Alla fine non ho
mantenuto la mia promessa, in quanto essendo l’1.04 del mattino, tecnicamente è
già martedì, quindi... vabbè, diciamo
che l’ho mantenuta per metà…
Rubo ora un attimo
della vostra attenzione perché alla fine credo sarete
già abbastanza occupati a… beh, quando arrivate a tre quarti del capitolo
sarete traviati da pensieri omicidi e non penserete più a me.
Quindi colgo l’occasione per dirvi:
- che ieri abbiamo
raggiunto le 100 recensioni, cosa di cui sia io che Lady Bracknell vi siamo immensamente grate.
- che
dal numero di letture è altissimo e gratifica immensamente il mio ego di
traduttrice… l’autrice ha già abbastanza di cui bearsi, dopo una storia del
genere.
- che il prossimo
sarà l’ultimo capitolo e alcune di voi vedranno esaudito il loro desiderio di
un Remus leggermente svestito ( anche se tale visione
è riservata solo a Tonks, mi dispiace, qui l’autrice censura, ma spero che le
allusioni prima e dopo siano sufficienti)
- che
adesso vi lascio leggere sennò mi uccidete.
7.
Looking for something (parte terza
e ultima)
Dopodichè, lei gli afferrò il
viso e portò le labbra alle sue, scacciando ogni apparente pensiero.
Per un attimo fu troppo
sorpreso per fare qualsiasi cosa.
Ma solo per un attimo.
Rispose al bacio, passando le
dita fra i suoi capelli ed avvicinandola a lui. Quasi non
riusciva a credere che stesse accadendo. Lo accettò come il sogno di
volare senza scopa o di un’esistenza intera senza la luna – non poteva essere
reale, e perciò poteva fare tutto quello che voleva,
in quanto, tutte le consuete regole che gli avrebbero impedito di farlo, non
esistevano.
Il bacio si fece più
profondo, e lei sapeva di tequila. Immaginò che fosse lo stesso per lui. era decisamente molto più inebriante dell’alcool, però. Gli
faceva girare la testa e diventare le ginocchia deboli e se non fossero stati
distesi sul pavimento, probabilmente si sarebbe accasciato
per terra.
Gli accarezzò dolcemente la
mascella, e lui si rese conto che la stava realmente baciando, che, per quanto
potesse sembrare surreale, non era un sogno ad occhi aperti od una pigra
fantasia. Le labbra sopra le sue erano reali, i capelli sotto le sue dita erano
reali, le sensazioni... deglutì. Erano tutte
assolutamente reali.
“Questa è probabilmente
davvero una pessima idea,” disse lui, mormorando le
parole fra i baci, non del tutto sicuro di pensarlo veramente.
“Uh-huh,”
rispose lei, annuendo, anche se il modo in cui gli stava mordendo il labbro
sembrava indicare che la pensava molto diversamente.
“Siamo troppo diversi,” mormorò, scostandosi appena.
“Beh, tu sei un bastardo , sentimentalmente rovinat...”
“Evasivo,”
aggiunse lui, catturando di nuovo le sue labbra in un bacio. “Non dimenticare
evasivo.”
Lei rise appena contro le sue
labbra.
“Sei un bastardo,
sentimentalmente rovinato ed evasivo,” si corresse, tenendo la sua faccia fra le mani e
tornando a baciarlo.
“E tu sei una scocciatrice,” rispose, ricambiando il bacio con passione.
“E tu sei davvero noioso,” mormorò soddisfatta, scendendo un po’ per baciargli il
collo. Lui ridacchiò, chiedendosi se la parola ‘noioso’ gli fosse mai parsa più
sexy. “E decisamente troppo
giudizioso. E un po’ soffocante. E
un bastardo totale.”
“E tu non sai mai quando tacere,”
Lei si scostò, la bocca
spalancata per l’indignazione. Lo guardò e gli accarezzò la spalla,
soprapensiero.
“Immagino che quindi tu
voglia che io ti lasci andare?”
“A dire
la verità no,” disse, stringendo la presa. Lei parve scioccata e lui sorrise,
invertendo le posizioni. Ridacchiò sorpresa mentre lui
si sistemava sopra di lei, inchiodandola al pavimento.
“Pensavo che pensassi ch’io fossi una seccatrice.” Esclamò, occhi sbarrati, ma
sorridendo.
“E’ così,
lo sei.”
Gli offrì un adorabile
broncio.
“Ma,
ecco...” sussurrò, accarezzandole dolcemente il collo
con la punta delle dita. “Vedi...” Si fermò per seguire il sentiero tracciato
dalle dita posandole piccoli baci delicati sul collo, e poi di nuovo su verso
l’orecchio. Abbassò ulteriormente la voce, rendendola poco più che un bisbiglio
provocante, sussurrando le parole contro i suoi capelli. “... alla fine sembra
che...” continuò a posare baci lungo la mascella e poi
tornò alle sue labbra ed infine incontrò il suo sguardo. abbassò
la testa e la sbirciò attraverso le ciocche di capelli scomposte, inarcando un
sopracciglio. “... che tu mi piaccia un
po’, dopo tutto.”
