Cap. 3
Quasi un mese
dopo.
Era un tardo pomeriggio autunnale.
Il negozio di fiori Yamanaka era deserto.
L’ultimo cliente era uscito almeno
da due ore e, a meno che non ci fosse stato un miracolo o qualcosa del
genere, nessun
altro sarebbe entrato per quella sera.
Ino era seduta dietro il bancone,
l’aria annoiata, lo sguardo stanco, il mento all’in
giù.
“Mamma, posso chiudere? Non credo
che verrà qualcuno ormai. E poi devo ancora finire di
studiare:” Urlò Ino,
sperando che sua madre riuscisse a sentirla nonostante si trovasse nel retro del negozio.
“Ma domani non c’è il sorteggio
delle nuove squadre? E poi non si fa lezione il giorno del
sorteggio.” Le
risposero le urla di sua madre.
“Devo recuperare l’impreparato in
storia.” Le disse, sempre urlando.
“Non dovevi essere interrogata
ieri per quello?” Le rispose sua madre, con una punta di
irritazione della
voce.
“Cavolo! Volevo dire Geografia!”
Disse Ino. Aveva completamente dimenticato di aver raccontato a sua
madre di
essere stata già interrogata per recuperare quel voto.
“All’Accademia di Konoha non si
studia Geografia. Quella si fa solo fino alle elementari.” Le
rispose una voce,
che certamente non somigliava a per niente a quella di sua madre.
Al contrario, era senza dubbio la
voce di un uomo, calma e, cosa sorprendente, sembrava provenire
dall’entrata
del negozio.
“Chi è là?” Chiese Ino,
indecisa
se uscire da dietro il bancone o nascondercisi.
“Dovresti imparare a ricordarti
delle bugie che racconti. Fossi stata mandata in missione, ti saresti
messa da
sola nei guai come una alle prime armi.” Rispose la voce.
Ino si sporse appena, appena fuori
dal bancone, il giusto per poter intravedere quella che, se gli occhi
non la
ingannavano, era l’ombra di un giovane. Da quel poco che
poteva vedere, doveva
essere alto, portava le mani in tasca e quella strana forma che aveva
circa all’altezza
della fronte doveva essere dovuta a un ciuffo un po’ troppo
prorompente.
“In più, avresti messo in un bel
guaio i tuoi compagni di squadra, che forse è una
conseguenza ancora peggiore.”
Continuò.
Chiunque
fosse,
pensò
Ino, cominciava a infastidirla. Non aveva
che raccontato una stupidissima bugia a sua madre. Era legittimo, chi
non l’aveva
mai fatto? Tutte quelle storie erano esagerate.
“Si può sapere chi
c’è?” Disse,
sforzandosi nel tentativo di non cadere al di là del bancone
ma di restare pur
sempre in una posizione che le permettesse di mantenere quel poco di
visuale
che il suo interlocutore le permetteva.
“Questo è mughetto, vero?” Chiese
poi, sorprendendo tanto la povera Ino con quel suo cambio di discorso
da farle
perdere l’equilibrio. Per poco non cadde a terra. Ma
sbatté comunque il
ginocchio contro lo spigolo del bancone.
Dovette trattenersi per non
gridare con tutte le sue forze. Magari questa volta,
l’interlocutore misterioso
l’avrebbe ripresa per non essere stata abbastanza silenziosa.
“Quello vicino all’entrata è
mughetto del Giappone. È quello con i grappoli
cobalto.” Disse lei, saltellando
appena su una gamba sola. Meno male che
non era a scuola. Altrimenti avrebbe fatto una pessima figura davanti a
tutti i
suoi compagni, peggio ancora davanti a Sasuke.
“Qualcosa la sai, allora.” Si sentì
rispondere, per giunta.
“Ma si può sapere che cosa vuoi?”
Sbottò adirata. Sentiva la rabbia salirle fino alle tempie,
mentre usciva fuori
da dietro il bancone e si avvicinava all’entrata del negozio
zoppicando.
Svoltò rapidamente verso l’entrata,
aspettandosi di trovarvi chi l’aveva così
gratuitamente presa in giro senza
però vedere nessuno.
La porta era aperta, ma non c’era
nessuno. Anzi, un piccolo vaso, proprio di quelli che contenevano il
mughetto,
era sparito.
