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Autore: Giada810    29/02/2012    18 recensioni
"Vicino, sempre più vicino. Vedevo ogni singola pagliuzza delle sue iridi diventare più brillante e definita. Poi sentii le sue labbra sulle mie, e in quel bacio mi persi."
Dopo la guerra, Hermione e Draco tornano ad Hogwarts, entrambi cambiati e più maturi. Si conoscono per quello che sono veramente e si innamorano, cercando di rimanere insieme nonostante piccole e grandi incomprensioni.
Si sa, l'amore non sempre basta.
Forse non sempre, ma a volte, invece, sì.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaise Zabini | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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(Hermione)
Avevo passato probabilmente tutta la notte a fissare quella boccettina trasparente, così piccola eppure così importante.
Sembrava acqua, ma era infinitamente più potente e pericolosa.
Ero combattuta tra due voci, tra due volontà opposte. Fidarmi di Draco, come ogni persona innamorata avrebbe fatto, rimanendo però con quella angoscia strisciante, o usare il Veritaserum e dargli la prova che non avevo un minimo di fiducia in lui?
Mi presi la testa tra le mani, le tempie che sembravano esplodere ad ogni pulsazione del sangue nelle vene, quel sangue che aveva fatto tanti danni e che ancora ne stava facendo.
Dovevo reagire o sarei impazzita.
Mi alzai, attraversando la camera piena di vasi e di margherite bianche. Molte le avevo lasciate in Sala Comune, perché non sarebbero mai entrate nella mia camera da Caposcuola, grande ma comunque non immensa.
Novecentonovantanove, mi ripetei.
Aprii la porta e scesi fino alla Sala Comune, ma mi bloccai sulle scale, scorgendo Harry e  Ginny abbracciati sul divano, impegnati nelle loro effusioni.
Incontrai lo sguardo di Ginny e mi sentii andare  a fuoco.
-Merlino, scusatemi!!!- esclamai, voltandomi in tutta fretta –Pensavo non ci fosse nessuno.. Buona serata!- mormorai tornando in camera mia.
Che figuraccia.
Un bussare sulla porta mi costrinse ad alzarmi nuovamente per andare ad aprire. Visto che erano le quattro di sabato mattina e che tutta la popolazione di Hogwarts quel giorno dormiva come minimo fino alle nove, avevo pochi dubbi su chi ci fosse al di là della porta.
Harry entrò dallo spiraglio che avevo aperto, chiudendosi la porta alle spalle.
-Sì, lo so, scusa!- esordii –Ma che ne sapevo io che voi due alle quattro eravate ancora svegli!-
Forse perché anche tu, quando stavi con Draco, rimanevi sveglia fino all’alba?
Decisi di imbavagliare con forza quella maledetta vocina che avevo nella mente e che mi stava rendendo pazza.
-Non volevo disturbare e non l’ho fatto apposta. Dì a Ginny che mi scuso tantissimo e che, se la fa stare meglio, mi sento in imbarazzo.-
Finii il mio monologo di scuse sedendomi sul letto.
-Sai una cosa, Hermione?-
Scossi la testa.
-Malfoy ha ragione, non fai mai parlare le persone.- sbuffò Harry, in parte divertito e in parte contrariato.
-E tu come sai che Dra.. Malfoy- mi corressi all’ultimo istante, non potendo tollerare di chiamarlo ancora per nome –pensa che non lo faccio mai parlare?- chiesi con sospetto.
Harry sorrise e scrollò le spalle.
-Non sono venuto qui perché ci hai interrotti. Non me ne frega nulla.-
-Harry!- lo rimproverai –Se Ginny ti sente, uccide prima me e poi anche te.-
Harry rise. Probabilmente non aveva capito che la mia non era una battuta.
-Allora diciamo che non è il mio problema principale, meglio?- io annuii e lui continuò –Ti sono venuto a dire un’altra cosa.-
Mi sistemai a gambe incrociate sul letto, mettendomi più comoda e dedicandogli la mia totale attenzione.
-Tu lo ami.- aprii la bocca per rispondergli ma lui agitò il dito indice davanti al mio naso –Non era una domanda.- mi fece notare con ovvietà, poi si alzò e guardò con aria divertita e allo stesso tempo di rimprovero.
-Puoi continuare a non guardarlo in Sala Grande e durante le lezioni, fingendo che per te la sua presenza non sia importante. Puoi ostinarti a chiamarlo per cognome perché ti fa sentire meno stupida, meno ingannata. Puoi rileggere “Storia di Hogwarts” altre cento volte cercando di estraniarti dalla realtà. Puoi anche provare a stare con Zabini, fingendo che sia Malfoy e che ti faccia stare come stavi con lui.-
Mi domandai da quando Harry fosse diventato un così attento osservatore, da quando fosse un esperto di questioni di cuore.
Di  mie  questioni di cuore.
-Herm, tu lo ami e se non gli dai una possibilità adesso lo rimpiangerai per tutta la vita, perché continuerai a chiederti per sempre come sarebbe andata se non ti fossi ostinata sulle tue convinzioni.-
Era vero.
Il rimpianto sarebbe stato la mia rovina.
-Io non so cosa tu voglia fare con quel Veritaserum che ti ha dato e non lo voglio sapere. È una scelta che spetta solo a te.- mi spiegò con un sorriso fraterno –Ma davvero vuoi chiuderti in un guscio solo per proteggerti da tutto e tutti?-
Lo volevo?
Volevo diventare vecchia e arida come mi aveva detto la Cooman cinque anni prima?
-Non voglio fare  la vittima, Herm, ma ho sofferto tanto nella mia vita. Però…-
-Però?- lo sollecitai.
-Però preferirei soffrire ancora, piuttosto che smettere di vivere.-
Si chinò verso di me e mi diede un bacio sulla guancia. Poi se ne andò lasciandomi con quella perla di saggezza.
 
