Salve! Ecco un
nuovo capitolo! Spero vi piaccia!
Piano piano le cose si stanno sviluppando e fra poco scoprirete una
cosa KUKUKU
*-*.
Ora
l’angolo dei ringraziamenti. Grazie di cuore a:
Stella_Oscura; FairyCleo; Shannara_810; Edian.
EVERYTHING
CHANGES
Giselle cercava
disperatamente di non ricadere nell’incoscienza,
di mantenere in funzione la mente, di capire ciò che
avveniva intorno a lei, ma
quasi sempre i suoi sforzi risultavano vani. Aveva dei momenti di
lucidità in
cui vedeva altre persone e avvertiva sensazioni dolorose; poi, di suoni
e di
immagini del quale non afferrava nulla.
Adesso stava di
nuovo tornando alla realtà. C’era un
uomo curvo su di lei … un momento! L’aveva
già visto. Riconosceva quel volto.
Sì! L’aveva ferito al viso quando aveva tentato di
portare via la sua bambina,
Costanza.
Una collera
selvaggia le liberò nel sangue una
scarica di adrenalina e restituì il movimento alle sue
membra: tese un braccio
ed affondò le unghie nel collo dell’uomo.
Alaric
urlò e fece un balzo indietro; si portò una
mano alla zona lesa e, quando la ritirò, era sporca di
sangue.
Quella strega
gliel’aveva fatta di nuovo! Furibondo,
si chinò su di lei e la colpì con violenza.
Giselle
spalancò le iridi castane e il suo capo
tornò a terra facendola tornare in uno stato di semi
incoscienza.
Immagini confuse
si fecero strada in lei ed il
terrore la paralizzò. La sua bambina, la sua Costanza!
Aprì
le labbra in un gemito muto prima di vedere
Alaric cadere a terra così come tutti gli uomini di quel
brigante.
Era un sogno?
La donna
sbatté più volte le palpebre e un altro
uomo si chinò su di lei sollevandola. Rabbrividì
impaurita e perse nuovamente i
sensi.
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Quel mattino
Merlino, appena arrivato nelle stanze
del principe, aprì le tende con un gesto secco rivelando nel
grande letto a
baldacchino due figure che abbracciate si stavano svegliando a
quell’improvvisa
e fastidiosa luce.
Il giovane mago
fece una piccola smorfia di disappunto
ed uscì dalla stanza per poi rientrarvi qualche secondo dopo
con un vassoio
riccamente riempito di ogni prelibatezza. Solo il meglio per il
principe e la
sua fidanzata, pensò Merlino poggiando con poca grazia
l’oggetto sul grande
tavolo in legno di quercia creando un fastidioso rumore che si sparse
per la
stanza.
La reazione di
Arthur non fu
proprio cordiale. Si erse con il busto e
afferrato un cuscino glielo lanciò contro, naturalmente
l’oggetto fu abilmente
schivato dal valletto che semplicemente lo raccolse da terra e si
avvicinò al
letto reale osservando come Gwen si fosse messa a sedere poggiando la
gota
sulla spalla dell’asino.
Nascose
abilmente una smorfia di dolore e d’istinto buttò
il cuscino sul viso del biondo elargendo uno scocciato
“E’ pronta la colazione”
prima di sparire in gran fretta.
A differenza
della settimana precedente, Merlino era
diventato totalmente insofferente alla vista della coppia reale.
Ogni qual volta
li incrociava sentiva la magia
scorrergli nelle vene creandogli un forte fastidio e dolore che si
spargeva con
velocità in tutto il corpo.
Una rabbia
improvvisa gli appesantiva il cervello e
la razionalità veniva soffocata pian piano lasciando posto
all’istinto.
Gli pareva che
ogni giorno quella sensazione
peggiorasse e non gli lasciasse scampo, tanto che avrebbe preferito a
volte che
Uther condannasse Gwen ingiustamente allontanandola dal principe; poi,
però,
scuoteva il capo e si rimproverava per quel maligno pensiero.
Gwen era sua
amica ed era felice che avesse trovato
la felicità in Arthur giusto? MENZOGNE! Non era felice e non
poteva far altro
che maledirsi più e più volte per quel sentimento
che lo stava corrodendo dall’interno.
