Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Luna_R    15/06/2006    4 recensioni
Sono le sette e trenta di mattina, il suono di una sveglia, irrompe nel silenzio di un appartamento assopito.
Una ragazza si sveglia, poggia rumorosamente la sua mano sulla sveglia, e maledicendo il giorno già alle porte, si dirige in bagno.
E intanto non sa, che non sarà, un giorno come tutti gli altri..
*********
-“E tu, chi sei?!”-
-“Nel mio paese, colui che salva una vita ad un uomo, fa sua quella vita. Ecco, ora la mia vita ti appartiene.”-
Non so chi fosse, non so perché evadeva sempre dalle mie domande, ma provai un tale senso di protezione nei suoi confronti, che non potei far altro che portarlo via con me.
“Ricordati di me”, solo una storia d’amore, dimenticata o nascosta, nei meandri della mente invecchiata o distratta.
Ma pur sempre una storia d’amore.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
«-(¯`v´¯)--« RICORDATI DI ME «-(¯`v´¯)--«

«-(¯`v´¯)--« RICORDATI DI ME «-(¯`v´¯)--«

 

 

 

Prima di cominciare, vorrei ringraziare MALKONTENT per la sua recensione!

Sono molto contenta che la fic ti piaccia, a dispetto di tutto sono molto euforica per questa storia e trovare qualcuno che condiva questa euforia, mi va alla grande ^_-

Continua a seguirmi se vuoi! ^_-

MICHELLE che gioia ritrovarti! Mi fa sempre piacere leggere le tue recensioni!

Ebbene sì, rieccomi qua ^_^

Io proprio non ci riesco a stare lontana da questo sito ! ^-^’

 

 

aawaa COLPA, AMORE E PREGIUDIZIO  aawaa

 

 

Camminiamo di fianco stavolta, lui mi sfiora la spalla con la sua; sembra il mio proseguimento e mi diverte guardare le nostre due ombre mischiate fra loro!

Siamo stranamente silenziosi, non una sua pillola di saggezza, non una mia domanda evasiva. Nulla.

Ma nel silenzio c’è complicità, perché io lo sento, sento il suo respiro incerto e lo sfrigolio del tessuto della giacca contro i suoi fianchi, che scandisce alla perfezione il rumore dei suoi passi.

E quindi non c’è solitudine nel silenzio, perché io sono sintonizzata sulle sue frequenze.

 

-“Abiti molto lontano?!”-.  Mi fa lui, nel pieno del silenzio.

-“Non molto, siamo quasi arrivati.”-. Vorrei domandargli perché, ma tanto so già che non risponderebbe. Sorrido.

-“Quando ridi, il volto si rilassa e ti scopre due fossettine adorabili proprio qui…”-. Si stava toccando le guance, picchiettando leggermente, -“Anche Betty le aveva. Era molto bella sai?!”-.

-“Mi piacerebbe tanto  conoscerla questa Betty!”-.  Gli dico con entusiasmo infantile, poi dinnanzi a una vetrina mi specchio, controllando le mie fossette; anche Simone le adorava.

Adorava, sì.

Ora quando mi passa affianco sembra neanche notarmi; il suo sguardo o mi trapassa o mi schiva.

E non è certo esaltante come cosa, dopo tutti i soldi che spendo in cure di bellezza e cosmetici!

Oh mio Dio, sto ironizzando su me e Simone; devo essere impazzita….

 

-“Dai entra! Non restare lì impalato!”-.

Siamo sul pianerottolo di casa, la porta è spalancata ma lui resta fermo sull’uscio.

Tentenna, sembra impaurito. Allora lo prendo per mano, trascinandolo dentro.

 

-“Questa è casa mia!”-. Faccio una leggera piroetta su me stessa; vado molto fiera del mio piccolo e modesto nido! La verità è che Simone mi ha lasciato arredarla secondo il mio eccentrico e variegato gusto, lasciandomi libera di fare e strafare, perciò ne vado fiera, è il riflesso della mia personalità dalle pareti ai mobili! –“Mettiti pure comodo, vado a preparare un buon caffè.”-.

