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Autore: Gersemi    21/08/2011    2 recensioni
Scosse la testa, trovandosi così il viso coperto dai soffici ricci color miele, che si scostò con un gesto automatico della mano, prima di superare la porta e dirigersi verso il caminetto...
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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-polvere e cenere

Sara Middelton, una ragazza dall’aspetto assolutamente normale, per essere una di 29 anni; capelli lunghi e rossi, fisico asciutto, occhi azzurri e splendenti, pelle chiara….insomma una comune ragazza, una di quelle che incroci per strada andando alla stazione centrale, di quelle con in mano sempre un caffè, agitata e forse a volte un po’ scorbutica.
Alle 6 e 30 del mattino, Sara fu buttata giù dal letto dal telefono, che squillava insistentemente da circa venti minuti; scese dal letto, con gli occhi ancora appannati e con passo incerto si avvicinò al mobiletto del telefono, alzando la cornetta
«Chi è? »
Chiese con voce dura, come se fosse stata disturbata nel momento più bello del film; stette ad ascoltare l’interlocutore dalla voce femminile, che si lamentava del fatto di aver già chiamato tre o più volte e di quanto inefficiente fosse quel servizio, oltre al fatto che era prettamente inutile visto che nessuno credeva ai fantasmi.
Una persona normale avrebbe riattaccato, mandando a quel paese il disturbatore mattutino, ma Sara non era una persona normale; in pochi credevano ai fantasmi e un numero ancor più ristretto sapeva come liberarsene, questo perché quasi nessuno riusciva a mettersi in contatto con loro, ma la ragazza sapeva esattamente cosa fare.
Riagganciò la cornetta e aprì l’anta dell’armadio, dal quale estrasse un paio di jeans neri e una maglia a manica corta bianca , che indossò velocemente sotto a una giacca in pelle nera, prima di prendere con se la sua borsa, con dentro di tutto e di più ed uscire dall’appartamento, chiudendo la porta a chiave.
Uscì dal portone del palazzo, immergendosi fra la folla che camminava svelta per evitare di bagnarsi sotto l’improvviso acquazzone, che tanto improvviso non era, visto i nuvoloni grigi che coprivano la città più o meno dal giorno precedente; evitò uomini ubriachi e donne che, in cerca di piacere, andavano a tradire il marito tornando a casa prima dell’alba; prese quindi il primo taxi che si fermò al suo segno, salendovi e dando al conducente un foglio sul quale in precedenza aveva riportato l’indirizzo della casa infestata; non disse una parola, rimase li seduta sul sedile posteriore, muta, per tutta la durata del viaggio, ignorando persino le domande postegli dal conducente ficcanaso.
Una volta arrivata a destinazione, lasciò al taxista il suo pagamento e rimase ad osservare la facciata della casa; a prima vista sembrava abbandonata da anni; pareva che stesse praticamente cadendo a pezzi, alcune finestre erano aperte, altre rotte, le canali invece penzolavano dal tetto, dondolando minacciosamente, mosse dal vento e il portone in legno era spalancato, così come il cancello in ferro battuto
“in che diamine di posto sono finita? Vogliono farmi disinfestare una casa in scatafascio?”
Sospirò e varcò la soglia del cancello, pensando che poteva benissimo essere che i padroni della casa volessero ristrutturarla e che le cosa fosse resa impossibile dalla presenza di fantasmi; si fermò sulla soglia della porta, il legno non era rovinato, forse solo un po’ vecchio, ma ancora in buone condizioni
« C’è nessuno? »
Era ridicolo chiederlo, ma almeno se ci fosse stato dentro qualcuno avrebbe evitato di fare figuracce; non ottenne nessuna risposta ,ovviamente, e poco dopo sentì un gran dolore alla nuca, prima di cadere a terra, perdendo i sensi.
Quando si risvegliò, si ritrovò all’interno della casa; era un posto ben illuminato, caldo e accogliente, a differenza dell’esterno che le ricordava molto un film horror degli anni 80; la ragazza strabuzzò gli occhi, leggermente confusa, mettendoci qualche secondo per rendersi conto di dove fosse, una volta capito di trovarsi all’interno della casa, sospirò e si massaggiò la testa con una smorfia
«Ah ti sei svegliata! Menomale »
La ragazza si girò verso la porta della stanza rettangolare, completamente spoglia a parte per il fatto che vi era un enorme lampadario, un divanetto sul quale era seduta e due o tre quadri; sulla porta sostava una donna, che avrà avuto all’incirca sessant’anni, ma che portava estremamente bene: aveva corti capelli color miele, forse un poco sbiaditi per via dell’età, ma ancora splendenti, che le ricadevano sulle spalle in morbidi ricci; gli occhi avevano un taglio all’orientale ed erano scuri, le labbra sottili mettevano in evidenza la serietà della donna.
« Forza alzati, devi disinfestarmi la casa! »
Disse con tono brusco, freddo e distaccato, come se la cosa le fosse dovuta; la ragazza si alzò dal divano, sbuffando, nemmeno per i feriti c’era più rispetto di quei tempi, cose da matti!