 
(Draco)
Avevo smosso mari e monti per ottenere quella fialetta di Veritaserum. Lumacorno era quasi morto di paura per la mia richiesta, pensava che volessi farne un uso illecito.
Avevo dovuto mandare Potter, per il quale quel tricheco aveva palesemente una predilezione, a garantire delle mie intenzioni, per procurarmelo.
E tutto per lei.
Praticamente avevo ammesso che avrei fatto qualsiasi cosa per farla tornare da me, per conquistare nuovamente la sua fiducia.
Eppure ora non ero più così convinto che fosse stata una buona idea.
Facendomi bere il Veritaserum sarebbe tornata da me, certo, ma avrebbe voluto dire che la mia parola non le bastava, che non si fidava abbastanza di me.
Che non mi amava abbastanza.
E io? L’amavo?
Se l’amore era desiderare una persona anima e corpo ogni istante della giornata, sognare il suo profumo perché era l’unico capace di farti sentire a casa, agognare la sua bocca perché ti faceva stare in pace con il mondo.. allora sì, l’amavo.
L’amavo e mi ero anche rammollito per lei.
Ma ne valeva la pena, senza dubbio.
E se non fosse tornata? Se avesse deciso che non ero più degno della sua fiducia, che in fondo Blaise era un eccellente sostituto, che non ero poi così speciale e fondamentale nella sua vita?
Quanti  se, troppi per valutarli tutti.
Dovevo solo affidarmi a lei, mettermi nelle sue mani.
Merlino, com’era angosciante non poter fare nulla!
 
Passai tutta la notte a rigirarmi tra le dita la margherita che le avevo rubato.
Novecentonovantanove.
Non sapevo da dove mi fosse arrivata l’idea delle mille margherite bianche. Sapevo solo che volevo dimostrarle che tutto quello che lei  mi aveva detto nel tempo che eravamo stati insieme, io lo ricordavo, che le avevo prestato attenzione, che non avevo mai finto interesse nei suoi confronti.
Non voleva essere una proposta di matrimonio, voleva solo essere una proposta di.. fidanzamento?
Sì, la dimostrazione che volevo stare con lei, magari per sempre.
L’immagine di Hermione che giocava con Teddy Lupin, durante la cena della Vigilia a casa Weasley, mi tornò alla mente e mi fece sorridere.
Magari un giorno avrebbe tenuto in braccio un bambino biondo…
Mi alzai in piedi di scatto.
Merlino, mi ero proprio rammollito. E Grifondorizzato.
 
