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Autore: crazy_world    27/08/2011    8 recensioni
Bellatrix Lestrange è una guerriera, sempre stata al fianco del Signore Oscuro, sempre pronta a servirlo, sempre pronta a dare la sua stessa vita per lui. Ma se in ballo ci fosse un'altra vita, come reagirebbe la Mangiamorte? Se in ballo ci fosse qualcosa di più importante della guerra per il potere?
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Draco Malfoy, Lucius Malfoy, Narcissa Malfoy, Rodolphus Lestrange
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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Innanzi tutto: perdonate questo piccolo ritardo, ma ieri qui ha fatto un temporale assurdo e mi è saltato il modem. Fortunatamente, non so come, mio padre è riuscito a ripararlo in tempi tutto sommato brevi. Comunque.

Non è un capitolo lungo, anzi. Ma non volevo fare un vero e proprio capitolo, più che altro voleva essere (ed è) solo uno sguardo sul futuro. E spero vivamente che vi piaccia.

È finita, dopo mesi, e io sono un po’ triste. È stata una magnifica esperienza, e tutto questo grazie a VOI.

Ed è qui che voglio arrivare: voi.

Siete state meravigliose, uniche. Sono davvero orgogliosa di aver avuto voi come lettrici, perché siete state davvero fantastiche.

Per cui ringrazio ognuno/a di voi: chi ha letto e ha recensito, chi ha letto e basta, chi ha aggiunto questa storia tra le preferite/seguite/ricordate, chi ha recensito ogni capitolo e chi solo uno.

Grazie a tutte.

Di cuore.

Con affetto,

Marta.

 

 

EPILOGO

La cella era fredda come non mai.

Rodolphus Lestrange sospirò, annichilito e appoggiato mollemente contro il muro ed il pavimento umidi, osservando il cielo trapuntato di stelle al di là della finestra sbarrata.

La luna gettava la sua luce lattiginosa in tutta la minuscola stanza, illuminando pallidamente il volto già scarno dell’uomo.

Sbatté le palpebre un paio di volte prima di passarsi una mano magra sugli occhi e strofinarseli stancamente.

All’improvviso, puntuale come sempre, una piccola luce apparve alla sua destra.

Il mago, o quello che ne rimaneva, sorrise debolmente.

-Ciao Bella-.

La luce si ingrandì sempre di più, fino a prendere le sembianze di una donna, bellissima.

Doveva avere poco più di vent’anni; i lunghi capelli neri si arrotolavano in ricci morbidi, che si appoggiavano alle spalle e sul petto. Gli occhi, colore del carbone, scrutavano il locale angusto, soffermandosi di tanto in tanto su quella figura rannicchiata che la guardava con amore. Le labbra rosse si stirarono in un sorriso mesto. Con le mani, pallide nonostante i colori e la luminosità del corpo non fossero propriamente normali, si sistemò le pieghe inesistenti del vaporoso vestito bianco perlaceo.

-Ciao Rod-.

Egli la fissò a lungo, meravigliato e rassicurato insieme, troppo incredulo e allo stesso tempo troppo triste.

-Mi manchi- disse ad un tratto. -Perché non sei più con me?-.

-Non me ne sono mai andata- sussurrò lei, inginocchiandosi davanti a lui. I gigli che intersecavano il cerchietto che portava sul capo, oscillarono appena a quel movimento. -Sono sempre stata qui, amore-.

Rodolphus tirò su col naso. Odiava sentirsi così vulnerabile. Ma non poteva farci niente: con lei era sempre così.

-Ma vieni solo alla sera. Non ti vedo più alla luce del sole-.

Lei sospirò a sua volta.

-Lo sai che non dipende da me-.

Lui distolse per un attimo lo sguardo da lei; odiava farlo. Non era mai certo che lei sarebbe tornata la volta dopo. Cercava sempre di guardarla il più possibile.

Erano undici anni che andava avanti così.

