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Autore: Thumbelina    16/10/2011    5 recensioni
E’ veramente lì fuori, è così? Dobbiamo essere in grado di difenderci da soli. E se la Umbridge si rifiuta di insegnarcelo ci serve qualcuno che lo faccia.
Ok, questa idea mi è venuta guardando questa sera stessa il film hp5, e al sentire questa frase mi è parso che sullo schermo comparisse la scritta "e se non si stesse riferendo ad Harry?" e da lì è stata tutta un'ispirazione! Quindi mi sono subito tuffata a scrivere (dopo aver visto la fine del film, ovviamente!) ed ecco qua la mia piccola introduzione. Che dirvi, penso che sia un'idea molto originale, probabilmente non avete mai letto niente, niente di simile, o almeno spero, ecco tutto! Spero di avervi quantomeno incuriosito, e che quindi leggerete il mio primo ed insulso capitolo (è una stupida, semplice introduzione, nulla di che) per poi appassionarvi alla storia, quando questa sarà pronta per essere scritta, cosa che avverrà molto presto, temo. Forse è la storia più geniale che mi sia venuta in mente, e di certo è qualcosa di totalmente diverso rispetto al mio genere e quindi... non c'è che dire, sono molto incuriosita anch'io. Prima di finire le parole a disposizione vi lascio. Bacioni. Buona Lettura. Giulia.
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dolores Umbridge, Il trio protagonista, Severus Piton, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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Seconda Lezione

Era davvero, davvero strano che ci fossero tutti e ventotto in quella classe per affrontare la seconda lezione. Era molto, molto strano.
Hermione, dopo le discussioni che aveva avuto con praticamente tutti i membri della classe dopo la prima lezione del professor Piton, era piucchè sicura che non si sarebbe presentata neppure la metà di loro. I loro commenti sul loro primo incontro di Difesa Contro le Arti Oscure erano stati atroci. A parere di tutti, Piton era troppo severo ed inquietante, e da lì in poi i pareri si dividevano. Per il quaranta percento della classe Piton era un’arrogante, per il cinquanta percento metteva i brividi e per il restante dieci percento era semplicemente matto. E, ovviamente, nessuno voleva rischiare di cadere nelle mani della Umbridge, e cioè fra le pene dell’inferno, per farsi insegnare/rimproverare da un’arrogante/spaventoso/matto. E quindi si erano copiosamente lamentati.
E Piton è un verme, e Piton è uno stronzo, e Piton è terrificante, e Piton deve essere sicuramente fuggito da un manicomio, e Silente aveva ragionissima a non dargli la cattedra, per l’amore del cielo!
Ovviamente, Ron, Harry ed Hermione avevano tentato di calmarli, o meglio lei, aveva tentato di calmarli, mentre Harry rimaneva in silenzio molto propenso a dargli ragione e Ron le ripeteva per l’ennesima volta te lo avevo detto.
Ed inoltre calmarli non era stata certo una cosa facile. Ernie si lamentava, Neville si lamentava, le gemelle Patil si lamentavano, Zacharias si lamentava, Justin si lamentava, Lavanda si lamentava, Marietta si lamentava, persino Cho faccia da santa si lamentava. Ci mancava poco che si mettesse a protestare anche Harry… Ed inoltre persone di cui aveva creduto potessero darle aiuto e sostegno, tali Fred e George, si erano messe, al contrario, a capo della rivolta. Quella era stata solo la prima lezione, e la situazione era già insostenibile.
Hermione, comunque, pian piano, sembrava esser riuscita a placare gli animi di tutti.
Innanzi tutto, quando lei, Harry e Ron erano entrati nel dormitorio Grifondoro, si erano immersi nella valanga di proteste dei loro compagni di casa che li avevano aggrediti circa le ragioni che vi ho già proposto, ossia l’odio del loro insegnante. Dopo aver tentato di prender la parola fra la folla urlante, Hermione aveva cacciato un urlo e, a silenzio ottenuto, la ragazza aveva tenuto un discorso. Aveva detto ai suoi compagni, arrampicandosi su una poltrona per assicurarsi che tutti la vedessero e, soprattutto, sentissero, quello che aveva da dire.
Gran bei Grifondoro che erano loro, talmente coraggiosi da temere anche un loro insegnante, e come credevano forse di affrontare le atrocità della guerra se non riuscivano neppure a reggere i rimproveri del professore?
Oh beh, certo, il discorso di Hermione era stato più lungo, ma credo di avervene fornito un valido riassunto, anche perché l’orazione, scritta per intero, mi avrebbe occupato troppo, troppo tempo e spazio. Comunque, il discorso doveva essere alquanto buono, dato che riuscì a convincere, o quantomeno a zittire, tutti quei Grifondoro dapprima urlanti. Soddisfatta della sua orazione, e dopo aver sottolineato il tutto con un fierissimo pensateci, eh, era scesa in un balzo giù dalla poltrona.
Era allora che Ron l’aveva raggiunta e aveva commentato il suo brillante discorso con un semplice ok, ora i Grifondoro sono apposto, cosa credi di fare con Corvonero e Tassorosso?. Hermione era rimasta in silenzio per un po’. Cavolo, quella era una cosa a cui non aveva pensato!
Comunque, non appena Ronald le aveva messo la pulce nell’orecchio, la ragazza si era fiondata giù per le scale ed aveva corso fino a raggiungere torre Corvonero, e bussare al dormitorio.
Ad aprirle, per inciso, era stato il piccolo Nigel Wespurt, un ragazzino del secondo anno con i capelli scuri e gli occhi a palla, un grande fan di Harry Potter.
Comunque, la ragazza gli aveva chiesto dove di portarla da Cho Chang, ed il bambino le aveva spiegato che non si trovava in camera sua, ed allora la aveva condotta nel dormitorio maschile, nella stanza di Anthony Goldstein e Micheal Corner, dove, per inciso, si era radunata tutta la squadra dell’esercito di Severus.
C’era Padma Patil, comodamente seduta a gambe incrociate sul pavimento, e Marietta Edgecombe, seduta sul letto di Anthony, con Cho Chang dietro di lei che le faceva le trecce ai capelli. C’era Terry Steeval, sbracato sulla brandina di Micheal, accanto a lui, e Anthony, ovviamente, in piedi, appoggiato all’armadio. Sembravano tutti alquanto irritati.
Appena Hermione era entrata nel dormitorio, Padma si era presa la premura di cacciare via il piccolo Nigel con fare stizzito, cosa che aveva alquanto infastidito la Granger, ed Hermione era stata introdotta nella stanza. Anthony si era allora staccato dalla parete e, dopo averle dato una piccola spinta, aveva chiuso la porta dietro di lei, mentre Micheal pronunciava un Muffiato.
Tutti, in quell’istante, avevano taciuto, guardandola. Wow, quello sembrava un circolo nel circolo, una sorta di cricca segreta fra persone troppo intelligenti per parlare con gli altri. Per inciso, ora la stavano guardando dall’alto in basso.
“Cho, dov’è Luna?” aveva chiesto Granger. C’era stato un po’ di silenzio. I presenti si erano guardati scocciati e colpevoli fa loro. “Cho, ti ho chiesto dove è Luna” aveva ripetuto Hermione con fare più deciso, alzando di due toni la voce, in modo severo “Noi… noi non… non l’abbiamo invitata.” le aveva riposto timidamente la ragazza, arrossendo un poco “Già, è un po’ strana.” si era limitato a commentare Anthony “Fa comunque parte dell’Esercito!” aveva protestato Hermione, e nessuno aveva risposto. Qualcuno di loro aveva abbassato lo sguardo.
In quel momento, Hermione Granger aveva mentalmente ringraziato il cappello parlante di non averla smistata in Corvonero, lì erano tutti così spocchiosi e fanatici della propria intelligenza, dio quanto le davano ai nervi!
“Credo che se questa è, come credo, una riunione per parlare dell’Esercito, penso che lei dovrebbe senz’altro venire ammessa, ecco. Quindi, vado a chiamarla…” fece avviandosi verso l’uscita. “Ferma!” fece Micheal mettendole una mano sulla spalla, “Fermati pure, vado io”, e ciò detto l’aveva superata per uscire dalla propria stanza, con tono alquanto scocciato, a dire il vero.
Nel giro di mezzo minuto, era tornato con Luna.
La ragazza si era lasciata scivolare a sedere sul pavimento, Micheal aveva richiuso la porta, Anthony l’aveva muffiata di nuovo, e la riunione era ripresa.
Con suo non molto stupore, Hermione si era resa conto che, come il caro Ronald aveva predetto, i Grifondoro non erano certo gli unici a lamentarsi.
Anche i presuntuosi Corvonero non parevano volersi assolutamente astenere dal dire la loro. Le loro lamentele e quelle dei Grifondoro erano praticamente identiche, ma questa volta il discorso di Hermione era stato differente.
Ma come potevano loro mai dirsi Corvonero, se non erano intelligenti abbastanza da capire che il professor Piton era la loro unica chance di salvezza, che sarebbero stati finiti senza di lui? Oh sì certo, Piton era un osso duro, su questo non c’erano dubbi, e il modo con cui si era comportato con Harry quel giorno li aveva praticamente shockati tutti, ma erano davvero così stupidi da non capire che il professore stava facendo tutto questo per il loro bene?
Sì, ok, anche questo discorso era stato molto più lungo, e bello abbastanza da lasciare a bocca aperta persino i Corvonero, ma ad orazione conclusa Hermione stavolta non si era crogiolata fra gli allori e, veloce come un fulmine, era scivolata fiera verso il piano terra. Qualcosa le diceva che avrebbe dovuto presto discutere anche con i Tassorosso.
Quindi, una volta scese le scale, le quali, tempismo brillante a parte, avevano preferito spostarsi una quindicina di volte, prima di farla arrivare alla meta, Hermione si era avviata verso il dormitorio. Aveva superato di corsa la sala grande e si era diretta verso le cucine, e poi si era messa a bussare forte mentre il quadro di una natura morta se ne stava placido a guardare.
Finalmente, dopo due minuti buoni, qualcuno si era deciso ad aprirle.
“Susan!” aveva esclamato Hermione nel vedere il volto della Bones apparire da dietro il dipinto. “Oh, Hermione, sei qui,” aveva commentato la ragazza come se la cosa non fosse poi una così buona notizia “arrivi al momento giusto, se sei qui per l’Esercito, con gli altri ne stavamo giusto parlando.”
E ciò detto le aveva permesso di entrare. Quindi, Hermione l’aveva seguita attraverso all’accoglientissima sala comunque Tassorosso, inciampando tra l’altro nella bellezza di due cuscini gialli e neri disordinatamente abbandonati a terra, ed era stata introdotta da Susan, mediante il passaggio in numerosi sottopassaggi tutti ornati di coloratissimi arazzi neri e gialli, in quello che doveva essere il dormitorio di Zacharias Smith.
Come Susan si era lasciata sfuggire, e come Hermione avrebbe comunque potuto benissimo capire da sola, in quel dormitorio si erano già riuniti, prima del suo arrivo, tutti i membri Tassorosso dell’Esercito.
C’era Ernie McMillan, appollaiato su una poltrona gialla, e c’era Justin Fich, comodamente sbracato sulla propria branda, mentre Hannah Abbott sedeva a gambe all’aria su un’altra poltrona e Zach se ne stava in piedi, appoggiato al suo armadio.
Anche loro, ovviamente, si lamentavano. Prima ancora di dar loro il tempo comunque di esploderle in faccia tutte le loro proteste, Hermione aveva muffiato la porta, ed aveva cominciato la propria orazione.
Ma che bravi Tassorosso che erano, leali fino in fondo, pronti a mollare il proprio insegnante che si stava rischiando libertà e carriera pur di aiutarli dopo avergli giurato fedeltà, complimenti davvero! Lui, lui che si era messo in gioco pur di aiutarli, lui che si stava sacrificando per loro… beh, solo sarebbe rimasto, perché tutti i suoi allievi lo avrebbero tradito.
E ad orazione fatta, un’orazione molto più lunga, ma, ormai, che ve lo dico a fare (?), Hermione era uscita con fare indispettito dal dormitorio, riuscendo a trovare a fatica l’uscita, poi si era fiondata di nuovo su per le scale per raggiungere il proprio dormitorio e, una volta arrivatavi (le scale le avevano fatto la clemenza di cambiare posizione solo cinque volte), si era sbrigata a chiudersi in camera senza ascoltare niente e nessuno, commentando la faccenda lezioni di Piton come un’affare già chiuso.
Quindi, si può dire che, se tutti gli studenti erano risultati presenti anche quel giorno in aula, il merito era solo che suo.
Certo, le sarebbe piaciuto molto potersene vantare con il suo insegnante, prendersene i meriti, i riconoscimenti, e magari anche qualche complimento, ma la giovane Hermione Granger sapeva fin troppo bene di quanto il suo professore non fosse affatto tipo da lodi, e, inoltre, temeva che ne sarebbe uscito alquanto irritato se avesse saputo che nessuno dei suoi alunni era rimasto soddisfatto di lui. Quindi, programmò di tacere.
Come la volta precedente, il professor Piton aveva messo lei, Ron ed Harry a controllare l’ingresso prima della lezione, e questo aveva provocato il fatto che a Harry erano sanguinate le mani per quanto aveva stretto forte le unghie nei pungi per non rispondergli male, e Ron aveva cominciato a lagnarsi e a blaterare sul come probabilmente avrebbero dovuto sortirsi quell’incarico durante tutte le lezioni.
Quando l’ora era scattata, il professore aveva dato segno di chiudere la porte, si era piazzato dinnanzi a loro, ed aveva fatto nuovamente l’appello. Benché lo sapesse, questa volta Harry era stato bel lungi dal dirgli che c’era già tutti!
Come la volta scorsa, Severus Piton aveva srotolato la sua pergamena, e, dopo aver fatto un rapido conto ed essersi accertato mentalmente che ci fossero tutti, aveva cominciato l’appello, ed è proprio qui che eravamo rimasti, con Hermione che si guardava a sua volta attorno, sorprendendosi che ci fossero tutti.
- Hannan Abbott? – chiamò il professore senza prima esortare gli studenti neppure con il cenno di un ciao.
- Presente, professore – gli rispose una ragazza alta e magra, con le guance un po’ incavate e delle treccine bionde a incorniciarle il viso.
Il look era lo stesso del colloquio, o meglio era lo stesso di sempre, ma al professore ricordò il colloquio, in particolare, ed il modo in cui questo era andato.
La giovane Tassorosso si era presentata alquanto in orario, e, una volta entrata in aula, aveva chiesto permesso. Il ché, gli era sembrato alquanto stupido. Insomma, non puoi entrare in un luogo e dopo chiedere il permesso, o lo chiedi prima o non lo chiedi affatto, accidenti! Comunque, permesso a parte, la ragazza gli si era seduta davanti. Ah, dimenticavo, la ragazza era entrata nel suo studio subito dopo il colloquio di giovane Ernie McMillan. Quando il ragazzo era uscito, per inciso, i due si erano battuti il cinque sulle nocche, e poi lei era entrata eccetera eccetera, ma ora, torniamo a lei.
Solo quando la ragazza gli si era seduta davanti il professore aveva potuto notare il fatto che non indossasse l’uniforme Tassorosso di Hogwarts, ma ben sì la sua divisa da quidditch. Il che era strano. L’allenamento di quidditch Tassorosso doveva esser finito infatti, per quel che sapeva lui, circa mezz’ora prima. Mezz’ora sarebbe stata più che sufficiente per tornare in dormitorio a cambiarsi. Ed invece era venuta lì in tremendo anticipo e per fare cosa? Ah, già, per star fuori ad una porta ad aspettare, che cosa stupida. Severus avrebbe potuto scommettere con chiunque per qualunque cifra volesse che la sua scopa doveva essere appoggiata proprio dietro lo stipite della sua porta, ora fedelmente controllata dall’occhio vigile del suo amico Ernie Mcmillan. Ah, ecco ecco perché era venuta prima, che stupido a non averlo pensato prima! Visto che il colloquio del suo amico era mezz’ora prima del suo, la ragazza doveva aver scelto di arrivare anche lei in anticipo per sostenerlo. Roba da Tassorosso, tze! Sarebbe potuta andare in camera a cambiarsi, farsi una bella doccia magari, e presentarsi in modo un po’ più adeguato a quel colloquio, invece di stare a perder tempo dietro ad una porta chiusa solo per essere di sostegno al suo amico, per l’amore del cielo! E poi, se proprio non avesse voluto deluderlo avrebbe potuto accompagnarlo, promettergli che sarebbe rimasta lì per tutto il tempo, e invece correre a cambiarsi appena lui si fosse chiuso dietro la porta, cambiarsi in camera e tutto il resto, e poi ritornare sul luogo appena fatto, e così avrebbe potuto darsi una rinfrescata ed Ernie non avrebbe mai sospettato di nulla. Certo, forse avrebbe potuto notare che la giovane indossava abiti differenti, ma il Tassorosso in questione non sembrava essere troppo sveglio da accorgersene, senza contare che quella non era certo il tipo di cosa a cui i ragazzi maschi di quindici anni facevano caso, quasi sicuramente Hannah ne sarebbe riuscita illesa. Quindi, di tutte le opzioni che le si propinavano davanti, la Tassorosso sembrava aver scelto quella più stupida. Beh, pensò fra se e se Severus Piton, quantomeno avrebbe potuto risparmiarsi la domanda sulla fedeltà per questa volta…
“Il motivo per cui sono qui…” aveva risposto la ragazza rispondendo alla sua prima domanda, “il motivo per cui sono qui non lo so di per certo, a dire il vero. Insomma, stavo studiando per il compito di Difesa Contro le Arti Oscure con il mio amico Ernie nella sala comune Tassorosso quando è entrato Zach. Beh quando gli abbiamo chiesto se volesse unirsi a noi, lui ci ha risposto con fare un po’ montato, che quella che stavamo studiando non era la vera materia, che lui e che a lui non servivano certo gli insegnamenti della Umbridge, e che ben presto avrebbe avuto di meglio. Insomma ci siamo informati un po’ e lui ci ha spiegato tutto l’affare di questa classe. Beh, ecco, la cosa ci ha colpiti fin da subito. La vedevamo come una sorta di protesta, come un modo per prenderci quello che la scuola ci doveva di diritto, un qualcosa di straordinariamente proibito ed eccitante, insomma, una rivolta! Abbiamo passato tutta la serata a parlarne, dimenticando completamente tutte le altre cose che avevamo da fare (inutile dirle che il compito è andato male, giusto?), e quando sono andata a dormire ero così eccitata all’idea! Quasi non ho chiuso occhio per tutta la notte. La mattina dopo, ragionandoci a mente fresca, mi sono accorta che forse avevamo cantato vittoria troppo presto. Insomma, nell’eccitazione della novità ci eravamo limitati ad esaltare tutti i lati positivi che la cosa poteva offrirci, scordandoci di quelli negativi. Così, mi ci sono messa di impegno ed ho cercato di analizzare la cosa in maniera esauriente. La minaccia costante della Umbridge, il tempo da dedicare alle lezioni clandestine (che sarebbe dovuto essere irrimediabilmente tolto allo studio di altre materie, o magari al quidditch), avere lei come insegnate e tutto il resto. Beh, sai cosa le dico? Con le cose negative aggiunte, questa storia è riuscita a piacermi persino di più. Non so perché sono qui, non lo so di sicuro, però so che non c’è altro posto, in cui al momento vorrei stare.”