 
Al sabato mattina la Sala Grande rimaneva quasi vuota almeno fino alle dieci, poiché la maggior parte degli studenti restava a poltrire nelle proprie camere.
Non necessariamente nelle proprie, in realtà.
Mi sedetti al mio tavolo, gli occhi incollati alla porta di ingresso aspettando che  Hermione arrivasse con la decisione che aveva preso.
Morsicai una fetta di pane tostato, continuando a rigirare tra le dita la margherita che le avevo rubato e che avevo incantato perché non appassisse.
-Dormito male, Draco?-
Non c’era nulla da fare, con gli anni la voce di Pansy era diventata sempre più acuta e la sua capacità di intervenire al momento opportuno era scomparsa.
Una volta era stata simpatica, magari un poco petulante e appiccicosa, ma comunque piacevole, qualità che sembravano esser scomparse con gli anni.
-Benissimo.- sibilai, appoggiando la margherita davanti alla mia tazza di caffè e prendendo dal vassoio un biscotto.
-È per me?- domandò prendendo in mano il fiore e portandolo al naso.
Mi alzai di scatto, togliendole il fiore di mano e spingendola a sedere sulla panca di legno.
-Attenta Pansy.- la mise in guardia Nott, un sorriso ironico sul volto –Lo sai che quando si tocca la sua Mezzosangue Draco diventa irritabile.-
-Un fiore per una Mezzosangue? Certo che deve essere proprio brava a letto se ti prendi tanto disturbo per lei.- insinuò, accavallando le gambe lunghe e magre –A me non hai mai regalato un fiore, Draco.- soffiò con voce roca, sorridendomi.
-Mangia, Pansy, così almeno terrai la bocca occupata ed eviterai di rompere le palle a me.- le suggerii, voltandole le spalle e dirigendomi verso l’estremità del tavolo, il più lontano possibile da tutti coloro che stavano facendo colazione.
Mi sedetti e riempii una nuova tazza di caffè, presi un altro biscotto e imburrai un’altra fetta di pane, mentre i miei occhi rimanevano incollati alla porta. Un gufo lasciò cadere una copia della Gazzetta del Profeta davanti a me, ma io le lanciai solo una rapida occhiata, sufficiente a leggere il titolo dell’articolo che campeggiava in prima pagina.
“Wizengamot rifiuta richiesta di scarcerazione anticipata per Lucius Malfoy.”
Grazie Merlino, almeno una cosa andava bene.
Hermione arrivò in quel momento, parlando con Paciock di qualcosa che lo deprimeva molto, almeno a giudicare dalla sua espressione funerea. Probabilmente un compito di Pozioni o di Trasfigurazione, ipotizzai.
Guardai Hermione sedersi accanto ai suoi compagni, cercando qualcuno al mio tavolo. fece scorre lo sguardo da un’estremità all’altra, fermandosi solo quando incontrò i miei occhi. Le sorrisi, ma ricevetti solo un sorriso appena accennato e fugace in risposta.
Merda!
La guardai fare colazione tenendo gli occhi incollati al piatto, tutta la sua attenzione posta nella difficile operazione di cospargere di marmellata una fetta di pane.
Mi colse un momento di panico.
E se fosse quella la sua risposta? Se avesse deciso di farmi capire che preferiva chiudere la nostra storia così, con l’indifferenza totale?
Dopo aver aspettato tutta la notte il momento in cui sarebbe venuta da me, ora non ero più così ansioso.
Se non fosse tornata, sarei stato malissimo.
Se fosse tornata con la boccetta che le avevo dato, sarebbe stato un colpo al cuore, la prova che per lei mia parola valeva molto meno di una coda di lucertola.
Vederla correre verso di me, sorridente e senza alcuna boccetta in mano sarebbe stato un sogno, ma un sogno decisamente poco realizzabile.
Speranzoso sì, idiota no.
Ormai era chiaro che non mi avrebbe detto nulla quella mattina e probabilmente, pensai, nemmeno quelle successive. Era finita, ormai ne ero convinto.
Mi alzai, raccolsi il fiore e uscii dalla Sala Grande.
 
