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Autore: Promise     08/01/2012    5 recensioni
"Credo che ti ucciderò, scorfano" disse seria Karin
"Io invece ti darei volentieri un bacio, strega" rispose Suigetsu
Fanfiction SuiKa. Sono adorabilissimi. <3
Genere: Romantico, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Karin, Suigetsu
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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“E quindi adesso cosa facciamo?”
“Non usare quel tono da “fine del mondo”. Così sembriamo delle disperate” Puntualizzò Tayuya.

“Tecnicamente siamo disperate.” Sussurrò Karin. Tayuya le rispose con un’occhiata seccata e aprì uno scatolone infilando alcuni indumenti piegati prima.

“Okay… okay… allora qual è il piano?” ruppe di nuovo il ghiaccio Karin.
Tayuya era inginocchiata vicino a lei a riempire uno degli scatoloni con alcuni abiti.

Karin, si rosicchiava le unghie appoggiata ad una pila di scatoloni.  
Il minuscolo appartamento sembrava un palazzo di cartone e di nastro adesivo. Circondato da un mare di intonaco verde-limone che con gli anni e la sporcizia adesso assomigliava di più ad un denso verde vomito, come Karin usava definirlo.
“Beh, pensavo che per un po’ possiamo stare dal mio ragazzo.” Disse Tayuya a mezzavoce.
Karin assunse un espressione sinceramente disgustata.
“Ma io non voglio stare a casa di quel viscido. Giuro che divento matta. E poi Tay, ho trovato un ingaggio questo finesettimana. E’ per una festa. Mi pagano bene.”
Tayuya sospirò e finì di piegare qualche abito da mettere nello scatolone.
“Il padrone di casa è stato chiaro, sorellina. Ha già stipulato un contratto di affitto con due nuovi inquilini a quanto pare. Quindi, dobbiamo andarcene. E poi Sakon è stato davvero carino. Mi ha aiutata a smontare parecchi mobili. Grazie a lui mi manca pochissimo lavoro da fare!”  Sussurrò rassegnata Tayuya.
E’ stato davvero carino! Mi ha aiutata a smontare parecchi mobili!” le fece il verso Karin esagerando e rendendo il tono di voce pateticamente smielato.

“Beh, almeno lui aiuta sai? Francamente non è che mi diverta a giocare alla traslocatrice.”
“Tu hai trovato un nuovo lavoro?” chiese Karin, cercando di cambiare argomento, dato che non le andava di dare una mano, o meglio si sentiva troppo incazzata con il mondo per rendersi utile.

“Oggi sono andata un po’ in giro. Qualcosa ho trovato, ma molti hanno periodi di prova molto lunghi, il che significa restare anche più di una settimana senza un soldo. Però…”
“Però?”
Tayuya prima di rispondere staccò con i denti un pezzo di nastro adesivo per pacchi.
“Ho trovato intanto un part-time anche per la mattina. Li il periodo di prova durerà solo 2 giorni e la paga non è altissima, ma almeno decorosa. Penso che comunque trovero anche qualcos’altro. Staremo solo un po’ dal mio ragazzo. Solo qualche settimana. Il tempo di trovare una nuova casa. Senza orribile intonaco verde-vomito. Promesso. Mi passi quel pennarello?”
Karin sorrise e raccolse un pennarello nero indelebile, appoggiato a uno scatolone vicino. Adorava Tayuya. Odiava quel cretino del suo ragazzo, si. Lo trovava un coglione smidollato, le sarebbe piaciuto prenderlo a calci nelle gengive, le creava un nervosismo inaudito e inoltre era un fottuto perdente.

Ma non sarebbe mai riuscita a smettere di voler bene a sua sorella.
“Vai da Hinata, oggi?” chiesta Tayuya mentre scriveva in stampatello sullo scatolone VESTITI ESTIVI. “Tanto ho praticamente finito. Non ho bisogno di altro aiuto.” Continò finendo di usare il pennarello.
Sebbene fosse sollevata al pensiero di non dover far nulla, il sorriso di Karin si spense all’istante.
“No, oggi no. Sono distrutta e… voglio solo  andare a dormire.”
Tayuya stette in silenzio per qualche momento, pensosa e Karin si diresse in camera sua.
“Karin non ent-“
“TAYUYA DOVE DIAMINE HAI MESSO IL MIO LETTO?!”       
“…Ehm ho già imballato le tue cose”
“Tay!”
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“Ah, ben tornato Neji.”
“Grazie Hinata.”

