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Autore: Aredhel_Tierra    14/02/2012    0 recensioni
Ehi ciao!!! Siamo Aredhel e Tierra! Due grandi amiche e autrici con i rispettivi nick: Aredhel Of Dorthonion e S_Anonima_E, e abbiamo deciso di fare una piccola long-fic sulle nostre storie originali.
Esatto! Abbiamo intenzione di farli incontrare e partecipare tutti insieme ad una nuova avventura dove nasceranno nuove amicizie, e si faranno valere molti onori... Perciò che ne dite di darci un'occhiata???
Leggete e Recensiteeeeeee
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Ehi ragazzi, qui è la vostra Anonima ^^ come già spiegato dalla mia "collega", per così dire, e amica, qui dentro troverete un cross-over fra le due fic pubblicate sui nostri account: anche per chi non le conosce, naturalmente, cercheremo di spiegare il possibile ;)
***Dal prologo***
Sussultò e staccò la mano da quel sangue, attirando con quel gesto brusco l'attenzione dei compagni.
-Non dirmelo- si avvicinò il cugino dai capelli biondo cenere. -Hai visto qualcosa?
-Più o meno...- commentò Giulia. -Solo che è stata diversa da tutte le mie altre visioni... Questa volta quello che ho visto è una cosa già avvenuta, non che sta avvenendo o avverrà. Non era mai successo.
[...]
-Non andrete da nessuna parte- commentò calma una figura nera, dalla voce che nessuno riconobbe. -Da quel che ho capito, avete visto troppo.
Prima ancora di accorgersi di cosa fosse successo, una potente folata di vento spinse tutti verso lo squarcio rosso, che in men che non si dica li attirò a sé risucchiandoli.
Spero vi piaccia! :D
Anonima & Aredhel
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Un rumore. Un ramo spezzato. Un lamento soffocato.
Ad occhi chiusi, si concentrò su quest'ultimo per chiarire la posizione della preda. Si mise in piedi aguzzando l'udito. Prese una freccia dalla faretra, e la incoccò.
Una folata di vento le scompigliò i capelli bruni, ma fortunatamente non era abbastanza forte da portare il suo odore all'oggetto delle sue attenzioni. Sempre con l'arco teso, si sollevò lentamente dal suo nascondiglio, attenta a non fare movimenti bruschi. Aprì gli occhi rossi, puntandoli sull'animale.
Un passo. Due.
Si avvicinava sempre alla sua preda, ignara di cosa stesse accadendo.
Alzò l'arco, mettendosi di profilo per prendere bene la mira, silenziosa e letale.
La cerva stava bevendo nel ruscello della foresta nei pressi della città, facendo il fatale errore di separarsi dal suo branco. Ignara della sua sorte, continuava a bere dal ruscello, finché non fu il momento.
La freccia incoccata, il braccio teso nello sforzo e le vibrazioni della corda leggera erano le uniche sensazioni che la ragazza percepiva in quel istante. Pronta per il lancio, mollò di punto in bianco la presa e la freccia si separò dall'arco con un sibilo.
Colpì il bersaglio perfettamente al centro della spalla, e la cerva cadde con un tonfo sordo, grondante di sangue. La bruna si avvicinò a lei e, alzandole la testa, estrasse il pugnale dalla cintola stretta all'avambraccio per poi tagliarle la gola e risparmiarle inutili sofferenze.
Morta la creatura, si alzò di nuovo, andò a pulirsi le mani dal sangue nel ruscello, e poi emise un lungo alto fischio. Ne rispose un altro a poco più di due miglia da dove si trovava lei.
Ben presto dalla boscaglia apparvero due ragazzi gemelli: uno dai capelli neri e gli occhi viola, l'altro dai capelli biondo bruni e gli occhi verdi.
-Cosa hai preso questa volta, Aredhel?- esordì il corvino curioso. Lei fece guizzare gli occhi rossi dalla cerva stesa sul prato ai due ragazzi, guardandoli con un sorriso trionfante.
-Oh, andiamo.- esclamò il bruno -non puoi prenderti sempre le prede migliori!
-Ehi, Dorian, non è mica colpa mia.- ribatté la ragazza indignata -Siete voi che non seguite le traccie come si deve!
-Senti, senti,-disse Dorian -sei tornata qui solo da quattro anni e già fai la sfacciata?