(Hermione)
Mi rivolse un sorriso, uno dei suoi bellissimi sorrisi, uno di quelli che sembravano avere il potere di illuminarmi la giornata. Risposi con poca convinzione, agitata e con un senso di oppressione al petto.
Spalmai con poca allegria la marmellata di mirtilli sulla fetta di pane tostato che avevo preso distrattamente dal vassoio.
Essere o non essere, diceva Shakespeare.
Quello era il dubbio di Amleto e in quel momento anche il mio.
Essere una codarda o non esserlo, essere una coraggioso Grifondoro o non esserlo, essere fiduciosa o non esserlo, essere sopraffatta dalla paura di essere ingannata o non esserlo.
Veritaserum o non Veritaserum, quello era il dilemma.
-Hermione, il tuo principe azzurro se ne sta andando.-  mi informò Harry –E con un’espressione non troppo allegra. Se devi riprendertelo, ti conviene farlo ora.- mi suggerì, poi tornò a dedicarsi alla sua brioche al cioccolato.
-Herm, non vorrei metterti pressione.- mi tranquillizzò Ron, un sorriso divertito sul volto spruzzato di lentiggini –Ma datti una mossa!-
Guardai prima lui, poi Harry che rideva, Ginny che scuoteva la testa sconsolata, Dean e Seamus che cercavano di affogarsi nel succo di zucca pur di non ridere della mia espressione, sicuramente stupita da quegli atteggiamenti da consiglieri, oltretutto rivolti a beneficio di Draco.
Neville non  commentò, mi diede una gomitata, invitandomi ad alzarmi con uno sguardo eloquente. Seguii la direzione del suo sguardo.
Draco si stava dirigendo verso la porta d’uscita, diretto probabilmente ai dormitori di Serpeverde per isolarsi dal mondo, per allontanarsi da me.
Mi alzai in piedi, stringendo in una mano la fialetta che mi aveva donato. Scavalcai la panca e mi diressi verso l’uscita, quasi di corsa.
-Draco.-
Lo chiamai ancor prima di varcare la soglia e lui si bloccò, proprio al centro della Sala d’Ingresso. Mi avvicinai a lui e gli misi una mano sulla spalla, invitandolo a voltarsi verso di me.
Si voltò con lentezza, lanciandomi una sguardo al di sopra della spalla e poi ruotando il resto del corpo, i movimenti irrigiditi dalla tensione e gli occhi scuriti per la rabbia e il nervosismo repressi.
-Mi volevi parlare?-
Freddo, distaccato, diretto al punto. Una belva che sapeva come attaccare per ferire l’avversario, un animale che preferiva attaccare prima di trasformarsi esso stesso in vittima.
La miglior difesa è l’attacco, era sempre stato la sua massima di comportamento. Ferire per non essere feriti.
Cosa potevo rispondergli?
Mi mordicchiai il labbro, indecisa, spostando lo sguardo lungo le pareti di pietra, alla ricerca di un appiglio, di qualcosa che mi dicesse cosa fare.
Morsi più forte il labbro vedendo che quella soluzione non arrivava. Poi sentii un dito che mi sfiorava il labbro, sottraendolo alla morsa dei denti. Il pollice di Draco mi accarezzò con lentezza il labbro inferiore, correndo da destra a sinistra, i suoi occhi che mi fissavano ardenti.
-Allora? Dimmi.- mi sollecitò, allontanando la mano dal mio volto.
Non riuscivo a replicare, cosi scelsi di fare quello che avevo  deciso dopo una notte insonne di razionali ragionamenti.
Estrassi dalla tasca la fialetta e la allungai verso di lui.
In un attimo i suoi occhi si spensero, i suoi pungi si contrassero lungo i fianchi, la margherita si piegò sotto la stretta delle dita e le sue labbra si assottigliarono.
Un attimo di esitazione.
Poi allungò la mano verso la mia, sul cui palmo la boccetta di Veritaserum brillava promettente e sinistra.
Con lentezza disarmante prese la boccetta in mano e la stappò, gettando il piccolo tappo di sughero a terra, tenendo lo sguardo incatenato al mio.
Come nelle scene salienti di alcuni vecchi film, vidi la sua mano, stretta intorno a quel vetro fragile fino a far sbiancare le nocche, avvicinarsi alla sua bocca.
Poi lo capii.
Che cosa stavo facendo?
 
