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Autore: crazyhorse    29/09/2011    0 recensioni
Due scienziati: lei disordinata e confusionaria ricercatrice sconosciuta di una taccagna università italiana,lui genio universalmente riconosciuto, ordinato e perfetto, nonché professore di una splendente università americana. Caos e perfezione s'incontrano e si mescolano con le paure e le emozioni dei protagonisti.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ROMAN HOLIDAY 10 ROMAN HOLIDAY(1)

Erano passati più o meno venti giorni da quando Luce era tornata da Roma e aveva lasciato suo marito, ma lei non stava per niente bene e Camilla cominciava ad essere seriamente preoccupata. Tanto per cominciare la giovane ricercatrice aveva accumulato un debito di sonno imbarazzante; lavorava ventidue ore al giorno e le restanti due le suddivideva fra le improrogabili necessità fiologiche di ogni essere vivente. Era dimagrita e sempre più pallida, ma, sopra ogni cosa, Camilla era preoccupata perchè Luce sembrava aver perso la sua proverbiale allegria. Era sempre nervosa, scontrosa e sull'orlo di una crisi isterica un giorno sì e l'altro pure. Inizialmente Camilla aveva pensato che la causa di tanta sofferenza fosse il divorzio, per cui era spaventata dalla possibilità che Luce si fosse pentita di aver lasciato quello stordito di Gianluca e volesse ritornare sui suoi passi. Tuttavia lei era convinta che senza il marito Luce sarebbe sicuramente stata meglio, quindi elesse ad unico scopo della sua vita far tornare il sorriso a Luce, ad ogni costo. Purtroppo tale missione risultò più ardua del previsto. Nonostante avesse elaborato un piano d'azione degno di una spia russa del KGB nei suoi anni migliori, la metà delle sue proposte, che andavano da una cena in pizzeria o al ristorante a gite al mare o sull'appennino alla ricerca di locande sperdute nella nebbia dove però si mangiano delle crescentine che sembrano il cibo degli dei, passando per una semplice serata al pub o un giro in centro la domenica pomeriggio, furono declinate, educatamente, ma pur sempre rifiutate, mentre l'altra metà si rivelò un completo fallimento.  Solo per un caso fortuito Camilla scoprì che l'unica cosa in grado di tirare fuori Luce dal suo bozzolo di solitudine e depressione era la minaccia di licenziamento, per cui, da quel momento in poi, Camilla non si fece certo scupoli nell'usarla.
Due volte l'agguerrita capo-dipartimento riuscì a far uscire l'amica di casa. Una notte rientrarono alle quattro del mattino, ma non perchè erano state a ballare tutta la notte, piuttosto perchè si erano perse per le strade dell'appennino in cerca di un agriturismo. Dopo quattro ore di vagabondaggio senza risultati erano sbucate come per magia davanti all'ingresso di Piacenza dell'autostrada del sole; erano partite dal centro di Bologna. Un sabato pomeriggio, invece, erano andate a fare un giro in centro sotto i portici, attività generalmente riservata ai teen ager, ma ormai niente più spaventava Camilla. Luce cosa aveva fatto in quell'occasione? Era rimasta in silenzio quasi tutto il tempo e l'unica cosa che aveva comprato era stato uno stupido portachiavi a forma di cappello da cow-boy! Un cappello da cow-boy? In quell'occasione Camilla capì che il cervello di Luce doveva essersi prorpio fuso.
Tuttavia fu solo il lunedì successivo al cappello da cow-boy che Camilla capì cosa stesse realmente divorando di dolore Luce.
La mattina, a colazione, i segni scuri sotto gli occhi di Luce gridavano che la notte era stata passata in bianco, per l'ennesima volta. A fare cosa Camilla non lo sapeva, o meglio lo imparò solo in ufficio.
