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Autore: Exelle    25/08/2011    3 recensioni
La vita di Severus Piton è monotona e solitaria.
Quella di Luna Lovegood, incomprensibilmente folle.
E se venissero raccontate nella stessa storia?
_Finalmente il capitolo sedici_
Genere: Commedia, Drammatico, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Lily Evans, Luna Lovegood, Severus Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Più contesti
Capitoli:
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Capitolo sedici
La storia del Principe ladro
 
Il passato, Hogwarts, primi di dicembre
 
“Lo trovi un posto abbastanza comodo, Mocciosus?”
La risata chioccia di Peter Minus trillò argentina nell’aria rarefatta, prima di trasformarsi in una tosse simile ad uno squittio.
Al suo fianco, Sirius Black abbassò di un tanto la bacchetta. Non la mise via e non diede segno di voler attaccare di nuovo,
ma il ritmico tamburellare del suo piede sul selciato, suggeriva che non aveva del tutto abbandonato l’idea di lasciare in pace Severus, accasciato a terra.
“Perché ti intrometti sempre e comunque, Piton?” Sirius fece lanciò la bacchetta in aria  e la riprese, la lanciò e la riprese.. 
“Sei forse innamorato di Peter?” Sirius guardò in tralice Minus accompagnando l‘occhiata con un sorriso sghembo. Minus, al suo fianco arrossì e cominciò a sputare parole di disprezzo, tra le risate di qualche studente, tra i gruppetti che affollavano il chiostro nell’ala Est. Il pomeriggio freddo non sembrava aver sconfitto la voglia degli studenti di Hogwarts che volevano godersi qualche ultimo raggio di pallido sole, prima del calare della sera.
L’unico che non sembrava godersi quell’atmosfera nevosa e il colore piacevole delle finestre scintillanti di Hogwarts era, immancabilmente, Severus Piton.
Letteralmente sdraiato sul lastricato coperto di nevischio a braccia spalancate, con l’acqua gelida che gli inzuppava i vestiti
e i libri sparsi tutt’attorno, crollati dalla pila che aveva con lui mentre cadeva, a fargli da bizzarra cornice, si ritrovava a contemplare il cielo biancastro, la faccia arrossata dal freddo e dalla vergogna.
Cercava di non pensare alle decine di studenti con gli occhi fissi sulla sua disgraziata persona, perché era ovvio che lo stavano guardando, come si guarda qualcosa di disgustoso attaccato sotto ad un banco.
Sapeva che avrebbe dovuto farci l’abitudine a quello stato di cose. Ma per ora, la sua percezione era ristretta al semplice voler vedere la fine di quella tortura, al desiderio di strisciare al riparo da qualche parte a progettare una bella fattura da scagliare su Black alla primissima occasione.
A pensare ai mille modi in cui poteva ucciderlo e a quelli con cui sbarazzarsi del suo cadavere.
Severus era convinto che in una situazione alla pari, di combattimento faccia a faccia, avrebbe avuto la meglio su Black e Potter insieme e maledì la sfortuna che lo faceva sempre trovare impreparato e lo metteva perennemente nella situazione di essere attaccato alle spalle.
Cercò di sollevare un poco la testa, ma l’incantesimo che Black gli aveva scagliato lo aveva rammollito, dando al suo corpo ossuto, la struttura fisica di una patata bollita incapace di fare alcunchè.
Uno scalpiccio di passi affrettati nella neve bagnata e alcune voci sommesse riscossero Severus dal suo torpore contemplativo, riportandolo bruscamente alla realtà. Il progetto di rimanere sdraiato nella neve ad aspettare la fine della tortura sfumò, quando intuì l’identità del nuovo arrivato.
“Non è l’angelo di neve più brutto che tu abbia mai visto, James?” sogghignò Sirius all’amico che lo degnò di una lunga occhiata distratta, prima di fissarsi sulla sagoma nera e zuppa di Severus.
“Che ha fatto questa volta?” domandò James in tono piatto. “Non se ne era parlato?”
Sirius inclinò il capo, stupefatto. “Degli angeli di neve?”
“Sirius, non…” James alzò le mani in segno di resa. “Lascia perdere. Questa volta non c’entro.”
Sirius incrociò le braccia, l’attenzione del tutto catalizzata dall’espressione insofferente dell’amico. Persino Minus faceva schizzare i suoi occhi puntuti dall’uno all’altro, dimenticandosi di emettere i soliti gridolini estasiati alle prodezze di Sirius.
“Non ti ho chiesto nulla, James” sbuffò Sirius ridendo. “Di che parli?”
“Di questo” James fece un cenno con il capo in direzione di Piton che era riuscito miracolosamente a sollevare di un tanto la testa fradicia e lottava per rimettersi in piedi. Attorno a lui la folla si stava dissipando, ma molti, molti di più a dir la verità, avevano cominciato a seguire il diverbio tra Potter e Black. Era alquanto insolito trovarli in disaccordo, soprattutto davanti a così tanti testimoni e soprattutto, davanti a qualcosa che fino al giorno prima aveva messo d’accordo entrambi.
“Stai facendo l’idiota James, l’idiota” replicò Sirius a bassa voce ma ostentando un espressione divertita. Poi, con pochi passi rapidi si avvicinò a James e gli battè la mano sulla spalla.
“Ti secca perché non ti ho aspettato, vero?” affermò con un sorrisetto furbo.
James fece un passo indietro. Il braccio di Sirius rimase a penzoloni, finchè lui non si rianimò. Cominciò a grattarsi la nuca, vagamente indispettito, voltandosi di nuovo verso la figura strisciante di Severus, annichilito a terra.
“Ehi, Mocciosus, ti sei fatto un alleato! Digli quanto lo apprezzi!”
La faccia sofferente e rabbiosa di Piton si sollevò contorta, come se emergesse dalla neve. Sirius si finse immensamente inorridito e guardò spaventato James. “Richiama il tuo terrificante amichetto!”
