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Lista capitoli: Capitolo 1: *** Matrimonio in vista! Ansia da cerimonia o incubi premonitori? *** Capitolo 2: *** Il grande giorno! Sopravvivrò all’ansia abbastanza a lungo da dire sì? *** Capitolo 3: *** La maledizione del sogno! Ti sposo o ti... *** Capitolo 4: *** [BIVIO] Voci dall'ombra! Il nostro oscuro piano è solo all'inizio? *** Capitolo 5: *** [BIVIO] Una spia solitaria! Possiamo fermare l'oscuro piano delle streghe? *** Capitolo 6: *** L'ora del rapporto! Ma neanche una buona notizia? *** Capitolo 7: *** Una prigione immeritata! Non c'è proprio modo di stare in silenzio? *** Capitolo 8: *** [BIVIO] Voci dal nulla! Nessuno ha una buona pastiglia contro il mal di testa? *** Capitolo 9: *** [BIVIO] Ritorno a casa! Facciamo un giro da incubo nella serra? *** Capitolo 10: *** Il nostro oscuro piano continua! Forse è finalmente giunto l'Adamo che abbiamo a lungo cercato? *** Capitolo 11: *** Totale disobbedienza agli ordini! Si può essere traditi dal proprio stesso sangue? *** Capitolo 12: *** [BIVIO] Orgoglio e rimorso! Siamo autorizzati a scivolare sempre più verso la schizofrenia? *** Capitolo 13: *** [BIVIO] Una voce tonante che rimbomba nel deserto! Che cosa sta nascendo all’interno della mia anima? *** Capitolo 14: *** Il risveglio completo dello Stregone Oscuro! Infrangere le leggi della natura ha un prezzo molto più alto di quello che avevamo preventivato? *** Capitolo 15: *** L’intuizione geniale di Death the Kid! Liberiamo i nostri istinti più selvaggi e distruttivi? *** Capitolo 16: *** Gli occhi dei due promessi sposi! Vieni con me? *** Capitolo 17: *** [BIVIO] Nemico pubblico numero uno! Cosa dobbiamo fare con i nostri allievi scomparsi? *** Capitolo 18: *** [BIVIO] Una volta per tutte! Rinunciamo al nostro presente in cambio di un glorioso futuro? *** Capitolo 19: *** [BIVIO] In bilico fra due versioni di sé! L'odio può amare? *** Capitolo 20: *** Ritorno al luogo proibito! In quanto tempo si può decidere il colore della propria anima? *** Capitolo 21: *** [BIVIO] Alla ricerca della normalità perduta! Riuscirò a vivere in quello che per anni è stato il mio peggiore incubo? *** Capitolo 22: *** [BIVIO] Sorvegliato speciale ventiquattro ore su ventiquattro! Quanto è difficile mantenere il controllo dei propri desideri? *** Capitolo 23: *** [BIVIO] Non abbassare mai la guardia! Cosa posso fare per proteggerli senza essere il terzo incomodo? *** Capitolo 24: *** L’ultima cosa che avrei voluto vedere! Una giornata di ordinaria follia? *** Capitolo 25: *** [BIVIO] Un richiamo irresistibile! Ora posso davvero essere onnipotente? *** Capitolo 26: *** [BIVIO] Faccia a faccia con il passato! Sono davvero cresciuta come credo? *** Capitolo 27: *** [BIVIO] Un fatale attimo di distrazione! Che cosa ho davvero fatto fino a questo momento? *** Capitolo 28: *** Una decisione senza ritorno! Inferno o paradiso? *** Capitolo 29: *** [BIVIO] Ritorno a Death City! Anche se nessuno mi crederà mai, posso ritornare sui miei passi? *** Capitolo 30: *** [BIVIO] Ricominciare dal principio! Riusciremo a riadattarci a un mondo che non si fida più di noi? *** Capitolo 31: *** [BIVIO] Amicizia e sospetto! Cosa possiamo fare per salvare il salvabile? *** Capitolo 32: *** [BIVIO] Tutto ciò che è rimasto in sospeso! Piani basati su qualcosa che non esiste? *** Capitolo 33: *** [BIVIO] Un canestro contro ogni problema! Amici come prima? *** Capitolo 34: *** [BIVIO] Una condanna senza speranza! Come puoi perdonarmi dopo quello che ti ho fatto? *** Capitolo 35: *** [BIVIO] Una triste missione! Questa maledizione non può smettere di farci soffrire? *** Capitolo 36: *** [BIVIO] Il momento dei saluti! E se invece fosse stato già tutto previsto? *** Capitolo 37: *** [BIVIO] Traviando il controllore! Riuscirò a trascinarvi con me nell’incubo più oscuro mai ideato da essere vivente? *** Capitolo 38: *** [BIVIO] Va tutto bene! Nulla può rompere la nostra tranquillità, vero? *** Capitolo 39: *** [BIVIO] Aspettando il mio futuro compagno! È il primo segno di malvagità quel guizzo che vedo nei tuoi occhi? *** Capitolo 40: *** [BIVIO] Il risveglio di un sentimento perduto! C’è qualcosa di diverso intorno a me o dentro di me? *** Capitolo 41: *** [BIVIO] Mostrami cosa vuol dire essere davvero malvagi! Conversione inevitabile e consapevole verso l’Oscurità? *** Capitolo 42: *** [BIVIO] Una delusione quasi inspiegabile! Perché devo essere sempre così dolce? *** Capitolo 43: *** [BIVIO] Guide nell’ombra! Un piccolo segno di malvagità in chi è sempre stato perfetto? *** Capitolo 44: *** [BIVIO] La violenta esplosione della strega! Meglio un pizzico di follia della debolezza? *** Capitolo 45: *** [BIVIO] La fine del mondo! Cosa succede quando non c’è più nulla? *** Capitolo 46: *** La terza scelta! Ho cercato per tutto il tempo la risposta alla domanda sbagliata? *** Capitolo 47: *** Realizzando l’impossibile! Il silenzio calerà quando l’ordine sarà posto? *** Capitolo 48: *** [BIVIO] Tornando a casa! Si può trasformare una maledizione in una salvezza? *** Capitolo 49: *** [BIVIO] Tutto ciò che era in mio potere! Di che colore è la mia anima? *** Capitolo 50: *** [BIVIO] Fine della battaglia! Potrai perdonare se ho anteposto l’amicizia all’amore? *** Capitolo 51: *** Finalmente sposi! Quale futuro ci attende? *** Capitolo 52: *** L’ultima occasione per salutarsi! Quanti segreti si nascondono ancora? ***
Capitolo 1 *** Matrimonio in vista! Ansia da cerimonia o incubi premonitori? ***
Richiamo
di sangue
Matrimonio in vista! Ansia da cerimonia o incubi premonitori?
È
tutto pronto, è il grande momento. Lucy è davanti a lui, meravigliosa nel suo bianco
abito da sposa.
Lui
è talmente emozionato che sì e no ricorda il suo nome.
Lord
Shinigami continua imperterrito nella sua cerimonia, ma a malapena lo sta
ascoltando.
Tuttavia,
quando la terra inizia a tremare, persino lui è costretto a tornare alla
realtà.
Lucy
solleva l’abito da sposa e corre verso l’ingresso trafelata, dietro di lei
Kevin e tutti gli altri.
Lui
li segue e alza lo sguardo verso il cielo, viola e rosso, di una tinta
assolutamente innaturale.
Lassù
una decina di streghe volano sopra le loro teste ridendo sguaiatamente.
Lucy
si stringe a lui, chiedendogli cosa succede e una frase gli esce spontanea
dalle labbra, una risposta che ha ripetuto mille e mille volte e che sa che
ripeterà ancora e ancora, come una maledizione.
«
Questo è l’inizio di un nuovo mondo… »
Simon si
mise a sedere sul letto di scatto. Di nuovo quell’incubo, sempre lo stesso, da
mesi ormai. Si passò le mani fra i biondi capelli madidi di sudore.
« Solo un sogno, è solo un maledetto incubo, niente di più… »
Sì, quel
pensiero sembrava ridargli pace. Se solo avesse potuto vedere i suoi occhi che
da dorati tornavano del loro azzurro naturale avrebbe capito che stava
inconsapevolmente mentendo a se stesso.
A
posteriori, un vero peccato.
Lucy aprì
gli occhi lentamente, svegliata dal solito rumore di una sveglia che si andava
a infrangere sul selciato davanti a casa. Un applauso le annunciò che Kevin
aveva appena battuto il suo record personale di lancio mattutino della sveglia.
Tutto nella norma, insomma.
La
ragazza si stiracchiò e andò a prepararsi, per poi scendere a cucinare la
colazione. Sapeva che nel frattempo Kevin era già partito per il suo quotidiano
giro di corsa e che Simon stava decidendo se uscire o meno dal letto. Tutto
perfettamente e squisitamente normale, come da tre anni a quella parte, del
resto.
La
ragazza si legò un grembiule in vita e iniziò a preparare il caffè. Con un
gesto abitudinario fece per spostarsi la treccia di capelli neri, ma si fermò.
Doveva ancora abituarsi alla nuova pettinatura a caschetto che era stata
costretta ad adottare dopo l’ultimo scontro con un kishin
che le aveva bruciato i capelli. Kevin l’aveva sgridata per un bel po’ quando
si era messa a piangere. “È solo colpa
tua”, le aveva detto, “se volevi
evitare il colpo non potevi trasformarti in polvere sonnifera
come fai sempre?”.
Oh, Kevin
non era cattivo, era solo molto, molto lunatico nel suo modo di fare. Un attimo
dopo infatti l’aveva consolata. Lucy aveva quella treccia da quando più di tre
anni prima aveva lasciato il suo villaggio per venire alla Shibusen
e ci era affezionata.
Lucy mise
la caffettiera sul fuoco e buttò un occhio al calendario. Quel giorno sarebbe
venuto a trovarla suo nonno James. Era da un po’ che non lo vedeva, ora che
finalmente era riuscito a farsi accettare dal resto della comunità. Certo, il
fatto di essere un ex Kishin non l’aveva aiutato a
farsi amicizie, all’inizio, ma quando con calma si spiegava che non era stata
una sua scelta, ma che il suo vecchio maestro d’armi l’aveva drogato con una
follia artificiale di sua invenzione e che ormai gli effetti si erano conclusi,
di solito James veniva lasciato in pace. Ormai era una persona come tutte le
altre, a parte i segni indelebili della sua brutta esperienza che si sarebbe
trascinato dietro per tutta la vita: il rimorso di aver sterminato tutto il suo
Clan e quell’anima rosso sangue che non era riuscito a sbiadire nemmeno con
l’aiuto di Stain. L’ultimo particolare però lo poteva notare solo Maka con il
suo sguardo speciale. La ragazza non si stancava mai di ripetere che
difficilmente si sarebbe abituata a quell’anima rossa con solo una piccola
parte azzurra, esattamente l’opposto di quella Lucy, ma di certo non era colpa
di nessuno quel piccolo incidente accaduto tre anni prima a causa del quale si
erano scambiati un pezzo di anima. Oh, nessun problema per entrambi, avevano
solo acquisito la strana capacità di sentire l’uno i sentimenti dell’altro e di
individuarne la posizione, cosa che James utilizzava spesso per tenere sotto
controllo la nipotina. Lucy a volte gli diceva scherzosamente che non era il
caso, che ormai era maggiorenne, ma come poteva dirgli davvero qualcosa, quando
sapeva bene di essere ormai l’unico legame di quell’uomo con il loro antico
Clan, i Majikkodasuto, l’unica famiglia di armi in
grado di trasformarsi in polvere? Anche se lei sapeva fare molto di più.
Le ci era
voluto molto tempo e molto esercizio per imparare a utilizzare al meglio tutte
le sue trasformazioni: la falce, il boomerang, il fioretto, l’arco e quella
elegante polvere d’argento che addormentava le persone. In quel periodo era
stato Simon, il suo maestro d’armi, a starle vicina e a incoraggiarla. Poi
avevano incontrato Kevin, un altro sopravvissuto di quel Clan, che però, oltre
che in un disco dai bordi affilati, si trasformava in una nuvola di polvere
color cremisi in grado di uccidere; proprio per questa sua capacità da piccolo
era stato adottato da un kishin che lo aveva
costretto ad avvelenare interi villaggi cosicché potesse nutrirsi delle loro
anime. Quando Lucy e Simon l’avevano incontrato, dopo un iniziale e inevitabile
scontro, l’avevano invitato ad unirsi alla loro squadra e da allora erano stati
un trio indivisibile… ma quanto aveva dovuto faticare
Simon per cercare di far aprire un po’ quel ragazzo allo stesso tempo così
razionale e così passionale!
In quel
momento un rumore annunciò alla ragazza che Simon si era deciso ad uscire dalla
camera e ad andare in bagno. Sorrise mentre metteva a tostare il pane.
Simon era
rimasto sempre lo stesso in tutti quegli anni. Era sempre più interessato alla
musica e al suo amato violino più che allo studio, e solo grazie a Lucy, a
Kevin e a Soul era riuscito ad evitare la quarta bocciatura. Non che non fosse
intelligente, al contrario, il problema era proprio solo trovare la voglia di
mettersi sui libri. Perché Simon, in realtà, alla Shibusen
non avrebbe proprio voluto venire. Il suo sogno era entrare al conservatorio,
ma la famiglia lo obbligò a intraprendere la carriera del maestro d’armi. Già,
la famiglia di Simon era “leggermente ingombrante”, come la definiva Lucy
quando il ragazzo minacciava di tagliare i ponti con tutti i famigliari. Non
era facile portare il cognome Onpu e Simon odiava più
di ogni altra cosa l’idea di essere un duca e avere per questo un trattamento
diverso dagli altri. C’era voluto diverso tempo perché confessasse anche ai
compagni di essere nobile di nascita e superasse l’imbarazzo di quella
situazione. Simon aveva sempre voluto essere semplicemente come tutti gli
altri. Ma a impedirglielo, oltre al padre (un uomo dai rigidi principi che si
chiedeva continuamente perché il suo primogenito non avesse la sua stessa forza
di carattere e la passione necessaria per portare avanti gli affari di famiglia,
caratteristiche ereditate tutte, insieme al “dolce caratterino paterno” da sua
sorella Rachel), ci si era messo anche il destino, perché aveva ereditato da
sua zia il potere di Veggenza, quella capacità di vedere il futuro che si
manifestava quando i suoi occhi diventavano color oro, solitamente suonando il
violino, ma a volte anche senza fare assolutamente nulla.
Il rumore
della porta che sbatteva annunciò alla ragazza che Kevin era rientrato.
«Tanto è
inutile, la risposta è sempre no!»
Una voce
femminile attutita dalla porta gli ripose: «E dai, Kevin…»
«Ho detto
di no, Liz!»
Lucy
sospirò. Liz e Kevin stavano insieme da tre anni, ma a differenza di lei e
Simon, il loro rapporto era sempre stato altalenante, con frequenti litigi e
discussioni. Non che non si volessero bene, al contrario, il problema era
l’ingombrante presenza di due figure a cui Liz non voleva né poteva rinunciare:
Death the Kid e sua sorella Patty.
«Non ho
intenzione di fare una figuraccia!»
Liz
sospirò: «Ma perché? Patty è brava a cucire, ti farebbe un bel vestito e ci
tiene tanto…»
Kevin
divenne ancora più rosso dei suoi capelli dal nervoso: «PERCHÉ TUA SORELLA HA
IL VIZIO DI FARE TUTTO GIALLO E IO NON HO INTENZIONE DI FARE DA TESTIMONE AL MATRIMONIO DEI MIEI MIGLIORI AMICI
VESTITO COME IL PULCINO PIO!!! PER DI PIÙ SIMMETRICO,
VISTO CHE SICURAMENTE CI SI METTERÀ DI MEZZO ANCHE KID!»
«NON
PERMETTERTI DI ALZARE LA VOCE CON ME, KEVIN AKAI! E
LASCIA FUORI PERSONE CHE NON C’ENTRANO NIENTE, LA VERITÀ È CHE TU VUOI
LASCIARMI FUORI DALLA TUA VITA!»
«NON TU,
QUEI DUE PAZZI FISSATI L’UNA CON IL GIALLO E LE GIRAFFE, L’ALTRO CON LA
SIMMETRIA CON CUI FAI SQUADRA!»
«NON
PARLARE MALE DI MIA SORELLA!»
Lucy
ridacchiò e Simon si unì a lei scendendo dalle scale.
«Sono
ancora lì a discutere del vestito per il nostro matrimonio?»
«A quanto
pare…»
E sì, la
loro normalità in realtà era abbastanza stravolta dalla preparazione della
cerimonia. E nonostante ora ridessero delle discussioni di Kevin e Liz, anche
loro avevano dovuto discutere e non poco con la famiglia di Simon per far
accettare l’idea di un matrimonio con una persona che di nobile non aveva
nulla, se non il carattere. Il padre di Simon si era opposto in ogni modo, ma
alla fine, quando si era ritrovato tutto il resto della famiglia contro, si era
limitato a commentare che era troppo presto, che la sposa era appena
diciottenne e se anche Simon aveva tre anni più di lei, erano troppo giovani
per prendere una decisione così importante. Ma loro erano convinti e tutti gli
amici si erano impegnati al massimo per rendere il matrimonio indimenticabile.
Kevin si
sedette al tavolo sbuffando: «Oh, uffa! Ma vi sembra normale che quella là
venga a inseguirti mentre stai tranquillamente facendo jogging con Black Star…»
Simon lo
guardò perplesso: «”Tranquillamente”
e “Black Star”
in un’unica frase già stonano…»
Il
ragazzo rise: «D’accordo, svegliando mezzo vicinato con le sue urla esagitate,
siamo sinceri.»
Simon
annuì: «Ecco, così va meglio.»
Lucy
arrivò con il caffè: «Su, su, calmati e vedi di fare colazione! Per quanto mi
riguarda, puoi venire anche con la tuta che indossi.»
Il
violinista fece una smorfia: «Magari proprio con questa no, visto che ci hai
corso fino ad ora e sarà tutta sudata…»
Kevin gli
fece una linguaccia e ridendo iniziò a fare colazione.
Lucy si
accomodò: «Però devo dirti che questi allenamenti mattutini ti stanno facendo
bene, sei decisamente meno gracilino che un po’ di tempo fa…»
«Semplicemente
mi sto impegnando per cercare di dimostrare tutti i miei diciotto anni e non solo
tredici o quattordici, come mi dicono tutti …»
Simon
sorrise guardando con la coda dell’occhio una loro vecchia foto. In effetti
rispetto ad allora Kevin era decisamente più muscoloso e i capelli rossi erano
molto più lunghi, gli arrivavano ormai fino quasi alle spalle, anche se i suoi
occhi color smeraldo erano sempre gli stessi; Lucy si presentava un po’ diversa
grazie alla nuova pettinatura, ma anche lei dimostrava sempre meno anni di
quelli che aveva (a dire di James, una caratteristica comune a tutti i Majikkodasuto). E lui? Simon era esattamente identico a
quella fotografia: stessa altezza, stessa pettinatura…
lui non era cambiato neanche un po’.
«Ah,
Simon, dopo potresti uscire?»
«Perché?»
«Perché
vengono il nonno, Maka e Tsubaki per le prove dell’abito da sposa e tu non puoi
vederlo!»
Simon
sbuffò: «Le solite superstizioni… vorrà dire che mi
porterò dietro il violino e andrò da Soul ad accordarmi per la musica della
cerimonia, così non mi sento del tutto inutile…»
Lucy
sospirò: «Simon, quante volte ti devo dire di smetterla di dire che sei
inutile? Non è affatto vero!»
Kevin
rispose distrattamente imburrando il pane: «Per me fino a quando non vi
ricovereranno entrambi in una casa di riposo…»
I futuri
sposini risposero in coro: «EHI!»
Kevin
sorrise: «Piuttosto, tu devi davvero spiegarmi come hai convinto Soul a
suonare! D’accordo che probabilmente ti esibirai anche tu e conoscendo Lucy non
mi stupirei se si mettesse a cantare come al solito…»
Simon lo
guardò di sottecchi divertito: «Come se non ti avessi sentito in camera tua
fare le prove con il flauto…»
Lucy fu
fulminata da un dubbio: «Ti prego, dimmi che non l’hai nascosto come al solito
nella manica della felpa anche mentre sei andato a fare jogging…»
«Non sono
così stupido! Se corro non ho mica il fiato per suonare!»
«Meno
male, altrimenti me lo ritrovavo nella lavatrice come l’ultima volta…»
Kevin si
alzò da tavola: «Oh, bè, se avete finito di
criticarmi, lascio la coppietta quasi sposata e vado a farmi una doccia e a
continuare quel libro…»
«Shakespeare?»
«Molière.»
«Sbagliato
di poco.»
«Oh, di
pochissimo, Simon, quasi come se avessi scambiato Beethoven con Verdi…»
Il
ragazzo sorrise e salì di sopra, mentre Simon prendeva la custodia del suo
amato violino. Lucy aveva perso le speranze di convincerlo a non portarsi sempre
dietro quel violino che sua zia aveva fatto incantare per renderlo
indistruttibile.
«Allora
io vado.»
«Ci
vediamo più tardi.»
«Ti amo.»
«Anch’io.»
E non
appena Simon chiuse la porta, Lucy corse in camera sua a prendere l’abito da
sposa.
«Che
stress tutti questi preparativi!»
Soul: Allora, come va?
Simon: Credo che siamo tutti e tre sull’orlo
di un esaurimento di nervi.
Soul: Bene... sinceramente, dopo aver visto
voi, credo che non mi sposerò mai.
Simon: Se Maka è d’accordo...
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 2° capitolo: Il grande giorno!
Sopravvivrò all’ansia abbastanza a lungo da dire sì?
Soul: Ma cosa dici? Io e Maka? Ma per favore,
non mi sposerei mai una come lei, non sarebbe per nulla fico!
Simon: ... disse il ragazzo che ci convive da
anni...
Soul: È solo per pagare meno l’affitto! Che
ne dici invece di dire stupidate se cominciamo a suonare?
Simon: Forse è meglio...
Buongiorno a tutti! Ebbene sì,
sono tornata! Ci ho messo un bel po’ per decidermi a pubblicarla, ma ora ci
sono. Che ci crediate o no, la trama è pronta da un pezzo, ma ho impiegato
tutto questo tempo... a scrivere questo capitolo! Mica facile riassumere 230
pagine e 30 capitoli in uno spazio accettabile e senza risultare noiosi...
spero solo di esserci riuscita! Vorrei che questa storia fosse comprensibile
anche da chi non ha letto precedentemente “Polvere Incantata”.
La maggior parte di voi,
immagino, sarà arrivata qui in fondo e si sarà chiesta dove sono i bivi. Ho deciso
di usarli in modo funzionale alla storia, quindi non ci saranno sempre. In alcuni
punti serviranno a mostrarvi la scena da punti di vista differenti; in altri vi
mostreranno avvenimenti che avvengono contemporaneamente; infine, da un certo
punto in poi, si dovranno fare delle scelte definitive, che cambieranno
sensibilmente la storia. L’idea vi può piacere? Spero di sì. Ho riletto due
volte il regolamento e non ho visto regole che vadano contro le storie a bivi,
ma se ci fossero problemi vi basterà segnalarmelo.
Un’ultima, piccola nota. Dovendo
scrivere a volte 2/3 capitoli alla volta, per potervi dare le scelte, i tempi
di aggiornamento potrebbero dilatarsi. Mi scuso già, ma è una conseguenza
inevitabile. E non arrabbiatevi se cliccherete sull’aggiornamento e non lo
troverete. Un quarto d’ora e ci sarà, mi servirà per avere il link del bivio.
Ok, dovrei aver finito con gli
avvisi. Spero che vogliate giocare con me e con questo esperimento. Mi raccomando,
commentate!
Capitolo 2 *** Il grande giorno! Sopravvivrò all’ansia abbastanza a lungo da dire sì? ***
Il grande giorno! Sopravvivrò all’ansia abbastanza a lungo da dire sì?
Simon
saltellava sul posto nervosamente, come faceva qualche volta prima di un
interrogazione. E anche stavolta la domanda venne.
«Nervoso?»
Il
ragazzo ridacchiò nervosamente: «Noooo, cosa te lo fa pensare, Kevin?»
«Su, su,
è un attimo! Basta dire sì!»
«Kevin,
non sono dal dentista perché mi devo far togliere un dente. Sono. Davanti.
All’altare. Del. Mio. Matrimonio.»
Il
ragazzo dai capelli rossi rise: «Lo vedo, è difficile non notare tutti quei
fiori. Solo che mi fai ridere, vestito così, in smoking...»
Simon
alzò gli occhi al cielo: «Parla l’uomo in frac...»
«Meglio
il frac che quello che mi voleva far indossare Patty, poco ma sicuro.»
I due
amici scoppiarono a ridere al pensiero di Kevin vestito completamente di
giallo.
Lo sposo
guardò il suo testimone: «Ma secondo te anche Lucy è così nervosa?»
«Nervosa?»
«Noooo, cosa te lo
fa pensare, Maka?»
Liz
rispose per entrambe: «Il fatto che non stai ferma un attimo e che non riesco a
finire di metterti l’ombretto, Lucy...»
La sposa
sospirò: «Scusa, Liz, ma... guardatemi!»
Liz,
Patty, Maka e Tsubaki la fissarono preoccupate, fino a che Lucy scoppiò: «Mi sto sposando!!!»
Tsubaki
cercò di calmarla: «Lo sappiamo.»
«Forse
allora sono io che non me ne rendo conto...»
Maka
sospirò: «Stai tranquilla. Andrà tutto benissimo: sei magnifica, l’amore della
tua vita è di là che ti attende con ansia e non sarà un piccolo imprevisto a
mandare tutto all’aria.»
Lucy era
sull’orlo di una crisi di nervi: «Ma non ho il bouquet! La fioraia stamattina
mi ha dato buca!»
Tsubaki
propose, con la sua aria tranquilla come sempre: «Possiamo prendere un po’ di
fiori dalla chiesa, lì ce ne sono tanti...»
«Oh
certo, così la famiglia di Simon mi etichetta definitivamente come una
stracciona di cui vergognarsi!»
Maka le
sorrise: «Simon non lo penserà mai e lo sai.»
Lucy si
lasciò cadere su una poltrona: «Voi non avete idea della fatica che ho fatto a
farmi accettare da suo padre... non voglio mandare tutto all’aria ora!»
Tsubaki
le sorrise: «Non può andare tutto all’aria per un mazzo di fiori!»
