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Autore: Lizzyluna    19/10/2011    5 recensioni
Durante le lezioni di Lumacorno un attimo di distrazione può essere fatale...e ad avere la peggio stavolta è il povero James: come se la caverà nei panni di una bimba?
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: I Malandrini
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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5-Bacchette magiche… ma anche no!

James si godette davvero la cena di quella sera: passò dalle ginocchia di un compagno di squadra a quelle di un altro, accarezzato dalle femmine e stuzzicato amichevolmente dai maschi, e naturalmente servito come una regina. Solo Piton azzardò una battuta sul suo pigiama, chiedendo al vicino di posto (ma a voce abbastanza alta da farsi sentire anche dai Grifondoro) se quella fosse per caso la nuova divisa da Quidditch, e fu ricompensato da un piatto di minestra di cavoli che si librò a mezz’aria per rovesciarsi sulla sua testa; gli sforzi di Lumacorno per scoprire il colpevole furono inutili, dato che tutti i potenziali responsabili sembravano impegnati ad ammirare il coniglietto che saltellava indisturbato sulla maglia del Malandrino.
Quando tutti ebbero finito il dolce, Sirius si appropriò nuovamente del suo migliore amico (a Peter parve di notare una punta di gelosia nel suo abbraccio) e lo trasportò in sala comune per fargli finire i compiti. Le esercitazioni pratiche erano ovviamente fuori discussione, ma il tema di Trasfigurazione per il giorno successivo non sembrava in grado di avere effetti potenzialmente letali e quindi il giovane mago – temporaneamente degradato a piccola strega – fu costretto a riempire le solite due spanne di pergamena con qualche notizia sulle leggi di Gamp, anche se dopo un tentativo poco convinto di simulare una lussazione al braccio destro (peccato che quello che si era ferito fosse il sinistro, come quella traditrice di Melanie non mancò di fargli notare). Per sua fortuna la penna incantata da Vitious accelerò la stesura dell’elaborato, anche se gli altri Grifondoro ebbero da ridire sul fatto che James dettasse il testo ad alta voce disturbando tutti.
Verso le dieci e mezzo la testolina scura cominciò a ciondolare sulla pergamena, sfiorando pericolosamente il calamaio, e perfino l’inflessibile Remus giudicò che non fosse il caso di insistere; Sirius si incaricò dunque di prendere in braccio la piccola principessa, troppo stanca anche per protestare, e portarla al sicuro nel dormitorio, dove la infilò sotto le coperte e le sciolse le trecce con qualche carezza di troppo alle guance rosate. James non si lamentò, dato che si era addormentato a metà scala con il ditino in bocca e una chiazza d’inchiostro sul naso; Sirius appuntò nella memoria quella tenera scena, progettando di servirsene per un futuro ricatto, e tornò al piano di sotto dopo essersi concesso un ultimo pizzicotto al delicato visino dell’amico.
I Malandrini superstiti si trattennero in sala comune per un’altra ora, tra libri aperti e rotoli umidi; Sirius fu l’ultimo a salire in dormitorio ed ebbe la soddisfazione di sorprendere i due compagni di stanza intenti a fissare estasiati l’unico letto occupato, con Remus che cercava di darsi un tono smacchiando la mano di James e Peter che lisciava le pieghe del copriletto con la cura di una cameriera esperta. Il giovane Black prese nota anche di quello – altra materia di ricatto – e approfittò della distrazione degli amici per occupare il bagno a suo piacimento, sapendo che nessuno dei due avrebbe osato gridargli insulti o bussare fino a buttar giù la porta, come avrebbero fatto in altre circostanze: non potevano rischiare di svegliare la bimba, giusto?
Remus, tuttavia, non si astenne dal comunicargli a gesti quello che pensava di lui (usando termini che dovevano essere molto volgari, a giudicare dalla sua espressione) prima di scivolare a sua volta in bagno, muovendosi senza rumore come un gatto siamese particolarmente aggraziato (Peter, che in effetti somigliava più a un persiano, lo imitò con discreto successo); James continuò dunque a sonnecchiare indisturbato mentre i suoi più cari amici si mandavano elegantemente al diavolo a pochi passi dal suo letto, e da quel momento in poi la quiete innaturale del dormitorio fu scossa solo da lenzuola fruscianti e risate silenziose.

