«-(¯`v´¯)--« RICORDATI DI ME «-(¯`v´¯)--«
Care
Rovina e Zia Esmy, non so come ringraziarvi per le
belle parole, spese nelle vostre recensioni.
Davvero,
sono molto lusingata, d’essere riuscita a trasmettere delle emozioni,
attraverso le mie righe e il mio testo; credo sia uno dei complimenti
più belli per una persona che si impegna nello scrivere, ed adora quello
che fa tra le altre cose pur non avendone fatto mestiere, possa ricevere!
Le
soddisfazioni che sto ricevendo con questa storia sono davvero impagabili e
impensabili, visto lo scetticismo che comunque l’idea di
per se di questo racconto, aveva suscitato all’inizio in me.
Ma
ora tutto è cambiato, credo che l’essere riuscita a sentire mio
questo testo, mi abbia dato anche quella spinta in più per renderlo
così com’è; qualcosa di sovrannaturale, equilibrato, non
invadente.
Amo
questa storia, ed amo voi recensitici, per il vostro sostegno. Grazie di cuore!
Michelle, ringrazio anche te, sono riuscita a leggere per tempo la tua
recensione, prima di postare questo capitolo! Grazie cara,
e vai tranquilla, il tempo è tiranno per chiunque!
Vi
mando un caro abbraccio.
LuNaDrEaMy
aawaa
SORTILEGIO
ED OBLIO. aawaa
Chap n.11
-“Victor.
E’ tutta la vita che ne sento parlare.”-.
Frank è ancora sulla sua poltrona,
gira nervosamente le ruote sotto ai suoi piedi, slittando a destra e sinistra.
-“Come
Betty, il tempo passato a sentir parlare di lei, mi
ha insegnato ad amarla anche senza averla vista prima.”-.
Frank porta i suoi enormi occhi blu, nei
miei.
Non
mi ero accorta della loro bellezza imbarazzante; scruta le mie parole, se
soltanto le potesse veder scritte, riuscirebbe a sbrogliare i nodi dei suoi
perché.
Lo
so, capisco le sue domande.
Siamo
rimasti qualche minuto a parlare, ma di chi sia io in realtà, non ha
capito molto.
Come
dargli torto, davanti a se ha una perfetta sconosciuta.
-“Se
vuoi, ho qualche sua foto.”-.
-“Mi
piacerebbe tantissimo vederle.”-.
Mi
avvicina alla sua scrivania, mostrandomi alcune cornici; in tutte, padroneggia
la figura minuta di una donna, bellissima.
Ha
profondi occhi chiari, capelli rossi e ricci, sguardo vivace
e temperamento forte, a giudicare dalle pose.
Sì,
è proprio lei.
Mi
sembra impossibile d’averla dinnanzi agli occhi.
Eppure,
è solo un pezzo di carta plastificata.
-“Lo
diceva Victor, che tua madre era bellissima.”-.
-“Mia
madre non faceva altro che parlarmi di lui, del suo carattere pacato, dei suoi
modi gentili, della sua intelligenza. A volte dimenticavo persino che stesse
parlando di un essere umano, tanto fosse perfetto!”-.
-“Lo
è, sai?! E’ davvero un elisir di bellezza
e raffinatezza.”-.
-“Lo
credo, altrimenti non ne sarebbe stata innamorata tutto questo tempo.”-.
-“Lei,
lo ama ancora?!”-.
-“Non
ha mai smesso. Sì, i miei nonni l’hanno fatta sposare con mio
padre e lei si è presa cura di noi, della casa, del suo lavoro, con
amore e dedizione, ma il suo sguardo non era mai felice, come quando raccontava
di lui.”-.
Alzo le spalle, guardando un po’
più in là; certamente Victor ne sarà felice.
Sono
emozionata al pensiero della faccia che farà, quando ella stessa le
dirà le medesime parole.
E
le sue paure, le sue paure svaniranno come bolle di sapone nell’aria.
D’altra
parte, non so se essere dispiaciuta per questo ragazzone al mio cospetto; come
ci si dovrà sentire, sapendo che la propria madre, abbia vissuto una
vita intera con il proprio marito, amando però un altro uomo?!
Io
mi sentirei strana.
Strana,
non so se è il termine più esatto.
Ma
quale rapporto straordinario deve avere questa donna, che per anni ed anni non
ha avuto pudori, con il sangue del suo sangue, parlandogli di codesto uomo?!
Per
un attimo rabbrividisco; io e mia madre non parlavamo quasi mai, o almeno i
nostri rari incontri verbali, finivano per essere quasi sempre scontri.
Ma
questa, è un’altra storia.
-“Ma
lei, dov’è adesso?!”-.
Frank mi guarda stupito, aggrottando le
sopracciglia per la sorpresa.