Liz
ritirò la sua trousse di trucchi, grossa come una cassetta per gli attrezzi:
«Scusate, avete visto Patty?»
La
ragazza appena nominata entrò dalla finestra: «Presente!»
La
sorella la guardò inorridita: «PATTY!!! SEI ANDATA A GIOCARE CON LA TERRA PRIMA
DEL MATRIMONIO???»
Patty
sorrise come solo lei poteva fare: «Sono andata a procurare il bouquet!»
La più
infantile delle sorelle Thompson porse a Lucy un piccolo mazzolino di fiori ancora
un po’ sporco di terra: «Per te.»
Lucy
l’abbracciò con le lacrime agli occhi: «È il bouquet più bello del mondo!»
Liz le
allontanò subito: «Lucy!!! Hai l’abito bianco, te lo sporchi! E non osare
piangere ora che ho finito di truccarti, eh?»
La sposa
sbuffò: «Che stress sposarsi! Ragazze, non fatelo mai!»
Le amiche
risero sinceramente.
Simon
sospirò alla vista della limousine. La parte più difficile arrivava ora.
La prima
a scendere dalla macchina fu una ragazzina di sedici anni bionda, con i capelli
riccioluti al vento che corse verso il fratello e lo abbracciò al volo.
Simon la
guardò sorpreso dallo strano comportamento della sua solitamente impassibile
sorella: «Rachel?»
Lei gli
rifilò un pugno sul braccio: «Non prenderci l’abitudine, mozzarella, è solo
perché oggi è un giorno speciale!»
Ah, ecco,
questa era sua sorella Rachel!
La
ragazza lo esaminò da testa a piedi con i suoi grandi occhi blu,
risistemandogli il fiore all’occhiello: «Sì, diciamo che sei accettabile, per
una volta sembri quasi il duca che
sei...»
Simon
fece una smorfia. Odiava quando gli ricordavano il suo titolo nobiliare.
Rachel
gli mise l’indice sul naso e lo guardò con tono accusatorio: «Lucy è una brava
ragazza e mi sta molto simpatica. Sono contenta che siate riusciti a convincere
papà a sposarvi. Perciò, tu, vedi di
non farla soffrire o te la vedrai con me. E tu sai quanto io possa essere
pericolosa...»
Simon
rise: «Lo so, lo so benissimo...»
Con la
coda dell’occhio la ragazza notò che il resto della famiglia si stava avvicinando:
«Bene, Simon, ho trattenuto papà più che potevo, ma ora tocca a te il confronto
finale. In bocca al lupo!»
«Crepi.»
Simon
fece appello a tutto il suo autocontrollo per non tremare di fronte al padre,
un uomo alto e robusto, con i capelli e i baffi biondi e un’aria sempre seria e
autoritaria, quel giorno vestito con un elegante completo bianco e una cravatta
rossa.
Il
ragazzo chinò la testa con rispetto: «Padre...»
Il duca
di Onpu non lo salutò nemmeno: «Dunque, sei deciso?»
«Sì,
padre.»
«Alla
sposa sono chiare le condizioni? Non potrà mai assumere il titolo di duchessa e
non avrà accesso al patrimonio di famiglia.»
Simon
accennò un mezzo sorriso: «Non ci sposiamo per i soldi né per la fama.»
L’uomo si
chinò leggermente per fissarlo dritto negli occhi, con quei suoi occhi scuri
come l’ebano: «Se lasciassi fare a me potresti avere entrambi. Sarebbe meglio
per te e per la famiglia.»
Per la
prima volta nella sua vita, il ragazzo sentì di avere il coraggio di sostenere
lo sguardo inquisitorio del padre e di rispondergli a tono: «Credo di essere
grande abbastanza da sapere cosa sia meglio per me.»
Per un
secondo rimase sorpreso dalle sue stesse parole. Stava affrontando suo padre! E lo stava facendo nel modo in cui
l’avrebbe fatto Lucy, con i pugni chiusi ma tremanti di paura, la voce ferma ma
il cuore che gli batteva all’impazzata. La miglior risposta e allo stesso tempo
la peggiore beffa per chi non approvava quel matrimonio.
Simon era
consapevole che con la sua influenza sarebbe bastata una sola parola di suo padre
per annullare tutto.
E invece
lo vide fare l’unica cosa che mai si sarebbe aspettato di vedergli fare.
Ridere. E
di gusto.
Simon lo
osservò incredulo, con gli occhi sbarrati e la bocca spalancata, per poi ricevere
una pacca sulla spalla che quasi lo stese.
«È una
vita, Simon, che sogno di vederti così determinato! Tu sei sempre stato un
debole, e questo non te l’ho mai perdonato. Ma se quella ragazza è in grado di
tirare fuori l’uomo che c’è in te, figliolo, non vedo l’ora che diventi mia
nuora!»
Simon non
rispose, non respirò nemmeno.
Suo padre approvava le sue nozze? E l’aveva
chiamato figliolo, come mai aveva fatto prima d’allora?
«Sono
fiero di te, Simon. Per la prima volta, sono davvero fiero di te.»
Il duca
di Onpu entrò in chiesa lasciando il figlio lì,
incredulo e immobile. Solo quando sua madre e sua zia si avvicinarono riprese a
respirare.
«Mio...
padre... mi...»
La madre
rise e lo abbracciò forte: «Perdonalo, è fatto così, voleva metterti alla prova.»
Simon
rimase allibito: «Ma...»
La zia,
con il suo tipico cappuccio sui capelli, ma per una volta tanto visibile in
viso, si avvicinò al suo nipotino preferito: «Ti dirò un segreto, Simon. Anche
i tuoi nonni erano contrari alle nozze fra il tuo papà e la tua mamma.»
«Eh??? Cosa dici, zia?»
La madre
annuì: «Dopotutto, né io né Helen siamo originarie di una famiglia nobile, lo
sai... ma tuo padre mi amava e mi volle sposare in barba a tutta la sua
famiglia, di nascosto. Per questo è fiero della tua scelta, per una volta si
rivede in te. E, rimanga fra noi, Lucy gli è piaciuta da subito.»
Simon si
staccò dalle braccia della mamma e declamò con voce strozzata: «Ma se gliene ha
dette di tutti i colori la prima volta che siamo venuti a trovarvi!»
La zia
Helen sospirò: «Tuo padre ama mettere le persone alla prova, lo sai... ma forse
è il caso che vada a prendere posto e ad assicurarmi che non morda nessuno... a
dopo!»
La madre,
con gli occhi lucidi, diede ancora una carezza ai capelli di Simon e seguì
docilmente la sorella. Anche con le nuove medicine per controllare la sua
ansia, non aveva mai perso totalmente quell’aria debole e fragile.
Simon
rimase lì, allibito, sulla porta della chiesa, con un’unica parola sulle
labbra.
«Ma...»
Kevin gli
mise una mano sulla spalla: «Tutto bene?»
Il
violinista lo guardò, ancora incredulo: «Mi hanno appena sconvolto la vita. E
non mi sono ancora sposato!»
Lucy si
alzò in piedi: «Ok, dovrei essere pronta!»
Maka fece
segno di no col dito: «Dimentichi un paio di cosette...»
«Cosa?»
Tsubaki
tirò fuori un bracciale antico: «Qualcosa di vecchio...»
Maka la
seguì con un fermaglio per i capelli: «... qualcosa di nuovo...»
Liz prese
dalla tasca una molletta: «... qualcosa di prestato...»
Tsubaki
le porse il bouquet che le aveva procurato Patty, ora fermato da un nastrino
rosso: «... qualcosa di regalato...»
La minore
delle sorelle Thompson sventolò un nastro per capelli: «... e qualcosa di
giallo!»
Liz
guardò il nastro che aveva in mano: «Veramente era blu...»
Lucy sorrise
e li prese entrambi: «Non mi pare che nessun regolamento vieti di metterli
tutti e due... grazie, ragazze!»
Qualcuno
bussò alla porta e Maka gridò: «Chi è là? Simon, se sei tu vattene, mi sembrava
di essere stata chiara, porta male vedere prima l’abito della sposa!»
Una voce
maschile rispose: «E che restrizioni ci sono per i nonni della sposa?»
Lucy si
precipitò alla porta: «Nonno!»
La porta
si aprì e James entrò. Le ragazze decisero saggiamente di lasciare loro un po’
di privacy e raggiunsero gli amici in chiesa.
Lucy si
mise di fronte allo specchio per sistemare i nastri di Liz e Patty. James le si
avvicinò con delicatezza.
«Sei
pronta?»
«Se dico
di no è grave?»
James
l’abbracciò: «No, è normale.»
Lucy
ricambiò l’abbraccio e avvertì che il nonno si stava emozionando. Infatti poco
dopo iniziò a tremare e a piangere.
«Non so
se sono felice o triste di accompagnarti io all’altare...»
Lucy
sorrise tristemente: «Lo so. Lo sento.»
La voce
di James s’incrinò: «Se solo... se solo tuo padre fosse qui... sono sicuro
sarebbe felice e orgoglioso di te.»
«E io
sono sicura che sarebbe felicissimo che sia tu a sostituirlo.»
«Io? Io
che gli ho tolto tutto?»
Lucy
sospirò staccandosi da lui: «Nonno, ne abbiamo già parlato mille e mille volte.
Non eri in te, non sei tu che hai
ucciso il clan. È stato il kishin che era dentro di
te, e questo cambia tutto. Ma ora basta pensare al passato, la tua follia è
dentro alla mia anima, al sicuro, e non può fare del male né a te, né a me, né
a nessun altro. E vedi di non farmi commuovere pensando al passato, che se
sbavo il trucco Liz mi strozza! Già rischio di fare pasticci sudando per
l’ansia...»
James
sorrise: «Andrà tutto bene. Sei pronta ad andare, ora? Simon è un po’ che ti
aspetta.»
«Eh? Ma
non sono in ritardo! Vero?»
«No, è lui
che è in anticipo.»
Lucy
sospirò, a metà fra l’ansioso e l’esasperato: «Ma perché quel ragazzo deve
sempre complicarsi la vita?»
«Perché
tu gliela possa semplificare.»
Lucy
rise: «Meglio che andiamo, o quel poveraccio mi crolla dall’ansia prima ancora della
cerimonia!»
«Simon?»
Nessuna
risposta da parte dell’interessato, che continuava a fissare il vuoto.
Kevin
insistette: «Simon?»
Il
violinista continuava con la sua crisi di mutismo.
Soul si
avvicinò: «Ricordi almeno come ti chiami?»
Il biondo
finalmente aprì bocca: «Perché, ho un nome?»
Kevin
sorrise: «Ne hai due, in verità... Simon ed Emanuel...
e hai anche un cognome, Onpu...»
Soul
diede il colpo di grazia: «E anche un titolo nobiliare...»
Simon si
risvegliò: «Ancora con questa storia?»
Soul e
Kevin batterono il cinque: «Funziona sempre...»
Il
violinista sospirò: «Scusate, è che...»
Kevin
sorrise: «... sei in ansia, lo sappiamo.»
Soul gli
mise una mano sulla spalla: «È solo che dentro c’è una situazione per nulla
fica con tuo padre...»
Lo sposo
fece una smorfia: «Che ha fatto stavolta?»
«Sta
criticando in modo neanche troppo velato il vestito di Blaire...
e ti ricordo che è una gatta-strega...»
«Oh santa
pazienza, arrivo a sedare gli animi!»
Kevin
indicò alle sue spalle: «Forse non è il momento migliore. Sta arrivando la
sposa.»
Simon
rispose con una vocina isterica: «Cosa?»
Kevin e
Soul lo afferrarono, uno da una parte e uno dall’altra, per fare il loro dovere
di amici e di testimoni e accompagnare Simon all’altare prima che avesse una
crisi isterica.
Tutti gli
invitati si erano alzati per cercare di vedere la sposa.
Chrona,
continuando ad armeggiare con la cravatta, chiedeva notizie sulla sposa a Ragnarok, che si ergeva più che poteva; Stain, seduto
accanto a Marie nel suo classico abito “elegante” pieno di suture, cercava
disperatamente di resistere alla tentazione di fumare, aiutato anche dal
professor Sid, visto che “in vita lui era fatto così, aiutava le persone a
resistere alle tentazioni”; Spirit aiutava a
sistemare la divisa da cerimonia di Lord Shinigami, l’officiante, non smettendo
mai di buttare un occhio alle belle ragazze in sala; Kid cercava di sistemare
gli ospiti a sedere in modo più simmetrico possibile, facendo saltare i nervi a
tutti gli invitati, ovvero, oltre ai parenti degli sposi, gran parte della Shibusen e di Death City. Purtroppo gli abitanti del
villaggio di Lucy non erano potuti venire a causa della distanza, ma avevano
mandato tanti regali che i due sposini avevano ugualmente apprezzato.
Osservando
tutto questo, Simon deglutì rumorosamente. Era arrivato il momento.
Lucy
deglutì rumorosamente: «Non so se ce la faccio.»
James
sorrise: «È per questo che sono qui a sorreggerti.»
La sposa
venne superata da tutte le amiche che l’avevano aiutata a prepararsi e che
andarono a prendere posto, non prima però di averle fatto gesti
d’incoraggiamento.
Lucy
sospirò: «E allora andiamo. Prima finiamo, prima potrò rilassarmi. E anche
Simon.»
Il nonno
sorrise: «Soprattutto lui, credimi.»
Soul andò
al pianoforte e iniziò a suonare la marcia nuziale. Era il segnale per la sposa
di entrare in chiesa.
Tutti si
alzarono e si sporsero. Simon, che era proprio di fronte all’altare, rimase a
bocca aperta.
Kevin gli
sussurrò: «È bellissima, vero?»
«Ha...
ha... ha i capelli lunghi! Come ha
fatto?»
«Mai
sentito parlare di extension?»
«Ex che?»
Kevin
sorrise: «Parleremo dei miracoli femminili in fatto di acconciature più tardi,
ok?»
Simon
annuì e continuò a guardare la sua sposa avanzare verso di lui. Era bellissima:
i lunghi capelli scuri scendevano a boccoli sulle sue spalle, incorniciandole
il volto truccato con molta leggerezza; il velo bianco risaltava sull’ebano dei
capelli, così come l’abito, semplice nel modello ma decorato con molte perline.
Solo a guardarla Simon sentì il fiato venirgli meno.
Lucy si
guardava intorno sorridendo timidamente, chiaramente in imbarazzo nell’avere
tutti gli sguardi su di lei. Lo sposo iniziò a sudare dall’ansia. Ormai era il
momento, era...
«COME
AVETE OSATO INIZIARE SENZA DI ME, NULLITÀ? QUESTO
MATRIMONIO NON S’HA DA FARE SENZA LA VOSTRA DIVINITÀ PROTETTRICE!!!»
Tre
quarti della chiesa, sposo e testimoni compresi, si sbatté una mano sulla
fronte.
«Black Star...»
Lucy si
limitò a ridere, mentre lasciava il braccio di James e arrivava al fianco di
Simon.
«Meno
male, temevo che saresti soffocato prima che arrivassi all’altare!»
Simon
rispose al sussurro: «Si vedeva così tanto?»
Lucy gli
fece l’occhiolino: «O quello, o stavi avendo un infarto. Ho pregato fosse la
prima.»
Simon
alzò gli occhi al cielo: «Come ho fatto a non notare la sua assenza? La
situazione era troppo calma...»
Lord
Shinigami si limitò a fare un cenno al figlio, che atterrò simmetricamente
l’esuberante maestro d’armi ritardatario, poi richiamò al silenzio: «Amici,
oggi siamo qui per rendere onore a due giovani che hanno deciso di passare il
resto della loro vita insieme, come...»
Simon non
ascoltava più. Le sue orecchie fischiavano e il suo cervello sembrava essersi
sconnesso dal resto del mondo. Aveva aspettato così tanto quel momento, l’aveva
provato e riprovato così tante volte che tutto ora gli sembrava irreale, quasi
come un sogno. Un bellissimo sogno, se Lucy continuava a sorridergli così
dolcemente...
«E
allora, li abbiamo i testimoni?»
Kevin,
Maka, Tsubaki e Soul dalla sua postazione al pianoforte alzarono la mano.
Lord
Shinigami annuì: «Bene! E allora... Simon?»
Il
ragazzo saltò sulla sedia come se fosse stato chiamato per un’interrogazione a
sorpresa di Sid: «Eh? Sì! Presente!»
Lord
Shinigami s’inclinò leggermente di lato: «Tranquillo. Ti sto sposando, non
interrogando! È vero che sono anche il preside della tua scuola, però...»
Lo sposo
arrossì, ringraziando mentalmente di non poter vedere la risatina dei suoi
professori e lo sguardo sicuramente furioso di suo padre alle sue spalle.
«Vuoi
prendere Lucy come tua sposa?»
Hinata92: E ora tocca a voi, lettori e
lettrici!
Soul: Uh? Ma tu non dovresti comparire solo
nell’ultimo capitolo?
Hinata92: Sì, ma erano i primi bivi, e ci
tenevo a presentarli io!
Soul: Contenta tu... secondo me era più fico
se lo facevo io...
Hinata92: Allora, adesso tocca a voi
scegliere! Volete leggere il capitolo
Soul: Ehm... forse ti sei sbagliata, è lo
stesso capitolo...
Hinata92: Lo so, ma così almeno i lettori si
abitueranno ai prossimi bivi!
Soul: A me sa di una poco fica fregatura...
Hinata92: E poi, ai fini della
trama, la risposta ha poca importanza...
Soul: Eh?
Hinata92: Aspetta e vedrai...
Buonasera a tutti! Ecco qua il nuovo capitolo, che spero vi
abbia divertito! Tranquilli, i prossimi bivi saranno veri, questo è stato solo
un innocente scherzetto... però ne approfitto per una piccola avvertenza: i prossimi
capitoli saranno più corti, per poi riprendere più o meno questa lunghezza, mi
scuso per il disagio ma c’è un perché... che capirete solo all’ultimissimo
capitolo! XD Sono cattiva, lo so...
Intanto ringrazio i nuovi e i ritrovati commentatori, ovvero Victus, la cara vecchia Toky che
mi ha cambiato nick, Jan Itor
19 e darkroxas92 (i fedelissimi!).
Spero a breve di pubblicare il prossimo capitolo... Simon dirà
sì, no, o...
Capitolo 3 *** La maledizione del sogno! Ti sposo o ti... ***
La maledizione del sogno! Ti sposo o ti...
«Vuoi
prendere Lucy come tua sposa?»
Maledizione, pensò Simon. Dov’era
finita la saliva? Aveva la bocca così secca che pronunciare quella sillaba gli
sembrava quasi impossibile.
E poi,
quando finalmente era riuscito ad aprire bocca... la terra tremò. Tremò così
forte che Lucy perse l’equilibrio e fu costretta a tenersi a lui.
«Che
succede?»
«Il
terremoto?»
«Attenti
ai candelabri!»
«Simon!»
L’ultima
voce risvegliò lo sposo dalla trance in cui sembrava caduto. Lucy gli tirava un
braccio, mentre con l’altra mano alzava la gonna dell’abito da sposa e correva
verso l’ingresso, seguita da alcuni dei testimoni e degli invitati. Death City
era intatta, ma sembrava avvolta da una luce innaturale. Il violinista alzò lo
sguardo, indicando a Lucy il cielo. Non era più azzurro, ma viola e rosso
cremisi, e, soprattutto, era solcato da tantissime streghe a cavallo di scope
che ridevano sguaiatamente.
Lucy si
strinse al braccio di Simon e con un filo di voce gli chiese: «Che succede?»
Prima che
possa fermarla, la risposta gli uscì fuori dalle labbra, spontanea, come
l’aveva ripetuta mille e mille volte, una risposta così flebile che
probabilmente Lucy non la udì neppure.
«Questo è l’inizio di un nuovo mondo...»
Il
violinista chiuse gli occhi. Era il solito incubo, tra un istante si sarebbe
trovato sudato e agitato sul suo letto e...
«E un
corno! Adesso le sistemo io, due streghe di passaggio non rovineranno il
matrimonio dei miei compagni di squadra!»
Simon
spalancò gli occhi.
Questo nei suoi sogni non era mai
successo.
Allora
tutto quello che stava accadendo... era
reale?
E se era
reale... perché era un mese che lo sognava, esattamente identico in ogni
dettaglio?
Non c’era
il tempo di farsi domande. Lucy sembrava decisa ad unirsi a Kevin pur di poter
concludere senza ulteriori incidenti la cerimonia. Simon le strinse il polso.
Non voleva che si mettesse in pericolo proprio il giorno che...
Lucy vide
il suo promesso sposo accasciarsi a terra, con le mani sulla testa.
«Simon?»
Il
ragazzo respirava affannosamente, premendosi i palmi delle mani sulle tempie:
«Chi... cosa... fatelo smettere, mi sta facendo scoppiare il cervello!»
Lucy si
chinò alla sua altezza: «Smettere cosa?»
«La
musica! Le voci! Basta, sono troppe!»
La
ragazza drizzò le orecchie. Oltre alle grida di qualche persona, non c’erano
altri rumori. Sicuramente non musica.
«Quale
musica, Simon? Io non sento nessuna musica!»
Il
ragazzo fece una smorfia sofferente: «NON TI SENTO, PARLA PIÙ FORTE! LA MUSICA
È TROPPO ALTA, FATELA SMETTERE, FATELA SMETTERE!»
«DI QUALE MUSICA PARLI? IO NON SENTO NULLA!»
«COME FAI
A NON SENTIRLA? TI ENTRA NEL CERVELLO, MI STA
SFONDANDO I TIMPANI...»
Kevin
richiamò l’attenzione della sposa: «Lucy, guarda un attimo.»
Simon non
era l’unico in quello stato. All’interno della chiesa, infatti, Tsubaki,
Chrona, una buona parte della famiglia dello sposo e qualche altro invitato si
premevano le mani sulle orecchie urlando di spegnere una musica che però gli
altri non sembravano in grado di udire.
La
ragazza, continuando a sostenere Simon, si guardò intorno sconvolta e
incredula: «Che... che succede? Che sta succedendo? Perché?»
Kevin
scosse la testa: «Non ne ho idea, Lucy.»
La sposa
non riusciva a credere ai suoi occhi. Cosa poteva fare?
«Lucy...»
La
ragazza ritornò a concentrarsi sul suo promesso, che la chiamava con un filo di
voce: «Simon!»
Il
ragazzo le mise le mani sulle spalle, come per sorreggersi, tenendo il volto
basso: «Io... io... ti...»
Lucy
cercò di sorridere: «Non ti preoccupare, Simon. Appena starete meglio
ricominceremo, non è successo nulla.»
«Io
ti...»
In un
lampo, le mani di Simon passarono dalle spalle al collo di Lucy, iniziando a
stringere.
«... uccido.»
La
ragazza spalancò la bocca e gli occhi, mentre il fiato le veniva lentamente
meno. Voleva chiamarlo, voleva ribellarsi, ma non poteva. Poteva solo guardare
il volto del suo sposo deformato in un ghigno soddisfatto mentre serrava le sue
dita intorno al suo collo, in una lenta e inesorabile morsa mortale.
La stava uccidendo. E si stava divertendo nel
farlo.
Lucy
chiuse gli occhi. Era un incubo, non poteva essere altro. Quando il fiato le
sarebbe mancato del tutto si sarebbe svegliata e...
Un tonfo
secco e la presa si allentò. Lucy riaprì gli occhi. Simon era a terra, svenuto.
Di fronte a lei c’era Kevin, ancora con il violino in mano, e James, che stava
ritornando in forma umana.
Il nonno
sorrise al ragazzo: «A quanto pare abbiamo avuto entrambi l’idea di sedarlo.»
«Scusami.
Non sapevo cos’altro fare per...»
La voce
di Lucy era incrinata: «Kevin... cosa...»
James
prese la nipote per mano: «Non lo so, ma ne parliamo dopo. C’è bisogno di noi,
ora! Guarda!»
La scena
all’interno della chiesa era degna di un film horror.
Rachel,
sua madre e sua zia si erano avventate con violenza contro il duca di Onpu, che per fortuna riusciva a tenerle tutte a bada
grazie alla sua stazza.
Chrona e Ragnarok stavano attaccando con il sangue nero Stain, che
per fortuna era più che preparato a difendersi.
Tsubaki
stava cercando di lanciare una panca contro Black
Star.
Altri
invitati si rivoltavano contro la persona più vicina. In tutti brillava negli
occhi un istinto omicida, di sadica voglia di distruzione. Volevano fare del male, e volevano divertirsi nel farlo.
Non ci fu
bisogno di dire altro. Lucy e James si trasformarono in sonnifero e con
precisione millimetrica addormentarono solo e soltanto le persone che davano
segni di violenza insensata. Nel giro di pochi minuti, nella chiesa rimasero
solo un gruppo di persone addormentate, un altro gruppo che si guardava intorno
incredulo e sconvolto per l’accaduto, e una sposa sola, una sposa china sul
petto del suo promesso, che piangeva disperatamente perché il suo sogno era
appena andato in frantumi sotto i suoi occhi e lei non aveva potuto fare nulla
per evitarlo.
Perché
per quel giorno, ormai era chiaro, non ci sarebbe stato alcun matrimonio.
Soul: Tutto a posto? Possiamo uscire da sotto
le panche?
Maka: Pare di sì.
Soul: Fiù, pare che
sia finita.
Maka: Allora possiamo passare all’annuncio
del prossimo capitolo. Anzi, dei prossimi
capitoli!
Soul: Già, perché stavolta il bivio è vero!
Volete leggere il capitolo
(Se
volete capire cos’è successo dal punto di vista della Shibusen)
Kid: AAAAAAHHH!!!
Maka: Soul, trasformati, presto! Ci dev’essere ancora qualche pazzo in giro!
Kid: CHI HA SPOSTATO I FIORI E LE CANDELE???
AVEVO SISTEMATO TUTTO PERCHÉ FOSSE PERFETTAMENTE SIMMETRICO!
Stain: E che dovevo fare, farmi ammazzare da
Chrona senza toccare l’arredamento?
Kid: Sì!
Maka: ...
Soul: Posso ammazzarlo? Solo un pochino?
Maka: Temo non sarebbe una mossa molto fica,
Soul... non da protagonista della serie, almeno.
Soul: Un giorno o l’altro cederò il mio ruolo
al primo che passa, ma me la tolgo questa soddisfazione, oh, se me la tolgo...
Signori, questa volta ci siamo!
