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Autore: ireheydu    19/11/2011    6 recensioni
E' incredibile come la vita possa cambiare così, con uno schiocco di dita. E il destino ha voluto così.
Genere: Angst, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
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© IREHEYDU
Qualsiasi copia di questa fan fiction deve essere gentilmente segnalata all'autrice. Più volte mi è stata plagiata questa storia e gradirei che non si ripetesse più in nessun modo.
L'unica autrice di questa storia sono io e nessun altro.


Ennesima litigata con mio padre. La casa era piena delle nostre urla da almeno un paio d’ore, e adesso tutto si era concluso con il rumore della mia porta sbattuta contro lo stipite. Ero seduta sul letto, le guance rosse, e gli occhi gonfi, probabilmente stavo per esplodere.

Era una routine ormai litigare con lui. Aveva sempre quella sua testa dura che mi faceva innervosire troppo.

Che aveva fatto questa volta? Semplicemente aveva deciso di dare ospitalità ad un suo amico che sarebbe venuto da Doncaster, una città a chilometri di distanza da Londra, dove stavo io. Ogni volta c’era qualche novità: una nuova fidanzata, nuovi amici che odiavo maledettamente, nuova casa, nuovo tutto. Adesso invece aveva deciso di ospitare questo suo amico insieme al figlio, per un bel po’ di tempo, visto che si era indebitato fino al collo, e aveva perso la casa e tutto ciò che gli rimaneva. Un suo amico di liceo diceva che era, non sapevo nemmeno chi fosse, probabilmente un certo Bill.. non ne ero nemmeno così sicura che si chiamasse così.

In quel momento poco mi importava del nome di colui che sarebbe venuto fra una settimana. Mi distesi nel letto, e mi voltai immediatamente verso il comodino, dove giaceva un portafoto. Lei era lì, in quello stupido oggetto color argento, che mi osservava sempre con lo stesso sorriso, gli stessi occhi. Presi il portafoto, stringendolo nelle mani, e ne carezzai appena il vetro che ricopriva la fotografia. Una fotografia troppo speciale, fin troppo importante.

Mia madre era lì rinchiusa in quella fotografia da più di sette anni. Era il mio piccolo angelo custode, il mio portafortuna, ciò che mi aiutava ogni volta che stavo male, o che delle lacrime mi solcassero il viso. Era andata via così, all’improvviso, avevo solo dieci anni, e lei? Lei ne aveva forse quaranta se non ricordo male. Ma sapevo che vegliava su di me, anche se.. era andata via.

Sentii il rumore della porta di camera mia aprirsi lentamente e quasi sobbalzai, eppure non volevo voltarmi, perché sapevo già chi fosse.

-Sono passati quasi otto anni.- disse osservandomi.

Io non risposi, posai semplicemente la fotografia nel comodino, con lo sguardo perso tra le lenzuola mentre stavo a pancia in giù sul mio letto morbido. Non risposi, soprattutto non volevo rispondere.

-Sai..- continuò. –anche se lei non c’è più, continuerò ad amarla sempre.- sussurrò avvicinandosi a me, e sedendosi sul mio letto. Come sempre si era calmato adesso, dopo due ore ad urlarci contro.

-Cazzate.- fu l’unica cosa che io riuscii a dire sottovoce. –Non porteresti una donna diversa ogni settimana a casa.- continuai.

Mi voltai di nuovo verso di lui, con gli occhi che fiammeggiavano, e la mano chiusa a pugno, e lo fissai. Non aveva parole, non sapeva come rispondermi, ma subito dopo riuscì a parlare. -Arya, dovresti sapere che ormai è finita questa cosa. Ho una certa età, e ho deciso di smettere.- l’aveva ripetuto almeno un centinaio di volte mentre litigavamo, ma per me non cambiava niente, rimaneva sempre uno stronzo. Tutto ciò che volevo era che lui rimanesse con me ogni secondo, volevo un rapporto normale con lui, come quello che qualsiasi figlia ha con il padre, ma era tutto impossibile.

