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Autore: Payne    31/01/2012    3 recensioni
«Abbiamo aspettato» si intromise Hazel, colpevole «Credevamo che facendoti ambientare, tempo qualche giorno l'isola ti avrebbe dato la spinta.»
Aggrottai le sopracciglia, contrariata.
Ma di cosa andavano blaterando?!
«Non vi capisco!» esplosi «Ma che state dicendo?»
«Siamo draghi» tuonò una voce dietro di me. Rabbrividì da capo a piedi, una sensazione sgradevole e piacevole allo stesso momento.
Mi voltai. Drake stava in piedi, accanto al fuoco scoppiettante.
Il resto dei ragazzi si zittì. Mi sembrò che all'improvviso qualcuno avesse spento l'audio, perchè udì solo il battito del mio cuore nella testa.
«E questo è il tuo primo Anno di fuoco, ed ancora non ti sei trasformata nemmeno una volta, come tutti qui, hai passato la Tempesta di Fulmini» proseguì guardandomi fisso «Esattamente ad Imbolc, a metà tra il Solstizio d'Inverno e l'Equinozio di primavera. Sono sicuro, che te lo ricordi»
Mi raggelai all'istante. Ricordavo una temporale, qualche mese fa.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il sole era alto nel cielo, una sfera luminosa e possente.

In quel momento la volta celeste non era di certo priva di nuvole paffute e candide, ma stranamente non offuscarono mai il sole, come se avessero timore della sua ira.

Così, non ebbi nemmeno un momento di sollievo dal caldo torrido dell'estate.

Era la seconda settimana di Giugno, ma sembrava essere in pieno Agosto.

Turisti in infradito e cappellini, scendevano giù in spiaggia con gli ombrelloni sotto braccio, in cerca di un qualche spicchio di sabbia libera.

Sospirai sonoramente, sventolandomi il viso con una mano. Non sopportavo quel tipo di umidità. Ti si attaccava addosso, come cozze allo scoglio, l'unica cosa che desideravo in quel momento era tuffarmi nell'oceano.

Ed invece ero li, seduta ad una panchina sul molo, in mezzo all'odore nauseante di pesci e molluschi di vario genere. Non potei fare a meno di osservare i marinai scaricare, dalle loro imbarcazioni, il risultato di giorni di pesca allargo.

La maggior parte erano piuttosto giovani, la mia età, se non di meno!

Uno di loro mi gettò un occhiata interessata. Forse starà pensando a cosa ci facevo li, sotto il sole, invece di godermi delle ore di mare.

Glielo avrei spiegato volentieri, se me lo avesse chiesto, magari con tono irritato. Avevo voglia di sfogarmi con qualcuno al più presto.

Mi sarei lamentata di quella cittadina marittima, sperduta nella nazione francese! Mi sarei lamentata del caldo, della puzza di pesce e del mio cellulare scarico.

A pensarci meglio, era meglio per lui rimanere alla larga.

Il giovane marinaio distolse lo sguardo, riportandolo al suo carico. Nemmeno dieci minuti sparì insieme agli altri, con una cassa di pesci tra le braccia.

Ritornai all'oceano, forse un po delusa che non si fosse avvicinato.

Aspettavo da quanto? Due ore, due ore e mezzo?

Ormai avevo smesso anche di guardare l'orologio al polso.

Passare l'estate, nella città natale di mia madre, mi era sembrata una buona idea, quando me lo aveva proposto. Non avevo mai conosciuto i miei nonni, ne i mie parenti in diciannove anni della mia vita. Mi era sempre piaciuto viaggiare e vedere posti nuovi, anche se non lo avevo mai fatto da sola. Fino ad ora.

Un volo di ore, per quel paesino della Francia dell'ovest. Non erano nata li, ma su di un isola a chilometri di distanza da quelle coste, in mezzo all'Atlantico.

Se lo avessi saputo prima, non ci sarei mai andata!

Aspettavo che qualche mio parente mi venisse a prendere, ma evidentemente si erano dimenticati di me.

In lontananza, un altra barca si stava avvicinando al porto, ma questa sembrava molto più veloce dell'altra. Di sicuro aveva un carico leggero, non aveva incassato molto poveretto.

Ormeggiò proprio di fronte a me, aggrottai le sopracciglia quando il ragazzo alla guida mi squadrò attentamente.

«Maya?» chiese incerto.

«Si» risposi solamente, con una punta di sospetto nella voce.

Il ragazzo sorrise raggiante, l'oro dei suoi capelli era perfino più luminoso del sole.

«Scusa il ritardo, ma si stava avvicinando una tempesta e abbiamo dovuto controllare le barche prima»

«Qualcuno poteva avvertirmi!»

«Tuo nonno a provato a chiamarti, ma risultava spento»

Cavolo! Era vero, la batteria era scarica da quando avevo messo piede sull'autobus che mi avrebbe lasciata al molo.

«Bè e tu chi saresti?» cambiai argomento.