Il resto del colloquio adesso non se lo ricordava di preciso, eppure quella parte lo aveva colpito. Punto primo, era stata sincera, e questa era una cosa importante, punto secondo, quella cosa sul non c’è altro posto in cui vorrei stare l’aveva trovata molto azzeccata, gli aveva fatto un gran buon effetto. Quindi, sorvolando sul fatto che l’avesse catalogato fra le cose negative della lezione, la ragazza era stata comunque ammessa alla sua classe.
- Katie Bell? – scandì il professore.
- Presente – gli rispose la ragazza alzando un poco la mano.
Vista l’imminente partita di quidditch fra Tassorosso e Grifondoro e non volendo essere accusato di essere di parte, il professore ritenne opportuno soffermarsi un momento anche su di lei. Diciamo pure che, anche se questo non era affatto dipeso dalla povera Katie, il suo colloquio era stato la cosa più vicina a una catastrofe naturale che il caro professor Piton avesse visto negli ultimi vent’anni. Ed era già tanto che il colloquio ci fosse stato, a dirla tutta, ma sarò più chiara.
Innanzi tutto, il suo colloquio era stato stabilito subito dopo la lezione di Severus agli studenti del primo anno di Corvonero e Tassorosso, ed essendo che a quanto pare i bambini di undici anni non potevano dirsi abbastanza intelligenti da saper mantenere in equilibrio un calderone su un tavolo, due piccoli Tassorosso gli avevano fatto la gentile concessione di versargli addosso tutta quella poltiglia giallognola (che teoricamente, molto teoricamente, sarebbe dovuta essere una pozione restringente). Ovviamente, Severus Piton aveva tolto loro trenta punti a testa, ma non aveva comunque potuto allontanarsi dall’aula prima che finisse la lezione per ragioni di sicurezza (se i suoi brillanti studenti erano riusciti, in sua presenza, a rovesciare a terra un intero calderone, era meglio non sapere che cosa sarebbero stati in grado di fare una volta lasciati soli). Finita l’ora, comunque, il professore era slittato immediatamente nella propria stanza a cambiarsi.
Anche Harry, Hermione e Ron, sfortunatamente, avevano tardato.
La prima aveva già avvisato il suo insegnante che non sarebbe riuscita a venire causa lezioni di Antiche Rune, e gli altri due se l’erano presa comoda, vista l’assenza della puntualissima Hermione, contando che comunque la loro presenza non avrebbe alterato in qualcun modo il colloquio della loro compagna.
Il loro ritardo, invece, era stato fatale. Innanzi tutto, arrivata perfettamente in orario, Katie si era ritrovata davanti ad una stanza vuota. Aveva titubato un po’ quindi dinnanzi alla porta dell’ufficio, aspettando che arrivasse qualcuno. Il problema però era il seguente: quello che avrebbe avuto con il suo insegnante sarebbe stato un incontro clandestino, e quelli del sotterraneo, in cui lei si trovava al momento, erano luoghi Serpeverde, e quindi luoghi in cui era alquanto pericoloso sostare. Insomma, se le care serpi l’avessero notata lì, cosa assai probabile trovandosi in loro territorio, di sicuro avrebbero trovato la cosa alquanto strana, si sarebbero insospettiti. Quindi, dopo aver indugiato ancora un poco sperando di vedere la pipistrellina figura del suoi insegnante comparire all’orizzonte, aveva deciso di entrare nel suo studio. Probabilmente il suo professore si sarebbe arrabbiato nel trovarla lì, ma almeno sarebbe stata fuori pericolo. E così era entrata.
Allora, per era entrata intendo dire che aveva lentamente mosso un piedi avanti all’altro per raggiungere esitante la cattedra vuota del suo insegnante, richiudendo la porta dietro di se. E poi si era seduta sulla sedia. Intanto, il professor Piton, finito di cambiarsi s’era mosso verso il suo studio, e, vedendo vuoto il corridoio davanti al suo studio, aveva controllato l’orario. Dieci minuti, dieci minuti l’aveva fatta aspettare questa povera alunna, e quindi, tanto voleva andarsene. Punto primo perché, se la ragazza non era ancora arrivata questo voleva dire che aveva più di dieci minuti di ritardo, ed in questo caso non meritava neppure di esser sentita. Punto secondo perché, in caso la ragazza fosse già arrivata ed avesse deciso di andarsene, anche se da una parte avrebbe forse avuto ragione, visto il suo ritardo, dall’altra mostrava un enorme senso di superiorità nel non concedere il beneficio di un ritardo neppure a un suo insegnante. E poi dov’erano Potter e Weasley?? Quindi, l’uomo era salito, stizzito, fino a torre Grifondoro, e lì aveva tolto venti punti a testa ai due scapestrati, informandoli comunque che il colloquio della signorina Bell non si sarebbe tenuto affatto. Dopo questo, era tornato nei sotterranei, intenzionato a rilassarsi un po’ nel suo ufficio prima di dover affrontare la lezione di Serpeverde e Corvonero nell’ora successiva. Ma torniamo a Katie. Allora, noi l’avevamo lasciata comodamente seduta sulla sedia di fronte alla cattedra del suo insegnante, e ci stava da ben venti minuti, che, sommati ai cinque che la ragazza aveva atteso prima di entrare, significavano un totale di ben venticinque minuti di ritardo, quindi direi che la povera ragazza aveva aspettato anche troppo. Quindi, pensando che forse doveva aver sbagliato orario o giorno, e che il professore si sarebbe arrabbiato abbastanza, vista la sua mania per la puntualità se avesse saputo che si fosse confusa su ora e data, decise che sarebbe stato meglio se se ne fosse andata da quell’ufficio il prima possibile. Quindi, si era avviata verso l’uscita. Ma torniamo al professore. Innanzi tutto, questo stava per entrare nello studio, mentre un Hermione Granger correva veloce in sua direzione brandendo in mano piuma, pergamena e boccetta di inchiostro. Per poco non glielo rovesciò addosso. “Lo sa, Antiche Rune sono la mia materia preferita” gli aveva comunicato la giovane, mentre il professore la guardava con un’espressione da e a me dovrebbe interessare perché…?? “e quella di oggi era, per inciso, una delle lezioni più affascinanti a cui io avessi mai preso parte, ecco” l’espressione di Piton non era cambiata affatto “Ed allora che cosa ci fa fuori dalla classe, signorina Granger?” si era limitato a chiederle “Ho finto di stare male con la professoressa Bathsheda Babbling e sono corsa fuori. Sa che cosa le dico, professore? Penso che se qualcuno si prende un impegno allora deve rispettarlo, ecco, e quindi sono corsa qui, perché questa classe è più importante ed io non vengo meno alla parola data e poi…” e mentre faceva il suo bel discorso Hermione era comodamente situata proprio dinnanzi alla porta, con pergamena, piuma, e soprattutto boccetta d’inchiostro ancora in mano. Ma torniamo a Katie, la ragazza stava appunto lasciando l’ufficio, e, mentre Hermione sostava presso l’uscio, la Bell aveva spinto la porta in modo da aprirla.
In quel momento, causa l’urto, la bottiglietta di Hermione le era scivolata dalle mani andando a versarsi sulla tunica appena cambiata del suo insegnante. I tre si erano guardati.
“Punto primo, signorina Bell,” aveva cominciato Piton “che cosa diamine ci faceva nel mio ufficio? Punto secondo, signorina Granger, quando è passata di moda la buona usanza di mettere i tappi alle boccette?” dopo di che entrambe le ragazze avevano avuto il tempo di spiegarsi, Hermione aveva ammesso di aver dimenticato il tappo in classe nella fretta di uscire, mentre Katie aveva raccontato tutta la storia. Chiariti tutti gli equivoci, Hermione era corsa in torre a chiamare Harry e Ron, ed il colloquio c’era stato. E non era andato male, dato che la ragazza era ora presente in aula, ed oltre tutto, dopo tutta quella storia degli equivoci e visto tutto il tempo che l’aveva fatta aspettare ci sarebbe mancato solo che Severus non la prendesse fra i suoi quella povera alunna!
- Susan Bones? – chiamò il professore.
- Presente – gli rispose la ragazza.
- Lavanda Brown? – chiese ancora.
- Presente, professore – fece lei, contorcendosi incerta una ciocca dei capelli biondi introno a due dita, mordendosi le labbra. Il suo ragazzo era puntato verso Ronald Weasley, sebbene lui non se ne accorgesse.
Quella scena, con la cosa dei capelli e delle labbra, ed anche quella di Weasley, erano tutte cose che il professore aveva già visto… durante il colloquio della ragazza...
Lavanda si era presentata con ben dodici minuti di anticipo presso la porta del suo ufficio, ed aveva indugiato mordendosi le labbra ed arricciando i capelli, fino a che il suo insegnante non l’aveva invitata ad entrare.
Subito dopo essersi seduta dinnanzi alla cattedra, la ragazza aveva puntato il giovane Ronald Weasley, ed aveva continuato a fissarlo per tutto il tempo, anche se il ragazzo non se ne era mica accorto. Certo che no, nossignore, era troppo occupato a giocare con il signor Potter a tihotoccato tihottocato, lui. Tipico…
“Allora, signorina Brown, per quale motivo si è presentata lei qui?” gli aveva chiesto il professore, cercando di distrarla dai giochi di Weasley. Dopo tre secondi netti di assoluto silenzio e contemplazione, la ragazza era finalmente riuscita a capire che il professore stava parlando con lei, quindi s’era rianimata, aveva volto lo sguardo verso di lui, e poi aveva detto: “Beh, stavo nel dormitorio Grifondoro quando ne ho sentito parlare, insomma, io non ci credevo mica a tutta questa storia di Lui e tutto il resto, insomma, se lui fosse tornato davvero la professoressa Cooman lo avrebbe previsto!” e qui Severus Piton aveva trattenuto un sospiro “Quindi stavo appunto parlando di come pensavo che tutta questa storia fosse solo una fantasia quando è entrata Hermione. Lei ha fatto tutto un discorso su come fossi stupida a non preoccuparmi, e su come Silente ed Harry avessero ragione, e su come tutti fossimo in pericolo eccetera.” Il professore si era allora girato verso la Granger, a lanciarle un’occhiata loquace del tipo è mai possibile che, in un modo o nell’altro, debba sempre esserci di mezzo tu?!?!? , e poi era ritornato a guardare la Brown, aspettando che continuasse a parlare. “Ecco,” aveva proseguito la ragazza “io non dico di crederci appieno adesso, eppure il discorso di Hermione mi ha fatto pensare” “Ctm, impossibile!” aveva sussurrato Hermione mascherando il tutto con un finto colpo di tosse. Il professore le aveva dato una gomitata per farla tacere. “Continui pure, signorina Brown” aveva fatto poi, e la ragazza, pur non avendo fortunatamente capito nulla di ciò che era successo, aveva ripreso. “Dicevo, che il discorso di Hermione mi ha fatto davvero riflettere. Insomma, ovviamente Lui è morto e non può assolutamente ritornare in vita, sono fermamente convinta di tutto questo, ma se non fosse così…? Insomma, nella remota possibilità che Lui fosse davvero tornato… come farei a difendermi io? Le lezioni della Umbridge non sono certo un gran che, ecco. Ed in più, anche se, come credo, non c’è nessun pericolo, qualche lezione extra non mi farà certo male, no? Quindi è per questo che sono qui, perché se Lui sia tornato o no, tanto vale prepararsi a combattere.” Questo, aveva pensato il professore, era un buon discorso. Non il migliore che lui avesse mai sentito, eppure era sensato. E soprattutto ricco dell’umiltà di chi sa mettersi in dubbio. Pur non condividendo la credenza del ritorno di Voldemort, la ragazza non peccava di così tanta ottusità da negare totalmente quella possibilità, e questo era buono. Forse, e dico forse, pensò il professore, la giovane Lavanda Brown era molto meno stupida di quanto la cara Hermione Granger avesse pensato. La studentessa in questione, invece, non pareva essere affatto d’accordo. Per tutta la durata del suo colloquio, ossia durante le domande che avevano seguito questa, non aveva fatto altro che sussurrare commenti sarcastici, o lanciare occhiate al professore del tipo le faccia una domanda più difficile! Le faccia una domanda più difficile! ma, per quanto hermione si fosse prodigata per il contrario, la giovane Lavanda Brown era stata comunque ammessa a quella classe.
- Colin Canon? – chiamò il professore.
- Presente.
- Denis Canon?
- Presente.
E dopo che i due fratelli Grifondoro ebbero finito di rispondergli, il professor Piton poté concentrarsi un momento anche su di loro.
Erano entrati insieme, e, appena s’erano seduti dinnanzi alla cattedra, lo sguardo di Denis era andato a perdersi nell’immagine del giovane Harry Potter. Il fratello maggiore gli aveva dato un pizzicotto per farlo distogliere e poi aveva mosso la mano a salutare Harry, tutto contento. Il professor Piton, da principio, s’era solo limitato a guardare la scena. Dio mio quanto sembravano piccoli quei due ragazzini! Oh, sì, il più grande aveva la stessa età di Ginevra Weasley, solo un anno in meno di Potter, eppure sembravano molto, molto più piccoli. Vederli lì, presenti a quel colloquio, l’aveva trovata una cosa tremendamente commovente.
“Siamo qui per aiutare Harry,” gli aveva risposto Denis quando Severus aveva formulato la sua domanda “perché avrà proprio bisogno di noi in caso il signore oscuro dovesse tornare.” Al professore era venuto da ridere. “E in che cosa potreste essergli utili, di grazia?” aveva chiesto loro cercando di rimanere serio, e stavolta, mentre Denis taceva pensando a cosa rispondere, era stato Colin a parlare. “Beh, noi vogliamo lottare!” gli aveva risposto il ragazzino, “Sì,” l’aveva appoggiato entusiasta il fratello, “noi faremo di tutto pur di aiutare Harry, perché lui è un eroe. Noi gli abbiamo creduto fin da subito!” “Harry non direbbe mai una bugia,” aveva spiegato Colin “è troppo in gamba lui per mentire, non lo farebbe mai!” “Ah davvero?” gli aveva chiesto il professore, rivolgendo ad Harry, istintivamente un’occhiata amichevole alla sembra che ci troviamo al cospetto di due leaders del tuo fan club. Harry era rimasto un po’ stupefatto dinnanzi a quell’occhiata e, appena il professore s’era reso conto di ciò che aveva fatto, aveva piegato il viso in una smorfia severa ed aveva continuato come se niente fosse. “Non pensate di essere un po’ troppo piccoli per tutto questo?” aveva chiesto ai due ragazzini “Ma vuole scherzare?” gli aveva risposto Colin “un’organizzazione segreta, dei messaggi in codice, il pericolo dietro l’angolo, è il sogno di ogni ragazzo. Lei piuttosto non sarà un po’ troppo vecchio?”. Ronald Weasley era scoppiato a ridere. Severus Piton gli aveva lanciato un’occhiata truce. “Questo non è un gioco” aveva sottolineato l’insegnante, “capisco bene come tutto possa sembrarvi esilarante ma è una faccenda seria, siete almeno consapevoli dei pericoli a cui andate incontro? Insomma, non parlo della Umbridge, io parlo di Voldemort stesso, se mai ci sarà la battaglia. “Francamente,” gli aveva risposto il piccolo Denis “a me fa più paura la Umbridge. Insomma,” aveva ripreso dopo una brevissima pausa “io di certo non ho mai visto Voldemort, eppure non credo proprio possa essere così brutto!” Al che, ovviamente, Harry, Ron, Hermione e Colin erano scoppiati a ridere. Il professor Piton, trattenendo a sua volta le risate, aveva richiamato tutti all’ordine. “Oh, mi creda, signor Canon” gli aveva risposto “Lord Voldemort è molto, molto più brutto. Era già brutto all’epoca della prima guerra, ora lo è ancora di più. So che può sembrare arduo da credere ma posso dirle che Dolores Umbridge potrebbe essere considerata una bella donna in confronto a lui.” “Ora non esageriamo!” aveva commentato Ron, mentre Harry guardava torvo il suo insegnante e, dopo che questo ebbe zittito Ronald per la seconda volta, ignaro dello sguardo di Harry, il colloquio era ricominciato. “Ci rendiamo conto dei rischi” aveva spiegato Colin “ma questo non cambia comunque il fatto che vogliamo lottare. Noi siamo leali, e siamo coraggiosi, e vogliamo farlo, lo vogliamo davvero tanto, professore, davvero davvero tanto, perché non dovrebbe ammetterci?” “Non lo so,” aveva risposto lui il professore, con fare seriamente indeciso “è solo che mi sembrate davvero troppo, troppo piccoli, per questa cosa.” “Sa che le dico, professore?” aveva repilicato Colin “che noi lotteremo al fianco di Harry che lei ci istruisca o no, a questo punto, se ci tiene davvero alla nostra incolumità, non è forse meglio che lei ci prepari? Siamo più piccoli, è vero, ma è proprio per questo che dovremmo essere istruiti al pari degli altri, professori, perché se Lui è tornato non esiterà ad ammazzare dei ragazzini, come ha fatto la scorsa volta, e noi non sapremo difenderci. Ci alleni professore, magari così ci salva la vita.” Diciamo che Severus Piton si era un tantino intenerito, ma aveva fatto di tutto per non darlo a vedere. “E va bene, va bene,” aveva risposto loro, mentre sul volto dei due ragazzini andavano a schiudersi due sorrisi giganti “siete ammessi alla classe, ma di quella faccenda del combattere ne dobbiamo riparlare, perché ci sono diversi punti che non quadrano proprio in quella storia, d’accordo? Ora firmate e correte in classe, avanti!” ed i due avevano firmato tutti entusiasti, e poi avevano lasciato l’aula. Hermione e Ron si erano messi a parlottare come facevano di solito loro tre alla fine di ogni colloquio, mentre l’insegnante scriveva qualcosa sulla sua pergamena, ma Harry, stavolta era rimasto zitto. Guardava ancora torvo il professore. “Lei come lo sapeva?” gli aveva chiesto infine “Sapevo cosa?” gli aveva risposto Piton “Di come fosse Voldemort ora che è tornato. Io sono stato l’unico che lo ha visto, l’unico dei nostri. Lei come sapeva quale fosse il suo aspetto. Lei non lo ha mai visto… oppure no?”. Severus Piton aveva sentito il sangue raggelarsi nelle vene. Sì che l’ho visto invece, aveva pensato, l’ho visto perché sono tornato ad unirmi a lui, proprio come Silente mi aveva chiesto, per continuare il mio squallido triplo gioco e salvarti la vita, sottorazza di ingrato! Eppure, la sua risposta era stata differente. “No, non l’ho visto” si era limitato a rispondere “ma ho immaginato che dopo la morte si peggiori, ed inoltre volevo spaventarli un po’, vedere come reagivano, tutto qui. Potete andare.”, e ciò detto si era limitato a tornare a rivolgersi le sue attenzioni al suo foglio, ma Harry non pareva comunque esser troppo convinto. Comunque, seguendo Hermione e Ron aveva comunque lasciato l’aula, girandosi un’ultima volta a guardare il suo insegnante, che aveva fatto finta di nulla. Promemoria per Severus Piton, aveva pensato l’uomo una volta rimasto solo, fare molta, molta più attenzione la prossima volta.
