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Autore: Grouper    23/10/2011    12 recensioni
‎'Buonanotte amore mio'; che poi mia non sei, che poi amore non è, che poi non è neanche notte,ma ho sonno, ti voglio, e per me, nonostante tutto sei mia. 'Buonanotte amore mio' che forse mia un pò lo sei sempre stata, che forse un giorno sarà amore, che forse la notte è già qui. 'Buonanotte amore mio' che voglio davvero che tu sia mia, che ora so che tutto questo è amore, che ormai la notte è davvero qui. 'Buonanotte amore mio' che oggi, ti amo anche io.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La mattina seguente Aurora si alzò non troppo volentieri: alla fine erano tornati a casa quasi alle due di notte, e non era sicuramente abituata a fare le ore piccole ormai da tanto tempo.
Si tolse le coperte di dosso e in contemporanea si levò i pantaloni del pigiama e la canottiera striminzita che le copriva a malapena l'ombelico, per poi tuffarsi sotto il getto dell'acqua calda della doccia. Era mattina presto, ed era buio; restò immobile sotto la doccia per dei buoni dieci minuti, senza usare nessun tipo di sapone, semplicemente godendosi il tepore dell'acqua che le scendeva dai capelli arruffati e le gocciolava sul viso, ancora asciutto. La sera prima era talmente esausta che appena si mise sotto le coperte, cadde in un sonno profondo, senza avere l'occasione di meditare. Prese quel momento di relax come un'occasione per pensare e ripercorrere ciò che era successo poche ore prima. L'aveva perdonato, e il motivo stava fondamentalmente nel fatto che non si era mai arrabbiata con Zayn, ma solo con se stessa per averlo messo nelle condizioni di scappare. Avevo paura di innamorarmi troppo, ma penso che per quello me ne sono andato troppo tardi” Perchè avere paura di amare una persona come Aurora? Cosa aveva di così sbagliato, di così spaventoso da mettere qualcuno tanta soggezione da sentire l'esigenza di allontanarsi per paura di legarsi troppo? Quasi non accorgendosene, Aurora scoppiò a piangere in silenzio, portando entrambi i palmi delle mani sul viso bagnato da acqua e lacrime. Non piangeva per il presente, o per lo meno così credeva; per tutto quel tempo era stato inutile cercare qualche comportamento sbagliato, qualche mossa fatta male, un passo falso, quando in realtà il motivo per cui Zayn se n'era andato era Aurora in sé e per sé, non un avvenimento specifico. Zayn l'aveva lasciata, per amore, odio, paura, quello che vogliamo, ma l'aveva lasciata a prescindere. Ripensò a quell'urlare continuo che nessuno poteva sentire. Nessuno aveva mai potuto capire la situazione di Aurora dopo che Zayn se n'era andato, nemmeno il padre riusciva a comprendere come qualcuno potesse essere così importante. E poi, lentamente, il dolore scomparì, Aurora riuscì ad allontanarsi da questo precipizio e ad andare avanti con la sua vita.
Quella sera aveva scoperto che lei era la causa per cui Zayn l'aveva lasciata. Lei era la causa del suo stesso male, proprio come aveva ipotizzato per tutto quel tempo, ma in realtà non ci aveva mai voluto credere fino in fondo. Concluse quel vagare caotico di pensieri, stufa di riempirsi la testa di domande, plausibili risposte, ragionamenti logici che non potevano necessariamente spiegare l'istinto di una persona. In modo sicuro, chiuse il getto d'acqua della doccia e in poco più di mezz'ora finì di prepararsi per andare all'università. Uscì di casa e il vento gelido si scaglio sul viso di Aurora senza fare troppi complimenti: nascose il naso e la bocca tra le pieghe della sciarpa che si arrotolava tutt'intorno al collo. L'avrebbe visto anche quella mattina, e probabilmente anche il giorno dopo, il giorno dopo ancora, e il giorno dopo ancora; l'aveva detto pure a lui, o forse più a se stessa: avrebbe imparato a convivere con questo fatto. Era convinta di volerlo fare, ovviamente, ma poco di riuscirci. Arrivò alla stazione della metro, come ogni giorno; si mise a sedere sulla panchina davanti alle rotaie, ma non dovette aspettare troppo per vedere i vagoni sfrecciarle davanti e rallentare a poco a poco. Prese la borsa che aveva lasciato accanto a sé, e si avvicinò alla porta scorrevole che rifletteva il suo viso stanco; quando le ante si aprirono, una ragazzo alto, riccio, troppo preso dalla lettura del suo libro, nell'uscire frenetico della massa, diede una botta ad Aurora che, al contrario del ragazzo, stava cercando di entrare. Questo non alzò nemmeno lo sguardo e in pochi secondi Aurora lo perse di vista e lo vide scomparire tra la folla che scendeva e saliva le scale.
