Molti vorrebbero essere 'isole', persone autosufficienti, che non hanno bisogno di niente e nessuno, persone di cui nessuno si deve preoccupare.. Jess voleva questo e pensava di aver raggiunto tale obbiettivo ma..
..ma Francesca con un solo sguardo ha mostrato a Jess quanto si sbagliasse e quanto anche lei avesse bisogno di qualcuno... e, forse, sarà proprio Francesca questo qualcuno..
Entrate, Leggete e se vi va, Recensite..

Antagoniste, amiche, rivali, colleghe, amanti.
Una storia (inventata?) sul rapporto fra Taylor Schilling e Laura Prepon, sul set, nella vita.

E' un semplice venerdì sera quando in un bar Nick, studentessa italiana trasferitasi a Parigi per studiare Filosofia alla Sorbona, incontra Gabrielle.
Tra le due ragazze scatta un'incontenibile attrazione che si trasformerà nel corso della storia in pura passione.
Ed è proprio tra passione, romanticismo e filosofia, nella bellissima Parigi, che si delinea il quadro di questo amore spesso contrastato.
DALLA STORIA :
< E cosa ti ha spinto, invece, a voler trascorrere il tuo primo venerdì parigino con una perfetta sconosciuta seduta ad un bar? > Chiese ancora.
< Questa domanda è semplice > Affermai sicura di me giocherellando con una sigaretta. In quel bar si poteva fumare e questa cosa mi piaceva e non poco. < Hai presente “Assenzio” di Degas? > Chiesi e lei annuì guardandomi intensamente. < Il tuo sguardo era proprio come quello di quella donna. Sei ipnotica, Gabrielle non potevo far a meno di non avvicinarmi a te. Ovviamente tu non bevi assenzio ma tequila e sei senza ombra di dubbio molto più bella della donna dipinta da Degas > Conclusi aspirando dalla mia sigaretta.

Anita è una ventenne che crede di avere in pugno la sua vita. Studia all'università, ha tante certezze e pochi dubbi. Il suo mondo, tuttavia, inizia a tremare pericolosamente quando ad incrociare il suo cammino è una donna forte, avvenente, con cui dovrà per forza avere a che fare.
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«Hai capito perché, tra tutte, ho scelto proprio te?» sussurrò al mio orecchio, dopo avermi spostato i lunghi capelli castano scuro su di un lato del collo.
Con un filo sottilissimo di fiato riuscii a risponderle: «Me lo dica lei, professoressa». Insistetti con la formalità perché concederle il tu avrebbe reso tutto tremendamente reale, più di quanto già non lo fosse. Rabbrividii, poi, per il modo in cui le sue labbra sfiorarono inaspettatamente la pelle sensibile, appena dietro l’orecchio sinistro. Ci soffiò sopra, la maledetta, prima di lasciarmi con lo spettro di un bacio.
«Ricordi la volta in cui i nostri occhi si sono incrociati, durante la nostra prima lezione? Certo che lo ricordi, Anita. Come potresti averlo dimenticato? Il modo in cui mi guardavi era unico, così diverso da quello di tutti gli altri».

La palla rimbalzò rumorosamente sul palchetto perfettamente lucidato della palestra della scuola.
La vidi. E con mio rammarico, capii che veniva presa al volo, con un'abilità sorprendente dalla mia acerrima nemica: Dylan.
Lei la fece rimbalzare con calma a terra, guardandosi intorno con concentrazione.
Stava studiando a chi passare la palla. Era l'ultimo punto, e avremo vinto il primo girone di qualifica.
I suoi occhi color del ghiaccio si posarono su di me: in un attimo la sua espressione si infuocò di odio e le sue labbra si piegarono in un sorrisetto strafottente che sembrava voler dire "non te la passerò neanche morta".
Si, facevamo parte della stessa squadra, ma tutti sapevano che non potevamo sopportarci. Perfino il nostro coach era consapevole del fatto che era meglio evitare di mettersi in mezzo.
Non aveva scampo, era circondata. Tra me e me mi venne da ridere divertita dalla situazione, vedendola alle strette, le possibilità erano due: avrebbe ceduto a passarmi quella fottutissima palla o avrebbe continuato a fare la stronza e ci avrebbe fatto perdere?

6:31 a.m., Lunedì.
Suona la sveglia. Perché alle 6:31? Perché noi non ci svegliamo mai con i numeri pari. Perché? Non lo so nemmeno io. Chiedete a lei. Io mi accontento di dire che noi siamo alternative.
Mi giro e la guardo, in questo momento vorrebbe prendere la sveglia a martellate. È girata di schiena, mi avvicino e la circondo con le braccia. Le dò un bacio sul collo.
"Buongiorno amore mio... su, è lunedì, lavoro...", le sussurro dolcemente.
"Buongiorno piccola mia... non ancora... letto un pochino...", mugugna, ancora insonnolita.