- Cho Chang? – chiamò Severus.
- Presente – rispose la ragazza alzando leggermente la mano.
- Micheal Corner?
- Presente, professore – rispose Mich.
- Marietta Edgecombe?
- Presente – rispose lei, ed il professore non poté fare a meno di dedicarsi un secondo al suo colloquio.
Per inciso, quello della ragazza era stato, fra i tanti, uno dei colloqui che gli era piaciuto meno.
La ragazza era entrata nel suo ufficio esitante, incoraggiata dalla sua cara amica Cho Chang, subito dopo il colloquio di quest’ultima. A metà strada, si era voltata verso l’amica facendole come cenno di non voler proseguire, cenno al quale la ragazza aveva risposto con uno sguardo rassicurante, e poi Marietta s’era girata ed aveva proseguito. Seduta che s’era sulla sedia, s’era voltata un’altra volta per controllare che la sua amica ci fosse ancora. Con un gesto della bacchetta, il professor Severus Piton s’era sbrigato a chiudere la porta. “Mi dispiace, signorina Edgecombe,” aveva spiegato alla ragazza “ma questo è un colloquio privato, nessun altro alunno ha avuto l’opportunità di portarsi dietro un amico, e non intendo fare alcuna eccezione. Allora, perché mai lei è qui?”. Prima di rispondere alla domanda, la ragazza aveva esitato un po’, girandosi l’ennesima volta in direzione della porta, ma stavolta l’aveva trovata chiusa. Era quindi tornata a guardare il suo professore, che già aveva cominciato a scocciarsi. “Beh, io,” aveva risposto la ragazza in tono alquanto agitato e insicuro “io, beh, sono qui, io beh, io sono qui perché, beh, ecco, ecco io sono qui perché, cioè, io, ecco, io sono qui, beh, io sono qui perché penso che, cioè, che sia la cosa giusta, ecco.” “Oh beh, è stata chiarissima!” si era limitato a commentare il suo insegnante “Ora le dispiacerebbe spiegarmelo senza intervallare la frase con particelle scomode all’udito quali cioè, ecco e beh? Gliene sarei immensamente grato.” La ragazza aveva esitato. “E’ la cosa giusta da fare, ecco” si era limitata a rispondere poi. Quell’ecco era stata come una pugnalata d’un coltello bollente nelle orecchie del suo professore. Comunque, Severus Piton s’era astenuto dal commentare. “Ah davvero?” aveva chiesto lei “E che cosa intende con la cosa giusta da fare, signorina Edgecombe?”. La ragazza aveva indugiato ancora. A dire il vero, quei suoi troppi silenzi stavano davvero dando sui nervi al professore, ma andiamo avanti. “Intendo dire che questo sarà molto meglio della Umbridge” aveva risposto la ragazza come se stesse recitando una frase imparata a memoria “ed inoltre noi siamo in per… no, siamo tutti in grave pericolo ora che Lui è tornato e quindi per me sarebbe molto importante se lei mi, cioè, se lei, se lei mi istruisse, ecco.” Ecco un cazzo, avrebbe voluto risponderle il suo insegnante, ma era riuscito a trattenersi. “Sa, signorina Edgecombe,” le aveva detto “se non è convinta, può benissimo non partecipare, dico davvero. Dubito che la sua amica smetterebbe di parlarle o checchessia, e questa è una faccenda seria, quindi, per favore…” “No, professore, lei non capisce, lei deve assolutamente ammettermi alla classe, io… io ci tengo davvero, davvero davvero, e poi…”. In poche parole, lo stava supplicando. Lo stava praticamente supplicando. Era come però che della classe in generale non gliene fregasse più di tanto, che fosse lì tanto così, come se per lei farne parte significasse una bella esperienza con la sua amica. E questo, ovviamente, non andava affatto bene.
Severus Piton si era quindi alzato dal tavolo ed aveva raggiunto un piccolo armadio vicino alla porta. Ne aveva estratto cinque tazze colorate, vi aveva versato dentro il contenuto di un termos dell’acqua calda, e poi ci aveva adagiato delle bustine di tè. Lentamente, con circospezione, aveva lasciato scivolare una fiala di liquido ambrato dalla manica della tunica fino alla mano e, dopo aver fatto cedere il tappo, ne aveva versata una goccia nella prima delle tazze. Tutto questo ovviamente era sfuggito a Marietta, come era sfuggito a Harry e Ron. Peccato, però, che non fosse sfuggito a Hermione… Comunque, il professore aveva riposto la fiala nella fodera della tunica, e poi era tornato al tavolo. “Per lei, signorina Edgecombe,” aveva detto porgendole la tazza in cui aveva versato il liquido “spero che il tè l’aiuti a rilassarsi”. E poi aveva allungato agli altri tre ragazzi le altre tazze, e ne aveva tenuta una per se. Lo aveva notato, lo sguardo di rimprovero e sospetto con cui Hermione Granger lo avevo guardato, eppure lui lo aveva fronteggiato con espressione severa, e poi aveva fatto finta di nulla. Era quindi tornato a sedersi, mentre la Granger continuava a circoscriverlo con lo sguardo. Hermione non sembrava affatto intenzionata a desistere. Girava veloce lo sguardo dal suo insegnante a Marietta, incerta sul che cosa fare. Quando la ragazza aveva portato la sua tazza alla bocca però, la Granger non aveva potuto fare a meno di intervenire. “Lascia! Lascia! Quella è mia!” le aveva gridato Hermione prima che la ragazza potesse bere neppure un sorso. Tutti si erano voltati a guardarla, mentre Marietta le passava la tazza ed Hermione le cedeva la sua. E poi Hermione aveva spiegato la faccenda con un semplice: “E’ che mi piace questa di colore giallo”. Il professore l’aveva guardata di un male assurdo, la Granger aveva accennato a un sorrisetto spiacente, e il colloquio era ripreso. “Io sono molto fedele, dico davvero” aveva risposto la ragazza a domanda postale dal suo insegnante “non ho mai tradito nessuno, cioè, può chiederlo alla mia migliore amica, lei glielo può dire che sono fedele, lei le può dire…”. Ed era vero, a fedeltà era fedele, pensava il professor Piton, dato che, ovviamente, era lì solo su richiesta della cara Cho Chang. Questa, se non altro, pareva quasi essere una nota positiva. E poi il colloquio era andato avanti pressoché così, e poi il professore aveva suggerito a Marietta di lasciare la stanza, dopo averle fatto firmare la carta. Subito dopo che la ragazza se ne era andata, il professore s’era rivolto furibondo ad Hermione. “Lei dovrebbe davvero imparare a farsi gli affari suoi, signorina Granger!” le aveva sbraitato contro, “E lei dovrebbe imparare a fidarsi dei suoi studenti senza mettere nelle loro tazze del veritaserum, professore!” gli aveva risposto Hermione, gridando anche lei, ancora degli effetti della pozione. E poi i due avevano discusso per una mezz’oretta buona, mentre Harry e Ron si guardavano fra loro trattenendo le risate, e poi il professore aveva avuto il buon gusto di spedirli tutti e tre in classe. Ma torniamo al presente.
- Justin Finch-Fletchley? – chiamò il professor Piton.
- Presente – dichiarò il ragazzo.
Ed il professore, tanto per cambiare, ritenne opportuno soffermarsi anche sul colloquio di lui.
Punto primo, il ragazzo era un Tassorosso, per inciso, uno dei compagni di dormitorio di Zacharias Smith, e si era presentato al colloquio un giorno dopo di lui, cosa che sottolineava egregiamente l’ottima scelta compiuta dal professore ad ammettere alla sua classe il ragazzo. Per quel che ne sapeva, era stato lui a indirizzare alle sue lezioni quasi tutti i Tassorosso ora presenti ed i Tassorosso, per inciso, non erano affatto inadeguati per quelle lezioni, dato che c’era quanto mai bisogno di studenti leali per mantenere attiva una fondazione segreta come quella. Ma torniamo a Justin. Prima ancora che il professore avesse tempo di fargli domande, il ragazzo aveva cominciato a parlare a raffica. “Salve professore, sono davvero contento che lei abbia acconsentito a considerare le motivazioni per cui le chiedo di poter entrare a far parte della sua classe, dico davvero. Innanzi tutto, voglio dirle che sarebbe davvero fantastico per me venire ammesso alle sue lezioni, mi piacerebbe davvero imparare la Difesa Contro le Arti Oscure da qualcuno che non sia quel rospo della Umbridge, specialmente ora che siamo in così grave pericolo. Insomma, ho già rischiato troppo al secondo anno, essendo un nato babbano, con tutta quella storia del basilisco che non ho ancora capito alla perfezione, e mi piacerebbe sapere di potermi difendere ora, ecco. Ed inoltre aiutarlo a combattere sarebbe anche un modo per scusarmi con Harry per aver sospettato di lui, sempre per quella storia dell’Erede di Serpeverde, ecco. Ma, accanto, alle motivazioni di tipo teorico, ce ne sono anche alcune di fine pratico. Allora, innanzi tutto, lei deve sapere che i miei non sprizzavano affatto di gioia all’idea che io andassi ad Hogwarts, loro volevano che io andassi a Eton, un’ottima scuola babbana, ma, francamente, io preferisco di gran lunga essere qui. Comunque, oltre al fatto che i miei genitori non vedano troppo di buon occhio il fatto che io mi istruisca nelle arti magiche, ovviamente non vogliono che io corra il minimo rischio. Mia madre è davvero molto felice che sia la Umbridge ad insegnarci, insomma, preferisce di gran lunga sapere che studio sui libri che con quei pericolosi aggeggi che sputano scintille e con cui prima o poi finirò per farmi male, ma questo è solo perché lei non sa dei pericoli che sono sorti nel mondo magico (anche perché penso che mi sequestrerebbe immediatamente la bacchetta se solo lo sapesse). E mio padre è suppergiù della stessa opinione. Mio zio Julian però, è un mago, è lui quello che ha insistito con i miei affinché mi lasciassero andare ad Hogwarts, e si tiene sempre molto informato di ciò che accade e non accade nel mondo magico, e diciamo che non è neppure così sprovveduto da credere a una sola parola del Profeta sui fatti avvenuti l’anno scorso. Sotto suppliche e scongiuri, ha infine evitato di dire a mia madre e mio padre della morte di Cedric Diggory avvenuta qui a scuola l’anno scorso ma, benché io resti alquanto evasivo sull’argomento, ha capito benissimo da solo che, che il ministero voglia ammetterlo o no, c’è qualcosa che non và nel mondo magico, e che siamo tutti in pericolo. Quindi, dato che comprende pure che gli insegnamenti della Umbridge non ci stanno aiutando affatto per far fronte ai rischi che potrebbero verificarsi, penso che sia intenzionato a far gruppo con i miei e cancellarmi da scuola, ecco. E questa è una cosa che io voglio impedire. Quando l’altra settimana ho saputo da Zach di questa faccenda della classe segreta mi sono sbrigato a mandare una lettera a mio zio, nella quale missiva analizzavo la possibilità del tutto ipotetica di poter apprendere da un valido insegnante della scuola quelle che sarebbero state le nozioni fondamentali per far fronte al pericolo, pur senza mollare le lezioni della Umbridge che tanto piacciono a mamma. Il risultato è stato positivo. Zio Julian ha dato il suo consenso, promettendomi che avrebbe tenuto il tutto nascosto ai miei, soprattutto alla mamma (eh sì, sono un bel po’ le cose che le nascondiamo, a dire il vero), e che accetterà di tenermi a scuola almeno fino alla fine dell’anno, in caso io abbia qui i mezzi per imparare a difendermi. Ovviamente, professore, io non ho nessunissima intenzione di andarmene! Quindi, che lei mi alleni o no, io dirò comunque a mio zio di esser stato accettato. Ma è proprio questo il punto. Insomma, già sono costretto a mentire ai miei genitori praticamente riguardo a tutto e tutti, mio zio è l’unico della mia famiglia che può capirmi, l’unico a cui posso dire la, seppur parziale, verità, e vorrei evitare di essere costretto a mentire anche a lui. Mento per necessità io, e non voglio che tutto questo diventi un’abitudine, o uno sport estremo. Quindi mi accetti, professore, mi accetti alle sue lezioni, così posso istruirmi davvero, imparare come difendermi, farmi perdonare da Harry, e rimanere a scuola senza diventare un bugiardo cronico. Io ho finito.”
Quando il ragazzo aveva quindi concluso la sua lunga orazione, il professore aveva potuto bearsi di riflettere sui suoi contenuti. Quello, era probabilmente uno dei discorsi più ben fatti che avesse mai sentito durante uno dei suoi colloqui. Nessuna esitazione, nessuna frase fatta. Era ammirevole. Ed anche le ragioni di fondo erano buone. Sì, sia quelle dal ragazzo definite teoriche, sia quelle pratiche, con tutta quella storia delle bugie e tutto il resto. Quindi aveva limitato il suo interrogatorio ad un altro paio esiguo di domande e poi aveva congedato il ragazzo dicendo che, la prossima volta che avrebbe dovuto mentire, sarebbe stato alla Umbridge e non a suo padre. Ma andiamo avanti.
- Anthony Goldstein?
- Ci sono – rispose il ragazzo.
- Grazie per gentile comunicazione, signor Goldestein – commentò il professore – ora le spiacerebbe dire presente?
Il ragazzo rivolse, sbuffando, un’occhiata in direzione del suo amico Micheal, come a dire che palle questo, ma, girandosi, trovò che il compagno, al momento, non lo stava filando affatto, troppo impegnato che era a parlottare con Ginny Weasley. Quindi le sue intenzioni andarono a vuoto.
- Presente – rispose con fare scocciato, ed il professore, prima di andare avanti, dedicò qualche ricordo anche a lui.
Arrogante, pieno di se, un tantino ottuso, il giovane Anthony rappresentava a pieno la quinta essenza del Corvonero. Era entrato nel suo con aria di sufficienza e, dopo essersi guardato intorno catalogando l’ambiente con aria schifata, si era seduto sulla sedia dinnanzi alla cattedra, senza incastrare lo sguardo col professore, continuando a contemplare le pareti.
“L’ha già visto il mio studio, signor Goldstein,” aveva affermato il professore, attirando l’attenzione del ragazzo “è stato tre settimane fa, quando l’ho messo in punizione per quella faccenda del Distillato di Morte Vivente, ricorda? Quindi non mi pare il caso di starci a soffermare più di tanto sull’arredamento, e magari potremmo incominciare il suo colloquio.” Il ragazzo sì era limitato a rivolgere al professore uno sguardo di sufficienza. “Oh, sì, ovviamente” aveva risposto con fare alquanto lento e calibrato “è nuovo quello?” chiese poi alludendo distrattamente al fermacarte a forma d’ortica (vi ricordate di lui? ne avevamo già parlato per il colloquio di Ginny!) “Grazioso.”
Il professore aveva preferito di gran lunga non rispondere. O commentare.
