Videogiochi > Dragon Age
Segui la storia  |       
Autore: Mikoru    22/02/2012    6 recensioni
Le storie narrano che in tempi di sventura, quando tutto sembra perduto, nasce sempre un eroe per riportare la speranza alla gente. Le storie sbagliano, poiché gli eroi non nascono, bensì vengono plasmati dagli eventi. E affinché ciò avvenga, devono prima essere designati e spinti lungo il giusto percorso.
Un grazie di cuore a Shainareth per il betaggio e l'incoraggiamento, e a chiunque di voi leggerà e (spero) apprezzerà questa storia.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Custode, Zevran Arainai
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 01 – Una fine, un principio

«È meglio non toccarlo, Tamlen…»

«Cosa vuoi che possa succedere?»

«Non lo so, ma non mi piace. Vieni via, Tam!»

«Non… non riesco a staccarmi! Cosa…?»

Poi tutto scomparve in un accecante lampo di luce…

Luniel riaprì di scatto gli occhi e si ritrovò seduta senza nemmeno accorgersene, il respiro affannato e il cuore che le galoppava in petto. Vi posò una mano, quasi avesse il timore che potesse uscirne. Ascher, sdraiato al suo fianco, sollevò il muso e la guardò con un leggero uggiolio. Lei spostò la mano sulla grossa testa grigia del lupo, l'unico legame rimasto con la sua vecchia vita, e pian piano, con uno sforzo che le parve immenso, riuscì a normalizzare respiro e battito.

Lo stesso sogno. Faceva lo stesso sogno da una settimana a quella parte. Ma no, non poteva chiamarlo sogno. E nemmeno incubo. Poiché ciò che la tormentava ogni dannata notte, ogni dannata volta che chiudeva gli occhi, era soltanto la realtà, per quanto orribile. Se fosse stato soltanto un incubo non sarebbe stato così tremendo… Se si fosse trattato di un incubo, Tamlen sarebbe stato ancora vivo…

Le lacrime le morsero l'angolo degli occhi, lei si morse il labbro inferiore. Ascher, sempre sensibile ai suoi stati d'animo, le strofinò il naso umido contro una guancia in un gesto di conforto.

«Ti sei svegliata, finalmente. Sei una vera dormigliona.»

Luniel sobbalzò e si voltò rapida, fissando gli occhi spalancati sull'uomo seduto a poca distanza da lei; era intento a spegnere le ultime braci del falò, gettandoci sopra della terra, e sembrava non badare a quella giovane elfa ora tremante. Di collera, di dolore… neppure lei riusciva a capire quale fosse il vero motivo, in quel momento. Serrò la bocca con forza, assottigliando le labbra, e tornò a girarsi dall'altra parte, abbracciando il collo di Ascher e fissando lo sguardo sugli alberi che costeggiavano il sentiero.

«La loquacità, noto, è sempre la stessa.»

La voce profonda e quieta di Duncan rendeva quell'ironia poco più che una blanda constatazione. In effetti, da che il Custode Grigio l'aveva condotta via con sé Luniel non aveva più proferito una sola sillaba, chiudendosi in un mutismo tanto ostinato quanto rancoroso, più eloquente di mille parole. L'uomo non sembrava aver dato troppo peso alla questione. E se durante i primi giorni nemmeno lui aveva quasi aperto bocca, adesso si comportava come se tutto fosse assolutamente normale. Le parlava anche piuttosto spesso, pur sapendo di non doversi aspettare una risposta. Per lo più le riferiva notizie sui luoghi verso cui erano diretti o che stavano attraversando, mere notizie logistiche; e, dato che lei pareva disinteressarsi anche dei fattori meteorologici, l'avvertiva se riteneva che il tempo sarebbe rimasto stabile o se avrebbero corso il rischio di trovarsi sotto l'acqua, nel qual caso le rendeva noto se esisteva un qualche tipo di rifugio. Decisamente, sembrava voler semplicemente riempire il silenzio. Qualche volta le narrava aneddoti circa i Custodi Grigi o qualcosa riguardo la storia e la missione dell'Ordine.