(Draco)
Le accarezzai il labbro con lentezza, percependone la morbidezza e ricordandone il sapore ormai scomparso dalla mia bocca. Avrei voluto baciarla, affogare nella sua bocca e non staccarmene mai.
-Allora? Dimmi.- la sollecitai, allontanando la mano dal suo volto.
La guardai, gli occhi fissi nei suoi per scorgere una traccia della battaglia che probabilmente stava infuriando in lei, ancora indecisa su come agire.
In quel momento scoprii una cosa.
Anche i Malfoy pregavano.
Pregai ogni mago che avesse mai calpestato questa terra, pregai Serpeverde e mi abbassai fino al livello di Godric Grifondoro. Sarei stato disposto a pregare Potter in persona -ovviamente non pubblicamente- pur di vedere il mio desiderio avverarsi.
Volevo che tornasse da me, lo volevo con tutto me stesso.
Anche un Malfoy poteva pregare, ma questo non voleva dire che sarebbe stato accontentato.
Con la massima serietà, mise la mano in tasca e poi la tese verso di me, sul palmo la boccetta di vetro che le avevo dato.
Veritaserum, come avrebbero pensato molti. La fine, ecco come la vedevo io.
Quella era la fine.
Niente appelli, niente colpi di scena. Solo la verità.
Lei non ti ama abbastanza da fidarsi di te.
La testa quasi mi scoppiava. Una parte di me urlava di andarmene, di non rimanere oltre davanti a lei, a vederla tenere in mano il simbolo della fine. L’altra parte di me, quella Serpeverde fin nel profondo, mi sibilò di restare, di bere la pozione e darle la prova che voleva, la prova che la verità che aveva tanto agognato era la stessa che io le avevo confessato.
E la parte serpeverde vinse.
Presi la boccetta dalla sua mano, attento a non sfiorarla, e tolsi il piccolo tappo con cui l’avevo sigillata. Lo lasciai cadere a terra distrattamente, la mano sinistra strettamente ancorata alla margherita, ultimo appiglio di quella storia che mi sembrava arrivare al suo capolinea troppo velocemente.
Continuai a guardarla negli occhi. Volevo leggervi il dolore quando si sarebbe resa conto di quello che aveva distrutto, dell’errore che aveva commesso. Volevo vedere la consapevolezza dilagare nelle sue iridi scure.
Avvicinai la boccetta alla bocca, gli occhi sempre incatenati ai suoi.
Poi sul viso di Hermione si dipinse un’espressione sconcertata e la mano si mosse verso di me, colpendo con decisione la mia mano destra.
La boccetta cadde a terra e si frantumò in mille frammenti taglienti, spargendo sul pavimento in pietra il suo contenuto prezioso.
E solo in quel momento mi sembrò di vederla davvero.
Non più la ragazza incerta e dubbiosa che si mordeva con forza il labbro, non più quella che decideva razionalmente di farmi bere il Veritaserum per avere la prova magica della mia sincerità, ma la Grifondoro coraggiosa e temeraria, quella disposta a fidarsi di me solo per quello che vedeva nei miei occhi.
Chissà cosa ci leggeva ora.
Non mi importava, volevo solo che tornasse da me.
Mossi un passo avanti e un rumore sinistro mi informò che avevo calpestato un frammento residuo di quella fialetta. Non me ne curai, mettendole una mano sul fianco, l’altra sulla schiena,  e tirandola verso di me con forza, facendo scontrare i nostri corpi.
Staccai una mano dal suo corpo per avvicinarla al viso, mettendole davanti al naso la margherita.
-Mille.- le dissi.
Le diedi solo il tempo di prendere il fiore dalla mia mano e di abbozzare un sorriso felice –no, non felice, euforico-  prima di chinarmi sulla sua bocca.
 
(Blaise)
Li avevo osservati per tutto il tempo, seduto al tavolo della mia casa accanto ad un paio di ragazzi della squadra di Quidditch.
Le aveva accarezzato le labbra, guardandola come se fosse la donna più bella del mondo, il suo bene più prezioso. Come la guardavo io.
Dopo poche parole, però, avevo visto gli occhi di Draco scurirsi, assumendo una colorazione più simile al grigio antracite che al brillante color mercurio che avevano di solito. O forse non li avevo visti realmente, forse li avevo solo immaginati, ricordando giorni lontani in cui guardavo quegli occhi fraterni scurirsi per il dolore, per il peso del nome che Draco doveva portare, per tutto quello che sopportava senza mai potersene liberare.
Avevo visto la piega delle spalle irrigidirsi, la testa raddrizzarsi in un inconscio gesto di sfida, i pugni serrarsi intorno ad una povera e indifesa margherita bianca, le labbra contrarsi per il dolore –un dolore profondo, interiore, dell’anima.
No, del cuore.
Poi era accaduto tutto molto velocemente. Draco aveva allungato la mano verso il palmo aperto di Hermione, stappando una piccola ampolla trasparente e gettandone il tappo di sughero a terra. L’aveva avvicinata alle labbra, pronto a bere. Un manrovescio di Hermione aveva colpito la mano di Draco, facendo cadere a terra la boccetta e riducendola in frantumi. Poche parole e poi… eccolo.
Il bacio.
Un bacio da cui la quasi totalità degli studenti seduti in Sala Grande -almeno di quelli che riuscivano a sbirciare fuori dalla porta rimanendo seduti al proprio posto- non riusciva a togliere gli occhi.
Un bacio di quelli che, come mi aveva raccontato Hermione una volta, si vedono nei film.
Un bacio degno di una grande storia d’amore.
Un bacio che faceva emozionare anche chi lo vedeva con gli occhi di uno spettatore.
Un bacio passionale, per nulla casto eppure incredibilmente dolce, senza alcuna traccia di volgarità.
Un bacio che lasciava trasparire amore puro da ogni gesto.
Non era solo un bacio, era  il  bacio che chiunque avrebbe voluto dare e ricevere.
Le mani di Hermione erano perse tra i capelli biondi di Draco, la margherita ancora stretta tra le dita della mano sinistra, mentre quelle della mano destra si muovevano pigre sul suo collo, correndo dall’attaccatura dei capelli biondi fin dentro il colletto della camicia.
E Draco… Draco sembrava non averne mai abbastanza di lei.
Le mani sulla schiena, a spingerla di più verso di lui, per potersi quasi fondere con lei.
Le mani sulle spalle, per stringerla, come se fosse l’ancora di salvezza che non poteva perdere.
Le dita che scorrevano tra i suoi capelli ribelli, scivolando poi fino al suo viso, accarezzandole le guancie con delicatezza.
Distolsi lo sguardo da loro, facendolo vagare sui vari tavoli. Alcune ragazzine li guardavano invidiosi; Potter mangiava con tranquillità, sorseggiando del succo di zucca dal bicchiere e leggendo il Profeta; molti altri Grifondoro continuavano la loro colazione lanciando qualche sguardo curioso oltre la porta; qualche ragazzo ostile ostentava sul viso smorfie di riprovazione e palese dissenso.
Al mio tavolo, Pansy era palesemente disgustata e indispettita, mentre Nott scuoteva la testa amareggiato, la mascella contratta per il disappunto.
Quando riportai lo sguardo su di loro, nemmeno dieci secondi dopo, qualcosa in quel bacio era cambiato, rendendolo più urgente, frenetico.
Uno sbuffo sonoro attirò l’attenzione generale. Minerva McGrannitt cercava di nascondere un sorriso esasperato dietro il solito cipiglio austero. Scosse la testa con rimprovero, guardando severamente alcune ragazzine dei primi anni che si sporgevano sulle panche per poter vedere meglio.
Un colpo di bacchetta e la porta si chiuse con un tonfo.
Abbassai lo sguardo. Per me non ci sarebbe stato più posto.
Improvvisamente i M.A.G.O., prima così temuti,  diventarono una meta ambita, il momento in cui avrei potuto isolarmi e ricucire la mie ferite.
 