“Oh grazie, signor Goldstein,” aveva detto infine “e lei è qui solo in veste si consulente immobiliare o vuol magari dirmi per quale altra ragione l’ha portata nel mio ufficio quest’oggi?”. Il ragazzo aveva rivolto sbuffando uno sguardo al suo insegnante, rispondendo alla sua domanda del cosa vi porta qui. “Beh, professore, come lei forse già sa, io sono prefetto Corvonero insieme a Padma Patil. Quando lei s’è iscritta alla sua classe, subito è venuta a comunicare la cosa anche a me, suggerendomi di dare il buon esempio. Allora, già da molto tempo avevo notato di quanto le lezioni della Umbridge fossero inadeguate, e così, quando mi è giunta voce di questa classe ho cominciato a fare delle ricerche per accertarmi che si trattasse di qualcosa di buono. Mi ci è voluto un po’ per farmi dire da Padma chi fosse l’insegnante, ma lo ritenevo un particolare di fondamentale importanza. Sono alquanto selettivo quando si tratta di insegnanti infatti, e francamente non ho affatto gradito i precedenti. Raptor, troppo poco autoritario, Lupin, troppo indietro col programma, Moody, troppo brusco, fra di loro devo dire che il mio preferito è stato Allock, ma era un po’ troppo vanaglorioso, ecco. Nessuno dei quattro era all’altezza del suo ruolo, ecco. E la Umbridge, in questo, li batte tutti. Quindi, quando ho saputo da Padma che sarebbe stato lei a farci da maestro, ho ritenuto alquanto opportuno fare delle ricerche a riguardo. Il miglior studente di Difesa Contro le Arti Oscure della sua classe, ha fatto richiesta per la cattedra per ben quindici anni di fila, fin da quando ha cominciato a lavorare ad Hogwarts e, sarò sincero, non capisco davvero perché mai il caro preside non si decida ad assegnarla, insomma, dalla mia analisi risulta che lei ha tutti i requisiti migliori a riguardo: un’ottima preparazione, la passione per la materia, la preparazione sul campo, se non sbaglio, perché immagino che ne abbia fatta parecchia di pratica lavorando per…” ed il ragazzo preferì non continuare. L’omissione di quella parola fu seguita da due secondi di silenzio, quanti stessero a occupare il tempo che avrebbe richiesto la pronuncia del nome, e poi cominciò una nuova frase come se nulla fosse. “Così, esaminate tutte le sue credenziali, professore, ho pensato che lei fosse semplicemente perfetto per l’incarico, sarei onorato davvero di prender parte alle sue lezioni, perché sono più che sicuro che lei sarà, senza dubbio, il miglior insegnante che abbiamo mai avuto. È tutto”.
E chiamatela vanità, e chiamatela immodestia, e chiamatela come vi pare, il caro Severus aveva ammesso il Corvonero alla sua classe.
Forse era stata una scelta stupida, dettata dalla presunzione e non da altro, eppure non lo si poteva certo giudicare il professore. Stava correndo enormi rischi per portare avanti quella cosa, istruendo studenti che reputavano la sua presenza in aula probabilmente più scocciante delle stesse lezioni della Umbridge, ed ora arrivava uno spocchioso Corvonero del quindi anno a dirsi onorato d’avere lui come insegnante, a definirlo il migliore che avessero mai avuto, il migliore su piazza, insomma, è normale che si fosse un po’ montato!
E comunque, aveva riflettuto poi ripercorrendo quella scelta col pensiero, forse le doti lusinghiere del ragazzo sarebbero potute tornargli utili per manipolare un po’ la Umbridge, chissà…
- Hermione Granger? – chiamò il professore.
- Presente – gli rispose la ragazza.
- Angelina Jonson?
- Presente, professore.
- Lee Jordan?
- Presente!
La voce squillante del ragazzo, posizionato a canto ai gemelli Weasley all’angolo destro della stanza, riportò il professore al suo colloquio.
Innanzi tutto, c’è da precisare che il suo colloquio s’era svolto subito dopo quello della signorina Jonson, e quindi i due s’erano incrociati nel momento in cui lei s’avviava alla porta e lui entrava in ufficio. Dopo essersi salutati, cosa che era avvenuta con un lieve cenno al sorriso da parte di lei, e un esultante cenno di saluto con la mano alzata a batticinque da parte di lui. Poi, quando lei lo aveva superato, la testa di lui aveva compiuto poco più di un quarto di giro per poterle guardare il culo. Ron ed Harry avevano fatto pressoché lo stesso.
“Signor Jordan!!” lo aveva rimproverato il professore, e quindi Lee si era girato verso di lui cercando di discolparsi con un sorrisetto spiacente ed aveva richiuso la porta dietro di se.
Aveva mosso qualche passo in modo non troppo veloce né troppo lento, e poi, una volta arrivato dinnanzi alla cattedra, s’era seduto sulla sedia che v’era davanti facendo un po’ di rumore nel trascinarla sul pavimento.
“Salve, professore,” aveva detto poi “ciao Hermione, ciao Ron, ciao Harry, ottima partita sabato, che passaggi, che parate, e quando hai afferrato il boccino poi! Oh, è stato davvero strepitoso! Le avete stracciate quelle viscide luride serp…” e poi la sua voce era andata a eclissarsi, a tramontare sotto lo sguardo severo del suo insegnante. Complimenti, Lee Jordan, s’era complimentato il ragazzo con se stesso, due figure di merda in quanto (?) due minuti scarsi (?), wow, quello avrebbe dovuto essere una sorta di nuovo record. “Oh, sono davvero lieto che la sconfitta della mia squadra la renda così contenta, dico davvero,” aveva commentato poi Severus Piton, in seguito al silenzio del ragazzo “ed ora vorremo andare avanti con la telecronaca o magari cominciare il suo colloquio, signor Jordan?” “Oh, il colloquio, sì, certo” aveva risposto il ragazzo con un ulteriore smorfia di scuse “e comunque anche la sua squadra ha giocato un’ottima, ottima partita, dico davvero,…” “Signor Jordan…” aveva cominciato il professore alzando un sopracciglio in modo irritato “Insomma, quando ho detto luride viscide serpi” aveva ripreso il ragazzo “quello che volevo dire è che beh, ecco, beh…” “Sì, signor Jordan? “Allora, cioè, serpi è solo un’abbreviazione di serpenti, ed i serpenti, beh loro hanno quella pelle strana pelle molliccia e squamosa che è viscida, e loro strisciano, sì, strisciano per terra, e quindi si sporcano, ed è per questo che sono luride e poi…” “Pessima trovata, signor Jordan,” aveva commentato Severus trattenendo una risata “ma apprezzo comunque lo sforzo, vogliamo andare avanti?” “Gliene sarei immensamente grato, professore” gli aveva risposto il ragazzo. “Ok, allora,” aveva ripreso il professore “sa, per il suo colloquio mi è venuta l’idea di fare qualcosa di un tantino differente, sa ormai sono così stufo di questi colloqui tutti uguali, sempre le stesse domande, le stesse risposte, eccetera eccetera eccetera, e così avrei deciso di sperimentare qualcosa di un tantino diverso con lei, ecco. Lei è d’accordo, signor Jordan?”. E qui il caro Severus Piton aveva taciuto per rivolgersi con volto interrogativo verso il suo stupendo. Ed il ragazzo aveva avuto quindi due barra tre secondi pieni per pensare. Ovviamente, aveva pensato immediatamente il ragazzo, il professore stava bluffando. Oh sì, il professore stava sicuramente bluffando, ed il caro Lee Jordan non era mica così stupido da non accorgersene. Ok, probabilmente gli capitava spesso di non saper contare fino a dieci prima di parlare, o di non accorgersi che una persona che stava prendendo in giro era appena arrivata alle sue spalle, ed a volte diceva o faceva cose che sarebbe stato molto, molto meglio evitare (cosa che la cara vecchia professoressa McGranit soleva dirgli ormai ogni singolo giorno, manco ci fosse il due per tre), ma non era un ragazzo stupido. Probabilmente domande del suo insegnante sarebbero state strane, impossibili, ed il professore si sarebbe forse vendicato con quel modo ironico e stravagante del suo pessimo commento sulle serpi, o magari di quella innocente sottile occhiata che aveva indirizzato al culo della Jonson, ecco. Avrebbe probabilmente posto lui quesiti impossibili, o falsi amici, forse, e per falsi amici intendo domande all’apparenza facili e scontante, che contenevano al proprio interno un’insidia velenosa come un serpente, tanto per rimanere in tema, e giusto pronta ad attaccare. Quello sarebbe stato un colloquio pessimo se il ragazzo avesse accettato di giocarlo alle condizioni del suo insegnante, ma il ragazzo, che come ho già detto, non era affatto stupido, aveva anche ben capito che quella del suo professore non era altro che una domanda retorica. Insomma, non poteva certo dire di no, il professore non avrebbe di certo gradito una risposta negativa, e gli avrebbe posto le sue domande alternative comunque. A questo punto, tanto valeva farsi vedere sicuri e convinti, e tenersi ben preparato a cogliere anche la più sottile sfumatura nei quesiti del suo insegnante, ecco. E quindi, a conti fatti, il ragazzo aveva piegato il volto in un’espressione sorridente, calma e compiaciuta, ed aveva risposto convinto: “Oh, per me va bene, professore, faccia lei!”. La reazione del suo insegnante era stata alquanto positiva. Ovviamente si era aspettato che il suo studente rispondesse in quel modo, non aveva mica scelta lui, eppure la finta sicurezza di questo, la recita perfetta di quelle sole sette parole, era un qualcosa di straordinariamente ammirevole. Aveva comunque fatto finta di niente. “Allora, signor Jordan,” aveva ripreso il suo insegnante “il gioco è questo, io le porrò le mie domande, quattro o cinque, non troppe insomma, ma saranno domande un po’ diverse, situazioni ipotetiche, ecco, e le offrirò, insieme a queste, quattro possibili risposte, o tre, in caso non mi venga in mente la quarta, e lei dovrà, beh, lei dovrà soltanto scegliere, non mi pare una cosa difficile, lei non crede?”. Hermione aveva allora tentato di lanciare al compagno una sorta di suggerimento, una sorta di avanti, non mollare, ma stai attento, bluffa, ma quella era una cosa che il ragazzo aveva già capito da sé, quello che gli serviva adesso era capire come uscire nel modo meno peggiore, se così si può uscire, da quella scabrosa situazione. Quindi aveva risposto con un sorrisino accennato al suggerimento della compagna, e poi aveva provato a rispondere. “Ha ragione, professore, sembra così facile!” aveva commentato sforzandosi di sorridere “Mi faccia pure tutte le domande che vuole, sono pronto!”. “Oh, perfetto” aveva commentato il professore “in questo cominciamo subito”. Perfetto, aveva pensato il ragazzo, sono morto.
“Allora, cominciamo così,” aveva iniziato il professore “mettiamo caso che lei si trovasse, per un qualche motivo, nella terribile situazione che ora io vado a proporle. Allora, lei è nel corridoio del terzo piano, appena uscito dalla mia aula, insieme al suo gruppo di compagni con cui io l’avrò fatta uscire. Ecco che lei quindi avvista, non so, Gazza o la Umbridge che stanno per vedervi, ma siete troppo, troppo lontani dalle scale. Opzione uno, corre dritto verso la rampa più vicina, veloce più che può, e cerca di tirarsi giù prima che la Umbridge la veda. Opzione due, ritorna dritto nella mia aula a nascondersi. Opzione tre, prende il suo gruppo e lo trascina di corsa verso l’aula più vicina che avete, in silenzio, in modo da non farvi scoprire. Opzione tre, grida un insulto alla Umbridge, si fa teatralmente beccare, e finisce in punizione. Quale delle quattro, signor Jordan?”. “Allora,” aveva cominciato titubante il ragazzo “va bene se analizzo tutte e quattro le opzioni prima di scegliere?” “Oh, assolutamente sì, signor Jordan,” aveva risposto lui “analizzi pure tutto quello che vuole”. “Perfetto,” aveva commentato il ragazzo “in questo caso parto dalla prima. Allora, se corro da solo verso le scale non ho molte probabilità di riuscita, non ne ho quasi affatto a dire il vero, ed inoltre lascio nei guai i miei compagni, quindi direi di no. Anche la seconda mi sa di no, perché se corro di nuovo dentro l’aula, e non siamo abbastanza veloci, cosa che è molto probabile, oltre a beccare noi faccio scoprire l’intera faccenda, che è peggio. Quindi la seconda è fra tutte la scelta peggiore, ed io la escludo. Poi c’è la terza, e la terza non mi sembra tanto male. Insomma, infilarci nell’aula più vicini per non farci scoprire potrebbe essere davvero una buona trovata, comunque analizzo anche la quarta, e poi decido. L’ultima opzione, infatti, mi sembra quasi una risposta stupida, o un’opzione a trabocchetto. Insomma, perché dovrei mai prendere in considerazione l’ipotesi di farmi intenzionalmente scoprire dalla Umbridge? Eppure, mi sembra questa un’opzione troppo scontata per dire di no, e quindi vorrei analizzarla meglio. Se io urlo la Umbridge ci vede, ci prende e ci mette in punizione, cioè ci tortura, ecco che succede. Se io invece mi nascondo nella stanza più vicina nessuno si accorge di nulla. Tortura, salvezza, tortura, salvezza, tortura, salvezza, insomma, dov’è la trappola?” Severus Piton aveva accennato al riso “Che cosa le fa pensare che ci sia una trappola, signor Jordan?” aveva chiesto poi. Il ragazzo aveva incrociato lo sguardo con quello di finta serenità del suo insegnante. “Sesto senso,” s’era limitato a rispondere poi, ed aveva ripreso la sua analisi puntigliosa che ovviamente, come voi scommetto che abbiate già capito, non era affatto sbagliata. “Grido, mi nascondo, grido, mi nascondo, grido, mi nascondo, ma se grido il mio gruppo… no, no fermi un attimo, qui non stiamo parlando solo del mio gruppo…” e Severus qui s’era sforzato di non sorridere all’illuminazione del suo alunno “Che intende dire, signor Jordan?” s’era limitato a chiedergli “Intendo dire” aveva ripreso il ragazzo “che nelle analisi precedenti io avevo considerato solo e solamente il bene del mio gruppo, e suppongo che sia questo l’errore. Insomma, se noi ci nascondiamo nell’aula più vicina, beh, siamo salvi, senza dubbio, ma quelli che escono dall’aula dopo di noi sono fritti, ed è fritta la classe in generale, è fritto anche lei, ecco. Ma se io urlo, e vengo quindi beccato, voi da dentro lo capite che c’è un problema, e quindi non uscite, e la classe è salva, almeno lei. Quindi l’opzione che scelgo è la quarta, eh sì, dico la quarta.” Il professore aveva taciuto “Ottima analisi,” aveva commentato poi “e scelta eccellente, andiamo avanti. Domanda numero due, stia attento che neppure questa è facile, pronto?” “Pronto, professore” “Perfetto, allora, diciamo che io decida di sospendere, di eliminare le mie lezioni, per il semplice fatto che il sottoscritto ritiene opportuno essere più prudenti, lei cosa fa? Opzione uno, continua a tenersi allenato mettendo in pratica, nella sua stanza, gli insegnamenti che io le ho fornito. Opzione due, lei ed altri ragazzi, tipo questi tre che ho io qui a fianco ad esempio, loro sarebbero davvero i tipi, continua a tenere lezioni di questo tipo, svolgendole, che so (?), nella Stanza delle Necessità ad esempio. Terza opzione, scongiura il sottoscritto di riprendere le lezioni. Opzione quattro, niente di niente, lezioni finite, allenamento finito. A lei la scelta, signor Jordan.” “Uff, mi faccia pensare,” aveva risposto il ragazzo “già la prima opzione non mi sembra tanto male, quella di continuare a tenermi allenato, no, non mi sembra male affatto. La seconda già mi pare un po’ peggiore. Insomma, per quanto credo che continuare a portare avanti noi le lezioni sarebbe una gran cosa penso anche che se lei le avesse sospese probabilmente sarebbe per un motivo valido, e noi non dovremmo essere così superficiali e sconsiderati da rischiare là dove lei ci ha detto di fermarci. Quindi diciamo che escludo l’opzione due, per il momento resto alla uno. Quanto all’opzione tre direi che è su per giù la stessa cosa, insomma, lei vuole insegnarci, e quindi se smette ci sarà per forza un motivo valido, quindi il nostro pregarla di tornare non cambierà proprio niente di niente, se non rischiare di farci scoprire dalla Umbridge, ecco. La quarta opzione poi non mi piace, insomma, io credo che gli insegnamenti che ci da siano fatti per durare, e che quindi sarebbe davvero stupido da parte mia smetterla di applicarmi anche in caso la classe dovesse essere sciolta, ecco. Quindi stavolta le rispondo in modo più sicuro: l’opzione che sceglierei è la prima, ne sono quasi totalmente sicuro”. Il professore aveva tirato un sospiro. “E’ giusta anche questa, signor Jordan, e complimenti davvero, le sue analisi sono davvero stupefacenti. Per la prossima domanda però mi terrò su qualcosa di più complicato. Allora, mettiamo che la Umbridge catturasse lei e qualche altro dei suoi compagni, scoprendo la storia della classe segreta ma non conoscendo gli altri membri. Vi minaccia al fin che le diciate chi era con voi, chi ha allestito la classe, chi la gestiva, lei che fa? Opzione uno, dice che eravate solo voi, nessun altro, nessuno ad insegnarvi. Opzione due, fa tutti i nomi, nessuno escluso, il mio compreso. Opzione tre, cerca di scegliere fra i membri più deboli dell’esercito e fare solo i loro nomi. Opzione quattro, cerca di scegliere fra i membri più forti dell’esercito e fare solo i loro nomi. Che cosa mi dice, signor Jordan?” “Allora, le analizzo tutte. La prima potrebbe sembrare buona, ma non mi sembra che in realtà lo sia: la Umbridge infatti non crederebbe mai che possiamo aver fatto tutto da soli, e ci torturerebbe fino al punto che alla fine faremmo i nomi giusti, ecco. La seconda non la prendo neppure in considerazione: io non tradirei mai la mia intera squadra. La terza e la quarta mi sembrano entrambe buone e cattive allo stesso tempo. Eliminare i più deboli dalla classe vorrebbe dire escludere dalla classe gli elementi meno validi, è vero, ma anche quelli che della classe avrebbero più bisogno, mentre al contrario si eliminerebbero sì dalla classe gli elementi più forti, ma sarebbero anche quelli ad aver meno bisogno delle sue lezioni. Quindi, a conti fatti, le sue opzioni me fanno schifo tutte quante”. “Come, scusi?” aveva esclamato con aria irritata il professori “E’ che non mi piacciono,” aveva risposto il ragazzo “non me ne piace nessuna, posso farmela io una quinta opzione che non comprenda le sue, professore?” “Se davvero pensa di saper fare di meglio…” aveva risposto Severus. Ed il ragazzo aveva allora esposto la sua quinta ipotesi. “Se mi chiedessero di fare dei nomi, io dei nomi li farei” aveva risposto il ragazzo “l’unica cosa è che sarebbero i nomi sbagliati. Qualcosa del tipo Vincent Tiger e Gregory Goyle, o Millicent Bulstrode, o Pansy Parkinson, o Draco Malfoy, qualcuno del tipo, in modo da far credere alla Umbridge che sto collaborando ed allo stesso tempo non tradire nessuno della classe, e denuncerei come nostro insegnante qualcuno tipo Gazza, così vi toglierei di mezzo pure quello, oppure la Cooman, se con Gazza non ci riesco, non perché la professoressa mi stia particolarmente antipatica, ma perché intanto lei è già stata tagliata fuori, più di tanto non possono farle, ecco.” E detto ciò, il ragazzo aveva taciuto. Il professore lo aveva squadrato male. Il ragazzo aveva impudentemente osato abiurare le sue ipotesi e deviare per una propria, gesto condannabile e sconsiderato, sintomo di una troppo elevata e criticabile sicurezza di sé e mancanza di rispetto. Eppure, sapete che vi dico (?), la sua risposta era stata migliore. Insomma, era stato un qualcosa a cui Severus Piton non aveva mai pensato, ed ora si chiedeva davvero il perché. Era un piano geniale, folle, sì, ma geniale, e chiunque lo proponesse era davvero degno di far parte della sua classe. Non ho altro da dire a riguardo.
