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Autore: Ariel Winchester    21/11/2011    4 recensioni
[Dal capitolo 19° "Frozen"]
Ma cosa avevo in mano per poterlo riportare indietro? Avevo usato il fuoco, il sangue e la violenza: tutto quello che lui conosceva meglio, ma non era servito.
Cosa avrebbe potuto risvegliarlo allora?
Me.
Quella voce giunse nella mia testa, alleviò la disperazione e assopì improvvisamente tutti i miei pensieri. Forse avevo sbagliato a cercare di svegliare Klaus facendo leva sulla sua forza, forse dovevo puntare su una debolezza. Lui aveva paura di restare solo, se gli avessi fatto capire che non lo era, forse sarebbe tornato.
Allungai la mia mano priva di guanto verso la sua, era fredda e rigida ma intrecciai le mie dita tra le sue, in modo che lui potesse sentirmi vicina a lui.
Non sei solo Klaus, io ci sono.
Quindi torna, ti prego.
Chissà quanto tempo era ancora passato: lui era immobile, io lo ero con lui, ma tutto intorno a noi andava avanti. Solo noi eravamo fermi nel tempo, mentre tutto là fuori continuava a muoversi.
Perché non si svegliava?
Singhiozzai, sentendomi inabilitata a trattenerli troppo a lungo e posai la testa sulla spalla di lui. La colpii con delle piccole testate, sperando che lui mi sentisse.
Ma rimase congelato, non si mosse e non ascoltò le parole che volevo trasmettergli attraverso le nostre mani congiunte. Strinsi più forte la presa, perché avevo ancora l'insano desiderio che lui potesse sentirmi.
Ma non fu così, lentamente il sonno vinse sul mio corpo.
Klaus.
Era finita, ero rimasta sola e probabilmente sarei morta assiderata quella notte. Gli occhi si chiusero sulle mie ultime lacrime, le lasciarono scorrere lungo la mia pelle, mentre lentamente lasciavo la realtà e raggiungevo i miei sogni.
La mia mano però non abbandonò mai quella di Klaus.
[Fic revisionata fino al 9° capitolo]
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elijah, Katherine Pierce, Klaus, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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-I Miss You-

Un anno dopo....

Malgrado fosse passato un lungo anno, per coprire l'onta subita, mio padre decise di mandare Katerina in un altro paese chiamato Inghilterra dove avrebbe vissuto almeno fino a quando le voci sul suo conto si sarebbero placate.

Quindi per moltissimo tempo.

Non riuscivo ad immaginare la mia vita senza di lei: era mia sorella e allo stesso tempo era la mia migliore amica, l'unica che non mi considerava un mostro insieme a mia madre.

Se mio padre me l'avesse portata via, io sarei rimasta completamente sola.

Mentre fissavo la carrozza su cui avrei visto mia sorella per l'ultima volta, non riuscivo a trattenere le lacrime. Mia madre mi teneva sottobraccio mentre mio padre e Ada aspettavano impassibili che Katerina uscisse di casa.

La cosa non mi stupiva: Ada, nonostante fosse la più grande di noi tre, non era mai andata d'accordo con Katerina per cui provava anche invidia, mentre mio padre non l'aveva mai considerata una figlia modello.

Proprio come me: la figlia del peccato a cui il diavolo aveva strappato la lingua dalla nascita rendendola muta.

Purtroppo sia io che mia sorella eravamo vittime del pregiudizio e della superstizione.

Stai tranquilla piccola, non piangere” mi sussurrò all'orecchio mia madre, la guardai: aveva gli stesso occhi scuri e dolci di Katerina. Io ero l'unica ad avere gli occhi azzurri in famiglia, ereditati probabilmente dalla nonna. Quando Katerina uscì all'esterno, alzò la testa verso la fioca luce del sole come se temesse di vederlo per l'ultima volta.

Lanciò un occhiata gelida ad Ada a a nostro padre che sembravano non vedessero l'ora di vederla salire sulla carrozza e sparire per sempre.

Mia sorella si voltò verso me e mamma e si sforzò di sorridere. Ma era chiaro che stava soffrendo terribilmente e la sua bellezza non poteva nascondere quel dolore.

A presto, madre” disse rivolgendosi a nostra madre a abbracciandola forte, come se quella fosse l'ultima volta.

Abbassai lo sguardo, giocherellando con i miei lunghi capelli raccolti in una treccia : non riuscivo a trattenere le lacrime e in un baleno mi ritrovai con gli occhi gonfi e bagnati.