Era solo l’una di notte quando James aprì gli occhi e si trovò di fronte una cortina di oscurità. Abituato com’era a stare sveglio fino a tardi, si sentiva stranamente confuso dopo quel sonno anticipato; in più provava un’indefinibile sensazione di insicurezza, come se il fatto di essere così piccolo avesse ridestato le sue paure infantili di ombre con le zanne e mostri in agguato sotto il letto. Luce, mi serve luce, pensò, scivolando fuori dalle coperte e ricordandosi un secondo più tardi che la sua bacchetta era stata requisita. Però c’era ancora quella di Sirius... era sul comodino, a poca distanza dalla sua mano, gli sarebbe bastato allungarsi e prenderla. Non c’era nemmeno bisogno di camminare sul pavimento gelido: il suo comodino era a metà strada e avrebbe senza dubbio retto il suo peso.
Convinto della bontà della propria idea, James si arrampicò sul piano del mobile, attento a non far cadere quello che c’era sopra, e tese il braccio più che poteva, cercando a tentoni il bastoncino senza riuscire a trovarlo; in compenso la sua manina incontrò qualcos’altro, spingendolo pericolosamente oltre il bordo. Il piccolo Potter scattò nel tentativo di afferrarlo al volo prima che cadesse, ma si spinse troppo in avanti e finì per sbilanciarsi: l’oggetto sgusciò dalle sue dita per infrangersi sul pavimento e poco dopo lui lo seguì, precipitando su un tappeto di inchiostro e frammenti di vetro che si conficcarono nel suo palmo come pugnali.
Poco dopo, una luce azzurrina illuminò il dormitorio e il viso assonnato di Sirius. «Sei caduto dal letto, Ramoso?»
«Volevo solo un po’di luce» confessò il ragazzo umiliato. « Ho cercato di prendere la bacchetta e... ho rotto il tuo calamaio, scusa».
Se James avesse pensato di impietosire Sirius con quel racconto, avrebbe avuto una fiera delusione: invece di consolarlo, il suo migliore amico lo fissò dall’alto in basso con un sogghigno. «Il grande Potter ha paura del buio? Oh, ma che sorpresa! Chiamo la Gazzetta del Profeta
«Sei proprio stupido, Sir!» sbuffò James cercando di alzarsi, ma non riuscì a trattenere un gemito quando altri pezzi di vetro si piantarono nel ginocchio e nel piedino scalzo. Sirius abbassò la bacchetta per vedere cosa avesse, e non appena illuminò la galassia di schegge intorno al corpo dell’amico cambiò bruscamente atteggiamento. «Jamie, perché non mi hai detto che ti sei fatto male?» bisbigliò, sollevandolo con cautela e posandoselo in grembo. Corrugò la fronte quando gli vide le mani, ridotte a un reticolo di tagli, e si occupò subito di rimuovere i frammenti rimasti nella carne, ignorando i sussulti e i contorcimenti del paziente.
Con tutto il fracasso che aveva creato, la piccola avventura non poteva certo passare inosservata, e ben presto altri due Lumos moltiplicarono l’ombra di Sirius sulla parete. «Sirius, cosa c’è?» sbadigliò Peter dall’altra parte della stanza, mentre Remus si affacciava da dietro la colonnina del letto per investigare sulla riunione notturna (naturale, era un Prefetto...).
«James ha cercato di suicidarsi per saltare la partita» rispose il ragazzo, sputando su un fazzoletto per disinfettare le ferite.
«Idiotaaah!» gemette James, mentre Sirius affrontava senza troppe cerimonie un graffio sul suo polso.
«Sei un disastro, Felpato. Aspetta, ti diamo una mano» sospirò Remus, accendendo una lampada che trasportò vicino al letto di James. Lui e Sirius si occuparono di rimettere in sesto l’amico, guarendo tagli e cancellando macchie con l’aiuto della magia (decisamente più efficace della combinazione di stoffa e saliva impiegata in precedenza), mentre Peter mise a frutto il GUFO in Incantesimi eliminando l’inchiostro e ricomponendo il calamaio con abili tocchi di bacchetta.
Dieci minuti di sforzi più tardi, il dormitorio e la sua piccola ospite furono finalmente in ordine e Remus e Peter tornarono al meritato riposo, lasciando la custodia della bimba a Sirius. Il ragazzo aveva intenzione di stuzzicare James proponendogli di dormire con lui, ma un’occhiata storta del Prefetto – che oltre che un licantropo era evidentemente un Legilimens – lo convinse a cambiare programma. «Noi abbiamo finito» sussurrò invece, chinandosi sulla caviglia dell’amico per rimarginare un graffietto sfuggito all’ispezione. «Ti fa male da qualche altra parte? James?»
