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Autore: Charlotte Doyle    02/07/2006    0 recensioni
Non hai mai sentito dire che la bellezza delle cose ama nascondersi? Cinque Grifondoro (Harry, Ron, Hermione, Neville e Ginny), e un mistero sulle macchinazioni di certi Serpeverde... (Ora Completa)
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Neville Paciock, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Speciale Epilogo


[Dove Draco svela i misteri che Charlotte Doyle non ha ancora svelato]



Una pietra

Due case

Tre ruderi

Quattro becchini
Un giardino

Fiori



Un orso lavatore



Voglio andare a Grifondoro.

Sono serio. Mi pento di tutti i miei peccati, di tutte le volte che ho insultato Potter e piccioncini allegati, mi pento di qualunque cosa io abbia detto.

Basta che mi fate andar via da questa banda di matti.



Una dozzina di ostriche un limone un panino

Un raggio di sole

Un'onda di fondo

Sei musicisti

Una porta col suo stoino

Un signore decorato con la legion d'onore



Un altro orso lavatore



C’è gente che arriva a Hogwarts senza neanche sapere della divisione in dormitori. Mezzosangue, principalmente. O imbecilli.

“Ah, perché, non dormiamo tutti insieme?” fanno.

Sì, in una di quelle stanzone con lunghissime file di letti, come in colonia. Da Auto-Avada-Kedavrarsi all’istante. Bel verbo, complimenti Malfoy.

“Non abbiamo una stanza tutta per noi?!” fanno invece altri.

Tesoro, la retta ci starei pure a pagarla, ma sai com’è — questa scuola l’hanno fatta per tipi come i Weasley. Che ci vuoi fare?



Uno scultore che scolpisce Napoleoni

Il fiore che vien detto girasole

Due innamorati su un gran letto

Un esattore delle tasse una sedia tre tacchini

Un ecclesiastico un foruncolo

Una vespa

Un rene mobile

Una scuderia da corsa

Un figlio indegno due frati domenicani tre cavallette uno strapuntino

Due puttanelle uno zio Cipriano

Una Mater dolorosa tre padri bonaccioni due capre di Monsieur Seguin

Un tacco Luigi XV

Una poltrona Luigi XVI

Una credenza Enrico II due credenze Enrico III tre credenze Enrico IV

Un cassetto scompagnato

Un gomitolo di spago due spille di sicurezza un signore anziano

Una Vittoria di Samotracia un contabile due aiuti contabile un uomo di mondo due chirurghi tre vegetariani

Un cannibale

Una spedizione coloniale un cavallo intero una mezza pinta di buon sangue una mosca tse-tse

Un gambero all'americana un giardino alla francese

Due mele all'inglese

Un occhialino un maggiordomo un orfanello un polmone d'acciaio

Un giorno di gloria

Una settimana di bontà
Un mese di Maria

Un'annata terribile

Un minuto di silenzio

Un secondo di disattenzione

e…



La gente che apprezzo di più sono quelli che già sanno con sicurezza dove andranno.

“Voglio andare a Grifondoro!”

La classica battuta di qualunque primino di scarsa qualità. Di solito pensano che a Grifondoro è meglio perché c'è Potter e tutto quanto. Non è vero. Non si fa un ca**o a Grifondoro. Potete andare dietro a Potter, al massimo.

Sa’ che bello.

Altri poi, ma sono più rari, dicono di voler andare a Corvonero o Tassorosso. Li odio in entrambi i casi.

Non ho niente di particolare contro loro, ma di solito quelli che vogliono andare a Corvonero credono di essere tutta questa intelligenza, tanto che se gli chiedi qualcosa non capiscono neanche cosa vuol dire (“scusa, puoi ripetere la domanda?”), mentre i Tassorosso, be’, i Tassorosso sono tutti stramaledetti esploratori. Scout, come li volete chiamare? Insomma, sono quelli bravi e basta.

Magari i Grifondoro pretendono di avere il titolo di “quelli meglio”. Mah. A i Tassorosso basta essere buoni, bravi e laboriosi. Ed economi. Il fai-da-te in quella Casa è lo sport preferito da tutti.

Solo in certi casi ti si illuminano gli occhi — solo in certi casi capisci che poi alla fine non tutto è perduto. E’ quando ti si presenta il ragazzino, la ragazzina, sorridente, con calma, e fa:

“Io vado a Serpeverde”

Punto.

Ma a questo punto è cosa automatica che tu gli risponda: “Ah. Serpeverde… perché… Serpeverde? Dico, niente di personale… ma perché Serpeverde?”

Tutti lo chiedono. Anche a me l’hanno chiesto. Anch’io lo chiedo.

Va a finire, con questa stupidissima domanda, che ti giochi anche le ultime speranze che tenevi in serbo per i tuoi futuri compagni di Casa.