Non aveva mai accennato, però, a ciò che era avvenuto soltanto una settimana prima.

Luniel non sapeva se essergliene in un certo qual modo grata oppure no, poiché non capiva se si trattasse di una gentilezza o di semplice disinteresse. D'altro canto, cos'era lei per il Custode Grigio? Nulla più che una recluta; una recluta recalcitrante arruolata con la forza, per di più. Cosa le doveva? Niente. E niente era quello che riteneva di dovergli lei, se si escludeva l'astio.

Quando sentì i suoi passi avvicinarsi e si accorse che le si era accovacciato davanti, Luniel lo sogguardò con la coda dell'occhio, rifiutandosi di guardarlo apertamente.

«Né la rabbia né il rancore ti saranno di giovamento, figlia dei Dalish. Non muteranno il tuo destino né ti restituiranno il tuo amico.» C'era comprensione, nella voce del Custode, e nemmeno il muro ostile che l'elfa aveva innalzato poté impedirle di coglierla. «Comprendo i tuoi sentimenti, per quanto tu possa non credermi. Li comprendo. Vorrei davvero che non si fosse giunti a questo…» C'era anche tristezza, la stessa che aveva avvertito la prima volta in cui le aveva rivolto la parola.

"Mi dispiace… mi dispiace moltissimo…"

Il tono le parve sincero e questo la indusse a posare lo sguardo su Duncan, incrociando i suoi occhi scuri. E quel che vi lesse le provocò l'impulso di abbandonarsi ad un pianto disperato. C'era una determinazione incrollabile, in essi, una luce che rivelava una forza d'animo degna di rispetto. Eppure c'era anche una profonda malinconia… Quelli del Custode erano gli occhi di chi aveva visto troppo orrore per non esserne rimasto toccato. Gli occhi di un uomo che aveva combattuto e ucciso, e che pure era capace di comprendere e condividere il dolore altrui con schietta spontaneità.

«Puoi piangere, se vuoi» le disse. «Non c'è vergogna nel mostrare le lacrime.»

E Luniel pianse. «Io… continuo a sognarlo» ammise fra i singhiozzi, lasciando la presa sul lupo, che le sfregò di nuovo il naso contro la guancia. Posò la mano sul braccialetto in legnoferro che portava al polso destro. «Tamlen… e quel maledetto specchio…» Tirò su col naso, sfregandosi le lacrime con una mano. «Se solo lo avessi fermato… se avessi insistito di più… ora sarebbe ancora vivo… e io non… non…» Lei non avrebbe sofferto in quel modo e non avrebbe visto il proprio futuro sgretolarsi come una foglia secca. «Fa… così male…» esalò, dopodiché la voce le si spezzò in un singhiozzo talmente forte che pensò avrebbe potuto strozzarla; si piegò in avanti stringendosi nelle braccia, le dita tanto affondate nella pelle da avvertire la durezza dell'osso contro i polpastrelli.

La mano di Duncan si posò sulla sua spalla e strinse piano. Luniel si ritrovò combattuta. Una parte di lei, quella saldamente ancorata alle proprie convinzioni di Dalish, avrebbe voluto rifuggirne il contatto… tuttavia un'altra parte anelava a quel conforto che non aveva potuto ricevere in modo adeguato dal proprio clan, costretta com'era stata a lasciarlo tanto in fretta. E c'era qualcosa, nel Custode Grigio, che mitigava l'odio atavico che nutriva nei confronti degli umani. Per la prima volta in tutta la sua vita si domandò se quell'odio fosse giustificato, ma scacciò il dubbio pochi attimi dopo averlo formulato; gli umani avevano cacciato la sua gente, li avevano corrotti con la loro vicinanza, li avevano resi schiavi e portati alla rovina… avevano privato lei di una vera famiglia.