“Non è mio amico, Sirius” rispose James a bassa voce, trattenendo quello che sembrava un sorriso.
“Inutile discuterne con te adesso. Cresci.”
Gli occhi inquieti di James si persero a studiare i gruppetti degli studenti. Ognuno di loro fece finta di guardare altrove, riprendendo qualunque cosa stessero facendo prima dell’intermezzo creato dal trambusto di Sirius.
Gli occhi di James si fissarono in particolare in un angolo del chiostro, dove gli era sembrato di intravedere una fiamma.
Del rosso danzante. Sperava che non si fosse allontanato.
Ma forse era solo la sua impressione.
“Come vuoi. Io e Peter ce ne andiamo” Sirius scoccò un occhiata furente a Peter, come se fosse lui il responsabile della brutta figura da mentecatto che stava facendo davanti a mezza Hogwarts.
James lo osservò andarsene lentamente, la mano dentro la veste, almeno finchè non fu al riparo sotto alle volte delle gallerie che circondavano il chiostro. Allora la estrasse e la puntò ancora verso Severus, il quale si ritrovò bersagliato da pesanti palle di fango e neve che lo fecero ricadere, disteso a terra.
James spalancò gli occhi e suo malgrado sorrise, ricambiando la risata simile ad un latrato di Sirius che scomparve ben presto alla vista, probabilmente diretto alla Sala Comune.
James sentì lo sguardo di diversi studenti su di lui, apparentemente intento a fissare la figura mal messa di Piton che tentava di rialzarsi. Di nuovo. 
Sembrava troppo derelitto anche solo per ingaggiare un duello, ma James lo tenne d’occhio finchè uno degli studenti che affollavano il cortile non gli si avvicinarono, mentre le voci degli altri studenti avevano ripreso a dare vita all’atmosfera rarefatta del cortile.
“Che succede con Sirius, James? Non… ”
James scosse la testa e sorrise con gentilezza a Bill Corwack e ad Angie Ducktoe, che tenendo nelle mani due copie di Creature Magiche: dove scovarle, sembravano essere sopraggiunti in quel momento.
James si grattò un poco la nuca, con fare disinvolto e simulando una noncurante alzata di spalle.
“Non succede niente. Non è un problema.”
“Meglio così” disse Angie in un sorriso, mettendosi a pochi passi da lui e lanciando un’occhiata eloquente a Bill, che la intercettò con un po’ di confusione.  “Oh. Eh? Ah, certo. James?” disse Bill.
“Sono qui” James sollevò le sopracciglia, divertito. “Cosa dovete dirmi?”
Angie, che era molto più robusta di Bill, lo scostò con una leggera spallata. “Quello che Bill vuole dirti, è che abbiamo recuperato l’autorizzazione per il campo da Quidditch per stasera. Un ultimo allenamento per le vacanze estive, ricordi?”
James, che con la coda dell’occhio aveva ripreso a guardare tra le arcate del chiostro, riportò lo sguardo sulla tracagnotta Angie, annuendo distrattamente. “Certo. Ci sarò. Alle sette?”
“Benissimo. Cerco di trovare gli altri ora e… Capitano?” disse ancora Angie poco prima di andarsene, rivolta a James.
“Mi fa’ piacere che ultimamente tu affidi a me questi incomodi, ma torna presto tra noi.”
Bill diede uno sguardo perplesso ad Angie, accennando a tirarle una gomitata, come se fosse stata irrispettosa.  
“Non fa’ niente” disse James, rivolto a Bill. “Angie, hai ragione. Ti chiedo scusa. A stasera.”
Angie annuì un ultima volta, poi seguita dall’amico allampanato, si diresse verso il portone d’ingresso.
James rimase ancora un po’ fermo, poi si avviò verso l’ingresso anche lui, mentre fiocchi di neve densa cominciavano a cadere di nuovo dal cielo. Se avesse tenuto gli occhi bassi, non l’avrebbe vista.
Mocciosus non era più a terra. Ora, era seduto sulle scale vicino al portone d’ingresso, intento a ripulire i libri dalle macchie acquose che inzuppavano le copertine, le sopracciglia arcuate in un’unica riga contrita.
Al suo fianco, Lily Evans gli dava una mano a pulire alla bell’emeglio i libri, sorridendo. Sembrava parlare del più e del meno, come se volesse far dimenticare tutto a Severus parlandogli di cose futili e sciocche. James l’avrebbe giudicato un tentativo banale, ma pian piano le sopracciglia di Piton si distesero e poté vedere un’espressione più tranquilla sui suoi brutti lineamenti.
Lily non sembrò accorgersene; continuò a chiacchierare imperterrita, e prima che James se ne rendesse conto, si ritrovò a camminare nella loro direzione, finchè non fu ai piedi dei gradini dove i due si erano seduti.
Quando si accorsero di chi si fosse messo loro davanti, Lily smise di parlare, irrigidendosi, e l’espressione di Severus tornò ombrosa e cupamente offesa. James si sentì per la prima volta a disagio. Si girò verso Lily e dovette guardarla per un silenziosissimo  e lunghissimo momento, finchè lei non sbottò acidamente: “Che vuoi?”
Oh, solo te, Evans, disse il cervello di James. Ma James costrinse il suo cervello a dire una cosa diversa.
“Scusami” disse, rivolgendosi all’arcigno Piton, poi di nuovo ad Evans. “Ci vediamo.”
Senza guardare oltre, James si allontanò da loro, salendo gli scalini e sparendo nei corridoi di Hogwarts, irti di fiaccole, senza voltarsi indietro.
Severus Piton adulto, seduto sugli scalini nevosi a fianco del sé stesso più giovane e di Lily, rimase ad osservare l’espressione del giovane sé stesso incupirsi in una smorfia interrogativa, mentre Lily, per la prima volta sembrava scivolare in una polla di silenzio pensieroso, guardando la sagoma di James sparire nel corridoio. Al suo fianco il sé stesso più giovane, non se ne accorse.
Severus si chiese dove avesse sbagliato. Forse era sempre stato in errore e lui non era mai riuscito a comprendere niente, a parte sé stesso.
E poi tutto, cominciò a sfocare, diventando azzurrino e liquefacendosi in vaporosi vortici di ricordi. 