L'aveva riconosciuto, ne era quasi certa: era il ragazzo della metro, sì. Quello con la voce bella. Si girò di nuovo e aprì il libro che da troppi giorni restava chiuso sulla stessa pagina, e continuò a leggerlo per il resto del tragitto, senza pensieri.
Quando arrivò in classe era davvero presto, circa venti minuti di anticipo; si mise a sedere sullo stesso posto della settimana precedente. Presa dalla noia cominciò a contare le doppie punte dei capelli e a staccarle con le unghie. Una decina di minuti dopo arrivò Beatrice; quella mattina era bellissima: aveva un golf enorme color crema e un paio di calze scure ricamate con una fantasia floreale, e un paio di stivali bassi. Non era la tipica ragazza magra dalle gambe chilometriche, niente del genere; era alta, sì, ma aveva il fisico da atleta: gambe robuste, spalle larghissime e un portamento comunque elegante, ma quello che la rendeva stupenda erano gli occhi tra il verde e il blu: le illuminavano il viso anche con due occhiaie lunghe fino ai piedi. Con poche falcate raggiunse la pedana dove era seduta Aurora, che la salutò con un grande sorriso.
“Buongiorno!” esordì Beatrice sedendosi accanto alla ragazza.
“Buongiorno a te.” rispose Aurora. Beatrice continuò a guardarla con un'espressione curiosa in volto e un piccolo sorriso. Vedendo l'amica stranita da quell'espressione, alzò le sopracciglia e disse a bassa voce: “Allora? Com'è andata ieri?”
Aurora strabuzzò gli occhi “Oh, già! Bene, sì. Penso...” disse con un po' di incertezza sull'ultima parola e portando lo sguardo sulla porta cigolante dell'aula. Beatrice fece lo stesso, e uno Zayn dalla faccia esausta si fece strada all'interno della classe insieme ad altri tre ragazzi che però non sembrava conoscere. Si mise a sedere senza guardarsi nemmeno attorno, probabilmente troppo stanco e addormentato; passò qualche secondo, e Aurora non smuoveva gli occhi dal ragazzo.
Beatrice alzò un sopracciglio. “Vai, racconta.” disse con tono quasi rassegnato, come a dire 'ecco, lo sapevo...' . Aurora scosse la testa, e tornò sugli occhi chiari dell'amica. “E' andata bene. Voglio dire, che doveva succedere? Ci siamo parlati e abbiamo chiarito, a modo nostro ma abbiamo chiarito.” fece una pausa “In fondo che mi sarei dovuta aspettare? Una di quelle scene da film dove lui torna da lei in lacrime e le dice che è ancora innamorato e vissero tutti felici e contenti?” scosse la testa e con nonchalance si girò verso Zayn che questa volta fece la stessa mossa in contemporanea. Lui le sorrise e la salutò con la mano; Aurora ricambiò con un timido sorriso e un cenno del capo, per poi tornare al discorso con Beatrice che la guardava di sottecchi.
“Ma l'avresti voluto?” chiese con un tono dolcissimo. Aurora gonfiò il petto e subito dopo sospirò restando con la bocca aperta senza sapere per un attimo cosa rispondere.
“Non lo so... No, credo. E' così complicato, Bea, non puoi nemmeno immaginare.” cominciò a torturarsi le unghie freneticamente: Beatrice mise le mani sopra le sue, per farla calmare, e la guardò comprensiva. “Posso provarci, però.” Aurora sospirò di nuovo, avvolta in mille pensieri: chi altro aveva con cui parlare? Il padre, certo, ma ormai lo conosceva a memoria quell'uomo, sapeva il suo dizionario di perle di saggezza a memoria, e poteva tranquillamente indovinare cosa le avrebbe detto anche in quelle circostanze. Aveva bisogno di una persona nuova, una mente nuova con opinioni diverse.