Hinata dopo aver fatto un breve inchino, sempre aggraziato, andò nella sala del tè, seguita dal cugino.
“Cosa preferisci?” disse Hinata piano.
“A dire il vero, ora che ci penso non mi va nulla, grazie.”
“Oh” Hinata smise di ordinare il set da tè.
“I ragazzi mi hanno invitato ad uscire questo pomeriggio. Sicura di voler restar da sola in casa? Perché non esci con quella ragazza…”

“Karin? Oh… l’ho chiamata poco fa, ma ha il cellulare spento.”
A dire il vero Hinata era parecchio turbata. Aveva veramente provato a contattare l’amica ma l’unica risposta che aveva ricevuto era stata quella della fredda voce metallica della segreteria telefonica. Karin aveva qualcosa di strano. Hinata sapeva bene anche che l’amica era una ragazza che non esternava i problemi e tendeva a tenersi tutto dentro. Era una cosa che aveva imparato quasi subito da Kay. Ma il fatto che non le rispondesse al telefono la preoccupava ancora di più. Aveva visto l’annuncio affisso all’ingresso della scuola, aveva riconosciuto facilmente la vecchia amata cinepresa di Karin. Doveva essere successo qualcosa di importante. Karin non avrebbe mai venduto quell’oggetto senza una ragione precisa.
Neji stava controllando qualche messaggio e Hinata era lì ferma in mezzo alla stanza. Nella confusione della giornata si era dimenticata di avere fra le mani il numero di Naruto, più prezioso di un diamante.
“Allora esco.” Disse Neji, con il tono contraddistinto dalla solita inespressività disarmante.
“Abbi cura di te.”
Hinata si sentiva sempre un po’ ridicola a dirlo,  ma non poteva farci niente.

Era nella sua indole preoccuparsi per gli altri e soffrire per loro.

A differenza di Karin però non riusciva a migliorare veramente le cose. Era passiva in ogni situazione, pur essendo emotivamente coinvolta. La contraddistingueva una fragilità inaudita e una delicatezza spaventosa, ma non riusciva ad imporsi e subiva ogni tipo di angheria.
Non riusciva ad trovare il coraggio per chiamare Naruto. Non riusciva a trovare il coraggio per andare da Karin. Non riusciva a trovare il coraggio per difendersi da persone prepotenti. La gente non la considerava. Era come se fosse invisibile. Hinata era la ragazza strana della IIIC, la cugina di Hyuga, la tizia amica di Izumi.
Ma non era mai Hinata. Neji non le avrebbe mai chiesto se voleva uscire anche lei. Naruto non l’avrebbe mai notata veramente. E Karin aveva sicuramente cose più importanti a cui pensare, invece che ad una stupida piagnucolona. In quel momento, Hinata provò un profondo disprezzo verso se stessa, verso la sua debolezza e verso la sua incapacità di prendere in mano la situazione e di dimostrarsi forte.
Aspettò solo che il cugino chiudesse la porta di casa per accucciarsi sul pavimento di marmo, rimanere in silenzio e sentirsi più sola di quanto si fosse mai sentita.

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Dopo gli ultimi colpi di phon, Sakura ammirò la splendida acconciatura, risultato della sapiente mano di un esperto.

 “Quando, la cara Ino mi ha chiamata disperata dicendo che era un’emergenza ho cancellato il mio volo per Londra. Ma cara Sakura, come hai fatto a conciarti così?”
“Ehm, problemino con alcune persone” arrossì Sakura.
“Che barbarie. I capelli sono sacri… sono l’essenza di una persona!” Protestò indignato Roberto. Roberto non si definiva semplicemente “parrucchiere”, ma Artista (con la A maiuscola). Ed effettivamente era fenomenale. Inutile dire che era più gay di Elton John.
Il suo salone era recensito dalle riviste di moda più prestigiose e vi era una lista d’attesa kilometrica per farsi fare un’acconciatura da lui. Ma con le amicizie giuste…

“Grazie mille Roberto. Hai fatto davvero uno splendido lavoro.” Disse Sakura tirando fuori dal suo portafoglio una carta di credito.
“Prego tesoro. E se proprio devo essere sincero sei semplicemente incantevole con i capelli corti.”

Sakura sorrise accarezzandosi una ciocca. Si diede un leggero sguardo nello specchio del salone.