Chiude
gli occhi poi, lasciandosi andare in una risatina sarcastica.
-“Ma
come, non lo sai?!”-.
-“No,
non so.”-.
-“E
Victor non sa?!”-.
-“Non
sappiamo nulla.”-.
-“O
Dio mio, il compito più duro è capitato a me.”-.
-“Lei
è in Friedhof, sulla strada che costeggia la pineta all’entrata del
paese.”-.
Sto
per domandargli di essere più chiaro, non conosco bene la sua lingua, so
che Victor capirebbe, ma non saprei come spiegargli; d’improvviso
però, la porta della nostra stanza si apre, scoprendo sull’uscio una
vecchina, accompagnata da un’infermiera.
Ho
una morsa, alla bocca dello stomaco.
Per
un attimo, mi ritrovo a pensare che sia lei. Betty.
-“Dottore
la disturbo?!”-. L’infermiera, una procace
ragazza bionda, si affretta a parlare.
-“Certo
che lo disturbiamo, non vede è in dolce compagnia!”-. Gli fa
l’anziana, sorridendo ad entrambi.
La
bionda arrossisce un po’, lasciandosi andare in una risata un po’
troppo sguaiata.
Sorrido
anche io, divertita da questa bizzarra signora.
-“Cosa
abbiamo oggi, signora Folk?!”-.
-“Dottore
il solito dolore all’anca. Non sono più l’arzilla vecchietta
di una volta…”-.
Signora
Folk, non credo sia uguale alla parola mamma.
Sospiro,
quasi sollevata.
Frank mi stringe le spalle, pregandomi di
attendere un attimo.
Decido
però di lasciarli soli, accompagnandomi alla porta, portandomi fuori.
Il
corridoio che si affaccia ai miei occhi, è deserto; mi siedo su delle
panche di legno chiare, fissate alla parete.
Ripenso
a tutto quello che è successo in quella stanza, ed un brivido mi
attraversa la spina dorsale.
Per
un attimo sono così felice, d’aver paura di non saper raccontare a
Victor questa scoperta sensazionale. Ho paura, di non avere più parole
da impiegare.
Sembra
tutto così illogico, eppure è vero, non sono in un sogno.
Domani,
non mi sveglierò.
E
se lo farò, Victor sarà fra le braccia della sua Betty.
Mi
do un pizzico.
Giusto
per un ulteriore constatazione.
La
mia pelle s’arrossa in un secondo.
Questo
livido, sarà il sigillo della verità:
Elisabeth
e Victor finalmente, si ricongiungeranno.
-“Sibilla!”-.
Frenk apre la porta, cercandomi con lo sguardo.
-“Dimmi,
dimmi tutto.”-. Mi alzo, portandomici
di fronte.
-“Ho
da fare per un altro bel po’. Tu va a casa, hai bisogno di
riposare.”-.
-“Sì
credo sia meglio. Non vedo l’ora di dire tutto a Victor.”-.
-“In
bocca la lupo, allora.”-.
-“Se
mi serve fortuna, quella è per i miei esami!”-.
Mi
sorride, carezzandomi la guancia. Sorrido a mia volta, carezzando la sua.
-“Allora
ciao, a domani.”-.
-“A
domani.”-.
Mi
giro lentamente, accompagnandomi verso l’uscita.
Sono
piena di speranze, invasa e pervasa da sentimenti
totalmente lontani da solitudine, frustrazione, depressione.
Se
non fosse che lui, LUI, è così lontano dai miei occhi, dal mio
cuore.
-“Sibilla,
aspetta!”-. Mi giro, Frank è alle mie
spalle.
-“Oh
dottore, ora capisco perché le sue visite durano così tanto; lei
i pazienti non li lascia scappare!”-.
-“No,
mi sono dimenticato di darti una cosa preziosa e importante.”-.
Si
fruga nelle tasche, aprendomi di conseguenza il palmo della mano.
-“Mia
madre mi dette questo tempo fa, dicendomi che se alla mia porta fosse mai
apparso Victor, avrei dovuto consegnarglielo.”-.
Un
ciondolo, giace raggomitolato nella mia mano.
Un
rubino rosso incastonato in una montatura semplice e delicata, risplende nelle
sue sfaccettature donando riflessi stupendi.
Lo
stringo forte.
Posso
sentire scorrere in quella pietra dura il tempo, l’energia di un’ amore mai assopito, la speranze che con esso non
è mai morta.
Poi
una chiave, grande e d’ottone, appesa alla stessa catena d’oro
giallo; guardo il ragazzo incuriosita.
-“La
chiave, apre la porta dell’appartamento posseduto da mia madre in
giovinezza.”-.
-“Grazie
Frank, grazie di tutto.”-.