-E che dici del tizio che verrà per chissà quanto? Non hai mai tempo per stare con me, e ora ne avrai sempre di meno.- dissi, attorniando le mie gambe con le braccia, e diventai quasi un piccolo fagotto.

-Non dire così, sai che non è vero- ribatté.

Io scossi la testa semplicemente, spostando lo sguardo.

-Ho bisogno di stare un po’ da sola- sussurrai, e fu così che lo vidi andar via dalla mia stanza solo qualche secondo più in là.

 

Stavo lì a contare le margherite nel prato di casa mia. Mi divertiva farlo, era qualcosa di assolutamente divertente, e di rilassante probabilmente. L’erba fresca mi sfiorava la pelle. Era estate inoltrata, e faceva abbastanza caldo a Londra da poter stare in pantaloncini e maniche corte, e star seduta sul prato a prendersi il sole. I miei lunghi capelli castani, erano sistemati in una coda alta, che mi impediva di sentire troppo caldo, e tenevo degli occhiali da sole neri.

Un motorino si fermò davanti il mio cancello aperto, e da lì scese il mio migliore amico. Si chiamava Thomas. Era abitudine per lui venirmi a trovare praticamente sempre, lo conoscevo da quando avevo all’incirca tre anni.

-Hey!- urlai facendogli segno di avvicinarsi a me. Si sistemò sul prato stampandomi un bacio nella guancia.

-Sei sola a casa?- chiese.

-Sì, mio padre è andato a prendere mia sorella, torna dal viaggio con i suoi amici.- disse strappando una margherita, e mettendogliela tra i capelli. Portava dei capelli lunghi fino alle spalle, neri, con un ciuffo che quasi gli copriva gli occhi celesti. –Sembri quasi una ragazza così!- risi. Tolse la margherita dai suoi capelli, ridendo insieme a me.

-Ho letto il tuo sms ieri sera, successo altro con tuo padre?- domandò.

-Come sempre, lo sai perfettamente. Fra una settimana verranno qui ad abitare un suo amico con il figlio, per non so quanto tempo.- scossi la testa mettendomi gli occhiali in testa. -..e ieri abbiamo litigato ovviamente, e dice che ha smesso di portare una donna nuova a casa ogni settimana.- sghignazzai, e anche Thomas lo fece, perché conosceva perfettamente mio padre, e il suo modo di comportarsi.

-Però magari questa volta dice sul serio!- provò a consolarmi, ma ormai quella frase era troppo frequente per me. Mi distesi così completamente nel prato, lasciandomi cullare tra i lunghi fili d’erba e i raggi del sole. Lui sorrise, e si distese a pancia in giù accanto a me.

-Chi è questo amico di tuo padre?-

-Mah, un certo Bill credo, non ricordo.- risi.

Il rombo del motore della macchina di mio padre mi fece alzare di scatto. Era arrivata finalmente mia sorella. Aveva due anni in più di me, ed era tutta la mia vita. Corsi verso di lei appena la vidi scendere dalla macchina di mio padre, e quasi le saltai addosso abbracciandola più forte che potevo. Le stampai un bacio sulla guancia, sorridendole.

-Ti sei divertita?- le chiesi aiutandola con la valigia, e quasi mi ero dimenticata di Thomas, ma lui apparve vicino a me pronto anche lui a salutare mia sorella, Zoe.

-Tantissimo!- rispose. –La Spagna è un posto molto bello, ma soprattutto grande, e mi sono divertita tantissimo- entrò in casa, e io le venivo dietro aiutandola con i bagagli.

-E.. dove li metteremo i nuovi ospiti papà?- domandò Zoe, a mio padre che, stanco, stava sistemando una valigia davanti l’ingresso.

-Dobbiamo sistemare la camera degli ospiti.- rispose.

-Quello schifo dove i ragni camminano e fanno i party?- ironizzai abbracciando teneramente mia sorella.

-Non c’è altra alternativa- disse mio padre, facendo spallucce e allontanandosi verso la cucina.