Pubblico volutamente insieme questo capitolo e i due bivi per darvi modo di
capire davvero come funzionerà la storia. Sono un po’ più corti, lo so, ma un
motivo c’è... abbiate pazienza per questa volta!
Intanto, approfitto dello
spazio per ringraziare Toky, Jan Itor
19, KuRaMafaN per le
recensioni e... vabbè, dai, per stavolta perdono
darkroxas92 che la sta scrivendo più o meno in contemporanea alla pubblicazione
di questo capitolo.
Su, avanti, scegliete cosa
volete leggere, vi aspetto al bivio! E mi raccomando, ditemi cosa avete scelto
e se vi aspettavate questo colpo di scena!
Capitolo 4 *** [BIVIO] Voci dall'ombra! Il nostro oscuro piano è solo all'inizio? ***
Nel bivio precedente avete deciso di seguire la Shibusen?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun
bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate qui per
rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di
seguire le streghe?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
Voci dall’ombra! Il nostro oscuro piano è solo all’inizio?
Dove si
trovano? In cielo, in terra, in mare?
Forse non
lo sanno nemmeno loro. Non ha alcuna importanza. L’importante è ciò che è alle
loro spalle, il cerchio delle loro compagne che si tengono per mano, e cantano.
È un cerchio enorme, che circumnaviga il globo. Loro non sono che un avamposto
di riserva, che serve per proteggerle e per dare loro il cambio. Il buio e il
mistero coprono i loro volti, le loro espressioni, ma non le loro parole.
«Il piano
è riuscito.»
«Nessuno ha potuto fermarlo.»
«Se solo sapessero...»
«Anche se sapessero, cosa potrebbero fare? Ucciderci tutte?»
«Hanno
solo da provarci. Non ci riuscirebbero nemmeno, siamo troppe.»
«Avranno pensato a uno strano scherzo di qualche strega
isolata. Poveri sciocchi...»
«Di certo non immaginano che possiamo aver messo da parte le
nostre antiche rivalità in vista di un piano superiore!»
«Già... quanto sangue sprecato...»
«Quanto
sangue di strega giace sprecato nelle vene degli sciocchi umani.»
«Figli dei figli dei figli delle antiche streghe.»
«Figli dei figli di figli maschi di streghe, senza alcun
potere.»
«Geni di magia silenti, perché nei maschi la magia non può
nascere.»
«E a
lungo andare la magia si spegne, o si riaccende in qualche raro caso... maschi,
femmine, a quel punto non ha più importanza. Ma solo un fortunato della prole
stregonesca può avere una scintilla dell’antico potere, spesso incontrollabile,
spesso addirittura ignorata... ma solo una scintilla e nulla di più.»
«Che spreco, che spreco...»
«Tanta magia andata perduta, tanti poteri ormai estinti che
giacciono silenti in persone incapaci di usarli...»
«Fino ad ora.»
«Ci sono
voluti secoli per metterci d’accordo, ma ormai il piano è partito.»
«E non si fermerà fino al suo compimento.»
«Il più grande incantesimo della storia! Tutte le streghe
riunite per pronunciarlo!»
«Per pronunciarlo continuamente, senza un attimo di sosta.»
«Un
incantesimo che risveglierà contro la loro volontà quei geni silenti.»
«La melodia maledetta udibile solo da chi ha anche solo una
goccia del nostro antico e glorioso sangue magico!»
«La melodia maledetta che risveglia l’istinto di distruzione
insito in ogni strega e, forse, a lungo andare, la magia stessa.»
«Intanto saranno nostri schiavi.»
«Schiavi
dediti alla distruzione... che delizia!»
«È un canto che entrerà nei loro cuori e li plagerà, senza via
di scampo.»
«Perché ci daremo il cambio, e il canto non cesserà mai.»
«Forse qualcuno si abituerà e capirà come ignorarlo, ma
pazienza.»
«La
maggioranza sarà comunque nostra.»
Un
fruscio annuncia loro che il loro ospite si è allontanato. Non possono vedersi,
ma un sorriso soddisfatto aleggia su tutti i loro volti, mentre le loro voci
cambiano. Diventano più antiche. Diventano più oscure.
«È
andato?»
«Così pare.»
«Corri, schiavo di Lord Shinigami, corri
a riferire ciò che pensi di averci rubato.»
«Ciò che abbiamo voluto che tu udissi.»
«Credevate davvero fossimo così ingenue
da non accorgerci di essere seguite?»
«Ci
credevate così stupide da metterci in mostra su Death City senza motivo?»
«Corri, schiavo. Corri, esca.»
«Tu sei l’ingranaggio che metterà in
moto il piano.»
«Perché questo non è che l’inizio,
sciocchi umani.»
«È
l’inizio del nostro nuovo mondo.»
«Perché è da voi che nasce tutto.»
«Ed è da voi che tutto morirà.»
Una
risata avvolge il buio. È cominciata.
«Bene, allora, chi ha buttato la pasta? Va
bene star fermi ad aspettare, però ho fame!»
«Non
dovevi farlo tu?»
«No, un
attimo: un’organizzazione minuziosa, un piano studiato nei minimi dettagli... e
non una che prepari il pranzo?»
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 5° capitolo: Una prigione immeritata! Non c’è modo di stare
in silenzio?
«Un
capitolo fantastico, pieno di atmosfera e di mistero... buttato all’aria da
delle incompetenti...»
«Se sei
tanto brava, perché non lo fai tu?»
«...
addio, orgoglio di strega...»
Ed ecco il primo bivio! Vi è
piaciuto? Lo spero proprio!
Intanto, ne approfitto per
spiegare una cosa: questo è solo UNO dei tanti modi in cui userò i bivi. Tranquilli,
ci saranno anche le scelte che influiranno sulla trama, ma sto ancora
preparando il terreno per permettervi di farlo...
E mi scuso, perché per pigrizia
queste righe saranno copiate e incollate anche nell’altro bivio.
Vi aspetto tutti al prossimo
capitolo, se avete ancora il coraggio di leggere!
Capitolo 5 *** [BIVIO] Una spia solitaria! Possiamo fermare l'oscuro piano delle streghe? ***
Nel bivio precedente avete deciso di seguire le streghe?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun
bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate qui
per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di
seguire la Shibusen?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
Una spia solitaria! Possiamo fermare l’oscuro piano delle
streghe?
L’uomo,
se così si può definire, era certo che se avesse potuto respirare, avrebbe
visto il fiato condensarsi dal freddo.
Ma Sid
non respirava, non faceva rumore, era la spia perfetta. Anche in vita era fatto
così.
Non aveva
perso un istante. Appena la situazione al matrimonio si era calmata, era uscito
da Death City e aveva seguito le streghe a cavallo di scopa che li avevano sorvolati.
Due giorni di cammino, ma finalmente si erano fermate, e lui era lì, pronto ad
udire i loro discorsi. Erano in una foresta, senza dubbio una foresta
incantata, perché in qualche punto l’insegnante avrebbe giurato di stare
camminando fra le nuvole. Possibile che fosse salito così tanto da essere
arrivato in cielo?
No,
c’erano gli alberi. Alberi fra le nuvole. Una tecnica per disorientare gli
avversari, evidentemente. Un’atmosfera da sogno.
O da
incubo.
Sid si
avvicinò silenzioso come nessuno avrebbe potuto essere al gruppo di cui vide
solo le sagome. Non era in grado di dire quante fossero, né di distinguerne i
volti. Evidentemente un incantesimo copriva tutto, rendendolo confuso.
Una buona
mossa, senza dubbio. Ma le loro voci erano chiare, poteva distinguerne le
parole senza problemi. La sua missione di spia poteva continuare senza
difficoltà.
«Il piano
è riuscito.»
«Nessuno ha potuto fermarlo.»
«Ottimo.»
Nell’ombra
s’intravvede un ghigno.
«Se solo sapessero...»
«Anche se sapessero, cosa potrebbero fare? Ucciderci tutte?»
«Hanno
solo da provarci. Non ci riuscirebbero nemmeno, siamo troppe.»
«Avranno pensato a uno strano scherzo di qualche strega
isolata. Poveri sciocchi...»
«Di certo non immaginano che possiamo aver messo da parte le
nostre antiche rivalità in vista di un piano superiore!»
«Già... quanto sangue sprecato...»
«Quanto
sangue di strega giace sprecato nelle vene degli sciocchi umani.»
«Figli dei figli dei figli delle antiche streghe.»
«Figli dei figli di figli maschi di streghe, senza alcun
potere.»
«Geni di magia silenti, perché nei maschi la magia non può
nascere.»
«E a
lungo andare la magia si spegne, o si riaccende in qualche raro caso... maschi,
femmine, a quel punto non ha più importanza. Ma solo un fortunato della prole stregonesca
può avere una scintilla dell’antico potere, spesso incontrollabile, spesso
addirittura ignorata... ma solo una scintilla e nulla di più.»
«Che spreco, che spreco...»
«Tanta magia andata perduta, tanti poteri ormai estinti che
giacciono silenti in persone incapaci di usarli...»
«Fino ad ora.»
«Ci sono
voluti secoli per metterci d’accordo, ma ormai il piano è partito.»
«E non si fermerà fino al suo compimento.»
«Il più grande incantesimo della storia! Tutte le streghe
riunite per pronunciarlo!»
«Per pronunciarlo continuamente, senza un attimo di sosta.»
«Un
incantesimo che risveglierà contro la loro volontà quei geni silenti.»
«La melodia maledetta udibile solo da chi ha anche solo una
goccia del nostro antico e glorioso sangue magico!»
«La melodia maledetta che risveglia l’istinto di distruzione
insito in ogni strega e, forse, a lungo andare, la magia stessa.»
«Intanto saranno nostri schiavi.»
«Schiavi
dediti alla distruzione... che delizia!»
«È un canto che entrerà nei loro cuori e li plagerà, senza via
di scampo.»
«Perché ci daremo il cambio, e il canto non cesserà mai.»
«Forse qualcuno si abituerà e capirà come ignorarlo, ma
pazienza.»
«La
maggioranza sarà comunque nostra.»
Un rumore
mise in allerta Sid. Si stava forse avvicinando qualcuno?
Avrebbe
voluto continuare ad ascoltare, ma quello che aveva già scoperto era
importante, forse addirittura vitale. Non poteva rischiare di essere catturato.
Ne andava della salvezza di Death City, forse addirittura del mondo intero!
A
malincuore (se solo ne avesse avuto uno in grado di battere), Sid iniziò a
tornare silenziosamente sui suoi passi.
Senza
immaginare che quello che aveva ascoltato era solo quello che avevano voluto
fargli udire...
Sid: Fiù, è andata.
Saranno poche informazioni, ma sono importanti, la mia missione l’ho compiuta.
Anche in vita ero fatto così...
Contadino di passaggio: Banzai!
Sid: ... signore? Credo che questo sia suo.
Contadino di passaggio: MARIA!!! CHIAMA LORD
SHINIGAMI, CHE HO PRESO UN KISHIN! È BLU, GLI HO PIANTATO UN PICCONE IN FRONTE
E PARLA ANCORA! E tu, non credere di scappare, sono cintura gialla di karate!
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 5° capitolo: L’ora del rapporto! Ma neanche una buona
notizia?
Sid: Ma veramente io...
Contadino di passaggio: MARIA!!! ARRIVANO?
NON SO PER QUANTO RIUSCIRÒ A TENERLO A BADA!
Sid: Oh, bè, ho
l’impressione che non riuscirò a calmare questo esagitato... ero un tipo
intuitivo, in vita... vorrà dire che quando arriveranno i colleghi da Death
City mi farò dare un passaggio a casa...
Ed ecco il primo bivio! Vi è
piaciuto? Lo spero proprio!
Intanto, ne approfitto per
spiegare una cosa: questo è solo UNO dei tanti modi in cui userò i bivi. Tranquilli,
ci saranno anche le scelte che influiranno sulla trama, ma sto ancora
preparando il terreno per permettervi di farlo...
E mi scuso, perché per pigrizia
queste righe saranno copiate e incollate anche nell’altro bivio.
Vi aspetto tutti al prossimo
capitolo, se avete ancora il coraggio di leggere!
Capitolo 6 *** L'ora del rapporto! Ma neanche una buona notizia? ***
L’ora del rapporto! Ma neanche una buona notizia?
Lord
Shinigami chinò il capo dopo aver ascoltato il racconto di Sid.
«Capisco...
ti ringrazio del tuo lavoro, Sid.»
«Dovere,
Lord Shinigami. In vita ero fatto così.»
«Lo so.
Ora, per favore, mi chiameresti Spirit e Stain?»
Sid
s’inchinò: «Certamente.»
Per un
attimo Lord Shinigami fu da solo. Sospirò profondamente. Non bisognava essere
degli indovini per prevedere guai all’orizzonte, e di quelli grossi.
L’arma
della morte entrò con circospezione: «È permesso?»
Shinigami
si voltò, salutandolo con tono di voce nuovamente allegro: «Oh, eccovi! Ciao!
Allora, che mi raccontate di bello?»
I due
uomini si guardarono. Spirit fece una smorfia: «Bè... bello non è
l’aggettivo che avrei usato in questo caso...»
Stain
annuì: «Avrei optato più per... disastroso,
ad essere sinceri...»
Shinigami
si piegò di lato: «Addirittura?»
Spirit sospirò:
«Dentro Death City la situazione si è abbastanza stabilizzata.»
Il
professore tirò una boccata dall’inseparabile sigaretta: «La sua anima, che
avvolge l’intera città, è un ottimo scudo contro l’incantesimo delle streghe,
per cui quasi tutti quelli che sono stati colpiti non hanno reazioni
particolari al suo interno, salvo qualche sporadico mal di testa e orecchie che
fischiano continuamente.»
L’arma
della morte continuò: «Fuori da Death City... bè...
la situazione non è altrettanto idilliaca. Neanche un po’, a dirla tutta.»
«Molte
persone hanno perso completamente coscienza di sé e uccidono
indiscriminatamente chiunque incontrino. Una parte è stata richiamata
direttamente dalle streghe per usarli come schiavi per le faccende più umili.
Qualcuno, faticosamente, resiste, ma non si sa per quanto. Sono persone con una
forza di volontà decisamente più sviluppata, ma non potranno resistere
all’infinito. Di questi ultimi, quando ci giunge notizia, li trasportiamo
direttamente qui per permettere loro di avere un po’ di respiro. Se ci
riusciamo portiamo anche quelli già contagiati, che sembra che non appena
varchino la soglia si riprendano subito, ma il problema è portarli fino a qui
senza essere uccisi prima...»
«Caaapisco.»
Stain
continuò: «Abbiamo chiesto collaborazione a James Gin per sedare un po’ di
rivoltosi senza rischi, ma anche così i risultati sono molto magri.»
Spirit si
avvicinò alla finestra: «Di conseguenza la città è un po’ nel caos, con tanti
profughi da ospitare improvvisamente. Ci stiamo attrezzando, ma non è semplice
gestire tutto, senza contare l’ovvio sospetto delle persone non contagiate, che
temono che da un momento all’altro la persona che gli sta accanto possa
assalirlo.»
Lord
Shinigami sospirò: «Ho fiducia nei miei concittadini, so che sapranno fare
fronte all’emergenza. Piuttosto... quei
due? Come stanno?»
Stain
tirò fuori dei fogli: «Se sta parlando di Chrona e Simon... non bene,
purtroppo. Anche se grazie alle informazioni di Sid possiamo finalmente fare
ipotesi più fondate sui loro casi. Loro sembrano essere molto più sensibili
degli altri al canto delle streghe, nonostante la sua barriera. Ora che sappiamo
che agisce sulle persone che hanno collegamenti parentali con le streghe, è
semplice capirne il perché.»
L’arma
della morte annuì: «Chrona è figlio di Medusa, quindi il richiamo per lui è
particolarmente accentuato... senza contare che anche Ragnarok
ne subisce gli influssi, quindi sono in due a dover resistere al canto.»
«I poteri
di preveggenza di Simon derivano proprio dalla sua discendenza da una strega,
quindi avendo già in sé un briciolo di magia attiva, probabilmente è da
paragonarsi a Chrona, come condizioni.»
Il
preside della Shibusen rifletté ad alta voce: «In
effetti al matrimonio tutta la sua famiglia è impazzita...»
«Perché,
ad esclusione del padre, hanno tutti sangue di strega nelle vene...»
Stain si
sistemò meglio la vite: «Per ora sappiamo solo che più stanno lontano dalla
fonte del canto e più riescono a mantenere il controllo... quindi l’unica
soluzione che abbiamo trovato è stata relegarli nei sotterranei della Shibusen, il più lontano possibile dalla superficie, e fare
in modo di limitare i loro contatti con le persone per la loro sicurezza. Ma
non si potrà andare avanti così molto a lungo.»
Anche se
non era possibile vedere il suo volto, nessuno ebbe dubbi sull’espressione
triste di Lord Shinigami: «Lo so... lo so... dobbiamo sbrigarci a capire come
aiutarli... o impazziranno per davvero.»
Spirit: Però c’è una buona notizia, sa?
Stain: Oh, sì, ottima!
Spirit: Lo sai anche tu?
Stain: Non sono mica così arretrato come
credi...
Spirit: Oh, è così bella...
Stain: ... così buona...
Spirit: ... così dolce...
Stain: ... così fragrante...
Spirit: Eh?
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 6° capitolo: Una prigione immeritata! Non c’è proprio modo
di stare in silenzio?
Spirit: Aspetta... tu non parlavi della nuova
ragazza al locale?
Stain: ... Lord Shinigami, le lascio l’onore.
Lord Shinigami: Con piacere... Shinigami Chop!
Spirit: AHI!!!
Stain: Parlavo della torta al cioccolato in
mensa, stupido che non sei altro...
Buongiorno a tutti! Sono tornata dalle vacanze con tanta voglia
di ricominciare a pubblicare (e una settantina di pagine scritte nei momenti di
noia, ma sono dettagli).
So perfettamente che questo capitolo è corto, ma è necessario
per introdurre i prossimi, decisamente più lunghi e pieni di eventi. Il prossimo
sarà ufficialmente l’ultimo capitolo “tranquillo”, poi non avrete più un attimo
di respiro.
Bene, approfitto ancora per ringraziare Victus,
darkroxas92, Toky, KuRaMafaN e Jan Itor 19 per i commenti
agli scorsi capitoli.
Capitolo 7 *** Una prigione immeritata! Non c'è proprio modo di stare in silenzio? ***
Una prigione immeritata! Non c’è proprio modo di stare in silenzio?
«Basta...»
Un
sussurro, nulla di più. Simon non aveva più la forza di urlare la sua
esasperazione. La sua voce era risuonata a lungo nei sotterranei della Shibusen, le sue grida avevano rimbombato nei corridoi, ma
le voci nella sua testa non si erano placate. Non facevano altro che cantare,
cantare, cantare ancora quell’arcana melodia sconosciuta, che Simon ascoltava
da quasi una settimana, e che nonostante questo non avrebbe saputo riprodurre
col violino. Non capiva nemmeno in che lingua gli stessero parlando. Sapeva
solo che quella maledetta canzone non lo faceva quasi dormire e che era sempre
più nervoso. Non al punto da tentare di uccidere ancora, quello no, ma i suoi
nervi erano a pezzi.
I sensi
di colpa tormentavano ancora il giovane violinista. Cosa aveva fatto? Come
aveva potuto? Maledizione o meno, tentare di uccidere Lucy... il giorno del
matrimonio, poi! Come, come poteva amarlo ancora?
Simon non
lo capiva, ma Lucy continuava a cercarlo anche lì, anche se sapeva bene che era
pericoloso avvicinarglisi, anche ora che non era
altro che un pazzo furioso che gridava al vento seguendo voci che esistevano
quasi solo per lui. Gli insegnanti cercavano sempre di fermarla, ma lei provava
ogni giorno a venire. Lui viveva quasi solo per udire le sue grida dal fondo del
corridoio, quella dolce voce che gli gridava di non mollare, così diversa da
quelle che lo tormentavano...
Ma
nonostante tutto, Simon era solo. Sì, qualche volta venivano gli insegnanti a
trovarlo. Stain lo visitava quasi tutti i giorni. Gli portavano anche i
compiti, per distrarlo, forse. Come se a lui fosse mai importato qualcosa dello
studio...
Simon
ridacchiò amaramente. L’unica cosa che davvero poteva distrarlo gli era stata
proibita. Questioni di sicurezza, dicevano, visto che i suoi poteri di
preveggenza si attivavano con la musica. Razionalmente, il ragazzo poteva anche
dar loro ragione. Non era il caso di alimentare una magia con altra magia, per
quanto involontaria. C’era solo da sperare che non gli venisse una di quelle
previsioni fuori da ogni controllo, a quel punto. Come quella che aveva avuto
per mesi, tra l’altro. Ancora non si spiegava come avesse potuto sognare tutto
quello che sarebbe accaduto il giorno del matrimonio... non aveva mai predetto
nulla dormendo... e neanche sua zia gli aveva mai accennato niente di simile...
per questo aveva sottovalutato la cosa, ed era un motivo in più per avere sensi
di colpa.
Inoltre,
la mancanza di ogni forma di musica, oltre che di Lucy e dei suoi amici, lo
stava facendo impazzire. Non gli avevano lasciato nemmeno un giradischi, o uno
spartito. Qualunque cosa riguardasse la musica gli era stata bandita. Gli
rimaneva giusto quella melodia maledetta del cervello e le urla di Chrona nella
cella accanto, a cui cercava di dare un ritmo tamburellando con le dita. E le
giornaliere grida di Lucy, che attendeva con tutto il cuore.
Soul
aspettò, sospirando, quello che sapeva sarebbe accaduto di lì a poco.
Appoggiato con la schiena al muro, le mani in tasca, guardava il cielo e
aspettava.
«Mi
dispiace, Lucy, lo sai... ordini di Lord Shinigami...»
La
ragazza gridò: «Ma se lo lascio là sotto da solo impazzirà! Fatemelo vedere,
per favore! Sono sua moglie!»
Marie le
sorrise tristemente: «Non proprio, Lucy...»
L’arma
sbuffò: «D’accordo, non lo sono per cinque minuti... forse anche meno! Se
fossimo legalmente sposati me lo fareste vedere, vero? La legge di Death City
me lo consentirebbe?»
«Ma non
lo siete. Mi dispiace, credimi, non sai quanto...»
Lucy non
si arrese nemmeno quando le chiusero la porta in faccia: «Perché non mi fate
vedere Simon? Non tenterà ancora di uccidermi, ne sono sicura! Per favore...
per favore...»
Soul si
avvicinò per riportarla a casa. Ormai tutti gli amici facevano a turni,
altrimenti Lucy sarebbe rimasta ore a gridare di fronte a quel cancello.
«Dai,
Lucy, per oggi basta... torneremo domani.»
La
ragazza aveva le lacrime agli occhi: «Me lo avete detto ieri, l’altro ieri e il
giorno prima ancora...»
«E dai,
non piangere, non è fico per nulla. Forza, vieni, la tua quasi cognata ha
chiesto d’incontrarti...»
Lucy si
asciugò le lacrime: «Rachel?»
Soul
annuì, mentre l’accompagnava qualche passo più in là. Con la coda dell’occhio,
vide una familiare chioma rossa e gli diede il segnale di via libera.
La sua
parte l’aveva fatta, ora era tutto nelle sue mani.
Kevin si
morse un labbro, prima di trasformarsi in polvere, con un monito che gli
rimbombava nel cervello.
Niente più segreti.
Questo si
erano promessi tre anni prima lui, Lucy e Simon, e fino a quel momento avevano
mantenuto fede al patto. Lui, per la prima volta da allora, lo stava per
infrangere. Lucy era troppo corretta per provare quello che lui stava tentando.
In linea di principio il piano non aveva punti deboli, era perfetto.
Ma se invece non avesse funzionato?
Significava illudere una volta di più quella ragazza, già con il morale a pezzi
dopo quanto era accaduto alla cerimonia. Lucy era più forte di quanto
sembrasse, vero, ma tutto questo iniziava ad essere troppo anche per lei.
Kevin
scese ancora più in profondità. No, era meglio che verificasse prima lui se il
piano poteva o meno funzionare. Con la complicità di Soul e di Rachel, altri
due spiriti ribelli, che avrebbero distratto la ragazza, lui avrebbe tentato
quello che i professori, proprio per scoraggiare Lucy, avevano fatto di tutto
per dipingere come impossibile. Impossibile per gli altri, forse, ma non per i
Majikkodasuto.
Simon, seduto
a terra, con la testa appoggiata al muro, sussurrava, stancamente, un’unica
parola.
«Basta...»
Si stava
sforzando con tutto se stesso di non sentire la musica, di non sentire le urla
di Chrona, di non sentire nulla.
«Simon...»
Il
ragazzo alzò gli occhi al cielo. Bene, stava impazzendo del tutto. Ora sentiva
anche le voci...
«Simon!»
Il
violinista si drizzò in piedi. No, non se l’era immaginato, l’aveva sentito
davvero! Ma chi...
«Simon!»
«Kevin?»
«E chi
sennò, la fata turchina?»
Simon
sorrise. Sì, se rispondeva in quel modo era Kevin per forza.
«Dove
sei? Ma come sei entrato?»
«Secondo
te? Usa un po’ d’intuito, ragazzo, sei il mio maestro d’armi!»
Simon
spalancò gli occhi: «Sei impazzito, Kevin? Non puoi usare la tua polvere dentro
a Death City, Lord Shinigami è stato chiaro, quando sei venuto qui! Dopotutto
sei una nuvola di veleno ambulante...»
«Il patto
non prevedeva l’imprigionamento coatto del mio migliore amico. E dovresti
sapere bene che controllo perfettamente ogni granello della mia polvere, non ti
avvelenerò per sbaglio, stai tranquillo. Né te né nessun altro. Allora, come
stai?»
Simon
sospirò, rassegnato. Un po’ se lo aspettava, Kevin era sempre stato un po’
allergico alle regole. Sorrise, felice. Finalmente poteva parlare con qualcuno
senza rischiare di ucciderlo, essendo praticamente incorporeo.
«Sto
andando fuori di testa. Insomma, sento voci e musiche, che nessun altro sente,
e per di più continuamente... mi sento così solo...»
«Questa è
solo una prova tecnica. Se tutto fila liscio, la prossima volta mi porto dietro
anche Lucy.»
«Lucy!
Continuo a sentirla gridare, ogni giorno, che vuole vedermi...»
«Sta
morendo d’ansia per te.»
