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Autore: Tonna    20/07/2011    6 recensioni
“Purin ha ragione” Retasu si avvicinò alle due, intervenendo. “Saranno un paio di giorni che sei così… triste. Cosa ti è successo?”
“Avrà litigato con Aoyama” rispose Ryo che, proprio in quel momento, era entrato nel locale e aveva ascoltato quei discorsi. “Smettetela di perdere tempo e sistemate, tra cinque minuti si apre”
Ichigo chinò la testa, sussurrò qualcosa e poi si alzò, camminando a passo spedito verso i camerini.
“Cosa?” domandò Purin, guardandola e attirando l’attenzione anche di Zakuro, Minto e Ryo. “Non ho capito cosa hai detto!”
Ichigo si fermò mentre apriva la porta del camerino.
“Ho detto che io e Masaya ci siamo lasciati” concluse entrando nella stanza e chiudendosi la porta alle spalle.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yuri | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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7.  Whispers

Il ritorno a casa era stato meno traumatico del previsto.
Per le due settimane successive non si era presentato alcun ostacolo di nessun tipo e le ragazze avevano ripreso a lavorare al Caffè in tutta tranquillità.
Il giorno dopo essere tornati, le MewMew, Kei e Ryo avevano usato il potere dei medaglioni delle ragazze per creare delle barriere intorno alle case delle guerriere, ma non avevano potuto avere la certezza che aveva funzionato. Avrebbero dovuto aspettare un attacco o per lo meno una materializzazione da parte dei nemici, cosa che, in due settimane, non era mai successa.
Ichigo in quel lasso di tempo aveva avuto modo per ritrovare se stessa. Aveva completamente superato il trauma dell’incontro con Kisshu e anche la depressione per la rottura con Aoyama, anche se il solo pensiero di dover tornare a scuola il mese dopo la rendeva triste; avrebbe dovuto rivederlo e non si sentiva ancora pronta.
Il senso di colpa che l’attanagliava si era un po’ attenuato dopo aver parlato un po’ con Zakuro.
La mora le aveva spiegato che anche loro non avevano detto ai loro cari di essere delle MewMew, ma che dopotutto questo non era sbagliato, non potevano essere considerate delle persone orribili solo per aver taciuto una scottante verità che avrebbe potuto in qualche modo turbare o ferire. Oltretutto, le aveva spiegato che lei aveva lasciato Aoyama per il suo  bene e per non dovergli più mentire, e che se c’era una persona orribile a quel mondo, di certo non era lei.
Ichigo aveva trovato confortanti quelle parole, così confortanti da essere riuscita a relegare in un angolino della sua testa tutta quell’angoscia, ed era tornata a vivere.
Per quanto riguardava gli alieni, Ryo e Kei avevano cercato di rintracciarli in tutti i modi, ma sembravano essere scomparsi nel nulla. Probabilmente, aveva detto Keiichiro, stavano mettendo a punto qualche altro attacco contro di loro e per l’ennesima volta l’unica cosa che avrebbero potuto fare era aspettare.

Il giorno dopo essere rientrati, alle cinque del pomeriggio, trovarono il locale stracolmo di gente; dopo giorni di riposo le ragazze si trovarono all’improvviso a dover fronteggiare mille ordinazioni e richieste, e questa volta anche Minto fu costretta a darsi da fare, correndo come una forsennata per tutto il locale.
Anche Ichigo e Retasu correvano a destra e a manca – quest’ultima cercando di non farsi scivolare nulla dalle mani – e Purin saltellava felice prendendo le ordinazioni.
Solo Zakuro era assente quel giorno, purtroppo: come al solito il suo manager l’aveva portata via per girare l’ennesimo spot e questa volta sarebbe stata via per dieci giorni su un’isola caraibica.
Quando l’aveva saputo, Minto aveva fatto carte false per poterla accompagnare, ma purtroppo ciò non era stato possibile, e si era limitata a mettere il muso.