-Andiamo in camera mia.- disse Zoe, e io feci segno a Thomas di seguirmi. Salimmo velocemente le scale, entrando nella camera di mia sorella, tappezzata di poster e fotografie. –Allora?- disse mentre si chiudeva la porta alle spalle. Io e Thomas ci sedemmo sul letto, e io la guardai torva senza capire dove volesse parare.

-Insomma, penso sia successo qualcosa tra te e papà, no? Conosco il tuo carattere, e sicuramente ti sarai alterata con lui.- era vero, mi conosceva fin troppo bene purtroppo, e mi capiva anche solo guardandomi  negli occhi per un momento.

-Sì insomma, abbiamo litigato come sempre- sbuffai.

-Non cambierete mai tutti e due.- scosse la testa avvicinandosi a me, e abbracciandomi forte. –Thomas, diglielo tu che se fa così peggiora solo la situazione.-

-E’ vero, glielo dico sempre ma non mi vuole ascoltare- la mano di Thomas si poggiò sul mio viso e ricevetti anche una sua carezza mentre ero cullata tra le braccia di mia sorella.

-Ti ho portato una cosa dalla Spagna!- estrasse fuori dalla borsa una busta, molto piccola, e io la aprii subito appena la ritrovai nelle mie mani, e solamente quando la carta sparì mi ritrovai un favoloso ciondolo che rappresentava due nacchere in argento.

-Ho pensato che non avevi niente da portare sempre e che ti potesse far pensare a me, e quindi, ecco qui!- disse con un sorriso a trentadue denti. Mi alzai di scatto, attaccandomi nuovamente al suo collo, e stringendola di nuovo. –E’ favolosa, giuro, non esiste niente di più carino! E.. ti ringrazio infinitamente.-

-Ahh, che esagerata, non devi ringraziarmi, sono cose che faccio con il cuore piccola!- mi carezzò il viso, anche lei, delicatamente.

-Thomas aiutami a metterla- dissi porgendogli la piccola collanina. Mentre me la mettevo osservavo mia sorella che tirava fuori i milioni di vestiti che aveva portato con sé, come sempre del resto.

-Ar, ti andrebbe domani di andare a fare shopping?- chiese ordinando tutte le sue magliette nell’apposito cassetto. Cominciai a guardare la mia collana, che giaceva dolcemente sul mio petto, poi mi voltai verso Zoe, per risponderle.

-Beh sì, ma sai com’è.. dobbiamo sistemare le cose per gli ospiti.- sbuffai facendo una faccia strana e stralunata, ma soprattutto nervosa, perché avrei voluto volentieri passare una giornata intera in compagnia di mia sorella, come facciamo quasi ogni mese, specialmente ora che era tornata dopo due settimane di vacanza. Anche lei sbuffò, lanciando un paio di jeans dentro il cassetto.

-Questa convivenza sarà molto stressante, ne sono già certa.- concluse.

 

 

Caro Diario,

è passata ormai una settimana da quel famoso litigio con mio padre, da quel giorno i nostri rapporti sono diventati più freddi del solito, e tutto ciò mi fa innervosire maledettamente, è una cosa che non sopporto, eppure và così. Vorrei solo che lui fosse un padre come tutti gli altri. Domani è il fatidico giorno.. domani arriveranno i nuovi ospiti. Da una parte sono curiosa di sapere chi sono, dall’altra? Vorrei solo che non venissero mai, mai e poi mai. Sai, oggi è venuto da me Thomas, e siamo stati fuori casa tutto il pomeriggio, in giro per il centro, e poi a bere un frappuccino allo starbucks. Ho comprato un vestitino nuovo, anche se secondo Tomi è ridicolo, a me piace tantissimo!

Adesso sono in ansia, ho lo stomaco che mi fa male, e tra poco andrò in camera di Zoe a parlare con lei, ne ho troppo bisogno. Anche se forse mia mamma sarebbe l’unica ad aiutarmi adesso. Non credi anche tu?

Beh, è tutto, ti tengo aggiornato, promesso.

Tua Arya.

