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Autore: Drop Of Blood    03/07/2011    2 recensioni
" Se il tutto si fosse svolto all'interno di un teatro, Marcus avrebbe interpretato una delle tante marionette che, inconsapevolmente, venivano manipolate per mezzo di invisibili, trasparenti fili.
Quelle parole non erano state partorite dalla sua illuminata mente, animata da sani principi e rispettabili valori, ma dalle instabili manie di grandezza di un vigliacco e sadico individuo che non aveva il fegato necessario a mostrarsi. "
Genere: Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Soltanto una vita vissuta per gli altri è una vita che vale la pena vivere. “


Einstein

 

 

 

 

Ho ricordi ben dettagliati di quel mattino di primavera.

Quel nove di Aprile mi svegliai presto,molto presto,alle sei ed un quarto circa.

Avevo i capelli incollati al viso,la nuca e le braccia imperlate di sudore.

Provai nuovamente ad addormentarmi,ma fu tutto inutile.

Decisi allora di alzarmi e di iniziare a prepararmi,anche se l'orario delle lezioni era ancora lontano.

Aprii l'armadio ed indossai una felpa grigia,un paio di jeans e le mie comode Converse nere.

Non sapendo cosa fare,decisi di rassettare la stanza.

Cercai di non far rumore;le mie compagne di stanza, Edith ed Allison ,stavano ancora dormendo.

A lavoro ultimato,diedi un'occhiata all'orologio. Sei e quarantacinque.

A quell'ora,l'unica persona sveglia,oltre a me,era il mio amico Marcus.

Aveva l'abitudine di alzarsi all'alba. Diceva che era il solo momento della giornata in cui poteva lavorare alle proprie idee,senza interferenze da parte di terzi.

Marcus era uno studente di Informatica al secondo anno,proprio come me.

Era un genio,avrebbe sicuramente fatto strada.

Harvard era fortunata ad avere un programmatore come lui.

Avrei tanto voluto avere un decimo del suo potenziale.

La sua stanza distava dalla mia circa un metro,ma per comunicare utilizzavamo le e-mail.

Odiavo disturbarlo,ma scambiare mail con lui teneva lontana la noia.

Marcus era imprevedibile,rompeva tutti gli schemi.

Quando pensavi di sapere come avrebbe risposto ad una domanda,ecco che ti sorprendeva.

Quella era una delle caratteristiche che più adoravo di lui.

Effettuai l'accesso alla mia casella di posta ed iniziai a scrivere una nuova e-mail.

 

Buongiorno,Genio. Cosa stai macchinando a quest'ora del mattino?

 

Selezionai l'indirizzo di Marcus e cliccai INVIO.

Dopo neanche mezzo minuto,arrivò la sua risposta :

 

Buongiorno. Come mai sei già in piedi? Sto lavorando ad un'idea.

 

Ricominciai a digitare.

 

Non ho sonno. Mmm,interessante. Di cosa si tratta?

 

La sua risposta non tardò ad arrivare :

 

Se ti va,vieni nella mia stanza. Ti illustro il progetto nei dettagli.

 

Misi i libri nella mia tracolla e,velocemente,uscii dalla mia stanza,avviandomi verso quella di Marcus.

Bussai una volta ed il mio amico venne ad aprirmi.

 - Ciao. - dissi,entrando e sedendomi sulla sedia accanto alla sua. Il suo Mac era acceso e mostrava decine di migliaia di righe di codici.

Marcus correva avanti ed indietro per la stanza,senza fermarsi un attimo.

Sembrava … Agitato. Lo osservai,cercando di capirne il motivo.

C'era qualcosa di diverso in lui … Non seppi dire con precisione cosa fosse;ma,quando si fermò,capii. I suoi occhi. Erano di una tonalità di verde più scura e sul fondo potevo scorgere alcune pagliuzze dorate.

- Ehi … Va tutto bene? - chiesi,titubante,conficcando le unghie nella superficie in legno della scrivania. Anche nel suo sguardo c'era qualcosa di diverso. Era … Teso,sofferente,ma anche … Rabbioso. Un brivido corse lungo la mia schiena. Paura. Sì,era un brivido di paura. Avevo paura del mio migliore amico.