“Ichigo, scusami” Kei si affacciò nella sala cercando la ragazza con lo sguardo; la rossa, che stava prendendo ordinazioni a un tavolo da cinque, si voltò verso di lui con un sorriso smagliante, e l’altro si sentì parecchio sollevato. Era da tanto che non la vedeva così.
“Appena hai fatto lì puoi venire un secondo?”  domandò cortesemente, e vedendola rispondere con un cenno della testa, tornò in cucina e versò un po’ di caffè in una tazzina.
Un paio di minuti dopo Retasu entrò insieme a Ichigo e afferrò due vassoi poggiati sul tavolo.
“Eccomi, dimmi tutto” sentì dire dalla rossa. Senza cercare di farsi notare, rallentò i movimenti e fece finta di sistemarsi bene i vassoi in mano.
“Potresti svegliare Ryo e portargli questo, per favore?”
Ichigo trasalì proprio come Retasu, che piegò leggermente la testa per poter vedere cosa doveva portare la rossa.
“Dorme ancora?” domandò lei con le sopracciglia alzate, prendendo in mano la tazzina di the e una ciambella che Kei le aveva porto.
“Ieri sera ha fatto tardi per delle ricerche, è andato a dormire poco prima dell’apertura del locale”
“Ma sono le cinque e mezzo! Che dormiglione” borbottò Ichigo voltandosi per andare di sopra.
Si sentiva un po’ agitata, in effetti. Perché doveva fare da cameriere a Ryo? Kei avrebbe tranquillamente potuto chiederlo a Minto, a Purin o anche a Retasu, e invece perché proprio a lei?
Salì le scale borbottando piccoli insulti e sparì al piano di sopra.
“Come mai l’hai chiesto proprio a lei?” chiese Retasu all’improvviso, e Kei sobbalzò, voltandosi verso di lei. Non aveva notato che era rimasta in cucina, pensava che fosse andata via dopo aver preso i vassoi.
“Come hai detto?” domandò, vedendola avvicinarsi. Notò la sua espressione strana e cercò di studiarla il più in fretta possibile.
“Ti ho chiesto perché hai mandato proprio Ichigo a svegliare Ryo” ripeté lei con impazienza, incrociando le braccia.
Kei inarco un sopracciglio: dove voleva andare a parare Retasu?
“Senza nessun particolare motivo” rispose scrollando le spalle. Notò le guance della ragazza colorirsi appena; sapeva che lei provava qualcosa per Ryo, ma non l’aveva mai vista spingersi tanto avanti.
Avendo ottenuto quella risposta, Retasu non seppe cosa ribattere.
Senza dire nulla si voltò, afferrò di nuovo i vassoi con poca grazia e sparì nella sala principale.

Ichigo rimase immobile di fronte alla porta della stanza di Ryo, indecisa sul da farsi.
Doveva bussare oppure entrare senza permesso? E nel caso avesse bussato, Ryo si sarebbe svegliato? Oppure aveva il sonno pesante? E se fosse entrata e basta? Magari lui se la sarebbe presa perché aveva violato la sua privacy?
Sospirò e provò a bussare un paio di volte, prima piano poi un po’ più forte, ma non ottenne risposta neanche dopo aver atteso quasi un minuto.
“E va be’, io entro” mormorò e aprì la porta piano.
La luce del corridoio illuminò appena la stanza di Ryo e mentre entrava notò nella penombra il letto del ragazzo. Richiuse la porta alle proprie spalle – lo fece perché lei in prima persona odiava essere svegliata con la luce accesa, preferiva abituarsi gradualmente alla luce – ma presto si rese conto di aver fatto una stupidaggine perché non riusciva più a vedere dove stava andando. Rimase immobile in quello che credeva essere il centro della stanza e attese un attimo in silenzio.
Si sentiva disorientata e quasi non riusciva più a ricordare da che parte fosse la porta, così decise che per lo meno avrebbe cercato di trovare la scrivania per poggiarci sopra la tazzina di caffè e la ciambella.
Fece un esitante passo avanti, poi un altro e un altro ancora.