-Sì, lo so- mormorò. -Ma questo non cambia il fatto che mi manchi-.

-Lestrange, per Merlino, sono anni che vai avanti con questa pagliacciata!- li raggiunse la voce sgradevole di uno degli altri detenuti. -Guardia! Io non posso stare nella stessa zona di un pazzo che parla da solo ogni cazzo di sera!-.

La Bellatrix ventenne si voltò infastidita verso l’uomo che berciava in quel modo indisponente.

-Lascialo perdere- le sussurrò Rodolphus. -Abbasserò la voce-.

-No, non occorre. Devo andarmene adesso-.

Lui annaspò nella luce fioca. -No, ti prego!- ansimò. -Non… non andare! Non lasciarmi solo!-.

Bellatrix lo guardò teneramente e si fece più vicina. -Te l’ho già detto, Rod: io sono sempre qui con te. Se ora mi stai vedendo, è perché sono qui dentro- bisbigliò, sfiorandogli il cuore con la mano traslucida.

-Ma mi manchi lo stesso- ripeté lui, ostinato, come un bimbo che non vuole andare a letto la notte di Natale.

-Mi manchi anche tu-.

Le labbra luminose del ricordo di Bellatrix Black nel giorno del suo matrimonio, si accostarono a quelle screpolate e ingrigite di lui.

-Salutami la piccola Evie- mormorò la donna, prima di mescolarsi con la luce lunare e svanire nel nulla.

Rodolphus si portò una mano alla bocca, tastando la pelle accartocciata e secca, come per constatare se il contatto con sua moglie c’era stato davvero. Erano fredde, asciutte.

-Mi manchi- gemette nella penombra, accasciandosi al suolo e continuando ad osservare le stelle.

Era una bella notte.

E l’indomani sarebbe stata una bella giornata: avrebbe rivisto Evie. E la sera avrebbe di nuovo parlato con la sua Bella. Forse.

Si addormentò, cullato da quell’eventualità così dolce. Dolce come il bacio che non aveva ricevuto.

*

Evie Lestrange Malfoy era una ragazzina determinata.

Aveva voluto imparare a volare su un manico di scopa in tre ore e ce l’aveva fatta.

Aveva voluto imparare a leggere in un mese e ce l’aveva fatta.

Senza considerare le decine di altre piccole imprese che era riuscita a portare a termine prima degli undici anni.

Si era imposta di fare un’altra cosa, quella mattina del primo settembre: voleva assolutamente andare ad Azkaban. Doveva andare a trovare il suo papà. La stava aspettando.

Era molto intelligente e, anche se lui aveva negato, la settimana precedente lei aveva capito che era triste perché ora sarebbe andata ad Hogwarts, e lui non l’avrebbe più potuta vedere una volta a settimana come al solito.

-Evie!- giunse una voce di donna dal piano inferiore di Lestrange Manor.

-Arrivo zia Astoria!- esclamò di tutta risposta la bambina, infilando gli ultimi vestiti alla rinfusa nel suo baule nuovo di zecca.

La porta della sua cameretta si aprì, lasciando entrare un uomo biondo dagli occhi color ghiaccio. Proprio come quelli della zia.

-Lo so, zio, ci ho messo troppo a farmi il bagno- iniziò subito lei, rimproverandosi. -Non avrei dovuto metterci tutta quella schiuma…-.

-Ma no pulcino, no…- Draco si fermò immediatamente alla vista dello sguardo oltraggiato della ragazzina. -Hai ragione, basta chiamarti "pulcino", ora sei grande, giusto?-.

-Esatto- fece lei, seria.

-Comunque, sono venuto perché volevo vedere se ti serviva aiuto con il baule- continuò lui con un sorriso.

-No, ho finito!- annunciò lei, soddisfatta. -Vieni anche tu a trovare papà, oggi?-.

-No, vi lascerò soli-.