Katerina , quando si rivolse a me, scoppiò a ridere, anche se i suoi occhi erano velati di tristezza “Irina, non far piovere sul tuo viso, insomma!” ridacchiò, mi abbracciò forte e in un attimo mi ritrovai con la testa invasa dai mille ricordi: i nostri giochi, le nostre lunghe chiacchierate in cui io potevo solo limitarmi ad ascoltare.... stava per finire tutto.

Quando Katerina sarebbe salita su quella carrozza, l'avrei persa per sempre.

Ti amo più della mia vita, sorellina. Anche se sarò lontana, ti starò sempre vicina con il cuore” sussurrò al mio orecchio con voce tremante.

La strinsi forte a me, non volevo lasciarla andare.

Ci guardammo a lungo e Katerina mi prese una mano tra le sue mentre io, con l'altra le accarezzavo i lunghi ricci scuri “Ricordati quello che ti ho detto: anche se non hai voce,tu parli con il cuore ed è questa la cosa più bella che un umano possa fare. Non essere mai triste, perché la gente cercherà sempre di schiacciare il bellissimo fiore che sei. Anche se non puoi dirmelo, io so che mi vuoi bene. E te ne voglio anche io”

Tirai su con il naso, perché non potevo dirle quanto mi sarebbe mancata? Non era giusto che non potessi gridare al mondo che le volevo bene.

Nostro padre si avvicinò a noi rapidamente “Ora basta!” disse, prese rudemente Katerina per il polso e la trascinò verso la carrozza.

Quando cercai di allungare la mano verso di lei, mia madre mi fermò: sapeva che, se avessi provato a fermare mio padre, sarei stata duramente punita da lui.

Katerina continuò a guardarci, mentre si avvicinava sempre di più alla carrozza.

Quando salì, mio padre disse qualcosa al conducente e i cavalli iniziarono a nitrire rumorosamente. La carrozza si mosse lentamente, ma io dovevo far capire a mia sorella quanto le volevo bene: non volevo che il silenzio fosse l'ultima cosa che ricordasse di me. Prima che la carrozza prendesse velocità, strappai due fiori dal piccolo giardino dietro casa mia, poi iniziai a correre verso la carrozza.

Irina, torna subito qui!” gridò alle mie spalle mio padre.

Lo ignorai, anche se sapevo che la mia disobbedienza sarebbe stata severamente punita. Riuscii miracolosamente a raggiungere la carrozza e lasciai i fiori dentro il finestrino da cui mia sorella si affacciò. Le due margherite dovevano esserle cadute in grembo, sperai che capisse che simboleggiavano noi due: la lontananza non ci avrebbe mai separate.

Mi fermai quando ormai la carrozza era più veloce di me e guardai tristemente il volto di mia sorella, in lacrime, affacciarsi un'ultima volta a guardarmi.

Poi rimasi sola.


Passò un altro lungo anno e la situazione non era cambiata.

Mio padre e Ada non avevano alcuna intenzione di sentir anche solo nominare Katerina e io ero come al solito sola ed emarginata. Passavo molto tempo nella foresta, amavo la natura e sopratutto mi piaceva coltivare erbe e fiori, per questo avevo un piccolo giardino dietro casa, una gioia che mio padre mi avrebbe negato se mamma non gli avesse detto che anche a lei piaceva.

Ma la mia vita non era più la stessa senza Katerina: era con lei che passavo ore e ore nella foresta, era lei che si congratulava con me se un fiore cresceva bene ed era lei a consolarmi quando invece un fiore appassiva.

Allora ero sola, non avevo amici perché nessuno voleva avere nulla a che fare con un “demonio” come venivo definita. Quando ero piccola, le madri mettevano in guardia i figli da me e gli adulti mi trattavano come se fossi un mostro. Tutto a causa del fatto che ero muta, il diavolo mi aveva tolto la voce prima che nascessi, perché ero malvagia.

Ero sempre stata vittima di stupide superstizioni e pregiudizi, se non fosse stato per Katerina e mia madre, probabilmente non sarei mai arrivata ai quindici anni.

Ada mi odiava, perché secondo lei ero solo una macchia sul suo futuro e mio padre la pensava più o meno come lei. Non ricordo un solo singolo abbraccio da parte sua. Katerina aveva sempre pagato il fatto che mi voleva troppo bene e il fatto di aver avuto una bambina illegittima non aveva fatto altro che peggiorare la situazione.