Ora stava veramente esagerando. E mai scherzare col fuoco
-Se non sai neanche incoccare una freccia, mi sembra fin troppo scontato che tu non riesca a prendere nient'altro che lepri.- replicò Aredhel riducendo i suoi occhi rossi a due fessure -Vorrei realmente capire come tu non riesca neanche a rendertene conto.
Ora era il bruno ad essere rimasto di stucco. Mai avevano sentito il suo tono tanto pungente, né mai avrebbero creduto di poterlo sentire.
Lei, che di solito era quella più diplomatica, ora minacciava con le parole per colpa di due battutine.
Ma nessuno dei due fratelli fece in tempo a controbattere che la ragazza aveva legato la cerca per le caviglie e se ne andò trascinandosela dietro.
-Hai esagerato, Dorian. Sai benissimo che è molto più brava di noi in molte cose, ma non per questo devi fargliene una colpa- lo sgridò il corvino, una volta rimasti soli.
-Lo so, Adrian, è che mi da ancora fastidio l'evasione di quel pazzo di Aerandir.
-Già, non riesco ancora a capire come abbia fatto...- sospirò il nero -Ci conviene andare, altrimenti Aredhel si arrabbia ancora di più...
E insieme, i due fratelli seguirono la ragazza.
In ogni modo, si fecero perdonare dalla bruna, e tornarono insieme verso la città.
Usciti dalla foresta, camminarono per altre quattro miglia, finché non videro le mura esterne della città. Si avvicinarono sempre di più, fino a raggiungere i piedi delle mure alte cinquanta metri.
-Non finirò mai di chiedermi come hanno fatto a costruire delle mura così alte...- sussurrò Adrian sconsolato. Aredhel gli rivolse un sorriso imperturbabile
-Magia...- rispose lasciva.
Varcarono il gigantesco protone principale, entrando nella zone del popolo, passeggiarono distratti per la via del mercato, salutando tutti e ricevendo profondi inchini in risposta.
La gente per la strada si girava ad osservarli, e i bambini li salutavano con la manina o li indicavano con il dito. Sembrava di essere tornati al medioevo... se non fosse per il fatto che c'erano i jeans e i vestiti terrestri, e per di più la tecnologia era molto più avanzata della Terra. Anche se la maggior parte degli oggetti inquinanti, come ad esempio i le industrie che usavano il carbone oppure gli elettrodomestici ingombranti, erano stati sostituiti dalla magia, per salvaguardare il loro pianeta e possibilmente rallentare la venuta del giorno in cui finirà.
“Perchè ogni cosa ha una fine” pensò con rammarico Aredhel.
Quando si rese conto di cosa pensasse scosse la testa cercando di svuotare la mente, e insieme agli amici si diresse dal macellaio della città.
Entrarono in un negozio dall'aria che sapeva di chiuso, e videro che le finestre erano stranamente sbarrate. Entrarono nel locale, stando bene attenti a dove mettevano i piedi.
Dietro il bancone si trovava un uomo sulla settantina, dall'aspetto malsano quasi quanto il posto dove viveva.
-Buon dì, ragazzi. In cosa posso esservi utile?- parlò l'uomo mostrando una voce gracchiante e profonda. Aredhel prese la sua cerva e la depositò sul tavolo.
-Siamo venuti a portarti questa. Ma dov'è Seth?- disse indicandola. Subito gli occhi del carnefice brillarono. Attirò a sé l'animale morto con una certa avidità e li squadrò uno ad uno con sospetto.
-Oh, non preoccupatevi, ha solo un po' di febbre. Nonostante questo basti alla moglie per trovare una scusa e farlo stare a letto a riposo.- sussurrò lento, ma proseguì -Una cerva in ottima forma, direi... Volete che ve la macelli?
Adrian e Dorian si scambiarono uno sguardo carico di dubbi. Il primo affiancò la ragazza davanti al bancone.
-Esattamente, e fallo in fretta, il banchetto mensile è tra un'ora e per cuocere quella carne ci vuole tempo.- disse minaccioso. Probabilmente anche Aredhel aveva avvertito che c'era qualcosa di losco sotto le brevi domande del sostituto del macellaio, perché annuì indurendo lo sguardo.