Diamine, era davvero uno schianto. Oltre al nuovo taglio di capelli, indossava un completo stupendo di Armani che aveva comprato il giorno prima. Il trucco era perfetto e aveva colto l’occasione di farsi anche la manicure.  Finito il pagamento, Roberto le riconsegnò la carta di credito.
“Grazie tesoro e mi raccomando, se succede qualcosa chiamami!”

“Certo. E grazie a te.”

Sakura uscì dal salone. Dalla sua pochette iniziò a vibrare e suonare il cellulare.

“Ciao Saku, sono io!” la voce di Ino rallegrò ancora di più Sakura.
“Ino! Dove sei?”  rispose.
“Mi trovo al Complex. Mi raggiungi?”
Il Complex era un bar aperto da poco, un po’ in periferia e vicino alla spiaggia, che però vantava una gran popolarità fra i giovani del luogo. Certo, non era un locale neanche paragonabile al Red, al Juice o al Room però si difendeva bene ed era un’alternativa accattivante, perché si poteva fare il bagno in una Jacuzzi serviti da camerieri bellissimi o godere semplicemente della vista spettacolare e buona musica dal vivo. Ovviamente tutto questo era riservato a persone che potevano permettersi di spendere. E tanto.
Sakura sorrise. La giornata non sarebbe potuta andare meglio. Era stupenda con il nuovo taglio, il completo Armani era favoloso e un sorriso le illuminava il volto. Il Complex era la ciliegina sulla torta. E poi doveva assolutamente mostrare a tutti il nuovo taglio.
“Dammi 5 minuti, prendo un Taxi e ti raggiungo.”

 

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“Non gli bastava trasferirci tutti da Trottolinoamorosodududadadà, ha inscatolato pure la mia stanza!”

Brontolando Karin uscì dall’appartamento, dalla porta sul retro. Sakon, il ragazzo di Tay, aveva suonato il campanello e Karin ne aveva abbastanza di sfigati, quindi non potendo riposare, dato che il suo letto era stato smontato per il trasloco, decise di farsi un giro. Scese velocemente le scalette malandate e percorse il vicolo deserto. Mentre la sua testa era pervasa da pensieri sgradevoli che avrebbero potuto istigare una normale teenager al suicidio cercò di concentrarsi sull’unico pensiero meno disperato ovvero la festa di sabato. Sinceramente non le piacevano le feste, tutta la confusione, musica scadente a palla, ubriachi che vomitano in mezzo alla pista… diciamo che per Karin non c’era poi così tanto divertimento.

L’ideale di divertimento di Karin consisteva nel lavorare su un video o su una pizza e una birra o sullo sfottere i tamarri di Jersey Shore sul divano con Tayuya e una copertina.  

Qualche volta era stata invitata ad una festa, ma non si era mai divertita molto, anzi per nulla e aveva passato tutte le serate a desiderare che Tayuya arrivasse prima del solito, cosa che non accadeva praticamente mai, dato che sua sorella era costantemente in ritardo, un po’ per colpa del lavoro, un po’ perché la puntualità non era proprio il suo forte.

Così, aveva smesso anche di accettare i pochi inviti che le rimanevano. E questo sabato, avrebbe avuto di nuovo una festa. Però stavolta nessuno l’avrebbe infastidita e avrebbe guadagnato qualcosa. Quindi non sembrava così male.
Un altro pensiero positivo era il concerto degli Akatsuki. Per un momento raggiunse l’estasi pensando di poter finalmente ascoltarli dal vivo e cantare a squarciagola le loro canzoni al concerto. Ma si ricordò che i biglietti li aveva solo Hinata e doveva andarci con lei. E il pensiero positivo svanì all’improvviso.
Uscita dal lungo vicolo entrò in una via principale e iniziò a farsi strada fra i passanti e i turisti sul marciapiede.

Vide per un attimo Haruno che prendeva un taxi e fu tentata di farle un cenno di saluto, visto quello che era successo nella giornata, ma rimase immobile. E forse era meglio così, dato che anche se quel giorno erano accaduti vari eventi, questo non voleva dire che fossero diventate già amichette del cuore.
Inoltre Karin osservò Sakura, perfetta in ogni dettaglio e iniziò a provare una sottile vergogna per le sue unghie rosicchiate, i capelli spettinati ed anche i suoi pantaloni preferiti le sembrarono roba da grandi magazzini. Pensò che comunque non valeva la pena entrare nel mondo di Haruno e delle altre, perché Karin apparteneva a tutt’altro mondo e anche se avesse voluto fare parte di quel gruppetto di ragazze dai vestiti firmati e senza grandi ideali,  il loro mondo era troppo costoso.