Maledizione!
Giselle
sentì una mano posarsi sul suo braccio ed
udì la voce di Costanza sussurrare: “Mamma, stai
bene?”.
La donna sorrise
ed annuì stancamente. La sua
Costanza era viva ed era con lei. Ringraziò gli Dei ed
alzò il viso scorgendo
il volto di quell’uomo che a quanto pare era il suo
salvatore. “Grazie mille
signore” mugolò mettendosi a sedere a fatica
aiutata dalla figlia che si
prodigò a tenerla sollevata.
“Io
sono qui per aiutare voi signora, per aiutare
chiunque sia in difficoltà” rispose lui riponendo
la spada nel fodero con un
gesto fluido.
“Chi
siete?” chiese lei abbracciando la figlia con
dolcezza, quasi a volersi accertare che fosse davvero salva.
Lui la
guardò e con un sorriso raggiante mise una mano
al suo fianco fiero di ciò che era e che faceva.
“Sono Perceval e farò tutto
ciò che è nelle mie possibilità
affinché nessuno nella vostra condizione sia
più vittima dei briganti!” esclamò.
Giselle rise e
diede un bacio sulla guancia della
piccola Costanza che si staccò dalla madre abbracciando la
vita di quel signore
che sobbalzò sorpreso.
“Voi
siete un gigante buono!” esclamò la bambina
facendo nascere sul volto di Perceval un tenero sorriso.
Era questo che
lo faceva star bene. La gratitudine e
il vedere una famiglia di nuovo riunita.
“Complimenti
Merlino!” esclamò il mago a se stesso
“ora
non solo il principe ti riempirà di compiti, ma crede anche
che sei geloso!”.
Il moretto si
chinò a terra e raccolse l’ennesimo
ceppo per ravvivare il focolare reale.
Quando era
tornato nelle stanze di Arthur, poco più
tardi quella stessa mattina, questi lo aveva osservato con cipiglio
severo
tamburellando le dita sul tavolo.
Merlino gli
aveva restituito lo sguardo grato che
Gwen non fosse al suo fianco come ormai succedeva spesso.
Solo qualche
minuto dopo il biondo aveva stancamente
posato la schiena sulla morbida sedia e si era passato una mano sul
viso
massaggiandosi gli occhi.
Il servitore era
rimasto fermo in attesa di
qualsiasi reazione prima che appunto il principe lo accusasse di
essere
geloso dei sentimenti che provava per Gwen perché in qualche
modo anche lui ne
era invaghito.
Baggianate!
Merlino era
rimasto totalmente scioccato, che ciò
che ne era conseguito dopo non gli aveva dato peso.
Quell’asino
…
quel brutto asino borioso e senza cervello credeva che LUI nutrisse dei
sentimenti per Gwen!
Si era per caso
ammattito? Il giovane mago ne era
certo.
Lui …
invaghito della sua amica, ora divenuta
fastidioso soprammobile nelle stanze di Arthur, roba da pazzi!
Sospirò
buttandosi seduto a terra tenendo la legna
stretta al petto in un’espressione infantile.
Non era preso
per Gwen, anzi … in un momento di
confessione con Lancillotto l’aveva per giunta apostrofata vacca riuscendo a zittire
l’amico scioccato da quella cattiveria.
Merlino ne era
rimasto sconvolto quanto lui, tanto
che tentò di giustificarsi, di far capire che quel termine
era rotolato fuori
dalla sua bocca senza pensarci, invano.
Lancillotto
aveva solamente posato una mano sul suo
capo e ridacchiato mestamente per poi confessare di aver chiamato spesso
Arthur, porco.
Il valletto
aveva riso sguaiatamente aggiungendo con
un pizzico di bambinesca ripicca che Arthur era sì un porco,
ma reale!
Merlino si morse
il labbro inferiore sorridendo
segretamente a quelle piccole confessioni che avevano risollevato il
morale di
entrambi.
Lancillotto era
davvero un buon amico, pensò prima
che una freccia si conficcasse nella sua coscia facendolo urlare dal
dolore.
Che succedeva?
Si
guardò attorno e portò una mano
all’oggetto
notando come pian piano il suo pantalone si colorasse di cremisi.