 

 

Il campanello mi fece quasi sobbalzare mentre stavo guardando il televisore in salone, e improvvisamente vidi mio padre arrivare di corsa seguito da mia sorella Zoe.

-Che diamine succede? sembrate tutti agitati!- dissi, ma non ricevetti nessuna risposta, così mi sembrò opportuno spegnere la tv, e andare a vedere i nuovi ospiti che stavano per entrare. La porta si aprì e due persone mi spuntarono davanti.

Il primo era un uomo alto, magro, e portava un paio di baffi, quasi molto eleganti. Era vestito semplice, con un paio di jeans, e una polo bianca. Sembrava davvero una persona umile, e quasi cominciava a farmi simpatia. Alla sua destra vidi, poi, un ragazzo che poteva avere all’incirca diciannove anni, alto poco più di me. Aveva i capelli sul castano chiaro circa, non molto corti, con un ciuffo quasi a frangia. Sembrava un perfetto ragazzo inglese insomma. Occhi chiari, magro, e con l’aria da angioletto. Eppure.. mi sembrava veramente diverso da come appariva, ma non lo conoscevo ancora.

-Joseeeph!- l’uomo davanti la porta abbraccio mio padre, come se non si vedessero da una vita, ed evidentemente era così, eppure sembrava che si volessero un gran bene. –E’ una vita che non ci vediamo Bill, prego accomodati!- entrò dentro casa nostra, e i due si scambiavano pacche amichevoli.

-Allora, queste sono le tue figlie eh?- guardò prima Zoe, poi me, e si presentò ad entrambe stringendoci la mano. –Lui è il mio piccolo, Louis!- cinse la spalla del giovane al suo fianco, come per mostrarcelo. –Papà, sono abbastanza grande per essere trattato come un bambino.- sbuffò, e mi parse di vedere che le sue guance erano diventate appena rosee. Si liberò dalla stretta di suo padre, presentandosi prima a mia sorella, poi si rivolse a me. –Piacere, Louis.- disse, e mi strinse la mano.

-Io sono Arya.- non riuscivo a sorridere quasi, sembravo impassibile a tutto questo. Provai ad abbozzare un piccolo sorrisetto, ma era impossibile. Ed ecco che improvvisamente calò un silenzio quasi imbarazzante tra noi ragazzi, mentre i genitori continuavano a chiacchierare continuamente senza sosta.

-Bene!- mia sorella ruppe il silenzio. –Emh, dobbiamo accompagnarti nella tua stanza!- disse mentre faceva l’ospitale con il nuovo arrivato, e aiutandolo con le valigie.

-Lascia, posso fare benissimo da solo!- prese le sue valigie salendo le scale di casa, facendomi coda, mentre lo portavo nella sua stanza, ma qualcosa di tremendamente brutto mi portò solo disagio. Sotto la porta della prima camera degli ospiti dove avrebbe dormito Louis un piccolo fiume d’acqua scorreva lentamente. Aprii la porta, e.. una fottuta tubatura si era rotta.

-Papà, abbiamo un problema!-

Mio padre arrivò di corsa catapultandosi nella stanza e vedendo tutto il pavimento bagnato. –Ok.. emh, dovremmo dare una nuova sistemazione per Louis.- si fermò un momento a pensare, osservando il vuoto. Probabilmente stava riflettendo su dove posizionare il ragazzo per dormire. Le stanze degli ospiti erano troppo piccole, e non potevamo far dormire due persone insieme nella stessa stanza, sarebbe stato impossibile.

-Arya!- mi chiamò e io mi voltai di scatto.

-D..dimmi.- la voce mi tremava, perché evidentemente avevo capito perfettamente l’idea che aveva mio padre in mente, ma la mia mente cercava di ipotizzare qualcos’altro.

-Direi che possiamo fare che fino a quando non aggiustiamo le tubature, Louis potrebbe dormire in camera con te.- Zoe mi guardò, perché conosceva già la mia reazione, e cercava di farmi calmare solo osservandomi, ma mi sembrava inutile il suo sforzo.