Simon
scosse la testa: «Lucy... come può ancora volermi dopo...»
Per un
attimo una parte della polvere tornò solida, e il violinista si sentì afferrare
le spalle: «Non ci pensare nemmeno! Guai a te se ti lasci prendere da pensieri
del genere! Sappiamo tutti che non è colpa tua, ma di questo assurdo
incantesimo.»
Simon
trasalì per un attimo dalla sorpresa, poi annuì: «Grazie.»
«Ti
aspetteremo tutti, soprattutto Lucy. Se riesco la porterò qui, altrimenti lei
continuerà a venire a chiedere il permesso per poterti vedere. Non ci
arrenderemo finché non sarai tornato con noi. Piuttosto vado io da quelle
streghe e le prendo a pugni finché non la piantano di cantare!»
Simon
ridacchiò. Kevin sarebbe stato capace di farlo davvero!
«Ti
chiedo solo di non arrenderti. Non farti abbattere da nulla e da nessuno, e
presto torneremo a fare tutto quello che abbiamo sempre fatto.»
Il ragazzo
sorrise, mentre un filo di polvere color cremisi si avvicinava alla porta.
«Ora è
meglio che vada. È andato tutto liscio, ma meglio non strafare e...»
«... e
dovresti imparare ad aspettare a dire gatto se non ce l’hai nel sacco, Kevin Akai!»
Entrambi i
ragazzi trasalirono: «P-professor Stain?»
L’uomo si
aggiustò gli occhiali: «Rimaterializzati, Kevin. Da questa parte della porta.»
Il
ragazzo sbuffò, ma ubbidì.
«Mi
dispiace, odio essere cattivo, ma lo facciamo per la vostra sicurezza. Su,
salutatevi e poi andiamo.»
Kevin
salutò Simon con la mano e seguì Stain, preparandosi alla punizione che ne
sarebbe seguita. Aveva fatto bene a non dire nulla a Lucy, o ci sarebbe finita
di mezzo pure lei. Poteva solo sperare che almeno Simon fosse stato contento
della sua veloce improvvisata.
Nella sua
prigione immeritata, Simon sorrise. Ora aveva davvero un motivo per resistere a
quell’inferno. Con gli occhi chiusi, appoggiato al muro, si mise a canticchiare
quella vecchia filastrocca per bambini con cui aveva conosciuto Lucy anni
prima.
«Vola,
vola,
fino
all’aurora,
sempre
più alto nel cielo…
vola
ancora,
nel
tuo mistero,
piccola
stella,
mio
pensiero…»
Sì, l’avrebbe cantata all’infinito,
se fosse servito. Qualunque cosa, pur di coprire il canto della maledizione e le
urla di Chrona.
Qualunque cosa per non impazzire, e
per poter tornare da lei.
Lucy sorrise un po’ tristemente: «E
allora partite?»
Helen annuì: «Lord Shinigami ci ha
dato il permesso di poter tornare a casa. Su di noi la maledizione non è
abbastanza forte da costituire un pericolo.»
La ragazza sorrise un po’ più
convinta: «Sono contenta per voi. Se iniziano ad allentare un po’ la sicurezza,
forse tra un po’ potrò vedere di nuovo Simon.»
L’ex veggente scompigliò i capelli
alla sua futura nuora: «Prenditi cura del mio nipotino preferito, va bene?»
«Lo farò.»
«E vedrai che presto lo finiremo,
quel matrimonio.»
«Già!»
Lucy trasalì, sentendo qualcuno
saltarle addosso alle spalle: «Rachel!»
«Ti lascio quella mozzarella di mio
fratello. Cerca di non lasciarlo solo, altrimenti si deprime. Vabbè che lui si deprime comunque, in realtà...»
«Rachel!»
«Scusami, Lucy, la mamma mi chiama!
Ci sentiamo presto, va bene? Ciao!»
«Ciao!»
Lucy guardò la famiglia Onpu allontanarsi da Death City con un po’ di preoccupazione.
Il padre non le si era avvicinato molto dopo il matrimonio, ma sapeva che era
più preoccupato per le condizioni della moglie e non si era offesa. Poteva
capirlo bene, anche lei era in ansia per Simon.
Rientrò in città immersa nei suoi
pensieri.
«Ci
sono cascati.»
«E ora sono in trappola.»
«Più nulla potrà salvarli, ormai...»
Kevin: Ma si può sapere come mi ha scoperto?
Ero stato silenziosissimo!
Stain: Ma io ero preparato. Mi aspettavo una
mossa del genere da una settimana almeno... li vedi questi aggeggini
in giro per i sotterranei?
Kevin: Fotocellule?
Stain: Per ogni percorso disponibile qui
dentro! Anche per quelli che portano al prossimo bivio! A questo proposito,
volete leggere:
Kevin: Ok, ora che abbiamo annunciato il
prossimo bivio, me la toglie una curiosità su queste fotocellule? Per poter
rilevare la mia polvere dovrebbero essere sensibilissime, dovrebbero scattare
anche solo se passa una mosca o...
Stain: E perché credi che sia sceso qua sotto
così spesso nell’ultimo periodo? È una settimana che ti aspetto, Kevin, hai
idea della quantità di falsi allarmi che mi hanno lanciato questi aggeggi? Non
dormo da molte notti...
Kevin: Ops...
Stain: E anche questo ti verrà addebitato
nella punizione...
Kevin: E no! Non posso essere punito di più
solo per un suo pregiudizio!
Stain: Sono nervoso, Kevin, potrei
aggiungerti una punizione per ogni parola di protesta che dirai da qui in
poi...
Kevin: Ma...
Stain: E una.
Kevin: Mmmmmh...
Ok, l’avevo promesso che avrei messo ancora qualcosa prima
d’iniziare davvero l’università, ed eccomi qua, con dei bivi freschi freschi! Intanto ringrazio come sempre KuRaMa
KIUUBY (che ha cambiato quell’avatar inquietante, e di questo lo ringrazio due
volte) e i fedelissimi Toky e darkroxas92.
Scegliete pure dove volete andare, entrambi i bivi sono
importanti e collegati fra loro.
Aspetto dunque i vostri pareri! Vado a pubblicare i capitoli, a
dopo!
Capitolo 8 *** [BIVIO] Voci dal nulla! Nessuno ha una buona pastiglia contro il mal di testa? ***
Nel bivio precedente avete deciso di seguire la famiglia Onpu?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio
fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di
seguire le vicende di Simon?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
Voci dal nulla! Nessuno ha una buona pastiglia contro il mal
di testa?
Lucy
rientrò a casa con un sacchetto della spesa in mano, trovando Kevin seduto al
tavolo, di fronte a una marea di libri. Sospirando, posò il sacchetto sulla
cucina e si sedette di fronte a lui, che era talmente concentrato da non averla
udita entrare. La ragazza appoggiò la testa sulle mani e lo guardò per qualche
minuto, in silenzio.
«Almeno
l’hai visto?»
Kevin
sussultò, spaventato: «Ciao... scusa, non ti ho sentito entrare... puoi
ripetere?»
Lucy lo
guardò con aria triste e malinconica: «Ti ho chiesto se sei riuscito a vedere
Simon.»
Il
ragazzo la fissò sorpreso: «Ma tu come...»
«Quanti
anni sono che ci conosciamo, Kevin? Sapevo benissimo che prima o poi avresti
tentato di entrare nella cella di Simon... e non bisogna certo essere dei
detective per capire che questa quantità enorme di compiti di punizione sono
perché ti hanno beccato.»
Il
ragazzo rise: «Cioè, lo sapevano tutti tranne me cosa avrei fatto?»
Poi,
notando lo sguardo triste di Lucy, ritornò serio.
«Sì, l’ho
visto e gli ho parlato.»
«Come
sta?»
«Non
benissimo. Teme d’impazzire, di farti ancora del male. E allo stesso tempo non
vede l’ora di riabbracciarti, anche se sembra avere difficoltà a capire come tu
possa ancora voler stare con lui dopo quello che ti ha fatto.»
Lucy si
alzò in piedi: «Ma come può pensare che io...»
Kevin
alzò una mano: «Tranquilla, ho fatto le tue veci e glielo ho spiegato. Lo sai
anche tu che è fatto così, se può trovare dei motivi per piangersi addosso lo
fa. Ma mi è sembrato più tranquillo quando l’ho lasciato.»
Lucy fece
per salire verso la sua camera, ancora un po’ pensierosa. Kevin le sorrise,
mentre si rimetteva sui compiti: «Tu continua ad andare a cercare di vederlo. E
continua a gridare, lui ti sente.»
La
ragazza non si girò, ma si fermò sul gradino, con un sorrisone incredulo sul
volto. Aveva ancora un motivo per insistere.
Il giorno
dopo Tsubaki e Maka attesero Lucy fuori dalla Shibusen,
che diversamente dal solito si presentò con un bel sorriso sul volto.
Tsubaki
impaziente le chiese: «Te l’hanno fatto vedere?»
Lucy
scosse la testa: «No, ma ho gridato con tutta la voce che avevo in corpo che lo
amo. E lui mi ha risposto. Non sarà tanto, ma questo non me lo possono ancora
impedire.»
Le due
ragazze la presero a braccetto e l’accompagnarono a casa di Tsubaki e Black Star chiacchierando animatamente. I compiti non si
sarebbero fatti da soli.
«Siamo tutte pronte?»
«Sì.»
«E
allora cominciamo.»
Maka
mostrò a Lucy un problema: «Vedi? Basta applicare la formula qui e...»
La ragazza
osservò il testo del problema: «Ma no, mi manca un dato!»
«Ma ti
basta ricavarlo da qua e... Tsubaki?»
La
ragazza guardava il vuoto con la matita sospesa a mezz’aria.
«Tsubaki?»
Improvvisamente
l’arma impugnò la matita come fosse un pugnale e si avventò su Lucy, che
istintivamente diventò polvere per sottrarsi all’attacco.
Con le
lacrime che le rigavano il volto, Tsubaki gridò: «BASTA! NO, NON FATEMELO FARE
ANCORA! NO, SMETTETELA, SMETTELA DI CANTARE!!!
SCAPPATE! SCAPPATE! NON VOGLIO FARVI MALE!»
Maka balzò
prontamente fuori dalla camera, ma Lucy non si mosse.
«Lucy,
vai via...»
«No.
Posso aiutarti a non fare del male a nessuno, lo sai. Lascia che ti addormenti,
per favore. Abbi fiducia in me.»
Tsubaki
annuì: «Presto... mi stanno obbligando a trasformarmi...»
In un
lampo la ragazza divenne una polvere argentata che avvolse dolcemente l’amica:
«Dormi, Tsubaki, dormi... tutto questo non è che un brutto sogno, da cui ti
sveglierai presto...»
Ritornò
solida giusto in tempo per sostenerla e metterla a letto.
Stain
correva per i corridoi sotterranei, gridando a squarciagola per sovrastare le
urla che rimbombavano: «Marie! Chiama James Gin, presto! Li dobbiamo sedare
subito!»
Spirit era già
di fronte alle celle: «Presto, stanno impazzendo!»
Stain
guardò all’interno della cella di Chrona. Il corpo del ragazzo era deformato,
come se il suo sangue stesse cercando di uscire ad ogni costo, e le sue grida
di dolore erano quasi insopportabili.
«Il
sangue nero che gli ha iniettato Medusa reagisce con la magia delle streghe.»
Spirit andò
avanti: «Io sono più preoccupato per Simon. Non lo sento gridare.»
Stain
seguì l’amico e guardò nella stanza del violinista. Simon era immobile, in
mezzo alla stanza, con gli occhi d’oro e la bocca spalancata. Tremava
visibilmente.
«Cos’ha,
una crisi epilettica?»
Poi
notarono che il ragazzo non era immobile. Apriva e chiudeva la bocca,
ritmicamente, e a volte emetteva sillabe incomprensibili. Stain spalancò gli
occhi.
«Peggio!
Sta cercando di unirsi al coro delle streghe!»
James
arrivò in volo in quel momento: «Chi devo addormentare?»
«Chrona e
Simon, d’urgenza!»
La
polvere dell’uomo si divise equamente fra le due celle e avvolse velocemente i
due ragazzi. Chrona collassò quasi immediatamente al suolo, mentre, lentamente,
gli spasmi che agitavano il suo corpo andavano calmandosi. Simon rimase in
piedi, immobile.
James
richiamò a sé tutta la sua polvere e iniziò a muoversi in modo circolare
intorno al ragazzo: «Non funziona, non riesco ad addormentarlo!»
Spirit gridò:
«Insisti! Ha già smesso di tremare!»
L’ex Kishin continuò la sua danza intorno al ragazzo, che
improvvisamente spalancò gli occhi ancora di più, aprì la bocca e iniziò a
parlare con voce alterata:
«La musica condurrà alla rovina
Chi impudentemente le si avvicina.
Chi il mistero inizia a capire
È condannato infine a perire.
Il piano è stato ben congegnato
Ogni dettaglio è stato fissato
E chi in questo istante viene ammaliato
Capirà presto che il mondo è condannato.
L’ombra sorgerà dal sole,
la luce inghiottita dal nero più oscuro,
chi riconoscerà sotto quella malvagia mole
chi un tempo rideva, tranquillo e sicuro?
Il piano sfuggirà dalle mani dei creatori,
il figlio dominerà le madri che l’hanno
forgiato
il viola previsto sarà invece nero, così come
i loro cuori,
l’oro sarà nero, per la gioia di chi non ha
mai creduto,
il mare sarà abisso, per la disperazione dei
loro amori.
Oscura la mente, oscuri i pensieri,
oscura l’anima, oscuri i poteri,
oscuro sarà forse anche l’amore?
Può ancora amare chi non vede il suo cuore?
Per questa questione il Male rivedrà la luce,
per questa domanda l’ombra i due conduce
di fronte alla scelta che tutto decide.
Il mondo, che a volte piange e a volte
sorride,
dipenderà da una sola, folle decisione:
riscritto da zero o la distruzione?
Quale sarà il suo destino?
I tre viaggiano uniti sullo stesso cammino.
Quale sarà la scelta migliore?
Quale riporterà la pace nel cuore
Di chi pensa di essere il Male assoluto,
di chi quasi non ricorda che cosa ha perduto?»
Gli occhi
di Simon iniziarono a chiudersi, lentamente, il suo corpo cominciò a
barcollare, la sua voce si fece impastata. Ma ancora non smetteva di parlare e
farfugliare, senza però più un senso logico.
«L’oro... sarà nero... il viola... nero... il
mare... abisso... il Male... nero... il canto... condanna... il sangue...
tradisce... il debole... perisce... il Male... dalle ceneri... di chi non
vuole... lottare... di chi... pensa di non servire... il Male attecchisce... il
nero... conquista... l’ombra sorge... dal sole che muore... da chi non
pensava... tanto dolore... di chi rimane in attesa... a soffrire... di chi canta...
il canto condanna... il canto salva... il canto confonde... il canto adombra la
luce d’oscurità e... l’oscurità di luce... cambia chi non è mai cambiato...
plasma il Male... l’ombra... il nero... nero... canta... il nero... canta... la
luce... canta... canta ancora... e ancora...»
Simon
finalmente crollò a terra, stremato. Anche James, ritornato umano, si sedette
al suo fianco, esausto.
«Mai
faticato tanto ad addormentare qualcuno...»
Stain prese
una lunghissima tirata dalla sua sigaretta. Cos’era accaduto?
«Ce la
farà?»
Lucy
annuì: «Penso di sì. Vai solo a cercare qualcosa contro il mal di testa, credo
ne avrà bisogno al risveglio.»
Maka andò
nell’altra stanza, mentre Lucy, senza smettere di tenere la mano a Tsubaki,
fissava il soffitto pensierosa. Se aveva fatto questo effetto a lei, chissà a
Simon...
La
ragazza trasalì all’improvviso. E chissà cos’era successo a Rachel e al resto
della sua famiglia, fuori Death City!
Lucy si
morse un labbro, chiusa in una muta preghiera. Poteva solo sperare.
Stain: Si può sapere che state facendo tutti
intorno a un tavolo su un foglietto?
Spirit: Cerchiamo di capire cosa ha detto Simon
prima.
James: Ma è peggio di una sciarada...
Stain: È così complesso?
Spirit: Non lo capiremmo nemmeno ubriacandoci tutti
con un mix di vodka, rum, whisky, grappa, gin, vino rosso francese e italiano,
il tutto condito con un po’ di alcool puro a 98° gradi!
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 8° capitolo: Il nostro oscuro piano continua! Forse è
finalmente giunto l’Adamo che abbiamo a lungo cercato?
Stain: E se chiamassimo la vecchia Veggente?
La zia di Simon?
Spirit: Questa è la prima idea intelligente della
giornata! James!
James: Sto già telefonando... ma pare che la
linea sia interrotta...
Stain: Eh?
James: E ora che si fa?
Stain: SPIRIT! METTI GIÙ QUELLE BOTTIGLIE!
Spirit: ... peccato...
Ed ecco uno dei bivi! Non ho molto da aggiungere salvo che nelle
parole di Simon (sia nella parte in rima che nella parte farfugliata
successivamente, che danno informazioni in parte diverse) è riassunta in
qualche modo più di metà di questa storia. Riuscirete ad interpretarla? Se qualcuno
vuole cimentarsi con la parafrasi me lo scriva pure, che io mi diverto! A voi
poi scegliere di sapere se ci avete azzeccato o meno.
Bene, vado a pubblicare l’altro bivio! Alla prossima!
Capitolo 9 *** [BIVIO] Ritorno a casa! Facciamo un giro da incubo nella serra? ***
Nel bivio precedente avete deciso di seguire le vicende di
Simon?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio
fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di
seguire la famiglia Onpu?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
Ritorno a casa! Facciamo un giro da incubo nella serra?
Il duca
di Onpu scese dalla carrozza per ultimo,
assicurandosi che la moglie stesse in piedi.
La donna
le sorrise: «Sto bene, stai tranquillo...»
L’uomo la
guardò, serio: «Io non sono mai tranquillo, soprattutto in questo periodo.»
La
signora sorrise tristemente. Come dargli torto? Sapeva bene di avere avuto
qualche problema con la testa quando i suoi bambini erano piccoli, figuriamoci
cosa poteva pensare il marito ora che c’era di mezzo anche una maledizione!
Rachel si
fiondò in camera sua, Helen si rifugiò in biblioteca, a cercare l’ispirazione
per qualche nuovo romanzo, a suo dire. I duchi di Onpu
si ritrovarono da soli.
«Cosa
vuoi fare, Sara?»
La donna
sorrise, un po’ stanca: «Penso che andrò a fare un giro nella serra. Bagnerò i
fiori, poterò un paio di rametti e poi me ne andrò a riposare un po’.»
L’uomo
annuì: «Verrei a tenerti compagnia, ma ho qualche affare da sistemare. Con
tutto il tempo che siamo stati a Death City...»
Il duca
si trattenne a fatica da usare il termine “perdere tempo”, più adatto in realtà
a descrivere la sua sensazione sulle settimane di attesa nella città di Lord
Shinigami. Ma se era servito a far star meglio sua moglie, non avrebbe
obiettato. A volte la trattava un po’ duramente, ma l’amava.
Sara
sorrise. Conosceva bene il marito. Se si mostrava così gentile nei suoi
confronti era perché era davvero molto preoccupato per lei.
«Vai
pure, sto bene. Ci vediamo più tardi, va bene?»
L’uomo se
ne andò senza risponderle e lei sospirò. Non c’era modo di fargli smettere di
fare il duro, lei lo sapeva bene.
Con calma
e grazia, Sara si legò il grembiule dietro la schiena, prese le cesoie e
l’annaffiatoio ed entrò nella sua piccola, adorata serra. Gli ospiti che
avevano avuto erano sempre rimasti ammirati dal suo pollice verde: dentro
quella piccola casetta di vetro e ferro era riuscita a far crescere di tutto,
dalle rose alle piante esotiche, in un curioso quanto gradevole colpo d’occhio
di verde e di colori accesi. Quando poteva, la donna scendeva lì, nel suo
piccolo mondo, e se prendeva cura per renderlo ancora più bello.
La
duchessa si inginocchiò per prendere l’acqua. Il giardinaggio era una delle
poche cose che erano in grado di calmarla sempre, anche quando le prendeva
l’ansia e la sua testa rischiava d’impazzire. Perché un motivo di
preoccupazione l’aveva eccome. Non poteva non pensare al suo piccolo Emanuel, lì, rinchiuso nelle segrete di Death City...
La donna
versò l’acqua in un vasetto. Aveva sperato che con il dono della Veggenza di
sua sorella il suo bambino avrebbe potuto essere un po’ più felice... mai
avrebbe immaginato che potesse essere invece una condanna o una maledizione.
Erano andati lì per un motivo felice, in fondo...
Con gesti
sapienti e ben controllati, la donna posò l’annaffiatoio e prese le cesoie.
Avrebbe mai trovato il modo per donare al suo bambino un momento di felicità?
«Siamo tutte pronte?»
«Sì.»
«E
allora cominciamo.»
Fu
improvviso, così tanto che dalla sorpresa le scivolarono le cesoie dalle mani e
le caddero a terra, rimbombando innaturalmente nella serra deserta.
«No…»
La donna
si prese la testa fra le mani. Il canto delle streghe era tornato, come al
matrimonio, forse anche più forte. Barcollò, tenendosi faticosamente a uno dei
suoi piccoli alberelli. Le parole e la melodia maledette entravano
prepotentemente nel suo cervello. Provò a tapparsi le orecchie, ma era inutile,
era tutto perfettamente inutile. Urlò, chiese aiuto, ma nessuno riusciva ad
udirla, lì, nel suo piccolo mondo. Sara non aveva altra scelta che ascoltare.
Le ginocchia le cedettero, quasi come se fosse schiacciata dal peso di quella
malia. Le sembrava d’impazzire di nuovo. E poi…
… e poi qualche
parola, in mezzo a quell’ammasso di sillabe cantate, si fece chiara,
all’improvviso, come se qualcuno avesse premuto un interruttore all’interno del
suo cervello. Sara alzò la testa. Stava capendo
finalmente cosa le streghe cantavano da settimane. Era un inno alla libertà
d’espressione, ed era così bello, ora che lo comprendeva…
non sembrava affatto una maledizione…
Rimase
lì, immobile. Più lo ascoltava, lo capiva e lo apprezzava. Quel canto le
entrava nella mente, nel cuore e soprattutto nell’anima, che lentamente
sembrava assumere una tonalità purpurea. Quanto era bello quel canto… sarebbe rimasta tutta la vita ad ascoltarlo. Anzi, a
cantarlo, perché ora era in grado di unirsi al coro. La donna ne intonò qualche
parola, e subito si sentì ribollire di una strana energia, mai provata prima.
Cresceva ogni secondo di più, premeva per uscire.
Con un
po’ di titubanza, Sara aprì le mani. In un attimo tutte le piante crebbero
contemporaneamente, rigogliose, verdi e sane come non mai. La donna si alzò in
piedi e si aggirò nella sua serra, guardandola meravigliata, come se non
l’avesse mai vista prima. Avvertiva una sorta di collegamento fra lei e le sue
piante: sapeva esattamente dove si trovasse e quanto stesse crescendo ogni filo
d’erba, ogni fiore, ogni ramo.
Dopo
qualche minuto si rese conto di cosa significasse: era stata lei a far crescere le sue piante in pochi secondi. Ma
come?
Una
risposta si affacciò alla mente, limpida quanto incredibile.
Magia.
Ma lei
non era una strega. O no?
Il canto
continuò. Sara chiuse gli occhi per ascoltarlo meglio, per capirlo meglio. Perché ad ogni secondo aveva l’impressione di
comprendere qualcosa di più. Non era più solo un inno alla libertà. Era un inno
al potere. Il potere che ora poteva
avvertire chiaramente dentro di lei. Quel potere meraviglioso che la faceva
sentire così bene, così viva, così…potente.
La vegetazione
intorno a lei sembrò seguire quelle sensazioni. Cresceva in modo apparentemente
incontrollato, riempiendo ogni spazio vitale. Era ormai impossibile entrare e
impossibile uscire dalla serra. Ma Sara non voleva farlo. Sarebbe volentieri
rimasta lì per sempre, lei e le sue piante, solo loro. Di cosa altro aveva
bisogno? Di quel bel canto, che era ormai scolpito nella sua anima a rune di fuoco,
che ardeva dentro di lei e che infiammava ogni suo gesto. Le piante iniziarono
a cambiare: spuntarono ovunque rovi e spine, liane si arrampicarono dappertutto,
funghi velenosi iniziarono a spuntare dal terreno, in mezzo al muschio che
rapidamente ricoprì tutto, mentre molti dei fiori diventarono piante carnivore.
Sara si guardò intorno, e sorrise, un sorriso compiaciuto che non aveva mai
fatto prima. Le piaceva molto di più così, sì, molto più di prima. Ancora un
po’, doveva ascoltare quel canto ancora un pochino, c’era ancora qualcosa che
le sfuggiva, un verso che non comprendeva appieno. Libertà, potere e cos’altro?
Lo capì
all’improvviso. Era così semplice, così consequenziale…
come aveva fatto a non capirlo prima? Era la semplice espressione di quel desiderio
che le era nato lentamente nel cuore, ma che solo in quel momento aveva
compreso, solo nell’istante in cui la sua anima era diventata totalmente e
definitivamente viola.
Distruzione.
Male e distruzione.
Erano questi i suoi unici desideri, ora.
Gli unici scopi della sua esistenza.
E la
serra esplose, mentre liane e rovi si diffondevano ovunque, crescevano alti e
rigogliosi, inghiottendo tutto. Sara uscì cantando con passo da regina dalle
rovine della sua piccola serra. Regina dagli infiniti poteri sulle piante. Strega, in tutto e per tutto. Era rinata
a nuova vita.
Non lo
sapeva, ma contemporaneamente anche sua sorella e sua figlia avevano vissuto
esperienze simili.
All’interno
della magione Onpu si aprì da sola la porta della
biblioteca, da cui uscì un fiume d’inchiostro, che inghiottì e travolse ogni
cosa. Al piano di sotto la porta di una camera esplose.
Tutte le
donne della casa si diressero, senza mettersi d’accordo in alcun modo, verso
l’unica persona che non si era accorta di nulla di ciò che era successo.
Verso
l’unico essere vivente nei dintorni. Perché
non poteva continuare ad esserlo.
«Quante
volte ve lo dire? L’appuntamento è alle diciassette e quaranta. Quaranta. Ma… mi sente? Pronto? Pronto?»