“Noi siamo i Dalish, detentori delle antiche conoscenze e viandanti del sentiero della solitudine.” Luniel recitò mentalmente il Giuramento delle Valli. “Siamo gli ultimi degli Elvhenan e mai ci sottometteremo.” Sciolse la stretta delle proprie mani dalle braccia e le strinse a pugno per un solo attimo. “Mai ci sottometteremo.” Si scostò dalla presa di Duncan e si alzò in piedi, seguita dal lupo. «È meglio rimetterci in marcia. C’è ancora molto cammino, giusto?»

Il Custode sospirò e si rialzò a sua volta. «Sì. Se vuoi mangiare qualcosa…»

«Non ho fame, possiamo partire subito.»

«Allora raduna le tue cose.»

Erano trascorse più di tre ore da quando avevano ripreso il cammino. Stavano attraversando un'area di fitta boscaglia e Ascher ne aveva approfittato per andarsene un po' a zonzo fra gli alberi, mentre l'elfa e l'umano avanzavano lungo una vaga traccia di sentiero; li avrebbe ritrovati senza alcuna difficoltà.

Da che erano ripartiti, nessuno dei due aveva più detto una parola, finché Luniel non si decise a rompere quel silenzio. «Che posto è quello in cui stiamo andando?»

Duncan, che la precedeva di un paio di passi, si voltò a lanciarle un’occhiata fugace. Se era rimasto sorpreso, lo nascondeva bene. «Ostagar. Ora è in rovina, ma un tempo era la più importante fortezza dell'Impero a sud del Mare del Risveglio. Lì Re Cailan Theirin sta radunando il suo esercito e lì si trovano anche i Custodi Grigi. Potrebbero esserci anche altre reclute, spero che potrete fare amicizia.»

Luniel rispose con un mugugno sdegnoso. «Cosa faremo una volta lì?»

«Noi Custodi ci uniremo all’esercito per contrastare l’avanzata della Prole Oscura.» Duncan rimase in silenzio per qualche attimo, guardandosi un po’ intorno, dopodiché riprese a parlare. «E tu ti sottoporrai al rito dell’Unione. Insieme alle altre reclute, se ce ne saranno.»

«Rito dell'Unione? Che cos’è?»

«Lo saprai quando sarà il momento.»

Luniel aggrottò le sopracciglia. «Perché non adesso?» domandò scocciata.

Duncan sospirò, prima di risponderle con pazienza: «Il rito è segreto, non è concesso parlarne. Saprai tutto a tempo debito. Per ora ti basti sapere che è ciò che ti darà una speranza di salvezza.»

La ragazza represse uno sbuffo. Qualcosa, nella scelta di parole da parte del Custode, le aveva fatto correre un brivido gelido lungo la schiena, malgrado il tono gentile della voce, ma sapeva benissimo che ogni tentativo di ottenere una risposta sarebbe caduto nel vuoto. Rinunciò in partenza ad indagare, rassegnandosi all’attesa. D’altro canto, si disse, di cosa avrebbe dovuto preoccuparsi? Nulla poteva essere peggio di quello a cui era condannata.

Quasi a rammentarle la sua situazione, un violento senso di malessere la pervase; le vertigini la colsero e Luniel si ritrovò in ginocchio, boccheggiante e con la sensazione di dover vomitare da un istante all'altro. Subito Duncan le fu accanto.

«Dimmi cosa senti.»

Scosse il capo e le sfuggì un gemito. «Non lo so! È come se qualcosa mi logorasse da dentro… me lo sento strisciare nelle vene…»

Il Custode le passò un braccio intorno alle spalle e la sorresse. «Sopporta. Passerà in pochi minuti.»

«È… questo? È questo che ha sofferto Tamlen? Lui… è morto così?» domandò a denti stretti.

«Luniel, non–»

«Ditemelo! Lo voglio sapere.»

Duncan sospirò e ammise: «Sì, ha patito le tue stesse sofferenze. Potrebbe non essere ancora morto, ma di certo la corruzione della Prole Oscura lo ha reso una creatura ormai priva di senno… Ghoul, li chiamiamo. È quello che succede a chi viene corrotto: nel giro di poche settimane perde il proprio raziocinio, diviene aggressivo… infine si pensa che scompaia nelle profondità della terra, probabilmente a morire.»