-Che cosa?!- sbraitai, sbarrando la bocca.

-E’ l’unico modo.- rispose.

Il mio diaframma cominciò ad alzarsi e ad abbassarsi in modo quasi nervoso, ma non volevo dare a Louis e Bill l’idea di essere una pazza esaurita, che non riesce a mantenere il proprio controllo, così mi limitai semplicemente ad acconsentire in modo acido.

-Ai suoi ordini, maestà, andrò a far spazio in camera mia!- feci un inchino, come per prenderlo decisamente in giro, e poi mi diressi in camera mia, mentre aspettavo che il letto di Louis fosse trasferito lì.

 

-E con questo abbiamo finito.- disse il padre di Louis sistemando un comodino vicino al letto che avrebbe utilizzato suo figlio.

-Bene Arya, adesso aiuta Louis a sistemare le cose- mio padre parlava come se mi stesse dando ordini, e io lo guardai quasi torvo,aspettando che uscisse da camera mia. Appena fu fuori, mi buttai nel mio letto con uno dei tanti libri che stavo leggendo in mano.

-Beh? Non mi aiuti?- domandò il ragazzo in modo acido, mentre apriva una delle sue valigie.

-Perché dovrei? Non sono tua madre.- risposi, nello stesso suo identico tono. –Ma soprattutto, non sto agli ordini di mio padre.- sbuffai.

Lo intravidi mentre si voltava verso di me e alzava un sopracciglio.

A modo suo stava sistemando le cose in camera sua, eppure tutto quello che riuscivo a notare era che i suoi vestiti sembravano aver inondato la mia stanza. –Hey, ma che cazzo stai facendo?- dissi alzandomi dal letto, in modo brusco.

-Sistemo!- disse in modo molto tranquillo.

Gli occhi miei stavano diventando quasi rosso fuoco, e questo ragazzo non mi diceva niente di buono, se non stronzo cronico, con una faccia da schiaffi infinita.

-E’ camera mia cazzo.- dissi.

-E quindi? Hai sentito tuo padre, dovremo dividerla, fino a quando le tubature non si aggiusteranno!- sghignazzò, mettendo le lenzuola a caso nel suo letto e buttandosi a peso sul materasso. Mi sarei volentieri staccata la pelle dalle braccia in quel momento, sta di fatto che uscii velocemente da camera mia sbattendo la porta e raggiungendo camera di mia sorella, con tutta la foga esistente al mondo.

-Zoe.- dissi con un colpo secco, aprendo la porta.

-Oddio Ar, mi hai fatto spaventare!- era seduta davanti al computer, ad ascoltare musica, e chattare con delle sue amiche molto probabilmente.

-Che succede?- si voltò verso di me, mentre io mi sedetti nel suo letto con le mani ai capelli dal nervoso.

-Sono passati cinque minuti con quel Louis dei miei coglioni, e.. già non lo sopporto! Camera mia sembra un campo di battaglia!-

-Ahh, ma smettila. Come sempre sei esagerata, non sembra un ragazzo così odioso, e disordinato, anzi direi che è piuttosto carino- mia sorella ammiccò versò di me, come se volesse farmi capire qualcosa, ma io mi alzai di scatto, scuotendo la testa. –No! No! No! Zo, non se ne parla nemmeno, che flash ti stai facendo?- dissi con le mani nei fianchi.

-Io? Assolutamente niente, dico che come al solito stai esagerando!-

-Non esagero mai, lo sai, è lui che è un.. beota!- sbuffai. –Vado a passeggiare nel viale, starò meglio.- continuai, afferrando l’iPod prima di uscire di casa, e con le cuffie alle orecchie, cominciai a passeggiare per le vie di casa mia, come facevo ogni volta che ero nervosa.

A volte lì pensavo a mia madre, perché di solito mi portava sempre lì, e poi mi faceva sedere in una panchina, e lì cominciavo a parlarle dei problemi che una povera ragazzina di dieci anni poteva avere, insomma, piccole cose. E lei con i suoi consigli, mi aiutava, mi dava lezioni di vita, anche se mi veniva difficile comprendere ciò che mi spiegava.