- Luna Lovegood? – chiamò il professore destandosi dai propri pensieri.
- Oh, presente, professore – rispose la ragazza, come a rinvenire lei stessa da tutt’un altro mondo.
Aveva un’aria stralunata, persa, indecifrabile, sul volto, la stessa che l’aveva accompagnata passo passo per tutta la durata del suo colloquio. Quell’atteggiamento così strano, quei modi di fare così stravaganti, quei discorsi così dolcemente complicati, riportarono il professore a ricordarsi anche di lei.
Innanzi tutto, già da appena seduta, la ragazza lo aveva degnato di ben poche attenzioni, impegnata come era a guardarsi intorno con aria stralunata. “C’è qualcosa che non và, signorina Lovegood?” le aveva chiesto il professore dopo quasi un minuto di silenzio assoluto. “Oh no, no davvero,” aveva risposto lui la ragazza “è solo che il suo studio è pieno di nargilli!”. Il professore s’era voltato allora come a chieder spiegazione ai suoi assistenti, ma questi avevano alzato le spalle con un timido cenno dì no, non abbiamo la minima idea di cosa siano i nargilli, ed allora aveva roteato gli occhi in segno di ostentata sopportazione, prima di rivolgersi di nuovo alla ragazza. “Notizia davvero interessante, signorina Lovegood,” le aveva risposto quindi “vedrò di farlo controllare al più presto, promesso, ed ora vogliamo andare avanti col suo colloquio, magari?” “Oh, sì,” aveva risposto annuendo la ragazza “ne sarei davvero estasiata, e lei farebbe davvero un granché bene a far dare un’occhiatina al suo studio, ma attento a chi si rivolge: non siamo in molti a prendere sul serio i nargilli in realtà” “E me ne domando il perché…” sibilò a bassa voce Severus Piton, facendo scoppiare a ridere, con il suo commento, Harry Potter e Ronald Weasley che gli sedevano accanto. Con una gomitata nelle costole ad Harry ed un’occhiata torva a Ron, fortunatamente Hermione Granger aveva fatto in modo di far tornare entrambi a comporsi. “Ok, cominciamo” aveva tagliato corto il professore “innanzi tutto ci vuole dire quali sono i motivi che l’hanno portata qui quest’oggi?” “Quello che vorrei è fare parte della sua classe, professore” gli aveva risposto la ragazza in tono mellifluo e soporifero “sa, qualcuno pensa che io sia strana, la gente non mi ascolta molto frequentemente, ma io lo so che siamo in pericolo, me lo sento”. “Fammi indovinare,” aveva commentato Ronald a bassa voce “scommetto che glielo hanno detto i nargilli”. La battuta del ragazzo aveva provocato una risata da parte di Harry è, incredibile ma vero, anche una da parte di Piton, che però era riuscito brillantemente a mascherarla con un forzato cenno di tosse. Hermione aveva fulminato tutti e tre con un’occhiataccia, ed era stata lì lì per rimproverarli quando l’espressione seria del suo insegnante, che nel frattempo era tornato a ricomporsi, le aveva chiaramente ricordato chi fosse il professore lì. “Se lo sente, eh, lei dice?” aveva ripreso Severus Piton “E’ un’opinione davvero molto interessante la sua, e, mi faccia capire meglio, una premonizione, una deduzione, un’intuizione, una sensazione o magari un presentimento?”. La ragazza aveva esitato un qualche secondo. “Hum…” aveva risposto poi “oh, nessuna delle tante, professor Severus Piton, non v’è bisogno per me di quale straordinaria percezione o particolare applicazione dell’intelletto per capire che siamo in pericolo. Mi basta vederlo. È evidente come una bugia.” Harry e Ron s’erano lanciati un’occhiata interrogativa l’uno con l’altro ed il professor Piton, una volta intercettatala, non aveva proprio potuto fare a meno di, seppur non visibilmente, condividerla. “Che cosa intende,” le aveva chiesto “di preciso, con le parole evidente come una bugia?”. La ragazza era parla allora nuovamente immersa nei propri pensieri, come se le ci volesse un bel po’ per mettere davvero a fuoco le parole che le venivano dette, e riemerse quindi dal suo silenzio enigmatico dopo qualche momento, ed esordì con un mezzo sorriso dai denti bianchi schiarendosi la voce con un “Le persone si capisce quando dicono le bugie, professore,” gli aveva quindi spiegato poi “è una cosa così evidente, e penso che se uno dica una bugia, anche una piccola piccola, ci sia qualcosa che non và la sotto, ed al momento stanno girando molte, molte bugie nel nostro mondo, e quindi vuol dire che qualcosa sta certamente andando mooolto storto qui da noi. Ogni cosa va invertita, ogni parola riinterpretata quando vanno a mentirti, dice mio padre, e quindi quando i giornali dicono niente paura, non c’è nessuno là fuori, io comincio a tremare perché il loro nessuno già si avvicina, e quando il ministero ci dice nessun pericolo, nessun allarme, è posto! vuol dire che se la situazione non è ancora arrivata al margine della calamità poco ci manca, e quando la Umbridge ci dice che non ci servono lezioni di pratica, che la Difesa Contro Le Arti Oscure ci serve solo e soltanto per riuscir negli esami, io corro da lei per chiederle di allenarmi, professore. Tutto qui.” Intanto, professore e aiutanti avevano seguito il suo discorso interessati, ipnotizzati, ecco. Era tutto così strano e così… giusto! L’unica a sorridere alla giovane Corvonero era stata Hermione Granger, divertita anche dall’espressione dei suoi compagni di scrivania, che stavano ancora ricollegando fra di loro le parole del discorso di Luna, a bocca aperta. “Ctm,” aveva mimato il professore schiarendosi la voce “e perché crede che dovrei ammetterla alla mia classe, mi dica” “Perché è la cosa giusta, professore,” gli aveva risposto lei “perché io sono una sua studentessa e lei è un mio insegnante, e quindi lei non si rifiuterà dal darmi aiuto, lo so già, rientra nella parte della sua persona, ecco.” “Lui non ha quella parte” aveva sussurrato Ron al suo amico, ed entrambi avevano cominciato a ridacchiare, finché il professore non li avevi fatti tacere entrambi con uno scappellotto dietro al collo. Hermione li aveva già crocefissi con uno sguardo. “Ma sì che ce l’ha” aveva ripreso Luna, in tono convinto “è chiaro che ce l’ha, tutti ne hanno uno, sta poi a loro scegliere come utilizzarlo.” “Anche Lord Voldemort avrebbe secondo lei un lato buono allora?” le aveva chiesto quindi Piton. “Oh, è chiaro che ce l’ha,” aveva risposto lui Luna “o meglio che ce l’aveva, suppongo che l’abbia uccisa, sa, mio padre dire che una persona può uccidere la sua parte buona come quella cattiva, ed io penso proprio che lui l’abbia fatto, lei lo sa?” “E perché diamine dovrei saperlo io?!?” aveva chiesto lei il professore, in tono scontroso e un po’ interrogativo “Perché lei lo ha conosciuto, non è così?” si era limitata a rispondergli la ragazza, senza neppure un accenno a quel tono di voce sospettoso e maligno con cui la gente gli si rivolgeva di solito quando cadeva il discorso sul suo passato da mangiamorte. Il professore, a quanto pare, s’era appellato comunque alla facoltà di non rispondere. “Non è così?” gli aveva ripetuto allora la ragazza “Lo so che lei è stato dalla sua parte, mio padre me lo ha detto, dice che lei aveva accantonato la sua parte buona in quei tempi, l’aveva imprigionata, l’avrebbe liberata solo in seguito, ma che lei non l’aveva uccisa, come probabilmente non ha ucciso la sua parte cattiva adesso, è che in tutti convivono, poi sta a noi quale far prevalere. Certo, spesso influiscono altri fattori, le amicizie, l’istruzione, il contesto storico, ma poi l’ultima scelta sta sempre a noi, per questo nessuno parte già salvo, o già condannato, ed è per questo che può sempre esser perdonato, perché molto difficile, e doloroso sostituire una parte a quell’altra, e se uno riesce a farlo allora la sua decisione non dovrebbe mai essere guardata di traverso, perché sarebbe frutto di un sacrificio, e i sacrifici vanno onorati, non condannati. È tutto, chiaro, professore?”
- Ernie McMillan? – chiamò il professore.
- Presente – rispose stavolta il ragazzo.
Eh sì, anche Luna, ovviamente era stata presa, dopo una serie interminabile di domande a cui la ragazza aveva risposto con affermazioni apparentemente senza senso, ma in realtà molto profonde. Ok, diciamo che in vero il professore l’aveva presa per fiducia, perché s’era un tantino stancato di cercare di capire il suo complicato modo di parlare, o meglio di pensare. Continuava comunque a pensare che il suo ammettere la ragazza fosse stato quantomeno una scelta interessante.
- Neville Paciock? – domandò il professore.
- Presente – rispose lui timidamente.
E, soffermandosi sul ragazzo con tutto l’odio che riuscisse a provare, il professore andò a concentrarsi anche su quello che era stato il colloquio di lui.
Nel momento stesso in cui il ragazzo aveva avuto la brillante idea di presentarsi nel suo ufficio, al professore era venuto da vomitare. Innanzi tutto c’è da dire che non lo sapeva, che nessuno l’aveva avvertito che avrebbe partecipato, forse perché nessuno capiva perché mai avrebbe dovuto farlo. E così, quando il professore aveva chiesto distrattamente ad Hermione Granger chi fosse il prossimo, era quasi risalito nel sentir la giovane Granger pronunciare il chiaro nome di Neville Paciock. S’era sentito quasi male. Innanzi tutto aveva strabuzzato gli occhi, era diventato pallido, e le aveva chiesto con evidente agitazione in corpo di controllare, ed aveva sbraitato contro i suoi alunni dicendo che l’avrebbero dovuto avvertire, e ciò detto aveva affermato di voler uscir fuori a prendere una boccata d’aria, e s’era quindi assentato per cinque minuti buoni. Quando era tornato, a detta de suoi aiutanti, sembrava che il suo colorito fosse tornato alla normalità, ed era anche un po’ più calmo, seppure apparisse comunque alquanto disturbato. Quindi Hermione, seppure non sapesse neppure il perché, s’era sentita in bisogno di scusarsi, ed aveva costretto anche Ron e Harry a farlo. Il professore aveva detto che andava tutto bene, che non c’era nulla di cui preoccuparsi eccetera eccetera, eppure i suoi studenti avevano continuato a guardarlo come se si trattasse di un malato terminale. La cosa lo aveva alquanto infastidito, ma era irritato già da prima, quindi ci fece poco caso. Come ho già detto, quando il ragazzo era entrato in aula, con il suo passo insicuro, con quel da farsi così incerto, al professore era venuta una gran voglia di vomitare. Comunque, aveva preferito trattenere stretto il respiro e voltarsi un attimo dall’altra parte per prendere fiato, fingendo che non stesse succedendo nulla. Hermione, Ron ed Harry avevano continuato a guardarlo in modo sospetto. Il ragazzo gli si era seduto davanti, ed allora la nausea aveva cominciato ad aumentare (sarebbe andata crescendo durante tutto il tempo del colloquio). Avrebbe solo voluto dirgli che aveva avuto un gran bel coraggio a presentarsi lì da lui invocando il suo aiuto dopo tutto quello che gli aveva fatto, e di rispedirlo subito via con la rabbia sulla bocca, eppure s’era sforzato di rimanere calmo, e di non escludere il ragazzo a prescindere. Non è colpa sua, s’era sforzato di ricordare il maestro, non è colpa sua se Voldemort non l’ha ritenuto un degno rivale, non è colpa di nessuno se non di Voldemort stesso, ed anche dei suoi genitori un po’, forse, ma non di Neville, Neville in quello non c’entra proprio niente. Neville non c’entra niente se è stata Lily a morire, e non Alice. Lui non c’entra niente. Lui non c’entra niente.
Oh sì che c’entra, gli aveva sussurrato maligna una voce nella sua testa, guardalo là così grasso e insicuro, ci scommetto la faccia che si sarà presentato così pure in culla, perché mai avrebbe dovuto scegliere come suo pari uno come lui il Signore Oscuro, quando avrebbe potuto avere Harry? È tutta colpa sua, colpa sua, se solo fosse stato un po’ più degno… se solo si fosse dimostrato un po’ più valido, un po’ più forte, allora…
“Ctm, professore?” un finto cenno di tosse d’Hermione, seguito a ruota da un’espressione alquanto preoccupata con la quale la giovane gli ricordava che non aveva ancora rivolto la parola a Neville. Il professore era allora riemerso dai propri pensieri.
“Oh, salve, signor Paciock,” s’era sforzato di dire “mi scusi, non l’avevo vista arrivare,”, e qui Hermione, Harry e Ron avevano storto il naso per l’eclatante bugia “comunque, cominciamo, quali sono le ragioni che la portano qui?”
Il ragazzo aveva titubato, balbettato, e questo voleva dire silenzio. E questo voleva dire un errore. Era peccato mortale infatti in quel momento, in cui la mente incerta del povero professor Piton era così vulnerabile agli attacchi di quella vocina balorda, concedere spazio al silenzio, perché se mentre parlava il professore sarebbe stato impegnato ad ascoltarlo, se stava zitto dava possibilità di parlare a qualcun altro.
Che ti avevo detto? aveva continuato malevola la vocina E’ uno sfigato, guardalo! Non potrà fare niente di buono, per voi, niente, non è stato in grado di fare qualcosa di utile quando ancora era in culla, tu figurati adesso! E tu non vorrai certo aiutare colui che ha contribuito all’omicidio della tua Lily Evans, GIUSTO? Mandalo via! MANDALO VIA SUBITO! Ed il professore sarebbe stato anche sul punto di farlo, se solo il suo studente non avesse cominciato a parlare.
“I-io” aveva balbettato esitante il ragazzo “io non sono bravo a combattere”. Il nulla, aveva pensato il suo insegnante, praticamente il nulla, ma almeno aveva aperto bocca mettendo a tacere i suoi pensieri, quello era già qualcosa, “ed io il motivo per cui sono qui” aveva continuato il ragazzo “è che vorrei sapere come fare. Io mi impressiono quando vedo le immagini di quelle che sono le creature che dovremmo affrontare, il sentimento prevalente in me praticamente sempre è la paura, paura di questo, paura di quello, paura di quell’altro ancora, ed inoltre sono mezzo incapace con gli incantesimi.” Curriculum interessante… aveva commentato sarcastica la vocina. Il professor Piton l’aveva messa a tacere, “Vada avanti, signor Paciock” s’era limitato a dire, ed il ragazzo aveva continuato. “Ora, il fatto che io sia praticamente negato, teoricamente dovrebbe voler dire che lei non dovrebbe ammettermi, e questo lo capisco, eppure, dato che questa è una classe, lei dovrebbe istruire alunni che ne hanno bisogno, non quelli già preparati, giusto?” il professore s’era gentilmente preso la briga di non rispondere. “Sa,” aveva continuato Neville “i miei genitori non erano così, loro erano coraggiosi, erano proprio bravi. Ed io vorrei solo, per una volta, sentirmi degno di essere figlio loro.” E qui Severus Piton s’era un tantino intenerito. Non era colpa sua. Non era colpa sua. Quel ragazzo non era un complice del carnefice di Lily, quel ragazzo era solo un’altra delle sue vittime. E per quanto gli fosse impossibile non odiarlo, per quanto gli fosse impossibile smettere anche solo per un attimo di pensare che Lily sarebbe potuta essere ancora in vita se solo Lord Voldemort avesse scelto lui, in quel momento non aveva potuto fare a meno di provar compassione per lui. Forse, quella era la prima volta che guardava il suo studente sotto un diverso punto di vista.
Ma che cosa stai facendo?? Caccialo, rammollito! gli era inveita contro la vocina E’ un perdente, guardalo, è lui che ha ucciso Lily! E non dirmi che provi pietà per lui adesso, non dirmelo proprio, sarebbe come affermare d’aver a buon cuore Codaliscia! Caccialo! Mandalo via! LUI L’HA UCCISA!
“Può andare, signor Paciock,” aveva quindi detto lui Severus Piton, ottimo! l’aveva appoggiato la vocina “non mi serve altro;” aveva continuato il professore “lei è preso”.
E ciò detto il giovane Paciock aveva ringraziato balbettando e poi aveva girato i tacchi, mentre il professore lo guardava andare via. Fanculo, stupida vocina!
- Calì Patil? – chiamò il professore.