Severus, quello adulto e vero, si senti muovere tra le nebbie grigie, che formavano sagome, contorni di ambienti e infiniti cieli. Non sarebbe uscito dal Pensatoio. Sarebbe andato solo verso un altro ricordo sconnesso, precipitando tra voci e occhi che lo guardavano, attraversati da lampi d’accusa o compassione. 
Si ritrovò nella fumosa sala d’accesso alla Torre di Grifondoro, dove man mano le cose divennero definite: gli archi delle finestre, i bagliori delle torce e il ritratto della Signora Grassa. 
Con altri sbuffi di argentee memorie, presero forma le sagome di due ragazzi  e Severus vide sé stesso tenere Lily Evans per l’avambraccio, scivolando attraverso la loro stretta. 
Vide la sua espressione e se ne rammaricò.
Era una scena che ricordava; era accaduta qualche giorno dopo l’aggressione nel chiostro. 
Quel giorno, quel momento che aveva davanti ora era… Severus ricordò. aveva aspettato Lily fino a tardi, aspettando che lei tornasse all‘ingresso della sua Sala Comune, come avevano concordato.. Avrebbe voluto di chiederle di andare ad Hogsmeade il giorno seguente, ma si era troppo arrabbiato per il suo ritardo…
“Dove sei stata?”
“Da nessuna parte, Sev. Te ne prego, lasciami il braccio. Io …” Lily si divincolò. Severus la lasciò andare, arrossendo. “Scusami, non so cosa mi è preso io…”
“Severus, non capisco. Perché devi essere…”
Il rumore di passi nel corridoio fece voltare entrambi e gli occhi di Piton s’incupirono quando James Potter si unì a loro due, alzando la mano in un vago cenno di saluto e fermandosi davanti al ritratto della Signora Grassa, che stava sventolandosi pigramente il volto con un ventaglio di lunghe piume iridescenti.
“Ehi. Piton. Evans” James si frugò nella divisa, per poi afferrare una pergamena e porgerla a Lily, con un sorriso gentile. “L’avevi dimenticata.”
“Grazie” disse Lily impassibile. Severus seguì con apprensione il passaggio della pergamena dalle mani dell’una all’altro. Fu sollevato, nel vedere che non si sfiorarono nemmeno con un centimetro di pelle.
Sapeva che era a dir poco insolito e quantomeno poco giustificabile la presenza di Potter lì, soprattutto se non attorniato dalla sua cricca.
Guardò Lily e poi Potter, trovando la forza di sibilare: “Stavo parlando con lei.”
James si girò verso di lui con un sorrisone pieno di entusiasmo che fece rabbrividire persino i polpastrelli di Piton. “Giusto. Scusami. Evans, ci vediamo nella Sala Comune.”
“Può darsi…” replicò Lily altrettanto vaga, guardandolo sparire dentro al buco del ritratto con un breve cenno di saluto.
“Perché Potter era… “ attaccò Severus, cercando di non perdere l’occasione, ma Lily lo zittì con un’occhiata.
“Sev, l’altro giorno ti ha anche chiesto scusa. Non…”
“Sì, ma perché c’eri tu, Lily. Voleva solo fare bella figura davanti a te, è lampante!” replicò Severus, accorgendosi che stava arrossendo. Ultimamente gli sembrava di dire sempre le stesse cose, ripetute all’infinito, con la stessa foga e più lui si ostinava, meno Lily lo considerava.
Anche adesso gli occhi verdi di Lily si erano ristretti a due fessure guardinghe e l’unico pensiero che attraversò la testa di Severus fu di completa incredulità. La Lily di prima non si sarebbe mai comportata così. La sua amica non l’avrebbe mai guardato così.
“Perché vuoi controllarmi, Sev? Ero con James in biblioteca, esattamente come l‘altro giorno ero al Lago con…”
Lily si fece rossa come i suoi capelli. Si morse un labbro, prima di sillabare un sommesso ‘accidenti a me’.
Il giovane Severus si sentì invadere da una fastidioso senso di delusione. Qualcosa di simile alla sensazione che si prova a venire abbandonati; la riconobbe subito, ci aveva convissuto tutta la vita.
“Sei davvero uscita con James Potter.” Non era una domanda.
Lily distolse lo sguardo, arretrando verso il ritratto della Signora Grassa.
“Sì” si limitò a rispondere, non aveva cuore di fare ancora la sgarbata con Severus, nonostante tutti i problemi che ultimamente gli causava. 
Se solo fossero stati in grado di essere solo un po’ più onesti l’una verso l’altro…
“Credevo lo odiassi” mormorò Severus con un’alzata di spalle, cercando di nascondere la sua profonda tristezza.
Rimpianse di non essere nella sua Sala Comune, mettendo leghe d’acqua nero verdastra fra lui e Lily.
Fra lui e quello che Lily era diventata.
“Bugiarda” aggiunse in un sospiro. Non era un’accusa, solo una constatazione che Lily incassò senza replicare, per una volta in cui avrebbe dovuto farlo davvero. Severus le diede le spalle, senza incrociare ulteriormente il suo sguardo furente ed aggiustandosi un poco il colletto. Si allontanò nel corridoio, sorpassando una coppia di fantasmi, intenti a guardare il nevischio aggrapparsi alle vetrate.
Sentì dei brevi passi dietro di lui, come se Lily volesse seguirlo. Ma poi i passi si fermarono e Severus non si voltò più.