“Terrò sempre a lui, non potrà mai essere altrimenti. E' stata la miglior cosa che mi potesse capitare, e lo so che suona tremendamente alla Twilight, però credimi: è così, anche se mi ha fatto soffrire come pochi.” disse sorridendo con lo sguardo basso. Poi lo alzò e Beatrice, che la stava ascoltando con attenzione, le si rivolse: “Che ne dici di studiare insieme oggi pomeriggio? Così magari prima parliamo per bene e poi ci tuffiamo nei libri.”
“Perchè no!” disse Aurora sorpresa: era come se le avesse letto nel pensiero e avesse capito che aveva bisogno di qualcuno di nuovo con cui parlare.
A lezione finita le due ragazze si avviarono verso la porta della classe, e fu inevitabile imbattersi in Zayn. Ci fu un momento di imbarazzo, più per Aurora che altri.
“Ehi Zayn!” fu il saluto più naturale che riuscisse ad uscirle dalla bocca, ma che in realtà suonò più come un gridolino isterico.
“Ciao Rory.” In quel momento il cuore di Aurora decise di cambiare la routine solita, e cominciò a correre all'impazzata da una parte all'altra della sua cassa toracica. 'Merda!' pensò tra sé e sé la ragazza, per poi accorgersi che Beatrice se ne stava dietro di lei come fosse un terzo incomodo.
“Oh, scusate, non vi ho presentati: Beatrice, Zayn. Zayn, Beatrice!” disse fingendosi entusiasta. I due ragazzi si scambiarono uno sguardo strano, quasi complice, e due sorrisi enormi si aprirono sui loro volti. Aurora guardò quella scena non poco infastidita, e dopo qualche secondo durante i quali i due non sembravano volersi staccare, ad alta voce disse: “Bene, ora dobbiamo andare.” e fece un passo tra i due così da far sciogliere la loro stretta di mano. “Ci vediamo in giro, Zayn.” disse infine per poi allontanarsi con Beatrice.
Si avviarono per i corridoi e non volò una mosca tra le due: Aurora teneva le braccia conserte, il mento rivolto verso l'alto e il passo falcato, Beatrice invece la seguiva a stento con sguardo confuso.
“Che cos'era quello?” disse all'improvviso Aurora fermandosi accanto alla biblioteca. L'amica la guardò confusa e assumendo una strana espressione in volto. Aurora sospirò e in un attimo tornò in sé: “Scusa, lascia stare.” disse scuotendo la testa e toccandosela con una mano. “Entriamo?”
Beatrice le sorrise: “Sì, certo. A quest'ora non c'è molta gente dentro, nessuno si arrabbierà se chiacchieriamo un po'.” disse così e aprì la porta della biblioteca. Si misero a sedere in un angolo lontano, così da non disturbare nessuno. Passò qualche minuto in cui le due amiche parlarono del più e del meno, e poi Beatrice decise di portare in campo quel tabù, che tabù più di tanto non era: ciò che era proibito, o più che proibito, doloroso per Aurora da raccontare, erano i dettagli, era andare a fondo della questione, e Beatrice la voleva aiutare.
“Come vi siete conosciuti? Voglio dire: come siete arrivati ad uscire insieme?”
Aurora sospirò. “E' arrivato il penultimo anno di liceo. L'ho conosciuto come compagno di laboratorio a chimica.” sorrise al ricordo. “Si è presentato dicendomi: 'Mi dispiace per te ma sono il tuo nuovo compagno di laboratorio. Sono una frana con pozioni e provette, penso che dovrai arrangiarti da sola per quest'anno.' Io lo guardai malissimo, ma allo stesso tempo, per la prima volta nella mia vita, quello fu un colpo di fulmine, almeno per me.” Aurora parlava fissandosi le mani, completamente presa dai vecchi ricordi. “Non so il motivo, ma per gran parte dell'anno non ci parlammo molto: la nostra fu una conoscenza lenta e calibrata. Parlavamo poco, ma quel poco ogni volta ci apriva sempre un po' di più all'altro. Così arrivammo a fine anno, più o meno, che eravamo diventati amici, per così dire; io sapevo di provare qualcosa di più, ma inesperta quale ero, decisi di rimanere chiusa nel mio guscio e non dire niente, finchè fu lui, un giorno come gli altri, alla fine della lezione a propormi di uscire insieme.” un grande sorriso si aprì sui volti delle ragazze: Beatrice presa dalla storia come fosse un libro, e Aurora presa dai ricordi. “Siamo andati avanti per un mese ad uscire insieme senza mai baciarci, e ti assicuro: ci vedevamo minimo ogni due giorni.” Beatrice alzò un sopracciglio: “Scusa, e che facevate tutto il tempo?” chiese soffocando una risata.