Luniel sbarrò gli occhi. «Anche io…»

«No» si affrettò a rassicurarla lui. «La magia di Marethari ha rallentato considerevolmente il corso della corruzione nel tuo sangue, ci vorrebbero ben più che delle settimane per farti perdere te stessa. Non temere, figliola. Non correrai il rischio di tramutarti in un Ghoul.»

Lei si morse un labbro e annuì, poi abbassò la testa. «Però, Tamlen…»

Duncan le prese una mano e la strinse con gentilezza. «Ascoltami, Luniel» iniziò con voce ferma. «Quel che è accaduto al tuo amico è orribile e quello che stai patendo tu non è da meno. So che stai soffrendo per lui, ma devi fartene una ragione. Soprattutto, devi smetterla di ritenerti responsabile.» Le lasciò la mano e le prese il mento, facendole rialzare il viso per guardarla dritto negli occhi. «Non hai colpa. Tu hai tentato di fermarlo e non devi portare il fardello di una disgrazia che non è dipesa da te. Tu stessa sei salva soltanto per un caso fortuito.»

Dal momento che il malessere era passato, Duncan smise di tenerla contro di sé e si inginocchiò davanti a lei, posandole le mani sulle spalle. «Non dico che tu debba dimenticare o fingere che non sia accaduto, sarebbe sciocco. Quel che vorrei è che tu accogliessi questa possibilità di vivere che ti è stata concessa. Piangi per il tuo amico, ma non rimproverarti di essere sopravvissuta. Hai perso molte cose, lo so, ma potrai trovarne altre.»

Luniel cercò di attingere forza dalla stretta del Custode, dai suoi occhi, tuttavia le lacrime l'ebbero vinta su di lei e iniziarono a scorrere senza freno. «Ci proverò» mormorò con voce rotta.

Duncan se la tirò contro, la fronte sulla propria spalla, e l'abbracciò con fare paterno, passandole brevi carezze sul capo. «Fatti forza, bambina» le sussurrò. «Fatti forza.»

Questa volta Luniel non si sottrasse e si sfogò a lungo. Non appena credeva di essere sul punto di calmarsi, qualcosa tornava a farla a piangere senza freni, ricordi che le attraversavano di colpo la mente: momenti della sua infanzia con Tamlen, la voce dell'amico che la prendeva affettuosamente in giro, vecchie riflessioni e ipotesi fatte insieme circa quel futuro ormai perduto, lo specchio maledetto che lui aveva toccato…

Quando finalmente Luniel esaurì le lacrime, quasi mezzora dopo, aveva esaurito anche le forze a furia di piangere. Gli occhi le bruciavano, la gola le doleva e a malapena riuscì a formulare un: «Scusatemi…»

«Non devi scusarti di nulla» ribatté Duncan. Mentre lei si metteva seduta, lui si rialzò. «Dunque, credo che possiamo fermarci per pranzare. Riprenderemo la marcia più tardi.»

Luniel non si azzardò a protestare che potevano rimettersi in cammino e fermarsi più avanti per il pasto; si sentiva debole come dopo una lunga febbre e sarebbe stato sciocco negarlo, perciò mise a tacere il proprio orgoglio. Rimase seduta a guardare il Custode che apriva lo zaino e recuperava le provviste per un pranzo veloce e frugale: del formaggio, un po' di carne secca e qualche galletta.

«Sarà il caso di rinnovare le scorte, appena possibile» commentò l'uomo, quasi fra sé. «Appena arriveremo in un villaggio…»

«Se volete» intervenne lei, impacciata, «posso andare a caccia. Non adesso, certo» aggiunse in fretta. «Magari più tardi… o domani… potrei provare.»

Duncan le riservò un'occhiata di palese stupore e Luniel distolse lo sguardo, mordicchiandosi il labbro. Non aveva ben chiaro il motivo per cui aveva fatto quell'offerta. Sentiva, tuttavia, di dover in qualche modo ricambiare la gentilezza e la pazienza che il Custode Grigio aveva nei suoi confronti. Anche se era uno shemlen.