Lei sorrise e si morse un
labbro.
“Oh,”
mormorò. Lui ritornò desideroso alle sue labbra, e questa volta, nessuno dei
due riuscì a pensare a qualcosa che dovesse essere detto.
L’intensità di questo momento
lo colse leggermente di sorpresa, nonostante non fosse del tutto certo del
perché. Le accarezzò il fianco e la strinse a sé, godendosi la sensazione di lei che gli aveva passato le braccia dietro il
collo e gli accarezzava i capelli, tanto quanto gli piaceva sentire il corpo di
lei muoversi contro il suo.
Si stava giusto chiedendo
come sarebbe andata a finire – o, più precisamente, se era
saggio continuarla fino a dove pensava sarebbe andata a finire – quando la
porta si aprì. Si bloccarono entrambi, ma dividersi effettivamente non sembrava
davvero una possibilità. Tonks allontanò la mano dai suoi capelli e Remus
spostò la sua da dov’era – giocherellando con il punto dove prima aveva messo
il sale. Remus guardò nella cucina, anche se sospettava di sapere chi fosse.
Vide le gambe nude di Sirius
e l’orlo rosso della sua vestaglia.
“Non ho interrotto niente,
vero?” chiese Sirius. Remus lanciò a Tonks uno sguardo imbarazzato e colpevole
e lei si portò una mano davanti alla bocca per
soffocare una risata.
“No,”
rispose Remus con una smorfia, purtroppo consapevole che i loro corpi, ancora a
stretto contatto, raccontavano tutta un’altra storia. Lei si morse un labbro e
rise sommessamente, gli occhi che scintillavano verso di lui e facendogli
provare sensazioni che non sentiva da un po’.
Lui si scostò da lei e si
sedette, sbattendo la testa contro il tavolo. Tonks ridacchiò e si mise un po’
più diritta, appoggiandosi sui gomiti. Lui si massaggiò la testa.
“Che
state facendo, allora?” chiese la voce di Sirius dall’alto, le dita dei piedi
che si dimenavano in modo che Remus pensò essere o infastidito o profondamente
divertito.
“Stavamo solo...” iniziò Remus. Guardò Tonks disperato, che si limitò ad
alzare le spalle e sorridere.
“Sì?” chiese Sirius, battendo
un piede per terra.
“Stavamo...” lanciò uno sguardo esplicito a Tonks perché l’aiutasse ad
inventare una scusa plausibile che spiegasse il motivo per cui si trovava
‘appartato’ sotto il tavolo della cucina
a quell’ora, con lei, dopo aver affermato, con evidente decisione che
non gli piaceva. Una donna che fra l’altro aveva la metà dei suoi anni ed era
la cugina del duo migliore amico.
“... cercando qualcosa.”
Disse, rimproverandosi per la scusa penosa.
Le gambe di Sirius
attraversarono la cucina, e Remus lo sentì svitare un tappo e riempire un
bicchiere. Quindi tornarono indietro e le sue
ginocchia lo fissarono accusatorie.
“E
l’avete trovato?”
“Ehm...” Remus chiuse gli
occhi e si massaggiò la fronte. “Non ancora.” Rispose. Era il meglio che
potesse fare, date le circostanze.
“Beh, continuate allora,” disse, i piedi che facevano dietro-front e si avviavano
verso la porta. “Anche se.. se posso dare un
consiglio, a meno che non siano i denti che state cercando, forse dovreste
guardare altrove che nelle rispettive bocche.”
La porta si chiuse dietro
Sirius, e Remus batté le palpebre un paio di volte, quindi si passò una mano
sul volto. Non ebbe certo l’effetto di alleviare la sbornia, anche se
l’apparizione di Sirius un po’ l’aveva avuto.
“Ed
il premio per il miglior tempismo del mondo va…” disse Tonks, prima di
scoppiare a ridere.
“Proprio,”
concordò Remus. Indicò il resto della cucina.
“Che
ne dici di...” Tonks annuì.
Sgattaiolò fuori
da sotto la tavola, e quando lei lo seguì, tenendo stretta la bottiglia,
lui le offrì una mano per alzarsi. La tirò in piedi ed entrambi oscillarono lievemente. Lui si appoggiò alla tavola per
mantenere l’equilibrio, e lei afferrò lo schienale di una delle sedie
ondeggiando appena.
Remus non aveva la minima
idea di cosa avrebbe dovuto dire o fare ora – guardò Tonks in cerca di qualche
indizio, ma lei stava semplicemente sorridendo, e non riusciva a capire se
fosse un sorriso timido o brillo. Pensò
che la sua espressione non dovesse essere tanto diversa.