(Draco)
Da quando l’avevo baciata, tutto il resto aveva perso importanza. Ero completamente perso in lei, con lei. Sentii distrattamente un tonfo e aprii un occhio, vedendo la porta della Sala Grande chiusa.
Meglio.
Chiusi di nuovo l’occhio e continuai a baciarla, sempre più preso, sempre più perso, sempre più felice.
Non riuscivo a staccarmi, a smettere di accarezzarle la schiena, i fianchi, il collo, i capelli ricci e un po’ ingarbugliati, le guancie. Strinsi una mano sulla sua nuca, per spingere di più la sua bocca contro la mia, spostando l’altra verso la base della schiena, premendo il suo corpo contro il mio.
Le scappò un gemito dalle labbra e io sorrisi.
-Vieni.- biascicai a fatica, le labbra contro le sue, la bocca che non voleva staccarsi dal suo viso anche se quella sarebbe stata la scelta più logica e comoda.
Mi spostai verso le scale che conducevano ai sotterranei, fino al ritratto che celava la mia Sala Comune, e poi in camera mia. La sigillai e la insonorizzai.
E poi…
 
(Hermione)
Mi era mancato.
Mi era mancato tutto in lui.
Mi era mancato il modo in cui mi parlava, in cui mi guardava, in cui mi baciava, in cui mi spingeva sempre di più contro di lui.
Insinuai una mano oltre il colletto della camicia, accarezzandogli con la punta delle dita la pelle calda e liscia della spalle e i muscoli rilassati alla base del collo. Gli sfuggi un basso ansito di apprezzamento, che mi fece sorridere soddisfatta, alzandomi in punta di piedi per avvicinarmi di più a lui.
-Vieni.-
Non protestai nemmeno.
Se lo conoscevo come pensavo di conoscerlo, voleva esattamente quello che volevo anche io.
Essere sua.
 