E l'uomo acconsentì, capendo di non avere speranze nel rimediare qualche pezzo di carne gratis. Prese in fretta il coltello e tutto il resto, e macellò la cerva in pezzi abbastanza grandi da poter essere cotti nel forno a legna.
Riconsegnò il tutto ai ragazzi, abbassando lo sguardo appena incrociava i loro occhi. D'altro canto, loro lasciarono sul bancone un sacchetto di monete, e si affrettarono ad uscire, desiderosi di andarsene al più presto.
-Arrivederci, Vostra Maestà...- salutò con voce piena di rancore il macellaio.

Ben due ore più tardi, nella piazza principale del castello, c'erano due grandi tavoli che ospitavano tutta la città.
Ogni cacciatore che si rispetti era andato a caccia per quel banchetto, ma la migliore era stata comunque Aredhel: la carne di cerva era morbida e saporita. Molti uomini forti e corposi le davano grandi pacche sulla schiena, sbilanciandola in avanti, e le facevano i complimenti, ottenendo uno strano rossore sulle sue guance candide.
Presto anche tutti gli altri abitanti giunsero dalle loro case, portando ogni sorta di pietanza. Persino i pescatori, che di solito non condividevano le loro pesche se non vendendole al mercato, nel banchetto mensile portavano ogni tipo di pesce.
-Buon dì, Vostra Maestà!- salutavano passando davanti a lei.
Dorian e Adrian la affiancavano sempre, fino a quando il primo non vide una bella ragazza e le corse dietro, riuscendo ad ottenere soltanto uno schiaffo sulla guancia da parte di Aredhel, che lo ricondusse subito al suo posto.
-Però sono riuscito a guadagnarmi un appuntamento...- mormorò al fratello, che sghignazzava, stando attento a non farsi sentire dall'amica.
-Io non ne ho bisogno, ho lei.- disse l'altro abbracciando la bruna dagli occhi rossi e facendola nuovamente arrossire.
Si baciarono a fior di labbra, per non dare spettacolo in pubblico.
-Tesoro!! Sei tornata finalmente!!
Aredhel sobbalzò al suono di quella voce e si volse all'istante nella direzione da cui proveniva. Una donna sulla quarantina stava correndo tutta trafelata verso di lei, reggendosi il vestito in pizzo giallo per non inciampare. Dietro di lei, le domestiche le raccomandavano di non scomporsi così, poiché non era abitudine di una Regina stare in disordine, benché i capelli della donna svolazzassero in ogni angolo.
-Oh, ciao mamma...- disse Aredhel, -Come mai sei inseguita da tutte queste ragazze?
-Oh, be', vedi, non ero ancora pronta ma quando ho sentito che eri tornata sono corsa qui da te.-
spiegò la donna.
-Regina Meril- s'intromise Adrian inchinandosi, immediatamente seguito dal fratello.
-Salve mio buon Adrian... come vanno le cose? Buona caccia oggi?
-Non bene come sua figlia, Altezza- rispose lui gentile.
-Su, smettila di chiamarmi così, d'accordo? D'ora in poi esigo che te e Dorian mi chiamate soltanto Meril.- lo rimproverò scherzosa, rivolgendosi anche al moro dietro di lui -E così farete anche con mio marito, non è vero caro?
Da dietro la regina apparve un uomo poco più grande di lei, dai folti capelli rossi e gli occhi blu, cordiali.
-Certamente, mia dolce regina.
-Ciao papà.- disse di nuovo Aredhel. L'uomo, però, non si limitò a quel salutò e la strinse a sé in
un caloroso abbraccio paterno.
-Figlia mia, passi così poco tempo al castello e con i nobili, che a volte fatico a ricordare che tu sei una Principessa.- le disse sorridendo e ammirandola nel suo abito da caccia. Lei arrossì e sorrise a sua volta.
-Papà, smettila,- gli chiese -anzi faresti meglio ad aprire il banchetto!
Questa storia del banchetto mensile era stata un'idea di Aredhel. Ogni giorno vedeva in strada molte persone senza nulla con cui vivere, ammassata e ridotta veramente male. Vedeva la tristezza e la sofferenza che si trovavano in certi vicoli, e perciò aveva deciso di migliorare la condizione sociale della città, anzi non solo, ma aveva allargato le sue idee a tutto il Reame della Luce.