Mi chinai a raccogliere delle erbe da un cespuglio e sospirai malinconica, Katerina mi aveva mandato parecchie lettere in quell'ultimo anno, ero felice che avesse imparato la scrittura in quel lontano paese: sosteneva che l'Inghilterra era bellissima e che l'uomo che la ospitava, un bellissimo nobiluomo, era gentilissimo con lei.

Da come ne parlava, ne sembrava innamorata.

Ada una volta lesse una delle lettere e rise sprezzante, facendo commenti poco carini e molto sboccati su nostra sorella ed ebbi la conferma che Ada odiasse Katerina sopratutto per via della sua bellezza. Sinceramente la invidiavo anche io un po' per via del suo soggiorno in quella terra: io dovevo ogni giorno sopportare l'odio di mio padre e le angherie di Ada, solo mia madre mi stava vicino e mi proteggeva come meglio poteva.

Irina?!” Sentii una voce chiamare il mio nome, mi rizzai in piedi e vidi in lontananza Ada che si guardava attorno con disgusto. A differenza mia e di Katerina, lei odiava la foresta: per lei era solo un insieme di schifosi insetti e terra con cui si sarebbe potuta sporcare.

I suoi unici interessi erano sparlare e trovarsi un marito, ma dubito che lo avrebbe trovato se fosse rimasta così acida.

Appena mi vide,Ada sbuffò “Oh eccoti, nostro padre ti vuole urgentemente parlare” disse, storcendo le strette labbra.

Doveva essere davvero importante se nostro padre mi voleva di nuovo tra i piedi.

Perché?” le chiesi nel mio linguaggio.

Ada fece spallucce “Non lo so, un uomo è venuto a casa oggi pomeriggio e ti vuole incontrare” disse “Chissà perché vuole vedere un mostro come te...”

Ignorai la parte finale e la seguì, notai subito la carrozza lasciata di fronte alla nostra casa. Doveva trattarsi di qualcuno di nobile e di sicuro non di un falegname umile come nostro padre.

Appena entrammo, percepii l'odore di tè che mamma era solita preparare solo in presenza di ospiti. E se era alla tisana, l'ospite doveva essere davvero importante.

Infatti,i nostri genitori non erano soli e con loro c'era un uomo, probabilmente sui quarant'anni: non molto alto, con lunghi capelli neri, occhi scuri e un naso aquilino. Indossava abiti eleganti, forse un po' troppo per entrare in una casa come la nostra.

Ecco, lei è Irina” disse Ada sorridendo calorosamente all'uomo, come non aveva mai fatto con me.

La guardai stupita mentre l'uomo si alzava lentamente, mi sorrideva eppure mi sembrava che fosse un sorriso di circostanza “Irina” disse come se fosse un piacere “Piacere di conoscervi. Io sono Vladimir”

Fece un mezzo inchino ,come se avesse di fronte a sé non una contadinella del villaggio ma una principessa. Quando mi prese la mano e la baciò sul dorso, lanciai un occhiata confusa ai miei genitori: mio padre sorrideva come se fosse Natale mentre mia madre evitava deliberatamente il mio sguardo.

Siete davvero bella come ti hanno descritta” aggiunse Vladimir quando le sue labbra si separarono dalla mia mano. Non ero mai stata trattata così da un uomo e sospettai subito che sotto ci fosse qualcosa, non era una sensazione piacevole.

Inoltre Ada si era parecchio incupita, quando quell'uomo mi aveva definita “bella”.

Che succede?” chiesi rivolta a mamma, mio padre si alzò in piedi e mi lanciò un occhiata di disapprovazione. Temetti che volesse schiaffeggiarmi, ma poi rammentai la presenza di quell'ospite dall'accento russo che avevo di fronte.

Irina, quest'uomo è un mio caro amico russo” disse guardando Vladimir con un sorriso complice “Ed è venuto fin qui dalla Russia per chiedere la tua mano”

Mi ritrovai con gli occhi sgranati per la sorpresa e notai Ada mordicchiarsi le labbra nervosamente: voleva essere lei la prima e sposarsi e ad avere un figlio, ma a quanto sembrava sia io che Katerina l'avevamo anticipata.

Anche se non avevo alcuna intenzione di sposarmi con uno sconosciuto.