Alle undici la capo-dipartimento era al telefono con Jay (per la miseria ma questi genii non dormono mai? si era chiesta quando aveva sentito la voce allegra del dottor Reynolds provenire dall'altro capo dell'oceano),  quando la sua premiata ricercatrice, con un'espressione in viso identica a quella di Ivan Drago mentre minacciava Rocky di "spiezzarlo in due", entrò di prepotenza nel suo ufficio facendole fare un salto sulla sedia per lo spavento:
-Ja...-
Camilla si congelò; oddio se Luce avesse scoperto con chi stava parlando le avrebbe tolto il saluto oppure le avrebbe dato il tormento? Decisa a non scoprirlo cercò di confondere le acque schiarendosi la voce platelamente e biascicando qualche parola fuori contesto: -...ehm!!!...già ma forse  le proteine non erano del tutto denaturate....perchè...non....provi ad una temperatura maggiore?-
Infarto sfiorato.
In realtà era evidente che Luce non stava ascoltando la sua telefonata ma, senza proferire parola, lanciò sulla sua scrivania un plico di fogli rilegati, poi, sempre senza emettere suono alcuno, uscì.
-Camila? Camila ma cosa stai diciendo?- la voce di Jay nella cornetta risultava un po' disorientata, per cui Camilla si affrettò a scusarsi:
-Scusa, Jay!- si scharì ancora la voce per poi capire che la telefonata ormai era conclusa: -scusa...ehm...ma ti devo richiamare dopo...-
-Ok, a dopo!-
Entrambi riagganciarono
Lo sfortunato plico finito sulla sua scrivania altro non era che il nuovo progetto di ricerca di Luce. Sulla copertina campeggiava il titolo:

"EFFETTI E CONSEGUENZE DELLA TERAPIA CON CELLULE STAMINALI IN ANIMALI AFFETTI DA SINDROME DI JENSEN"

Quando Camilla lesse il titolo e le prime pagine del progetto sfiorò un secondo infarto. Possibile che Luce fosse così audace? No, di sicuro era stata lei a confondere la Sindrome di Jensen con un'altra mallattia. Si alzò dalla scrivania, e dalla libreria prese un volumone che trattava le malattie genetiche dei mammiferi. Sfogliò pagine e pagine fino a che non trovò il capitolo che le interessava. No, non si era confusa, la Sindrome di Jensen era una rara malattia genetica che poteva colpire qualunque specie di mammifero,  quindi anche l'uomo. La mutazione alla base della patologia riguardava un gene per la regolazione della produzione di  polisaccardi che venivano poi attaccati a varie proteine di adesione fra gli epiteli e la sottostante membrana basale. Insomma era tutta una questione di mancanza di cose che avrebbero duvuto essere attaccate ad altre cose ma che non c'erano. Risultato: adesione scarsa di qualunque epitelio o mucosa ai connettivi sottostanti con conseguenze disastrose, a dir poco. In parica questo nuovo progetto si proponeva di verificare come le cellule staminali potessero essere accolte da un organismo che già di per sè aveva delle difficoltà a tenere insieme i propri pezzi(2).
Luce doveva essere impazzita.
Prima di scendere a darle una strigliata Camilla decise di leggere a fondo il documento. Due ore dopo aveva tutti i capelli dritti in testa; il protocollo sperimentale che Luce aveva ideato era straordinario, anzi di più, spaziale. In venti pagine aveva snocciolato tutta una serie di modifiche genetiche da apportare alle cellule staminali per fare in modo che queste potessero sopperire alle carenze dell'organismo ospite. In pratica una cosa che non solo non sarebbe stata possibile nei laboratori del loro dipartimento, ma Camilla sospettava che nessun ateneo italiano avesse delle apparecchiature così avanzate. Per non parlare del fatto che avrebbe avuto bisogno di un biologo molecolare o ingegnere genetico per assisterla. Sì, decisamente Luce doveva rivedere qualche punto della sua idea, anche perchè con tutta la buona volontà e per quanto generose, le donazioni di Stecco e Boiler non le avrebbero permesso neanche di sfogliare i cataloghi dei produttori di quelle astronavi che Luce le stava chiedendo di comprare.
Decisa e risoluta scese al piano terra dove un'altra sorpresa la stava attendendo: fduori dall'ufficio della sua amica c'erano quattro grandi scatoloni pieni di libri, riviste e qualunque altra cosa il genio umano abbia inventato nel corso dei secoli.