“Parlavamo. Invece di stare sotto le coperte, facevamo l'amore con le parole in un certo senso. Era come se avessimo l'urgenza di rimediare ai silenzi e alle poche parole del passato.” le rispose con un sorriso dolcissimo in viso. “Un giorno decise di uscire la sera tardi, erano quasi le due: sgattaiolai fuori di casa senza che papà mi sentisse e andammo a Brighton, e lì passammo tutta la notte a parlare e a litigare, ovviamente. Litigavamo in continuazione, ma erano liti pacifiche: ci prendevamo in giro anche pesantemente, finivamo per insultarci -più io che lui-, però alla fine scappava sempre un sorriso e un abbraccio che ci faceva riconciliare. Restammò là fino all'alba: erano le cinque e mezza e il sole ancora non era sorto, però si poteva intravedere la luce pallida sull'orizzonte del mare. Fu in quel momento che ci baciammo per la prima volta, e nessun aggettivo, nessuna parola può descrivere quel momento.” gli occhi di Aurora diventarono due pietre luminose, cariche di felicità e commozione. Erano indescrivibili, e Beatrice ne rimase colpita e affascinata. Aurora si strinse nelle spalle e abbozzò un sorriso, come a dire che non aveva altro da dire.
“E com'è finita?” chiese la mora con tono cauto e delicato.
L'espressione di Aurora cambiò all'improvviso, incupendosi leggermente. “Un anno dopo, alla fine degli esami finali, avevamo chiesto ai nostri genitori come regalo per la promozione di permetterci di andare nella casa al mare di Zayn, a Brighton, per l'appunto. Abbiamo passato circa un mese e mezzo là, probabilmente il migliore della mia vita, un po' burrascoso, ma meraviglioso.” fece una piccola pausa, e poi riprese. “Un giorno mi svegliai e Zayn non c'era. Lo cercai in lungo e in largo, e poi trovai una lettera sulla veranda.” Se la ricordava ancora quella lettera: era là, sotto ad una conchiglia, quella conchiglia che avevano trovato insieme nella loro prima passeggiata in riva al mare. Era là, coperta da qualche granello di sabbia, un po' stropicciata, che poi di lettera non si poteva parlare. Peggio, era un messaggio: un piccolo insieme di parole che ricordi molto più facilmente.
“E cosa c'era scritto?” chiese Beatrice dopo quasi un minuto di silenzio. Aurora esitò un attimo ma poi, con lo sguardo perso nel vuoto, cominciò a ripetere quelle parole che ormai sapeva a memoria. “Ti resterò impresso come il primo amore, come quella telefonata che stai aspettando e che sembra non arrivare mai, come le nostre orme sulla sabbia bagnata, come il profumo delle nostre cioccolate calde. Ti resterò impresso come il cielo azzurro dopo una tempesta, come il ricordo del nostro amore simile ad un uragano. Resterò: come quando sorridi e ti giri a cercarmi anche se io non ci sono. Scusa Rory, ma devo andare per la mia strada.” Pronunciò ogni parola con assoluta apatia, cercando di non far trapelare nessuna emozione, quando in realtà solo ripensare a quella breve lettera le faceva un male atroce. Beatrice le prese una mano e la strinse dolcemente.
“Posso immaginare quanto ti abbia ferita la scomparsa di Zayn, posso capirlo, l'ho visto da come l'hai raccontato.” stava per continuare, ma Aurora la interruppe: “Nessuno capirò mai quanto ha fatto male.” disse fredda.
Beatrice sospirò: “Forse no, ma se me lo spiegassi potrei provarci.” disse sempre dolcemente.
“E' come se urlassi, e non ti sentisse nessuno. Ti senti sull'orlo di un precipizio, come se nessuno ti possa salvare; e quando finisce, quando se ne va tutto il dolore, per un momento desideri quasi averlo indietro. Ecco come mi sono sentita per mesi interi.” disse a fior di lacrime Aurora.