A lui non importa del tuo...problema” aggiunse mio padre “Ed è disposto a portarti con sé in Russia”

Allora, era quello il problema? Mio padre voleva liberarsi di me, perché aveva trovato un anima pia disposta a sopportare la mia “condanna”? Mi ero sentita dire parecchie volte, da Ada, da mio padre e da altre persone, che non avrei mai trovato un uomo che mi avrebbe amata, perché ero diversa. E Vladimir doveva essere stato spinto da una mano dal cielo, secondo mio padre, per aver deciso di sposare un mostro come me.

Sapete Irina, io e vostro padre eravamo molto amici tempo fa. Ma per divergenze lavorative, ci siamo separati” iniziò a raccontare Vladimir “Per me è quindi un onore, poter sposare una delle sue figlie”

Strinsi i pugni, quell'uomo mi parlava come se desse per scontato che avrei accettato la sua proposta. Perché era l'unico uomo che avrebbe mai potuto accettarmi.

Ma non avevo lo stesso alcuna intenzione di accettare: preferivo rimanere da sola per sempre, che sposare uno sconosciuto in abiti eleganti che provava solo pietà per me.

Mi farò andare giù tutte le tue difficoltà e sopporterò con pazienza la vostra malformazione” aggiunse Vladimir, prendendomi le mani tra le sue e sorridendomi calorosamente.

Malformazione? Mi trattenni dal colpirlo in volto con uno schiaffo: io ero normalissima, non avevo alcun problema e non avevo bisogno della compassione di un poveraccio vestito da nobiluomo per sentirmi amata. Avrei trovato l'amore, prima o poi, e se non lo avessi trovato, allora sarei rimasta sola, ma era meglio così.

Katerina diceva sempre che la vita era crudele e che senza l'amore non saremmo mai riusciti a viverla. Io la pensavo come lei: volevo anche io l'amore e non mi importava se mio padre mi avrebbe punito a vita, in caso di rifiuto.

Ritirai le mani bruscamente e guardai mia madre, che era in pena per me.

Da quanto tempo va avanti?” chiesi gesticolando velocemente.

Notai con la coda dell'occhio mio padre: mi stava fulminando con lo sguardo, mentre dall'altra parte Ada, sembrava quasi compiaciuta che mi stessi in qualche modo “ribellando”. Era la prima e ultima volta in cui la vidi dalla mia parte.

Sono mesi che lo progettiamo, Irina” rispose mio padre, impedendo alla moglie di proferire parola. “Sono tuo padre e non voglio che tu resti sola”

Bugiardo.

Lui voleva solo liberarsi di me, come aveva fatto con Katerina.

Così si sarebbe liberato dell'altro disonore vivente della famiglia Petrova. Non voleva rischiare di ritrovarsi una zitella in casa a vita.

Cercai di trovare il coraggio di dirgli che non volevo sposarmi, ma lui non me ne diede l'opportunità “Il matrimonio si celebrerà tra un mese” concluse, con un tono che mi fece comprendere che non avrebbe accettato repliche “Tutto è già stato deciso. E non si torna indietro.”


Mia madre non poteva aiutarmi in alcun modo, la donna era proprietà del marito e se avesse, anche solo provato a far cambiare idea a nostro padre, sarebbe stata punita.

Non volevo che ci rimettesse lei a causa mia, già pagava abbastanza per il bene che mi voleva.

Scrissi così una lettera a Katerina, usando le poche parole che avevo imparato a scrivere. Le parlai di tutto quello che stava accadendo, con Vladimir e con i preparativi: il mio ipotetico futuro marito era tutto preso da essi e non mi rivolse più la parola per due ovvi motivi: ormai ero sua, mio padre gli aveva ceduto la mia mano, e poi sapeva che non avrei potuto rispondergli.

La risposta di mia sorella arrivò dieci giorni prima della cerimonia: era una lettera che all'inizio mi sembrò folle ma, rileggendola diverse volte, mi sembrò tutt'altro.


Ne ho parlato con lord Niklaus, il nobiluomo che mi ospita, e lui ha acconsentito ad ospitarti qui per tutto il tempo che vuoi. Non per sempre, ovviamente, ma il tempo necessario per sfuggire a questo matrimonio indesiderato. Fidati Irina, l'Inghilterra è un mondo completamente diverso, qui ti sentirai amata e accettata. La tua vita cambierà come è cambiata la mia”


Rilessi la lettera ancora un ultima volta e un sorriso apparve sul mio viso: volevo anche io cambiare la mia vita.

Sarei fuggita in Inghilterra.

  
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