- Presente, professore – rispose la ragazza.
- Padma Patil?
- Presente anch’io.
- Harry Potter?
- Presente.
- Zacharias Smith?
- Presente, professore.
- Alicia Spinnet?
- Presente, professore – rispose cortesemente la ragazza, e questo portò il professore a ricordare anche il suo colloquio.
La ragazza era arriva in perfetto orario, con indosso ancora la sua tuta da Quidditch (era stata una mossa molto studiata quella del professore nel fissare più colloqui possibili nella prossimità della fine degli allenamenti di Quidditch, in modo che gli alunni si presentassero lì stanchi e stremati e non offrissero lui altro che se stessi, in modo naturale e senza false tinte), e, dopo aver salutato cortesemente tutti, s’era seduta di fronte alla cattedra.
“La Umbridge è un mostro, lì fuori è un disastro, e noi dobbiamo trovare un rimedio al più presto” s’era limitata a rispondere la ragazza, a quanto pare stanca morta, alla solita domanda del professore del che cosa la porta qui, e Harry s’era un tantino esaltato commentando il tutto con “Ha fatto la rima!”. Il professore s’era limitato a roteare gli occhi in segno di sconforto, e non commentare, mentre la Granger, assai meno discreta, aveva lanciato un’occhiata di fuoco al ragazzo, e si era sbrigata ad indirizzarne subito una anche a Ron prima che anche questo si mettesse a fare qualcosa di stupido. “Complimenti per l’esposizione, signorina Spinnet,” s’era limitato a commentare un tantino ironico il professore “le dispiacerebbe spiegarsi meglio?”. La ragazza aveva sbuffato. “C’è qualcosa che non va, signorina Spinnet?” gli aveva chiesto allora un po’ irritato il professore. “Oh, non c’è nulla che non va, singore,” gli aveva risposto ironica lei “è solo che sono appena uscita dalla bellezza di tre ore piene di allenamento, per non contare il fatto che prima ne ho avute cinque di lezione fra cui una di compito in classe e una d’interrogazione, e quest’ultima proprio non me l’aspettavo, e quindi sono andata male. Inoltre mi hanno fatto sapere soltanto a mezzogiorno degli allenamenti extra, e così ho anche dovuto saltare il pranzo per andarmi ad allenare, quindi mi scusi se non le faccio un monologo di tre quarti d’ora quando lei mi rivolge la domanda più stupida del mondo!”. “CHE COSA?!??!” le aveva sbraitato contro Severus Piton, alzandosi in piedi, rosso come un peperone, mentre Harry e Ron si scambiavano occhiate loquaci e alquanto divertite fra loro ed Hermione controllava, preoccupate, l’intera faccenda. “Perché sono qui?” l’aveva fronteggiato la Spinnet “Avanti, non ha saputo trovare nulla di meglio, professore? C’è gente che muore là fuori, c’è gente che è già morta e c’è gente che morirà ancora. La storia si ripete: c’è stata una guerra e sta ricominciando. Lui è tornato, la morte di Diggory ne è una prova, per l’amore del cielo, chi altro lo avrebbe ucciso sennò, la Sfinge?? Ed il Ministero fa finta di niente, anzi, anzi, peggio, perché se facesse finta di niente allora non si curerebbe semplicemente della faccenda, lasciando noi cittadini liberi di pensare ed invece no, cercano di inculcarci la loro finta fiducia, quei bastardi, ed il problema è che ci riescono! Guardi il caso della Umbridge, ad esempio! Questo è il primo anno in cui siamo tutti in vera difficoltà, e lei è l’insegnante che meno si preoccupa che noi sappiamo difenderci, ed è stata mandata dal Ministero! Ci sono il Signore Oscuro ed i suoi seguaci là fuori, e sono pronti ad attaccare, e a noi viene fatta lezione senza uso della bacchetta, diamine! La guerra avanza, le autorità si rifiutano di proteggerci per convincerci che non v’è nulla che non va e la cosa più utile che fin ora è stato come girare una pagina! E lei mi convoca qui per chiedermi perché mai dovrei voler intraprendere delle lezioni di Difesa Contro le Arti Oscure che possano davvero ritenersi tali? Mi scusi se la reputo una cosa un po’ cretina, e mi dispiace della scenata. Arrivederci.” E ciò detto s’era alzata dalla sedia e s’era avviata alla porta. Severus era ancora in piedi. Rosso in viso. “Signorina Spinnet!” le aveva gridato prima che questa raggiungesse l’uscio, e lei s’era girata a guardarlo. “Prima di andarsene” aveva continuato il professore “firmi la carta: è presa”.
- Terry Steeval? – chiamò ancora Piton.
- Presente, professore – rispose lui, ed il professore ritenne opportuno dedicare anche al suo colloquio qualche attimo.
Il ragazzo si era presentato in orario al suo terzo colloquio, e dico terzo colloquio perché le prime due volte l’audizione era saltata per cause contro le quali il professore non aveva potuto obbiettare. Il ragazzo, infatti, era riuscito a totalizzare un numero incredibile di punizioni della Umbridge, ben otto in sole due settimane. La prima perché era uscito dalla stanza sbattendo il libro sul banco quando la Umbridge aveva cominciato il suo monologo sul va tutto bene, la seconda era stato averle risposto male durante la terza lezione, la terza per aver tenuto impudentemente la bacchetta sul banco durante tutta la lezione sebbene la professoressa gli avesse ripetuto ripetutamente di levarla, la quarta perché scoperto ad aver commesso una marachella insieme ad Anthony, per coprire l’amico s’era preso tutta la colpa, la quinta… ok, basta, mi sono stufata. Comunque, causa punizioni, il ragazzo non si era potuto presentare ai due colloqui stabiliti in precedenza. Come ho già detto, quella era la terza volta che programmavano l’incontro.
Comunque, come dicevo per l’appunto, il ragazzo gli aveva almeno fatto la grazia di presentarsi in orario quel giorno.
Nel momento il cui il ragazzo era arrivato, il professore non aveva potuto fare a meno di guardare le sue braccia.
Nemmeno sul braccio di Harry Potter il professore aveva mai visto così tante cicatrici, pensò che molto probabilmente avrebbe dovuto somministrargli una dose extra di pozione curativa. Di certo avrebbe potuto benissimo evitarsi di chiedergli che cosa ci facesse lì. Anzi, visto perché si era cacciato nei guai la seconda volta forse anche la domanda sulla lealtà poteva risparmiarsela. A pensarci bene, non c’erano molte domande che gli venisse in mente di fargli.
“Signor Steeval” s’era risolto in fine “vuole lei sa come arrivare al terzo piano senza farsi beccare?” “Sì,” gli aveva risposto il ragazzo “Perfetto, aveva commentato il professore, in questo caso è preso”. “Preso?” aveva chiesto lui Hermione “Senza nessuna domanda? Senza niente?” “Ho già tutte le informazioni che mi servono, signorina Granger,” si era limitato a risponderle il prof “ora firmi, Steeval, e poi può andare”.
- Dean Thomas?
- Presente, professore.
- Fred Weasley?
- Presente.
- George Weasley?
- Ci siamo entrambi, professore.
- Ginevra Weasley?
- Presente. – commentò la ragazza, fortunatamente senza ridere, stavolta.
- Ronald Weasley? – chiamò infine il professore.
- Presente – rispose anche questo, ed il professore ritenne adeguato, per non far torto a nessun membro della numerosa famiglia, di ricordare anche il colloquio di lui.
Innanzi tutto, la prima impressione che il ragazzo gli aveva fatto era quella che avrebbe probabilmente preferito di gran lunga essere in punizione con la Umbridge piuttosto che in ufficio con lui. Aveva le braccia conserte, le gambe accavallate, l’espressione di chi si smaterializzerebbe seduta stante in un altro luogo se solo ne fosse capace e non fosse troppo pigro per farlo. I due erano rimasti zitti a guardarsi senza far nulla per quasi un minuto buono, e poi finalmente il più giovane dei maschi Weasley se ne era uscito con un neutrale “Salve”, il professore aveva annuito in risposta ed target del resto del colloquio era stato su per giù così per circa venti minuti buoni. “Sa, signor Weasley,” era intervenuto poi il professore, ad un passo dallo scoppiare a ridere “francamente devo dire che stavo attendendo il suo colloquio con ansia” “Oh, beh, lei ha bisogno di un hobby” aveva commentato Ron roteando gli occhi. “Il motivo per cui lo stavo aspettando,” aveva ripreso il professore, fingendo d’ignorare totalmente la battuta dell’alunno “perché c’è una cosa del giorno in cui lei e i suoi amici siete venuti a chiedermi di allestire questa classe, che mi ha colpito particolarmente, e riguarda proprio lei”. “Sicuro che non si stia confondendo con Hermione, professore?” aveva chiesto lui Ronald “No, sa, perché è stata lei a metter su tutto il discorso” gli aveva ricordato ancora “ed è stata anche lei ad avere l’idea” aveva risposto abbassando un po’ il tono di voce, come se quella fosse la cosa meno piacevole di tutta quella vicenda. “No, signor Weasley, direi che sono piucchè sicuro che si trattasse di lei,” aveva risposto lui il professore “a meno che la signorina Granger non indossasse parrucca rossa e lei una minigonna il giorno che siete venuti a parlarmi”. “Oh, beh, allora probabilmente ero io.” s’era limitato a commentare Ron. E poi era calato di nuovo il silenzio. Il silenzio più totale. “Non le interessa sapere quale sia la cosa che mi ha colpito così tanto?” gli aveva chiesto poi il professore. “Francamente?” aveva risposto/domandato il ragazzo, ed il professore aveva accennato a un sorriso. “Perfetto,” aveva commentato poi Severus Piton “temo però, signor Weasley, che la mia spiegazione dovrà sortirsela lo stesso.” “Faccia come le pare” aveva commentato il ragazzo “io ho tutto il tempo del mondo.” “Perfetto,” s’era limitato a dire il professore, “cominciamo, dunque.” e qui il giovane Ronald Weasley aveva fatto roteare gli occhi con fare di chi di quel che sta accadendo gliene frega poco e niente, ma aveva evitato di obiettare, permettendo al suo insegnante di continuare. “Innanzi tutto,” aveva cominciato il professore “mettendo totalmente da parte le orazioni convinte e determinate della signorina Granger, devo dire che mi stavo davvero divertendo quella sera nello studiare, fra lei e il signor Potter, chi di voi due fosse più desideroso di andarsene.” “Oh, credo di aver vinto io, professore” aveva commentato il ragazzo. “Sì, esatto, signor Weasley, ha vinto lei” gli aveva risposto il professore “ed in parte è proprio questo il punto, insomma, il fatto che stare lì dentro fosse la cosa che desiderasse di meno al mondo, eh, sa, è lo stesso sentimento che mi sembra di percepire quest’oggi.” “Oh, professore, lei è così perspicace!” aveva commentato sarcastico Ronald. “Già,” aveva tagliato corto il suo insegnante “trovo che lei sia molto coerente, infatti. Ma, andiamo avanti. Sembrava che tutto il discorso di Potter e Granger le fregasse poco e nulla, ma poi, quando mi sono apprestato a rifiutare, lei è esploso come un vulcano, e quello che mi chiedo è il perché, dato che lei sembra tutt’altro che entusiasta di sapermi come suo insegnante, può rispondermi, signor Weasley?”. Il ragazzo aveva sonoramente sbuffato, poi aveva scavalcato le gambe, aveva appoggiato i gomiti sulla scrivania e poi vi ci aveva appoggiato sopra la testa. “Allora,” aveva cominciato il ragazzo “lei è cattivo, intrattabile, spocchioso, snob, arrogante, inquietante, severo, puntiglioso, macabro, ed indiscutibilmente antipatico.” “Grazie davvero, signor Weasley,” gli aveva risposto ironico Severus “uno lo capisce quando è un complimento!” “Mi faccia finire, per piacere.” aveva ripreso il ragazzo “Allora, come ho già detto lei è un gran brutto tipo, e questo non lo penso solo io, ed è giusto che lei lo sappia. Però Harry ha rischiato di brutto l’ultima volta che s’è trovato a Lei Sa Chi, e lo sappiamo tutti che Lui tornerà, ed io ci tengo ad Harry, è il mio migliore amico, ed anche Hermione ci tiene a lui, quindi se lei si mostra piucchè convinta che il modo migliore per garantire la sicurezza di Harry sia quello di prendere lezioni da lei, beh, posso farci qualche battuta su, posso sbuffare sonoramente, posso ripeterle un milione di volte te lo avevo detto e dare la colpa a lei per ogni cosa vada storto, ma non posso non starla a sentire. È che mi fido di lei, non sono d’accordo, ma mi fido di lei, è indubbiamente quella più geniale fra di noi. Il motivo per cui mi sono arrabbiata quando lei ha parlato di pericoli, è che io ho solo 15 anni, eppure ho vissuto più esperienze pericolose io che diversi auror del ministero, per non parlare di Harry poi! Ma il punto inoltre era sentire quel discorso pronunciato da lei, insomma, lei è stato un mangiamorte ed ora è un membro dell’Ordine della Fenice, lei sa che cosa sia il pericolo più di ogni altra persona al mondo, ed è troppo intelligente per non capire che lei è la sua unica speranza! E un’altra cosa che Hermione dice è che lei tiene ad Harry, o almeno che tiene a lui molto più di quanto lasci vedere, perché dice che se non tenesse a lui probabilmente non si sarebbe messo ad ostacolare il professor Raptor, al primo anno, e poi ci ha insegnato più incantesimi lei che Allock al secondo anno, e la cosa ci è tornata molto utile nella Camera dei Segreti, insomma, lei gli ha insegnato l’Expelliarmus, Harry vive di Expelliarmus! E poi al terzo, insomma, lei ci si è parato davanti quando il professor Lupin – non in uno dei suoi momenti migliori, per inciso – ha tentato di attaccarci, e aveva anche già cercato di metterci in guardia sul fatto che fosse un lupo – anche questa deduzione l’ha fatta Hermione, naturalmente, mica io – e poi al quarto, beh al quarto non so di preciso che cosa lei abbia fatto, ma scommetto che sia qualcosa di buono, e contro il falso Moody, quasi sicuramente – non le stanno molto simpatici i nostri insegnanti di Difesa Contro le Arti Oscure, vero? E poi, e poi io l’ho vista la sua espressione durante i colloqui degli altri, lei cercava di nasconderlo ma era, oddio lei era così felice! Vedere quegli studenti che si mettevano in lista per pregarla di farsi insegnare da lei, si stava crogiolando nella gioia, anche se sono sicura che non la sentirò mai ammetterlo. Ma perché tutte queste simulazioni, perché tutte queste maschere, non fa prima a dire, ok, sono dei vostri, mi fate insegnare la materia che mi piace, che figo! che a tenerci il muso fingendo che tutta questa situazione la disgusti? È proprio questo quello che più mi infastidisce di lei, che diavolo! Lei deve fingere su tutto, non la conosce nessuno per quello che è, ma mi può dire come fa a sopportarlo?? E poi, ah, già, un’altra cosa…” “Può andare, signor Weasley,” lo aveva interrotto il professor Piton, sorridendo un po’ “lei è indiscutibilmente preso.” “Davvero?!??” gli aveva chiesto Ronald sbalordito “Già,” aveva risposto lui Severus “forse questa è una delle tante cose che non lascio trapelare di me, ma apprezzo molto l’onesta, quindi può andare, è preso.” “Oh,” s’era limitato ad esclamare il ragazzo “va bene, se lo dice lei…” e ciò detto s’era alzato dalla sedia ed aveva raggiunto la porta, prima di girarsi nuovamente verso il professore, non appena arrivato all’uscio. “E’ sicuro sicuro?” gli aveva chiesto in tono sospetto “Perché se lei non vuole io non partecipo” “Oh, no, signor Weasley,” aveva risposto lui Severus accennando ad una risata “lei partecipa eccome, dopo tutto, non le devo alcun favore io!”.
- Allora, - riprese il professore richiudendo fra le proprie mani la pergamena dell’appello – se ora volete seguirmi, – ed sottolineò la frase con un tono di voce che lasciava perfettamente intendere un mancato ma del tutto captabile proseguimento della frase alla e voi volete seguirmi – la stanza che ci attende è un poco diversa da quella della scorsa volta, poiché anche la nostra lezione lo sarà.
E ciò detto aveva accennato con un colpo della testa alla direzione della porta, e poi si era messo in testa alla fila di studenti, e li aveva condotti nella sala dello specchio, ed i ragazzi, appena giunti, erano corsi ad accomodarsi sulle scale, mentre il professore continuava la sua marcia verso il centro dell’enorme stanza. Quando l’ebbe raggiunto, si voltò tranquillo verso i suoi alunni, e, guardandoli con un’espressione che diventata d’improvviso adirata, disse:
- Che cosa diamine state facendo?
I ragazzi si guardarono interrogativi fra loro: loro non stavano facendo assolutamente niente! Ma il professore sembrava non pensarla affatto così, e continuava a puntarli irato. Probabilmente, pensò Harry guardandolo guardarli in quel modo, se lui e i suoi compagni non avessero smesso di fare quello che a suo parere stavano facendo, nel giro di pochi minuti Severus Piton avrebbe cominciato a sputare fuoco. Hum, sarebbe potuta essere una scena divertente…
- Voi tre, - aveva esclamato il professore riferendosi ad Harry, Ron ed Hermione, visto che la classe non accennava ad afferrare il messaggio – alzatevi subito in piedi, e che il resto della classe faccia lo stesso!
La classe si drizzò all’istante, e tutti i suoi componendi raggiunsero la posizione eretta in meno di una decina di secondi. Il professore s’avvicinò torvo a loro.
- Come vi è venuto in mente – scandì marciandogli dinnanzi, guardandoli in faccia uno per uno, sillabando ogni parola come se si trattasse di una nozione di fondamentale importanza – di sedervi?
I ragazzi lo guardato con aria alquanto accigliata. Probabilmente avevano ragione quelli dell’opzione tre, pensò la maggior parte di loro: Severus Piton era sicuramente matto!
- Dice davvero? – s’azzardò a chiedergli Hermione – Era tutto qui? Solo perché ci siamo seduti?
