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Autore: winry8827    19/07/2011    2 recensioni
La storia è ambientata nella Romania del diciannovesimo secolo.
Thomas, medico americano, compie un viaggio alla ricerca delle sue origini a Hunedoara, città natale dei suoi nonni paterni. Qui incontrerà Matyas, un uomo ricco e benestante, discendente della famiglia Corvino. I due istaureranno un'amicizia, ma tutto non è come appare.
Genere: Mistero, Sovrannaturale, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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 *** Capitolo Secondo ***

Corrispondenze

 






Il sole spuntò tra le nubi, che coprivano il cielo, forse in giornata avrebbe piovuto.
Thomas, che la sera precedente era crollato esausto, si svegliò di buon ora con il proposito di scrivere al padre per informarlo di essere arrivato.
 
 
Caro padre, la informo di essere arrivato da poco ad Hunedoara. Il treno prima, la carrozza poi, hanno portato un notevole ritardo, ma fortunatamente ho trovato un’ottima sistemazione per la notte.
Un gentile compagno di viaggio mi ha ospitato nella sua dimora. Mi scuso per il ritardo nel dare mie notizie, ma cause di forza maggiore mi hanno impedito di scrivere.

Cordialmente, Thomas
 

Scrisse poche cordiali righe, più d’obbligo che di piacere.
Il rapporto con il padre non era mia stato buono, anzi.
I due litigavano spesso e per motivi futili, Tom come lo chiamava Carol -suo padre- insisteva per conoscere l’origine della sua famiglia, dei suoi nonni, il perché fossero fuggiti dalla Transilvania.
Le sue erano domande infantili, curiosità da bambino che portarono a dissapori decennali.
Carol si rifiutava semplicemente di rispondere.
Un bambino curioso delle sue origini, chiedeva solo una risposta alle sue domande, ma la freddezza dell’uomo era disarmante.
Cinico non dimostrò mai il suo affetto, né per Tom, il figlio maggiore né per Camille, la più piccola dei Miller -forse- era questa la causa reale dell’astio verso il padre.
 Un rapporto speciale, legava i due fratelli. Mossi dalla stessa curiosità, fantasticavano spesso sulla Transilvania, sui nonni e sulle leggende locali, chiedendosi spesso –da piccoli- se fossero vere.
Scrisse poche righe anche alla sorella, le quali dicevano:
 
Mia cara Camille, sono giunto stremato nella città natale dei nostri nonni, ma non ho potuto visitarla.
Era notte fonda, quando sono arrivato, ma fortunatamente ho conosciuto un uomo disponibile che mi ha ospitato. Pensa è un discendente dei Hunyadi, se il cognome non ti ricorda nulla nella sua lingua madre, forse, la il soprannome ti suonerà familiare, Corvino.
Io ricordo ancora i racconti della nonna, le leggende legate a questa famiglia.
Rammento che ci narrava l’origine della loro disgrazia, del male che profanò il castello per anni e delle morti avvenute all’interno di quelle mura.
A ogni modo, non immagini la disponibilità di Matyas. Un uomo gentile, ma al tempo stesso inquietante. Il suo suardo di ghiaccio cattura il proprio interlocutore. Non pare malvaglio, ma non saprei spiegarmi meglio, avverto qualcosa di strano, sarà l’atmosfera del luogo e tutte le tragiche storie che ho ascoltato da piccolo.
Per ora non ho scoperto nulla sulle nostre origini, ma presto avrai mie notizie.

Tuo Thomas
 

Non desiderando affidare le sue righe ai maggiordomi, decise di recarsi in città.
Uscito dal palazzo un maggiordomo, vecchio e stanco, disse:
-Signore la carrozza è pronta
-In non l’ho chiesta!
Affermò l’altro
-E come pensa, Signore, di arrivare in città?
A quella domanda sarcastica fu costretto ad accettare.
Durante il tragitto pensò, che Matyas dovesse possedere più di una carrozza e, forse, una decina di cavalli, una stalla per ospitarli e più di un cocchiere, ovviamente.
Il suo nuovo amico, oltre ad essere ospitale, era molto ricco.
 