Il
telefono venne sbattuto con violenza.
«Ma
possibile che sia sufficiente stare via tre settimane per causare una miriade
di problemi come questo?»
L’uomo
sbuffò, appoggiandosi stancamente alla poltrona. Se avesse continuato così
sarebbe impazzito lui, altro che…
Un rumore
improvviso lo fece trasalire. Si voltò.
«Ma cosa…»
Si alzò.
Un vetro della stanza era stato sfondato da…
«… un
ramo?»
L’uomo lo
guardò meravigliato. Dal ramo si diramarono liane e arbusti che si diffusero a
gran velocità su tutta la parete, portando con loro strani funghi e spine.
«Che…»
Un altro
rumore lo fece voltare. Una sostanza nera e vischiosa stava passando da sotto
la porta, bollendo e schiumando. Con un balzo il duca di Onpu
saltò sulla scrivania, per non correre rischi.
«Che sta
succedendo? CHE STA SUCCEDENDO???»
Un’esplosione
sbalzò l’uomo a terra, che rotolando si rifugiò sotto la scrivania per schivare
i colpi di mitra.
«Accidenti,
l’ho mancato… mi sa che devo ancora un po’ prenderci
la mano…»
Il duca
alzò la testa per un attimo, riconoscendo la voce: «Rachel?»
Per tutta
risposta una nuova raffica di proiettili gli sfiorò i capelli. Sua figlia era
lì, di fronte a lui, armata e con un folle sguardo omicida.
«Ciao,
papà.»
Una nuova
raffica investì la scrivania.
La
ragazza rise, una risata strana, mai fatta prima d’ora. Una risata puramente
malvagia.
«Oh,
scusa, lo so che odi che ti chiami papà. Lo so. L’ho fatto apposta.»
«Che…»
Rachel
cercò nuovamente di sparare, ma le armi fecero cilecca: «Oh, a quanto pare ho
finito i proiettili, che peccato…»
Con tutta
la tranquillità del mondo, le gettò alle spalle, venendo inghiottite dal mare
d’inchiostro che non si era mai fermato, ed entrò nella stanza. Si stava
divertendo da morire a dare la caccia al suo ingombrante paparino.
La voce
di Helen rimbombò nel corridoio: «Serve aiuto?»
Il duca
di Onpu sorrise. Non era mai stato tanto felice di
sentire la voce della cognata: «Sì, sì! Fermala, ti prego! È impazzita! Sta
impazzendo tutto qui!»
Ma le
parole gli morirono in gola quando vide la donna camminare sulla marea
d’inchiostro a piedi nudi, senza sporcarsi minimamente, con lo stesso sguardo
folle della nipote. Urlò, cercando di salire sulla poltrona. Non sapeva cosa
sarebbe potuto accadergli se avesse toccato quella nera poltiglia. Ma fu solo
un attimo di panico. Il duca di Onpu non poteva
arrendersi così facilmente. Doveva solo recuperare la moglie e…
Uno
sguardo alle pareti ormai selvatiche gli fece sorgere un orrendo sospetto.
E se anche Sara fosse stata…
«Mi
cercavi?»
Vederla
entrare dalla finestra, trasportata da un’altalena di liane, trasformò il
dubbio in certezza. Anche lei era dalla loro parte. Anche lei era lì per ucciderlo.
Poi non
capì più nulla. Le piante continuarono a crescere, l’inchiostro a salire e
l’uomo si sentì sempre più soffocare.
Rachel si
guardò intorno, come se cercasse qualcosa, indifferente all’inferno che la
circondava. Poi sorrise, e si avviò nella stanza fino a un muro. Gli assestò un
pugno, deciso. E la casa crollò come se fosse stata di carte.
Le tre
streghe, sopra tutta quella devastazione, risero soddisfatte. Così doveva
essere il mondo. Distrutto.
Dopo aver
ammirato per un attimo la loro opera, in un tacito accordo si avviarono.
Le loro
sorelle le stavano chiamando.
Dovevano andare.
Conte: Io non capisco peVché
il Duca di Onpu abbia insistito per vedeVci a quest’oVa.
Marchese: E dopo l’oVa
del tè, peV di più. Disdicevole, davveVo
disdicevole. Solo peVdiscuteVe
di volgaViaffaVi…
Conte: Oh, guarVdi
un po’, esimio!
Marchese: È veVamente
offensivo, egVegio!
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 8° capitolo: Il nostro oscuro piano continua! Forse è
finalmente giunto l’Adamo che abbiamo a lungo cercato?
Marchese: AccoglieVci
in una discaVica, che oVVoVe!
Duca di Onpu: Ehi…laggiù…aiutatemi…
Conte: Oh, poffaVVe!
Marchese: AccedeVbolina!
Duca di Onpu:
Invece di stare lì ad esclamare, tiratemi fuori da qua sotto!
Conte: Ma come osa pVesentaVsi
così in nostVapVesenza?
Marchese: E senza nemmeno una tazza di tè, voVVei far notaVe… dove ha
lasciato le Vegole dell’ospitalità, Duca?
Duca di Onpu: SOTTO
LE MACERIE DELLA MIA CASA, IMBECILLI! USCITE PER UN ATTIMO DAI VOSTRI PANNI
NOBILIARI E APRITE GLI OCCHI!
Conte: Se pVopVioinsiste… su, venga, ma non mi spoVchi
i vestiti, che mi sono costati un occhio della testa…
Duca di Onpu: Per
una volta nella vita comprendo perché Simon odi la nobiltà…
a proposito, perché diavolo non mi ha avvertito che sarebbe successo tutto questo?
A che serve avere un Veggente in famiglia, altrimenti?
Marchese: Dipende…vostVo figlio Vegge i vostri affaVi?
Duca di Onpu: Ho
detto Veggente, non Reggente… maledetta erre moscia… maledetta tutta questa giornata…
Conte: Su, su, non pianga…
non è educato, in pubblico…
Capitolo 10 *** Il nostro oscuro piano continua! Forse è finalmente giunto l'Adamo che abbiamo a lungo cercato? ***
Il nostro oscuro piano continua! Forse è finalmente giunto l’Adamo che
abbiamo a lungo cercato?
«Benvenute,
sorelle.»
Le tre
donne si fecero avanti, ormai pienamente a loro agio nel loro nuovo ruolo di
streghe. Non importava loro più nulla della loro precedente vita, del Duca di Onpu rimasto sotto le macerie della loro casa o di Simon
rinchiuso a Death City. Sara, Helen e Rachel volevano solo unirsi alle altre
streghe e partecipare anche loro al grande rito.
Nel loro
animo albergava un’infinita sete di distruzione e una gran voglia di scatenare
i loro nuovi poteri.
Non erano
sole. Altre donne erano con loro, pronte a seguire le streghe che le guidavano
attraverso una strana e curiosa foresta intrisa di nebbia e di magia, in cui
tutte si mossero senza alcuna difficoltà, come se abitassero lì da sempre.
Dopo
quasi un’ora di cammino arrivarono a una radura molto spaziosa. Là le
attendevano impazienti molte altre streghe. Non appena tutte furono giunte, una
di loro parlò.
«Do il nostro più sentito benvenuto alle
nostre nuove sorelle! Se siete giunte qui, è perché finalmente avete compreso
il nostro canto, il nostro richiamo nell’antica lingua stregonesca, la nostra
antica lingua intrisa di magia, la lingua con cui ora vi sto accogliendo.»
Non una
parola si levò dal gruppo delle nuove arrivate, tutte troppo concentrate sul
discorso a loro rivolto.
«Vi abbiamo cercato a lungo, sorelle.
Voi siete depositarie di poteri che per secoli abbiamo creduto
irrimediabilmente perduti. La nostra magia è ormai legata indissolubilmente
alle figure animali, ma voi siete in grado di donare alla nostra comunità
capacità di cui noi ormai abbiamo perso memoria. Per questo, per rendere più
forte, più coesa, più potente la nostra comunità, abbiamo deciso di
richiamarvi. Più di duecento di voi, oggi, in ogni parte del mondo hanno
risposto alla nostra chiamata. Non abbiate timore di noi, di voi, di cosa siete
diventate. Non subirete discriminazioni da parte nostra, non siamo come gli
umani che si fanno la guerra per qualunque questione, noi streghe siamo parte
di un’unica famiglia dedita soltanto al grandioso scopo della devastazione. Noi
esistiamo per distruggere il mondo. Chiunque si opporrà a noi sarà debellato, e
nel peggiore dei modi, così che nessuno possa nuocere al nuovo, potente regno
delle streghe che faremo nascere presto!»
Tutte le
streghe, vecchie e nuove, a quelle parole esultarono ridendo.
«Non trattenetevi più! Sfogate tranquillamente
i vostri istinti più profondi e perversi, domani non ci sarà più nessuno a
potervelo impedire. Aiutateci a continuare il nostro incantesimo, il nostro
canto, fino a che tutte le nostre sorelle non saranno riunite! Fino a che non
saremo udite anche da chi può aiutarci a ricostruire il mondo a nostro piacimento… andate, ora. Ambientatevi pure, chiedete aiuto
alle vostre sorelle, presto tutto vi sarà chiaro.»
Le
streghe si dispersero, ognuna diretta verso un gruppo di nuove arrivate, per
accoglierle.
Una
strega dai lunghi capelli castani si rivolse a Sara: «Benvenuta, sorella. Qual è il tuo nome?»
La donna
impiegò qualche secondo a rispondere: «Sara.»
La strega
annuì soddisfatta: «Brava,
sei già una di noi. Dimentica pure il tuo nome, qui ci conosciamo tutte grazie
alla nostra magia, non ci serve altro per distinguerci. Qual è il tuo potere?
Mostramelo.»
Sara
sorrise e allargò le braccia. Il suo corpo venne immediatamente ricoperto di
fronde, liane e cortecce, fino a diventare qualcosa di simile a una ninfa
arborea.
Helen al
suo fianco annuì soddisfatta: «Eccellente,
sorellina!»
La strega
si rivolse a lei: «E
tu? Qual è il tuo potere?»
Ripetendo
il gesto della sorella, il corpo Helen si ricoprì d’inchiostro. La strega castana
la guardò soddisfatta, per poi rivolgersi a Rachel: «Manchi
solo tu.»
La
ragazza si guardò intorno per un po’, poi si avvicinò a un albero nelle
vicinanze e ne toccò un punto con un dito, dando una leggera spintarella.
L’albero cadde al suolo senza sforzo.
Rachel
sorrise soddisfatta: «Sono meno appariscente di mia madre e di mia zia, ma
posso individuare il punto debole di qualsiasi materiale per abbatterlo con il
minimo sforzo.»
Le altre
streghe sbarrarono gli occhi con aria scandalizzata, ma la loro attenzione
venne nuovamente attirata dalla strega che aveva parlato all’inizio.
«Bene, sorelle, ora che siete parte di
noi, è giusto che sappiate perché vi abbiamo richiamato a noi dopo secoli di
oscurità e silenzio. È vero, finora siamo state divise per questioni personali,
ma tutto è stato accantonato in vista di un grandioso sogno che è stato capace
di unirci tutte in un progetto audace e ambizioso. Per troppo tempo il mondo è
stato lasciato nelle mani degli uomini. Che cosa hanno saputo farne? Niente,
niente di buono! Noi ricostruiremo un nuovo mondo, popolato solo da esseri
magici, dove non ci sarà spazio per nient’altro che la nostra magia!»
Mormorii
di approvazione seguirono questa dichiarazione, ma la strega, evidentemente
abituata a parlare in pubblico, riottenne presto il silenzio.
«Ma per fare questo, abbiamo bisogno di
creare una nuova generazione magica. Completamente
magica! Non come abbiamo fatto per secoli e secoli, affidandoci al caso,
nella speranza che la nostra progenie fosse femminile, perché altrimenti tutto
il nostro potere sarebbe andato perduto. Noi abbiamo intenzione di creare un
Adamo, uno stregone, il primo stregone, da cui ripopolare il mondo! Pensateci
bene: figli maschi o femmine, non avrebbe più importanza. La nostra magia non
si estinguerebbe mai più! E gli umani sarebbero spazzati via come mosche.»
Fra le
nuove arrivate si scatenò l’entusiasmo all’udire quel progetto.
«Dunque, vi chiedo: siete disposte ad
aiutarci nella creazione della nostra nuova utopia?»
L’urlo si
levò unanime: «Sì!»
«Bene. Troveremo per ognuna di voi un
ruolo adeguato. Ora andate. Saremo noi a cercarvi quando sarà il vostro
momento.»
Tutte le
streghe si allontanarono. Rachel si mise a esplorare i dintorni da sola, ma
Sara e Helen vennero trattenute dalla strega di prima.
«Ve ne siete accorte?»
Helen
annuì: «Parli di Rachel,
vero?»
La strega
annuì: «Il suo sangue di
strega è troppo debole e la sua trasformazione è incompleta. È in grado di
capirci, ma non di infondere la magia nelle sue parole. E il suo potere è
ridicolo, è indegno quasi di essere
chiamato tale, è solo un’applicazione leggermente più raffinata dell’istinto di
distruzione che abbiamo risvegliato anche nei nostri schiavi. Non reggerà a
lungo, presto perderà la sua coscienza o impazzirà.»
Sara
ridacchiò: «Peggio
per lei. È solo una figlia indegna, non m’interessa del suo destino, è grande
per cavarsela da sola. Se non è in grado di accedere al nuovo regno
stregonesco, che cada pure.»
Helen
sospirò: «Peccato che al suo
posto non ci sia Simon…»
La strega
le guardò stupite: «Simon?»
«L’altro mio figlio.»
«Anche lui ha udito il nostro canto?»
«Sì, ma è protetto dall’anima di
Shinigami a Death City…»
La strega
le guardò con aria grave: «Voi
due dovete conferire con consiglio delle sorelle. E subito.»
Rachel
sospirò, guardando il cielo azzurro respirando profondamente. L’aria lì era
così pura, non come a Death City, non come a casa…
…casa… la sua casa ora distrutta…
Per un
attimo la ragazza sembrò tornare in sé. Cosa
aveva fatto? Cosa avevano fatto?
Avevano distrutto tutto! Forse avevano persino…
Rachel
balzò in piedi e si mise a correre. Doveva
scappare, andarsene da quella follia collettiva, doveva andare a soccorrere suo
padre! Forse era ancora in tempo…
Di colpo,
si fermò. Sì, ma sua madre? E sua zia? Se
se ne fosse andata, sarebbe più stata in grado di tornare a prenderle? Non
aveva idea di dove si trovasse…
La
ragazza si prese la testa fra le mani. Cosa doveva fare? Cosa? Cosa?
«Rachel?»
La
giovane duchessa di Onpu si voltò. A chiamarla era
stata una giovanissima strega bionda, più o meno della sua età: «Il consiglio
delle sorelle ha capito cosa puoi fare per aiutarci nella causa.»
Rachel
scosse la testa: «Io… no. Non posso seguirti.»
La strega
la guardò impassibile, per poi ripetere: «Rachel,
seguimi. Il consiglio delle sorelle ha capito cosa
puoi fare per aiutarci nella causa.»
La
ragazza, ammaliata dalla magia insita in quelle parole, le ubbidì. Era
ritornata a ragionare da strega, nemmeno ricordava più la sua intenzione di
scappare da quel luogo incantato.
In pochi
minuti venne condotta da un gruppo di streghe che non aveva mai visto.
«Rachel Elizabeth Onpu.»
«Stiamo
per affidarti un incarico di enorme importanza.»
Rachel fece
un inchino: «Ne sono onorata.»
«Abbiamo
trovato probabilmente l’Adamo che ci permetterà di iniziare a realizzare la
nostra utopia.»
«La
notizia mi riempie di gioia.»
«Tu
andrai a prenderlo, perché ora come ora il nostro canto non può raggiungerlo
appieno.»
Rachel
ripeté l’inchino: «Sono onorata della fiducia che riponete in me. Non vi
deluderò.»
«Lo speriamo per te.»
«Noi
non tolleriamo i fallimenti.»
«Se
ritorni senza di lui non avremo pietà.»
«Non
fallirò.»
«Bene,
ci piace la tua determinazione.»
«Andrai a Death City.»
«Ma… non posso! A Death City riescono subito a capire se
entrano delle streghe!»
«Proprio
per questo ci affidiamo a te.»
«Fra
di noi sei la più debole, sei quella che ha la maggiore probabilità di passare
inosservata.»
«Senza
contare che lui di te si fiderà
sicuramente.»
«Non
starete parlando…di
Simon?»
«Simon EmanuelOnpu.»
«Colui
che ha i poteri attivi della nostra antica sorella.»
«Colui
che ha udito il nostro canto.»
«Chi
meglio di lui può essere il nostro Adamo?»
«D’accordo.
Ve lo porterò.»
«Portalo fuori da Death City e tutto
sarà fatto.»
Rachel
annuì e si allontanò. Dall’ombra uscirono fuori Sara e Helen.
La strega
arborea fece una smorfia: «Siete
sicure di volerle affidare un compito così importante?»
«Due
piccioni con una fava: l’Adamo condotto a noi senza grosse difficoltà
d’infiltrazione e una pedina sacrificabile in meno in una sola mossa.»
Helen
sorrise: «Interessante… sono
proprio curiosa di vedere come finirà.»
«Se
non dovesse funzionare, troveremo altri modi. Per ora la nostra priorità è
Simon.»
«Gioite,
sorelle! Il sangue del vostro sangue sarà la chiave per il nostro successo!»
Sara e
Helen risero: «Già,
per il nostro nuovo mondo…»
Helen: E se Rachel dovesse fallire, me ne
occuperò io!
Sara: Tu?
Helen: Una missione d’infiltrazione e di
spionaggio di alto livello! È una vita che sogno un’avventura così! Potrei
finalmente viverla in prima persona e non scriverla…
Sara: Ehm… Helen?
Helen: Sì?
Soul Eater, Richiamo
di sangue, 9° capitolo: Totale disobbedienza agli ordini! Si può essere traditi
dal proprio stesso sangue?
Sara: Forse non te ne sei ancora accorta… ma da quando controlli l’inchiostro, tendi a
lasciare una scia nera dietro di te…
Helen: …
Sara: Forse, e sottolineo forse, non è
proprio l’ideale per le missioni di spionaggio ultra-segrete…
Helen: Uffa, però…
Buonasera a tutti! Abbiate pazienza ma è ricominciata l’università
e i professori di solito non accettano la scusa: “Eh, sa prof, non ho studiato perché
ho scritto fan fiction a bivi...”
Tranquilli, questo sarà l’unico capitolo con così tante scritte “strane”.
Dal prossimo torna tutto normale.
Bene, ringrazio dunque KuRaMa KIUUBY e darkroxas92 per le recensioni (e
tutti gli altri che fine hanno fatto?) e vi aspetto al prossimo capitolo.
Capitolo 11 *** Totale disobbedienza agli ordini! Si può essere traditi dal proprio stesso sangue? ***
Totale disobbedienza agli ordini! Si può essere traditi dal proprio stesso
sangue?
Rachel
scosse la testa un paio di volte. Da quando si era allontanata dal rifugio
delle sue sorelle aveva continuamente mal di testa. Solo il loro canto sembrava
poterla mantenere concentrata sulla missione. La missione più importante di
tutte. Quella che avrebbe deciso le sorti del mondo.
Il piano
poteva funzionare, ne era certa. L’aveva studiato con attenzione, chiedendo
aiuto laddove necessario alle sue sorelle streghe. Non le avrebbe deluse.
Continuava a ripeterselo mentalmente più volte, per rassicurarsi. Aveva la
tremenda e continua sensazione di aver scordato qualcosa, qualcosa
d’importante, anzi, di vitale. Ma non trovava pecche nel suo piano.
Rachel
prese un respiro profondo. Era ora di cominciare.
«Ce la farà?»
«Sarà
meglio per lei.»
«O
perirà.»
«Perirà
comunque, in verità.»
«Ma non lo farà invano.»
Due
guardie controllavano l’ingresso a Death City. Rachel non si spaventò, lo aveva
previsto. Mise una mano in tasca e tirò fuori un piccolo fiore, viola e con
molti viticci, l’aiuto che aveva chiesto a sua madre. Il profumo inebriante su
di lei non faceva effetto, ma le guardie risentirono visibilmente dei suoi
effetti. Il loro sguardo si fece vuoto, le loro menti confuse e per Rachel
entrare fu un gioco da ragazzi.
La
soddisfazione per quel piccolo successo fu quasi subito sostituito da un attimo
di panico. Là, dentro l’anima di Shinigami, non riusciva quasi più a sentire il
canto delle sue sorelle. E quella tremenda sensazione di aver scordato qualcosa
d’importante si fece ancora più opprimente. Ma cosa, cosa aveva scordato?
La
ragazza scosse la testa. Non aveva importanza, doveva avanzare. La sua missione
era troppo importante.
Chrona
sospirò. Era stanco di stare solo in quella cella, con l’unica compagnia di Ragnarok, sempre pronto a tormentarlo in ogni modo.
«Ehi,
pappamolle! Sei di nuovo triste?»
Il
ragazzo sussultò: «N-no! Non…
non sono triste!»
L’ombra
alzò uno dei suoi piccoli pugni bianchi: «Perché altrimenti ti devo tirare su
io, e sai come faccio!»
«N-no! Non mi picchiare di nuovo!»
Il
ragazzo trattenne a stento un altro sospiro. Era dura essere costretti a
condividere il corpo con un’arma che non aspettava altro che un buon momento
per usarti come un punching ball!
Un rumore
destò l’attenzione di Chrona: «A-aspetta, Ragnarok!»
«No, tu
hai bisogno di una bella ripassata subito!»
«N-non senti questo rumore?»
Ragnarok tese
l’orecchio: «Passi…»
«A-appunto! N-non è il professore,
è-è fuori orario! E a-allora chi…»
Un’ombra
bionda passò davanti alla cella.
«R-Rachel?»
«La
sorella di Simon?»
La
ragazza li guardò sorpresa, poi sorrise: «Buongiorno, ragazzi!»
Chrona la
guardò come se fosse un fantasma: «C-che ci fai qui?
Nessuno può e-entrare qui dentro!»
Rachel
esibì la sua espressione più innocente: «Sono venuta a salutare mio fratello!»
«N-non puoi! Non può nemmeno L-Lucy!»
Ragnarok lo
interruppe: «Lascia stare questo balbuziente, ascolta me piuttosto! Hai
qualcosa da mangiare? Qua dentro mi fanno fare una dieta stretta che non ti dico…»
La
ragazza scosse la testa: «No, mi dispiace, ho solo questo…»
L’arma
sbuffò contrariata: «Un fiore? I fiori non si mangiano!»
«Ma ha un
buon profumo… lo senti?»
Chrona lo
annusò, poi si ritrasse: «M-magia! Come M-Medusa! Sa
di m-magia!»
Rachel
annuì: «È proprio per questo che è buono.»
Chrona,
intontito, cercò di impugnare Ragnarok: «No…io…io…
ti devo…fermare…lamagia…non…»
La
ragazza gli restituì uno sguardo di ghiaccio: «Tu non puoi nulla contro la
magia. Sei debole e non puoi essere un degno Adamo. Ma Simon sì! Simon
ripopolerà la Terra di magia oscura.»
Chrona
cercò di reagire, ma le palpebre si fecero sempre più pesanti e anche Ragnarok cedette agli invitanti richiami di Morfeo.
«No…R-Rachel…»
E caddero
entrambi al suolo, senza forze, in un sonno profondo.
La
ragazza sorrise: «E ora di corsa da quella mozzarella di mio fratello.»
Simon
guardò l’orologio. Era troppo resto, Lucy sarebbe venuta a trovarlo solo fra
qualche ora. Ad essere sinceri, trovarlo era
un parolone. A gridargli da dietro le
sbarre era la definizione più corretta. Ma era pur sempre meglio di nulla.
Il
violinista si strofinò un orecchio. Da una quarantina di minuti gli fischiava
insistentemente. Forse le streghe si stavano riscaldando la voce, doveva stare
attento. Ci mancava solo che…
«Simon?»
Il
ragazzo si girò di scatto, pensando di avere le allucinazioni: «Rachel?»
La
sorella gli sorrise dolcemente: «Ciao! Come stai?»
Il
ragazzo si attaccò alla porta: «Rachel, ma cosa ci fai qui? Nessuno può entrare
qui dentro!»
La
biondina alzò le spalle: «Ho ottenuto un permesso speciale. Stiamo per partire,
Simon.»
Il
ragazzo sospirò: «Immagino… nostro padre avrà
insistito fino alla nausea con Lord Shinigami perché vi desse il permesso di allontanarvi…»
«Infatti.
Puoi venire a salutarci, nostra madre non vede l’ora di riabbracciarti prima di
partire.»
Il cuore
di Simon per un attimo si riempì di gioia. Solo per un attimo, però.
«Dov’è il
professor Stain? È lui l’unico che può aprire la cella…»
Rachel sorrise,
accomodante: «Mi ha dato il permesso…»
Il
violinista scosse la testa allontanandosi dalla porta: «No, se non viene lui ad
aprire, io non esco! Sono pericoloso, ho già dato segni di follia qua dentro!
Non voglio più cercare di uccidere nessuno! Non voglio farmi contagiare ancora
dal canto delle streghe!»
«Non c’è
alcun pericolo, Simon, te l’assicuro…»
«No! Se
esco adesso rischio di vanificare tutti i sacrifici fatti fino ad ora! Scusami
tu con i nostri genitori, sono certo che capiranno…»
Rachel lo
guardò severamente, con quello sguardo che aveva sempre fatto rabbrividire il
fratello: «Simon. Emanuel. Onpu.
Ora. Verrai. Con. Me.»
Il
ragazzo scosse la testa: «Non dipende da me, Rachel, non insistere. La porta è
chiusa!»
Un
secondo dopo quella stessa porta esplose in mille pezzi. Simon fece appena in
tempo a ripararsi il volto con le braccia. Tossì e, non appena la polvere gli
permise di farlo, aprì gli occhi. Rachel era lì, indenne, con lo sguardo più
inquietante che le avesse mai visto.
«Ora non
più.»
Simon
iniziò ad essere preda di un sincero terrore. Sua sorella era sempre stata un
tipo deciso e autoritario, ma non fino a quei livelli!
«R-Rachel… s-sei tu?»