«È un'ottima idea» approvò lui. Tornò a guardarlo, stirando un timido sorriso che si ampliò un poco notando quello di Duncan. «Più tardi, allora, ti occuperai di procacciare qualcosa per la cena di stasera.»

«Sì!» esclamò l'elfa, cercando di mostrarsi decisa. Sarebbe stato difficile, lo sapeva, perché già il solo pensiero le faceva ricordare le sue battute di caccia con Tamlen, ma sapeva anche che Duncan aveva ragione: lei doveva andare avanti. E, per farlo, avrebbe dovuto imparare ad accettare l'assenza di Tamlen, imparare ad affrontare da sola ciò che fino ad allora aveva sempre fatto con l'amico di tutta una vita.

Il sole era ormai calato e, all'orizzonte, soltanto un'ampia striscia di cielo ancora infiammata rivelava che il tramonto era appena avvenuto. Luniel riportò lo sguardo sul piccolo scoppiettante falò e sulla carne che rosolava, infilzata in uno spiedo improvvisato con un lungo ramo sottile e abbastanza verde da non bruciare. La sua caccia aveva avuto buon esito, malgrado gli inevitabili momenti di smarrimento dovuti ai ricordi, ed era tornata da Duncan con una lepre bene in carne. Si era occupata di spellare la preda, dopodiché era stato il Custode a cucinarla, insaporendola con alcune erbe aromatiche che Luniel aveva avuto la fortuna di trovare. Ora nell'aria si levava un piacevole odorino, che le stava mettendo l'acquolina in bocca.

Ascher, accovacciato accanto a lei, riposava tranquillo e sazio, poiché aveva provveduto a procurarsi la propria cena da sé.

Quando Duncan staccò una coscia dalla lepre e gliela porse, lei l'afferrò con una certa impazienza, soffiandoci sopra per raffreddarla un poco. Poi diede il primo morso e mugolò d'approvazione per il buon sapore, dedicandosi appieno al resto. Aveva quasi finito la seconda porzione di carne quando guardò Duncan e lo vide osservare la boscaglia che costeggiava il sentiero sul lato opposto rispetto al loro. Sembrava parecchio pensieroso.

«Qualcosa non va?» gli domandò, guardando nella stessa direzione.

L'uomo si voltò verso di lei. «No, tranquilla. È ancora tutto a posto, per ora.»

«Per ora?»

«Finisci la tua cena e stai all'erta.» Duncan non aggiunse altro.

Il Custode non le avrebbe mentito dandole false rassicurazioni, perciò aveva la ragionevole certezza di non doversi preoccupare. Moderatamente in allarme, quindi, Luniel continuò a mangiare tenendo le orecchie ben tese a cogliere il minimo rumore sospetto e badando che le armi fossero a portata di mano.

Avevano terminato la cena da alcuni minuti quando Duncan le fece un cenno della testa verso l'arco. Annuendo, Luniel si mise a tracolla la faretra e impugnò la propria arma, incoccando una freccia. Il lupo era già in piedi, le zanne snudate e un basso ringhio che gli vibrava in gola. Pochi attimi dopo dalla boscaglia emersero quattro prole oscura che si avventarono su di loro. Ascher scattò in avanti. Luniel scagliò la freccia contro il più vicino, colpendolo alla spalla e sbilanciandolo nello stesso momento in cui Duncan gli piombava addosso ad armi sguainate. Già intenta a bersagliare un altro dei nemici, colse soltanto, con la coda dell'occhio, il lampeggiare delle lame che catturavano il riflesso delle fiamme ad ogni movimento del guerriero. Prese la mira e scoccò una freccia che raggiunse il ginocchio del secondo prole oscura, probabilmente frantumandogli la rotula – ammesso che l'ossatura di quei mostri fosse uguale a quella di elfi e umani – e facendolo crollare a terra. Il lungo pugnale di Duncan lo trafisse alla schiena, piantandolo contro il terreno.