 
***
 
 
Nessuna finestra, solo una piccola fiammella che galleggiava a mezz’aria sopra il comodino, diffondendo la luce a stento sufficiente per illuminare i volti dei due giovani.
Ma in fondo, non ce ne era affatto bisogno.
Carezze lente, estenuanti, quasi dolorose nella loro dolcezza.
Baci delicati, a fior di labbra, semplici sfioramenti leggeri come petali.
Tocchi insinuanti, lussuriosi, appaganti.
Baci urgenti, frenetici, profondi.
Mani curiose, insolenti, peccaminose.
Bocche insaziabili, esigenti.
-Ti amo.-
La voce di Draco era stato un sussurro timido, soffocato dalla bocca premuta contro il collo di Hermione. Rimase fermo, il volto nascosto dai capelli ricci della ragazza, le labbra ancora schiuse a pronunciare l’ultima sillaba, il respiro caldo e affannato che si infrangeva sulla pelle coperta da uno strato di sudore impalpabile.
Con un sorriso emozionato sul volto, Hermione portò una mano tra i capelli del ragazzo, accarezzandogli dolcemente la cute bollente.
-Me ne sono accorto quando abbiamo litigato in giardino, quando te ne sei andata e ho pensato che fosse finita.- continuò, la bocca sempre appoggiata alla sua pelle, quasi in un tentativo di nascondersi.
Strofinò lentamente il naso contro il collo, scendendo fino alla spalla e poi alla curva del seno, baciandolo con lentezza.
-Ti amo anche se sei saccente, irritante e puntigliosa.- le disse con una leggera risata  -Ti amo anche se sei una Grifondoro e sei amica di quel gruppo di rammolliti sentimentali.- sentendo un basso ringhio di disappunto provenire dalla gola di Hermione, Draco rise e vi posò un altro bacio.
-E ti amo anche se sei una Sanguesporco.- una pausa, quasi una riflessione interiore –Anzi,  soprattutto  perché sei una Sanguesporco.-
-Perché  soprattutto?-domando Hermione, la voce resa fioca dall’emozione.
-Perché altrimenti non saresti diventata quello che sei ora.- le confessò, alzando finalmente il volto dal suo rifugio –Il mio unico amore.-
Sottolineò l’unicità di quello che provava per lei, fissandola negli occhi scuri un poco lucidi, cercando ancora una volta di rassicurarla su quello che aveva capito essere il suo più grande timore.
L’inganno e il tradimento.
Hermione deglutì a fatica, fissandolo attentamente alla luce di quella piccola fiammella che aveva creato appena erano entrati in camera. Ombre scure danzavano ul suo incarnato chiaro, arricchendo gli occhi grigi di sfumature sempre nuove.
Draco emise un sospiro sollevato, vedendo quanto quello che le aveva detto l’avesse emozionata. Poi si aprì in un sorriso splendente e canzonatorio.
-Dopo il Quidditch, ovviamente- precisò per evitare di scadere in un romanticismo diabetico degno del peggior Grifondoro.
Hermione aprì la bocca indignata, facendo pressione sulle sue spalle per farlo cadere sul materasso. Draco obbedì docilmente al suo comando, abbandonandosi tra le coperte sgualcite.
-Ripetilo.- lo esortò, sistemandosi su di lui, i capelli che cadevano in avanti fino a sfiorargli il petto muscoloso, riscaldato dall’atmosfera della stanza.
-Dopo il Quidditch?.- propose Draco, cerando di eludere la domanda.
Da un lato sapeva che l’avrebbe resa ancor più felice, ma da un lato di sentiva così stupido a ripete ancora quella confessione sdolcinata.
-No!- Hermione lo colpì su una spalla –Quello che hai detto prima. Per favore.- chiese timidamente.
-Il mio unico amore.-
Decise di accontentarla, vedendo un altro sorriso spuntare al di sotto di quella cascata di capelli scuri, indomabili come lei.
Hermione si chinò in avanti, nascondendo il volto tra il collo e la spalla di Draco, cercando di nascondere quel sorriso euforico che sapeva di avere in volto, continuando a ripetere la stessa frase nella mente.
Il mio unico amore.
Il mio amore.
Mio.
Mentre ancora la frase sembrava rimbalzare contro le pareti del suo cranio, amplificandosi di volta in volta e spandendo in ogni angolo del suo animo quella dolce consapevolezza, Draco la spinse di nuovo contro il materasso, sovrastandola con dolcezza.
Baci, sospiri, un gemito più forte, una risata soddisfatta, una carezza azzardata.
Le lenzuola stropicciate, il piumone ingarbugliato ai piedi del letto, un cuscino caduto a terra.
-Ti amo.-
L’estasi.
 