La
ragazza sfoderò ancora una volta il fiore viola: «Certo che sono io, Simon… ora la porta è aperta, hai visto? Puoi uscire, non
c’è alcun pericolo…»
Lo
sguardo del fratello maggiore iniziò a velarsi e la sua bocca ripeté, atona: «Non c’è alcun pericolo…»
Rachel
gli sistemò il fiore all’occhiello: «Non puoi passare tutta la vita in questa
prigione, non è giusto…»
«Non è giusto…»
La
ragazza gli prese la mano e iniziò a tirarselo dietro dolcemente: «Ora usciremo
fuori…»
«…fuori…»
«Fuori da
questa cella, fuori da Death City…liberi…»
«… liberi…»
«Liberi
di udire la chiamata…»
«…la
chiamata…»
Gradino
dopo gradino, Rachel si trascinò dietro il fratello in trance. Ormai potevano
vedere i raggi del sole. Ora doveva solo portarlo fuori dalla città e avrebbe
concluso la sua missione. Avrebbe potuto tornare a testa alta a casa…
A casa… la casa che
lei aveva distrutto… insieme a suo padre…
Rachel
sbarrò gli occhi. Ecco cosa aveva
scordato! Suo padre! Scosse la testa. Era di nuovo stata abbindolata dalla
magia delle streghe, e aveva fatto quello che loro desideravano…
Lasciò di scatto la mano del fratello. Cosa stava facendo? Se portava Simon da loro
per il mondo sarebbe stata la fine!
Si voltò verso il violinista: «Simon! Dobbiamo
tornare indietro! Subito!»
Ma Simon aveva la testa rivolta verso il cielo:
«Il canto… ora lo sento…»
Rachel si mise le mani nei capelli: «No, no, no!
Non devi ascoltarlo! Dobbiamo tornare giù!»
Il
ragazzo chiuse gli occhi: «Era da tanto che non ascoltavo della musica… non mi ero accorto che fosse così bella…»
La sorella trattenne a stento un singhiozzo. Era
troppo tardi! A meno che…
Le
mani della ragazza corsero verso il fiore incantato all’occhiello di Simon.
Forse con quello sarebbe riuscita a…
Ma non
appena le sue dita lo sfiorarono, il leggiadro fiore viola diventò polvere.
«NO!!!»
Simon
sembrava rapito dalla melodia che lei non era più in grado di udire: «Devo… devo riuscire a sentirla meglio…
mi pare di…»
Disperata,
Rachel cercò di tappargli le orecchie con le mani, ma il fratello la buttò a
terra e, completamente fuori controllo, cercò di avviarsi alle porte della
città.
«No, Simon!!!
Cosa ho fatto… cosa ho fatto…»
La
ragazza si sbatté le mani sulle guance: «Devo fermarlo! E se non ci riesco da sola…»
Rachel si
rimise in piedi e iniziò a correre verso una casa che conosceva bene. Lucy, lei
le avrebbe creduto! Doveva solo…
«RACHEL. ELIZABETH. ONPU!»
La
ragazza trasalì a quella voce, incredula. Non poteva crederci, non poteva
assolutamente crederci…
«P-padre?»
Con gli
occhi lucidi vide il Duca di Onpu avviarsi a grandi
falcate nella sua direzione. Un enorme groppo in gola le impediva quasi di
respirare.
«Padre… siete salvo…»
Ma l’uomo
non gioì affatto, anzi, prese la figlia per la maglia e la sollevò di peso,
bloccandole le braccia: «TU! FIGLIA DEGENERE, ASSASSINA! COSA CI FAI QUI?»
Rachel
sentì il fiato venirle meno, ma trovò al forza di rispondere: «Non ero in me,
non ero io! Sono contenta che stiate bene, padre, davvero!»
Il Duca
non allentò la presa: «NON M’INGANNI, STREGA! TU NON SEI MIA FIGLIA! MI SONO RIFUGIATO QUI PER ESSERE AL SICURO DA VOI, MALIARDE
ATTENTATRICI! DOV’È SARA? DOV’È MIA FIGLIA? QUELLA VERA!»
Rachel
scoppiò in lacrime: «Sono io, padre, sono tornata in me…
dovete aiutarmi, vi prego… Simon sta scappando… se non lo fermiamo, loro…»
L’uomo la
guardò, severo: «Ora ho le prove che tu non sei mia figlia. Lei saprebbe che
suo fratello è nelle segrete di Death City, al sicuro. Non si può scappare da
lì.»
La
ragazza era sull’orlo di una crisi isterica: «Vi prego, ascoltatemi, padre!»
Il Duca
la trascinò via: «No, non ascolterò una parola di più. Ti consegnerò alle
autorità e mi assicurerò che ti diano ciò che ti meriti!»
Rachel
cercò di divincolarsi ancora, invano: «NO! SIMON, FERMATE MIO FRATELLO O SARÀ
LA FINE! FERMATELO! SE FINISCE NELLE LORO MANI NULLA POTRÀ PIÙ FERMARLE! Cosa
ho fatto… che cosa ho fatto…»
La testa
di Simon era vuota, finalmente. Dopo mille pensieri, ansie, rimorsi, era bello
per un attimo smettere di pensare. Ed era così semplice, bastava lasciarsi
guidare da quella melodia, quella melodia meravigliosa ma che giungeva alle sue
orecchie distorta, quasi provenisse da una radio rotta…
Voleva
ascoltarla meglio, ma non riusciva a trovare un punto dove finalmente potesse
udirla in pace. La gente sembrava non fare quasi caso a lui, quasi come se
fosse invisibile. Meglio così, aveva la netta sensazione che sarebbe stato solo
un ulteriore disturbo.
Poi,
finalmente, vide una porta aperta. Non fece caso alle guardie ancora intontite,
nulla aveva più importanza di quel canto. Si limitò ad uscire, ad allontanarsi
quanto più possibile da lì. Ed ecco, ora tutto si faceva chiaro alle sue
orecchie. Nessun disturbo, nessun gracidio, ora le voci erano chiare e limpide,
meravigliose come l’arcana melodia che cantavano. Adesso sì, riusciva a godere
appieno della magnificenza che aveva potuto solo intuire ai primi, confusi ascolti.
Una melodia nuova, completamente diversa da tutte quelle che aveva udito in
tutta la sua vita, fatta di accordi e dissonanze uniti in un’unica, stupenda
armonia, aliena da qualunque regola musicale ma intrisa di passione, di…magia, forse.
Sì, di magia. La magia che lo aveva portato fuori da quella opprimente
prigione, libero, finalmente libero.
Chiuse gli occhi e respirò a fondo quell’aria di libertà. Respirò ancora, e
ancora, sempre più profondamente, espandendo al massimo la sua cassa toracica,
quasi fino a farsi male, come se cercasse di respirare la vita allo stato più
puro, come se tentasse di respirare anche quello stesso canto, di farlo entrare
dentro di lui, di farlo suo.
E
finalmente le sue orecchie si schiusero a quelle arcane parole. Rise, felice
come mai prima d’allora, piangendo quasi dalla gioia, pieno di energia come mai
in vita sua. Capiva, adesso, capiva tutto. Le streghe lo stavano chiamando,
volevano lui, lui e nessun altro. Lo attiravano a loro con parole di libertà,
di magia, di potere e di distruzione… oh, sì, e ci
stavano riuscendo benissimo, perché sentiva nascere in lui esattamente gli
stessi desideri. Potevaavvertire
chiaramente la sua anima cambiare, velocemente, mentre qualcosa, qualcosa di
nuovo, nasceva e cresceva dentro di lui.
«È fatta, sorelle.»
«La
magia sta nascendo in lui.»
«Non
appena la userà, sarà uno di noi.»
«In
tutto e per tutto.»
«Sarà il primo stregone della storia.»
«Per
sempre.»
«Per
sempre.»
«Per…»
«No.»
Simon
strinse le mani con tutte le sue forze, trattenendo dentro di sé quella nuova
energia che premeva contro la sua pelle per uscire.
«No?»
«Come
sarebbe a dire: “No”?»
Simon
alzò gli occhi al cielo: «Vi sento, streghe. Sento le vostre parole e i vostri
desideri. Ma non è ancora il momento che vi raggiunga.»
«Cosa?»
«È
forse impazzito?»
Il
ragazzo sorrise, un sorriso malvagio che mai era apparso sul suo volto, ma che
gli venne stranamente naturale: «Abbiate pazienza, streghe, fidatevi di me. Non
è ancora il mio momento. È troppo presto perché io usi la mia magia. La sento,
è dentro di me, ma non è ancora abbastanza forte. Crescerà, e in fretta, ma non
è ancora sufficiente. E poi c’è qualcosa che sento di dover ancora fare,
prima.»
«Raggiungici, Simon, vieni con noi.»
«Ti
proteggeremo fino a che il momento non sarà giunto.»
«Proprio
come vuoi tu…»
Simon
sfoderò una grinta mai mostrata prima, tale da far impallidire suo padre, se avesse
assistito alla scena: «No. Non sono ai vostri ordini, non sono un vostro
schiavo. Verrò da voi, ma non adesso. Prima, c’è qualcosa che mi attende…»
E
ignorando le pressanti domande nella sua testa, si avviò a piedi verso il
deserto.
Guardia: Chrona… è
ora di pranzo, sveglia!
Chrona: Eh?
Ragnarok: Pranzo? Dove?
Guardia: Quando si parla di cibo, tu sei
sempre il primo a svegliarti, eh? Che poi, vi sembra il modo di dormire, lì,
stesi a terra?
Chrona: N-nondormivamo… ci han…
Ragnarok: Non importa, non importa! Che si mangia,
oggi?
Guardia: Ops,
scusate, ho sbagliato foglio… ma dove ho messo il
menù?
Ragnarok: Sbrigati, sbrigati, che ho fame!
Chrona: R-Rache…
Guardia: No, mi dispiace, la sacher non c’è…
Ragnarok: Nooo…peccato…
Chrona: N-no, non
sacher! Rachel! La sorella di Simon! E-era qui e ci
ha s-stesi!
Guardia: Cosa?
Ragnarok: Sì, sì, ed è stato l’evento più
interessante della giornata… ma ora,si mangia?
Guardia: Devo subito avvertire Lord
Shinigami!
Ragna rok: No, aspetta! Il pranzo!!! Chrona… sai cosa ti aspetta ora, vero?
Chrona: E-e-era
importante!
Ragnarok: Nulla. È. Più. Importante. Del. Mio. Pranzo!!!
Chrona: Aaaaah!!!
Basta, smettila, non picchiarmi!
Ragnarok: Un corno! Eri così silenzioso, una volta… perché hai perso questo vizio? Adesso ti picchierò
finché non arriverà il mio pranzo! Così impari a tenere chiusa quella
boccaccia!
Chrona: Scusa, scusa!
Prima che tiriate fuori tutte le armi, avete perfettamente
ragione, sono in stra-mega ritardo, e questa volta non è colpa dell’università
(non solo almeno). Un brutto incidente alla spalla mi ha completamente bloccata
e solo ora inizio leggermente a muoverla. Per questo motivo vi chiedo ancora un
po’ di pazienza, per oggi non pubblicherò anche i bivi collegati a questo
capitolo, che spero di poter aggiungere nei prossimi giorni.
Intanto ringrazio KURAMA DI SAGITTER,
Jan Itor 19 e darkroxas92 per le recensioni, spero di
aggiornare il prima possibile.
Capitolo 12 *** [BIVIO] Orgoglio e rimorso! Siamo autorizzati a scivolare sempre più verso la schizofrenia? ***
Nel bivio precedente avete deciso di seguire Simon?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun
bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di
seguire le vicende di Rachel?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
Orgoglio e rimorso! Siamo autorizzati a scivolare sempre più
verso la schizofrenia?
«Allora?»
«Non ha
più aperto bocca da quando l’abbiamo presa, ma non credo stia bene.»
«Perché?»
«Ogni
tanto ride... e poi scoppia a piangere.»
«E il
padre?»
«Dopo
averla portata qui, se n’è andato. Non credo sopportasse l’idea di vedere la
figlia in quello stato. Forse non è neppure convinto che quella sia davvero la
figlia.»
L’uomo
sospirò: «Ho capito, proverò io. Dopotutto mi conosce.»
Intervenne
un’altra persona: «Vengo anch’io. Se ti lascio da solo rischi che me la
spaventi ancora di più.»
«Faccio
così paura?»
«Disse
l’uomo con una vite gigantesca nella testa...»
Stain
sospirò e sistemandosi gli occhiali aprì la porta. Rachel Elizabeth Onpu era rannicchiata in un angolo della stanza,
abbracciata alle sue stesse gambe, la testa china. Ricordava molto Chrona nei
suoi momenti peggiori, di certo non la ragazza fin troppo decisa e autoritaria
che ricordava di aver visto in un paio di occasioni.
Dietro di
lui, Spirit chiuse la porta.
«Rachel?»
L’unica
risposta che ricevette fu un singhiozzo. Spirit
riprovò.
«Rachel?
Ti ricordi di me?»
L’uomo si
chinò verso la ragazza e provò a toccarle una spalla, ma lei trasalì e si
ritrasse, gridando con voce isterica: «Non toccatemi! Non toccatemi! Non so
cosa potrei fare! Non so! Non so nulla! Non so più chi sono!»
La falce
della morte lanciò uno sguardo all’amico alle sue spalle, poi ritentò: «Rachel,
calmati. Respira profondamente. Ci conosci, non aver paura, non vogliamo farti
niente.»
La
ragazza aveva gli occhi sbarrati, il volto stravolto dal troppo pianto e non
smetteva di piantarsi i denti nelle labbra: «Io non ho paura di voi. Ho paura
di me!»
«Cosa ti
è successo?»
«Loro. Loro mi hanno plagiata. Mi hanno
resa un’altra. E io commesso un peccato senza scuse e senza perdono.»
Stain
provò a intervenire: «C’entra con la sparizione di Simon?»
Avvenne
tutto in un attimo. Lo sguardo di Rachel si velò e per qualche secondo non rispose,
come se la sua attenzione fosse stata attirata da qualcos’altro. Poi il suo
volto si trasfigurò, con una strana luce folle negli occhi e un’espressione di
malvagia allegria: «Sì! Io, io che ero la più inutile delle mie sorelle, io ho
portato loro la cosa più importante per la riuscita del nostro piano! L’utopia
è vicina! La vostra fine è vicina! Onore e gloria alle streghe! Lunga vita
all’Adamo!»
Spirit trasalì
per l’improvviso cambiamento di atteggiamento della ragazza, ma Stain rimase
impassibile e continuò a parlare, tirando di tanto in tanto delle lunghe
boccate all’immancabile sigaretta: «Simon è indispensabile per il vostro piano,
dunque?»
Di tutta
risposta, Rachel si alzò in piedi: «Cosa fai, schiavo di Shinigami, vuoi forse
estorcermi informazioni? Oh, non sarò io a distruggere ciò che ho pazientemente
creato. Nessuno credeva in me, nessuno! Ma io l’ho fatto lo stesso...»
Di nuovo
il suo sguardo si velò e in un attimo la ragazza tornò a singhiozzare: «Cosa...
cosa ho fatto... cosa ho fatto? Sono una persona orribile! Ho quasi ucciso mio
padre, ho consegnato loro mio fratello... ho condannato tutti! Ho condannato il
mondo!»
«Non
esagerare adesso.»
Rachel
scosse la testa e prese la giacca di Spirit,
scuotendolo leggermente. Perché non capivano?
«Non
esagero! Vi prego, dovete fermare Simon! Forse può ancora essere salvato! Se lo
riportate qua prima che le streghe lo plagino, potete salvare il mondo! Ma se
io udirò ancora il canto delle streghe... io...»
La Falce
della Morte le prese le mani con fare paterno: «Faremo tutto ciò che è in
nostro potere per salvare Simon, te l’assicuro. Ma tu devi dirci tutto quello
che sai per aiutarci.»
Lo
sguardo di Rachel s’illuminò di gioia: «Certo! Certo, vi dirò...»
«SILENZIO!!!»
La
ragazza trasalì di colpo. Chi... chi aveva parlato?
«L’avete...
l’avete sentito?»
Spirit la
guardò confuso: «Sentito cosa?»
Rachel
balbettò: «La voce... la voce che...»
«Silenzio, ho detto.»
Quasi
contro la sua volontà, la bocca di Rachel si serrò. Chi era? Chi le stava
ordinando di non parlare? Era forse opera delle streghe? Certo, loro erano le
uniche a poter comunicare con lei senza farsi udire dagli altri, ma quella voce
potente, autoritaria e ammaliatrice che la costringeva ad obbedire alle sue
parole, quasi più che lo stesso canto delle streghe, era maschile... che fosse... che fosse già...
«Si saprà tutto quando
sarà il momento.»
Dagli
occhi di Rachel scesero caldi goccioloni che la bagnarono completamente.
«Rachel?»
Con voce
rotta la ragazza rispose: «Non posso... parlare... loro... me lo stanno
impedendo... e io... io...»
Stain le
mise una mano sulla spalla: «Capisco. Non è colpa tua. Riposati, ora.
Riproveremo più tardi, va bene?»
I due uomini
uscirono lasciando la ragazza sola con i suoi tormenti.
Non era colpa sua? Certo che
era colpa sua. Chi aveva messo nelle mani delle streghe l’unica persona
indispensabile al loro piano?
Sarebbe
impazzita, lo sentiva. Quando udiva il canto delle streghe tornava a ragionare
come una di loro, se n’era già resa conto, e non poteva fare nulla per ribellarsi.
Ora stranamente sembravano starsene in silenzio, come se avessero obbedito
anche loro a quell’ordine diretto a lei, ma sapeva che non sarebbe durato a
lungo. Conosceva meglio di chiunque altro cosa sarebbe successo, e non poteva
fare nulla per impedirlo.
E dunque,
era forse questa la sua punizione? Sapere tutto e non poter fare nulla? Peggio
ancora, dover impazzire fra la sua personalità normale e quella di strega? Era
quello il suo destino?
Come una
feroce e implacabile condanna, il verdetto giunse in quell’istante.
«E così sia.»
Spirit: E dunque? Qual è il tuo verdetto?
Stain: Schizofrenia acuta dovuta a
incantesimo.
Spirit: Terapia?
Stain: E che è, mi hai preso per Mago
Merlino?
Spirit: Bè, l’aria da
vecchio ce l’hai...
Stain: Ma se l’altro giorno ti ho visto con
in mano le ricevute per le sedute di botulino...
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 11° capitolo: Il risveglio completo dello Stregone Oscuro!
Infrangere le leggi della natura ha un prezzo molto più alto di quello che
avevamo preventivato?
Spirit: CHE???
Stain: Che mi stavo anche offendendo... ti
fai fare interventi da altre persone? Io sono sempre disponibile a
vivisezionare, lo sai...
Spirit: Ma io non mi faccio il botulino!
Stain: Ah no? E queste come le spieghi?
Spirit: ... mio caro professorone geniale, con
quella bella laurea in medicina hanno specificato anche se sei capace a
leggere?
Stain: Perché?
Spirit: Perché non hai nemmeno guardato il
destinatario... è di Marie...
Stain: Marie si fa...
Spirit: Mica colpa mia se l’altro giorno è toccato
a me distribuire la posta al corpo docente...
Stain: Marie... è...
Spirit: Ok, è andato per lo shock... quando ti sei
ripreso ti aspetto al bar, eh?
Stain: Marie...
Spirit: E qualcosa mi dice che sarà una luuunga attesa...
L’avevo detto che avrei
pubblicato i bivi appena possibile. Spero di non averci messo e di non avervi
deluso.
Non perdetevi il prossimo
capitolo, credetemi, sarà una piccola bomba!
Capitolo 13 *** [BIVIO] Una voce tonante che rimbomba nel deserto! Che cosa sta nascendo all’interno della mia anima? ***
Nel bivio precedente avete deciso di seguire Rachel?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun
bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di
seguire le vicende di Simon?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
Una voce tonante che rimbomba nel deserto! Che cosa sta
nascendo all’interno della mia anima?
Simon si
guardò intorno, impassibile. Faceva caldo, si vedeva ad occhio nudo l’aria
muoversi distorcendo il paesaggio. Eppure lui non avvertiva nulla. Nonostante
fossero ormai quasi tre giorni che camminava senza sosta fra la sabbia, non era
affatto stanco. Non aveva fame, né, sete, né caldo, né sonno. Era davvero una
cosa molto strana.
Si voltò.
Le sue orme sparivano quasi subito dal terreno, ma non era opera sua. La sua
magia era ancora ben salda dentro di lui e cresceva ogni minuto di più. No,
quella era opera delle streghe, che mai avevano smesso di chiamarlo e di
sorvegliarlo.
«Non
credo che qualcuno mi seguirà in questo inferno.»
Se
qualcuno lo avesse visto, avrebbe pensato che parlasse da solo, in preda a un
miraggio. Invece alle sue orecchie la risposta giunse chiara e nitida.
«Non si sa mai.»
«Ti
vogliamo proteggere.»
«Sei
uno di noi.»
Simon
alzò gli occhi al cielo: «Non mi piace essere sorvegliato. Sono stato in
prigione fino ad ora, vorrei avere un po’ di tranquillità.»
«Non
ti disturberemo.»
«Ma ti preghiamo, dicci... dove stai
andando?»
Simon non
rispose. A dirla tutta, non lo sapeva bene nemmeno lui. Da quando era uscito da
Death City e aveva compreso il canto delle streghe si sentiva strano. Non
avrebbe saputo descriverlo bene a parole, ma era quasi come se qualcosa fosse nato e stesse lentamente
crescendo dentro di lui, dentro la sua anima... qualcosa di oscuro e
malvagio... come fosse un piccolo demone o un mostriciattolo. Lo avvertiva
chiaramente nel suo petto, ad ogni respiro. Se ne stava lì, raggomitolato, a
dormire. Erano i suoi desideri a guidarlo in quel mare di sabbia. Andando in
quella direzione avrebbe quasi giurato di poter avvertire le sue fusa, come un
piccolo gattino. Solo che quelle fusa gli rimbombavano nella testa e gli
suggerivano nuove idee, nuovi pensieri, pensieri a cui fino a poco prima
sarebbe rabbrividito, avrebbe giudicato aberranti e malsani, ma che ora
giudicava solo... malvagi, deliziosamente
malvagi e crudeli. Il demone stava crescendo dentro di lui e lo stava
cambiando. Poteva ribellarsi? Forse, ma la verità era che Simon non voleva
farlo. Sentire quel mostro dentro di sé fare le fusa e crescere lo faceva stare
così bene, come mai prima d’allora. Era felice di ospitarlo dentro di sé e la
sua unica speranza era di tenerlo tranquillo... come i suoi poteri. Era sempre
lui, il demonietto, a suggerirgli di tenere il più a
lungo possibile la magia all’interno del suo corpo. Forse se ne nutriva, non sapeva
dirlo, ma aveva deciso di dargli retta, anche se a volte aveva l’impressione di
sentirsi lacerare la pelle. Si fidava più di lui che di quelle streghe che lo
tormentavano senza sosta.
«Simon?»
«Simon?»
«Simon?»
«Simon?»
In un
moto di esasperazione e di rabbia repressa, Simon gridò.
«SILENZIO!!!»
Immediatamente
le voci nella sua mente si zittirono, mentre il ragazzo, sorpreso, si portava
le mani sulla bocca. Che razza di voce gli era uscita? Perché quella non era la
sua voce, poco ma sicuro.
Respirò
profondamente, poi ripeté, lentamente per ascoltarsi meglio: «Silenzio, ho detto.»
No,
decisamente quella non era la sua solita voce. Era più profonda, adulta e
musicale, con un tono allo stesso tempo suadente e autoritario. Era la voce di
un comandante, di un re forse, ma certamente non quella di Simon Onpu. Era come se qualcuno, o qualcosa, dentro di lui stesse parlando all’unisono,
sovrapponendosi alla sua voce originale. Forse il suo nuovo demonietto,
che sembrava improvvisamente vigile e sveglio.
«Si saprà tutto quando sarà il momento.»
Oh, sì,
gli piaceva molto il suono della sua nuova voce, doveva ammetterlo. Avrebbe
dovuto esserne terrorizzato più che sorpreso, ma gli piaceva.
«Ma...»
Quella
sillaba di protesta scatenò in Simon un moto di rabbia mai provata prima.
Guidato da quel suo strano istinto, si voltò in una direzione precisa, come se
avesse saputo esattamente la posizione della stolta strega che aveva osato
contraddirlo, con gli occhi azzurri illuminati da una strana e inquietante luce
di rabbia e determinazione. Se la sventurata fosse stata davvero di fronte a
lui, si sentiva in grado di polverizzarla con un solo sguardo.
«Non sono stato abbastanza chiaro?»
Non seppe
dire perché, ma fu soddisfatto del silenzio carico di terrore che seguì
l’ultima frase. In quei pochi secondi di rabbia nella sua mente si erano
alternati pensieri inquietanti, fatti di progetti di torture e di malvagità pure,
che era certo di aver trasmesso in qualche modo con il semplice tono della voce.
Doveva esserne spaventato, lo sapeva. Invece la verità era che si sentiva
orgoglioso come mai prima d’ora. Finalmente qualcuno lo rispettava. Lo temeva.
Era terrorizzato da lui. E di questo era felice, come lo era il mostriciattolo
dentro di lui, che gorgogliava soddisfatto, beandosi dei suoi pensieri oscuri.
Distrattamente
buttò un occhio al paesaggio intorno a lui e sorrise, soddisfatto. Aveva
iniziato a capire dove lo stavano conducendo i suoi piedi. Un piano diabolico
fece capolino nella sua mente e sul volto del ragazzo comparve un ghigno.
Destino? Caso? Non
aveva importanza. Le cose a quanto pareva dovevano andare così.
«E così sia.»
Direttore della carovana: Ehi, c’è qualcuno
laggiù!
Beduino a cammello: Non dire fesserie...
qualcuno nel deserto?
Direttore della carovana: Sembra un
ragazzino...
Beduino a cammello: Tu cominci a vedere
miraggi, sahib... un ragazzino da solo non può
viaggiare da solo qui!
Direttore della carovana: Miraggio o meno,
non posso lasciarlo da solo! Mi tolgo il dubbio e torno subito.
Beduino a cammello: Non farlo! Non bisogna
mai correre dietro alle visioni!
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 11° capitolo: Il risveglio completo dello Stregone Oscuro!
Infrangere le leggi della natura ha un prezzo molto più alto di quello che
avevamo preventivato?
Direttore della carovana: Ragazzino,
ragazzino!
Simon: Dite a me?
Direttore della carovana: Sei qua da solo?