 
Il passato, Hogwarts, metà dicembre
 
Severus Piton sapeva di risultare un ragazzo contorto agli occhi degli altri.
Almeno per chi si fosse preso la briga di abbassarsi  a parlare con lui.
In realtà, dentro di sé, preferiva pensare a sé stesso come un limpido stagno, dove le sue intenzioni erano cerchi netti che increspavano la superficie. Fingere di essere contorto era solo una mascherata che mirava a renderlo più interessante, ma Severus era troppo orgoglioso per accettare che quella facciata non aveva alcun successo.
L’eventualità di avvicinarla, semplicemente, e parlarle, venne spazzata via dalla mente calcolatrice di Severus. Non avrebbe trascorso il Natale da casa di Lily, quell‘anno. Era l’unica cosa che era riuscita a sibilargli, quando se l’era trovato davanti.  Severus aveva anche da poco scoperto, tramite una lettera con un curioso e burocratico nome babbano, che i suoi genitori avevano abbandonato la casa di Spinner’s End, sparendo chissà dove.  Non che ci volesse tornare, certo, ma tutto sembrava finire in vicoli ciechi ed ombrosi, in cui non poteva districarsi, né comprendere, né trovare soluzione.
Aveva bisogno di un consiglio, voleva solo un maledetto consiglio per capire che cosa avrebbe dovuto fare. Un piano.
Qualcosa per prevedere e capire Lily, per capire come proseguire.
Erano passati giorni da quando aveva lasciato Lily davanti al ritratto e ancora non aveva trovato il coraggio di avvicinarsi a lei, riprenderle a parlarle davvero. Scusarsi magari, nonostante Severus sapesse che per una volta, le scuse avrebbe dovuto esigerle lui, almeno in parte.
Occorreva un vero piano d’attacco. Severus non poteva più tollerare di ritrovare a scrutare, sopra la sua tazza di tè a colazione, la testa di Potter accanto a quella di Lily, un poco curva verso di lei ed intenta a parlarle.
Aveva pensato persino di chiedere a Sirius Black, che a quanto pareva non era propriamente entusiasta della nuova frequentazione dell’amico, di quel modo di fare pseudo adulto che l’aveva portato a rinnegare gli amici di prima.
Ma quelle erano sciocche fantasie che Severus congetturava prima di addormentarsi e che si dileguavano non appena Black faceva la sua comparsa, puntandogli la bacchetta addosso e minacciandolo di riempirlo di bubboni fluorescenti.
Fantasie, appunto.
Severus non poteva allearsi con un personaggio del genere. Sarebbe stata un’altra allucinazione contorta, un altro piano destinato a deformarsi ed ad accartocciarsi su Severus stesso.
Per quello e per la mancanza d’immaginazione, ritrovandosi senza l’unica amica, l’unica che contasse davvero, l’unica che lo apprezzasse, Severus cominciò ad immaginare quale sarebbe stata la sua mossa se avesse avuto solo un po’ di coraggio, anche solo un po’ d’iniziativa.
La risposta ai suoi dubbi e alle sue congetture, si presentò sul finire di un pomeriggio di uno sterile giovedì.
Severus sentiva di non poter studiare in biblioteca, né in un aula, né ai tavoli della Sala Grende o tra le verdi luci baluginanti della Sala Comune di Serpeverde. Non riusciva a stare calmo, e per quello si era sistemato in uno dei cortili, sotto un arco di pietra. Faceva abbastanza freddo, e l’intensità di quel gelo poteva solo aumentare, con l’approssimarsi della sera. 
Teneva il libro di Storia della magia tra le mani tremanti, appena riparate dai mezzi guanti. Il fuocherello sotto vetro che teneva in grembo era troppo debole, un riflesso della sua tensione. Severus si domandava se i sentimenti potessero influire sulla magia e, a guardare quella misera fiammella violetta, pensava proprio di sì.
‘… Ulfrich lo Schiaccione proclamò l’indipendenza della Magicissima Società dei Rabdomanti di Tangeri nel 1348. La società venne altresì definita MASORATA, dopo il convegno tenutosi l’anno successivo, alla presenza di Al-Abraihm ‘Dente Rotto’ Dahari, presidente del Consiglio d‘Amministrazione. La conferenza ebbe una durata di tre mesi, ed il  punto principale del convegno, nonché unico argomento all’ordine del giorno,  fu la sostituzione dell’acronimo MSRT, ritenuto troppo difficile da pronunciare…’
Severus lesse perplesso un altro paragrafo, sfregandosi il naso. Non avrebbe resistito ancora a lungo aleggere al freddo, tuttavia si costrinse ad arrivare alla fine della frase. Severus doveva sapere tutto.
‘… Soprattutto per Dahari Dente Rotto e le sue evidenti difficoltà di pronuncia.’ 
Severus Piton non era mai stato tanto sollevato all’idea di vedere un punto fare capolino dopo una scia di lettere. Chiuse il libro di scatto, contemplandone le pagine serrate. Avrebbe voluto che la mente di Lily fosse stata quel libro. Ci pensava da un po’ di tempo. Un libro da poter consultare, in cui venivano trascritti i suoi pensieri, le sue emozioni… Quello che faceva quando Severus non era con lei.
Severus represse un debole fremito di colpa. Non era giusto voler controllare la vita di Lily, affannarsi a farne disperatamente parte, ma che soddisfazione, sarebbe stata. 