Ormai, e mettiamolo in chiaro, non c’è più il caro vecchio tipo di ragazzo che ti risponde che è cattivo e vuole imparare le arti oscure. No. È bastata una decina d’anni dalla scomparsa di Voldemort e una decina d’anni persa nella frivolezza che i pochi che hanno in mente di andare a Serpeverde non hanno niente a che vedere con la Magia Oscura.

Vogliono diventare attori.

Ti si propongono, tutti belli infiocchettati e improfumati, con quello sguardo da innocente di prima qualità, un sorriso che farebbe paura a chiunque, e ti dicono:

“Da grande faccio l’attore”

Sì, avete ragione, faccio, con una certa amarezza dentro di me, come se avessi vissuto io gli anni del terrore di Voldemort. Serpeverde non ha dato solo i più temuti maghi oscuri all’Inghilterra.

Ha dato anche gli attori più pagati nel mondo, come Blanche Crawford, che tra l’altro sarà qui in mezz’ora, contattata all’ultimo minuto tramite conoscenze di Willoughby, per le prove generali.

Già. Le prove generali.



e…



cinque o sei orsi lavatori



Il problema è che, vedete, una volta che sei fatto Prefetto, non è che puoi dire “Ah, bene, organizziamo subito qualche bel piano criminale contro Potter & co.!” Perché la gente, la gente non ti ascolta.

Puoi parlare per ore, e ore, sull’importanza della prossima ascesa del Signore Oscuro, e i Serpeverde ai tavoli della Sala Comune giocano a tressette, fanno comizi di Alta Portineria, leggono inutili autori babbani con le loro poesie e le loro commedie.

Ma cosa ci vuole a farsi ascoltare, Draco Malfoy? Non serve mica il Doppio Sonorus… guarda Colette Compton, quella scema di prima categoria, guarda quanto è acclamata dal pubblico.

Tu sei lì da due ore, ti guardi intorno, nessuno ti si fila. Arriva lei, si mette indietro i capelli, sorride e fa:

“Serpeverde tutta, giochiamo a sciarade?”

E allora tutti quelli che prima stavano a giocare, a parlare, a leggere, alzano gli occhi e sorridono. Che aspettiamo? Forza, giochiamo a sciarade, giochiamo ai mimi!

Non è solo una questione che dipende dal fatto che Colette è americana, carina e disponibile.

No.

Se non giochi a sciarade, a Serpeverde sei uno zero.

E allora, mi dico, facciamo uno sforzo, giochiamo a sciarade. Tanto bisogna passar tempo.

Poi però una sera, quando sei l’ultimo a rientrare, arriva dal dormitorio una bambina spettrale, forse del primo anno, forse del terzo, con i capelli sciolti che le scendono lungo la camicia bianca che arriva sino terra.

Una visione per così dire celestiale. Pensi oh, che bello, sono in paradiso.

Poi la bambina ti fa:

“Dobbiamo giocare a sciarade”

No, dico, detto in modo molto spettrale, come il suo aspetto. Ti mette una strizza da svenire lì per lì. Tu lì, da solo, con la bambina che ti dice che si deve giocare a sciarade.

Che dovevo dire?

“Sì, sì, vedi che organizziamo una bella cosa a Serpeverde quest’anno”

La bambina sorride (paura!) e se ne va, soddisfatta. Il misfatto è compiuto.

Sapete com’è. Qui a Serpeverde si usa giocare a “Io sono Lavanda Brown e tu Calì Patil”. Entro il giorno dopo sapevano tutti del mio incontro e della mia, per così dire, promessa.

La bambina non riesco a riconoscerla tra la folla.

“Doveva essere una visione” fa Willoughby.

Oppure un piano architettato da lui per strapparmi via quelle parole. È da anni che va a dire in giro “Organizziamo uno spettacolo organizziamo uno spettacolo”.

Benissimo. Ora finalmente ha tutto quello che ha sempre desiderato.

È dal secondo trimestre che si va in giro ad organizzare questa maledetta commedia.

“La bellezza delle cose” si chiama. Capolavoro settecentesco.

Dico commedia anche se è drammatico. E c’è un sacco di gente cattiva. Tanto finisce bene.

Vogliono la favoletta, i Serpeverde.

Come ci stiamo riducendo.

E poi eccoci arrivati al giorno delle prove generali, e mi trovo un gruppo di imbecilli che tanto ha insistito per metter su “La bellezza delle cose”, che invece di ripassare la loro parte, o sia fare il loro lavoro, stanno ancora a giocherellare in Sala Comune.

- Sai che Potter pensava che tu stessi architettando qualcosa contro di lui? — mi fa Blaise Zabini.

Ah, allora era questo di cui parlava Potter, e anche Granger, quando li ho incontrati. Be’, l’incontro con Potter mi è rimasto più in mente.

Sapete qual è il problema di essere biondo e decisamente attraente, ammettiamolo senza falsa modestia, nella scelta dei ruoli in una commedia? Che ti fanno protagonista.