Ma quelle frasi mi erano rimaste in mente, e solo con il passare del tempo riuscii a capire grazie a lei il significato delle cose, il perché di qualcosa, a scoprire chi ero veramente, e cosa volevo dalla vita.

La musica mi rimbombava nelle orecchie e come sempre mi portava indietro nel tempo. Tutto sembrava un quadro in bianco e nero in quel momento.

Mi sedetti nella prima panchina che incontrai, e osservai le persone. Alcune passeggiavano, altre andavano di corsa per qualche strano impegno, altri invece stavano in bicicletta, altri invece erano lì come me, seduti a contemplare il vuoto.

Mandai un sms a Thomas, chiedendogli di raggiungermi, già la solitudine mi stava uccidendo, e io odiavo la solitudine, era ciò che temevo di più in assoluto. Avevo bisogno di lui adesso.

 

Arrivò praticamente subito e dopo avermi abbracciata, si sedette accanto a me. Aveva già capito quale fosse il problema, e aveva anche capito che mi stavo trattenendo per non piangere dal nervoso. Di solito quando ero agitata le lacrime scendevano da sole, senza che io volessi, e forse stava per arrivare uno di quei momenti. –Ar..- sussurrò, prendendomi il viso con le mani e guardandomi dritto negli occhi.

-Non voglio vivere così.- dissi semplicemente. –Non sai cosa c’è a casa mia per ora.. è terribile, camera mia è tutta sottosopra, questo tizio.. Louis, è acido, terrificante, e tutto.. per colpa di mio padre.- mi morsi il labbro nervosamente, con la voce che tremava.

-Hey, perché stai facendo così?- domandò stringendomi tra le sue braccia.

-Hai affrontato problemi peggiori di questi, sei forte, sai com’è tuo padre.- sussurrò dolcemente. –Non sono più forte Tomi, lui mi ha resa debole con tutti i suoi problemi, con tutto, e.. non posso andare avanti così.- mi accorsi solo in quel momento che ormai erano le sei del pomeriggio e stava per calare il sole.

-Vuoi che vengo a casa tua?- mi chiese.

-Mio padre si incazzerebbe con me e forse anche con te, e non ho voglia che ti prendi un rimprovero da lui, sarebbe terribile poi.- la mia voce era fioca e debole. –Ti accompagno a casa.- mi prese la mano, facendomi alzare dalla panchina e facendo strada con me. Abitavamo nella stessa via, quindi per tutta fortuna, potevamo vederci sempre, ed era una cosa assolutamente positiva.

Arrivammo davanti casa mia.

-In bocca al lupo.- mi stampò un bacio in fronte come era solito fare.

-Crepi.- risposi dolcemente, stringendomi poi tra le sue braccia.

-Grazie, come sempre.- lo vidi andar via, mentre mi salutava con un dolce sorriso abbozzato sul viso.

Lui, Zoe, e mia madre erano tutta la mia vita.

 

 

Caro Diario,

è passato solo un giorno, eppure io sono di nuovo qui a scriverti. E’ un inferno qui. Dicevano che la vita che viviamo noi è il purgatorio, e perché a me sembra di vivere nell’inferno più cupo e triste? Sto trovando un attimo di respiro per poter scrivere. Louis, il nuovo arrivato, è tremendo. Ha soli diciannove anni eppure ne dimostra due! Ah, dimenticavo la cosa più importante. Nella camera degli ospiti si è rotta la tubatura, quindi.. dorme in camera con me. Pff, preferirei uccidermi per ora. Bene, sento un rumore nelle scale, passo e chiudo!

Tua Arya.

 

Chiusi immediatamente il diario e lo nascosi velocemente, sarebbe stato terribile se Louis l’avesse visto. Lì c’erano scritti tutti i miei più grandi segreti. Lo tenevo nell’ultimo cassetto del mio comodino, tra i pigiami. Presi un libro, ed ecco che cominciai a leggere, fino a quando la porta non si spalancò improvvisamente.