Minuti trascorsi in silenzio imbarazzato: tre e tre quarti.
Lei mani fremevano
per avere qualcosa da fare, ed il suo cervello era invaso da mille pensieri e
nessuno in particolare, come una trottola impazzita. Si chiese come fosse
possibile che, quando solo pochi minuti prima era
disteso sul pavimento sopra la donna che ora aveva di fronte, ora non riuscisse
a pensare ad una sola parola da dirle, di come potesse sentirsi così
imbarazzato.
A meno che, naturalmente, non fosse il fatto che si trovava
sopra di lei fosse ciò che gli causava tanti problemi. Pensò che probabilmente era quello.
“Allora,”
disse lei.
“Allora...” fece lui.
Minuti trascorsi in silenzio ancora più imbarazzato:due e qualcosa.
“Bene,”
disse Tonks, “Penso che probabilmente sia meglio che vada a casa.”
“Sì,”
concordò Remus, sollevato del fatto che avesse finalmente detto qualcosa. “Ed
io devo andare di sopra, così Sirius può uccidermi per aver molestato sua
cugina.”
“Buonanotte allora,” mormorò Tonks, voltandosi. Appoggiò la bottiglia sulla
tavola, giocherellando per un momento con l’etichetta.
“Ok,” disse Remus, “Io... ehm.. ti accompagno fuori.”
Si avviarono in silenzio alla
porta d’ingresso, ed uscirono in strada.
Minuti trascorsi palpabile, snervante in silenzio:uno e mezzo.
Tonks alzò il colletto della
giacca e si massaggiò le braccia. Lui pensò che probabilmente stava aspettando che dicesse qualcosa, o magari che facesse
qualcosa, sebbene non avesse la più pallida idea di cosa.
Dita dei piedi che si dimenano imbarazzate:
dieci.
Si chiese se dovesse baciarla
di nuovo, se era questo che voleva, ma alla fine era passato troppo tempo, e la
tensione che si era creata era talmente palpabile che
la distanza fra di loro sembrava insormontabile.
Minuti trascorsi a desiderare una morte improvvisa: due.
Tonks sospirò ed alzò gli
occhi al cielo.
“Senti,”
disse, “Sono generalmente una fan dei silenzi imbarazzati, ma questo è
ridicolo. Se aspetto abbastanza hai intenzione di dire qualcosa o me ne posso andare a casa?”
Remus emise un leggero sbuffo
divertito. Era davvero una compagnia incisiva.
“Volevo dire qualcosa.”
Spiegò. “Ma non sapevo cosa. Sono aperto ai
suggerimenti.”
Lei rise, cosa che gli sembrò
un progresso.
“Potevi dire
che ti eri divertito,”
“Credevo che fosse evidente,”
“Beh, sì,”
mormorò, guardando il cielo. “Certe volte alle persone piace sentire cose che
tu pensi siano evidenti.”
Le labbra
di lui si contrassero in divertito imbarazzo, e lei incrociò il suo
sguardo, ondeggiando leggermente sul posto. Remus si domandò cosa avesse da perdere
e quindi inspirò profondamente prima di buttarsi.
“Quando saremo entrambi un
po’ più sobri,” iniziò, “Se ti chiedessi di uscire,
pensi che mi diresti di sì?”
“Probabilmente,” rispose, offrendogli un sorriso malizioso. “Avrei pensato
che fosse evidente.”
Lui sorrise e lei gli toccò leggermente la spalla. Lui fece un passo indietro per
restare in piedi e lei lo osservò per un minuto. Quindi
sorrise timidamente e scrollò le spalle.
“Beh, buonanotte Remus,” disse, e si voltò.
“Buonanotte,”
rispose lui, non sapendo nemmeno se avesse sentito prima di Smaterializzarsi.
Rimase per un momento a
fissare il punto in cui prima stava lei, poi tornò in cucina, dove quello che
rimaneva della tequila ammiccava verso di lui dalla tavola, e arrancò fino al
lavandino, versandosi un bicchiere d’acqua.
“Non capisco cosa ci sia da
ridere,” mormorò rivolto alla bottiglia. “E’ tutta
colpa tua.”
Si arrampicò su per le scale
fino alla sua stanza, sorridendo come un idiota e rovesciando la maggior parte
dell’acqua. Stava per aprire la porta quando la voce
di Sirius lo raggiunse da lontano.
“Sei da solo, Moony?”
Remus alzò gli occhi al cielo mentre Sirius schiamazzava istericamente.
“Mi hai davvero sorpreso,” ridacchiò.
Beh, allora siamo in due,
pensò Remus, e scivolò nella sua stanza, sentendo la voce di Sirius da qualche
parte chiamarlo vecchio cane scaltro.
Beh?? Avevo ragione nel dire che non ci sarebbe stato verso di farmi ascoltare ora??
Nonna Minerva