Al quarto passo, però, sentì un mugolio provenire probabilmente dal letto di Ryo e voltò la testa di scatto e andò a sbattere contro quella che doveva essere la sedia, o meglio lo spigolo della sedia.
“AHIA!” strillò sentendo il lato del ginocchio pulsare.
Il secondo dopo, sentì un cigolio di molle e una voce molto familiare.
“Chi c’è?!”
Ryo a quanto pareva si era svegliato – ovvio, dopo l’urlo che aveva cacciato era impossibile che fosse rimasto addormentato.
Il biondo, non sapendo né chi ci fosse in camera sua né perché, allungò le mani a casaccio e sentì qualcosa di caldo cadergli sul braccio e un altro urlo. Riconobbe l’odore del caffè e la voce di Ichigo.
“…Ichigo?” chiese perplesso, allontanandosi per accendere la luce.
Quando la stanza fu completamente illuminata, rimase a bocca aperta.
Davanti a lui c’era un Ichigo che, piegata, si teneva un ginocchio con una mano e con l’altra sollevava la divisa sporca di caffè, gli occhi fuori dalle orbite e un altro urlo nascente sulle labbra.
“Che ci fai qui?” chiese avvicinandosi e raccogliendo la tazzina rotta e la ciambella che erano cadute a terra.
“Kei mi ha chiesto di portarti la colazione” rispose lei con le lacrime agli occhi. Aveva il braccio e la gamba sinistra arrossati e il ginocchio destro dolente.
“Ti sei bruciata?” domandò, notando solo in quel momento che anche lui era un po’ scottato sul braccio.
La rossa annuì stringendo il labbro inferiore fra i denti.
“Mi sono anche sporcata la divisa…” piagnucolò, e lo sguardo di Ryo cadde sulla divisa sporca.
Fu costretto a voltare immediatamente lo sguardo altrove perché Ichigo aveva sollevato la gonna sporca un po’ troppo.
“Cretina, metti giù quella gonna” la ragazza parve non capire per un attimo, poi evidentemente, pensò Ryo, capì, perché con un altro urlo lasciò andare la divisa e se la appiattì addosso con evidente imbarazzo.
“Non c’è bisogno di fare tutta questa scena” borbottò lui gettando la ciambella ormai sporca e la tazzina nel cestino dell’immondizia,  “te l’ho detto solo perché non era una visione poi così piacevole”.
Le orecchie di Ichigo divennero ancora più rosse dei suoi capelli e strinse i pugni, sentendosi umiliata. Odiava quando Ryo la prendeva in giro in quel modo, non lo sopportava.
“Po-posso usare il bagno?” chiese, e seppur spiazzato per un secondo, il biondo annuì e le indicò la porta alle sue spalle.
Senza dire nulla Ichigo fece dietrofront ed entrò nella stanzetta adiacente, richiudendosi la porta alle spalle.
Ryo si passò una mano fra i capelli e sospirò lievemente, il battito del cuore più accelerato del previsto, e si sedette sul letto.
“Ma… sei entrata senza permesso?” chiese, e la voce della rossina lo raggiunse da oltre la porta.
“Ho bussato, ma dormivi alla grande a quanto pare” rispose lei mentre si sciacquava la gamba e il braccio. Si sollevò in punta di piedi e sollevò la gonna fino al rubinetto, sciacquandola con l’acqua e un po’ di sapone liquido per togliere quella macchia marrone scuro, ma il risultato non si stava mostrando poi così soddisfacente.
“E perché sei entrata a luce spenta?”
“Perché magari odi essere svegliato da una luce improvvisa, che ne so, forse hai bisogno di abituarti gradualmente. Non so cosa ti passa per la testa”
Ryo rimase un attimo in silenzio, chiedendosi il perché di quel comportamento così “premuroso” nei suoi confronti. Se fosse stato per lui avrebbe spalancato porte e finestre solo per farle un dispetto.
Si mise un attimo a pensare al motivo o alla situazione in cui lui avrebbe potuto svegliarla e la sua mente prese a vagare.
“Non si toglie…” mormorò Ichigo uscendo dal bagno e richiudendo la porta.