Durante il breve viaggio, che lo condusse in città, potè finalmente apprezzare le meraviglie del posto.
Dalla piccola finestra del veicolo notò l’immensità della fortezza, che possedeva una massiccia struttura difensiva, un ponte levatoio lungo e robusto, sorretto da catene molto spesse, quell’edificio avrebbe retto a qualsiasi attacco.
Il castello era possente e dall’esterno appariva in tutta la sua grandezza.
Le torri svettavano verso il cielo, dominando l’intero paesaggio.
 
Situato su un altopiano roccioso, era –così- immerso nella natura, fitta e selvaggia, che lo circondava e avvolgeva.
Alberi alti e di varie specie si ergevano maestosi, dal sentiero attraversato si notava il torrente, che forse scendeva da una montagna vicina e che riempiva il fossato della grande fortezza dei Corvino.
Giunto in città, passò la maggior parte del tempo in biblioteca, cercando informazioni sul suo benefattore.
Scoprì che il castello appartenne alla dinastia degli Hunyadi, regnanti dell’Ungheria, ma poi passò ai territori della Romania nel 1541.
Si narrava che Mattia Corvino, un antenato dell’amico, avesse rinchiuso il conte Vlad per sette lunghi anni, nonostante inizialmente i due fossero alleati contro gli Ottomani.
Ma l’eccessiva violenza dell’Impalatore contro i mercanti Sassoni, costrise Mattia a invadere la Valdacchia e a imprigionare il suo –ormai- ex alleato.
Si racconta, che Vlad III ricevette un trattamento di lusso dal suo carceriere, la sua non fu una prigionia a tutti gli effetti, ma un soggiorno –per quanto forzato- poco spiacevole.
I testi consultati da Thomas non spiegavano il motivo del rilascio, sebrava che nessuno conoscesse perché Dracula fosse stato liberato.
Trascorse la sua giornata immerso tra libri e documenti, scoprendo aneddoti e curiosità su quel luogo.

La luce cominciò a scarseggiare nella vasta biblioteca, così il dottore si rese conto di quanto tempo avesse trascorso sui testi, ma nonostante ciò non era stanco, anzi ancora più curioso, sarebbe rimasto se non fosse giunta l’ora di cena.
Decise così di recarsi in una locanda vicina, la quale appariva come una taverna e, infatti, molte erano le persone ubriache.
Ciò che gli fu portato nel piatto non riuscì ad identificarlo, così come non riuscì nemmeno a pronunciare il suo nome. Lo ordinò semplicemente incidandolo.
Appena assaggiato si pentì della scelta e affermò sicuro
-Non bisognerebbe mai magniare qualcosa che non si sa nemmeno chiamare con il proprio nome.
Indeciso se continuare o meno il suo pasto, un dubbio cominciava a crescere.
Doveva cercare un posto per la notte, oppure ritornare al castello?
L’ospitalità di Matyas era stata ben accetta e non gli spiaceva affatto essere servito dai maggiordomi, non aveva –ancora- visitato l’enorme libreria della famiglia, ma d’altronde non voleva disturbare.
Era indeciso, così pensò che sarebbe stato meglio tornare alla fortezza, dove aveva lasciato i propri averi.
Mentre attendeva una carrozza, il raggi del sole cominciavano a divenire sempre più radi, stava tramontando e il cielo cominciava a tingersi di rosso.