“Ma che diavolo…” Disse mentre si
precipitava
fuori per rincorrere uno sconosciuto, alto, forse con il ciuffo sulla
fronte e
un vaso di mughetto del Giappone come oggetto del reato.
Per quanto stupida si sentisse,
corse comunque fuori in strada. Non c’era nessuno, solo la
vecchia signora del
panificio lì di fronte che stava chiudendo le inferiate,
almeno per quel
giorno.
Si sentì una perfetta idiota
quando le chiese se avesse visto uscire qualcuno dal negozio, magari
con un
vaso di mughetto in mano.
L’anziana signora si limitò a
sorriderle, dicendole la stessa identica frase che le ripeteva ogni
qualvolta
la vedeva. “Somigli proprio a tua madre, cara.”
Come sempre, non aveva sentito una
parola di quello che le aveva detto. Si maledisse, rientrando
scoraggiata nel
negozio. Ora avrebbe dovuto spiegare a sua madre il perché
di quel vaso.
Stava già pensando a quale scusa propinarle,
una scusa credibile, forse avrebbe potuto inscenare un incidente
domestico, o
qualcosa del genere, pensava, quando vide qualcosa di strano sul
pavimento,
proprio in prossimità del punto in cui mancava il vaso.
Chinandosi per vedere di cosa si
trattasse, capì che si trattava di una banconota da mille
yen. Bastava a
coprire il prezzo della pianta e avanzava anche un po’ di
resto.
“Che cosa strana.” Mormorò Ino,
fra sé e sé. Non ci aveva capito niente, ma
veramente niente.
Non poteva trattarsi di un caso.
Il mughetto, la pianta mancante,
il denaro… più ci pensava, più si
sentiva stupida.
Decise perciò, istintivamente, di
abbandonare qualsiasi congettura.
Qualcuno era entrato nel negozio,
qualcuno che non aveva visto, ma solo sentito parlare, qualcuno che
aveva preso
un vaso con del mughetto e le aveva lasciato anche una bella mancia.
“Con chi stavi parlando?”
All’improvviso, sentì la voce non
proprio calma di sua madre un po’ troppo vicina
all’orecchio e si voltò. Vide
quella sembrava una versione di se stessa di circa vent’anni
più vecchia
guardarla con dubbio e sospetto. Ino le avrebbe anche detto la
verità, ma era
troppo strano anche da descrivere.
“Con nessuno. Non stavo parlando
con nessuno. Ripetevo. Domani devo essere interrogata in geografia.
Ripetevo l’ultimo
argomento.” Rispose, cercando di sembrare il più
naturale possibile.
“Non si studia geografia all’Accademia.
L’ultima volta che hai aperto un libro di geografia
è stato in quinta
elementare. Perché invece di perdere tempo non chiudi i
battenti e vieni di là
a darmi una mano? Sbrigati, che è già
tardi.”
Questa è la bella lavata di capo
che sua madre le fece su quanto poco studiasse a scuola e su come
invece
dovesse cercare di rendersi utile, in tutti i sensi pratici, tecnici,
materiali
e così via, del termine, fecero capire a Ino che prima o poi
avrebbe
necessariamente dovuto imparare a raccontare bugie, per lo meno con sua
madre.
To
be
continued…
Oh,
cielo! Non so neanche che
dire. Più di un anno che non toccavo questa storia. Non
credevo nemmeno che
avrei potuto riprenderla di nuovo.
Chiedo scusa a coloro che avevano
recensito, letto e seguito la storia. Mi dispiace, ma comunque eccomi
qui.
Vedremo come andrà.
Hraun:
ohilà!!!
^^ perdona il ritardo immenso. Sono contenta che il capitolo di
più di un anno
fa ti avesse incuriosita. Meno male che Ino ti sembra IC. E’
un po’
pettegolina, ma non so perché ma in lei trovo che la cosa
non guasti. Kakashi è
entrato in scena, ho chiarito almeno per ora quelli che erano i tuoi
dubbi all’epoca.^^
Sono contenta che quel capitolo ti fosse piaciuto. Un bacio, grazie^^
Un
grazie a chi segue la storia^^
1 - Aya88
2 - jojina
3 - Sarhita
Con un estremo ritardo, ci vediamo
alla prossima
storyteller lover