Lo
abbraccio forte, alzandomi sulle punte per riuscire ad avvolgerlo bene.
-“Grazie
a te.”-. Mi cinge la schiena, accucciandosi con
il volto nella mia spalla.
Poi
lo lascio, salutandolo definitivamente.
Cammino
spedita verso il mio albergo, il nostro albergo.
C’è
una verità da raccontare, il testimone di una vita passata nel pensiero
dell’uomo anziano che ha sconvolto la mia di vita, da consegnare.
-“Victor?!
Victor ci sei?!”-.
Apro
la porta della nostra camera, cercandolo con lo sguardo.
Non
mi risponde, allora chiudo bene la porta, portandomi nell’appartamento.
Chissà
dov’è.
Sono
impaziente di vederlo, fremo.
Distrattamente
passo accanto al terrazzo che da sul parco, collegato
con alcuni scalini di pietra; continuo per la mia strada, poi ci ripenso e
torno indietro, notando che la porta-finestra è spalancata.
Mi
affaccio, scendo le scale, sono in giardino.
Da
lontano, Victor mi chiama a gran voce.
Agito
il braccio, incamminandomi verso di lui.
Ma
le gambe cedono, mi accascio in terra come un frutto maturo, cadente dagli
alberi.
Vedo
il suo volto farsi bianco, poi una corsa affannosa verso la sua bimba stesa in
terra.
-“Sibilla,
che cosa hai?!”-. Mi aiuta a rialzarmi.
-“Non
lo so Vic, io ti giuro che non lo so.”-. Mi passa una mano sulla fronte, preoccupato.
-“Sei
pallida. Vuoi che chiami un dottore?!”-.
-“Oh
no, è da lì che sto tornando.”-.
-“E
cosa ti hanno detto?! Ma perché non sei rimasta
lì?!”-.
-“Victor
non preoccuparti, sto bene”-. Lo vedo che mi fissa amorevole
–“davvero, e poi non potevo restare, ho delle cose troppo
importanti da dirti.”-.
-“Non
c’è niente di più importante della tua salute.”-.
-“Come
sei caro, ma aiutami a distendermi piuttosto! C’è davvero qualcosa
che bolle in pentola.”-.
Ride,
cercando di alzarmi da terra; sono appoggiata sulla sua schiena, camminiamo un
po’, riuscendo in breve a rientrare nell’appartamento.
Mi
porta in stanza, facendo attenzione a non strattonarmi troppo.
Delicatamente poi, mi fa stendere sul
letto; sistema i cuscini, ordina la cena e si accomoda sul bordo del letto,
sempre con la mano stretta nella mia.
-“Sei
andato al comune?!”-.
-“Sì,
sono riuscito a ricavare l’indirizzo di un appartamento appartenuto a Betty, ma nulla più. Ci sono passato, ma sembra
fosse disabitata”-.
-“E’
normale, Betty non vive più in quella
casa.”-. Lo guardo divertita, lui mi guarda pensieroso –“ma voleva che comunque tu avessi
quelle chiavi.”-.
Victor
continua a guardarmi, incerto e spaurito; prendo il ciondolo, lo sfilo dalla
tasca del mio golf chiaro, porgendolo a lui.
-“E
non solo. Betty voleva che tu avessi questo ciondolo,
consegnandolo a Frank suo figlio, con la speranza che
un giorno tu avresti bussato alla sua porta.”-.
Victor
fissa intensamente il gioiello; i suoi occhi neri si fanno piccolissimi in un
attimo.
Il
suo sguardo mi spaventa, innaturalmente teso, mortalmente spento quasi.
Non
riesco a capire se sia il ciondolo, o le parole che mi
ha sentito pronunziare.
-“Ha,
ha un figlio?!”-. A quanto
pare, sembra essere la seconda opzione.
-“Sì.
E’ stata sposata Vic, ma è vedova da
qualche anno.”-. Mi schiarisco la voce,
stringendogli forte la mano –“credo di sapere cosa stai provando in
questo momento, ma voglio che tu sappia, che lei non ha fatto altro che
pensarti ed amarti, per tutto il corso della sua vita.”-.
-“Te
lo ha detto lei?!”-.
-“Suo
figlio. Mi ha detto che il suo volto, si illuminava solo
quando parlava di te, Vic.”-.
-“Potrà
bastare a cancellare, che lei è stata di un altro uomo?!”-.
Non
l’ho mai visto così.
Ha
urlato, sì credo abbia urlato.
Ma
la sua voce è così bassa che un leggero sforzo, storpiato dal
dolore, sembra uno straziante urlo.
Non
so che dire, avrei voglia di piangere.