-Oh. Ma a lui fa piacere che tu vada a trovarlo, vero?-.

-Ma certo! Solo che stamattina è tutta per voi. Fino alle dieci, perché poi dobbiamo andare a Londra, piccola pulce- scherzò lui arruffandole i ricci capelli neri.

-Ma il treno parte alle undici!-.

-Sì, ma cosa dice sempre la zia?-.

-"Meglio essere in anticipo che in ritardo"-.

-Giusto-.

Evie finì di sistemarsi le treccine, poi si rivolse all’uomo. -Andiamo?-.

-Sei pronta?-.

-Sì!-.

-Andiamo-.

Draco la prese per mano, e insieme scesero fino alla cucina, dove Astoria aiutava il piccolo Scorpius a mangiare.

-Siete pronti?- chiese la donna con un sorriso.

-Sì!- rispose la bambina, entusiasta.

-Ti sei lavata i denti, vero?- le chiese sospettosa la donna, continuando a sorridere.

-Sì, certo!-.

-Bene, allora andate! Ci vediamo a Londra-.

Draco si avvicinò a lei e le scoccò un bacio a fior di labbra.

-Ci vediamo a Londra- sussurrò.

-Mi raccomando, puntuali!- chiarì la donna, mentre il biondo tornava a prendere per mano la ragazzina. -È meglio essere in anticipo che in ritardo!-.

I due si guardarono e scoppiarono a ridere.

-Perché diavolo ridete, voi due?- chiese Astoria, fintamente offesa.

-Niente zia, niente- sorrise Evie.

Insieme al cugino, che aveva imparato a chiamare zio anni e anni prima, si Smaterializzò nella sala d’aspetto della prigione di Azkaban.

Come le volte precedenti, erano d’accordo che Rodolphus Lestrange sarebbe stato trasferito in una saletta che solitamente usavano per interrogare i detenuti. Era per non far vedere ad una bambina così giovane le celle spoglie della prigione.

-Puoi entrare- le disse una strega paffuta.

Evie annuì e la seguì per un lungo corridoio.

La strega aprì la porta in fondo al corridoio, lasciandola entrare in un piccolo locale con un tavolo e tre sedie. Su una di queste sedeva suo padre, invecchiato durante quegli undici anni, ma comunque abbastanza in ordine.

La barba non era lunga, e sulla pelle non c’era traccia di sporcizia. Solo gli abiti consunti e dai colori sbiaditi lasciavano capire che non viveva in un Maniero e che non aveva elfi domestici al suo servizio. Ma erano gli accordi che era riuscito a strappare ad Azkaban: almeno per l’arrivo di sua figlia doveva essere presentabile, pulito e profumato.

-Ciao papà- lo salutò Evie, emozionata come sempre nel vederlo.

Lo stesso valeva per lui.

Aprì le braccia, in un chiaro invito di abbracciarlo.

Lei si tuffò addosso al padre, stringendolo forte e beandosi dell’affettuosa stretta di lui.

-Come stai piccola?- le chiese, la voce che vibrava.

-Io bene. E tu? Ti trattano bene?-.

-Certo! Cosa credi? Sono un Lestrange!- esclamò lui ridendo.

Ridendo. Oh, com’era facile lasciarsi ingannare da quel visetto d’angelo. Com’era facile farsi prendere gioco da quegli occhi neri, occhi che gli facevano credere che tutto andava bene e che sarebbe sempre stato così. E forse, forse avevano anche ragione.

-Anche io sono una Lestrange! Vero?-.

-Tu sei anche meglio: una Lestrange, una Black e una Malfoy!-.

La bambina sorrise, entusiasta. Poi si rabbuiò appena. -Posso rimanere pochissimo oggi. Tra un quarto d’ora devo andare via con lo zio. Sennò perdo il treno!-.

-Non sia mai!- scherzò Rod, ridendo. -La mia bambina non deve assolutamente perdere il treno che la porterà ad Hogwarts-.