Il terzo prole oscura era appena caduto sotto gli artigli di Ascher.

Luniel, già pronta a mirare contro l'ultimo nemico rimasto, si fermò nel vedere il Custode che con la spada ne deviava il fendente, lo respingeva con un calcio all'addome e recuperava l'altra arma dal cadavere con una sequenza di movimenti molto rapidi. Incredibilmente rapidi, per uno shemlen. Poi Duncan balzò contro il prole oscura, gli conficcò le lame nel petto e infine gli squarciò la gola, sempre usando entrambe le armi.

L'elfa si rese conto di essere rimasta a bocca aperta e la richiuse in fretta, poco prima che l'uomo si voltasse verso di lei. Schizzi di sangue lo chiazzavano qua e là, ma lui sembrava non badarvi. Ascher gli trotterellò accanto.

«C'erano solo questi, ma forse non è il caso di fermarci qui per la notte» considerò Duncan.

«Non sono stanca e mi sento bene» replicò subito lei.

«Ottimo» annuì il Custode. Rinfoderati spada e pugnale, recuperò il proprio zaino e si avvicinò al fuoco per spegnerlo; considerate le dimensioni ridotte, avrebbe impiegato pochi minuti.

Nel frattempo Luniel controllò che nessuna delle loro cose rimanesse in giro, recuperò zaino e armi, e si soffermò a dare un'occhiata ai prole oscura. La prima volta che aveva visto quei mostri, quand'era tornata in quelle maledette rovine, ne era rimasta inorridita e nei volti sbiancati di Merrill e Fenarel, che l'avevano accompagnata, aveva scorto il medesimo orrore.

«Dovrò spiegarti bene le differenze fra un tipo e un altro» le disse Duncan, alle spalle. Quando si girò verso di lui, proseguì: «I prole oscura non sono tutti uguali, ti sarà utile conoscere il maggior numero di informazioni su di loro. Ora mettiamoci in marcia.»

Si riportarono sul sentiero e, alla scarsa luce notturna, fu Luniel a fare strada con Ascher, dal momento che grazie ai suoi sensi elfici poteva vedere quasi come fosse giorno e, quindi, controllare dove mettevano i piedi. Su quelle piste di alta collina non si poteva mai sapere quale fosse il livello di dissesto, le aveva detto Duncan, e percorrerle di notte poteva essere rischioso. Il silenzio era tale che una sola parola si sarebbe udita distintamente a parecchia distanza, perciò camminarono senza parlare finché non giunsero nei pressi di un villaggio alle pendici delle colline.

S'inoltrarono nelle stradine fra le case immerse nel sonno, ma non trovarono alcuna locanda, perciò il Custode Grigio propose di trascorrere la notte nella vecchia stalla abbandonata che avevano visto fuori dell'abitato. Ben felice di poter evitare la compagnia di altri umani e di non dover lasciare il lupo, Luniel acconsentì di buon grado e seguì Duncan fino alla struttura. Dentro c'era ancora qualche mucchio di paglia, ottimo per far loro da giaciglio.

Luniel ne raggiunse uno e posò la propria roba lì accanto, poi prese il mantello ripiegato da usare a mo' di guanciale. Come sempre quando dormiva all'addiaccio, o quasi, tenne indosso l'armatura di cuoio, che non era così scomoda da impedirle di dormire, e si distese senza una parola. Come d'abitudine, Ascher le si accucciò vicino e il suo odore selvatico si mischiò a quello di polvere e fieno che aleggiava lì dentro. Gli sfregò dolcemente il muso. Il lupo aveva sempre dormito con lei fin da quando, ancora cucciolo, l'aveva trovato e preso con sé; in quei giorni, più che mai, l'elfa era felice di avere accanto il fedele animale. Pur essendo un ricordo costante di ciò che aveva perso, le dava comunque conforto, poiché gli era enormemente affezionata.