Essere sempre un passo avanti a lei, precederla, non cadere mai in errore, prevenire e scoprire qual era il modo per tornare ad essere quello che Severus e Lily erano stati l’uno per l’altra. Per far sì che Lily tornasse Lily, per far sì che non gli preferisse Potter.
Perché a Severus ormai era fin troppo lampante. Se n’era accorto già al quarto anno, di come Potter guardava Lily…
Ma Lily era stata così scettica nel parlare, così cieca in alcune cose e troppo limpida in altre, che Severus aveva sperato e creduto che forse non se ne sarebbe accorta. Che non se ne sarebbe accorta mai.
Avrebbero trascorso i rimanenti anni ad Hogwarts nella più totale armonia, preservando la loro amicizia e quando sarebbero riusciti a terminare la scuola, bè… La prima idea di Severus sarebbe stata aprire un negozio di pozioni.
A Lily le pozioni piacevano. Piacevano a Severus, era qualcosa che condividevano.
Severus aveva scarabocchiato anche l’insegna in uno dei suoi quaderni malconci. Disegnata piccola, così piccola da sembrare un geroglifico. Un calderone traballante, con un filo di fumo a forma di punto interrogativo che saliva dalla pozione, in una voluta scherzosa. Sotto, nella sua grafia minuta e stretta, aveva scritto le loro iniziali. Doveva solo lavorare su un nome efficace per rimediare una discreta clientela, e con…
Severus aggrottò le sopracciglia, cercando di dissipare quella fantasticheria. 
Si era ormai guastata, da quando l’ombra di Potter si era affiancata a quella di Lily. E lui ora era bloccato lì, contro la pietra fredda, a fissare un libro chiuso, disperandosi perché non c’era modo, per lui, di sapere quello che Lily faceva quando non era in sua compagnia. Non c’era modo per sapere cosa James voleva da lei, davvero.
Non c’era modo di capire le intenzioni di nessuno, perché su quel piano, Severus mancava di fantasia.
Aveva iniziato a pensare che avrebbe potuto provare con la magia, quando sentì dei passi nella sua direzione. Il suo cervello si affrettò a creare l’immagine di Lily, a materializzargliela davanti agli occhi, quando si ritrovò davanti, nella scala delle improbabili improbabilità la persona più improbabile da incontrare.
“Piton” esordì James Potter. Sembrava cercasse di sorridere con forzata cortesia. A Severus sembrò solo una variante del suo ghigno saccente. Fece scivolare il libro tra le ginocchia, portandosi una mano dentro la veste e sfilando la bacchetta.
Nel farlo torse un poco il petto rachitico, e il barattolo che custodiva la fiamma riscaldante cadde e s’infranse sul lastricato. La fiamma brillò ancora per qualche attimo, poi una folata di vento la spense.
“Scarso” commentò Potter, alzando le mani in segno di resa. Severus cercò di leggere della derisione, mischiata a quel tono sospettosamente gentile, ma non ne trovò. La cosa era ancor più preoccupante.
“Devo parlare con te.”
Severus  gli lanciò uno sguardo acido e non rispose. Strinse la bacchetta mentre si preparava ad attaccare, guardandosi un poco intorno per vedere se Potter era compagnia dei suoi amichetti, tenendo le spalle ancorate al muro freddo per evitare brutte sorprese. Potter continuò ad osservarlo, l’espressione tranquilla, ma pur sempre ridanciana, senza fare alcun gesto, ne diede segno di voler prendere la sua bacchetta. Quando aprì la bocca per parlare, Severus si chiese che incantesimo ne sarebbe uscito.
“Tu sei amico di Evans.”
Severus, spiazzato, allentò la presa sulla bacchetta. Sentì solo un fiotto d’odio scivolargli fra le viscere, avvelenandogli il cuore già abbastanza saturo di cattiveria e disprezzo per quel viscido noncurante che aveva davanti.
Perciò continuò a rimanere zitto, fissandolo con quanto più disprezzo poteva. 
“Tu sai che cosa le piace, immagino” mormorò James in tono distratto, le mani nelle tasche della veste. Poi, James fece spuntare un altro paio di denti nel suo sorriso già inverosimilmente esteso e compiaciuto. 
“Vorrei farle un regalo. Arriva Natale, hai presente?” 
Se tu sparissi sarebbe il regalo migliore di sempre, rifletté Piton, ma rimase in silenzio, cercando di mantenere la sua faccia impassibile, chiedendosi che cosa avesse fatto di male.
Non si fidava di Potter, non si sarebbe fidato mai, nonostante avesse visto che negli ultimi giorni si fosse distanziato da Black. Almeno un po’. Severus non ci sarebbe mai cascato, voleva solo arrivare a Lily.
Rimasero in silenzio alcuni minuti, a fissarsi in cagnesco, almeno da parte di Piton, perché James sembrava stranamente a suo agio.
“Capisco, immagino che dovrò leggerle nella mente” disse James Potter, infine. Severus per la prima volta aveva vinto, stando in silenzio. “Bè. Bella conversazione. Passa un buon Natale. Ovunque tu vada.”
Severus lo guardò allontanarsi con passo flemmatico, così come era arrivato. Gli puntò la bacchetta tra le scapole, la mano bluastra per il freddo. Si era quasi deciso a colpirlo, quando lo vide svoltare l’angolo e sparire.



