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Autore: Aleena    18/07/2011    6 recensioni
Due fazioni, diverse tra loro come il Giorno e la Notte, un'antica tregua infranta.
Due eroi.
Due mondi divisi dalla luce.
Benvenuti nelle Terre Rare.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Introduzione - NOTTE
 

 
Piccolo spazio-me:
Questo romanzetto (perché tale lo considero) è frutto della mia fantasia, così come alcune delle creature che inserirò (poche a dire la verità). Le altre fanno parte del bestiario e dell’ambientazione fantasy. Ho voluto inserirvi quante più creature possibile, perché le mie Terre Rare le immagino come un mondo dalla popolazione molto varia. Un mondo enorme, peculiare anche dal punto di vista del progresso. Vedrete!
La stesura è particolare: questo capitolo parte all’incirca dai tre quarti della storia –una sorta di piccolo sguardo al futuro, tanto per stuzzicarvi un po’. Dal prossimo, la storia sarà lineare e si svolgerà fino ad arrivare qui. I capitoli si divideranno in Giorno e Notte, ognuno con una sua storia.
Per il resto… ho inserito due piccole note a piè pagina (spero non siano superflue!).
Vi lascio la capitolo! Mi raccomando, fatemi sapere che ne pensate!
Ah… vietato copiare/riportare altrove questo (integrale, sue parti, i personaggi etc etc) senza il consenso dell’autrice (ovvero la sottoscritta) U_U
 
 