Sgranò
gli occhi ed estrasse, facendo violenza su se
stesso, la freccia
buttandola a terra,
prima che due briganti armati sbucassero davanti a lui sguainando la
spada.
“Oh
guarda guarda chi abbiamo qui? Un topolino
indifeso” gracchiò uno di loro assottigliando gli
occhi.
Il compagno lo
tenne puntato con la balestra e si
leccò le labbra. “Eddard credo che avremmo un
po’ di divertimento oggi” esclamò
avvicinandosi al mago che teneva le mani premute contro la ferita,
imbrattandole di sangue.
Li
guardò negli occhi ma non accadde nulla perché,
Gwaine, si era parato davanti a lui con la spada in mano pronto a
combattere.
“Non
dovreste prendervela con chi
non può difendersi!” esclamò
scagliandosi
contro i due.
L’uomo
armato di balestra alzò l’arma pronto a colpire
il suo salvatore ma prima che potesse scoccare la freccia, Merlino
sussurrò un
incantesimo facendola volare via dalle sue mani.
Gwaine
continuò a battersi contro colui che aveva
sentito chiamarsi Eddard, tentando anche di curarsi del compagno che
persa la
balestra aveva tirato fuori la spada avventandosi contro
l’avversario.
Il mago lo
guardò tentando di focalizzare la vista
su uno dei due briganti, ma questa pareva non dargli ascolto.
Allungò
un braccio a fatica sentendo la testa
pesante prima che un altro uomo, un gigante, si abbattesse su uno dei
due dando
man forte a Gwaine che quando si girò esclamò un
sorpreso –Perceval!- pima di
abbassare il capo evitando che la spada lo decapitasse.
La battaglia
durò qualche minuto prima che i due
malviventi cadessero a terra storditi.
“Gwaine!”
disse Perceval abbracciando l’amico che ricambiò
goffamente la stretta.
“Ehy
omone!” rispose il castano passandosi una mano
fra i capelli umidicci prima di spostare il suo sguardo su Merlino che
pian
piano stava scivolando nell’incoscienza.
Si
precipitò da occhi-blu, come l’aveva ormai
ribattezzato e gli passo una mano sul viso osservando la ferita.
Imprecò
strappandosi un lembo della casacca.
“Aiutami
Perc! Dobbiamo portarlo a Camelot!” esclamò
allacciandogli l’improvvisata benda alla ferita per fermare
il flusso di
sangue.
Il
‘gigante’ non appena l’amico ebbe finito
lo prese
in braccio senza fatica dirigendosi verso la città
capitanato dal castano che
gli fece strada controllando più e più volte che
nessun altro brigante spuntasse
fuori da qualche arbusto.
Merlino aveva
bisogno delle cure dell’anziano
cerusico con il quale viveva.
Quando il moro
riaprì gli occhi si ritrovò il viso
di Arthur e quasi credettte di avere una visione. Era davvero lui?
Sorrise
stupidamente prima di focalizzare meglio la
figura. Era Gwaine, pensò amaramente.
Ovvio
… Arthur non si sarebbe premurato di venir da
lui, si disse come a rimproverarsi da solo per averci sperato.
Si
leccò le labbra secche e si concentrò su di esso
che gli sorrise impertinente carezzandogli i capelli.
“Pensavo
che non avrei più rivisto i tuoi occhi”
sussurrò creando un insolita sensazione nello stomaco del
servitore che
tossicchiò un poco imbarazzato.
“Grazie
per avermi salvato! Se non ci fossi stato tu
…” rispose facendo arrossire stranamente Gwaine
che si grattò il collo.
“In
realtà ti avevo seguito … andare nella foresta
da solo, senza un’arma con i tempi che corrono
…” spiegò facendo spallucce.
“Beh
… grazie lo stesso” disse di nuovo prima che
due labbra si posarono sulle sue in un piccolo bacio che pian piano si
fece più
audace. Le labbra massaggiarono quelle del mago che docilmente le
schiuse,
lasciando che la lingua di Gwaine toccasse la sua in una piccola danza.
Merlino chiuse
totalmente gli occhi e si concentrò
su quelle labbra, quella lingua e quella barba che gli graffiava
piacevolmente
il viso.