-“No,
non credo basti. Non c’è nulla che basti a sopportare l’idea
che l’uomo o la donna che si ami, nel frattempo che tu sei stato via,
è stato d’altri. Ora, hai la possibilità di scoprirlo.”-.
-“
Lo sai cos’è questo ciondolo?!”-.
-“No.
Vuoi dirmelo?!”-.
-“Glie
l’ho donato, prima che partisse.”-.
-“Qualcosa
che vi avrebbe legato per tutta la vita. E’ un gesto molto romantico.”-.
-“Quando
è partita, lei giurò d’amarmi per tutta la vita.”-. Mi guarda triste, afflitto.
-“Non
ti è rimasto solo questa pietra di quell’amore.
E’ lei che te le sta dicendo, ridandoti indietro questo gesto
d’amore.”-. Gli stringo il palmo, chiudendolo
a riccio.
-“Pensi
sia così?!”-. Fissa la sua mano chiusa,
cercando con lo sguardo momenti ormai andati.
-“Ne
sono sicura, non avrebbe aspettato una vita, per vederti bussare alla sua
porta. Almeno, io non lo farei.”-.
-“Allora
perché hai permesso che Simone andasse via, se lo ami?!”-.
Oh,
mi ha scalzata.
Ma
ha ragione; se non aspetterei per vita un uomo che non amo, perché ho
permesso al solo uomo che amo, di scappare via dalla mia vita?
Bella
domanda.
E
Simone rimbalza nel mio cuore, dopo vani attimi in cui credevo d’averlo
assopito.
-“Forse,
perché ero ferita. Come te, in questo momento.”-.
Il mio sguardo scappa lontano, il rimorso invece, si avvicina. –“ma
non siamo noi ad aver passato una vita lontani
l’uno dall’altra, non sono io che ho sposato un uomo amandone
invece un altro, non sono io che ho tenuto quella porta aperta, sapendo che lui
sarebbe comunque tornato. Io, io l’ho chiusa per sempre forse… tu,
tu che finalmente sei sull’uscio, tu che finalmente hai trovato la strada,
non sbattertela in faccia. Non ora, Victor!”-.
E’più
forte di me, la coscienza, il rimorso di coscienza, spinge con forza per
entrare, ed io povera donna illusa e speranzosa di non farci ancora i conti,
non posso far altro che sciogliermi al suo volere.
Piangendo.
Lacrime amare, lacrime così
troppo presto
padrone di me.
Lacrime
che non attendevo, come un cattivo ospite, come una brutta sorpresa nel momento
più felice della tua vita.
Ahimè:
sto perendo.
-“Oh
cielo! Quale povero vecchio lamentoso sono diventato… ti sto facendo
piangere per colpa mia, bambina!”-. Mi stringe forte a se, spostandomi
quasi con la sua forza brutale, dalla posizione comoda che occupavo.
Ed
io sono inerme, fra le sue braccia, come un relitto alla deriva.
-“Non
sei un vecchio lamentoso, sono io la ragazzina stupida che pensava di metter
fine al dolore, con quattro fogli e una firma. Stupida.”-.
-“Non
è mai troppo tardi per rimediare, ti ho insegnato questo. Ed io ho
sbagliato con te Sibilla. Ti insegnato a non arrenderti, eppure sono qui a
lamentarmi.”-.
-“Anche
i migliori sbagliano. Ma la loro forza è nel rialzarsi.”-.
-“Bene,
allora alziamoci, lasciamo le lamentele a chi ne ha fatto una
virtù.”-.
-“Ho
paura, Vctor.”-.
-“Anche
io.”-.
-“Tu
mi resterai accanto?!”-.
-“Io
ti sarò vicino comunque.”-.
-“Comunque?!”-.
Non mi rispose, o almeno non lo fece mai a parole.
Sapeva di non poter promettere
l’eternità, sapeva che non avrebbe resistito a tanto, senza di
lei.
Lui che già sapeva, lui che aveva sempre
saputo, ma non aveva mai osato credere.
Ed io non potevo certo immaginare, che LEI se lo sarebbe portato via con se, lontano.
Lontano, come l’oblio che li legava, che lo aveva tenuto
in vita, senza cielo e terra.
Cominciai ad aver seriamente paura che non lo
avrei mai più rivisto e questo fece di me una vittima; la vittima di un
sortilegio e di un oblio, che d’improvviso cambiò destinatario.
Ma questo io, non potevo ancora saperlo.
Ragazze, come avrete capito, siamo in fase finale!
Conto di concludere la storia fra uno, due capitoli al massimo.
Mi dispiace se vi lascio con questa incognita,
quasi a svelare il finale, senza che ve lo sareste aspettato
ma per l’idea che ho in mente, credo sia l’ideale!
Vi aspetto al prossimo capitolo,
bacio!