" «-Signore sono passati tre mesi! Perché dovrebbero provare a fare irruzione qui con la possibilità di farsi catturare?» - Una parte di lui si era affidata alla retorica di quella stessa domanda per riuscire a dormire la notte, quando nella sua mente si affacciavano le due immagini che lo scaraventavano tra gli incubi più neri: quella di un uomo che era riuscito a fargli chiedere pietà solo guardandolo e quella di una ragazza che traboccava potere anche legata ad una sedia a rotelle.
Alcune volte, preda dell’ebbrezza alcolica, la domanda aveva quasi senso: lui era un militare, circondato da altri militari, con un intero carcere difensivo come quartier generale…perché avrebbero dovuto rischiare?
Ma alla fine la risposta arrivava sempre, per quanto odiata e terrorizzante. Per vendetta, rivincita o per il semplice gusto di farlo. "
[Storia partecipante al “Red Wedding —o di matrimoni deviati” contest indetto da Bellatrix_Indomita sul Forum di EFP]

| storia partecipante alla sfida "a box full of prompts" indetta sul gruppo facebook "Efp famiglia: recensioni, consigli e discussioni" |
"Harley si sentì precipitare in quelle iridi nere come la pece, così diverse da quelle del suo Puddin’. Erano accoglienti, quegli occhi, in un certo qual modo l’attiravano a sé. E la consolavano."

Iron Man era morto.
Non la sua parte più debole, immorale e fastidiosa, perché Stark c'era ancora, almeno come involucro fisico del genio dissoluto che aveva monopolizzato la tecnologia degli ultimi decenni; ma l'eroe che aveva protetto le persone, ed era davvero riuscito a convincere se stesso della propria utilità, era caduto, sconfitto dalla sua stessa impotenza.
Non sono stati i suoi compagni a fare irruzione nella cella dov'era prigioniero e gli è bastato un respiro per sapere che non doveva aspettarsi salvezza ma solo un altro tipo di tormenti.
Mentre fissa il ghigno trionfante del più pericoloso nemico degli Avengers, Tony si chiede se la cosa gli importi davvero.

«Non giocare con me, Stark.» Gli disse sibilino, alitandogli sul viso e muovendo quelle labbra, quelle dannate labbra che gli avevano tormentato il sonno e di notte gli sussurravano parole e glielo facevano venire duro.

«Ti dico quello che sto per fare, asgardiano.» Sorrise Tony, enfatizzando l’appellativo come era solito fare. «Ho intenzione di entrarti dentro e di tenerti inchiodato qui fino a farti piangere.»