Girandosi affrettò velocemente il passo,  un po’ più amareggiata di prima e incazzata con il mondo come sempre. E solo la vista di una misteriosa Volvo nera riuscì a distoglierle dalla mente ogni pensiero.

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Sakura scese dal taxi dopo aver pagato la tariffa del viaggio, stando ben attenta a non sgualcire troppo il vestito. Davanti a lei c’era una pedana di legno posizionata proprio sulla spiaggia, che andava rialzandosi gradualmente e ai lati di questa pedana delle palme. Il Complex si trovava alla fine della pedana, in posizione rialzata. Il fatto che il locale fosse in alto, valorizzava il tutto, perché vantava davvero di una vista a dir poco splendida.
Sakura risalì la pedana con calma. Le piaceva molto la spiaggia. L’aria era tiepida ma non ancora afosa e vi era una leggerissima e piacevolissima brezza marina. Fra poco sarebbe proprio iniziata l’estate.
Arrivata nel locale, la ragazza cercò con lo sguardo Ino, quando fu richiamata da quest’ultima.
“Sakura! Siamo qui” urlò Ino agitando un braccio.
Sakura notò che non c’era solo la biondissima Ino, ma anche Ten Ten e Tsugumi, una delle compagne di classe.
A passo veloce raggiunse il loro tavolo, sfoderando un sorriso radioso.

“Che schianto, Saku!” disse ammirata Ten Ten.

Sakura arrossì lievemente e sorrise, fingendo una certa modestia, sebbene perfettamente consapevole di essere davvero favolosa.
“Roberto ha compiuto un capolavoro!” sorrise Ino. “Davvero, ti stanno benissimo! Che invidia… io non sto bene con i capelli corti, ma a te donano molto.”
Sakura fece una piroetta, come una bambina che voleva mostrare il nuovo vestitino a suo padre.
“Grazie ragazze!” disse Sakura sorridendo e prendendo posto a sedere.
Un cameriere dal fisico scultoreo si avvicinò al tavolo e chiese a Sakura l’ordinazione. Sakura optò per un succo di pompelmo, mentre le altre avevano già indicato la loro consumazione.
Anche le altre erano molto carine. Ten Ten portava i capelli legati in una morbida coda e indossava un Gucci nuovissimo che le metteva in risalto le gambe kilometriche, mentre Ino era una dea nel suo Versace, con i capelli lunghi sciolti e biondissimi. Tsugumi sedeva in silenzio intenta a sfogliare una rivista.
“Kin verrà espulsa?” chiese la mora, sorseggiando la sua acqua tonica.
“Non lo so” ammise Sakura amareggiata “Però la preside non era propensa a fare finta di nulla. Spero almeno sia stata sospesa, sarebbe il minimo per quello che ha fatto a Hinata”
“Hinata? Che c’entra lei?” chiese Ino incuriosita.
“Quella è buona solo a frignare.” Sussurrò Tsugumi malignamente. “Alla fine quella che ci ha rimesso è stata Saku.”

Sakura iniziò a trovarsi a disagio.  Avrebbe voluto urlare che in realtà Hinata non era una frignona e che si era fatta realmente male. Ma tutte quelle attenzioni, i capelli perfetti, quel cameriere carino che le aveva sorriso, il completo nuovo… perché rovinare una bella giornata con un litigio?

 

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“Aaaaaaaaah che palle, ho perso di nuovo!” protestò Kiba, agitando il joystick.
“Scusa, ma non concedo rivincite” rise Suigetsu, alzandosi dal divano e spegnendo la console.
Kiba gli lanciò il suo joystick che Suigetsu prese al volo.
“Ehy Hozuki, non mi offri niente?”

“Mi perdoni signor Inuzuka, ma ho solo birra.” Disse Suigetsu ostentando un accento inglese da vecchio maggiordomo.
“Sarà sufficiente, per questa volta” rispose Kiba con un tono snob

Suigetsu si diresse verso il frigo e tirò fuori due bottiglie. Una la lanciò all’amico.
“Scusa, ma la domestica ha avuto un problema oggi e non ha potuto fare la spesa.” Sospirò Hozuki.
“Tanto volevo una birra.” disse Kiba buttandosi di nuovo a peso morto sul divano.