- Sì, signorina Granger, - le si scatenò contro il professore – esattamente perché vi siete seduti.
- Ma ci ha detto lei di sederci, la scorsa lezione nella scorsa stanza, - disse Ginny appoggiando l’amica – quindi abbiamo pensato…
- L’altra stanza era differente! – le rispose Severus – La lezione, era differente! Comunicazione di servizio, signore e signori, non siete tenuti soltanto a guardare sta volta, nella scorsa lezione vi abbiamo mostrato la tecnica, quest’oggi la pratica spetterà a voi. Signor Weasley, - fece poi indirizzando il suo sguardo verso Ronald – prenda il signor Paciock e vada nello sgabuzzino. Lì troverà una sacca a rete verde, dovrebbe portare qui il suo contenuto. Veloce.
Ron sbuffò un poco, poi lanciò un’occhiata loquace a Neville ed entrambi sparirono presso la porta.
- Innanzi tutto, - continuò il professore – voglio ben augurarmi che tutti voi abbiate portato la vostra bacchetta con voi, perché se c’è qualcuno che non l’ha fatto è bene che sappia che è ufficialmente escluso dalla mia classe, chiaro?
I ragazzi rimasero zitti. Zitti sì, ma fermi no, infatti, in quel momento, ognuno di loro corse a controllare di aver preso con se la sua bacchetta. Insomma, tutti erano più che sicuri di averla portata, ma il professore gli aveva appena messo un poco d’ansia, e così era meglio accertare che fosse ancora là in tasca dove l’avevano lasciata, non trovate? Comunque, fortunatamente, nessuno di loro ebbe brutte sorprese.
Di ritorno, intanto, Ron e Neville issarono un mucchio di panni dai colori viola prugna sgargiante e rosso scarlatto nelle braccia del loro, insegnante.
- Questo è tutto quello che c’era nella sacca a rete, professore. – gli comunicò Ronald – Francamente, - aggiunse poi indietreggiando di un passo – devo dire che mi aspettavo di meglio.
Il professore finse di non aver sentito, e lo ignorò completamente per rivolgersi alla sua intera classe.
- Innanzi tutto, – disse cominciando a marciare davanti ai suoi studenti, e distribuendo loro un drappo per uno, ora viola ora rosso, come capitava, come se il colore non fosse importante – suppongo che sia bene che voi sappiate che per questo primo allenamento sarete divisi in due squadre. Quelle che avete in mano sono le vostre uniformi, le viola contro le rosse, mi sembra un concetto alquanto elementare.
- Uniformi?!? – domandò lui Ron rigirandosi il suo panno viola fra le mani – questi sono semplicemente brandelli di tenda con un buco per la testa!
- Esattamente, signor Weasley, – si limitò a rispondergli Piton – e voi mi farete il sacrosanto piacere di chiamarle uniformi, d’accordo?
Il silenzio unanime che invase la sala fu carpito dal professore come un tacito cenno d’assenso. Continuò la sua marcia a consegnare uniformi.
- Mi scusi, professore, - intervenne Padma Patil con in mano sia la sua uniforme prugna sia quella purpurea della sorella - stavo solo notando che i colori delle uniformi sono molto simili, non sarebbe meglio tingerne uno di un colore molto differente, potrei farlo io stessa con un semplice incantesimo, se vuole, in modo da rendere fra loro i membri di entrambe le squadre più facilmente riconoscibili?
- Assolutamente no, signorina Patil, - le rispose il professore – ma vorrei davvero ringraziarla per avermi posto la domanda. La scelta di due colori alquanto simili è tutto fuorché casuale, poiché, ed è giusto che voi lo sappiate, nel momento in cui vi troverete in battaglia non vi sarà affatto facile distinguere fra nemici e amici, ve lo assicuro. Siete circondati da gente, gente che lancia incantesimi a destra e a manca, e, vi dirò di più, non avete neppure il tempo di accertarvi di chi sia la persona che avete dinnanzi, che questa quasi certamente vi sbatterà a terra con un incantesimo, che sia dei vostri o no. È per questo motivo – continuò l’uomo – che avevo pensato, in principio, di evitare del tutto la presenza di maschere, ma poi mi sono ritrovato a cambiare idea. Insomma, per quanto la battaglia sia un che di confuso, devo anche dire che si ha una certa conoscenza di quelli che sono i vostri alleati, una conoscenza che non sarebbe stata resa adeguatamente da un mio semplice mio dirvi “oh, guardate, tu stai in gruppo con lui, lui e lui”, insomma, mi tengo ben lungi dallo sfidare la memoria di ragazzini che riescono a mala pena a ricordarsi gli ingredienti principali di una pozione di base su quali siano e non siano i loro compagni di squadra assegnategli in meno di trenta secondi. E questo è il motivo che ci riporta alle uniformi simili, grazie a loro, nel duello sarete almeno e solo parzialmente in grado di capire chi sono e chi non sono i membri della vostra squadra. Tutto chiaro?
Gli sguardi dei ragazzi, che annuivano compiaciuti fra di loro dimostrò agli occhi del loro insegnante come una risposta alquanto soddisfacente.
- E quindi ora ci mettiamo in coppie per fare la cosa del disarmo, giusto? – chiese lui Ernie.
- Grandissimo errore, signor Mcmillan. – rispose lui Severus – Si da il caso, infatti, che sarà davvero molto difficile che voi vi troviate faccia a faccia con un solo mangiamorte o mago oscuro, insomma, all’utopia di un nemico per ogni combattente, di un duello nel vero senso della parola si può ambire solo se si è dei maghi di ordine avanzato ed i vostri avversari altrettanto, e devono essere anche leali inoltre, ed io, personalmente, non mi aspetterei molto da una banda di mangiamorte, soprattutto se partecipi di un gruppo non appena riformato, chiaro? Quindi io mi atterrei a prepararvi ai pericoli contro i quali probabilmente vi troverete dinnanzi, e quindi a uno scontro misto, incantesimi da una parte e dall’altra, ecco. Ovviamente, per quanto in un duello misto le maledizioni saranno le più varie e disparate, in questa sede farete uso, per il momento, del solo Expelliarmus, vorrei limitare le ossa rotte, almeno per il momento, ecco. A proposito, i viola sono i buoni, i rossi sono i buoni.
- I cattivi. – lo corresse Micheal Corner.
- Che cosa? – chiese lui il professore.
- Ha detto ad entrambi i gruppi di essere i buoni, professore, – riprese Anthony – suppongo che si sia sbagliato.
- Oh, non mi sono sbagliato affatto, signori, - si limitò a rispondere Severus – perché, sa, tutti siamo i buoni, in questa faccenda. Sapete, - disse poi guardando ai suoi studenti con aria stranamente paterna, come se la cosa lo divertisse un poco – uno dei punti cruciali non solo in questa, ma nella guerra in se, è proprio il fatto che entrambe le fazioni sono fermamente convinte che di essere dalla parte del giusto, di essere loro i buoni. Io posso assicurarvi che Lord Voldemort, che ha già sterminato decine e decine di uomini, ed i cui mangiamorte hanno già compiuto una pressoché totale strage, reca in se la ferma convinzione di essere proprio lui il buono, insomma, vuole liberare il mondo magico da quelli che per lui non dovrebbero farne parte, non dico che questo sia giusto, ma dico che per lui lo è, è il suo scopo, il suo piano, il suo buon proposito, e, per vostra informazione, siete voi i cattivi, voi, e Albus, ed il qui presente signor Potter, ed anche io, insomma, noi che tentiamo di impedirglielo. Dal canto nostro, noi ovviamente pensiamo che lui sia un mostro, una persona orribile, da eliminare, ecco, è questa la nostra convinzione, e, vi dirò, per quanto apparentemente sconvolgente ed impressionante questo possa essere, le vostre ragioni non sono affatto inferiori alle sue. Tutti siamo i buoni, – concluse guardando i visi confusi dei suoi allievi – tutti siamo i buoni perché siamo tutti convinti di esserlo, quindi non vi sarà nessuna distinzione fra voi, entrambi sarete i buoni, o almeno sarete convinti di esserlo. Nessuno lotta sapendo di stare dalla parte sbagliata, signori, ed è bene che voi lo sappiate. Che altro dire? – disse poi dopo aver fatto una lieve pausa, quasi a dare un cenno dissacrante a tutto il discorso - Sparpagliatevi!
I ragazzi rimasero un attimo fissi a guardarsi.
- Che cosa fate lì in palati? – li esortò ancora il professore – Ho detto sparpagliatevi, ora!
Gli studenti si mossero veloci, qualcuno di loro andò a posizionarsi dalla parte sinistra della sala, qualcuno in quella destra, qualcuno restò semi impalato vicino al centro. Le file non erano una cosa ordinata, non lo erano affatto, nella parte destra v’erano cinque rossi e sette viola, in quella sinistra sette viola e nove rossi. Il professore non proferì parole, e così qualcuno di loro lo catalogò come un segno positivo. Sfoderarono le bacchette, e poi si voltarono di nuovo alla volta di Severus Piton, aspettando il segnale di lui.
Peccato, però, che questo non venne.
Il professor Severus Piton si limitò ad adagiarsi addosso al muro, con le braccia conserte sulle ginocchia, l’espressione alquanto interessata, ma allo stesso tempo maledettamente passiva. Non sembrava avesse la minima intenzione di pronunciare dittongo.
Si limitava, a dire il vero, a guardarli con aria affascinata, dondolandosi un po’ fra il piede destro e quello sinistro, ecco.
Passarono trenta secondi buoni, senza che lui dicesse nulla.
- Hum, professore? – fece lui Hermione Granger.
- Sì? – le chiese lui.
- Beh, non ha intenzione di dirci quel che dobbiamo fare? – chiese lui la ragazza.
- Oh sì, ovviamente, signorina Granger – rispose lei Severus – d’altro canto sarà esattamente questo che succederà quando vi troverete là fuori a lottare, giusto? Insomma, voi con le bacchette puntate ed io lì vicino a dirvi come fare a utilizzarle. Ho detto che vi stavo allenando per la guerra, signorina Granger, ed ebbene che voi sappiate che io non potrei esserci quando questa verrà, e comunque, non perderò certo il mio tempo con voi! Quindi è bene che voi sappiate che non ci sarà qualcuno a darvi il via lì, per l’amor del cielo! Nessuno vi dirà d’iniziare a combattere! Quindi non avete il minimo bisogno del mio fottutissimo segnale, andate più svelto possibile!
- Expelliarmus! – pronunciò Harry Potter puntando la bacchetta contro Zacharias Smith, disposto poco distante da lui.
Ron lo imitò subito, disarmando con il suo incantesimo il Corvonero Micheal Corner (ok, forse quella non fu una scelta del tutto casuale), e si scatenarono gli altri. Hermione Granger puntò ad Anthony Goldstein, Angelina Jonson sopraffece Marietta Edgecombe, mentre Ginny Weasley disarmava Cho Chang (hum, forse un’altra scelta non del tutto casuale) e Alicia Spinnet faceva lo stesso con Fred Weasley. Intanto George disarmava Calì Patil, Dean Thomas puntava a Katie Bell e Padma Patil a Neville. Hannah disarmò Ernie, che, ripresa la bacchetta, disarmò Lee Jordan. Intanto, ripresa la bacchetta, Fred disarmò Hermione, mentre Justin Finch faceva lo stesso con Susan Bones e Terry Steeval faceva ruotare in aria la bacchetta di Lavanda Brown. Per inciso, Ginny Weasley si occupò anche di disarmare Colin Canon, mentre suo fratello Dennis disarmava invece lei. Harry disarmò anche Ron, ma poi fu disarmato da Hermione, e poi Anthony disarmò Susan, e Lee Angelina (le chiese subito scusa dopo però), poi Dean Katie, e Justin Marietta, mentre Cho disarmava Ginny. Poi Padma George, Micheal Neville, Luna Dean, Fred Lee, Lee George, Hermione Lavanda, Colin Anthony, Dean Katie, Anthony Luna, Katie Terry, Susan Dennis, George Ron, Fred Ron, George Ron, Fred Ron, George Ron, Fred Ron, Anglina George, Fred Ron, Hermione Fred. Poi Harry Hermione, Justin Ernie, Lee Padma, Calì Dennis, Ron Ginny, Ginny Ron, Ginny Harry, Fred Ginny, Lavanda Neville, Anthony Zach, Padma Luna, Colin Calì… ok, basta, avete capito.
Comunque, la cosa andava su per giù avanti così: qualcuno disarmava qualcun altro, quell qualcun altro riprendeva la bacchetta, poi il qualcuno iniziale o veniva disarmato a sua volta da un secondo qualcun altro, mentre il qualcun altro iniziale veniva disarmato da qualcun altro altro altro ancora, oppure era lui a disarmarlo. Insomma, era una scena un tantino ingarbugliata da capire. Di certo ne volavano di bacchette, e molte pure, ed era così divertente vederli correre da una parte e dall’altra per riprenderle! Ed andavano avanti da dieci minuti buoni, o almeno lo schiocco del decimo minuto pervase la classe nel momento in cui Padma Patil disarmò Micheal Corner, per inciso, e il primo incantesimo del decimo minuto punto uno toccò alla bacchetta di Alicia Spinnet, che fronteggiò battendola quella di Hannah Abbott. Il professore non pareva neppur voler accennare a farli smettere. Li guardava con sguardo interessato, come se si fosse trattato di un programma non male alla tv, nulla di più, nulla di meno, senza pronunciar parola. Hermione Granger si voltò un attimo a guardarlo, come a domandargli che cosa dovessero fare, se cambiare tattica, se fermarsi, se continuare così, ma visto che lui non s’accennava minimamente a risponderle, la ragazza preferì andare avanti, disarmando con un colpo di bacchetta il suo avversario Dean. La cosa andò avanti per altri venti minuti buoni. Non era male, a dire il vero, neppure troppo faticoso. Si doveva solo pronunciare un incantesimo, o correre a recuperare la bacchetta, magari, tutto qui. Era anche alquanto divertente inoltre, fronteggiarsi in quel modo, di sicuro uno degli allenamenti più gustosi che un insegnante avesse mai concesso loro durante l’ora di Difesa Contro le Arti Oscure. Furono proprio questi pensieri che persuasero Harry della convinzione che, probabilmente, stavano sbagliando. E fu per questo che si allontanò dal mucchio, scansandosi di tre passi per evitare l’incantesimo di Luna Lovegood, e raggiunse in poco tempo l’angolo di muro a cui stava comodamente appoggiato il suo insegnante.
- Stiamo sbagliando qualcosa, non è vero? – chiese lui quando l’ebbe raggiunto.
- Oh no, Potter, che cosa glielo fa pensare? – domandò lui Severus Piton, in un tono di voce che sembrava però essere alquanto ironico.
- Beh, il fatto che è quasi mezz’ora che andiamo avanti così e lei non accenna a dire proprio niente, ad esempio – rispose lui il ragazzo.
- In guerra non avrete i miei suggerimenti, signor Potter, – rispose il professore – e sono davvero contento che i miei allenamenti non vi dispiacciano.
Harry indugiò qualche momento.
- Ok, è chiaro che c’è qualcosa che non va, - riprese poi il ragazzo – ma cosa?
- Che lo capisca da solo, signor Potter, – rispose lui il suo insegnante – come ho già detto in guerra non ci sarò io a suggerirle.
La voglia abnorme, quasi incontrollabile, di piazzargli un pugno in faccia costrinse Harry da membro e membro. Era così che il suo professore si lavava le mani di praticamente ogni cosa, era insopportabile! Scusi, professore, possiamo…? Oh, no signor Potter, non ci sarò io in guerra, faccia da solo. Scusi, professore, abbiamo un dubbio, secondo lei va bene se…? Non posso mica aiutarvi io, la guerra mica funziona così. Scusi, professore, questa cosa non l’ho capita, potrebbe rispiegarmela, per favore? Ma certo che no, non ci sarà nessuno a rispiegarvi nulla in guerra. Scusi, professore, posso andare in bagno? Non posso certo risponderle, signor Paciock, nessuno potrà darle o no il permesso di andare in bagno durante la guerra! Tanto vale che si fosse rifiutato fin da subito di far loro lezione, in fin dei conti nessuno li avrebbe istruiti in guerra! Uff, che persona odiosa! E di sicuro c’era qualcosa che non andava, ma lui non poteva certo avvertirli, sarebbe stato fin troppo facile per lui dire semplicemente Oh no, ragazzi, avete appena fatto un errore, non si fa così, dovete fare così, doveva farli allenare a lungo per mezz’ora buona prima che si decidesse a dirgli che cosa c’era di sbagliato. Che persona! Insomma, si aspettava davvero che lui potesse arrivarci da solo, se solo ne fosse stato in grado non sarebbe certo andato da lui per istituire quella sottospecie di tortura mascherata sottoforma di classe, sapeva a mala pena allacciarsi le scarpe da solo lui!
Il professore non lo degnava di uno sguardo, aveva ripreso tranquillamente a guardare la fiction dei suoi studenti. Secondo i suoi piani, pensava Harry, quando il ragazzo avesse capito quale fosse l’errore sarebbe bastato che si schiarisse la voce, e poi esponesse lui le sue teorie. Peccato solo che lui non avesse alcuna teoria. Insomma, stavano agendo in modo disordinato tutti contro tutti, come lui aveva detto, stavano usando solo l’Expelliarmus, come lui gli aveva detto, stavano agendo alla massima velocità, come lui gli aveva detto, ed allora quale diamine era il problema? No, non sarebbe mai potuto arrivarci da solo, ed era abbastanza ovvio il nome dell’unica persona a cui avrebbe potuto rivolgersi per risolvere la situazione.
- Hermione! – chiamò a gran voce in direzione della compagna.
Questa si voltò all’istante verso di lui, e Padma Patil approfittò del suo momento di distrazione per disarmarla. Il professore commentò il tutto con un cenno di diniego, mentre la ragazza correva a riprendersi la bacchetta e raggiungeva il suo compagno Harry.
- Che succede? Perché mi hai chiamata? – chiese lui.