L’interpellato non rispose, e per un’ottima ragione: quando Sirius lo guardò in faccia, scoprì che aveva gli occhi chiusi e l’espressione beata di chi si trova da un pezzo nel mondo dei sogni. «Oh, stai dormendo!» commentò impacciato, ignorando la risatina sfuggita all’autocontrollo di Remus. «Allora io… ti riporto a letto, va bene?»
James non replicò, lasciandosi docilmente trasportare nel suo giaciglio e rimboccare le coperte.
«Ti lascio la lucetta…»
Nessuna risposta.
«Buonanotte, James»
Salutato l’amico, Sirius tirò le tende e fece per tornare a letto, ma a metà strada decise di compiere un’ultima buona azione e lasciare veramente una luce per James, nel caso si fosse svegliato di nuovo. L’idea di tenere una lampada accesa e incustodita per tutta la notte non gli andava a genio, così bisbigliò un ordine alla propria bacchetta e quella si illuminò debolmente di una rassicurante luce rosata; la posò sul comodino di James, scostando le tende perché lui la vedesse, e si allontanò in silenzio, girandosi una decina di volte per verificare che fosse tutto a posto.
Quella notte, nessun abitante di Hogwarts dormì peggio di lui.

Il risveglio mattutino dei Grifondoro del sesto anno fu movimentato come quello notturno: alle sei e mezzo Sirius fu destato bruscamente da uno strillo acuto proveniente dal bagno, segno che James ne stava combinando un’altra delle sue. Si alzò borbottando maledizioni, si affacciò alla porta socchiusa e quello che vide bastò a gelargli il sangue: il suo migliore amico galleggiava a mezz’aria come un palloncino, sfiorando il soffitto con la testa.
«Sirius, aiutami!» gridò James appena lo vide. «Io… non riesco più a scendere!»
«Jamie, come diavolo hai fatto a finire lì?» urlò Sirius a sua volta.
«Volevo lavarmi da solo e ho preso la tua bacchetta per fare un incantesimo di levitazione, ma sono... sono finito troppo in alto!»
Il giovane Black, letteralmente fuori di sé, non pensò nemmeno a recuperare la propria bacchetta, che James aveva fatto cadere nel cesto dei panni, e si mise a saltellare, cercando inutilmente di afferrare la bambina per la caviglia e tirarla giù. Remus, richiamato dal trambusto, mantenne invece il proprio sangue freddo: spinse da parte il compagno, puntò la bacchetta ed esclamò «Finite incantatem!» Fu come se avesse tagliato un filo invisibile: la bambina precipitò con un gridolino di spavento ed atterrò pallida e tremante tra le braccia di Sirius.
«Te l’avevamo detto, James!» disse Remus scuotendo la testa. «E tu, Sirius, razza di imprudente, perché gli hai lasciato la bacchetta?»
Il ragazzo non rispose all’accusa del compagno di stanza, impegnato com’era a tenere James in equilibrio sul bordo del lavandino. «Non riprovarci mai più, sciocchina che non sei altro! Potevi farti male!» esclamò in tono severo, con una mano sotto il rubinetto per verificare che l’acqua non fosse troppo calda.
«Chiamami di nuovo sciocchina e sarai tu a farti male, Sirius!» ringhiò James guardandolo storto. «Non sono una mocciosa, dannazione!»
«Ma a volte ti comporti come se lo fossi» intervenne Remus. «So quanto sia difficile per te, ma cerca almeno di non rischiare l’osso del collo prima di colazione».
Le sagge parole del Prefetto ebbero il solo risultato di trasformare le rabbiose proteste della bimba in un sommesso brontolio; il piccolo Grifondoro accettò con malagrazia l’assistenza degli amici e tenne ostinatamente il muso a Sirius per tutto il tragitto fino alla Sala Grande, che compì arrancando sulle gambette paffute e trascinandosi dietro la borsa dei libri come se fosse un cane grasso e molto pigro. Giunto a destinazione ebbe un’altra sgradita sorpresa: la squadra di Quidditch era presente al gran completo – primo brutto segno, di solito Sabrina scendeva in ritardo e finiva di mangiare nei corridoi – e i giocatori si spintonavano e sgomitavano a vicenda, come per rimpallarsi un compito ingrato.
«Vai tu!»
«No, vai tu
«Ma io ho vinto a testa o croce!»
«Sì, ma sei uscito ai dadi!»
«Tocca a te, sei il più grande!»
«Scherzi? Sei tu la sua preferita!»