I ragazzi stettero in silenzio per un attimo.

“Piuttosto mi vuoi dire perché hai cambiato posto in classe?”
Suigetsu trovò una scusa. “Beh, i miei genitori stanno mandando un precettore per testare la mia preparazione e se non so niente, i vecchi mi tolgono i viveri.”
“Che palle. Adesso ti toccherà ascoltare quella checca in paranoia del professor Kabuto.”
Suigetsu stappo la sua bottiglia e iniziò a sorseggiare la sua birra ghiacciata.
“Hai anche davanti quella pazza di Izumi!”
A Suigetsu andò di traverso un sorso.
“Però la sua compagna di banco, Hinata, è molto carina” continuò Kiba, che si era interrotto per bere un po’ di birra. Suigetsu sgranò gli occhi: d’altro canto non avrebbe mai potuto immaginare che il suo amico si fosse potuto prendere una sbandata per una ragazza così timida e riservata come Hyuga. Inoltre non era sicuro che Neji, cugino di Hinata Hyuga,  l’avrebbe presa bene.
Kiba si accorse del danno, diventando immediatamente paonazzo.
“Hozuki, non metterti in testa di combinare casini o sei m o r t o.” sibilò il moro, accentuando la parola morto.

Kiba era quel tipo di ragazzo non troppo sveglio, un po’ spaccone con gli adulti. In genere però era un tipo abbastanza pacifico e nonostante l’aspetto arrogante, riusciva ad avere una discreta folla di ammiratrici. Amava la natura, tanto da aderire a diverse associazioni ed aveva un cane, Hakamaru al quale era molto legato fin da quando era un bambino. I suoi genitori erano gente famosa. Il padre era un noto presentatore televisivo, che negli ultimi tempi aveva riscosso molta popolarità grazie ad un nuovo gioco a premi, mentre la madre era direttrice di una catena di alberghi di lusso sparsi nel continente. Ma nonostante la sua fortuna economica e sociale, Kiba non amava ostentare tutto ciò. Inoltre non dava segno di impazzire per la vita notturna. Preferiva praticare sport all’aperto oppure, come in quel pomeriggio, giocare alla playstation.

Insomma, nonostante l’atteggiamento un po’ vivace non era cattivo. Però era fortissimo e nelle risse riusciva spesso ad avere la meglio, quindi non era auspicabile farlo arrabbiare.

“Ho afferrato il concetto.” Annuì Suigetsu.
Kiba riprese il suo colorito abituale.
“Ah comunque la sai la novità?” riprese
“Quale sarebbe?”
“Credo che Izumi si sia presa una cotta per Uzumaki”
Suigetsu cercò di accennare un sorriso beffardo, ma il sorriso si trasformò in una smorfia. Rimase semplicemente in silenzio. Izumi e Naruto? Per favore. Avrebbero potuto vincere il premio di coppia più mal assortita dell’anno. Non poteva essere vero e poi a Naruto non piaceva lei, no?
Si girò di colpo, perché il sorriso si era trasformato presto in una smorfia e la rabbia lo aveva invaso come un fiume in piena. Sicuramente Naruto avrebbe solo giocato con Karin. A lui, lei non interessava, ci avrebbe scommesso qualunque cosa. Naruto non la meritava quanto lui, anche se Karin era una strega.
“Amico, tutto bene?” iniziò ad allarmarsi Kiba.
“Pensavo che se magari Izumi si avvicinasse ad Uzumaki, magari potrei chiederle di Hyuga...” continuò il ragazzo
Suigetsu annuì, stringendo i pugni.
“Senti, invita gli altri. Cosi facciamo una bella chiacchierata.” Sibilo poi.