Lui amava
Arthur, ma quel bacio lo rasserenava. Era
un egoista, pensò scontento di se stesso.
Sentì
una mano calda e ruvida posarsi sulla sua
guancia ed alzò di poco il capo d’istinto prima
che un tonfo violento lo
riscuotesse.
Gwaine si
staccò girandosi e si trovò di fronte un
uomo biondo vestito con un paio di pantaloni ed una casacca rossa.
Questi lo
osservò malevolo e posò il suo sguardo
azzurro su Merlino che lo sostenne a sua volta.
“Non
credevo fossi così impegnato” sbottò
improvvisamente Arthur battendo il piede a terra come a voler rimarcare
il
concetto.
“Non
rimproveratemi Arthur, voi siete impegnato in
queste attività molto più spesso di quanto
dovreste” rispose a tono il moro
ricevendo in risposta un piccolo ringhio.
“Credevo
fosti innamorato della mia fidanzata ed
invece scopro che ti piacciono gli uomini” storse il naso
“da taverna a quanto
sento”.
Perceval, che
fino a quel momento era rimasto in
disparte, si alzò dalla piccola sedia offertagli da Gaius
qualche ora prima e
si parò davanti al biondo.
“Non
potete parlare così di Gwaine! Non lo
conoscete. E’ un uomo di tutto rispetto che ha salvato
Merlino da uno stupro o
morte certa!”.
Arthur
spalancò gli occhi ma non osò chiedere scusa.
“Naturalmente salvandolo ha voluto un bacio come
ricompensa!” ribatté irritato “e
naturalmente Merlino da brava meretrice ha deciso di concedergli di
più!” finì
pentendosi mentalmente di quell’insulto che
provocò dolore negli occhi del mago
e sdegno in quello dei due uomini. “Quando avrai finito con
loro due ti aspetto
nelle mie stanze, hai del lavoro da compiere!”.
Detto
ciò il principe abbandonò le stanze del
servitore sentendo un forte dolore al petto e lo stomaco in subbuglio.
Quando aveva
visto quel Gwaine baciare il suo
servitore aveva provato una rabbia che gli aveva pervaso il corpo.
Non era gelosia
… era solo rabbia perché il suo
servitore aveva osato avere una relazione omosessuale senza il suo
consenso,
ovvio.
Sospirò
pensando alla sua dolce Ginevra e ripensò a
come aveva sbagliato a giudicare Merlino geloso di lui.
Il valletto
aveva una relazione con Lancillotto ed
ora con quel Gwaine! Ne era certo!
Quel pensiero,
tuttavia, non lo rallegrò, anzi … lo
fece fremere ancora più di rabbia senza motivazione.
Diede un calcio
al muro e si allontanò dalle stanze
del medico di corte di tutta fretta. Aveva bisogno di sfogarsi ed un
buon
allenamento con la spada lo avrebbe aiutato.
“Ma
chi si crede di essere quel … quel biondo”
sbottò Gwaine marciando avanti ed indietro per la stanza,
mentre Perceval si
era seduto al capezzale di Merlino presentandosi in principio, per poi
controllare la ferita.
“Il
principe ereditario di Camelot e futuro Re”
rispose Merlino zittendo il castano che guardò Perceval con
occhi sgranati.
“I
nobili mi piacciono sempre meno” brontolò
incrociando le braccia al petto, venendo trascinato fuori dal gigante
che
sorrise bonario al giovane mago.
“Torneremo
fra qualche ora, riposa Merlino” mormorò
chiudendo la porta.
Gwaine
sbuffò e diede una pacca sulla spalla dell’amico
che lo guardò stranamente.
“Sei
interessato a lui?” domandò Perceval
sistemandosi la spada alla vita.
Il castano lo
guardò dritto negli occhi prima di ridere
“E’ così evidente?”.
Si
voltò ed iniziò a camminare per i corridoi
“Andiamo
alla taverna allora? Hanno dell’ottimo idromele!”
esclamò allegro lasciandosi
dietro un Perceval che chinò leggermente il capo amareggiato
prima di
mascherare la delusione di quella confessione con un sorriso falso.
“Alla
taverna!”.
To be continued
…