Il mio nome è Samantha Finnigan. Sono nata e cresciuta a Rossville, una cittadina con poco più di mille abitanti nell'Illinois, Stati Uniti.
Sto per compiere ottanta anni.
Ho vissuto una vita meravigliosa, ho avuto un marito affettuoso e tre fantastici bambini.
Ma non è di questo che sto per scrivere. Sono convinta che alla gente piacerebbe leggere di una grande storia d'amore, con un bel lieto fine, ma purtroppo io e i lieti fine non siamo mai andati d'accordo.
Ciò che state per leggere, perchè se adesso avete queste righe sotto gli occhi, presumo lo stiate per fare, non ne ha neanche l'ombra, o, per meglio dire, dipende dai punti di vista.
Voglio raccontarvi di un periodo particolare della mia vita, di molti anni fa, cinquantacinque per l'esattezza. Per me è come fosse ieri, forse perchè non ho mai dimenticato quello che successe. Impossibile farlo.

Questa storia si propone umilmente di riportare in forma di parodia tutti gli strafalcioni presenti in numerose fanfiction dedicate a Justin Bieber e agli One Direction... Se volete farvi due risate, siete nel posto giusto al momento giusto.
"Ciao, io sono Rebbeccah e ho pochi anni. Vivo in Italia ma il mio sogno era sempre stato di allevare maiali a Niu Iork, così un giorno decidendo di teletrasportarmi direttamente lì. Adesso vivo a Niu Iork in una villa con piscina che ebbi pagato raccogliendo le foglie secche per strada.
Allora: ho i capelli Gialloverdi, occhi del color arco – baleno, una faccia bellissima, un didietro che MAMMA MIA SAPESTE! e tutti i ragazzi mi vengono dietro, ma io penso solo a Justin, che è il mio idolo perché essendo buono e bello gentile ma soprattutto è il maggior catalizzatore mondiale del popolo delle bimbeminchia e Dio ce ne scampi."

"Non credevo di poter mai arrivare fino a questo, l'ho fatta veramente grossa. Sto perdendo tutto piano piano e ho molta paura. Non riesco ad immaginarmi la mia vita senza fans, senza l'amore e la fiducia di mia mamma, ma soprattutto non riesco ad immaginare la mia vita senza lei." Dico al dottore mentre prende nota su un taccuino.
"Justin è tutto nelle tue mani. Sta a te affrontare la situazione per andare avanti."
"Lo so, devo uscire da questa stupida riabilitazione e riprendere in mano la mia vita." Mi scende una lacrima sul viso. L'asciugo velocemente senza farmi vedere dal medico. Da oggi comincia la mia nuova vita. Niente più lacrime, dolore, droga, alcool.. Niente più cazzate.

Milano, Italia. Alice, diciassettenne come tante altre, in cerca del principe azzurro e di ricostruirsi una vita nella sua nuova scuola. Lorenzo, suo vicino e ora anche suo compagno di classe; incomprensibilmente odioso, estremamente attraente. Le loro vite avrebbero potuto scorrere parallele, non fosse stato per l'attrazione innegabile tra di loro, per un patto scellerato.
(Introduzione by Bea (Panna_))
Dal prologo: "Ti odio. Sì, proprio così, ti odio. Il mio cuore potrà pensarla diversamente, ma il mio cervello riesce ancora a ragionare in maniera lucida…più o meno.
Non sto capendo un cavolo della lezione -sulla mia materia preferita tra l’altro- per colpa tua.
Ti sto fissando da mezz’ora, forse anche di più, eppure tu sembri immerso in un mondo completamente tuo e non te ne accorgi…o meglio, fingi di non accorgertene.
Mentre ti passi una mano fra i capelli per spettinarli, mi viene spontanea una domanda; chi ti credi di essere? Chi sei tu per farmi stare così male?"

Ebbene, partiamo dal principio.
Un bambino italiano nasce con un marchio, un trio di parole che gli verrà ripetuto a vita se solo s’avvicina a Ventimiglia: pizza, spaghetti e mandolino.
Ecco, sull’ultima vorrei spendere qualche riga.

- Allontanati da me!
- Allora non avvicinarti tu.
Sussurro io, beffardo, quando la vedo fare un passo in avanti per superarmi o comunque, convincermi a spostarmi.
- Voglio andarmene!
- Non mi importa.
E tu rimani immobile, tesa, senza parole.
Il silenzio scende su di noi, avvolgendoci entrambi nella sua presa gentile.
E poi, dopo qualche minuto, divertito e provacatorio mi lascio cadere sui cuscini, senza staccarti gli occhi di dosso.
- Danza per me, Mezzosangue.
E tu sgrani gli occhi.
 Mi guardi, allucinata, tremi d'indignazione, indietreggi...
Finchè confusa e preoccupata non mi ricominci a sputare addosso il tuo rancore.
- Tu sei malato, Malfoy!
Per tutta risposta lascio ricadere la mia testa all'indietro, prendendo a ridere sinceramente divertito... sotto il tuo sguardo esterefatto.
Poi però... quando riporto la mia attenzione su di te, ti guardo negli occhi,
 deciso, implacabile, determinato... serissimo.
- Se lo fossi allora non sarebbe intelligente, da parte tua, sfidarmi, non credi?
Serio e tuttavia provocatore.
Tu rimani in silenzio per un istante, schiacciata dal peso del grigio intimidatorio dei miei occhi. 
Non mi scapperai, Mezzosangue.
Non stasera.