- Stiamo sbagliando qualcosa, sono quasi sicuro che stiamo sbagliando qualcosa, - si limitò a spiegarle Harry – ma il professore non vuole dirmi cosa perché in guerra non ci sarà nessuno ad aiutarci eccetera eccetera eccetera, tu hai qualche idea?
La ragazza indugiò un momento a pensare.
- Hum… - fece poi – non mi viene in mente proprio nulla, forse c’è qualcosa di sbagliato nella tecnica?
- Acqua – le rispose il professore.
- Allora forse è la velocità? – ipotizzò Hermione.
- Acqua.
- La pronuncia? L’impugnatura? La scelta degli avversari?
- Acqua acqua acqua.
- La grinta?
- Acqua ancora, signorina Granger.
- Ok, - fece la ragazza rivolgendosi ad Harry – non mi viene proprio in mente altro. Ron! Ginny! Venite a darci una mano!
E ascoltato ciò i due fratelli mollarono a loro volta il combattimento per raggiungerla.
- Stiamo sbagliando qualcosa ma il professore non vuol dirci cosa – riassunse loro Hermione – voi avete qualche idea?
- No, non credo – rispose lei Ginny, - mi pareva che stessimo tutti facendo quello che il professore c’aveva richiesto, siete proprio sicuri che ci sia un errore?
- Sicurissimo – rispose lei Harry, e Ginny lo iconò con un’occhiataccia.
- Luna! George! Fred! Voi che avete la mentalità più aperta, venite ad aiutarci! – chiamò poi la rossa.
- In pratica stiamo sbagliando qualcosa ma non sappiamo cosa, - spiegò loro Ronald quando i tre li ebbero raggiunti – avete qualche idea a riguardo?
- Voi pretendete che noi riusciamo a capire qualcosa che neppure Hermione è riuscita ad individuare, che pretese! – commentò George.
- Sono, d’accordo – affermò Fred – Lee! Alicia! Katie! Anglina! Venite qui ad aiutarci!
I quattro Grifondoro li raggiunsero in fretta.
- Che succede? – chiese loro la Jonson.
- Stiamo commettendo un errore, qualcuno di voi sa quale? – chiese loro George.
- Un errore? Pensavo che stessimo procedendo bene – commentò Alicia.
- No, no, stiamo sbagliando – le disse Fred, - qualche idea a riguardo?
- Perché non chiedete ai Corvonero? – chiese loro Lee – Sono loro le grandi menti qui.
- Grande idea. – commentò Hermione – Padma! Marietta! Cho! Anthony! Micheal! Ci serve una mano, venite ad aiutarci!
- Harry, che succede? – chiese Cho quando i cinque si furono avvicinati.
- Non riusciamo a capire dove stiamo sbagliando – spiegò lei Katie – voi vi siete accorti di qualcosa?
- Io personalmente no. – rispose Micheal, - Anthony?
- No, da parte mia nessun errore – rispose il ragazzo.
- Forse non c’è semplicemente nessun errore – commentò Luna
- No, no, un errore c’è di sicuro – le rispose Harry
- Mancano solo i Tassorosso – commentò Ginny – magari loro hanno captato qualcosa.
- Hannah! Ernie! Justin! Susan! Zach! – chiamò a gran voce Hermione
- Calì, vieni un momento! – fece Padma.
- Qualcuno ha notato un errore? – chiese loro Angelina quando i sei furono arrivati.
- Un errore? No davvero – rispose lei Hannah.
- Volete dirci che stiamo sbagliando? – chiese Zach.
- Sì, probabilmente, - rispose lui Ginny.
- Neville, Colin, Dennis, Dean, Lavanda, venite anche voi, avanti! – chiamò Harry – qualcuno sa dirci dov’è che sbagliamo?
- Sbagliamo?
- Sbagliamo? – chiesero prima l’uno e poi l’altro i fratelli Canon.
- Se mi fossi accorto di un errore mi sarei fermato – rispose lui Dean.
- Spremetevi le meningi
- Non mi viene nulla
- Ma siete sicuri?
- Nessunissimo errore
- Io no di certo
- Nessuno lo scova?
- Forse era la tecnica
- No, gliel’ho già chiesto
- Nessunissima idea
- Nulla di nulla
- Ma chi è stato a sbagliare?
- A me sembra strano
- Basta, professore, - esordì Harry alla fine, bloccando con la sua tutte le altre voci – mi arrendo, ci arrendiamo, qual è l’errore?
Il professore piegò la testa in suo direzione, ed incatenò lo sguardo con quello dei suoi ragazzi.
- Davvero non ci arriva, signor Potter? – chiese lui.
- No, no che non ci arrivo! – rispose Harry.
- Nessuno di noi riesce a capire di cosa si tratta, professore, - lo appoggiò Hermione – quindi se lei volesse gentilmente dirci di che cosa si tratta…
- Si tratta del fatto che siete tutti qui riuniti intorno a me a spremervi le meningi su cosa e perché potreste aver sbagliato invece di essere al centro dell’aula ed eseguire l’esercizio come io vi avevo ordinato, signorina Granger! – rispose in un sol fiato Severus Piton.
I suoi studenti si guardarono perplessi fra di loro.
- E’ tutto qui? Questo sarebbe il grande errore? – chiese lui Ernie.
- Quindi non c’era nessun errore prima che Harry ci chiamasse, giusto? – chiese ancora Micheal.
- Esatto, signor Corner, - rispose lui Severus Piton – l’errore, per inciso, è quello di credere così poco in voi stessi da temere il mio giudizio al punto che siete arrivati a pensare che ci fosse un errore senza che io vi dicessi nulla.
- Ma la cosa andava avanti per le lunghe, - rispose lui Harry – e lei se ne stava solo lì a guardare, era come se qualcosa non andasse e così ho pensato…
- Il fatto che io non le dicessi niente, - lo interruppe Severus Piton – le ha fatto erroneamente pensare che ci fosse qualcosa di sbagliato, e che io stessi aspettando che voi capiste che ci fosse qualcosa che non va per rimproverarvi. Beh, in parte non posso darvi torto, è una cosa che probabilmente farei, anche quella di dirvi da soli di capire l’errore, eppure questo non vi giustifica. Stavate andando bene, certo, c’era qualche impugnatura sbagliata magari, o qualcuno si è dimostrato fin troppo lento qualche volta, ma non v’avrei mostrato grandi critiche, se voi non mi aveste mostrato adesso quando insicuri foste di voi stessi. Insomma, dovete essere convinti quando fate qualcosa, perché se il vostro avversario capisce che è così facile influenzarvi ha il coltello dalla parte del manico, e questo non deve accadere. Vedete, ragazzi, se concentrandovi in ventotto non riuscite a trovare l’errore, probabilmente è perché non c’è l’errore, tutto qui. Era la scelta più ovvia, la più scontata, e voi l’avete scartata a priori. E se non vi foste trovati in aula, se vi foste trovati là fuori a far fronte ad una vera battaglia? Il dubbio di sbagliare non deve toccarvi neppure un momento, e se lo fa dovete almeno non darvi a vedere, invece voi con me avete fatto l’errore maggiore, voi vi siete esposti. Nessuno in battaglia vi dirà che state andando bene o che state andando male, lo capite benissimo da soli, dato che sopravvivete solo nel primo caso. Tutto chiaro?
I ragazzi si guardarono fra di loro. Avrebbero voluto ribattere, ribattere che avrebbero potuto pure continuare a lottare, ma a lui di sicuro non sarebbe andato bene, che aveva sempre e comunque qualcosa di cattivo da dire lui, e che sembrava tutto così facile visto dall’altezza del suo penoso naso adunco. Avrebbero voluto dirgli che se magari si fosse calmato un poco e si fosse deciso di far loro una lezione che potesse definirsi tale forse non ci sarebbero stati così tanti problemi, e che avrebbe anche potuto mettersi nei loro panni magari, ed essere un tantino indulgente, invece di pretendere che loro sapessero già tutto fin dalla prima lezione. Avrebbero voluto dirgli anche tante, tante altre cose, eppure rimasero zitti. Annuirono.
- Ah, un’altra cosa, - aggiunse allora Severus Piton – lei, signor Potter, lei ha commesso un altro piccolo errore. Ecco, in realtà è un errore piuttosto grande, e quindi vorrei spiegarlo ora alla classe in modo che nessuno lo ripeta più, mi sono spiegato? Perfetto, - continuò – allora, si ricorda quando lei ha chiamato la signorina Granger affinché lei accorresse in aiuto?
- Sì, signore – rispose lui Harry.
- Benissimo, e che cosa ha fatto la signorina Granger allora? – chiese ancora lui Sev.
- È venuta da me – rispose il ragazzo come se quella fosse la cosa più ovvia del mondo.
- Errore, signor Potter, errore. – rispose lui il professore – Vuol dircelo lei, signorina Granger?
- Beh, io, – rispose incerta la ragazza – io mi sono girata a guardare Harry, nel momento in cui mi ha chiamata, e poi, poi Padma mi ha disarmata, quindi sono corsa a prendere la bacchetta e poi…
- Stop stop stop stop stop! – la interruppe Severus Piton, - Basta così, signorina Granger, è sufficiente. Come lei ha ben detto la signorina Padma l’ha disarmata, e questo è avvenuto perchè lei si è distratta girandosi a guardare il signor Potter quando questo l’ha chiamata. Allora, ragazzi, questo è il punto. Durante un combattimento non dovete
chiamare uno dei vostri compagni, per nessuna ragione al mondo, chiaro? Il risultato sarebbe solo e soltanto quello di farlo distrarre, e dare un’enorme possibilità al suo avversario di fargli del male. Il disarmo della signorina Granger ne è un piucchè valido esempio. V’è una ed una sola circostanza in cui il chiamare un compagno è consentito, seppure io non gradisca particolarmente neppure questo uso, ed è quando vi accorgete che la persona in questione sta per essere attaccata alle spalle, in questo caso facendola girare verso di voi probabilmente le salvereste la vita, ma in linea di massima questa rimane una tecnica sbagliata, sono stato chiaro? Detto questo potete andare, in gruppi da tre o da quattro, come la scorsa volta, il signor Potter, la signorina Granger, ed il signor Weasley, che saranno anche gli ultimi ad uscire, comunicheranno a tutti e voi data e orario della prossima lezione. Buona giornata.

Quando ad Harry, Ron ed Hermione fu finalmente concesso di uscire dall’aula, questi raggiunsero la porta alquanto velocemente, e si sbrigarono immediatamente a lasciare il terzo piano imboccando la prima rampa di scale a destra. Avevano appena sceso tre gradini che si resero conto della presenza del rosso George Weasley, appostato alla fine della rampa ad attenderli. Si s’affrettarono a raggiungerlo.
- Ne abbiamo già discusso con gli altri, ci vediamo fra mezz’ora nel bagno di Mirtilla Malcontenta. – sussurrò loro il gemello quando gli passarono affianco – Noi dobbiamo parlare.


NOTE D'AUTRICE:
Salve, ragazzi. Innanzi tutto, vi sarei davvero grata se sceglieste di leggere anche questa mia piccola annotazione, dato che in questa vorrei spiegarvi un bel pò di cose su quello che ho scritto fin ora. In realtà avrei voluto inserire una nota alla fine di ogni capitolo, ma in quelli precedenti ho finito troppo tardi, ero troppo stanza e volevo aggiornare e basta, quindi mi prendo il tempo di parlare qui. Innanzi tutto vorrei dirvi che un pò mi dispiace per aver accantonato la Stanza delle Necessità, non è stata una cosa intenzionale, è che mentre facevo fare a Piton delle ipotesi da scartare mi sono resa conto che il terzo piano sarebbe stato una scelta buona, e così ho deciso di cambiare un pò. Sempre sulla stanza, devo dire che Harry Potter e La Pietra Filosofale è l'unico libro della saga che non ho mai letto, e che quindi non ero a conoscenza della presenza della Stanza delle Pozioni e del Mostro, ma mi sono proposta di trovare anche a queste un uso quando mi è stata fatta notare la loro esistenza da Eleonora2307. Quanto alla prima sono ancora indecisa, mi farò venire qualcosa in mente, mentre la seconda apparirà fra due o tre capitoli. Ed ora andiamo ai colloqui. Innanzi tutto, devo dirvi che sono iper felice di averli finalmente finiti, non ne potevo più! Immagino che da ora aggiungerò molto più velocemente, dato che non ho più quell'intoppo! Inoltre, suppongo che ora nascerà qualche critica sulla mia descrizione di Tassorosso e Corvonero, ma non posso farci nulla, io me li immagino così! Ma vorrei passare un momentino a dirvi la mia su tutti loro, se la cosa vi può interessare.
Allora, il primo colloquio è quello di Anglina. So che non mi è riuscito un granchè e questo mi dispiace perchè il personaggio invece mi piace un sacco, è solo che era il mio primo colloquio! Poi c'è stato Ernie, di lui mi ha ispirato il fatto che fosse arrivato in ritardo, ma il suo colloquio mi ha divertito un sacco! Quanto alle Patil, chiedo umilmente scusa per quell'obribio che è stato il loro colloquio, ma mi stavano antipatiche, quindi non mi veniva in mente proprio nulla da scrivere! Quello di Hermione l'ho odiato solo e soltanto perchè è stato immenso, il più lungo che avessi scritto fino ad allora, e mi ha preso davvero tanto, tanto tempo, ma a parte questo era uno dei pochi per cui avevo già una mezza idea in mente. Zacharias Smith non mi ispirava, ed infatti, come avete visto, ho liquidato in breve il suo colloquio. Per Dean Thomas mi ha ispirato il fatto che il ragazzo fosse un sanguesporco, ma sono molto fiera di come mi sia riuscito il suo colloquio! Quello dei gemelli è andato un pò diversamente di come avevo pensato all'inizio, ma penso infatti che al professore non stiano troppo simpatici i nostri adorati Fred e George, in quanto gli ricordino un pò troppo i malandrini, ecco. Quanto a Ginny, beh, come personaggio non mi è mai piaciuto più di tanto, eppure il suo colloquio mi è venuto in modo molto istintivo dopo aver scritto la parola GINEVRA. A dire il vero mi aspettavo che qualcuno recensisse il capitolo con una frase del tipo "io mi chiamo Ginevra, hai qualcosa contro il mio nome??", ebbene no, adoro quel nome, era solo che mi è suonato così strano! Mi è piaciuto molto anche il suo colloquio comunque, soprattutto la parte iniziale. Quello della Bones me l'ha ispirato la zia, e devo dire che mi è piaciuto. Non male neppure quello di Micheal, sebbene non mi avesse stuzzicato più di tanto. Ah, già quello di Cho mi ha fatto cagare. Poi poi poi. Quello di Hannah Abbott mi ha lasciato davvero soddisfatta, è la sua foto trovata da un film che mi ha ispirato il colloquio. Per quello di Katie, invece, sono stata ispirata dal fatto che la ragazza viene descritta come maledettamente sfortunata, e mi sono divertita a usare questa sua sfortuna anche all'interno del mio colloquio. Poi ho scritto il capitolo di Terry Steeval, perchè avevo preso in considerazione il cognome inglese Boot, così, quando mi sono accorta dell'errore, ho portato il mause in alto e ho preso a scrivere il resto per poi inserire il suo colloquio alla fine. Quanto a lui, sono tremendamente contenta di essere riuscita a tirarmene fuori con poco. Il colloquio di Lavanda non mi piace troppo, comunque mi sono ispirata alla litigata avuta con Hermione, ecco. Quello dei Canon fa schifo, ne sono consapevole, ma non sapevo proprio che scrivere. Quello di Marietta, invece, devo dire che è stato tipo il primo a cui ho pensato, quindi mi è riuscito piuttosto facile. In quanto a Justin, è stato il fatto che venisse descritto come un tipo dalla vivace parlantina ad indurmi a rendere il suo colloquio un monologo, e ringrazio inoltre FRC Coazze, senza la quale avrei finito per renderlo mezzosangue invece che natobabbano. Anthony Goldstain mi stava antipatico dal nome, il suo colloquio ne segue, ed inoltre devo dire che avevo finito di scrivere il suo ed iniziato quello di Lee quando il mio pc si è spento non salvando nulla, e così ho dovuto riscriverli da capo, e la mancata voglia di farlo mi ha bloccata per un pò. Quello di Lee mi piace un sacco, per lui, dato che mi sta un casino simpatico, ho voluto sfruttare il gioco delle domande che mi era già venuto in mente durante il colloquio di Ernie, e tenevo in serbo per una grande occasione. Dedico il suo colloquio a FRC Coazze, per aiuto e pazienza dimostrati nei miei confronti. Nessun commento sul colloquio di Luna, non la reggo troppo come personaggio ed ero ben poco ispirata. Wow, Neville Paciock. Allora, devo dire che neppure lui è uno fra i miei personaggi preferiti, ma mi ha ispirato un fact che diceva che Piton lo odia così tanto perchè se Voldemort avesse scelto lui invece che Harry Lily sarebbe rimasta in vita, e così ho voluto giocare un pò su questo. La vocina nella mente di Piton è una piaga classica nel mio percorso da scrittrice, inserisco vocine maligne praticamente in tutto, mi stanno troppo simpatiche! Il colloquio di Alicia Spinnet ha rischiato di non nascere proprio, dato che ero sicura di averlo già scritto, meno male che mi sono accorta dell'errore commesso. La mia Alicia rivoluzionaria troppo stanca per tenere un colloquio nasce dal fatto che io stessa ero fin troppo stanca per scriverlo! Il suo e quello di Ron sono appunto ispirati dal fatto che io, come loro, volessi farla finita! Comunque mi è piaciuta molto. Anche Ron è uno dei pochi su cui sapessi già cosa scrivere, il suo colloquio non mi è dispiaciuto affatto, ho voluto renderlo spontaneo e diretto come il ragazzo stesso sarebbe stato. E così li ho finiti, sono ventotto, non ne ho dimenticato nessuno, vero?
Ok, ora vado, e prometto di aggiornare prima la prossima volta, dato che i due capitoli che ne seguiranno ce li ho già in mente da un pò e mi piacciono davvero tanto! Baci. Giulia.
   
 
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