"Oddio si vuole licenziare!" pensò Camilla sfiorando il terzo infarto della giornata. Un quarto non l'avrebbe retto.
Per fortuna però, Luce non voleva licenziarsi, stava "solo" pulendo e riordinando il suo ufficio.
Luce che riordinava il suo ufficio?! No, impossibile! Luce che riordina il suo ufficio non sarebbe potuto accadere neanche nel mondo di "Blade Runner"; della serie "Io ho visto cose che voi umani non potreste mai immaginare." Diavolo, la sua amica aveva proprio bisogno di riposo. Preoccupata come non mai, Camilla si affacciò sulla porta e vide Luce che, spray detergente e panno umido in mano, stava pulendo forsennatamente la sua scrivania. Quasi timidamente le disse:
-Luce, tesoro...ho letto il tuo progetto.-
-Sì?- ribattè l'altra senza smettere di pulire e senza guardare Camilla in faccia.
-Beh...lo sai che noi non abbiamo tutto quello che ti serve, vero?-
Niente. Silenzio. Sapeva cosa stava pensando la sua amica: "E allora tu trovamelo, è il tuo lavoro!". Provò con un altro approccio:
-E poi non puoi lavorare con soggetti affetti dalla Sindrome di Jensen. E' praticamente certo che il tasso di rigetto della terapia sia del 100%...- non riuscì a finire la frase, perchè Luce la investì:
-Non con le modifiche che ho in mente di fare. Per esempio se hai letto bene a pagina 16 vedrai che il gene degli enzimi di sintesi dei proteoglicani sarà iperespresso...-
Secondo approccio fallito. Camilla non la lasciò finire e provò con un terzo:
-Senti questa sindrome è molto rara, non troverai mai una quantità sufficientemente alta di soggetti sperimentali per ottenere dei dati statisticamente accettabili!-
Luce non fece una piega:
-Ho gia contattato tutte le cliniche private e i veterinari delle ASL su tutto il territorio nazionale. Qualcuno ha già risposto. Lo so sarà dura e forse mi ci vorranno un po' di più di tre anni...- per la prima volta da quando Camilla era entrata nel suo ufficio la giovane smise  di strofinare e fissò i suoi occhi verdi e lampeggianti sul viso del suo capo. Emanavano una determinazione e una sicurezza quasi tangibili; riprese: -...ma sono sicura che ci saranno dei risultati, e che saranno stratosferici! Camilla tu lo sai cosa vorrebbe dire! Sarebbe un passo avanti anche per la ricerca sulla versione umana della malattia!-
Terzo approccio fallito miseramente....certe volte avere sotto di se una ricercatrice brillante e intelligente poteva essere perfino irritante.
Provò con un compromesso:
-Sì, okay hai ragione. Facciamo così, io ci penso, ma nel frattempo tu vai a casa a riposarti, anzi fai così, prenditi il resto della settimana! Pensa se vuoi davvero questo progetto. Lunedì ne riparliamo, va bene?-
Luce, continuò a guardare Camilla, che in quel momento aveva smesso le vesti di suo capo a favore di quelle di sua amica, per un istante e si rese conto che aveva ragione. Non sul progetto. Doveva riposarsi.
-Va bene, finisco qui e poi vado a casa. Promesso.- disse ubbidiente.
Camilla fece per voltarsi per ritornare ai piani alti, ma:
-Camilla!- Luce la trattenne -Ehm...grazie! Per tutto!- e sorrise.
Camilla tirò un sospiro di sollievo, quello che aveva appena ricevuto era un sorriso, triste, ma pur sempre un sorriso, ed era sempre meglio della perenne espressione corrucciata che Luce portava in giro da settimane ormai. Rispose:
-Figurati tesoro...sei pur sempre il mio pezzo da novanta in questo dipartimento di scienziati sopravvalutati, non posso permettermi di perderti!- scherzò lei sorridendo affettuasamente prima di tornare nel suo ufficio. Tuttavia una volta seduta dietro la sua scrivania, Camilla decise di non riprendere subito la telefonata che Luce aveva interrotto con la grazia di un elefante in una cristalleria. Decise invece che la cosa migliore da fare sarebbe stata inviare il progetto di Luce a Jay e solo dopo telefonargli. Così scansionò tutte le pagine della nuova ricerca tranne la prima, quella dove compariva il nome dell'autore, ed inviò il tutto al suo collega a Dallas per e-mail. 