Si guardò attorno, avvicinandosi alla donna e porgendole la mano, per stringere la sua e presentarsi
«il mio nome è Sara Middelton, cacciatrice di fantasmi »
La donna strinse la sua mano, in una presa secca e decisa, lasciandola subito andare e facendole segno di procedere nell’altra stanza
«l’altra notte, il sonno di mio marito è stato interrotto da dei rumori, provenienti dalla stanza accanto, allestita come studio, rumori che si sono riproposti pure questa mattina »
Con un gesto secco della mano, indicò la porta in legno dello studio, che era chiusa, come se lo fosse da anni a dire il vero, era quella l’impressione che dava
«veda di liberarsi del fantasma e alla svelta anche, non ho intenzione di tollerare ancora per molto la presenza di corpi estranei alla casa. »
La fulminò con lo sguardo, facendole chiaramente capire che non era una presenza gradita, poi se ne andò nella stanza attigua e risalì le scale lentamente, facendo risuonare i suoi passi sugli scalini in legno; ah donne benestanti, non sapevano proprio trattare con gentilezza le persone che avevano meno ricchezze di loro….
Sara si avvicinò alla porta dello studio, aprendola ed infilandovi dentro la testa, per dare un’occhiata generale, sperando che nessuno avesse toccato nulla all’interno e che fosse rimasto tutto esattamente come la notte precedente, anche se lei, ovviamente, non avrebbe mai potuto saperlo con certezza;
entrò nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle e scavalcando un pugno di schegge di cristallo, li probabilmente doveva essere caduto un bicchiere, contenente del vino a giudicare dalla macchia rossa lasciata sulla moquette, si avvicinò alla scrivania e passò una mano sui fogli, sparpagliandoli involontariamente, prima di avvicinarsi alla finestra chiusa che aprì, venendo poi investita da una fredda aria mattutina, resa ancora più fredda per via della pioggia.
Si allontanò dalla finestra, lasciandola aperta, in quella stanza c’era odore di chiuso e non si respirava per nulla;
d’improvviso i fogli sulla scrivania si scompigliarono ancora di più, prima che la sedia si allontanasse dalla scrivania e di tornare assolutamente nello stesso posto in cui li aveva visti prima di entrare dalla porta; i fogli tornarono al loro posto così come il camino si accese, ecco, a quanto pareva il fantasma si stava manifestando nuovamente e per fortuna, Sara era presente, così avrebbe potuto vederlo, sempre che questo avesse voluto mostrarsi a lei
«forza fatti vedere»
Disse sottovoce, spostandosi dalla finestra, che ora era chiusa come se lei poco prima non l’avesse neppure sfiorata, le tende invece si erano scostate dal loro precedente posto facendo entrare giusto uno spiraglio di luce, ma nulla di che, in fondo era ancora mattina presto, la luce non era poi così forte e fuori il cielo era coperto da pesanti nuvoloni neri.
Un fulmine cadde in lontananza abbagliando il cielo e illuminando la stanza e Sara sentì una flebile risata provenire da qualche metro di distanza da lei
“so che sei qui, forza mostrati”
Estrasse dalla borsa una macchina fotografica, spesso i fantasmi si mostravano davanti all’obbiettivo e Sara avrebbe ricorso ad ogni modo per far si che il fantasma si mostrasse a lei, doveva mostrarsi a lei, così avrebbe potuto farlo passare all’altro mondo…
Nulla da fare, non si vide nulla nemmeno con l’ausilio dell’obbiettivo, non le restava altro da fare che attendere e vedere come si sarebbero messe le cose in quei pochi secondi.
I minuti trascorsero ad una velocità impensabile…un secondo non passava mai e un minuto sembrava un’ eternità, la ragazza decise quindi di andarsene dalla stanza; girò i tacchi e si avviò verso la porta, quando un lampo cadde nuovamente, questa volta nel giardino, seguito da un grande tonfo, più simile allo scoppio di una bomba che ad un tuono; si spensero tutte le luci, così Sara estrasse una pila a batterie e l’accese, puntandola prima all’interno della stanza, dove tutto era regolare, poi verso la porta….nulla era cambiato, tranne per il fatto che la macchia di vino per terra era magicamente diventata fresca, lei si abbassò e toccò la macchia rossa, portando il dito al naso…no, non era vino, aveva un odore metallico e la consistenza era troppo densa, quello era chiaramente sangue; una folata di vento fece aprire la finestra e mosse tutti i fogli bianchi ancora presenti sulla scrivania, alzando anche una pesante nuvola di cenere, probabilmente quella presente nel camino.
Uscì alla svelta dalla stanza, richiudendo la porta dietro le sue spalle; nel corridoio tutte le luci erano spente, come all’interno dello studio e faceva freddo, molto freddo; si appoggiò ad un mobiletto, sempre in legno…in quella casa tutto era fatto in legno!
«Signora…c’è nessuno? »
Ma non ottenne nessuna risposta, non c’era assolutamente nessuno li dentro, nessuno escluso un gatto soriano, piuttosto ben messo, che passeggiava indisturbato nel corridoio degnando la ragazza solo di uno sguardo obliquo
«Oh grandioso! »
Detto questo tolse la mano dal mobiletto, osservando per pochi secondi l’impronta della sua mano, che aveva spostato la polvere, si avviò quindi verso l’uscita; il portone era ancora aperto, così come il cancello, ma le finestre della casa ora erano tutte chiuse e riparate e le canali erano nuove e bel salde al loro posto; Sara scosse la testa, confusa, portandosi una mano alla fronte bagnata e…incrostata di sangue! Probabilmente la botta di prima l’aveva ferita e non si era ripulita dal sangue prima che le si seccasse in fronte.
Si girò ancora una volta verso la casa e poi nuovamente verso il cancello, che era scomparso, avvolto da una fitta nebbia; eppure non c’era mai la nebbia quando pioveva, poteva esserci solo una spiegazione, d’ora in avanti lei sarebbe stata prigioniera della casa, sino a quando non l’avrebbe disinfestata dai fantasmi, o ci avrebbe rimesso le penne pure lei.
  
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