«Buongiorno, capitano!» disse Melanie all’improvviso, spingendo avanti Oliver e nascondendosi dietro di lui; gli altri si zittirono all’istante e fissarono James con aria colpevole.
«Che state combinando voialtri?» chiese il capitano sospettoso.
«Vedi… c’è un problema» cominciò il Portiere, a disagio. «Ieri sera la McGranitt ci ha parlato e, ecco…»
«Taglia corto, Oliver. Cosa c’è?» sospirò James, sospettando in cuor suo la risposta.
«Ti sostituiamo» disse Oliver in fretta. «La McGranitt dice che non puoi giocare in quelle condizioni».
Le orecchie del ragazzo assunsero all’istante il colore della divisa da Quidditch. «Come sarebbe a dire, non posso?» protestò indignato. «Perché non si può rimandare la partita?»
«Corvonero non vuole» spiegò Katie Lou. «Non vedono l’ora di batterci, sarebbero sciocchi a non cogliere l’occasione».
«Oh, sul serio?» replicò James in tono polemico. «E chi giocherà al mio posto, allora? Oh, già, che sbadato: dovrei chiedere al capitano
I giocatori accolsero la sfuriata a testa bassa, costernati; solo Louis ebbe il coraggio di assicurare, anche a nome dei compagni, che la squadra aveva deciso a malincuore di lasciarlo fuori, e solo perché la professoressa non intendeva fargli correre rischi. Ciò non servì a rasserenare James, che sbocconcellò la colazione senza appetito e si alzò da tavola per primo, diretto all’aula di Difesa contro le Arti Oscure con ben quaranta minuti di anticipo; Remus lo raggiunse a metà strada e si affiancò a lui senza offrirsi di portarlo in braccio, cosa di cui l’amico gli fu profondamente grato.
Trovarono il professor Stein già seduto alla cattedra, intento a prendere appunti su un grosso volume dall’aria antica. Era un uomo alto e smilzo, dal viso giovanile solcato da lunghe cicatrici, e benché avesse poco più di quarant’anni i suoi capelli folti e spettinati erano completamente grigi; si diceva che prima di insegnare a Hogwarts si fosse occupato a lungo di magia demoniaca e che i numerosi pericoli affrontati l’avessero condotto sull’orlo della pazzia, tanto da spingere il suo capo ad offrirgli (o imporgli) un anno di pausa.
Come Vitious il giorno prima, Stein non sembrò sorpreso quando vide entrare l’allievo; a differenza del collega, però, apparve decisamente interessato. «Ah, Potter!» mormorò, aggiustandosi gli occhiali sul naso. «Buffo, piccolo incidente il tuo, Lumacorno non ha fatto altro che parlarne a tavola».
«Ne ha visti altri del genere, professore?» chiese Remus curioso. Provava una sincera ammirazione per il nuovo insegnante, cosa che James non condivideva: secondo lui, Stein somigliava un po’troppo a uno scienziato pazzo.
Il professore si concesse un piccolo sorriso. «In verità, Lupin, ho visto più stranezze qui che in tutta la mia carriera, a partire dal babbeo di Corvonero che si è fatto Evanescere un alluce giusto ieri pomeriggio. E pensare che mi avevano raccontato che insegnare fosse un lavoro di tutto riposo».
Remus lo fissò affascinato, come per spronarlo a dire di più, ma gli occhi indagatori del cacciatore di demoni erano puntati su James. «Ma un caso come questo non l’avevo neppure immaginato, parola mia» disse piano, scrutando la piccola creatura che aveva di fronte come si apprestasse a sezionarla. «Ringiovanimento e cambio di sesso in una volta sola, davvero notevole… sarebbe interessante sapere se c’è stato anche un cambiamento interno…»
Il giovane Lupin non sembrò accorgersi della luce sinistra nello sguardo di Stein, così James dovette letteralmente trascinarlo fino ad un banco in fondo all’aula, dove si barricò dietro a una pila di libri. Remus, da persona ingenua e poco recettiva qual era, si rifiutò di prendere sul serio i suoi timori («Andiamo, Ramoso... non è possibile che Stein tagliuzzi gli studenti nei sotterranei, non crederai davvero a queste sciocchezze!»), ma James ebbe la sgradevole sensazione che il professore lo esaminasse con più attenzione del solito, forse meditando di utilizzarlo come cavia per qualcuno dei suoi orrendi esperimenti. L’arrivo di altri compagni per la lezione fu per lui un vero sollievo.