Accidenti che giornata stressante! Quando sarebbe finita? Comunque troppo tardi.
Luce lasciò il dipartimento alle due del pomeriggio, cioè tre ore prima di Camilla. Al suo rientro a casa, però, quest'ultima non trovò la sua coinquilina beatamente addormentata nel suo letto o sul divano. Cioè, era sul divano, solo che non stava dormendo, ma piangendo a dirotto. Quella sera il salotto di Camilla faceva sembrare "una valle di lacrime" robetta da dilettanti: Luce in sighiozzi era seduta sul divano con occhi così rossi e gonfi da assomigliare spaventosamente a due mongolfiere, una tazza vuota di tè era sul tavolino, un tappeto di fazzoletti di carta usati rivestiva il pregiato tappeto persiano e una scatola di kleenex vuota era accanto alla tazza. Una devastazione in tutti i sensi.
-Santo cielo! Luce ma che succedde?- chiese la padrona di casa ugualmente preoccupata per le condizioni sia della sua amica che del suo tavolino del salotto in puro cristallo costatole un occhio della testa.
Luce non rispose, si limitò a singhiozzare indicando il televisore. Camilla spostò lo sguardo verso lo schermo piatto a trentadue pollici e vide Audry Hepburn, in bianco e nero, seduta su una vespa che veniva scorrazzata per le vie di Roma abbracciata a Gregory Peck.
-Vacanze Romane?!- gridò inorridita -Perchè stai guardando Vacanze Romane? Sei proprio una masochista! E poi avevo nascosto quel DVD!-
-Beh allora non dovevi metterlo nella custodia della Carica dei 101!- singhiozzò Luce asciugandosi le lacrime.
In quel momento Camilla cominciò a capire cosa stesse afliggendo la sua amica nelle ultime settimane e con sconfinato sollievo capì che quel qualcosa non era il suo ormai-ex-marito. Okay, Luce non era americana, ma non ci voleva un genio per immaginare cosa, o meglio chi occupava la sua mente. A quel punto anche il portachiave a forma di cappello da cow-boy assunse un significato ben preciso: cow-boy...Texas...Texas...Jay Reynolds! Oh per l'amor del cielo, altrochè divorzio, Luce si era innamorata di Jay come una ragazzina!
Meno male!
-Ma perchè guardi questo film...tesoro sei uno schifo...guardati!- disse Camilla con la sua incrollabile sincerità sedendosi di fianco alla sua amica ed abbracciandola. Quest'ultima rispose senza smettere di piangere e, abbandonandosi fra le braccia di Camilla, indicò lo schermo del televisore con l'indice destro. Disse:
-Guarda...come sono innamorati...- un istante per tirare su col naso -E...si sono conosciuti a Roma...come...come...- un singhiozzo più violento degli altri le mozzò le parole in gola.
Camilla l'abbracciò un'altra volta. Poi decise di usare le maniere forti:
-E' tutto qui? Ti sei presa una cotta per Jay!?- chiese.
Luce non rispose, semplicemente smise di singhiozzare e prese a fissare il pavimento con aria colpevole.
-Diavolo e io che pensavo che volessi tornare con quel verme! Che sollievo!- sospirò la padrona di casa abbandonandosi contro lo schienale del divano.
Luce continuava a fissare il pavimento senza rispondere, così Camilla proseguì:
-Senti, prenditi una vacanza! Vai a Dallas, fagli un'improvvisata, fate due settimane di sano sesso occasionale e vedrai che quando ritorni sarai come nuova!-
Luce sgranò gli occhi spostandoli dal pavimento all'amica e gridò inorridita:
-CAM!! NO! Premesso il fatto che lo sai che non potrei mai fare una cosa del genere...con nessuno, figurati con...con...e poi....Cam, è sposato!!-
-E allora?!- ribattè Camilla per nulla impressionata da quella cosa che si chiama "sacralità del matrimonio".