“Lo ami ancora, vero?” chiese Beatrice dopo una breve pausa.
Aurora sgranò gli occhi, ritornando al presente: “No!” disse con tono quasi isterico. “No. E' passato, sono andata avanti. Come ti ho già detto terrò sempre a lui, ci incontreremo, e saremo felici di continuare a far parte l'uno della vita dell'altro, ma non torneremo mai insieme, perchè penso che un amore così non torni indietro.” disse Aurora giungendo ad una conclusione del tutto nuova in pochi secondi. Rimase a pensare per qualche istante a ciò che aveva appena detto: probabilmente era la verità, o forse no.
“Quindi è finita?” chiese infine Beatrice con inaspettata curiosità.
“Sì.” rispose Aurora con voce tremante, ignorando il tono curioso dell'amica. “Ma, se qualcuno lo facesse soffrire, non ci goderei, anzi: la prenderei a manganellate, sia ben chiaro.” concluse Aurora e sul volto di entrambe scoppiò una risata, non troppo felice da parte di Beatrice.
“Ora è meglio studiare.” disse la ragazza italiana prendendo i libri dalla borsa; Aurora annuì e fece altrettanto. Dopo un'oretta scarsa Aurora non aveva ancora combinato niente: era ferma alla prima pagina di diritto, troppo presa da pensieri confusi che non riusciva nemmeno lei a seguire, ma che la distraevano e basta dallo studio. Chiuse il libro e sbuffando si rivolse a Beatrice: “Scusa Bea, ma non riesco a concentrarmi: e' meglio che vada a casa. Ci vediamo domani” disse gentilmente e dandole un bacio sulla guancia. In realtà aveva solo voglia di stare in giro e sì, perchè no, fare anche un po' di shopping. Si perse tra qualche boutique locale dove comprò tre sciarpe e un cappello di lana, per poi fermarsi in un coffee-shop poco lontano dalla fermata della metro. Ordinò un caffè lungo e dopo essersi seduta in un angolo accanto alla finestra, tirò fuori il libro che aveva ripreso a leggere quella mattina. La luce bianca del sole coperto dalle nuvole e l'arredamento in legno scuro del locale le regalavano la miglior atmosfera per rilassarsi e tuffarsi beatamente nelle pagine della storia.
“Dev'essere un bel libro, sorridi in continuazione.” Aurora sentì una voce provenire dalla sua destra. Per un momento le sembrò di riconoscerla: alzò lo sguardo e non riuscì ad evitare un sorriso, nonostante fosse sorpresa.
“Sono al punto in cui lui si alza dalla sedia a rotelle.” disse Aurora. Il ragazzo si aprì in un sorriso luminoso. “Perchè non ti siedi invece di stare là impalato?” disse la ragazza alzando un sopracciglio e indicando con la testa il posto vuoto davanti a lei.
“Discutere su libri non è esattamente il modo migliore per conoscerci.” disse il ragazzo mettendosi a sedere.
“Oh, io lo trovo perfetto.” rispose Aurora. “Ne conosci uno migliore, per caso?”
“Sì, presentarsi.” disse beffardo lui allungando la mano verso Aurora. “Piacere, Harry.”
Aurora sorrise, appoggiò il libro sulle ginocchia, e ricambiò la stretta di mano: “Aurora.” 


Nota beeeeeeeeeeeeeeene: 
Mi saprete mai perdonare per il ritardo MOSTRUOSO? Sì, vero?! çwç 
Chiedo umilmente perdono, ma ho avuto un qualcosa come dieci giorni di FUOCO a dire poco. Sono cominciate le interrogazioni toste e i compiti in classe, e fino ad ora tutto è andato perfettamente ( a parte la versione di greco: penso di aver preso 3 se non meno. Ma non pensiamoci! ç_ç ) 
Spero di non avervi confuso con la mente contorta di questa ragazza, mi rivedo davvero tanto in lei e quindi quel che provo lo metto giù.  Okay, scappo che devo ripassare letteratura greca. Questa scuola mi sta uccidendo, scusate se trascuro la storia ! Ma penso di essermi fatta perdonare con la lunghezza assurda di questo capitolo :D 
Un bacio grande e tante caramelle *tira* 
vichi.

ps- l'immagine la metto domani, ora devo lavarmi i capelli ahahah. notte a tutti!

  
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