Così aveva costruito nuovi negozi, per dare lavoro ai disoccupati, aveva allestito delle mense pubbliche, per chi ancora non poteva permettersi da mangiare, aveva allestito degli orfanotrofi con le persone più gentili che potesse trovare per i bambini poveri, e degli ospizi per gli anziani. Grazie alla magia aveva potuto fare cose che nella Terra erano praticamente impossibili. Come ad esempio, creare del nulla giocattoli e copie di libri per i ragazzi, per farli divertire; oppure rigenerare degli arti o altre parti del corpo persi, facendo in modo che anche le persone con un handicap potessero guarire; era riuscita a migliorare le condizioni di vita che purtroppo c'erano tra il suo popolo.
Grazie alle doti magiche sue e di molti altri maghi, aveva compiuto dei “miracoli” come dicevano le persone curate. Nei quattro anni in cui era tornata sul suo pianeta d'origine, Helmi per l'appunto, aveva fatto molte cose.
Persa nei suoi pensieri, non si accorse di un'ombra che la oscurò.
Alzò lo sguardo dopo aver sentito un potente ruggito, e scorse con felicità il suo compagno più sincero e fedele: Eridor, il Drago Guardiano del Regno della Luce.
Lentamente e con eleganza, planò in uno spazio riservato a lui, così che non potesse fare del male a nessuno.
-Ciao, mia bella ragazza- salutò formalmente il drago. Aredhel si avvicinò a lui e spiccò un salto a tradimento, salendogli sul dorso. All'inizio ne fu sorpreso, ma poi scoppiò in una grande risata che sembrava più un rumore gutturale molto forte.
-Brava, vedo che se diventata agile quanto un puma, se non di più.- si complimentò voltando il collo per poterla guardare con la coda dell'occhio enorme.
-Grazie, Maestro.- rspose lei. Lo chiamava così perchè da quando era arrivata aveva sostenuto diverse prove per trovarlo e poi per quei tre anni in cui si era allenata aveva cominciato a chiamarlo Maestro per rispetto.
-Smettila di chiamarmi così, mi fa sentire vecchio.- replicò Eridor con un tono di voce giocoso prima di piegarsi sulle zampe anteriori per spiccare il volo.
Aprì le ali in tutta la sua larghezza e si alzò in cielo.
Aredhel sentiva il vento sul viso, i capelli ricci lasciati in balia di quella corrente d'aria che aveva imparato ad amare.
Volarono per molto, intenti a chiacchierare, e sentivano i loro cuori pieni di vigore e gioia rinata.
-Sai, Eridor, volevo chiederti dove sei andato sei settimane fa.- disse lei a bruciapelo.
Il drago non rispose per lungo tempo.
Era palesemente preoccupato per lei, e ciò non fece che aumentare a sua curiosità. La quale venne perfettamente appagata dal Drago dorato.
-Ero andato nel Reame delle Fiamme a consultarmi con un vecchio amico.- rispose -si chiama Daeron, è il Drago Guardiano di quel Reame. Ogni venti anni si tiene una riunione dei Guardiani in un Reame del pianeta. Quest'anno toccava al reame delle Fiamme. Abbiamo parlato della recente evasione di Aerandir. Pensiamo voglia vendicarsi sul popolo. Maggiormente sulla persona che l'ha condannata.
Aredhel non rimase molto sorpresa da quella confessione, aveva in mente qualcosa del genere già da molto tempo. Una sagoma nera vicino al ruscello la distolse dai suoi pensieri. Comunicò al suo compagno che era meglio andare a controllare.
Atterrarono a diversi metri lontano dalla sagoma, che non si accorse di loro.
La ragazza scese dalla groppa del Drago e mosse qualche passo verso l'uomo, per poi arrestarsi all'istante.
-Aerandir...- mormorò. Era poco più di un sussurro, ma l'uomo lo percepì. Si girò di scatto verso l'elfa che lo guardava leggermente impaurita.
-Ma bene... la Principessa in persona.- esordì rude e con un ghigno maligno stampato in faccia. Lei non si fece intimidire, anzi sguainò la sua spada e la puntò verso l'evaso. Il ghigno di lui sparì non appena capì l'affronto.
Un ruggito ruppe il momentaneo silenzio che si era creato, costringendo Aerandir ad indietreggiare verso l'acqua.