-“No caffè no, mi rende nervoso.”-.

-“Beh anche a me a dire il vero…”-.

-“Un the però lo gradirei. Grazie.”-.

 

Gli sorrido annuendo e recandomi in cucina; le chiavi di casa e il sacchetto di biscotti che ho comperato, scivolano sul tavolo in legno chiaro.

 

Sulla dispensa c’è un biglietto per me: “Stasera torno tardi, ho la partita di calcetto e sicuramente te n’eri dimenticata! Possibile che in ufficio non ti trovo mai? Un bacio, Simone.”

 

Lo stacco via, con forza e frustrazione; no! Le sue maledette partite di calcetto preferisco rimuoverle dalla testa, soprattutto perché stanno rubando del tempo prezioso da passare insieme, ultimamente. Non fa altro che scappare, neanche avessi la peste.

Il foglietto vola nel cestino, senza neanche troppi preamboli.

Apro il frigo e verso nei bicchieri un po’ di liquido rosastro, vagamente simile a the alla pesca; ritorno in sala e lui è affianco alle mie foto, le guarda teneramente, incuriosito da quei volti, da quelle espressioni.

 

-“Quello è Simone. Non so per quanto tempo ancora, comunque è mio marito!”-.

 

Si gira nella mia direzione, puntandomi i suoi occhi neri addosso; uno sguardo strano, d’ammonimento e duro.

Mi sento imbarazzata, mi siedo cercando di nascondere le mie gote arrossate fra i capelli folti.

 

-“In buona e in cattiva sorte… una formula recita così.”-. Si siede anche lui, ma nel farlo mi rifila una sua, neanche tanto sua, predica.

-“Più che una formula a me servirebbe una ricetta d’amore!”-.

-“E per fare cosa?! L’amore non è un testo scritto su un foglio di carta. E lì servirebbe a poco comunque.”-.

-“La situazione non è così semplice, io non so neanche perché l’ho tirato fuori questo discorso. Scusami ma non voglio annoiarti.”-.

-“La tua testa è così piena di pensieri inutili che hai annebbiato il cuore, gli hai fatto dimenticare come funziona!”-.

 

Ancora con la storia del cuore annebbiato; potessi farmi delle lastre al momento le farei! Sono proprio curiosa di vedere se il mio cuore è così malandato come dice.

E se lo fosse, quale medicina sarebbe meglio prendere; lasciarsi o restare.

 

-“La colpa non è mia, vorrei lo fosse ma non credo lo sia.”-.

-“In amore non ci sono colpe ma solo errori, che si possono evitare se vuoi.”-.

 

Alzo le spalle, scuoto un po’ il capo in cerca di afferrare questa sua ultima saggezza sull’amore; non ci sono colpe, possibile?!

Se scorrono le diapositive della mia storia con Simone, io vedo solo una serie infinita di colpe, errori certo sì, ma che conducono per forza di cose a un colpevole, piuttosto che ad un altro.

Io stessa mi sento la colpevole di questo naufragio e Simone è il mio errante.

Se non mi avesse voltato le spalle, io non lo eviterei.

Allora sarebbe meglio lasciarsi.

E così che inizia la fine. Tremendo gioco di parole, tremenda verità.

 

-“Stai ancora pensando?!”-.

 

Stacco gli occhi dalle foto, lontane, sul mobile in noce.

Annuisco, giocando a far scivolare il dito sul bordo liscio del bicchiere.

-“Perché pensi?! Prenditelo l’amore che vuoi!”-. Comincia a giocare anch’egli col bicchiere, seriamente concentrato –“voi ragazzi di nuova generazione non sapete quanto siete fortunati. Avete tutto a portata di mano, eppure neanche questa fortuna vi fa capire che alle volte anche un piccolo gesto può bastare.”-.