- Sì,tutto bene. - rispose,passandosi una mano tra i capelli.

Improvvisamente,avvertii un forte dolore alla mano destra.

Una scheggia di legno mi si era conficcata nel palmo.

Percepii lo sguardo di Marcus su di me. Mi voltai nella sua direzione.

Stava avanzando verso la scrivania. Era come … Posseduto.

Sentivo la gola bruciare,come avessi ingoiato tizzoni ardenti.

E … Quella sensazione …

Sobbalzai. Marcus era accanto a me e mi sfiorava il palmo della mano.

  - Lascia stare,non è niente di grave. - dissi,scostando la mano.

- No,fa vedere. - così dicendo,la riprese tra le sue e,delicatamente,estrasse la scheggia. Mi morsi il labbro inferiore per trattenere un lamento.

Un rivolo di sangue scendeva lungo il mio braccio. Marcus lo avvicinò alle sue labbra ed iniziò a leccare il liquido rosso. Ero confusa. Non capivo cosa stesse succedendo. Chiamai più volte Marcus,ma questo sembrava caduto in uno stato di trance. Decisi di reagire. Allontanai il braccio e lo colpii con uno schiaffo in pieno viso.

Accadde tutto in un secondo. Mi ritrovai con le spalle al muro ed il suo viso a pochi centimetri dal mio.

- Mi … Mi dispiace. Per favore,va via di qui,prima che ti uccida.- le sue parole furono quasi un sussurro.

Non me lo feci ripetere una seconda volta. Presi la mia tracolla ed uscii dalla sua stanza,correndo verso la mia.

Non appena fui dentro,mi distesi sulle soffici coperte del mio letto e,senza neanche rendermene conto,caddi in un sonno profondo.

 

Mi svegliai di soprassalto. Diedi una rapida occhiata alla sveglia. Erano le

diciannove e cinquantasette. Mi alzai ed andai alla finestra. Il cielo

era rossastro,con leggere sfumature di giallo,arancione e viola.

Impossibile. Avevo dormito per tutto il pomeriggio. Tesi le braccia ed avvertii un

forte dolore alle articolazioni. Ed il bruciore …

Percepii uno spostamento d'aria. Perlustrai velocemente la stanza e notai un oggetto di metallo vicino al letto di Edith. Era una gabbia ed al suo interno c'era un piccolo coniglio bianco. In un angolo della gabbia c'era un cartoncino color panna piegato in due. Liberai il coniglio e presi il cartoncino. Riconobbi immediatamente la calligrafia di Marcus. Recitava il seguente messaggio :

Ehi.

Io … Non so da dove iniziare.

Noi … Non dobbiamo più vederci.

Ci sono un sacco di cose che vorrei spiegarti.

Hai il diritto di sapere,ma non posso dirti tutto.

Col tempo,solo col tempo,capirai.

Sì, questo è un addio.

Credimi,è per il bene di entrambi.

Stammi lontano,non provare a cercarmi.

Non posso rischiare di farti del male,ce l'avrei con me stesso per l'eternità.

Perchè? Perchè a te ci tengo. Più di quanto immagini.

Addio,

Marcus.

 

 

Un gocciolina salata scese a bagnarmi la guancia.

No,lui no.

Perchè?,pensai. Perchè tutte le persone cui tenevo,cui volevo bene,mi abbandonavano? Mi rannicchiai in posizione fetale. Il legno del pavimento era liscio e freddo. Qualcosa di morbido mi passò accanto.

Era il coniglio. Lo osservai : aveva una zampina ferita. Piccole gocce color cremisi macchiavano il suo pelo. Erano come …Gocce di colore su una tela immacolata.

Mi alzai da terra e presi quel candido batuffolo fra le mani.

Aveva un odore … Delizioso. Qualcosa mi diceva che quella bestiola,in qualche modo,sarebbe riuscita a lenire il dolore alla gola.

Delicatamente,le diedi un morso,e sentii il dolce sapore del suo sangue sulla mia lingua. Bastò una sola goccia di quella delizia per spegnere quel bruciore. C'era un problema,però. Non mi bastava. Ne volevo ancora ed ancora.