Dopo qualche minuto, quando anche Duncan si fu sdraiato sul proprio giaciglio, lei gli domandò: «Posso chiedervi una cosa?»

«Certo.»

«Come avete fatto ad accorgervi di quei prole oscura?»

«È una delle capacità di noi Custodi Grigi» le spiegò l'uomo. «Possiamo percepire la Prole Oscura, il che ci permette di non essere colti di sorpresa.»

«Comodo» commentò lei. «Quindi possiamo dormire tranquilli?»

«Oso affermare di sì.» Duncan si sistemò meglio sulla paglia e, avendo tenuto lui pure l'armatura, Luniel considerò che doveva essere abituato ad adattarsi alle peggiori condizioni, dato che la sua corazza in metallo era nettamente più scomoda. «Su, ora pensa a riposare» aggiunse l'uomo. «Ci aspettano ancora diversi giorni di marcia, domani dovremo alzarci di buon'ora.»

L'indomani, come prospettato da Duncan, si destarono alle prime luci del sole. Discretamente, senza farsi notare, abbandonarono la stalla che aveva fornito loro rifugio e si rimisero in cammino di buona lena; sarebbero stati necessari almeno altri quattro giorni per raggiungere la loro meta.

Del tutto indipendentemente dalla propria volontà, Luniel si trovò molto più bendisposta a chiacchierare. Era un modo come un altro per tenere a bada la disperazione, poiché trincerarsi nel mutismo non poteva certo esserle d'aiuto; senza una qualunque cosa che la distraesse, i suoi pensieri tornavano inevitabilmente a Tamlen… La perdita dell'amico l'aveva devastata e l'unico sistema che aveva di non crollare era proprio occupare la mente il più possibile, almeno finché il tempo non avesse iniziato a cicatrizzare la ferita.

Così, memore di quello che le aveva accennato la sera dell'attacco, ad un certo punto Luniel chiese a Duncan spiegazioni circa la Prole Oscura, e in quella maniera scoprì anche la ragione per cui l'uomo si trovava nella foresta. Poiché era fermamente convinto che si preparasse un nuovo Flagello, il Custode aveva deciso di chiedere l'appoggio delle altre due razze, gli Elfi e i Nani; aveva mandato altri due Custodi a Orzammar – la patria dei Nani – mentre lui si era recato nella Foresta di Brecilian, dov'era stanziata la maggior parte dei Dalish. Pur dopo una certa insistenza, era riuscito ad ottenere il supporto di uno dei clan più numerosi e, soprattutto, col più alto numero di guerrieri. Il loro Guardiano, Zathrian, aveva assicurato che avrebbe tentato di contattare gli altri clan per chiedere ulteriore ausilio. E durante il ritorno, per puro caso, Duncan era incappato in Luniel.

Quegli ultimi giorni, dunque, si dipanarono tra racconti e spiegazioni da parte del Custode, battute di caccia da parte di Luniel, qualche sporadica aggressione di Prole Oscura e lunghi periodi in cui lei tornava ad abbandonarsi alla malinconia e al silenzio.

Fu proprio durante uno di quei momenti, in un grigio pomeriggio, che sentì Duncan esclamare: «Siamo arrivati! Ecco Ostagar!»

Spero vivamente di non rendere Luniel una Mary Sue come invece risulta nel gioco. Shaina, gemellina, confido in te affinché mi salvi se dovesse accadere! XD

Vorrei fare una precisazione in merito alla storia: per evitare un mero copia/incolla, ho intenzione di apportare qualche modifica, qualcuna forse anche piuttosto sostanziale (mi converrà segnalare come What if...?). Perciò, pur essendo io apertissima alle critiche costruttive, non fatemi notare che nel gioco un dato evento va o non va in un dato modo: lo so benissimo e sto "sbagliando" di proposito. XD

Mi auguro di riuscire ad aggiornare in maniera costante, un capitolo a settimana, ma non ci metto esattamente la mano sul fuoco. Mi conosco! XD

  
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Dragon Age / Vai alla pagina dell'autore: Mikoru