-CAM!!- ululò Luce ancora più forte.
-Togliti lo sfizio per la miseria! Se fossi io al tuo posto!!- la rimproverò Camilla con un filo di invidia mal celata nella voce.
-CAM!!!-
I vetri delle finestre tremarono ed il tavolino di cristallo rischiò di rompersi in mille preziosissimi pezzi.

********************

La mattina dopo, Luce aveva appuntamento con l'avvocato che le aveva consigliato Riccardo, l'amico di suo padre. Al numero di telefono aveva anche anche aggiunto l'appunto che era un vero squalo.
Una volta chiarito con lo squalo che a lei non importava nulla della casa e neanche degli alimenti ma le bastava chiudere quella maledetta faccenda il più in fretta possibile, alle dieci e mezza Luce era già libera. Decise di andare a fare un giro rilassante ai Giardini Margherita; era una bella giornata di sole e il suo capo le aveva dato il resto della settimana di ferie.
O così credeva.
Mentre oltrepassava il cancello d'ingresso del parco più amato dai bolognesi, Luce non riusciva a non pensare a quanto si sentisse incasinata in quei giorni. Prima di tutto il suo nuovo progetto. Per elaborarlo nei minimi dettagli e scriverlo in modo presentabile perchè Camilla glielo approvasse aveva impiegato quasi tutti i venti giorni dopo il congresso lavorando praticamente ventiquattro ore al giorno. Alla fine era rimasta soddisfatta del risultato, anche se doveva ammettere che Camilla aveva ragione, quel progetto era un po' rischioso, senza contare il fatto che le attrezzatture richieste erano a dir poco considerevoli. In ogni caso non era per niente spaventata dalla mole di lavoro che avrebbe dovuto affrontare ed era fiduciosa del fatto che avrebbe potuto ottenere un buon successo. In effetti l'idea di studiare l'utilizzo di cellule staminali su animali con una patologia la cui caratteristica principale era impedire l'adesione cellulare non era stata la sua prima idea, ma dal momento che il suo lavoro era l'unica cosa che le era rimasta dopo il rovinoso naufragio del suo matrimonio, tanto valeva metterci dentro tutto quello che aveva, cioè se stessa.
Poi il divorzio. Per quanto fosse vero che per Gianluca ormai non provasse più niente, Luce aveva completamente perso la sua fiducia nella vita e si vergognava. Si vergognava per non essere stata in grado di evitare il disastro, per non aver capito subito che lei e Gianluca non avrebbero dovuto sposarsi per niente, per non essere stata capace di capire quello che doveva e voleva fare quando era il momento giusto. Okay, Camilla le aveva detto che sarebbe stata una sensazione passeggera, ma tutte le volte che sua madre la chiamava e le parlava con quel tono condiscendente, Luce si sentiva compatita. Quello, insieme alla frase "Beh almeno non avete figli!" che sempre sua madre le ripeteva tre volte al giorno erano la causa del fatto che ormai Luce non rispondeva più alle telefonate dei genitori. Maledizione se avesse sentito ancora una sola volta quella dannata frase avrebbe ucciso la fonte, anche se la fonte fosse stata in buona fede.
Inoltre i sensi di colpa che provava stavano cominciando ad assumere, giorno dopo giorno, proporzioni inquietanti. Si sentiva colpevole per tutto, per la sofferenza che stava causando a Gianluca, ma anche per quella che provava lei. Aveva sempre pensato che un matrimonio, se doveva finire, doveva finire per cause che andavano, come minimo, dal tradimento alla morte, e non perchè il sentimento era svanito o perchè si realizzava di aver fatto un errore nel valutare l'altra persona. Insomma, per la farla breve, lei non si sentiva in diritto di soffrire; in fondo era una donna sana, intelligente e indipendente, e con un lavoro che amava sopra ogni cosa, mentre al mondo c'era gente che soffriva davvero per una malattia grave, per la morte di una persona cara o perchè aveva perso il lavoro e non sapeva come fare a mantenere la famiglia. Quelli erano problemi che davano il diritto a soffrire, ma non il suo che lei considerava come un semplice capriccio. Ma allora perchè stava male?