Il ragazzo legò stretta la sua piccola imbarcazione, poi scese sulla terra ferma con un paio di casse di legno.

«Tu abiti con i tuoi nonni ora, giusto?»

«Per l'estate, si»

«Allora, per l'estate, io sarò il tuo vicino di casa»

Detto questo, mi mise tra le mani una delle sue cassette di legno, mentre lui ne recuperava un altra dalla barca.

Lo guardai perplessa, lui rispose con un sorriso di scuse.

«Mi dovresti aiutare, ora»

«A fare cosa, esattamente?» fissai scettica quella cassetta.

«Vieni e te lo faccio vedere, ah approposito, io sono Reef»

Si diresse a passo spedito verso la città, lasciandomi dietro di se. Lo seguì di corsa. Per quanto potessi correre bene, con una cassetta di legno tra le mani.

«Reef?» ripetei con un sorrisetto «Come la barriera corallina?»

«Si, direi che mia madre si sia ispirata a quella famosa barriera» rispose tranquillo, guardando avanti e puntando ad una libreria.

«Che nome assurdo» mi sfuggì dalle labbra.

Gli gettai un occhiata di traverso, sperando non se la fosse presa.

«Ne sentirai di nomi assurdi tra un po»

Non commentai, mi sembrava impossibile trovare dei nomi più assurdi del suo. Ma non era male..solo strano!

Reef comprò almeno una ventina di libri, che andavano da “colora l'animale” a “La morte del Re”! Un misto per bambini ed adulti.

Proseguimmo per i vari negozi ed in meno di un ora visitai tutta quella cittadina. Reef ,sempre con una lista tra le mani, comprò giocattoli, accessori di uso personale, vari tipi di snack tipo patatine e tante bibite.

Dovevo aiutarlo a trasportare almeno una cassetta fino alla barca. Scelsi di portare quella con i libri, perchè avevo una profonda passione per la lettura e fu per me una scelta quasi ispirata. Purtroppo, dopo scoprii che era quella più pesante!

Ma non feci una piega, non mi lamentai neanche per un secondo sul tragitto per il molo.

«Perchè tutta questa roba?» domandai incuriosita «Non avete negozi sull'isola?»

«Qualcuno, ma oggi mi hanno mandato a fare delle commissioni».

Reef sistemò le casse, una ad una sulla nave, mentre io gliele passavo dal molo. Ero proprio al bordo, la punta delle scarpe da tennis era sospesa nel vuoto.

Le braccia mi facevano male, per tutto quello sforzo non programmato.

Fortuna che non avevo una valigia dietro, altrimenti i muscoli mi sarebbero scoppiati!

A casa dei nonni, avrei avuto tutto quello che serviva, avevano già tanti vestiti a sufficienza per me, non aveva senso portarne altri. Avevo con me solo il cellulare e il carica batterie.

«Dammi la mano»

Reef allungò la sua verso di me ed io l'afferrai, per poi balzare sulla barca che dondolò leggermente quando avvertì il mio peso.

Il mio nuovo vicino, liberò l'imbarcazione dai legacci, poi si mise al timone e accese il motore. Provocò un rombo ed alcuni gabbiani, spaventati, si librarono in volo.

«Pronta?» si voltò verso di me.

«No» non ero poi tanto sicura di voler andare ora, un mondo sperduto nel mondo!

«Benissimo» ridacchiò notando la mia espressione indecisa. Poi tirò una leva e lasciammo la terra ferma e la civiltà..

 

 

 

 

Ci vollero più di un paio d'ore per arrivare. Non andammo troppo veloci, il mare si era ingrossato allargo e non permetteva un andatura uniforme.

Rimasi tutto il tempo seduta sul bordo, osservando la scia bianca che lasciavamo sulla superficie dell'acqua. Una specie di... sentiero per l'isola sperduta.

Poteva essere un modo, per ritrovare la strada che mi avrebbe riportato sulla terra ferma. Ma il mio sogno ad occhi aperti si spezzò definitivamente quando notai che, quella spuma bianca, era destinata a cancellarsi inesorabilmente.

Sospirai sconsolata.

Reef era un navigatore esperto, la barca non si era incrinata neppure una volta. Eppure le onde continuavano a sbatterle contro da un lato.

Il sole si era completamente perso in mezzo alle nubi, queste erano di un grigio minaccioso, niente a che vedere con lo zucchero filato di quella mattina.

«Dici che ci arriviamo prima che piova? Sta per fare buio anche»

non ero il massimo della tranquillità, al pensiero di stare in un deserto d'acqua in piena notte. Ero cresciuta, guardando i film dello squalo in tv.

«Di sicuro arriveremo prima che inizi la tempesta, le nuvole non sono ancora cariche anche se non sembrerebbe» spiegò Reef «Però tra mezz'oretta massimo, sarà buio pesto, quindi se fossi in te mi metterei l'animo in pace per quello»

«ah! Grazie tante» sbuffai, alzandomi da li.