Stavolta tenne la gonna ben premuta contro il corpo ma la mostrò a Ryo, che parve risvegliarsi all’improvviso dai suoi pensieri.
Il biondo ignorò quel commento e si alzò, avvicinandosi.
Ichigo spostò subito lo sguardo sulle punte dei propri piedi, vedendo il petto abbronzato e nudo di Ryo farsi sempre più vicino a lei. La metteva sempre in imbarazzo vederlo così, sia al mare che in situazioni diverse. La verità era che non era abituata a vedere ragazzi mezzi nudi, e soprattutto non era abituata a vedere Ryo così.
“Quindi…” disse lui, fermandosi davanti a Ichigo, “Hai avuto una sorta di… premura? Verso di me?”
La rossa sentì le orecchie scaldarsi di più e alzò piano la testa, le sopracciglia aggrottate.
“N-non pensarci nemmeno” rispose, cercando di fare la dura ma non riuscendoci affatto. “L’ho fatto perché magari un giorno tu mi riserverai la stessa premura, all’occorrenza”.
“Perché balbetti?” domandò lui a bruciapelo, fissandola con quei pozzi azzurri come il cielo.
Ichigo sentiva la gola secca. Odiava essere guardata in quel modo da Ryo, sembrava che volesse trapassarla da parte a parte.
“Non sto balbettando” ribatté lei, la voce stavolta ferma e sicura. “E ho risposto alla tua domanda di prima. No, non era una premura, era una specie di ‘io ti faccio un favore, così magari tu ricambi’”
“Quindi fai i favori alle persone solo per ottenere qualcosa in cambio?” chiese lui incrociando le braccia e sollevando un sopracciglio. Adorava vederla in difficoltà, avrebbe passato la vita tentando di metterla alle spalle al muro. Era troppo divertente prenderla in giro.
“Non ho detto questo!” strillò lei spalancando gli occhi. “E’-è che tu sei diverso”
“Stai balbettando di nuovo” l’ammonì lui con un sorriso ironico stampato sul volto.
Ichigo sbuffò e si stancò di tutto quello. Non le piaceva quando Ryo giocava con lei – perché era ovvio che si stava solo divertendo a torturarla.
“Oh, finiscila” borbottò voltandosi per tornare al piano di sotto, ma Ryo la bloccò per un braccio.
“Che c’è?!” sbottò lei voltandosi a guardarlo, e il suo volto era più rosso di quanto non volesse. Non le piaceva quella situazione, stare nella stessa stanza con un Ryo mezzo nudo… No, non era quello che voleva, decisamente.
“Cosa intendi quando dici che io sono diverso?” chiese serio, e il cuore di Ichigo perse un battito. Difficilmente l’aveva visto così serio, forse l’ultima volta era quando l’aveva salvata da Kisshu.
“Ehm…” fece vagare lo sguardo per la camera cercando di non incrociare il suo, ma la presa di due forti mani che le stringevano le braccia la costrinsero a riportare gli occhi sul suo interlocutore.
“Guardami” le disse, lo sguardo fermo e la voce altrettanto sicura. “Ti ho fatto una domanda”.
“Lo so” mormorò lei, frugando nella propria testa alla ricerca di una risposta che avrebbe chiuso quella conversazione.
“Quando dico che sei diverso, intendo che…” si bloccò a metà frase, non sapendo proprio cosa dire. Quel “tu sei diverso” l’aveva detto così, tanto per dire, intendendo che comunque con lui poteva anche diventare una ricattatrice. Scherzava, ovviamente, ma non sapeva in che modo spiegarlo a Ryo senza farlo alterare o senza fargli prolungare quella tortura.
“…Mi lasci, per favore?” chiese, tornando a spostare lo sguardo sulle sue scarpette da cameriera.
“Perché non mi guardi?” ribatté lui, allentando un po’ la presa sulle braccia della rossa.
“E tu perché non mi lasci?” stavolta la voce le tremò appena, e Ryo si sentì estremamente tentato di lasciarla andare, ma qualcosa dentro di lui gli diceva di non farlo.