-Secondo te in che Casa finirò?- domandò lei, pensierosa.

-Non ha importanza, tesoro. Andrà bene qualunque casa sarà-.

-Anche Tassorosso?-.

-Ma certo-.

-E anche Grifondoro?-.

Rodolphus trattenne a stento una smorfia. -Ovviamente-.

Lei rise. -Non sai dire le bugie, papà-.

E lui, ancora una volta, rimase ammaliato da come suonava dolce quella semplice parola sulle labbra della sua principessa. Papà.

Trascorsero un po’ di tempo parlando del più e del meno.

Evie gli raccontò di quando, alcuni giorni prima, Scorpius aveva lanciato il suo piatto pieno di pappa addosso alla zia, riempiendola di pastasciutta.

-Devo andare- annunciò più tardi, triste.

-Ehi piccola- le disse l’uomo, accarezzandole una guancia. -Ci vediamo il primo ottobre. Te l’ho detto no? Siamo Lestrange, e abbiamo sempre e comunque dei privilegi. E uno di questi è che possiamo vederci il primo di ogni mese, oltre, naturalmente, ai giorni festivi-.

Lei lo fissò rapita, poi lo abbracciò di nuovo. -Ci vediamo ad ottobre, papà-

-Certo-.

Si abbracciarono di nuovo, poi lei uscì nel corridoio, dove la strega di prima l’attendeva per scortarla nuovamente il sala d’attesa.

La bambina si ricordò improvvisamente di qualcosa; si voltò di scatto verso il padre.

-Anche ieri sera hai visto la mamma, vero?- chiese, temendo in una risposta negativa.

Ma gli occhi sereni dell’uomo la tranquillizzarono immediatamente.

-Certo. Lei viene sempre, tutte le sere. Da ben undici anni-.

-E mi saluta?-. Anche ora il tono di Evie era cauto; non voleva rimanere delusa.

-Come sempre- sorrise Rodolphus.

Lei sorrise, radiosa. -Quando la vedi, stasera, dille che le voglio bene-.

-Come vuoi, principessa-.

Annuì e prese la mano della donna che continuava a sorriderle incoraggiante.

-Ciao papà-.

-Ciao Evie-.

Percorsero il lungo corridoio in silenzio.

-Tutto a posto?- le chiese Draco non appena tornò nella sala d’attesa.

-Mmm-.

Lui la prese per mano-

-Pronta per andare a Hogwarts?-.

-Sì. Adesso sì-.

 

 

Prese il treno per un pelo.

Erano arrivati in ritardo perché lo zio si era fermato a comprare i giornali del giorno in edicola, nonostante ci fosse una coda pazzesca.

Naturalmente la zia lo aveva sgridato per bene.

-Draco, insomma, non è possibile!- aveva esclamato, esasperata. -Non posso mai fidarmi di te per quanto riguarda gli orari!-.

Lui aveva mugugnato qualcosa, ma poi era rimasto in silenzio.

Quando alcune porte del treno si erano chiuse, Astoria si era lasciata andare ad un piccolo gridolino a metà tra l’emozionato e l’agitato.

-Amore mio, fai la brava, fai guadagnare punti alla tua Casa, qualsiasi essa sarà, non fare arrabbiare i professori e non farti mettere i piedi in testa- aveva snocciolato, concitata, abbracciando Evie.

Draco era in ansia esattamente quanto lei, ma riusciva a contenersi molto di più: si poteva intuire il suo stato d’animo da come irrigidiva la mascella e dal fatto che si passava continuamente una mano nei capelli.

Non aveva parlato molto, in verità. Si era limitato a dire: -Fa’ attenzione, pulcino-.

Lei non aveva protestato per il nomignolo.

Poi lo zio l’aveva abbracciata stretta, accarezzandole il capo. -Ti voglio bene- le aveva sussurrato.

-Anche io- aveva bisbigliato lei, stringendolo a sua volta.