Strinsi il candido pelo tra le dita ed affondai maggiormente. Dopo due minuti,sentii i tessuti cedere e lasciai che la carcassa cadesse,con un tonfo sordo,sul pavimento. Andai in bagno e mi guardai allo specchio. Stentavo a riconoscermi. I miei occhi erano circondati da vene violacee e le mie pupille vitree. In esse non vi era alcuna traccia di vita o … Di umanità.

In quel momento,il mio cellulare vibrò. Lo tirai fuori dalle tasche dei jeans.

 

Un nuovo messaggio da Andrew;recitava il display.

 

Andrew era il mio gemello. Lui,come me,studiava ad Harvard. A differenza della sottoscritta,però,non aveva un bel rapporto con la tecnologia. Usava di rado il suo portatile;solo per controllare la sua casella di posta. Era iscritto al corso di Economia. Avevamo molti amici in comune,a cominciare da Marcus.

Tremante,aprii il messaggio ed iniziai a leggerne il contenuto.

 

Charlie,devo vederti. Non ho idea di cosa stia succedendo.

E' terribile,orrendo. Sono sotto la finestra della tua stanza.

Scendi,ti prego. Ho bisogno di sapere che stai bene.

Andrew.

 

No,non poteva essere.

Uscii per la seconda volta dalla mia stanza e mi precipitai verso l'uscita del dormitorio. Una volta fuori, dovetti attendere alcuni secondi affinchè i miei occhi si abituassero all'oscurità della notte. Mi guardai attorno ed intravidi una sagoma scura poggiata al muro di mattoni rossi,accanto alla statua di John Harvard.

Mi avvicinai,incerta. Mi sentii sollevata,nel riconoscere il viso di mio fratello. Mossi qualche altro passo nella sua direzione,e rimasi sconvolta da ciò che vidi.

Il viso di Andrew era il riflesso del mio. Il dolce sorriso che aveva sempre dipinto in volto era scomparso,sostituito da un'espressione d'odio. La sua pelle era cosparsa da macchie di sangue. Notai,in un secondo momento,che sulle spalle portava un enorme sacco color corda. Senza proferir parola,lo aprì. Mi tappai la bocca con una mano,per impedire alle urla di terrore di uscire e squarciare il silenzio che circondava il dormitorio. Ashley Johnson,studentessa di Legge dell'ultimo anno,aveva tagli profondi ad entrambi i polsi,il collo ricoperto da enormi lividi giallastri,il volto cereo. Ed i suoi occhi,così blu e pieni di vita … Erano inquietanti,avevano visto qualcosa di orribile,avevano conosciuto la Morte.

Ashley Johnson aveva vissuto gli ultimi istanti della sua esistenza guardando la Morte negli occhi. Si era aggrappata con forza alla vita,aveva lottato contro il suo orrendo destino,ma l'Oscurità aveva vinto,trascinandola con sé,inesorabile.

La Morte non era come tutti se l'aspettavano. Non era uno scheletro avvolto da un mantello nero. Aveva occhi color cioccolato e capelli di bronzo.

Capii,allora. L'Odio che Andrew provava era verso se stesso,verso ciò che aveva fatto. D'istinto,abbracciai mio fratello,lasciando finalmente che le lacrime scendessero a solcarmi le guance.

- Anche tu … - disse;la voce gli tremava.

- Cosa … Cosa ci sta accadendo,Andrew? Perchè a noi? Io … Non posso e non voglio credere a tutto questo. Allora le … Le storie che ci raccontava zia Kristen da piccoli … Erano vere. - mormorai,cercando di calmare i singhiozzi che scuotevano il mio corpo.

- N-non lo so,Charlie. So solo una cosa : dobbiamo andarcene. Scappare. Charlie ed Andrew McKeith non sono mai esistiti. O almeno,dobbiamo far finta che sia così. - concluse,senza smettere di stringermi.

Aveva ragione,pienamente ragione. Non potevamo proseguire con le nostre vite come niente fosse. Perchè niente sarebbe mai più stato come prima.

Osservai il cielo,privo di stelle;nero come il mio cuore,nel quale non rimaneva neppure un briciolo di speranza.

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