Quando tutti furono ai loro posti, con la bacchetta in mano e il manuale aperto, Stein chiuse il libro che stava consultando e scrutò la classe in attesa. «Oggi» annunciò a voce bassa, «vedremo cosa avete imparato sulla deviazione dei malefici. Sapete tutti produrre un Sortilegio Scudo in modo decente, ma ora è il momento di vederlo in azione: prendete le bacchette e dividetevi in due righe, in modo rapido e silenzioso».
Tutti obbedirono, mettendosi uno di fronte all’altro lungo i corridoi tra i banchi; James finse di non vedere Sirius, che si era incastrato tra lui e un ragazzo moro di Tassorosso.
«Ora» proseguì il professore, «la fila alla mia destra scaglierà una maledizione... niente di distruttivo, per favore, questa scuola è in piedi da secoli e non tocca a voi demolirla... e quella di sinistra cercherà di bloccarla. Dopodiché sarà la fila di sinistra ad attaccare e quella di destra a difendersi. Mi sono spiegato... sì, Potter?»
«Professore, io... non ho la bacchetta!» confessò James.
«La McGranitt me l’ha accennato, sì» confermò Stein con un cenno del capo. «Ma possiamo rimediare... ecco, Potter, tieni questo» e gli tese un oggetto lungo e sottile che aveva appena estratto dalla tasca.
James lo prese con cautela e se lo rigirò tra le dita, perplesso. «Professore, questo è...»
«Uno stuzzicadenti da spiedino» lo anticipò l’insegnante. «Si impugna come una bacchetta e per ripassare i movimenti dell’incantesimo è più che sufficiente; io starò alle tue spalle e farò esattamente quello che fai tu... giusto o sbagliato che sia».
Furioso, paonazzo, umiliato, il ragazzo afferrò con malgarbo lo spiedino e lo brandì con aria minacciosa contro il Tassorosso che aveva di fronte, ormai color Grifondoro per lo sforzo di trattenere una risata. La maledizione scagliata da questo lo colse impreparato, centrandolo dritto in un occhio.
«Finite incantatem!» mormorò pigramente Stein, ponendo fine all’atroce prurito scatenato dall’incantesimo. «Mettici più entusiasmo, Potter... vediamo come intoni quel Protego
James accolse con gioia feroce quel suggerimento: per i successivi trenta minuti fu l’incubo della classe, scagliando e deviando maledizioni con il suo misero stuzzicadenti, mentre la bacchetta di noce del professore si muoveva in perfetta sincronia con la sua mano, riproducendo il minimo errore nei suoi gesti e cogliendo ogni esitazione nelle formule.
«Ma non vale! Questo era perfetto!» protestò il ragazzo quando il sortilegio che aveva prodotto volò alto sopra la testa di Jeremy Hutton.
«Tenevi la mano troppo inclinata» lo smentì placidamente il professore. «L’avresti sbagliato ugualmente, se quella fosse stata una bacchetta vera».
James agitò lo spiedino con uno sibilo di esasperazione e l’incantesimo che scaturì dalla bacchetta di Stein mandò a gambe all’aria la Evans dall’altra parte della stanza.


Ci credete che questo capitolo è in lavorazione da aprile? In verità, a forza di aggiunte mi è sfuggito un tantino di mano, raggiungendo le sette-dico-sette pagine (e non è ancora finito!), così ho deciso di tagliarlo e offrirvelo come preda di guerra: ve lo meritate, dopo tanta attesa. Naturalmente non sono rimasta con le mani in mano - ho scritto parecchio per i concorsi, come potete vedere - ma mi sentivo sempre un po' in colpa vedendo questa storia sepolta sotto le altre.
Parliamo del professore di Difesa. I fan del manga
Soul Eater l'avranno riconosciuto: è Franken Stein, direttamente dalla Shibusen. Per chi non lo sapesse, Soul Eater è ambientato in una scuola fondata da Shinigami, il dio della morte, per preparare giovani dotati alla lotta contro le anime corrotte; Stein è un insegnante particolarmente preparato, molto stimato dagli studenti, ma anche temuto per i suoi attacchi di follia, durante i quali cerca di sezionare ogni essere vivente che gli capita a tiro (il povero James fa decisamente bene a preoccuparsi). Se volete saperne di più, vi ho trovato un articolo ben fatto su Wikia (in inglese) e una passabile scheda in italiano, giusto per farvi un'idea.

State pronti per il prossimo capitolo, in cui compariranno un grazioso criceto, un coniglietto e forse un unicorno. Grazie per l'attenzione.

   
 
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