No, non quello cattivo. Quello tocca a Willoughby perché lui è molto dark, asociale e tutto quanto.

A me tocca quello buono.

Come lo chiamano i babbani? Il principe azzurro?

E il principe azzurro, si sa, deve essere perdutamente innamorato di una fanciulla che non conosce nemmeno. E deve saper baciare bene, e dire cose tanto dolci.

Mi ci è voluto un po’ di tempo per entrare nel personaggio. E sono dovuto passare attraverso Potter per il tutto, proprio così.

Perché lì per lì, quando mi ha fronteggiato con quell’aria da imbecille (e come altro dovrebbe essere?), e io, con in mano il copione, che provavo… insomma, l’ho baciato.

Non potete capire che schifo.

Allora lui a gridare, come impazzito “UN COMPLOTTO! ANCHE RON! UN COMPLOTTO!”.

Io sinceramente non ho capito che cavolo c’entrava Weasley che poi è l’unico che non mi ha scocciato, di questi tempi tanto tremendi per me.

Ma una cosa è sicura: Potter quella sera c’è rimasto scioccato e adesso non riesce più neanche a guardarmi in faccia.

Meglio.

Anch’io però non riesco a guardarlo. Mi viene da vomitare a prima vista.

Che schifo.



un ragazzino che entra a scuola piangendo

un ragazzino che esce da scuola ridendo

una formica

due pietre focaie

diciassette elefanti un giudice istruttore in vacanza su una seggiolina pieghevole

un paesaggio con molta erba verde

una vacca

un toro

due amori belli due grandi organi un vitello alla marengo

un sole di Austerlitz

un sifone di Seltz

un vino di bianco con limone

un Pollicino una grande scusa un calvario di pietre una scala di corda

due sorelle latine tre dimensioni dodici apostoli mille e una notte trentadue posizioni sei parti del mondo cinque punti cardinali dieci anni di buono e onesto servizio sette peccati capitali due dita della mano dieci gocce prima di ogni pasto trenta giorni di prigione di cui quindici di rigore cinque minuti di intervallo



e…



- Allora, vi decidete a venire? — grido infine all’ultimo gruppo di Serpeverde rimasti.

Quelli non rispondono, sono troppo presi da qualche storiella.

Oh basta. Non ce la faccio più.

Che rimangano pure lì a fare gli imbecilli. Io me ne vado.

Ecco, esco dalla sala comune, adesso… adesso andrò nella sala prove, sono tutti lì, c’è anche Blanche Crawford, di cui sono un fan sfegatato da quando avevo tre anni, per il disappunto di mio padre… sono quasi uscito, ecco, basta svoltare l’angolo del corridoio e ci-

AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH!



e…



molti orsi lavatori.

(Jacques Prévert, Inventario)



[/Dove Draco svela i misteri che Charlotte Doyle non ha ancora svelato]



(Parla Charlotte Doyle) All’urlo di Malfoy, siamo accorsi tutti fuori dalla Sala Comune. Se era un simpatico espediente per farci venire, devo ammettere che gli era riuscito bene. È un attore nato, in fondo: pensate solo a come recitava bene la parte di quello che stava male quando l’Ippogrifo di Hagrid l’aveva appena sfiorato. Per questo l’abbiamo fatto protagonista.

Arrivati all’angolo del corridoio, da una parte le scale, dall’altra la sala prove, abbiamo trovato Malfoy disteso a terra, svenuto.

- Ma che… - fa Francine, dubbiosa.

- Aspettate! — esclama Dorothy Jane — guardate!

E notiamo, dietro a Malfoy, un orso.

Be’, fino a qualche minuto prima sembrava semplicemente un orso impagliato, ma adesso si muove. Alza le zampe su, fino alla testa.

Indietreggiamo.

Si prende la testa con le zampe e la tira. Sotto, c’è una testa di un ragazzo castano, sorridente, dalla voce profonda.

- Orson! — grida Fuu Marie presa dalla commozione. Di cosa, non lo so.

- Vi piace il costume da mostro che ho trovato? — ci fa, tutto contento. Poi guarda la testa, e un po’ a mo’ di scusa, aggiunge: - okay, non è proprio un mostro, ma quelli non si trovavano. Ci abbiamo messo anni a cercarlo, invece questo da orso è facilmente reperibile. E molto realistico. Povero Draco! L’ho spaventato?

La sorella di Orson, Dorothy Jane, agita la mano a dir di lasciar perdere.

- Si riprenderà — sentenzia, con fare da psicologa.

- Bene — dice Orson — siamo un po’ in ritardo, comunque, sono tutti in sala prove. Andiamo?

Esclamiamo tutti un bel sì, pronti a seguirlo.

Nathan e Blaise afferrano le braccia di Draco, iniziano a trascinarlo.

E ci avviamo tutti verso le prove generali de “La bellezza delle cose”.



FINE.
  
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