 
Era stato così che era cominciata.
L’ossessione dei ricordi. Inconsapevolmente, era stato proprio Potter a dargli la spinta giusta.
Severus non poteva capire e controllare Lily. Non poteva prevedere le mosse di Potter. Ma era un mago, e nella sua ingenua e ottimistica visione, Severus sapeva che la magia poteva fare tutto. La magia, gli aveva dato Lily.
Così, quando la scuola si era svuotata, in quei giorni d’inverno, gli era occorso poco tempo per capire cosa avrebbe dovuto fare, leggendo qualche libro confuso e, a chi chiedere consiglio, se non a qualcuno che era stato uno studente brillante e capace, qualcuno che l’avrebbe aiutato a definire la natura stessa del suo desiderio, di quello che avrebbe dovuto fare?
Era stato Lucius Malfoy a spiegargli come prendere i ricordi. Quello che era un Pensatoio, a cosa serviva.
E così Severus, in un lungo pomeriggio d’inverno, con l’oscurità che avanzava sulle vie di Hogsmeade, ne era stato folgorato. Malfoy non aveva fatto domande, anzi. Si era limitato ad incoraggiarlo, in qualunque cosa volesse fare, perché se Piton era così intraprendente e Malfoy, Malfoy lo capiva.
Avrebbe solo potuto aiutarlo in ciò che stava per succedere fuori da Hogwarts, più avanti. Qualcosa di grande.
Aveva avuto tutto il resto di dicembre per prepararsi, Severus.
Aveva preparato del Veritaserum da rifilare a Gazza e non ci era voluto molto a trovare il modo per interrogarlo, con una domanda casuale, mentre era impegnato a lucidare le armature. Gazza non schifava del tutto Piton. Forse perché lo trovava più miserabile di sé stesso. Piton lo odiava e non si era posto alcun problema nell’ingannarlo. Gazza gli aveva risposto subito dove avrebbe potuto trovare un Pensatoio. C’era uno sgabuzzino, su al settimo piano, da qualche parte lì in giro.
Gazza ci portava i mobili vecchi, perché quello era un Pensatoio, no? Un vecchio mobile, gliel'aveva detto Silente…
Piton era stato così entusiasta da correrci subito, ma ciò aveva reso solo la delusione più cocente, quando aveva visto le pareti di pietra desolata e muta. Ma non si era dato per vinto. L’aveva percorso trafelato, avanti e indietro, avanti e indietro, cercando e pensando solo che doveva aver sbagliato qualcosa nel Veritaserum, perché non c’era nessuna stanza con mobili e cose nascosti, nessuna stanza in cui era nascosto un Pensatoio…
E poi la porta era apparsa, e Piton si era trovato in un altro mondo, popolato da Cose. Cose, tantissime e diversissime, dappertutto. E lì ne aveva trovato uno. Un Pensatoio, vero.
Come quello descritto da Malfoy.
Il resto dei giorni era trascorso in fretta e quando Hogwarts si era ripopolata.
Aveva rivisto Lily, ancora inavvicinabile. Severus aveva capito che non sarebbe riuscito a rubarle i ricordi.
Sarebbe stato scorretto, rubare qualcosa a Lily. Così, aveva deciso di rivolgere i suoi sforzi a Potter.
ora era con lui che Lily passava buona parte del suo tempo.
Aveva pensato che quella sarebbe stata la parte più difficile del piano. Black sembrava aver riguadagnato la sua posizione di primo piano nella vita dell’infame, ma Severus non s’era perso d’animo.
In fondo, si era dimostrato davvero brillante negli ultimi giorni. 
La soluzione, nella missione ruba i ricordi a Potter, era stato Minus. 
Severus aveva solo dovuto chiedere la collaborazione di Rosier, per rubare un po’ di Polisucco tra le scorte di Lumacorno,
le fiale che usava per le dimostrazioni. Minus era un altro abbietto e usarlo sarebbe stato solo un piacere. 
Severus sapeva quanto fosse debole. Aveva fiuto per riconoscere i deboli da schiacciare, era uno di loro.
Black e Potter erano talmente arroganti che non si sarebbero mai presi la briga di difenderlo, se non per il gusto di cogliere in flagrante Severus ed avere così il pretesto per umiliarlo. Un'ennesima volta.
E così, con le sembianze di Minus, era riuscito ad avvicinarsi a Potter, abbastanza da sfiorargli distrattamente la testa con la bacchetta, nei panni di Minus, imitando quel suo modo di fare imbranato e avventato, facendo finta di cadere, colpendolo accidentalmente, applaudendo un poco troppo entusiasta, vicino alla tempia di James mentre lo guardava giocare con il boccino. E segregare in fiale, chiudere nella propria testa, i ricordi di Potter.
Severus era riuscito a prendere il primo ricordo, mentre Potter era sovrappensiero, intento a fissare chissà cosa.
Il ricordo era un giorno di novembre, la sponda del lago nero. Lily.
Lily che scappava, spaventata da un cane nero, un cane nero che era Black. 
Se Piton l’avesse raccontato in giro, l’avrebbero di sicuro ammazzato.
Quel ricordo aveva fatto nascere il desiderio, il desiderio di saperne di più. Ne aveva rubati altri, dopo.
Per quasi tutto gennaio.
Momenti insignificanti. Potter che guardava Lily studiare, per esempio.
O mentre ridevano, tra Mandragole e Lattobacilli ad Erbologia.
Momenti di lucidità. Black che chiedeva a Potter perché avesse difeso Severus e Potter che gli rispondeva che così avrebbe fatto centro al cuore, perché in fondo Evans amava gli amanti dei derelitti, non i derelitti.
Black e Potter che organizzavano la messa in scena nel chiostro, l'idea di aggredire Severus. L'idea di far finata di mal sopportarsi perchè ora James aveva... una morale.
Momenti dolorosi. James che abbracciava Lily, in biblioteca. Lei che arrossiva e si allontanava, un libro stretto al petto, guardandolo con occhi insolitamente brillanti.
Al riparo dal mondo, nel deposito di Cose, Severus aveva vissuto la vita che James Potter aveva. 
Fino al giorno in cui, benchè quella fosse stata solo una banale e corta sessione di giorni nel mare del tempo, Severus aveva visto ciò che non avrebbe mai voluto vedere.
Aveva visto ciò che gli aveva fatto distruggere il Pensatoio di pietra trovato nella stanza, dalla rabbia. Facendo dissipare il vapore di pensieri, vederlo sollevarsi come polvere, e sentirlo finire fin dentro le sue ossa.
I ricordi di James Potter diventare davvero parte di lui, per la rabbia causata da quel ricordo.