 
I Capi avevano scelto quel luogo perché era alle propaggini meridionali dei loro regni, lontano dalla città quanto bastava per renderli invisibili e nella congiunzione esatta dei confini di ogni dominio.
Era una scogliera, una lama di roccia che cadeva a picco verso l’oceano, illuminata da cerchi concentrici di torce che sibilavano e schioccavano al vento salmastro della notte. Sulla sommità, una tenda molto ampia e dall’aspetto decisamente malandato –quasi fosse stata tenuta per secoli chiusa in un baule- attorno alla quale si affaccendavano decine di figure silenziose. Un basso mormorio proveniva da oltre il tessuto, troppo flebile per non essere nascosto dal chiasso che saliva dal fondovalle, dove l’accampamento era cresciuto sui tre fronti.
Ad ovest, sulla larga linea della spiaggia a poca distanza da dove l’ammiraglia della flotta era alla fonda, quello dei Neutri: una decina o poco più di tende di cotone grezzo color della sabbia per la maggior parte disabitate. I corsari -vestiti di cotone blu e camicie bianche- preferivano il mare, ma occorrevano delle sentinelle per presidiare l’approdo.
A sud invece c’era una torre in pietra circondata da piccole casette -non più di una stanza ciascuna- ammassate senza ordine le une sulle altre, troppo poche per ospitare l’ingente esercito ivi radunato; era questo il fortino più orientale dei Rei, illuminato da troppe torce e presidiato da guardie vestite di nero e viola.
A nord est della scogliera, arroccate al limitare di roccia e bosco, c’erano una serie di casermoni bassi di legno scuro, sorti nel giro di una notte e difesi da una muraglia di tronchi appuntiti: l’accampamento dei Puri, troppo chiari nella notte con le loro divise di un giallo tenue.
La vita fremeva negli accampamenti, scudieri e soldati semplici che lucidavano armature ed affilavano spade, servetti che correvano fra una tenda e l’altra al suono di ordini perentori, portando secchi stracolmi d’acqua o di cibo; cuochi cuocevano decine di pietanze diverse sugli enormi fuochi della spiaggia, nei forni sotterranei del fortino, nelle cucine al centro dei casermoni. Nella torre di roccia puttane esibivano la merce fra le righe dei soldati, offrendo un diverso modo per scaldarsi in quella notte troppo tiepida di inizio autunno, mentre sulla spiaggia i marinai scalpitavano, cantando canzoni sugli oceani e le città lontane dalle quali provenivano, sulle donne che avevano amato, sulle tempeste che li avrebbero per certo colti se fossero rimasti troppo a lungo ancora alla fonda.
L’accampamento in legno era apparentemente silenzioso: nelle stanze cantori e flautisti e poeti davano sfoggio della propria abilità nell’arte; molti di loro erano guerrieri senza pietà né paura quando occorreva, ma nessuno l’avrebbe potuto mai dire, vedendoli cantare d’amore e suonare e danzare.
Fremeva la vita negli accampamenti, ma non ce n’era nella terra di confine: nessuno si muoveva fra una fortificazione e l’altra, né c’erano contatti fra i soldati dei diversi schieramenti. Troppo rischioso; nessuno dei Capi avrebbe dato agli altri un motivo per distruggerlo, non durante la tregua.
Erano tutti riuniti nella grande tenda sulla scogliera, i Capi: tre figure ammantate e mascherate sedute attorno ad un tavolo rotondo, circondate da cinque guardie ciascuno, disarmate ed a volto coperto. Non erano premesse armi di sorta all’interno della tenda -nessun Capo si fidava della parola dell’altro: erano in uno stato di pace-guerra da troppo tempo, in stallo ed in attesa. Ma la situazione richiedeva che fossero alleati, loro malgrado.
Accadeva di rado un concilio del genere: l’ultimo, non meno di un secolo e mezzo prima, aveva stabilito importanti linee guida nell’arruolamento, e fra loro ora riuniti uno vi aveva partecipato; eppure, la motivazione che li conduceva lì era fra le più gravi mai affrontate dal tempo dello Scisma.
Il tavolo era diviso da tre linee che si congiungevano al centro, ognuna di loro a delimitare una sorta di triangolo a base curva di un colore diverso, blu mare per i Neutri, viola per i Rei e giallo pallido per i Puri, gli stessi colori che indossavano i capi e il loro seguito.
«Urge un attacco in forze, preventivo e fulmineo, così da abbattere definitivamente ogni tentativo di ribellione» grugnì il Capo vestito di viola e nero, battendo la mano sul tavolo per dare enfasi alle sue parole. Aveva una maschera a forma di volto di donna, demoniaca e sensuale, ma la sua voce ed il suo accento tradivano il suo essere un maschio d’arpia, sebbene le vesti larghe nascondessero la sua fisicità quasi totalmente.
«Proponi una guerra che nessuno di noi può vincere. Ed io non ho intenzione di andare al macello per soddisfare il tuo ego, Seh’rean» ruggì il Capo vestito di giallo, non lasciando dubbi sulla sua natura. Aveva una maschera a foggia viti e rami incrociati, i tratti del volto appena abbozzati.
«Possiamo, invece! E lori ci hanno sfidati. Intendi restare a guardare mentre si fanno beffe di noi, intendi aspettare finché la loro potenza non crescerà al punto di schiacciarci? Da che parte stai, Vento di Inverni?» Seh’rean gracchiava parlando, emettendo fin troppo spesso versi gutturali, non abituato ad usare la lingua comune.
«SE davvero l’hanno fatto, non credo sia stato per boria o vanità. Le forze le hanno già, i loro adepti se li allevano, non li rubano né tantomeno attendono che vengano da loro» rispose Vento di Inverni, masticando le parole così che parevano simili ad un ringhio minaccioso, mitigato dalla sua incapacità a pronunciare bene le r.
«Sono più prolifici, senza dubbio, ma la maggior parte di loro sono umani» Seh’rean sollevò una mano, indicando alle sue spalle i guerrieri del suo seguito; un centauro baio dall’aria nervosa, un nano tozzo, un minotauro, un lupo e un’evanescente salamandra*. Tutti a petto nudo tranne la femmina, chiaramente riconoscibili se non per le maschere che indossavano.
«Dimentichi la loro arte» ribatté pronto il signore dei Puri, piegando il busto in avanti. Le dita iniziarono a tamburellare sul legno giallognolo, nervose.
«Arte… qualunque creatura muore con una lama sulla gola, o una pallottola in testa. Sul corpo a corpo, abbiamo il vantaggio, Cacciatore»
«Il corpo a corpo si può evitare, Seh’rean. Sulla distanza, sono notevolmente più forti»
«Ma lenti a castare, per la maggiore. Ed anche noi abbiamo armi utili sulla distanza»
I toni avevano cominciato a scaldarsi, da entrambe le parti. Erano giorni che discorsi del genere andavano avanti.
«E loro scudi. Dimentichi gli Illusionisti, Re di Roccia» il tono con cui Vento di Inverni pronunciò il titolo del Reo era carico di derisione.
Lo sanno.
«E tu poni troppa fiducia in loro. Il nostro bel Narciso qui ha i cannonieri più formidabili di tutte le Terre Rare» disse l’arpia, facendo un laido cenno verso il capo vestito di blu, che non rispose né si mosse.
«Li ho visti all’opera, Seh’rean. A tua differenza» riprese il Cacciatore, senza degnare il Narciso di alcuna attenzione «Nessuna dichiarazione formale ci è giunta» concluse, perentorio.
L’arpia si mise a ridere sguaiatamente, battendo il palmo sul tavolo come un pazzo «E tu proporresti di attendere fino a quando non ci saranno in casa? Credi davvero che avvertiranno prima di calare a macellarci addosso? Sono tre anche loro, o l’hai dimenticato? » lo scherno nella sua voce era evidente. Rideva in faccia al Cacciatore, che sembrava sul punto di saltargli alla gola.
Le loro marionette non sanno neppure mantenere la calma. Come faranno a decidere qualcosa?
Il suono di una campanella fece morire in gola la risposta a Vento di Inverni. Tutti si girarono verso il lato blu della tenda, a guardare la figura femminile che aveva richiamato l’attenzione. Tutti i Neutri indossavano maschere bianche dai tratti austeri, i lineamenti appena abbozzati, inquietanti nella loro semplice severità. I pirati avevano il corpo interamente coperto da lunghi mantelli, che nascondevano il sesso e la razza; solo la femmina era riconoscibile come tale, il seno scoperto dalla scollatura tipica delle puttane.
Il Capo si schiarì la voce.
«Parlate di dormire od attaccare. Ma nessuno di voi propone di parlamentare. Abbiamo una tregua, che nessuno ha fino ad ora infranto. Perché arrischiarci ad una guerra che ci distruggerebbe o restare fermi ad attendere la morte senza provare a risolverla a favore di entrambi» il maschio, forse un elfo dei laghi a giudicare dal poco accento, sollevò una mano, zittendo le risposte degli altri con garbo «è un occasione per valutare le loro forze. Incontriamoli in territorio neutrale, vediamo cosa presenteranno noi, indi decidiamo»
La campanella suonò ancora.
 