L’atmosefera, nonostante ci fosse ancora luce, appariva inquietante.
Thomas avvertiva uno strano turbamento interiore, sentiva qualcosa di strano nell’aria.
Non capiva il perché di quella sensazione, aveva già provato un’esperienza simile anni addietro, ma non aveva mai capito il perché. Il padre gli diceva spesso che fosse l’ansia a prendere il sopravvento sulla ragione, ma Tom non aveva mai creduto ad una simile spiegazione.
Non era ansioso, no lo era mai stato, ma allora cosa?
Il suo istinto gli sussurrava che nell’aria aleggiava il pericolo, ma era assurdo. Cosa mai poteva spavetarlo?
-Ha già preso alloggio in una locanda, Signore?
La domanda posta da una voce femminile destò la sua attenzione, facendo sparire così le sue preoccupazioni per pochi attimi.
-In realtà per ora sono ospite di Matyas Hunyadi.
Rispose con naturalezza. La donna parve sbiancare e indietreggiò un momento.
Era turbata, visibilmente agitata. Le mani tremanti stringevano un crocifisso.
Le labbra si muovevano convulsamente, voleva parlare, ma non aveva il coraggio per farlo, finchè disse:

-Lei crede, Signore? Crede in Dio?
Spiazzato da quella domanda Thomas rispose sincero, confessò di essere credende, ma dubbioso per natura.
-Deve crederci Signore, è necessario per salvare la sua anima. Deve credere in Dio, così comenell’oscurità. Solo la fede potrà salvarla.
Aggiuse la donna, ancora scossa, ma ferma in ciò che diceva.
La sua fede era assoluta e ciò era evidente, ma perché comportarsi in quel modo?
Conitinuarono a chiacchierare per un po’, finchè giunse una carrozza.
Non era un veicolo qualunque, era uno appartenente alla famiglia Corvino.
Lo stemma sul fianco tradiva il proprietario, ma Tom non aveva chiesto quella carrozza, né tantomeno aveva dato disposizioni per il ritorno.
-Io non l’ho chiamata!
Affermò titubante, incerto delle sue stesse azioni, rivolgendosi al cocchiere.
La donna sempre più scossa sussurò:
-Denn die Todten reiten schnell*

Poi se ne andò lasciandolo solo, ma prima aggiuse
-Pregherò per lei!
La porta del fianco destro si aprì e spuntò una mano, con un vistoso anello –forse- d’argento con il medesimo stemma.
-Thomas che fa non sale? Sono venuto a cercarla per riportarla alla tenuta, mica aveva intenzione di tornare a piedi?
Disse ridendo Matyas.
Perché si sentì turbato, ancora una volta, non lo seppe spiegare nemmeno alla giovane sorella, alla quale scrisse ancora quella sera stessa prima di coricarsi.
 
Cara Camille, ti scrivo in così breve distanza per raccontarti deigli strani fatti avvenuti oggi, ma comincerò con odine per non tralasciare nessun particolare.
Appena giunto in città mi sono recato in biblioteca. Ho cercato informazioni sui Corvino, scoprendo che i raccconti della nonna non erano solo leggende.
Mattia segregò realmente Dracula nel suo castello  e inoltre vi è un documento sulla morte di dodici prigionieri.
Questi, in cambio della libertà, scavarono alla ricerca dell’acuqa per  quindici anni, trovando poi –finalmente- una fonte, ma non furono mai riconpensati dai loro carcerieri, che costruirono un pozzo e posero accanto una lapide con qesta iscrizione:
Voi avete l’acqua ma non avete un’anima.

Si narra che siano morti prigionieri, il patto non fu mai rispettato. Che crudeltà!
Ciò che più mi ha inquietato, Cara Sorella, è ciò che mi ha raccontato una giovane donna nell’attesa della carrozza.
Mi ha, prima, spaventato interrogandomi sulla fede, se credessi in Dio e nel Diavolo, per poi aggiungere che la consapevolezza dell’ esistenza dell’oscurità è un’arma efficace, secondo la credenza locale, per scacciarlo.
Ciò che più mi ha turbato sono stati i suoi racconti su una serie di omicidi, particolari, e per tratti non imputabili alla stessa persona o animale, sinceramente non saprei dirlo con certezza.
Alcuni cadeveri sono stati ritovati nella foresta in poltiglie, non si riconoscono i corpi e non si comprende di chi siano quei resti. Sembra, che quelle persone siano state sbranate da un animale feroce e affamato, ma sono troppi i morti. Sarà un branco?
 Questa domanda mi perseguita, sarò in pericolo? Nell’incertezza questa notte rimarrò qui, alla fortezza.
Cara Camille, queste morti avvengono mensilmente, con il sorgere della luna piena, pensano che si tratti di licantropi.
Per quanto la mia mente scientifica e la parte più razionale di me mi impediscono di crederci, l’istinto invece mi singe a temere queste morti violente e ricorrenti, ma questa terra è macchiata anche del sangue di altre persone.
Morte e sofferenza perseguita Hunedoara.
Altri cadaveri, questi dissanguati, sono stati ritrovati in passato, anni addietro.
Due fori sul collo, un morso sicuramente e, alcuni, presentano il segno dell’intera arcata dentaria.
Un animale con le fattezze di un uomo? Impossibile, direi!
Ciò che maggiormenti mi inquieta è la credenza dei cittadini, i quali sostengono che i Corvino siano maledetti, che siano stati contagiati dal male durante il soggiorno di Vlad III.