-Che stavi facendo?- domandò. Io mi voltai, e mi ritrovai davanti un Louis in mutande che girava per camera mia.

-Hey che diamine fai? Mettiti i vestiti dio santo!- mi coprii il viso con il libro per non guardarlo. Era orrida una cosa del genere, e la sua nonchalance mi dava troppo fastidio. Aveva avuto il coraggio di presentarsi in camera mia conciato in quel modo, come se niente fosse.

-Che c’è? Non hai mai visto un uomo in mutande?- rise.

Strinsi il libro tra le mani, più forte che potevo per scaricare l’ansia.

-Sì, ma non ci tengo a vedere te conciato così.- non osavo nemmeno girarmi di mezzo centimetro.

-Come vuoi, non sai che ti perdi.- ridacchiò ancora, uscendo dalla camera e chiudendo la porta. Roteai gli occhi, scuotendo la testa.

Quella sera non avevo voglia di leggere, così abbandonai il mio libro sul letto e mi buttai a capofitto sul computer, magari per chattare con le mie amiche. Come sempre quell’aggeggio era lento ad accendersi, così rimasi una buona manciata di minuti a fissare lo schermo in attesa che si accendesse. Adesso anche al computer la monotonia stava prendendo il sopravvento. Era tutto uguale.

In chat c’erano come sempre le solite persone.

Thomas, mia sorella Zoe, e qualche vecchio compagno di scuola con il quale mi sentivo, ma solo per caso, niente di particolare. Benchè odiassi maledettamente la solitudine, non ero per niente attorniata da amici, anzi tutt’altro. Non so cosa aveva la gente contro di me, ma sicuramente non andavo a genio a moltissime persone, chissà per quale strano e assurdo motivo. Mentre scorrevo le pagine di internet, mi alzai improvvisamente per aprire la finestra, faceva troppo caldo, e l’estate mi faceva pensare a molte cose, specialmente al fatto che l’anno prossimo mi sarei dovuta iscrivere ad un college, ma avevo deciso di prendermi una pausa. Ero abbastanza studiosa come persona, e dopo aver passato anni e anni sui libri, stare un po’ con la testa per aria mi avrebbe fatto bene. Anche se io ero sempre con la testa per aria!

Mio padre su questo fortunatamente non aveva fatto obbiezioni, visto che a casa portavo solo voti alti, e di questo lui ne era sempre stato soddisfatto. Anche mia madre lo sarebbe stata, molto probabilmente.

Finii per caso tra le foto che avevo salvate nel computer. Quelle con Thomas erano senza dubbio le più belle, e lentamente le sfogliai, andando un po’ indietro nel tempo. La porta si aprì di nuovo ma cercai di far finta di niente.

-Oh mio dio, chi è quel Gay in foto?- urlò guardando il mio computer e vedendo le foto del mio migliore amico. Stavo per girarmi e tirargli la tastiera del computer, ma continuai a reprimere la mia rabbia come se niente fosse.

-E’ il mio migliore amico.- dissi a denti stretti.

-E’ una donna.- rise.

Mi voltai e feci caso al fatto che sembrava pronto per uscire, ma non capivo dove potesse andare alle dieci di sera.

-Dove stai andando?- domandai lasciando perdere il discorso su Thomas che si era aperto.

-Vado in un locale con un mio vecchio amico che abita proprio qui, finalmente avremo l’opportunità di vederci!- mise un po’ di profumo, sistemando il colletto della polo nera che indossava.

-Meglio, almeno starai via, e io potrò rilassarmi per tutta la sera.- dissi voltandomi di nuovo verso il pc. Senza nemmeno aprir bocca uscì, e finalmente mi sembrò di sentire la pace in camera mia, ma solo quando guardai il pavimento mi accorsi che la mia stanza sembrava un campo di battaglia. I vestiti e le cose di Louis erano sparse ovunque.

-Impazzirò.- sibilai.

Spensi il computer, e andai in giardino a guardare le stelle che mi sorridevano.
  
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