Cercai sostegno ad ogni cosa che mi sembrava anche minimamente stabile. Bordi, corde, attrezzi saldati al pavimento e finalmente lo raggiunsi al timone.

«Comunque non manca molto, fortuna che sei una che non soffre il mal di mare» sorrise voltandosi verso di me, gli risposi con una smorfia.

«è vero che non lo soffro, però sto incominciando a sentire la nausea. Non credevo abitaste così lontano!» commentai.

«è un ottimo posto» si limitò a dire, ritornando a guardare davanti a se.

«Non direi, è isolato dal mondo, ma come fate ad aggiornarvi? Spero che almeno abbiate la tv!»

«è proprio perchè è isolato che è un ottimo posto» affermò serio, questa volta «Nessun occhio indiscreto a guardare..»

evidentemente si accorse di aver detto troppo, perchè poco dopo aggiunse «e poi si, ce l'abbiamo la tv e anche altro tranquilla!» riprese a sorridere.

Lo fissai scettica, come faceva un posto isolato ad andare bene?

Stavo per chiederglielo, quando un suo gesto mi bloccò le parole in bocca.

«Guarda li, già si comincia a vedere l'isola» stava indicando con il dito, un punto all'orizzonte.

«Io non vedo niente, Reef»

Era la mossa più scontata che avessi mai visto! Cercare di distrarre con un trucco vecchio come il mondo.

Lui mi lanciò un occhiata stranita «Ma se stai guardando me»

Sbuffai, seguendo poi il suo indice.

Aggrottai le sopracciglia ed assottigliai gli occhi, per mettere meglio a fuoco.

«Ehi! È vero, si vede qualcosa!»

Non era niente di definito, sembrava solo una montagna che toccava il cielo. Un po sbiadita a causa della lontananza. Non avevo mica una vista da falco.

«Sembra piuttosto grande» commentai.

«Lo è» annuì «Non enorme come un continente, ma abbiamo molto spazio».

Più passavano i minuti, più il cielo andava sempre più ad imbrunire, spegnendo i colori che ci circondavano. Anche l'isola era sparita, l'oscurità l'aveva inghiottita come ogni altra cosa.

Come Reef aveva previsto, la notte era giunta prima che toccassimo terra. Mancava ancora un quarto d'ora, ma finalmente l'attesa stava per giungere al termine.

Avrei voluto vedere le stelle almeno, avevo letto da qualche parte che le stelle, se viste dal mare, sono ancora più luminose.

Una brezza fredda si levò, facendomi rabbrividire da capo a piedi.

Pantaloncini e maglietta a maniche corte, erano state una buona idea quella mattina, ma nell'Atlantico il tempo cambia in fretta ed in modo quasi drastico delle volte.

Squadrai Reef, anche lui portava una maglietta a maniche corte e dei pantaloncini, un po più lunghi dei miei. Ma sembrò non sentire minimamente quel cambio di temperatura improvviso.

«Hai detto che mancavano quindici minuti» presi a lamentarmi.

«Ora dieci, per l'esattezza» mi corresse «Ehi, mai hai freddo?»

Di sicuro notò che stavo tremando, mi sentivo tutta la pelle tirare.

«No, sto benissimo» tagliai corto quando notai una luce in lontananza.

Non me ne ero accorta prima, era una luce lampeggiante.

La sua luminosità si alternava, da bassa ad alta. Come una specie di faro, anche sei fari non erano proprio così.

La luce dei fari era gialla, una luce morta, priva di un proprio colore vitale.

Questa invece, mi dava la sensazione di qualcosa di vivo, presente. Qualcosa che chiama a se, che tende la sua mano fantasma per porgerti aiuto. Era un bagliore che mi fece rabbrividire nuovamente, anche se le punture che avvertivo sulla pelle non erano quelle del freddo, ma di un qualcosa che non riuscivo a definire.

«Che cos'è?» riuscì a farfugliare.

«Il faro» rispose, con uno strano tono.

«Non può essere il faro, so come sono i fari!» me la presi, sentendomi una punta sul vivo.

Ma immediatamente dopo, mi pentì di aver usato quel tono. Ero una sciocca a voler difendere le mie ragioni su di un faro. Non sapevo quasi niente dei fari, le poche informazioni che avevo erano state prese dai film. Le emozioni di poco prima non erano altro che frutto della stanchezza di quella giornata.

«Scusa»

«Non preoccuparti, lo so fa una luce diversa dagli altri fari, forse è colpa della foschia intorno all'isola» rispose vago.

«Foschia?»

«Siamo nell'Atlantico, ricordi?» mi fece l'occhiolino «Ti stupirai di molte cose qui...durante la tua permanenza»

Un rombo squarciò il cielo, ed io dovetti tapparmi le orecchie di colpo. Un riflesso condizionato.

Solo qualche secondo dopo, capii che il suono proveniva dalla barca.

«Ma che fai?!»

Lui rise della mia espressione spaventata «Perdonami, avevo promesso di avvisare non appena fossimo giunti in porto»

Ah.. perfetto! 

  
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