-Un drago.... credevo fossi in un altro reame...- sussurrò lui più a sé stesso che a Eridor. Ma Aredhel non aspettò un attimo di più e si diresse verso l'uomo incappucciato con la spada alzata.
L'affondo fu parato, ma nonostante tutto il nemico barcollò.
-Ti uccidero, sporco infame. Fosse l'ultima cosa che faccio.- promise la ragazza. Ordinò al Drago di non intervenire sostenendo che quella era la sua battaglia.
Combatterono per diversi minuti, finchè non sentirono dei cavalli venire verso di loro. Erano Adrian e Dorian che li raggiungevano, pronti ad intervenire nel duello.
-State indietro!- gridò Aredhel mentre spingeva la sua spada contro lo spadone del nemico. Il clangore delle armi che si incrociavano era udibile per tutta la radura, e sembrava intenzionato a non cessare.
-Ti distruggerò, sporca elfa!- esclamò Aerandir. Ma era in svantaggio: aveva due ferita, una al fianco e una sopra l'occhio. Il sangue che gli colava dalla ferita sopra il ciglio gli rendeva difficile la visuale.
Provò un affondo diretto alla coscia sinistra della ragazza, ma questi andò a vuoto.
L'uomo incampò sul proprio mantello e finì gambe all'aria.
Mentre Aredhel stava per dargli il colpo di grazia, urlò uno stano incantesimo che risuonò nello spazio circostante.
Si alzò un forte vento, che impediva all'elfa di colpire. Uno squarcio rosso si aprì sopra di loro e da esso vennero catapultate fuori quattro sagome.
Una di esse cadde direttamente sopra Aredhel, lasciando così Aerandir libero di fuggire.
Appena la sagoma si alzò dall'elfa, si scoprì essere una ragazza dai capelli bruni come gli occhi.
Gli altri erano due ragazzi, uno dai capelli neri, l'altro dai capelli come la prima. Ed infine l'ultima persona ad essere stata buttata fuori dallo squarcio appena richiuso era una ragazza dai capelli biondi.
Aredhel si riprese immediatamente, allontanandosi dai nuovi arrivati.
-Chi siete?- esclamò non appena anche quelli si furono ripresi.
-Noi veniamo dal pianeta terra.- disse la bruna.
L'affermazione portò dello scompiglio tra Aredhel, Adrian e Dorian, che non sentivano parlare di quel pianeta da ben quattro anni.
-E come ci siete arrivati?- domando il gemello dai capelli corvini.
-Un uomo incappucciato ci ha condotti qui.- rispose la bionda. Aredhel si infuriò.
Aerandir li aveva mandati qui proprio mentre lei stava per ucciderlo. Coincidenza?
Non credeva proprio. Quei quattro erano suoi alleati, venuti al momento giusto per salvargli la vita. Ma non l'avrebbero passata liscia. Osservò il Drago e anche i suoi altri due compagni, che a
quanto pare erano giunti alla stessa conclusione.
-Voi siete gli alleati di Aerandir!- esclamò l'elfa furente. La bruna sembrò perplessa nell'udire quel nome, perfino spaesata. Ma non la ingannò. Era solo una brava attrice.
-Chi, scusa?- chiese il ragazzo dai capelli neri.
-Non fingere di non saperlo! L'avete appena salvato!- replicò Adrian squadrandolo.
-Abbiamo salvato chi?
-Aerandir! Quell'uomo che avete appena fatto fuggire!
-Noi non abbiamo fatto un bel niente!- replicò nuovamente la bruna.
Aredhel ora era ancor più arrabbiata. Come osavano salvare uno dei più pericolosi criminali del pianeta e poi fingere di non saperne nulla?
-Sappiate che vi trovate sul pianeta Helmi, e che non tornerete vivi da qui!- esclamò lanciandosi a spada sguainata contro la bruna.
_____________________________________
Angolo Autrice:
Ciao! Questa volta è Tierra a parlarvi, e a fornirvi un capitolo scritto da Aredhel.
Le spiegazioni sono superflue, l'unica cosa che chiedo è: secondo voi come si concluderà questo malinteso?
Naturalmente ringrazio luna_09 per la scorsa recensione!
Alla prossima
Anonima
  
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