 
Hogwarts, fine di gennaio
 
“Evans!” urlò James Potter. “Evans!”
La raggiunse correndo, giù per la discesa. Era più veloce di lei, meno impacciato e più determinato. 
Prima che potesse sgusciarle via, tese il braccio e l’afferrò per la manica della divisa, strattonandola.
Lily si girò, cercò di allontanarlo, tirargli un ceffone, ma James si ritrasse, schivandolo e accennando un mezzo sorriso.
Non voleva lasciarla andare, a costo di prendersi tutti gli schiaffi del mondo. Tutti gli schiaffi di Lily.
“Evans, per favore calmati… ” cominciò in tono ragionevole ma Lily si divincolò ancora, sbilanciandosi sul terreno ripido e sconnesso. James fu colto di sorpresa. Spalancò gli occhi, ingigantiti.
Incrociò quello di Lily che fece un verso inarticolato, a meta tra un sospiro stridente e qualcosa che avrebbe dovuto essere la parola James. Poi, entrambi, caddero in avanti ruzzolando giù. 
James sentì la bacchetta scivolargli via dalla veste, ma trattenne Lily per la stoffa della veste, provando ad afferrarla più saldamente. Si ritrovò con la faccia affondata in un cumulo di neve, le narici otturate dal freddo. Rialzandosi, starnutì. Stava davvero starnutendo neve. Incredibile.
Sentì Lily raddrizzarsi accanto a lui, dopo qualche momento. Fece lo stesso. Erano a metà del declivio, e quando James si girò verso di lei per vedere come stava, se la ritrovò proprio al fianco, così vicina che non aveva più bisogno di trattenerla.
La lasciò andare, guardandone il viso arrossato, gli occhi lucidi, i capelli scompigliati, sporcati di neve e residui di rametti. Trovarono il coraggio di guardarsi negli occhi dopo un lungo istante, i cuori martellanti e il petto che si alzava e sia abbassava velocemente.
Era come essere cristallizzati in un tempo fisso e immobile, mai trascorso, eppure già parte del passato.
Del loro passato, pensò James, perché quello era un momento che avrebbe condiviso con Lily e solo con lei, perché era lei che era lì e non poteva non pensare a niente se non al suo nome, se non al fatto che la creatura che stava guardando si chiamava Lily e oddio, era davvero Lily. E lui era sconnesso, e i suoi pensieri erano immateriali e concentrici, perché tutto aveva come centro Lily, e tutto ritornava sempre a lei.
E i suoi pensieri non avrebbero mai preso nessun’altra direzione, se non quella di lei.
James aveva l’impressione che il suo piccolo mondo stesse trattenendo il respiro insieme a lui.
“Ti amo, Evans.”
Non era vero, James lo sapeva. Forse anche Lily. Ma lui non conosceva altre parole, per definire quell’abnegazione assoluta che gli attraversava il cuore. Era amore, ma in una forma che sfuggiva alla sua scala di classificazione. E non sapeva perchè provava qualcosa del genere, sapeva solo che era Lily a farglielo provare.
Lily lo fissava imperscrutabile, la bocca socchiusa. Un fiocco di neve intrappolato tra la ragnatela di capelli rossi, poco vicino allo zigomo. Poi sorrise, le labbra appena incurvate all’insù. James la fissava, cercando di scacciare l'impulso di sfilarle via quel fiocco inopportuno. E allora, Lily lo baciò e il tempo ricominciò a correre normalmente, insieme al vento freddo, alle increspature sul lago lontano. 
Il mondo riprese a funzionare nell‘universo del Pensatoio, se mai poteva funzionare davvero, mentre Severus Piton, adulto, intento a rivivere quel ricordo, l’ultimo da lui rubato, avvertiva la sensazione che tutto si fosse rotto, e che il colpevole era lui, lui solo.
C’era un grande schema, fuori dalla sua testa. Uno schema di cui lui non poteva farne parte, perché non lo riguardava, si era fatto tagliare fuori. Era lo schema, il mondo di Lily e James che andava incominciando. Qualcosa che stava già incominciando prima che Potter inseguisse Lily fuori dal castello, per ragioni che ormai nessuno avrebbe più potuto conoscere.
Severus non credeva nel destino, nel tempo determinato, nella successione meccanica.
Ci credeva solo quando non riguardava lui, nella sua ansia di correggere, risistemare, salvare. Rimediare.
Eppure, con la scena di Potter, delle braccia di James Potter attorno a Lily, di lei che rideva, gli pareva che il destino si fosse in parte mostrato, e non era triste, non era ingiusto, perché finalmente, avvertiva qualcosa di vero, qualcosa di autentico.
“Bella scena” la voce di Lily era un paio di passi dietro a lui, come se la ragazza si fosse fermata poco dietro alle sue spalle, quasi per fargli uno scherzo. Ma c’era una Lily anche davanti a lui, quella intenta a fissare intimidita James Potter, mentre il vento le faceva ondeggiare le ciocche rosse. Era lei che sembrava vera, adesso. Severus era un intruso.
“Lo è” replicò Piton con calma.
Severus non voleva voltarsi. Sapeva che se l’avesse fatto, la Lily dietro a lui gli sarebbe apparsa in tutto e per tutto uguale a quella seduta tra la neve sul pendio e questo avrebbe distrutto…
Non avrebbe distrutto niente. Ma non l’avrebbe sopportato. Ne aveva fin troppi di ricordi metafisici, adesso.
“Perché lei può vederti?” chiese Severus ricordando all'improvviso, apparentemente al vento, ostinandosi a darle le spalle.
“Perché tu lo vuoi. Io non sono niente, senza di te” replicò con calma la voce di Lily, mentre l’altra Lily ridacchiava, dando un leggera spinta a James. La Lily dietro di lui, sembrava sapere a chi Piton si riferisse davvero.
“Perché siamo qui?” continuò Severus. In quell’universo, comprese, non poteva ottenere risposte sulla realtà in cui poteva interagire, parlando di cose che appartenevano al mondo. 
Parlare di Luna Lovegood lì, era fuori discussione. Non era caduta nelle nebbie azzurrine questa volta.
Nel Pensatoio, era meno reale di un essere umano onesto con sé stesso, pensò Piton.
“Perchè siamo qui?” ripetè.
“Perché se tu affronti i tuoi ricordi e ne cancelli le trame ancora in ombra, potrai conviverci, nasconderli o domarli, se lo vorrai… ” Lily sembrò fare una pausa, prima di aggiungere:
“Perché così Sev, sarai tu il padrone del tuo passato e non il contrario. Capire è il primo passo per accettare e accettando, saprai come vivere. Andando avanti. Basta, guardare indietro.”
“Come faccio se sei tu a dirmelo? Proprio tu?” Severus strinse le mani a pugno, ingobbendosi su sé stesso, scrutando con autentica felicità eppure perdita, la figura di Lily e quel futuro che le era appartenuto, quel futuro che lui aveva distrutto, quel futuro che era cominciato con James Potter, in quel lontano giorno di gennaio.
“Tu appartieni al passato” mormorò amaro. “Appartieni a chissà quale inferno, ciò che dici non può essere giusto.”
“L’inferno non esiste, Severus” disse Lily, la voce sempre più fioca. “Si va solo… oltre.”
Piton abbassò un poco il capo, sentendosi sconfitto eppure felice, perché sapeva che tutto il viaggio, per quel giorno, stava per giungere al termine. Il cielo lattiginoso si stava rapidamente incrinando tra volute azzurrine e sempre più dense, e il paesaggio scoloriva, sciogliendosi in tonalità pallide e rarefatte.
Il mondo del Pensatoio diventava sempre più stinto, privo di dettagli veri.
“Portami a casa” le disse, anche se nemmeno lui sapeva cosa in realtà volesse dire.
E Lily, quella dietro di lui, di cui aveva sentito solo la voce, lo fece.
 