-“Ma chi te lo fa fare di perdere tempo con i miei problemi?! Guarda te l’ho detto, lascia stare.”-.

-“Tu perché hai perso tempo con me?!”-.

-“Non lo so. Ma non credo di aver perso tempo, questo sì.”-.

-“Idem.”-.

-“Ma io sono io, sono Sibilla. Tu invece chi sei?! E perché non rispondi mai a una domanda?!”-.

-“Odio i quiz.”-.

-“O hai paura d’affrontare un discorso?!”-.

-“Non c’è niente di timoroso nelle parole, è scoprirsi che fa paura. Ora ti ho risposto.”-. Ride, beffardo.

-“Se avessi avuto paura di scoprirti, non mi avresti seguito.”-.

 

Mi guarda enigmatico, si sistema i capelli, ricci e nero corvino.

Ha qualcosa di affascinante la sua presenza; mi incute paura e mistero, ma allo stesso tempo gaiezza e sicurezza.

Sibila qualcosa, ma non afferro una sola parola; il rumore metallico delle chiavi che girano nella serratura, ha distorto il silenzio.

Dopo pochi istanti, Simone appare sull’uscio della porta.

 

-“Ciao Lila.”-. Grida credendomi lontano da lì, poggia il suo borsone accanto al divano –“partita rimandata!”-. lasciandosi cadere giù, dando le spalle alla sala, ignaro di tutto.

Allora mi alzo, gli vado vicino.

-“Sono qui, non devi per forza gridare!”-.

Fa leva sulle braccia, con una faccia curiosa si alza.

-“Oh..”-. Si alza in piedi di botto, arrossendo appena accortosi di un’altra presenza in casa –“ oh scusa! E mi scusi anche lei, non l’avevo vista!”-. Si avvicina al mio uomo del mistero, stringendogli la mano.

-“Simone.”-.

-“Piacere.”-.

 

Piacere. Solo quello. Simone lo guarda aspettando un nome, un aggettivo o qualsiasi altra cosa servisse ad appellare quell’uomo, ma non ottenendo risposta sorride falso dirigendosi in cucina.

Ovviamente mi fulmina con lo sguardo.

Se sapesse che è tutta la mattina che cerco di farlo parlare, avrebbe poco da fulminare!

Mi scuso, e lo raggiungo.

 

-“Possibile che delle tue partite non possa fare a meno?!”-. Gli sussurro stando ben attenta a non farmi sentire.

-“Mi sembra d’averti appena detto che è stata rimandata. Chi è quello?!”-.

-“Simone è il principio! Mi avevi promesso di passare un po’ più di tempo insieme!”-.

-“Sibilla mi dispiace, lo sai quanto ci tengono i ragazzi alle partite del lunedì sera! Insomma, chi è quello?!”-.

-“Ah sì?! E a quelle del mercoledì?! A quelle del sabato?! Anche a quelle tengono?! A me invece chi ci tiene?!”-.

-“Non farne una tragedia adesso! E poi anche tu sei occupata, o mi sbaglio?! Ma chi è quel tipo me lo dici sì o no ?!”-.

-“Ma che ne so io!!!”-.

-“Dovevo avvertirti lo so. Ma questo chi è, l’uomo del mistero che non si può sapere come si chiama?!”-.

-“Simone, io non lo so.”-.

-“Ah bene. Abbiamo un uomo in salotto che non solo non si presenta, non sappiamo nemmeno chi sia! Sibilla, sei impazzita?!”-.

-“Non lo so davvero.”-. Adesso mi guarda serio, mi stringe le spalle mettendomi a sedere.

-“Chi lo ha fatto entrare?!”-.

-“Io.”-.

-“Ecco, allora lo sai chi è.”-.

-“Simone non è così semplice la questione.”-.

-“Spiegati allora, però aspetta”- prende una sedia venendomi di fianco –“fammi sedere perché ho come la sensazione che non sia una storia molto felice.”-. Ride, e la sua risata mi da ai nervi.

