo e sono da te…”.
Kakashi lo osservava destreggiarsi fra rette e curve, mentre cercava di terminare la pianta di quella che ipotizzò essere un’abitazione. Tenzo era davvero un tipo molto scrupoloso nel suo lavoro, attento ad ogni minimo particolare. Da come stava curando quella tavola, sicuramente doveva trattarsi di un progetto importante.
“Sai… visto così non sembri proprio il tizio che quasi tutte le sere se ne sta stravaccato sulla sedia di un pub, ubriaco o semi ubriaco, a litigare con le scritte sul tavolo” puntualizzò, attirando l’attenzione dell’amico. “Un giorno mi spiegherai come fai a riprenderti così in fretta.”
Le labbra di Tenzo disegnarono un sorriso sornione.
 “A differenza di te, sono ancora giovane. E poi… il caffè di Anko fa miracoli.” Disse alzandosi e spostandosi verso la scala prima di proseguire “Che ne dici di una birra in terrazza? Così facciamo due chiacchiere. O forse, per te è meglio una camomilla?”.
Kakashi lo osservò sparire di sotto prima di replicare “Una birra andrà benissimo…”
E pensare che una volta l’aveva pure baciato quel dannato seccatore. Non aveva mai saputo se anche il diretto interessato si ricordasse o meno di quel minuscolo particolare. Magari, la mattina dopo, il caffè di Anko era stato in grado di cancellare anche quello, insieme alla sbronza. Uno stupidissimo errore di gioventù dovuto alla classica sbronza post-esame, lo definì, rimasto solo ad osservare il punto in cui la figura di Tenzo era scomparsa.

 
La brezza fresca che soffiò dal lago le solletico il voltò. Sakura alzò di nuovo gli occhi al cielo terso prima di sobbalzare sorpresa.
“Allora? Sei ancora arrabbiata?” Il viso sorridente di Ino e un cono fiordilatte e fragola apparvero improvvisamente a pochi centimetri dal suo volto facendola trasalire.
Sciolse così l’espressione corrucciata in un leggero sorriso, afferrando il gelato che la ragazza le stava porgendo. Doveva riconoscere che l’amica sapeva come farsi perdonare.
“Per stavolta passi, ma…” Fece una breve pausa, incurvando nuovamente un sopraciglio.
Ino, leggermente preoccupata, la invitò a proseguire “Ma?”.
“Ma Kakashi non è vecchio”.
Sakura sorrise di nuovo. Un sorriso sincero, divertito, che Ino non vedeva sul suo volto da diverse settimane. Per questo si sentì sollevata; perché nonostante la loro rivalità in amore, e non solo, fosse palese, Ino considerava Sakura come una sorella. Non riusciva più a sopportare passivamente quella situazione. Vederla restare in casa per giorni ad aspettare la telefonata di Naruto le faceva ribollire il sangue. Sicuramente un caffè con Kakashi non avrebbe cambiato le cose, ma era pur sempre qualcosa. Un inizio, un punto di svolta per uscire da quello stato di rassegnazione che non s’addiceva minimamente al carattere forte di Sakura.  O almeno così lo vedeva lei.
“Lo sapevo! Allora ti sei decisa. Lo chiamerai, vero?”
Sakura sospirò arrendendosi.
“Sì, lo chiamerò.”



Continua...





Disclaimers:
Naruto ed i personaggi sopracitati non mi appartengono e non c’è lucro.




Mi rendo conto che la cosa sta andando un po' per le lunghe e spero mi perdonerete.
Ci mancava giusto questa strana idea del bacio fra Kakashi e Tenzo , tutta colpa  di Urd,  delle ragazze dell'Urd café e di skype XD
Grazie, come sempre, ad Aya88  per il betaggio^^



   
 
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