Molto più tardi, sulla nave, la femmina vestita di blu si tolse mantello e vestiti. Era una donna** molto giovane, dall’avvenenza strana e gli occhi un poco a mandorla, leggermente pieganti e d’una sfumatura viola. Un ibrido, si sarebbe pensato, vedendola in volto.
C’erano due maschi avvenenti e coi capelli blu che l’attendevano sul grande letto a baldacchino della cabina del comandante, sorseggiando brandy delle città della luce.
«C’è un traditore, fra noi. Ma chi tradisca, non so» sussurrò la ragazza nuda, attraversando la stanza. Aveva i capelli color del mare che identificavano la guardia del Capo.
I due maschi -un uomo ed un elfo- non le dedicarono nemmeno un’occhiata lasciva, limitandosi ad accigliarsi.
«Domani sceglieremo» sentenziò l’elfo. Aveva una voce modulata, la cortesia nei gesti. La sua età era indefinibile, anche se appariva giovane. La ragazza annuì, quindi si volse verso un grande armadio incassato alla parete, dando le spalle ai due maschi.
«Dove vai?» chiese preoccupato l’uomo, anche lui poco più di un ragazzo, distendendosi sul letto.
«Da Seh’rean, per quanto mi disgusti. E da Vento di Inverni, poi. Devo capire chi è che servono» disse la ragazza, indossando un abito bianco –il colore della tregua. Il vestito aveva lo scollo troppo ampio, della stessa forma di quello che aveva indossato nella tenda. I due maschi sapevano cosa voleva dire.
«Non devi farlo, bella Rosa Blu» disse l’elfo, improvvisamente serio «questa notte, resta con noi»
«Devo. Anche se spero non chiedano. Non riuscirei a farmi toccare da quel pazzo di Seh’rean. Mi fa ribrezzo» un brivido le passò lungo le braccia pallide; storse la bocca, allacciandosi un sandalo ed avviandosi verso la porta.
«Fermati» ordinò l’uomo, alzandosi di scatto per prenderla.
Arrivò troppo tardi.
La Rosa aveva già lasciato la stanza.
 


 


* creature mitologiche; io le ho intese simili a quelle della mitologia celtica, ovvero una sorta di fate del fuoco. Per intenderci, vedetele come creature dalle sembianze umane, capaci di crearsi ali infuocate, il cui habitat sono fuochi e crateri di vulcani.
 
** avrete notato che uso il termine femmina e maschio, genericamente, per indicare una creatura di quel sesso. Il termine donna ed uomo indica solo gli esseri umani di sesso femminile o maschile (come elfo od elfa indica creature maschi e femmine di razza elfica). Magari sembra banale, ma è per non far confusione. Ragazzo e ragazza sono generici, ossia applicabili a qualunque razza :) 
  
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