Camminando e pensando raggiunse, quasi senza accorgersene, il laghetto che si trova più o meno al centro dei giardini e sulla riva del quale c'è un bar. Entrò, ordinò un tè freddo ed andò a sedersi in un tavolino all'aperto. Nonostante fino a quel momento aveva quasi ignorato quello che accadeva intorno a lei, in quel momento non potè fare a meno di notare una coppia di ragazzi che avevano deciso di passare quella bella mattina di fuga da scuola(3) a sbaciucchiarsi ai Giardini Margherita. Erano seduti uno di fronte all'altra e dividevano un frappè dal colore "verde Shreck" che Luce non avrebbe osato bere neanche nel deserto e in punto di morte per disidratazione; tuttavia quei due ragazzi sembravano essere al setimo cielo, come se al mondo nulla avesse importanza a parte loro. Sorrise e realizzò che negli ultimi giorni i pochi momenti di serenità li aveva vissuti quando aveva pensato a Jay. Okay, quella faccenda aveva tutto di negativo e niente di positivo; e la cosa peggiore non era l'oceano che li separava. Tanto per cominciare lui era sposato, ma quel piccolo e insignificante particolare non le era stato comunque sufficiente per toglierselo dalla testa, anzi nonostante le avesse provate tutte, perfino imporsi di odiarlo, alla fine lui era sempre presente nella sua mente e attaccato al suo cuore come l'edera ad una vecchia villa di campagna. E poi c'era il fatto che quasi non si conoscevano. Ma allora perchè una sola sera con Jay le aveva dato sensazioni d'intesa e complicità molto più forti di quelle che era riuscita a stabilire con suo marito dopo sei anni che stavano insieme? Decisamente tutti i suoi buoni propositi di razionare le sue emozioni e andarci piano erano andate a farsi benedire. Luce non era capace di amare solo un po'; lei amava istintivamente ed incondizionatamente, non poteva farci niente. Aveva sempre fatto così e avrebbe continuato a farlo, nonostante tutto; nonostante le tante delusioni, la rabbia e la sofferenza che aveva provato in passato, avrebbe continuato ad amare completamente.
Tanta gente chiama queste emozioni "esperienza"; definizione saggia e molto diplomatica, non c'è dubbio. Luce però, che "sentiva" mille volte più di un normale essere umano, non era d'accordo. Per lei tanti ricordi dolorosi altro non erano che cicatrici che si sarebbe portata dietro per sempre, che la facevano ancora stare male e lo avrebbero sempre fatto, indipendentemente da quanto tempo potesse passare.
"Il tempo è la miglior cura, guarisce tutto". No, quasi tutto.
Luce sperava solo che la prossima volta, con Jay, se Dio avesse voluto, o con qualcun'altro, quelle cicatrici non le avrebbero impedito di essere sè stessa. Come invece era successo una mattina di venti giorni prima a Villa Borghese. 
Tutti quei pensieri, che si agitavano instancabili nella mente di Luce come un torrente di montagna, furono interrotti dal suono del suo cellulare che l'avvertiva di un SMS in arrivo. Luce prese il telefono, con poco entusiasmo perchè quelle ore di libertà se le era meritate, ed aprì il messaggio.
Camilla.

"VIENI SUBITO IN DIPARTIMENTO. HO DELLE NOVITA'!"

Addio giro al parco!

(1) "Roman Holiday" - Film di William Wyler - Paramount Pictures
(2) Ovviamente questa patologia me la sono inventata di sana pianta!
(3) A Bologna marinare la scuola si dice "fare fuga"....cioè ai miei tempi si diceva così, ma negli anni il termine potrebbe aver subito delle modifiche....il che vi farà capire che da quando ho finito la scuola io è passato un sacco di tempo, ahimè!
  
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