Hogwarts, il presente
 
Se Lucius Malfoy fosse spaventato, o insospettito, o anche solo incuriosito dal vedere Severus Piton materializzarsi tra le ante semi-aperte di uno degli armadi del suo nuovo studio, non lo diede a vedere. 
Era l’imbrunire. Doveva aver passato fin troppo tempo tra i vapori argentei che racchiudevano i suoi ricordi.
Non lo rimpiangeva. Severus si accorse subito del Mangiamorte seduto in prossimità della sua scrivania, intento a sfogliare un libro malconcio. Il suo registro. Forse cercava qualche annotazione su Draco.
Se era così, non ne avrebbe trovate, a parte qualche voto mediocre, ingentilito da un più.
Severus lo fissò negli occhi grigi, mettendosi compostamente in piedi. Era una bizzarra casualità.
Poi pensò che bizzarra era più una parola da Lovegood, e allora deformò il suo pensiero in era una funerea casualità.
“Lucius.”
“Severus.”
Piton abbassò lo sguardo, facendo un passo in avanti ed immobilizzandosi. Si ritrovò a scrutare negli occhi inquieti di Lily, quella disegnata. Si chinò, raccolse il disegnò da terra e lo ripose nella vetrinetta, badando bene a non mostrarlo più di tanto
a Malfoy, sentendo il suo sguardo sulla schiena.
“Cosa ti porta qui?” chiese bruscamente, avvicinandosi e sedendosi lentamente dall’altro lato della scrivania.
Era una domanda retorica che gli  rivolgeva tutte le volte, un rituale falso e formale.
“Affari, Piton. Non certo vedere il bizzarro arredamento che mantieni nel tuo nuovo ufficio.”
Severus vide le fredde iridi acciaio dell’uomo, indugiare un istante di troppo nella penombra, sul cumulo di ceneri annerite che era stato l’armadietto in cui aveva riposto le cose di Luna Lovegood. Aveva l’impressione, sgradevole, che la caccia al disegno perduto di Luna, quello preso da Malfoy figlio, avrebbe dovuto essere posticipata a data da destinarsi.
Contrasse un poco il muscolo vicino alla tempia, sapendo quello che lo aspettava. Malfoy era venuto di rado ad Hogwarts, dall’inizio di quell’anno. Certo, non faceva più parte del Consiglio di amministrazione da un bel po‘ di tempo, eppure contava ancora sull’appoggio di alcuni membri che non ritenevano dannoso spedirlo a Hogwarts.
Lucius accettava di buon grado. 
Non c’era miglior copertura che il benestare di un paio di vecchi e ricchi imbecilli, per spedire un Mangiamorte a Hogwarts a fornire informazioni. Perché le poche volte che era apparso fra le mura del castello, era apparso essenzialmente per quello.
“Spiegati” mormorò Severus, aggrottando le sopracciglia.
“Si dà il caso, che abbiamo un piccolo e potenzialmente dannoso problema, Piton.”
Severus arricciò le labbra in un sorriso storto. “Io non risolvo problemi. Io osservo e riferisco, Lucius. Lo sai.”
Lucius aprì le mani, a indicare una qualsiasi possibilità “Non questa volta, Severus. Non questa volta.”
Si appoggiò allo schienale, chiudendo lentamente il registro, prima di ripensarci e aprirlo ancora, apparentemente a caso. “Diciassette ottobre. Accettabile?” domandò.
“Pensavo che l’avrebbe stimolato a fare meglio.”
“Draco è mediocre. Non dargli troppe false speranze. Non ne ha bisogno, è fin troppo arrogante” Lucius rimise il registro sulla scrivania, alzando il sopracciglio.
“Pensa troppo bene di sé stesso. Sono pronto a credere che la gente veda in lui qualcosa che è del tutto assente” mormorò sovrappensiero, prima di tornare a rivolgere la sua attenzione a Severus, che lo scrutava imperturbabile.
A Piton non piaceva farsi coinvolgere negli affari dei Malfoy, qualunque essi fossero, perciò si astenne dal commentare.  
Si ritrovò tuttavia a pensare che era strano, avere davanti quello stesso uomo che da ragazzo arrogante, gli aveva spiegato il modo per appropriarsi dei ricordi altrui, in un rudimentale sistema, permettendogli di allargare quel mondo fatto di pensieri e momenti rubati. Ma non poteva più farsi coinvolgere, adesso.
“Io mi curo di ciò che riguarda l’Ordine” gli disse stancamente, interrompendone le riflessioni genitoriali.
“Appunto. Sono qui per questo. Come ti dicevo, il problema era il problema di qualcun altro, ma ora come ora, adesso è diventato tuo” replicò Malfoy mellifluo. “E’ sconfinato nel tuo… campo d'azione.”
“Cosa sarebbe questo problema?” borbottò Piton, contrariato, incrociando l’occhiata di Malfoy che sorrise con troppa cortesia, con fin troppa cordialità.
“Fletcher” sussurrò dolcemente. “Mundungus Fletcher.” 
 
 
 
Continua...
 
Angolo delle Notizie a Casaccio
 
Lo aspettavate, è??? Eh???
Non vi chiederò perdono, perché so di essere imperdonabile. 
Vi dirò solo che continuerò a scrivere il Dono. Certo, richiedo tempi lunghi, ma ho intenzione di finirlo. 
Questo capitolo forse non è granché, ma sappiate che il momento finale tra Lily e Severus nel ricordo mi ha emozionato abbastanza nello scriverlo. Tra parentesi, scivolare da una scarpata può essere pericoloso.
Ci sono più rivelazioni sub-text in questo capitolo che potrei già piazzarci la parola fine.
No, non è vero.
Naturalmente, domani potrebbe venirmi una diavolo d’idea che mi porterebbe a cambiare del tutto il corso del Dono, ma questa è un’altra faccenda. C’è ancora Mundungus al pascolo, in fondo. Le trame princiapali staranno per incrociarsi?
Ci ho messo tanto, come avrete intuito, anche perché dovevo descrivere tutto il processo di come Severus è diventato un ladro di ricordi e anche adesso la verità che ho scelto non mi soddisfa del tutto, ci sono delle cose forse poco credibili.
Sento che mi sto allontanando dai libri per scivolare nell‘assurdo. Quel pezzo in cui parlo di come si procaccia i ricordi. Già solo per descriverlo avrei dovuto fare un altro spin-off.
Alla fine ho tirato su una sintesi alla Chuck Palahniuk e tanto basta, anche se è davvero assurda. 
Sto facendo scivolare Severus&Luna in un baratro onirico e non so se risaliranno.
Mi aspetto critiche severe per questo capitolo, ma io ve lo passo lo stesso. Sono abbastanza forte da accettarle.
 
Aureen, Emily e Natalie_S, questo capitolo è per voi e per tutti quelli che mi seguono, o che hanno recensito nei mesi passati, o che hanno scritto messaggi per informarsi della mia salute o augurandomi di schiattare perchè non andavo avanti con la storia.
 
A risentirci (Ma se volete augurarmi di schiattare fatene pure a meno),
Exelle.
  
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