Aveva passato mesi vedendo Ichigo tra le braccia di un altro, e ora che quel damerino si era fatto da parte forse avrebbe potuto farsi avanti lui. Insomma, era sicuro di non essere indifferente a Ichigo, ne stava avendo la prova proprio in quel momento, ma voleva essere sicuro di una cosa. Aveva avuto tante ragazze in vita sua, ragazze conquistate solo dai suoi soldi o dalla sua bellezza. Quello che voleva da Ichigo era diverso, lui voleva avere lei e voleva che lei volesse lui non solo per il suo aspetto o per quello che possedeva. Dopo anni in cui non aveva ricevuto amore da nessuno se non da Keiichiro, aveva iniziato a desiderarlo da una sola persona che vedeva quasi tutti i giorni e che gli aveva fatto battere il cuore.
Ichigo gli piaceva, e voleva che anche a lei piacesse lui allo stesso modo.
“Perché non voglio” rispose stringendo i denti.
Ichigo spalancò gli occhi e sollevò la testa di scatto per guardarlo: non si era aspettata quella risposta, ma un’altra presa in giro. E dal tono in cui aveva detto quella frase, Ryo stava facendo tutto tranne che giocare.
La ragazza lo fissò con il volto congestionato e i battiti del cuore più veloci del normale; sentiva la presa di Ryo sulle proprie braccia delicata, non forte come quando l’aveva afferrata.
Non sapeva neanche lei cosa voleva che succedesse. Da una parte provava l’irrefrenabile voglia di spingerlo via e scappare, dall’altra voleva abbandonarsi a quei profondi e bellissimi occhi azzurri che la stavano scrutando ormai da qualche minuti.
L’unica cosa che sapeva per certo era che probabilmente anche Ryo era in quella situazione, perché negli occhi gli leggeva una confusione mai vista prima.
“Ryo…?” mormorò aggrottando le sopracciglia, le guance arrossate.
Il biondo sembrò risvegliarsi quando Ichigo pronunciò il suo nome e si decise.
La lasciò andare.
“Scusami… ora vai” disse, passandosi una mano sul volto e girandosi per darle le spalle.
Senza farselo ripetere due volte, Ichigo uscì sbattendo la porta e corse al piano di sotto, si tuffò nel camerino e si chiuse in uno dei bagni.
Si accasciò con la schiena contro la porta, le mani premute sulla bocca e il cuore che sembrava volerle sfondare la cassa toracica tanto batteva forte.

*

Ichigo uscì dal bagno mezz’ora dopo, la divisa sporca era stata sostituita da quella di riserva, pulita e stirata.
Riprese a servire ai tavoli con la testa fra le nuvole, pensando a cose sciocche del tipo che alla fine Ryo non aveva fatto colazione o che in altre occasioni le avrebbe fatto scontare la tazzina rotta con ore di lavoro supplementare.
Sentì una punta di nostalgia pensando allo schiavista che aveva conosciuto. Era più facile capire cosa passasse per la sua testa allora, piuttosto che adesso, e la cosa non le stava affatto bene.
“Ichigo!”
La rossa si voltò di scatto e vide una Retasu trafelata correrle incontro, un blocchetto di fogli e una penna tra le mani.
“Invece di prendere i vasi” le mise in mano il blocchetto e la penna e prese il vaso che la rossa aveva evidentemente preso sovrappensiero, “vai a prendere le ordinazioni al tavolo dodici”
Ichigo arrossì e si sentì smarrita; cosa aveva intenzione di fare con un vaso?
Scosse la testa e ringraziò Retasu, poi si allontanò verso il tavolo che le aveva indicato l’amica.
La verdina la vide allontanarsi, una morsa che le stringeva il petto.
Doveva essere successo qualcosa in camera di Ryo, perché Ichigo una volta tornata si era chiusa nel camerino per più di mezz’ora. Sì, l’aveva notato e la cosa non le aveva fatto per niente piacere.
