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Autore: UkyTwitch    17/07/2011    5 recensioni
« Sarebbe stato fantastico se fossimo morti tutti stanotte,vero?»
Mentre il ragazzo pronunciava queste parole, a Clarissa parve che per un attimo la pioggia si fosse trasformata in neve, e che il bianco dei fiocchi si fosse confuso con quello della sua pelle.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Iniziò tutto quella notte.

O forse è meglio dire che finì tutto quella notte. Per Clarissa, almeno, fu così.

Era da ore che correva. Aveva ormai attraversato l’intera città, superato la nauseabonda periferia e aveva barcollato fuori dalla strada per poi inginocchiarsi sull’erba pungente, lo sguardo perso nel vuoto del cielo.

 

“Durante l’operazione c’è stata una complicazione.

Abbiamo dovuto amputare entrambe le gambe.

Rimarrà da noi ancora qualche mese, poi vi segneremo tutte le medicine che dovrete somministrargli durante il… breve… periodo in cui potrà stare con voi.”

 

Non era vita. Non poteva essere vita.

Le parole del dottore rimbombavano nella sua testa con un’insistenza che la stava facendo impazzire. Una dolce e leggera pioggerellina iniziò a scendere sul suo viso, come se il cielo cercasse di consolarla.

Le sue lacrime si confusero con le gocce di pioggia, il suo grido venne accolto e assorbito dalle nuvole.

Proprio dopo che la sua voce disperata ebbe perforato il silenzio di quella notte, i suoi occhi scorsero qualcosa nell’oscurità. Qualcuno.

Nonostante il buio, la sua figura era ben delineata e Clarissa poteva esaminarne ogni singolo particolare, come se la sua pelle emanasse un’evanescente luce pallida, proprio come quella della luna. Il suo viso, bianco come il latte, era rivolto verso il cielo; Clarissa non poteva vedere di che colore fossero i suoi occhi, ma era ben visibile tutto il nero che li contornava, lo stesso nero dei suoi capelli; anche il suo abbigliamento era piuttosto singolare: portava una giacca nera e bianca che ricordava un po’ quelle dei presentatori del circo che si vedevano nei cartoni, dei pantaloni neri con dei bottoni bianchi che, da poco prima della caviglia, scendevano fino agli orli e degli stivali neri.

Mentre Clarissa era intenta nella sua osservazione, il ragazzo volse la testa verso di lei, che notò i suoi tratti incredibilmente fanciulleschi. Non appena i loro sguardi si incrociarono, lui sorrise candidamente, ma il suo era un sorriso triste, bellissimo, ma incredibilmente triste.

 

« Sarebbe stato fantastico se fossimo morti tutti stanotte, vero?»

 

Mentre il ragazzo pronunciava queste parole, a Clarissa parve che per un attimo la pioggia si fosse trasformata in neve, e che il bianco dei fiocchi si fosse confuso con quello della sua pelle.

Guardò ad occhi sbarrati il ragazzo svanire, portato via dalla pioggia e dal buio. Che fosse stato un sogno? Un’allucinazione dovuta allo shock e alla stanchezza? Era più che plausibile, poiché lui aveva pronunciato le stesse parole che lei si era ripetuta nella mente innumerevoli volte quella notte.

Si alzò, le gambe tremanti. Più volte pensò di accasciarsi lì e addormentarsi nel fango, ma alla fine riuscì ad arrivare in periferia e da lì a prendere l’autobus che l’avrebbe portata a due passi da casa.

Trovò sua madre che dormiva sul divano. Il mascara e l’ombretto erano colati sulle sue guance seguendo la strada delle sue lacrime. Clarissa le mise delicatamente un plaid addosso, badando bene a non svegliarla, poi andò a farsi una doccia calda, l’ideale in quella notte d’autunno. Mentre il getto d’acqua la inondava e la isolava dal resto del mondo, non poté fare a meno di pensare al ragazzo dalla pelle bianca. Più visualizzava l’immagine nella sua mente, più si convinceva che non era stata un’allucinazione. Più ripensava al suo sorriso triste, più sentiva la voglia di incontrarlo di nuovo crescere in lei. Andò a letto priva di sonno. Chi era quel ragazzo? Come aveva fatto a sapere cosa stava pensando? Perché si trovava lì? Come aveva fatto a sparire? Continuava a porsi tutte queste domande senza riuscire a darsi una risposta plausibile. Poi, all’improvviso, la frase che le aveva detto, con l’esatto timbro di voce e l’identica e inquietante musicalità con cui era uscita dalle sue labbra, le si stampò in testa. Aprì gli occhi, fissò il soffitto. Li richiuse. Nonostante il macabro contenuto di quel che le diceva, il ricordo della sua voce la cullava e rilassava. C’era però un’ombra di inquietudine in quel rilassamento, ma anche quell’altra faccia della medaglia aiutava a rendere il ricordo del ragazzo dalla pelle bianca un ricordo piacevole, dolce, spaventoso, interessante.

Voleva a tutti i costi incontrarlo di nuovo.

Non sapeva che il suo desiderio si sarebbe avverato prima di quanto potesse immaginare.

***

Uuh... Il primo capitolo di una storiella ispirata dall'album The Black Parade. Un capitolo molto corto,sì,ma su Word sembrava più lungo. Perdono ;-; Ehm... Che dire? È la prima storia che posto qua su EFP... C'ho un'ansia addosso che non v'immaginate u.u'' Beh,ditemi che ne pensate *incrocia le dita*

Enjoy. ♥

Uky

  
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