-“Ma di che ti preoccupi, scusa! Non è mica un mostro!”-.

-“Ma se hai detto che non lo conosci!”-.

-“Non conosco il suo nome, ma non credo sia pericoloso.”-.

 

Lo vedo fissare i suoi occhi verdi nei miei.

Non sta capendo, sbuffa, prendendosi il volto fra le mani.

Odio quando mi guarda così, nei suoi occhi vedo scorrere pensieri innominabili; forse penserà che sono pazza, con tutte le mie incoerenze, le mie follie.

Odio pensare che pensi che io sia pazza.

Allora mi caccio qualcosa di bocca, strozzando qualche parola qua e là, per farle divenire più corpose poi, quando gli racconto tutto dell’uomo del mistero.

 

-“Non sa dove andare, allora l’ho portato qui. Ecco tutto.”-.

 

Scuote la testa, ridendo falsamente, ironico e arcigno.

Si alza in piedi, tirando la sedia via, con un colpo secco.

 

-“Cioè vuoi dirmi che ti sei portata dentro casa un pazzo suicida, che sembra raggirare ogni tua domanda sensata, rifilandoti pillole di saggezza, solo perché non sa dove andare?! Sibilla, tu non stai bene…”-.

-“Ti ho già detto che non è cattivo.”-.

-“Ma tu che ne sai!”-. Alza un po’ la voce, gli intimo di abbassarla, ma prosegue senza darmi ascolto –“ per me può anche essere un maniaco, uno stupratore, uno psicotico! Ma poi ti sei bevuta il cervello?! Eludere la legge, portarlo qui, lo sai che se quello fa una cazzata ci passiamo di mezzo?!”-.

-“Adesso smettila! Mi stai facendo paura!”-. Mi alzo dalla sedia anche io, giocando nervosamente con le mani –“Te l’ho detto, non è cattivo.”-.

-“E vuoi tenerlo qui magari?!”-.

-“Ma sì, per una notte, almeno fino a quando non gli trovo una sistemazione adeguata.”-.

-“Dovevi lasciarlo dov’era! Tu non sei la sua badante!”-.

-“Ma come fai ad essere così egoista?! Come riesci a fregartene sempre e di tutto e di tutti?!”-.

-“Lo fai apposta eh?!”-. Ride, mordendo una mela –“dai, dillo che lo fai apposta. Tu vuoi farmi pagare il fatto che non sto con te, che non ci metto impegno, che non riesco a darti il figlio che vuoi… ammetti che questa è la tua punizione, perché io non posso credere che tu sia arrivata a questi livelli!”- poi la getta via, tornando a urlarmi in viso.

Lo guardo con disprezzo, rabbia, indignazione.

Come può pensare una cosa simile. Come ?!

 

-“La verità è che un vecchio pazzo ha avuto pietà di me, uno sconosciuto! Tu che vivi con me da una vita, che mi conosci meglio di chiunque altro, tu, mi hai abbandonata, lasciata sola.”-.

-“Un vecchio pazzo, sì. Ma la tua vita è così, se uno non è squilibrato non riesce ad arrivare a te.”-.

 

Sento gli occhi inondarsi di lacrime, lo guardo scuotendo un po’ il capo, ferita come solo il marchio a fuoco della brutale verità, può fare.

Lo vedo portarsi una mano alla bocca, allungarmi le braccia, chiedermi scusa; ma il mio corpo si divincola, si dimena da quelle braccia che non sente più familiari e scappa.

Via, lontano. Fuori di là, fuori da quella casa.

 

Passo veloce dinnanzi al mio uomo del mistero, che mi guarda afflitto, dispiaciuto.

So che ha sentito, mi fermo un attimo ricambiando quegli sguardi.

Ma il dolore è troppo, non resisto, non riesco a trattenere quel dolore animale.

Apro di getto la porta e mi butto fra le scale.

Adesso non importa chi è il colpevole o qual è la colpa. Adesso l’importante è fuggire.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Luna_R