Sospirò e riprese a lavorare, sperando che quell’ora e mezza che la separava dalla chiusura del locale passasse in fretta.

“Finalmente!!” Minto chiuse la porta del locale e vi si poggiò contro, guardando di fronte a lei.
Il locale era finalmente pulito da cima a fondo e i clienti erano ormai andati via da una buona mezz’ora.
Sollevò le braccia per stiracchiarsi e sentì le ossa delle spalle scricchiolare, ma non se ne preoccupò. Lavorare al locale comportava sempre fatica, ormai aveva imparato che non poteva più tirarsi indietro quando c’era qualcosa di faticoso da fare solo perché era una signorina di buona famiglia.
“Io torno a casa” annunciò entrando nel camerino. Si sfilò la divisa e la ripiegò con cura nel suo armadietto, mentre le amiche avevano già indossato i propri vestiti per tornare a casa.
“Aspettami, torniamo insieme!” esclamò Purin infilandosi le scarpe. Le saltellò vicino e afferrò la tracolla marrone dalla sedia e salutò Retasu e Ichigo, così come Minto, ed entrambe uscirono per andare a salutare Kei e Ryo – che non si era fatto vedere per tutto il giorno -.
Ichigo si sedette su una sedia e infilò le calze in silenzio, spostando lo sguardo dal pavimento ai suoi piedi fino a Retasu, che sistemava il suo armadietto meticolosamente.
Quel silenzio non le piaceva affatto, così la rossa decise di dire qualcosa, ma prima che potesse aprire bocca Retasu la fece sobbalzare sbattendo la porta del suo armadietto e voltandosi verso di lei.
“Cos’è successo tra te e Ryo?” chiese a bruciapelo, poggiandosi con la schiena contro gli sportelli di metallo.
Ichigo si bloccò nel movimento di mettere l’ultima scarpa e sollevò il busto, fissandola.
“Niente. Perché?”
“Dal tuo comportamento non si direbbe” l’ammonì l’amica, incrociando le braccia. “Sei strana da quando sei tornata, e Ryo non si è fatto vedere per tutto il giorno”
“Abbiamo solo discusso perché ho rotto la tazzina del caffè” mentì la rossa finendo di sistemarsi e si alzò, prendendo la propria borsa. “Niente di che, davvero… Ma perché ti interessa?”
Le guance di Retasu si imporporarono all’improvviso, e Ichigo sollevò le sopracciglia.
Possibile che a Retasu…
Un improvviso urlo proveniente dalla sala principale le fece entrambe voltare di scatto. Senza dire nulla afferrarono le spille dalle borse e corsero fuori, ma furono costrette a bloccarsi.
“Kisshu!” esclamò Ichigo, mentre alcuni ricordi spiacevoli venivano a galla e lei cercava di scacciarli.
“Ciao gattina” disse lui senza entusiasmo, mentre reggeva Purin per il dietro della maglietta e la teneva sollevata da terra.
Ma perché non si muoveva?
Lo sguardo di Ichigo e di Retasu corse freneticamente alla ricerca di Minto, e la videro stesa a terra con un piede di Pai premuto sulle costole e la sua arma a forma di ventaglio puntata contro il viso dell’amica, che lo fissava con uno sguardo al tempo stesso spaventato e adirato.
“Lasciatele andare!” esclamò Ichigo trasformandosi, e sentì una risatina provenire alla sua sinistra.
Quando si voltarono, sentirono il sangue ghiacciarsi nelle vene.
Kei e Ryo erano stesi a terra, immobili, e a giudicare dalle macchie scure intorno a loro erano stati feriti gravemente.
“Ryo!!!” esclamò Retasu spiccando un salto verso di loro, e Ichigo la fissò mente colpiva Taruto – che stava svolazzando allegro sopra di loro – e si gettava su Ryo, voltandolo per costatarne le ferite.
La rossa digrignò i denti e tornò a concentrarsi su Kisshu.
“Cosa gli avete fatto?!”
“Si sono messi in mezzo” rispose lui semplicemente, galleggiando verso di lei. Lasciò andare Purin che si schiantò a terra con un tonfo sordo, e non si mosse.