Per la popolazione Matyas è un vampiro!
È assurdo! Queste creature notturne non esistono e questa è un'infamia, non si giudiaca una persona in questo modo. Non trovi?
Ad ogni modo Sorella, ciò che più mi ha spiazzato è stato trovare Matyas nella carrozza.
Già, era venuto per cercarmi, è stato molto cortese, ma dopo i racconti della ragazza ero spaventato e non mi spiegavo la presenza della sua carrozza, che non avevo richiesto.
Poi però vedendo il mio nuovo amico, mi sono tranquillizzato.
Durante il tragitto gli ho raccontato delle supposizioni popolari sulle frequenti morti e lui ridendo ha aggiunto di sapere che i cittadini pensassero che lui fosse un mosrto.
Conosce le voci che circolano sul suo conto e non se ne cura, buon per lui, naturalmente.
Mentre ridevamo delle strane credenze di Hunedoara ho avvertito un odore fastidioso.
Era ferro, ciò che sentivo era l’inconfondibile essenza del ferro, lo stesso odore del sangue.
Suppongo di aver storto il naso, almeno penso, perché in quel momento mi sono accoto che Matyas mi osservava con sdegno, come se lo avessi offeso, ma forse è stata solo una mia ipressione.
L’odore che sentivo si faceva sempre più forte.
Anche all’interno del castello sentivo la stessa puzza nauseabonda, ma semravo essere l’unico ad accorgenmene. Non volendo essere inopportuno ho preferito non proferire parola a riguardo.
Appena tornato, ho finalemte visitato un’ala del palazzo.

Una sala in particolare ha colpito la mia attenzione, quella del “Mantello”.
È molto vasta, la più grande che abbia visitato fin ora, ha delle grandi vetrate con mosaici e di giorno sarà poco illuminta dal sole, suppongo, ma in compenso è piena di candele e candelabri, che infondono una calda e accogliente atmosfera.
Su una parete è posto il dipinto che da il soprannome alla famiglia Hunyadi.
Vi è rappresentato un corvo, un animale furbo e veloce, uno dei predatori del cielo più spietati.
È davvero ben fatto, sembra di guardare l’animale dal vivo.
Vorrei tanto perdermi in dettagli, quali l’arredamento o altro, ma non riesco a essere più preciso.
Mi spiace di non poter soddisfare la curiosità femminile.
In ultimo, Camille, volevo raccontarti il mio senso di turbamento.
Ancora una volta sono stato colpito da quelli, che nostro padre, definisce crisi d’ansia.
La stessa sensazione che avverto adesso, ascoltando gli ululati dei lupi, che rieccheggiano tra le pareti del castello.
Sarà l’atmosfera di questo luogo ad inquietarmi e tutte le storie che ho sentito oggi.


 

Ti saluto, Cara Sorella, appena potrò scriverò ancora.

 


 






















































Note dell'autrice:
Mi scuso per il ritardo, la storia è conclusa già è solo che attendevo qualche recensione in più  ç_ç che non è arrivata e poi aspettando aspettando mi sono dimenticata di aggiornare, sono assolutamente imperdonabile.

 


























 

  
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