***
 
A fine maggio, la natura aveva finalmente deciso di essere clemente, permettendo a quel lungo inverno di giungere al termine e alla neve di sciogliersi.
Una folata di vento fece ondeggiare le foglie del Platano Picchiatore che, indispettito, agitò i suoi rami.
Nonostante quel vento decisamente fresco, gli studenti di Hogwarts si erano rifiutati di rimanere nel castello il giorno in cui il primo sole estivo aveva deciso di onorarli della sua presenza.
Capannelli di studenti costellavano il parco di Hogwarts, tante macchie scure che brillavano sul tappeto di erba rigogliosa, più che mai fiera del suo verde brillante.
-Tieni.-
Seduti sotto un albero, Draco allungò una busta ad Hermione, che la guardò diffidente, probabilmente memore dell’ultima lettera di Draco che aveva letto.
-Queste, Mezzosangue, sono le scuse di Narcissa Black in Malfoy.- spiegò -Leggila bene, perché non ricapiterà mai un’altra occasione come questa.-
Hermione prese la lettera e la mise nella borsa.
-Come hai fatto a convincerla?-
-Niente di particolare.-
Draco si aprì in un sorriso furbo e poco rassicurante, al ricordo di come avesse minacciato di essere disposto a mettere al mondo dei figli con Hermione anche senza il suo consenso. Sua madre non gli aveva creduto, ma aveva preferito non rischiare e scrivere quella lettera di scuse impeccabili e contrite.
-Appena prendo quello che ha fatto la spia a mia madre, me la pagherà cara.-
Il sibilo di Draco non prometteva niente di buono, lasciando invece intraveder lo stesso Malfoy gelido e pericoloso degli anni passati.
Hermione allungò una mano verso il suo braccio in una carezza leggera e Draco le passò un braccio intorno alla vita, tirandola più vicina a sé sul mantello –di Grifondoro, ovviamente- che avevano steso a terra e coprendola con il proprio, su cui lo stemma di Serpeverde brillava di fiera alterigia.
-L’altro giorno Potter mi ha detto che avevate programmato di fare un viaggio in Italia, questa estate.- disse, arrotolando una ciocca di capelli castani intorno ad un dito.
-Sì, l’idea era quella.- confermò contenta Hermione.
-Un viaggio alla maniera babbana.- specificò Draco, le labbra un  poco corrucciate di disapprovazione.
-Ehm, sì.-
La conferma di Hermione fu più titubante. Avrebbe voluto che lui venisse con loro, visto che Harry e Ron avrebbero portato Ginny e Claire, ma capiva che forse una vacanza tra babbani sarebbe stato fin troppo per lui.
Draco annuì, pensieroso, poi aprì la bocca per parlare.
-Ho detto a Potter di prenotare una camera doppia anche per noi.-
Hermione si slanciò verso di lui, premendo le labbra contro le sue, con tale enfasi ed energia da farlo cadere all’indietro sulla terra umida.
-Chiariamo una cosa, però, Mezzosangue.- specificò Draco, rimettendosi a sedere con la schiena appoggiata al tronco di un albero –Non ho intenzione di dormire in una bettola sporca e plebea.-
Hermione rise per la sua espressione disgustata, poi annuì, comprendendo che non poteva chiedere la luna.
-Ciao, Draco.-
Una ragazza di Serpeverde, probabilmente del quinto anno e che Hermione classificò subito come una sgualdrina, passò accanto a loro con qualche amica, regalando un sorriso smagliante a Draco.
Hermione assottigliò lo sguardo, strinse il mento di Draco con una mano e lo voltò verso di sé, indispettita dalla gonna decisamente troppo corta della ragazza.
-Chiariamo una cosa, Malfoy.-
Draco la guardò attentamente, attratto da quell’aria battagliera e palesemente gelosa che si era dipinta sui tratti del viso della sua Mezzosangue, accendendole le gote di rosa.
Hermione si sollevò sulle ginocchia, sedendosi a cavalcioni sulle gambe di Draco per potergli stare più vicina. Gli cinse le spalle con le braccia e lo coinvolse in bacio lungo e passionale, tale da lasciarli entrambi senza fiato.
Soddisfatta dell’espressione appagata e un po’ confusa che era comparsa sul volto di Draco, Hermione raddrizzò le spalle e lo guardò negli occhi grigi.
-Tu. Sei. Mio.- scandì attentamente.
Draco annuì, abbracciandola con forza.
-E orgoglioso di esserlo.- le sussurrò all’orecchio.
 

Finitus.

 
Buonasera!
Eccolo, l’ultimo capitolo.
Sono soddisfatta di come è venuto e spero che piaccia a voi come è piaciuto a me.
La scena della boccetta che viene fatta cadere da Hermione vuole essere un omaggio a Savannah e alla sua bellissima fan fiction “The Ground Beneath Her Feet”, una storia stupenda.
Mi dispiace moltissimo che sia finita, perché è stata un’esperienza bellissima scrivere per voi.
Non l’ho mai detto, ma credo sia ovvio che
questi personaggi appartengono a J.K. Rowling e che sono stati utilizzati da me per puro divertimento, senza scopo di lucro.
Sto scrivendo altre storie (long, ma non lunghe come questa), quindi non vi libererete facilmente di me (purtroppo, direte voi)! Nell’attesa potete andare a leggere le altre due ff che ho scritto, una one-shot e una raccolta, lasciando magari un commentino, se vi fa piacere.
Grazie ancora per avermi accompagnato in questa avventura, siete state tutte fantastiche! Spero che vi sia piaciuto leggere come a me è piaciuto scrivere.
Questa è l’ultima volta che ve lo chiedo: commentate, per favore!!!
Un bacione
Giada
 
PS. Mi sono accorta che i primi capitoli sono nettamente inferiori a quelli successivi, quindi ho intenzione di rivederli, aggiungendo qualche particolare che comunque non cambierà lo sviluppo della storia.

 
  
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