Ichigo fece un passo indietro, memore del loro ultimo incontro, e si trovò con le spalle al muro.
“Che ne dici di divertirci come l’ultima volta, micetta?” domandò Kisshu facendosi più vicino. Atterrò di fronte a lei e si leccò le labbra, poggiando una mano sulla parete proprio accanto alla testa di Ichigo.
“Lasciala in pace!” Ichigo guardò oltre la testa dell’alieno dagli occhi ambra e vide Minto lottare per rialzarsi, ma il piede di Pai la schiacciava a terra e lei non riusciva praticamente a muoversi.
Dal canto suo, la rossa era paralizzata dalla paura. Non le piaceva avere Kisshu così vicino, e si ritrovò a pensare con nostalgia a quando era stato Ryo a fissarla a due centimetri dal viso.
Spostò lo sguardo di lato e vide Retasu che lanciava un attacco contro Taruto che aveva iniziato a volteggiarle intorno scagliando attacchi con la sua arma.
“Ichigo”
La rossa tornò con i piedi per terra e tornò a guardare Kisshu ormai vicinissimo.
“Vieni via con me e gli risparmieremo la vita”
Ichigo fu tentata di sputargli in faccia come aveva fatto l’ultima volta, ma memore di qual’era stata la sua reazione, decise che era meglio non farlo.
Portò una mano dietro la schiena inarcandosi appena – anche se così il suo corpo aderiva parecchio a quello dell’alieno – e serrò gli occhi, evocando lo Strawberry Bell.
Sentì il fiato caldo dell’alieno sul viso e non perse neanche un secondo. Allungò l’arma e lo colpì allo stomaco, facendolo volare dall’altra parte della stanza.
Kisshu si schiantò contro il portone e cadde a terra dolorante.
“RIBBON STRAWBERRY CHECK!” esclamò Ichigo lanciando un attacco con tutta la concentrazione che era capace di mettere insieme.
Pai volò in alto per evitare il colpo ma fu investito lo stesso in pieno e sbatté anche lui contro il muro. Minto saltò in piedi ed estrasse dalla tasca della gonna la spilla.
Si trasformò e allo stesso tempo Retasu mise Taruto al tappeto con il suo attacco d’acqua.
La rossa corse da Purin e la prese in braccio allontanandola dagli alieni, avvicinandosi di nuovo a Minto.
“Occupati di lei” si allontanò e corse da Kei e Ryo, ancora svenuti e sanguinanti.
“Re-Retasu, cosa…” balbettò inorridita, vedendo la maglietta di Ryo inzuppata di sangue e i capelli di Kei rossi anziché castani.
“Dobbiamo fa-fare qualcosa” mormorò la verdina avvicinandosi e chinandosi sui due.
“L’ospedale… Dobbiamo portarli lì, non c’è altra scelta!”
Ichigo si allontanò per prendere il telefono e chiamare un’ambulanza quando sentì che qualcuno l’aveva afferrata per il braccio. Si meravigliò nel trovare Kisshu davanti a lei, per un attimo aveva scordato che quegli alieni erano ancora nel locale.
Gettò di sfuggita uno sguardo a Ryo e Kei e si voltò di nuovo verso l’alieno.
“Lasciami andare!!” strillò e sollevò il pugno in aria, schiantandolo contro il viso del nemico.
Kisshu non fu veloce come al solito – o, probabilmente, non se l’aspettava affatto – e cadde all’indietro con il naso che sanguinava.
Ichigo si tenne la mano dolorante stretta a pugno e sibilò sprezzante “questo è per l’altra volta…”
Pai e Taruto corsero a soccorrere l’amico; un attimo dopo scomparvero, rendendosi conto che le ragazze li avrebbero potuti sopraffare tranquillamente ora che erano tutte insieme.
Ichigo corse a prendere il telefono con la mano sana – era sicura di essersi rotta per lo meno un paio di ossa dell’altra – e chiamò l’ambulanza.

  
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