Simon: Assolutamente no. C’è il resto del mio
gruppo che mi attende dietro un muro diroccato poco distante da quell’oasi.
Siamo fotografi.
Direttore della carovana: Ah, va bene allora.
Buon viaggio.
Simon: Grazie.
Direttore della carovana: Sahib?
Uomo a cammello: Sì?
Direttore della carovana: Il ragazzino... mi
ha parlato con due voci diverse...
Beduino a cammello: ... che ti avevo detto?
Colpo di sole. Ora ti metti qua e ti riposi, eh?
Direttore della carovana: Ma non ho le
allucinazioni! Quel ragazzo...
Beduino a cammello: Sì, sì, hai ragione...
c’era un ragazzo tutto solo, senza abiti adatti al deserto, che camminava a
piedi e parlava con due voci diverse... come potrei non crederti?
Direttore della carovana: Però... uffa!
L’avevo detto che avrei
pubblicato i bivi appena possibile. Spero di non averci messo e di non avervi
deluso.
Non perdetevi il prossimo
capitolo, credetemi, sarà una piccola bomba!
Capitolo 14 *** Il risveglio completo dello Stregone Oscuro! Infrangere le leggi della natura ha un prezzo molto più alto di quello che avevamo preventivato? ***
Il risveglio completo dello Stregone Oscuro! Infrangere le leggi della natura
ha un prezzo molto più alto di quello che avevamo preventivato?
«Perché? Perché si comporta così? Non
era questo che avevamo previsto.»
«Ma
è questo quello che sta succedendo.»
«Perché
non libera la sua magia? Perché non si mette a distruggere tutto? Perché non
segue il suo istinto?»
«E
chi ti dice che non lo stia facendo?»
«Cosa stai dicendo, sorella?»
«Dico
che forse abbiamo osato troppo questa volta, sorelle. Abbiamo sfidato le leggi
stesse della Natura.»
«Non
è forse questo il nostro compito?»
«Noi
esistiamo per distruggere, è vero... ma mai prima d’ora ci eravamo spinte così
oltre. Se fino a questo momento non c’era mai stato uno stregone maschio, forse
un motivo c’era...»
«Tu sei la più saggia di noi. È evidente
che hai riflettuto molto prima di parlare. Dicci le tue conclusioni.»
«Credo
che l’Adamo sia guidato da un istinto leggermente diverso dal nostro. Noi
dobbiamo distruggere, a qualsiasi costo. Per questo liberiamo subito la nostra
magia, per cominciare il più presto possibile il nostro compito. Ma ricordate
le grandi streghe del passato? Le più potenti e forti di noi? Loro avevano
avuto la pazienza di aspettare... aspettare che i loro poteri crescessero prima
di esprimerli.»
«Dicono
le leggende che la strega più potente di tutti i tempi fosse riuscita a
resistere ben due giorni prima di scatenarsi.»
«Appunto,
due giorni... quel ragazzo è più di una settimana che si trattiene. Avete idea
del mostro che ne uscirà, allora?»
«Oh...»
«È
suo istinto a guidarlo in ogni suo passo. Il suo viaggio è meno insensato di
quanto pensiamo. È un viaggio di crescita, che lo porterà ad essere più forte e
potente. Più potente e malvagio. Indistruttibile. Incontrollabile.»
«Si
rivolterà contro di noi?»
«L’ha
già fatto! Lo sta continuando a fare! E per di più gli basta parlare per
renderci tutte sue schiave, non ve ne siete rese conto? Avanti, quante di voi
sono riuscite a ribellarsi prima al suo ordine? Abbiamo creato il nostro
perfetto dominatore.»
«Se questo sarà il prezzo da pagare per
il nostro peccato, lo pagheremo.»
«Il
suo potere e la devastazione che esso porterà sarà la nostra ricompensa.»
«Saremo felici di obbedirgli.»
«Già,
eravamo tutte felici di obbedire al suo ordine... temo che ormai la nostra
strada sia segnata.»
Ignaro
delle riflessioni delle streghe, Simon continuava imperterrito sulla sua
strada. Era quasi giunto alla sua meta, ormai ne era certo. Il nuovo giorno
avrebbe visto la fine del suo viaggio. Già vedeva il muro diroccato dei suoi
ricordi, composto da quei mattoni neri e gelati che già aveva avuto modo di
ammirare. Ricordava bene, quel giorno, le indicazioni di Kevin.
«Da questa parte, a circa un
giorno di cammino. Ma volando e con la moto faremo molto prima!»
Lui era a
piedi, ma non aveva avuto fretta e aveva comunque raggiunto la sua meta. Le
assi che aveva divelto lui stesso anni prima erano ancora lì e la botola era
ben visibile. Senza esitazione si gettò nel buio. Ora non poteva più averne
paura.
L’atterraggio
fu meno violento di quanto si fosse aspettato. Si rialzò immediatamente. Era
pervaso da un’improvvisa impazienza, un’ansia frenetica che lo portava ad
avanzare il più velocemente possibile. Era come se il demonietto
nella sua anima si fosse completamente svegliato dal suo lungo sonno e lo
stesse guidando passo dopo passo. Il suo mostriciattolo era cresciuto,
l’avvertiva benissimo, ormai poteva condizionarlo completamente. Era lui a
volerlo far correre per i corridoi, o era Simon stesso a spingersi nel buio?
Non lo sapeva più, né gli importava. Si sentiva la pelle tirare come se stesse
per esplodere dall’interno. Ormai non riusciva quasi più a trattenere la magia
che era cresciuta dentro di lui, ma cercò di sforzarsi ancora un pochino. Ogni
minuto, ogni secondo che concedeva al suo potere per crescere e svilupparsi
l’avrebbe reso invincibile, lo sentiva.
Avanzò in
fretta. Ricordava dove si trovassero gli ostacoli, o era il suo istinto a
fargli schivare le numerose trappole? Simon non sapeva neanche questo, aveva
smesso quasi completamente di pensare. Il mostro dentro di lui aveva preso
completamente il soppravvento, si sentiva come una bestia feroce e affamata a
pochi metri dal cibo tanto agognato. Fece gli scalini a due a due ignorando il
fiatone. Era quasi arrivato alla sua meta, lo sapeva, lo sentiva con ogni fibra
del suo essere. Qualcosa dentro il suo petto si stava contorcendo, ma non
sapeva dire se fosse lo stomaco, il cuore o forse persino la sua stessa anima.
Doveva solo salire, e in fretta, prima di scoppiare.
Quando i
suoi piedi si posarono sull’ultimo gradino, Simon gridò dalla gioia. Era
arrivato, finalmente, dopo tanto cammino. La sua meta era lì, di fronte a lui.
Il suo obiettivo aveva un nome, e una storia, una storia vecchia e che credeva
di aver accantonato per sempre. Fino ad allora.
Ai suoi
piedi, addormentato come l’aveva lasciato due anni prima, c’era lui, l’Intoccabile,
l’uomo che aveva condizionato la vita di tutto il clan Majikkodasuto creando
una follia artificiale e impiantandola in James, il nonno di Lucy, il quale
aveva finito per uccidere tutta la sua famiglia. Lui e i suoi amici l’avevano
affrontato, ma la situazione era sfuggita di mano quando lui stesso si era
iniettato la sua creazione.
Non era
diventato un kishin, come lui stesso si era aspettato.
Era divenuto un mostro dall’aspetto vagamente di licantropo: muscoloso,
alto due metri e mezzo almeno, ricoperto da un pelo lungo e rigido, di un
curioso colore a metà fra il grigio e il viola metallico. Era vestito solo con un
paio di pantaloni, da cui usciva una lunga, pelosa e possente coda. La parte
più spaventosa era il suo volto, dotato di una doppia fila di zanne affilate e
di un paio di occhi che Simon ricordava essere color rosso sangue, ma che ora
erano chiusi, perché il mostro giaceva addormentato dopo la maledizione che gli
aveva inflitto James, un infinito sonno fatto di soli incubi. Ma a lui questo
non importava. Gli interessava solo una cosa: la madre di Lord Sarktosera
una strega. Ed era potente. Era esattamente
quello di cui aveva bisogno.
Simon
appoggiò un ginocchio a terra e tese la mano verso il mostro, ma
improvvisamente si bloccò.
Era certo di quello che stava per fare? Se avesse
davvero ubbidito all’istinto non avrebbe più potuto tornare indietro in alcun
modo.
Sul suo
volto comparve un sorriso: «Tanto meglio.»
Quasi di
scatto, Simon afferrò il polso del mostro, reclinò la testa all’indietro,
chiuse gli occhi e, con un profondo respiro, liberò la magia che lo stava
dilaniando da giorni.
«Cosa sta facendo?»
«È assurdo!»
«Sta usando la sua magia...»
«... per assorbire altra magia?»
Il volto
di Simon si rilassò completamente, mentre avvertiva il suo potere scorrere
finalmente libero nel suo corpo. Anche la sua mente sembrò svuotarsi, come a voler
godere appieno quell’istante tanto atteso, quel piccolo brivido di onnipotenza
che risaliva la sua spina dorsale. Ne era valsa decisamente la pena. Era
semplicemente meraviglioso. Ogni angolo del suo corpo era colmo di energia, di
potere, di magia, e ancora la sentiva risalirgli dal braccio. Il mostriciattolo
dentro di lui iniziò a calmarsi. Ormai gli era chiaro cosa fosse, quale istinto
misterioso l’aveva guidato fin lì nel deserto. Non era nient’altro che pura e
semplice sete di potere. Era di quello
che aveva avvertito l’insostenibile fame, fin dall’istante in cui era uscito da
Death City. Era anche logico, a pensarci bene: lui si era sempre sentito un
debole, gli era sempre stato rinfacciato di essere un debole. Cosa c’era di
male se finalmente poteva non esserlo mai più?
I suoi
pensieri cambiarono ancora, divennero non solo più malvagi e più oscuri, ma
molto, molto più radicati e profondi, mentre la sua anima passava dall’azzurro
al lilla, dal lilla al viola... e non si fermò, continuò, come influenzata dai
quei desideri perversi, per trasformarsi ancora... dal viola al nero... il nero più oscuro mai esistito...
Per un
attimo allentò la presa sul polso di Sarktos. Avrebbe
anche potuto bastare, in fondo tutto il suo corpo era già intriso di magia e potere
allo stato puro.
Ma quasi
subito la sua stessa mano sembrò per un attimo ribellarsi, perché con uno
spasmo tornò a stringersi sul braccio con più forza di prima. Come
un’illuminazione, improvvisamente gli fu chiaro che quel desiderio avido e bulimico
di potere non si sarebbe saziato completamente nemmeno in quell’istante. Era il
suo stesso corpo a richiederlo, la sua stessa anima: avrebbe continuato per
l’eternità una caccia che non sarebbe mai giunta al termine, ma che era dolce
inseguire...
Simon piantò
le unghie nella carne del Lord. Tanto valeva approfittarne e prendersi tutto
quello che poteva offrirgli. Spinse ancora di più i suoi poteri e a quel punto
sentì fluire in lui anche tutte le conoscenze sulla magia che l’uomo aveva
appreso in lunghi anni di studio sulle carte della madre. Meglio, molto meglio.
Non voleva essere secondo a nessuno.
Alla
fine, Simon abbassò il capo e lasciò il polso, respirando profondamente. Al suo
fianco c’era Sarktos, di nuovo umano, ancora
addormentato come se nulla fosse successo. Ma in realtà tutto era successo. Era nato
il primo stregone oscuro della storia.
Lentamente
il ragazzo si alzò e aprì gli occhi, completamente neri, come la sua anima,
senza più alcuna traccia della pupilla. Definire quello che stava provando
“potenza allo stato puro” era quantomeno riduttivo. Era come una divinità,
onnipotente e inarrestabile. Si sentiva come se fosse diventato l’incarnazione
stessa del Male. Probabilmente lo era davvero. Al posto del sangue sentiva scorrere
dentro di sé una grande energia, al punto tale che gli era quasi impossibile
contenerla del tutto. Intorno a lui c’era infatti una sottile aura trasparente
che sembrava intaccare l’ambiente circostante. Il legno della scrivania e del
pianoforte iniziò a marcire, il pavimento a incrinarsi, l’aria divenne più
rarefatta. Era quasi come se stesse continuando ad assorbire la vita nei
dintorni, o come se ad ogni respiro diffondesse nel mondo una minuscola parte
di quel Male che sentiva nell’anima. Entrambe le cose rispecchiavano perfettamente
i suoi desideri.
«Meraviglioso.»
Simon
avanzò verso la finestra, che si spalancò violentemente da sola come se fosse
stata investita da un uragano, mandando in frantumi i vetri. Si affacciò al
balcone. Aveva una voglia matta di mettere alla prova la sua magia. Perché no,
poteva anche fare contente le streghe e distruggere qualcosa. Il pensiero andò
quasi subito a Death City. L’idea di raderla al suolo lo allettava parecchio.
Sì, gli sarebbe piaciuto combattere, magari contro Shinigami stesso. Chissà se
ora era più potente di lui... se fosse stato così avrebbe potuto prendersi
anche i suoi poteri e diventare davvero una divinità...
Sospirò.
Non doveva avere fretta, aveva tutto il tempo del mondo. Per il momento si
sarebbe potuto accontentare di qualcosa di più piccolo...
Lo
stregone oscuro rivolse il suo sguardo verso l’oasi e la rocca da cui si
dipanava il passaggio che portava al castello dove si trovava. Gli bastò
muovere una falange perché la palma e il muro si sbriciolassero in una polvere
nerastra, che come un virus sembrò contagiare tutta la sabbia circostante, rendendo
l’ambiente nero e freddo, avido di vita, come un’enorme vallata di sabbie
mobili pronte a inghiottire qualunque cosa.
Simon sorrise
in modo puramente malvagio, nell’unico modo in cui ricordava come poter
sorridere. Quella vallata era ora l’esatta rappresentazione del suo animo,
oscuro, crudele e avido di vita altrui. Così
come doveva essere il mondo.
Rientrò.
La stanza era ormai quasi in putrefazione completa. Avrebbe dovuto darsi una
controllata da quel momento in avanti, lo sapeva, ma non aveva resistito alla
tentazione di liberare subito un po’ di magia. Era preda di un piacevole,
inebriante ma soprattutto lucido e pericolosissimo delirio di onnipotenza. Più
magia usava e più ne voleva impiegare; più Male diffondeva e più ne voleva
compiere. Come una droga.
Si chinò
verso l’unico elemento apparentemente incolume della stanza.
«Ciao, Sarktos.
Era tanto che non ci si vedeva, eh? Ti sono grato del tuo magnifico regalo...
permettimi di ricambiare.»
Si
avvicinò al suo orecchio e sussurrò. Dalle sue labbra non uscirono parole, ma
una vera e propria melodia maledetta, come suonata da un’intera orchestra.
Subito il sonno di Sarktos, che fino a quel momento
non si era mai mosso, si fece agitato. Simon sorrise.
«Ho reso il tuo sonno ancora migliore...
allora, che ne dici, sono ancora il piccolo, fragile, innocuo duchetto Simon EmanuelOnpu che tanto prendevi in giro? Divertiti pure e non
temere. Tra poco regalerò anche a tutto il resto del mondo un universo di incubi
e tenebre...»
Si rialzò
e volse lo sguardo verso l’alto.
«Mie care streghe, ora sono pronto a venire con voi! Scusate l’attesa, spero che
vogliate ancora accettarmi...»
Un ghigno
deformò il suo volto: «... in caso
contrario peggio per voi, perché io verrò comunque.»
E, in un soffio
di vento quasi impalpabile, il corpo di Simon divenne incorporeo, trasformato
in una melodia diabolica diretto dalle persone che lo avevano chiamato fino ad
allora.
Direttore della carovana: Quanto manca alla
prossima oasi?
Beduino a cammello: Poco, Sahib,
molto poco...
Direttore della carovana: Meno male, fa
talmente caldo che tra poco potrebbero davvero iniziarmi a venire i miraggi...
Soul Eater, Richiamo di sangue, 12° capitolo: L’intuizione
geniale di Death the Kid! Liberiamo i nostri istinti più selvaggi e
distruttivi?
Direttore della carovana: ...
Beduino a cammello: ...
Direttore della carovana: ... ma è normale
che la sabbia di quest’oasi sia nera? E che faccia improvvisamente freddo di
giorno? E dov’è l’acqua?
Beduino a cammello: ... Sahib,
io non vengo più nel deserto con te. Hai le allucinazioni contagiose.
Ciao a tutti! Ebbene sì, scordatevi Simon come lo avete
conosciuto finora, perché da questo capitolo in poi sarà un personaggio
totalmente diverso. Riusciranno le streghe a portare a termine il loro piano o
ci saranno ulteriori colpi di scena?
Intanto ringrazio KING KURAMA, Jan Itor
19 e darkroxas92 per i commenti al capitolo precedente e ai relativi bivi.
Capitolo 15 *** L’intuizione geniale di Death the Kid! Liberiamo i nostri istinti più selvaggi e distruttivi? ***
L’intuizione geniale di Death the Kid! Liberiamo i nostri istinti più
selvaggi e distruttivi?
«Tutto si è compiuto.»
«Il nostro destino e quello del mondo
sono segnati.»
«L’Adamo è pronto.»
«Tutto è pronto.»
«Siete voi che non lo sembrate molto, mie
care streghe.»
Le
streghe si voltarono. Dietro di loro era comparso Simon, identico a come lo
avevano visto sparire nelle loro sfere di cristallo pochi secondi prima salvo
che per i capelli, non più biondi ma neri come i suoi occhi.
«Ma come...»
Simon
sorrise malignamente: «... come ho fatto
a trovarvi e a raggiungervi in così poco tempo? Non sottovalutarmi, strega, non
farlo mai. Potrebbe essere il tuo ultimo errore, se fossi di malumore. Ma oggi
sono felice.»
Le
streghe si guardarono perplesse. Lo Stregone se ne accorse e sbuffò
spazientito.
«Possibile che se uno non parla la
vostra lingua non lo consideriate degno di voi? È un linguaggio affascinante, ve
lo concedo, ma è uno stupido spreco di potere magico.Io parlerò come mi aggrada e vi consiglio caldamente di seguirmi. Non dobbiamo più
buttare via la nostra magia.»
Tutte le
donne presenti chinarono la testa: «Come preferisci. Se ti fa più piacere parleremo
nella lingua degli umani.»
Simon non
si stupì neanche un po’ del fatto che gli ubbidissero senza contraddirlo. C’era
una sorta di curioso istinto a legarli, simile a quello di un alveare: le
streghe sentivano che obbedirgli era
la cosa giusta da fare e Simon, come un’ape regina, sentiva che aveva ogni diritto di controllarle, come un comandante di un esercito, o meglio ancora un imperatore.
E gli piaceva parecchio.
Lo
Stregone si guardò intorno, con malcelato fastidio. Quegli incantesimi per
impedire agli inviati della Shibusen di individuarli non
gli piacevano per nulla. Erano malfatti, troppo deboli, e soprattutto li
riteneva inutili. Non capiva cosa volessero nascondere.
«Mio
signore, siamo pronti ad addestrarti nell’uso della magia, per...»
Il
ragazzo schioccò le dita: «Non ce n’è
alcun bisogno, grazie.»
La nebbia
intorno a loro si fece improvvisamente più fitta. Era diventato addirittura
impossibile distinguere il sopra dal sotto. Erano visibili solo le persone. Le
streghe si guardarono meravigliate.
«Conosco già quel che volevate insegnarmi,
l’ho assorbito da Sarktos. Mi basterà fare un giro
dei dintorni e conoscere più nei dettagli i vostri piani.»
Le donne,
ammirate, gli fecero strada. Fu solo in quel momento che Simon incrociò lo
sguardo con una figura familiare.
«Madre.»
Sara
chinò la testa: «Simon, mio signore.»
Il
ragazzo la guardò freddamente e con aria di assoluta superiorità. I loro legami
di affetto sembravano essere stati recisi di netto. Nessuno dei due aveva
l’istinto, come prima, di correre ad abbracciarsi. Anzi, se uno dei due si
fosse osato, l’altro disgustato l’avrebbe ucciso sul posto senza ripensamenti.
Alla zia Simon non rivolse neppure la parola, ma le due donne non si offesero. Ragionavano
ormai solo da streghe.
«Da
questa parte.»
Una
strega osservò con più attenzione la camminata di Simon: nonostante
l’atteggiamento fiero e regale, ogni tanto aveva dei piccoli scatti, come se
prendesse la scossa.
«Mio
signore, se vuoi puoi metterti più... in
libertà.»
«Uh?»
«Ci siamo
presentate a te in forma umana per non impressionarti, ma di solito ognuna di
noi esprime i propri poteri come preferisce...»
Sul volto
di tutte le streghe comparve un ghigno, mentre tutte cambiarono aspetto,
assumendo le forme più varie, animali per lo più. Solo le nuove streghe avevano
aspetti insoliti, legati alla natura dei loro poteri. Simon le guardò e poi
sorrise.
«Così mi piacete molto di più. La vostra
forma umana non vi rende merito, è questo il vostro vero splendore... selvagge
e letali, ognuna a modo vostro.»
Di tutta
risposta fra le streghe si diffusero risolini e versi selvaggi.
Simon
scrocchiò rumorosamente il collo tre volte: «Quindi non avrete problemi se anch’io mi metto un po’ più a mio agio...»
Lo
Stregone si chinò, iniziando la sua metamorfosi. Il suo corpo crebbe a vista
d’occhio e si ricoprì in un lampo di una fitta peluria nera; il volto si
allungò, assumendo la forma di un muso, così come le orecchie, a punta e
pelose. Comparve anche una lunga e possente coda pelosa, mentre i denti si
allungarono diventando zanne, e le unghie artigli. In pochi secondi al posto di
Simon c’era un enorme lupo nero, il più grande e possente che le streghe
avessero mai visto.
Il lupo
alzò il muso al cielo ed espresse la sua gioia selvaggia con un profondo
ululato, che riecheggiò a lungo.
«Così
va meglio. Non riuscivo quasi più a contenere questo istinto selvaggio.»
La voce
di Simon era cambiata ancora, diventando più simile a un ringhio.
«Ma
tu...»
«...
non dovrei potermi trasformare in un lupo? Lo so benissimo che le streghe
“nuove” dovrebbero avere solo poteri antichi e quindi nessuna trasformazione
animale... ma questo è un gentile regalo di un vecchio amico. Se volevate
dimostrare di essermi superiori,credo che dobbiate cambiare tattica, mie care.»
Un
sottile filo di bava scese dalle sue fauci: «E ora scusatemi, ma è una
settimana che non mangio e in questa forma l’appetito si è fatto davvero
impellente.»
«Seguici e ti prepareremo ciò che vorrai.»
Il lupo
scosse la testa: «Magari preparatemi un dolce. Ora ho proprio voglia di carne fresca...
magari appena cacciata. A dopo.»
E con due
balzi scomparve, lasciando le streghe interdette.
«Avanti,
Kid!»
Il
giovane shinigami entrò: «Come facevi a sapere che
ero io?»
Lucy
sorrise gentilmente: «Sei l’unica persona che conosco in grado di bussare
simmetricamente alla porta.»
Kid si
accomodò in casa: «Allora... come va?»
La
ragazza ridacchiò tristemente: «Oh bene... il mio quasi marito è scappato e non
si sa che fine abbia fatto, sua sorella è prigioniera e non posso rivolgerle la
parola, nessuno mi dice nulla di quel che sta succedendo...»
«Mi
dispiace.»
Lucy si
passò una mano sugli occhi: «Lo so, non ce l’ho con te, scusa. È che... sono
stanca. A quest’ora io e Simon dovevamo essere in luna di miele... e ora
l’unico miele che mi rimane è questo.»
Sollevò
un vasetto, con dentro un cucchiaio.
«Me lo
aveva portato Sara, la madre di Simon... c’è chi per consolarsi mangia il
gelato, chi il cioccolato... e chi il miele...»
Kid fece
una smorfia imbarazzata, poi sospirò e si decise a parlare: «Sono qui proprio
per parlarti di Simon, se posso.»
«Hai notizie?»
Il
ragazzo scosse la testa: «No, notizie fresche no... ma ho provato a fare un
paio di ragionamenti e forse tu mi puoi aiutare a capire se possono
funzionare.»
Lucy lo
guardò ansiosa: «Certo, certo!»
«Posso
unirmi anch’io?»
«Kevin!»
L’ultimo arrivato
sorrise: «Voglio ritrovare il mio migliore amico e non sopporto starmene con le
mani in mano.»
Kid annuì
e iniziò a parlare: «Tutto quello che sappiamo di Simon è che è fuggito da
Death City in stato confusionale in direzione ovest, giusto?»
Lucy annuì
e il ragazzo riprese: «È possibile che sia stato preso a metà strada, è vero,
però... però mi ha fatto riflettere la direzione. Ovest. Cosa conosciamo, anzi, cosa conosce Simon che si trovi a
ovest di qui?»
La
ragazza non ne aveva idea, ma Kevin iniziò ad afferrare il ragionamento: «Il
deserto. A ovest di Death City c’è il deserto. E in mezzo al deserto...»
Lucy
sbarrò gli occhi: «Il castello di Sarktos! Voi state
dicendo che Simon... è lì?»
«Frena
gli entusiasmi, Lucy, non è affatto detto. È solo un’ipotesi.»
La
ragazza balzò in piedi: «Ma è la più sensata che abbia sentito finora! Magari è
lì che ci sta aspettando... andiamo a vedere, vi prego!»
Kevin
sospirò: «Lucy, ti ricordo che Lord Shinigami ci ha proibito di uscire dalla
città...»
«Ma
proprio tu mi vieni a parlare di rispetto delle regole?»
Kevin la
guardò sorpreso, poi scoppiò a ridere: «Che ci è successo? Tutta quest’ansia
deve averci dato alla testa... non è così che vanno di solito le nostre
discussioni...»
Lucy
sorrise a sua volta, poi Kevin continuò: «Se anche Kid avesse ragione, non è un
viaggio che potremmo compiere in giornata. Ricordi quanto ci avevamo messo, due
anni fa? Non potremo sparire per giorni senza una buona scusa.»
«Per voi
è impossibile... ma per me...»
«Kid?»
Il
giovane shinigami rimase serio: «Potrei portarvi lì e
farvi tornare in tre ore. Ma ho bisogno di tutta la vostra collaborazione.
Procuratevi una scusa e tenetevi pronti. Tornerò fra un’ora. »
Lucy
aveva gli occhi lucidi: «Grazie, grazie, grazie Kid!»