-Coraggio tesoro, devi andare- la chiamò la zia, sull’orlo delle lacrime.

-Ci vediamo il primo ottobre-.

-Ti scriviamo domani- rispose la donna.

Evie era salita sul treno; aveva fatto appena in tempo a sentire l’urlo di zia Astoria.

-Ti voglio bene, tesoro!-.

Si era sporta dalla porta per guardarla in volto, sorridente. -Anch’io!- aveva gridato in risposta.

Scoccò un ultimo sguardo a Scorpius, che dormiva beato nel suo passeggino, poi rientrò nel treno.

Si ripromise che non si sarebbe mai dimenticata di quel momento.

Era sola nel suo scompartimento. Non amava la solitudine.

Cominciò a guardare fuori dal finestrino, mentre il paesaggio scorreva rapidamente.

Erano partiti da circa dieci minuti.

Era leggermente depressa: se il buongiorno si vede dal mattino, il suo soggiorno al castello non sarebbe stato dei migliori.

Qualcuno bussò lievemente alla porta dello scompartimento.

Era una ragazza con i capelli biondo rossiccio, lisci. Aveva enormi occhi azzurri.

Evie le fece cenno di entrare.

-Scusa- esordì la ragazza. -Posso sedermi qui? Il treno è pieno-.

-Certo- accettò subito l’altra, sollevata.

Non appena quella si fu seduta, le chiese: -Come ti chiami?-.

-Victoire Weasley. E tu?-.

-Evie Lestrange-.

-Piacere- sorrise Victoire.

-Il piacere è tutto mio- disse Evie, con un gran sorriso.

Si strinsero la mano, non sapendo che un’amicizia destinata a durare decenni e decenni era appena sbocciata.

Poco dopo, le raggiunse un certo Teddy, un ragazzino strano e molto, molto simpatico. Fecero tutto il viaggio insieme, scherzando e divertendosi.

Ed Evie si sentì bene, tanto bene.

Si concesse di pensare a sua madre, Bellatrix.

Aveva una sua foto sul comodino. Se l’era messa nel baule, perché proprio non riusciva a separarsene. Era bellissima la donna in quella fotografia: sorrideva e salutava.

L’arrivo al castello a bordo di delle barchette di legno, capitanate da un omone gigante di nome Hagrid, era stato divertente. Lei aveva condiviso la sua con Victoire e Teddy, e avevano chiacchierato a lungo.

Evie capì che il soggiorno a Hogwarts sarebbe stato piacevole.

Ma d’altronde, per chiunque è sempre stato così.

Ma lei non era "chiunque". Lei era una Lestrange. Una Black. Una Malfoy, anche.

No, per lei sarebbe di sicuro stato grandioso.

*

Evie Lestrange fu una Serpeverde.

Victoire e Teddy furono due Grifondoro, ma questo non rovinò l’amicizia fra i tre, anzi, la fortificò sempre di più nel corso degli anni.

Evie Lestrange diventò la Cercatrice di Serpeverde al secondo anno, e mantenne il ruolo fino al settimo.

Evie Lestrange fu un’eccezionale studentessa: ottenne ben sei materie con il voto "Eccezionale" sia ai G.U.F.O. che ai M.A.G.O. L’ultimo giorno di scuola del sesto anno, suo padre, Rodolphus Lestrange, morì. Ad Azkaban se ne accorsero perché quella sera non stava sussurrando parole dolci e tristi alla sua Bellatrix.

Evie Lestrange si sposò a ventitré anni; Victoire Weasley e Teddy Lupin, fidanzati, furono i suoi testimoni.

Evie Lestrange fu un Medimago dalle qualità incredibili.

Scoprì di essere incinta durante il secondo anno di matrimonio.

Evie Lestrange ebbe due gemelli: Bellatrix e Rodolphus.

                                                                                                                                      ***

                       Fine 

  
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