 

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Karin, agitatissima, si sbracciò per chiamare un taxi.
L’autista accostò vicino a lei, aprendo le portiere e con aria pacata le domandò:
“Dove vorrebbe andare signorina?”
Karin si catapultò nel veicolo, chiudendo velocemente le portiere e disse la frase che tutti noi vorremmo dire almeno una volta.
“SEGUA QUELLA MACCHINA.”
L’autista si guardò intorno e notò la Volvo nera, fortunatamente ancora nelle vicinanze grazie al semaforo che l’aveva bloccata.
Karin ovviamente era consapevole che il mondo era sicuramente pieno zeppo di Volvo nere e sicuramente in città non esisteva un'unica Volvo nera, ma quando l’auto le era passata accanto, aveva avuto una sensazione spiacevole e stranissima.
L’uomo non fece domande e seguì l’auto. Alla radio c’era uno degli ultimi singoli degli Akatsuki. Karin sospirò chiedendosi perchè la cattiva sorte la adorasse e la perseguitasse senza darle tregua.
E proprio nel bel mezzo dei pensieri deprimenti, si accorse che un altro problema, non proprio tralasciabile incombeva su di lei. Se ne accorse quando vide il contatore del taxi e si ricordò di avere in tasca solo qualche spicciolo. Oh no. Oh no.
Karin cominciò ad agitarsi molto. Era squattrinata si, ma non una pezzente e non le andava di essere vista come una delinquente perché non lo era. Lei e Tayuya erano persone oneste e avevano fatto molti sacrifici, ma mai avevano commesso scelleratezze. Le mani della ragazza non smettevano di tremare.
Ad un certo punto l’auto parcheggiò e il taxi accostò.
L’auto sospetta si era fermata davanti ad un complesso residenziale molto raffinato. Karin si accorse di essere nei quartieri alti e si sentì ancora più a disagio.
“Signorina, l’auto nera si è fermata” riprese l’uomo con il solito tono di voce estremamente pacato.
Dall’auto uscì un volto fin troppo famigliare e Karin spalancò gli occhi per la sorpresa. Gaara, un suo compagno di classe, con cui non era in confidenza e non avrebbe mai voluto avere a che fare, usciva dall’auto inforcando i suoi occhiali da sole. Il corpo le si irrigidì per lo shock, quando notò un’ammaccatura alla carrozzeria.
“Se vuole, posso aspettarla qui.” Continuò l’uomo con voce pacata
Karin non rispose e uscì dalla vettura dirigendosi verso l’entrata del palazzo, facendo uno scatto per entrare prima che il cancello si chiudesse dietro di lei. Gaara non sembrava essersi accorto di nulla, merito forse degli auricolari dell’i-pod. Karin si stava sentendo proprio una persona orribile, una stalker, però il misto di rabbia furiosa e curiosità aumentò la voglia di fare chiarezza sulla Volvo e il suo ginocchio malandato.
Per far capire al tassista che sarebbe ritornata, anche senza soldi, Karin fece un cenno al tassista dalla ringhiera della recinzione. L’autista rispose con un cenno.
Gaara entrò nel androne del palazzo e salì le scale, ancora ignaro della presenza della rossa, che stava sempre a qualche rampa di distanza, muovendosi furtivamente senza produrre alcun suono.
Ad un certo punto il ragazzo si fermò ad un pianerottolo, suonando il campanello e Karin si acquattò sul freddo e lucidissimo marmo bianco delle scale. Dopo pochi secondi una voce familiare: “Arrivo!”

Karin si irrigidì ancora di più. Era Kiba Inuzuka, era sicuramente lui.
Era proprio a casa di Inuzuka! Accidenti, adesso era doppiamente nei guai.

Alla porta aprì proprio Kiba che fece entrare subito Gaara, completamente ignaro dell’inseguimento di Karin e chiuse la porta.
La ragazza sospirò e si alzo dal marmo freddo. Cosa avrebbe potuto fare ora? Cosa aveva tratto da tutto ciò?
Anche se le coincidenze facevano impressione, Karin non avrebbe ancora potuto incolpare Sabaku. Intanto non aveva prove e anche se ne avesse avute, non c’erano testimoni non c’era niente che avrebbe potuto aiutarla. Forse doveva aspettare e chiarirsi? Per carità, no! Avrebbe potuto essere denunciata per l’essersi immessa in proprietà altrui e non avrebbe fatto altro che aumentare la tariffa del taxi. Karin gemette di rabbia per la propria stupidità, quando una mano gelida le bloccò con forza le braccia e un’altra mano le premette con forza la bocca di modo che non potesse parlare, ne gridare aiuto.

 

 

L’angolo di Promise, l’autrice più lenta del mondo.
Lo so, vi faccio dannare. Lo so, sono lenta. Lo so, lo so. Alcuni di voi mi vorrebbero sparare un colpo in testa lo so. Ma vi prometto che finirò questa fiction… un giorno.
Lo giuro!

   
 
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