«Non lo
faccio solo per voi. Questa storia va risolta. Se le cose vanno come temo...»
Scosse la
testa: «Non ha importanza. A tra poco.»
Kid
indossò il suo mantello nero da Shinigami: «Pronti voi due?»
Lucy e
Kevin, trasformati in polvere e sistemati simmetricamente in due sacchetti alla
cintura del giovane shinigami, riposero in coro:
«Prontissimi!»
Il
ragazzo salì a bordo del suo skateboard: «Spero che nessuno di voi soffra la
velocità, perché qui si corre davvero!»
A quelle
parole Lucy s’incupì per un attimo.
No, non erano
loro che soffrivano la velocità... era Simon...
Il
viaggio trascorse veloce e in silenzio, ognuno preso dai propri pensieri. Dopo
poco più di un’oretta Kid si fermò di scatto.
«Che
succede? Siamo arrivati?»
La voce
del ragazzo era serissima mentre apriva i sacchetti: «Guardate voi stessi.»
Lucy e
Kevin uscirono, curiosi. Di fronte a loro si stendeva una landa fredda e
desolata, tutta ricoperta di un’inquietante sabbia nera.
La
polvere rossa di Kevin sussurrò appena: «Questa non c’era, l’ultima volta...»
Lucy si
alzò più in alto per osservare meglio. La zona incriminata era enorme e si
estendeva per chilometri, ma al centro esatto c’era la loro meta.
«Cos’è
successo qui?»
Kid
scosse la testa: «Non lo so, ma da qui in poi è meglio procedere con cautela. E
se possibile, evitate di toccare questa strana sabbia.»
Il trio
procedette lentamente in volo fino a raggiungere il castello nero. Le due armi
sparirono all’interno di un pertugio fra due mattoni e poco dopo Kevin andò ad
aprire il portone a Kid.
«E Lucy?»
Kevin non
rispose, si limitò ad indicare la ragazza che aveva iniziato ad aggirarsi per i
corridoi come un’anima in pena gridando: «Simon! Simon! Sei qua dentro?
Rispondi! Simon!»
I due
ragazzi non dissero nulla, non cercarono nemmeno di fermarla. Si limitarono a
seguirla nei piani superiori, in silenzio, fino a giungere in una sala in cui fino
a quella mattina Lucy era convinta che non avrebbe mai più rimesso piede.
«Simon?»
Socchiuse
la porta, lentamente, poi dallo spavento la lasciò andare e questa si richiuse
con uno schianto.
Kevin le
fu subito affianco: «Lucy? Che succede?»
La
ragazza aveva gli occhi sbarrati: «Là dentro... là dentro... è tutto... marcio!»
L’amico
alzò un sopracciglio: «Come sarebbe a dire marcio?
Che intendi?»
«Apri e
guarda.»
Kevin
obbedì e spalancò la porta. Fu costretto a mettersi una manica di fronte alla
bocca per non soffocare dal forte odore. Kid lo seguì.
Lucy non
aveva esagerato, là dentro era davvero tutto marcio: la scrivania, le poltrone,
il pianoforte, i mobili, i libri, i tappeti... tutto sembrava essere in via di
decomposizione. E là, in mezzo a tutto quel marciume, c’era chi doveva esserci, seppur non come doveva esserci.
Kevin si
avvicinò con cautela all’uomo che si agitava nel sonno: «Sarktos?
Ma non era... non era un lupo l’ultima volta che l’abbiamo visto?»
Kid
annuì: «E ora non lo è più. Ma pare che la maledizione di James funzioni
ancora.»
«Anche
troppo. L’ultima volta non era così... nulla era così, l’ultima volta...»
Il
ragazzo dai capelli rossi si avvicinò al balcone, calpestando i frammenti di
vetro sparsi su tutto il pavimento. Da lì c’era una visuale panoramica del
deserto nero.
Si voltò.
Lucy non aveva trovato il coraggio di entrare. Era crollata in ginocchio sul
pavimento del corridoio e piangeva disperata. Kid, invece, si guardava intorno
ancora più serio del solito.
«Già,
l’ultima volta non era così... e io sono passato da queste parti solo tre
settimane fa...»
«Cosa?»
«Non sono
entrato, ma un po’ di tempo fa ho sorvolato con lo skateboard il castello e non
c’era traccia di tutta questa sabbia nera.»
«E allora
cosa è successo?»
Kid
scosse la testa: «Di preciso non lo so, ho solo qualche sospetto...»
Kevin
rientrò furioso nella sala e prese lo shinigami per
il bavero: «Senti, ora basta. Tu sai più di quel che ci dici. Non ci avresti
proposto una gita turistica fin qui senza motivo, e ami indagare come un
piccolo Sherlock Holmes, lo so bene. Quindi ora
mi dici tutto quello che hai scoperto e che sospetti, va bene?»
Kid fece
una smorfia: «Forse mi sbaglio. I miei sospetti si basano solo su frasi di
Rachel Onpu riportatemi da un interrogatorio. Sono
solo voci.»
«Conosco
Rachel ed è una ragazza affidabile.»
«Non più.
Da quando è tornata a Death City sembra essere impazzita. Straparla, e la
maggior parte delle persone non sembra darle retta. Ma se invece avesse ragione...»
Kevin lo
guardò dritto negli occhi: «Parla, Kid. Ora.»
Il giovane
shinigami spostò il suo sguardo dal pavimento marcio
alla piccola Lucy in lacrime nel corridoio. Poi chiuse gli occhi gialli e sospirò.
«E va
bene...»
Simon,
nuovamente umano, sospirò profondamente: «Bene,
ora mi è tutto chiaro. Ho compreso perché abbiate fatto tutto questo.»
Le
streghe attesero in silenzio il responso dello Stregone.
«L’idea di una nuova generazione magica è
ambiziosa... e lodevole. Oh, sì, come piano è molto ben congegnato,
complimenti.»
Alcune
streghe si sorrisero.
«Ma...»
Simon si
godette per un attimo le loro espressioni smarrite, poi riprese: «... perché aspettare? Creiamo prima un mondo
adatto alla nuova generazione magica. Seguiamo prima il nostro istinto.»
Sul suo
volto apparve un ghigno: «Chiamiamo le
ultime sorelle rimaste, gli ultimi schiavi... e radiamo al suolo tutto. Solo
allora continueremo il piano.»
Le
streghe risero deliziate. Nulla le poteva rendere più felici che l’idea di
distruggere tutto. Simon sorrise del loro entusiasmo, poi si alzò.
«Portatemi dove stanno cantando.»
Un
gruppetto di donne lo accompagnò dove le loro sorelle, sedute in cerchio e
tenendosi per mano, cantavano il canto diabolico. Simon le osservò per qualche
minuto, poi si sedette accanto a loro e chiese che gli si facesse spazio.
«Ma...
per impararlo le migliori di noi hanno impiegato mesi di studio...»
Simon non
le rispose neppure, si limitò ad allungare un braccio all’indietro e a produrre
un’onda d’urto sonora che fece svenire la sciocca che aveva osato contraddirlo.
Il ragazzo prese le mani delle streghe che aveva al suo fianco, fece un
profondo respiro e iniziò a cantare a sua volta.
L’ambiente
intorno a loro iniziò a tremare dalla potenza aggiunta dell’incantesimo. Simon
rimase impassibile e continuò il suo lavoro. Era un incantesimo semplice,
elementare, soprattutto visto che la sua magia si basava proprio sulla
musica... lui si sarebbe limitato a donare la potenza necessaria per infrangere
ogni barriera. Con la sua voce l’anima di Shinigami non avrebbe più potuto fare
nulla per difendere le orecchie di chi aveva il loro stesso sangue. Nessuno
avrebbe potuto impedire ai prescelti di udire il canto. E la guerra, col suo
meraviglioso carico di dolore, odio e devastazione, sarebbe cominciata,
finalmente.
Patty:
Ciao, Maka!
Maka:
Liz, Patty! Anche voi
qui?
Liz: Sì… approfitto
che Kid ci ha lasciato un pomeriggio libero per dire un paio di cosette al mio
ragazzo, sai… e tu?
Maka: Io volevo chiedere un libro in prestito
a Lucy... ma... e questo biglietto?
Liz: “Non ci siamo per tutto il pomeriggio
per restituire la caparra alla fioraia, scusateci. Lucy e Kevin”
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 13° capitolo: Gli occhi dei due promessi sposi! Vieni con
me?
Patty: Ma quante volte devono restituire
questa caparra? Non l’avevano già fatto due settimane fa?
Maka: ...
Liz: ...
Patty: Ehi, dove correte?
Maka: Da Lord Shinigami! Quei due si stanno
cacciando nei guai un’altra volta!
Patty: Evvai!
Maka: Eh?
Liz: Tranquilla, dopo glielo spiego.
Ehm... saaalve... sì, lo so, sono
passati dei mesi dall’ultimo aggiornamento. Non starò qua a raccontarvi tutto
quello che mi è successo perché altrimenti ci vorrebbe un altro capitolo. Sappiate
solo che non mi sono dimenticata di voi e che spero, d’ora in poi, di
riprendere con un pochino più di frequenza.
Intanto ringrazio KING KURAMA, Jan Itor
e darkroxas92 per le recensioni e vi annuncio che il prossimo capitolo sarà...
di fuoco! La guerra sta per iniziare, signori... o no?
Capitolo 16 *** Gli occhi dei due promessi sposi! Vieni con me? ***
Gli occhi dei due promessi sposi! Vieni con me?
«Simon,
mio signore, stanno arrivando.»
«Lo so.»
«Sei
pronto?»
Lo
stregone si voltò. Il suo volto era serio, ma nei suoi occhi brillava una luce
allegra, di un'allegria quasi folle.
«Credimi, madre, non aspetto altro.»
«Siete
tutti pronti? Da qui in poi non si torna indietro!»
I
professori e gli studenti della Shibusen annuirono.
Ognuno di loro era perfettamente consapevole che quello che stavano per fare
non era un gioco, né un'esercitazione. Era l'inizio di una guerra, ormai tutti
ne erano convinti. L'ultimo attacco era stato tremendo, nessuno era riuscito a
resistere al canto delle streghe. Molte delle persone impazzite avevano tentato
o erano riuscite a uccidere altri innocenti, e qualche donna si era
completamente trasformata in strega. La situazione era a dir poco drammatica,
ma qualcuno stava pensando a tutt'altro.
Qualcuno,
in mezzo a quell'esercito pronto ad affrontare la magia più oscura, non poteva
non pensare a chi non era al suo fianco, a chi sperava segretamente di
ritrovare in quella bolgia infernale. La Shibusen
aveva dichiarato Simon come disperso, ma il dubbio che Kid aveva insinuato nel
cuore della giovane Lucy la stava lentamente rodendo.
Su
cosa aveva cercato di metterli in guardia Rachel? Secondo Kid aveva farneticato
su fantomatici nuovi regni, su sovrani e nuove generazioni, e soprattutto, su Simon. Secondo lei tutto ruotava
intorno a Simon. Cosa avrebbe trovato alla fine di quella storia? Un ragazzo
prigioniero e torturato? Un pazzo assassino, come molte delle persone
contagiate dal canto? O...
Kevin
le diede una gomitata, indicandole il professor Sid che abbassava il braccio.
Era il segnale.
Gli
studenti si lanciarono contro il rifugio delle streghe, avvolto dalla nebbia. Black Star, come sempre, si fiondò davanti a tutti urlando,
ma stavolta a mani nude. Tsubaki era rimasta alla Shibusen,
per lei era troppo pericoloso avvicinarsi. Gli altri amici di sempre erano confusi
in mezzo alla folla, ma Lucy e Kevin volavano su tutti, con una missione
diversa dagli altri che nessuno aveva loro ordinato ma che si erano auto
attribuiti: trovare Simon e riportarlo a casa.
Lo
scontro fu epocale: magia contro armi, studenti contro donne che fino a qualche
tempo prima non avrebbero mai pensato di affrontare e contro cui, si resero
conto fin da subito, dovevano usare tutte le loro forze, senza buonismi, senza
sensi di colpa, perché queste puntavano a uccidere loro e chiunque si fosse
presentato loro di fronte.
Lucy
cercava di non concentrarsi su di loro e di tenere al contempo gli occhi
aperti. La nebbia non la favoriva, certo, ma lei non si sarebbe arresa per così
poco. Era certa di poter riconoscere al volo e da qualunque distanza i biondi
capelli di Simon, quei capelli che mille e mille volte ancora aveva accarezzato
amorevolmente. Lo avrebbe trovato e lo avrebbe portato via da quell’inferno. E
che ci provassero ad allontanarla di nuovo da lui, non lo avrebbe permesso.
Avesse dovuto affrontare in combattimento Lord Shinigami in persona, o la
strega che stava guidando quel massacro.
«Basta con i giochi, ci siamo divertiti a
sufficienza. È ora di fare sul serio.»
Magia o miracolo? Lucy non seppe spiegarselo,
ma qualcosa di strano era accaduto perché in un punto, e in un punto solo, la
nebbia si era diradata. Forse era un segnale, o magari una trappola. Doveva
avvicinarsi o meno?
In
mezzo al campo di battaglia, nella furia del combattimento, a un certo punto,
tutto si fermò innaturalmente. Le streghe s’inchinarono e le armi e i loro
maestri alzarono lo sguardo. Là, nell’unico punto illuminato, una figura
maestosa li scrutava tutti dall’alto in basso, avvolta in un manto nero e viola
scuro lungo fino ai piedi. Non aveva nulla di eccezionale, all’apparenza, ma
tutti al vederlo rabbrividirono. Emanava potere e malvagità allo stato puro e
la sua sola presenza bastava a dare la sensazione di essere schiacciati da lui.
Non
disse una parola, ma allargò il mantello, mostrando chiaramente la sua figura e
il suo volto.
«No...»
Cosa
gli avevano fatto? Cosa gli avevano
fatto?
Lucy
si bloccò a mezz’aria, senza fiato.
Era
lui e allo stesso tempo non lo era
per nulla. Dov’erano finiti i suoi bei capelli biondi, i suoi occhi color del
mare e la sua aria gentile e rassicurante?
Era
questo che aveva cercato di spiegare Rachel?
Cosa gli avevano fatto?
Simon
sorrise soddisfatto alla vista del campo di battaglia chino ai suoi piedi.
Buoni e cattivi, tutti lì in silenzio per ascoltarlo. Si leccò le labbra
sentendo la sua magia ribollirgli nel petto: ogni lettera pronunciata sarebbe
stata intrisa di puro male, mentre il tono musicalmente accattivante avrebbe
convinto i più riottosi alle sue idee.
Nulla
poteva andare storto.
Nulla.
«Studenti e professori della Shibusen, a nome delle streghe vi porgo il mio benvenuto e
vi ringrazio infinitamente per esservi offerti come carne da macello per
soddisfare il nostro istinto di distruzione, ve ne siamo infinitamente grati.»
No...
«Anzi, chiedo scusa, quello che ho detto
vale solo per i professori, voi studenti siete stati buttati qua come vittime
sacrificali...»
Non poteva essere vero...
Quel
sorriso sadico... quella voce musicale, sì, ma distorta...
«Lo so bene, perché anch’io ero come voi,
fino a pochi giorni fa... prima che il canto mi facesse scoprire la mia vera
natura.»
Qualcuno,
sotto di lei, aveva iniziato a sussurrare quello che lei aveva capito subito.
Simon.
Cosa gli avevano fatto?
Kevin,
al suo fianco, si strinse a lei, polvere rossa vicino a polvere argento.
«Bene, è stato un piacere rivedervi tutti.
Ora, gentilmente... lasciatevi
distruggere.»
A
quelle parole le streghe tornarono a scatenarsi, prendendo di sorpresa armi e
maestri, ancora ammaliati dalla voce. Simon sorrise. Che venissero tutti
massacrati, il loro sangue avrebbe reso fertile il loro mondo futuro. Se poi
qualcuno si salvava meglio ancora, avrebbe raccontato l’orrore e diffuso la
paura.
Si
tolse il mantello. Forse era giunto anche
per lui il momento di...
«Simon?»
Un
sussurro, nulla di più. Una voce leggera diffusa dal vento, quasi inudibile per
chi non ne fosse stato avvezzo. Ma Simon avrebbe riconosciuto quella voce
ovunque e al solo udirla per un attimo gli si fermò il cuore.
Come... come aveva potuto...
non pensarci... per una settimana intera, non pensare a...
Di
fronte ai suoi occhi, lentamente, come sempre, si addensò una polverina
argentea dispersa nell’aria che lo circondava formando la figura di...
«Lucy...»
Gli
occhi sbarrati, il respiro mozzo, il cuore a diecimila, per un attimo Simon si
sentì esattamente come di fronte all’altare, anche se la Lucy davanti a lui
aveva i capelli corti, la divisa della Shibusen e ben
poco di quell’aria felice ed emozionata di quel giorno. Gli occhi della ragazza
erano pieni non di paura, come si sarebbe aspettato, ma di preoccupazione, la
stessa preoccupazione che le aveva visto a volte nelle missioni, quando non
riusciva a trovarlo o temeva che gli fosse accaduto qualcosa.
Nonostante tutto...
nonostante stesse fissando negli occhi l’incarnazione del Male... lei... lei
non aveva paura... le tremavano le mani, sì, come sempre, ma lui sapeva
perché...
E
in un attimo seppe anche il perché per una settimana intera non aveva pensato a
Lucy neanche una volta. Non era perché
aveva smesso di amarla. Era una
difesa, perché gli era bastato vederla per mettere in dubbio tutto ciò di
cui era convinto fino a pochi secondi prima.
Cosa stava facendo?
Fu
un secondo d’incertezza che nel cuore di Simon parve durare un’eternità. Poi,
improvvisamente, lo Stregone Oscuro sembrò riprendere il controllo di sé.
«Lucy! Che piacere rivederti!»
«Simon...
cosa... cosa ti è successo?»
In
un attimo di pausa dal combattimento, Maka si voltò verso lo sprazzo di luce.
Vide Lucy, di spalle, parlare con il capo dell’esercito nemico. Vide il
condottiero che aveva guidato le streghe, vide la sua anima e per un attimo le
mani le tremarono.
«Maka?»
«Soul...
che sta facendo Lucy?»
La
falce ritornò umana e guardò la scena con più attenzione: «Sembra stia
trattando con...»
Il
suo volto sbiancò. Era diverso, sì, ma non così tanto da non poter riconoscere
l’amico con cui aveva suonato per anni.
«Simon!
Quello è Simon! Per forza che Lucy gli sta parlando!»
Maka
scosse la testa: «No, quello non può essere Simon! La sua anima...»
Arma
e maestro d’armi si guardarono per un attimo, poi corsero verso l’amica.
«Non lo vedi? Sono diventato più forte, più
sicuro di me! Dovresti esserne felice! Mi hai sempre ripetuto che dovevo
smetterla di sentirmi inutile, guardami ora!»
Lucy
gli sfiorò una ciocca di capelli: «Simon... non così...»
La
corsa di Maka e di Soul venne interrotta da un muro di polvere cremisi.
«KEVIN!
CHE STAI FACENDO?»
«Do
a Lucy il tempo di poter parlare con Simon.»
Maka
scoppiò: «QUELLO NON È IL SIMON CHE CONOSCE LEI! NON LO VEDE? IO SÌ, LO VEDO,
VEDO LA SUA ANIMA... NON È NEANCHE VIOLA, KEVIN, È NERA! È MALVAGITÀ ALLO STATO PURO... IO...»
«Io
mi fido di Lucy. Anch’io non riconosco più il mio migliore amico, ma se mi dice
che quello è Simon, io mi fido di lei.»
«E
adesso, Simon, cosa intendi fare?»
«Continuare quello che sto facendo. Diventare
più forte.»
Lucy
lo fissò, serissima: «Anch’io vorrei continuare una cosa, sai?»
«Uh?»
«Il
nostro matrimonio, Simon.»
Lucy
gli prese la mano: «Abbiamo un matrimonio da finire, ricordi? Ci siamo fermati
appena prima del sì...»
Il
ragazzo la guardò per un secondo smarrito, poi sembrò nuovamente riprendersi.
Soul
cercò di far ragionare la polvere di veleno che lo circondava: «Lucy è accecata
dall’amore per Simon... lo capisco, è anche una cosa fica, ma...»
La
polvere intorno a loro rise: «Accecata? Lucy?
Sentite una cosa... io ho cercato di fermarla, prima, anche con la forza... ma
poi l’ho lasciata andare. Sapete perché?»
«E se cambiassi tipo di proposta, Lucy?»
La
ragazza lo guardò sorpresa e lo Stregone continuò: «Rimani qui con me! Costruiamo questo nuovo mondo insieme! La mia magia
è potente, quanto di più potente sia mai esistito, potrei renderti una strega,
darti i poteri che vuoi...»
Lucy
chiuse gli occhi e sorrise.
Kevin
tornò umano per fissare gli amici negli occhi: «Perché anni fa quella ragazza
ha saputo vedere me, la persona che
conoscete oggi, dietro gli occhi di un assassino. Se ora mi dice che in quegli occhineri vede ancora Simon, sarei un ipocrita della peggior specie a
non crederle.»
«Scusami...
ma non m’interessa. Io voglio solo averti al mio fianco di fronte a
quell’altare e gridare quel sì con tutta la voce che ho in corpo.»
La
ragazza lesse lo smarrimento negli occhi scuri del suo promesso sposo e ne
approfittò per prendergli anche l’altra mano e portarsela al petto.
«Simon
EmanuelOnpu... puoi
esserti tinto i capelli, puoi esserti messo le lenti a contatto, puoi aver
cambiato la voce con la magia o con chissà cos’altro... ma tu sei e rimani l’uomo che ho promesso di sposare.»
Simon
si ritrovò completamente spiazzato. Non era questo che si aspettava di sentirsi
dire. Le mani che Lucy aveva portato al proprio petto, poi, gli svelavano che
il cuore della ragazza batteva alla stessa folle velocità del suo. Con poche
parole quella ragazza era riuscita in una magia che riteneva impossibile,
ripescare dai meandri più profondi e dispersi della sua anima il violinista
impacciato e inutile che era stato e che era convinto di aver ucciso per
sempre.
Era
pericolosa, Lucy, molto pericolosa. Più ancora che delle sue mille
trasformazioni, per lui erano letali i suoi occhi puri, la sua candida voce e
quelle parole innocenti che resuscitavano in lui chi non poteva più permettersi di essere. Forse doveva ucciderla.
Sì, sarebbe stata la decisione giusta. Prenderla di sorpresa ora, trasformarsi
in lupo e azzannarla alla gola per impedirle di parlare ancora... e di confonderlo
ulteriormente...
E allora perché non lo aveva
ancora fatto?
Mentre
ancora cercava di capire cosa dovesse fare, le labbra di Lucy si aprirono in un
sussurro, quasi inudibile nel caos della battaglia, per tutti ma non per lui. Era
una musica, la base del suo potere, per di più una serie di note che Simon
conosceva fin troppo bene e che portava ancora nel cuore.
«Vola, vola,
fino all’aurora,
sempre più alto nel cielo…
vola ancora,
nel tuo mistero,
piccola stella,
mio pensiero…»
Simon
chiuse gli occhi, con un groppo in gola. La
sua magia sulla musica non era nulla, rispetto a quella di una piccola ragazza
senza poteri ma innamorata... di lui... nonostante quello che gli aveva visto
fare... e lui non poteva ignorare per sempre quel batticuore, quel groppo in
gola... quell’istinto di ucciderla... o farla sua in qualunque modo...
In
un attimo un paio di streghe gli furono affianco.
«Mio
signore, lasci che mi occupi io di questa sgualdrin...»
Simon
mosse un braccio verso la strega che aveva parlato e questa volò via: «NO!
NO! TU NON LA TOCCHERAI! NESSUNO LO FARÀ!»
Le
streghe lo guardarono confuse, Lucy sorrise speranzosa ma Simon indietreggiò di
qualche passo con aria confusa.
«Mio
signore, cosa... cosa dobbiamo fare, allora?»
«Io...
io... non lo so più...»
E
scomparve nel nulla in mezzo alla battaglia, lasciando dietro di sé una melodia
malinconica disseminata di dissonanze.
Spirit: Accidenti, non mi ricordo mai il numero di specchio di Lord
Shinigami...
Stain: 4242564...
Spirit: Grazie, me lo
dimentico sempre! Dunque... 4... 2... 4... 2...
Stain:
Potresti darti una mossa?
Spirit: Hai così fretta di
parlare con Lord Shinigami?
Stain:
No, ma permetterti di farlo a me tocca affrontare tutte queste scalmanate a
mani nude!!!
Spirit: Uffa, e va bene...
5,6,4, fatto! Pronti?
Shinigami:
Partenza?
Spirit & Shinigami:
VIA!
Stain:
La piantate di fare i cretini e vi date una mossa sì o no???
Spirit: Quanto sei
noioso... dunque, Lord Shinigami, qua...
Lord
Shinigami: Un attimo, un attimo, prima devo dare un avviso!
Stain:
Eh?
Lord
Shinigami: Per continuare la lettura
potrete scegliere tra:
Spirit: La buona notizia è che abbiamo ritrovato Simon Onpu...
Lord Shinigami: Evvai! Questa è una notizia così bella che qualunque cosa
potrai dire dopo non potrà essere così terribile!
Stain: Ritiri le
bandierine... un attimo, signore, sto parlando, un po’ di educazione! Non
potete cercare di uccidermi dopo che
ho finito di parlare?
Spirit: Ehm... sì... la cattiva è che è a capo dell’esercito
nemico, che ci sta massacrando...
Stain...
Lord Shinigami: ...
Spirit: ...
Lord Shinigami: ... ho la
netta impressione che stavolta il duca di Onpu non
minaccia solo di farmi a polpette, passa direttamente ai fatti…
Eccomi qua! Sentivate la mia mancanza, lo so... ma adesso penso
proprio di potermi far perdonare, no? Ben quattro capitoli in una volta sola! Abbiate
pazienza, ma facendo una storia in questo modo e dovendo pubblicare sempre o
quasi sempre più capitoli insieme, i tempi di aggiornamento si allungano...
Ringrazio come sempre chi ha la bontà di commentare, ovvero KING
KURAMA, VictursMors e
darkroxas92 e vi aspetto al bivio che sceglierete!
Capitolo 17 *** [BIVIO] Nemico pubblico numero uno! Cosa dobbiamo fare con i nostri allievi scomparsi? ***
Nel bivio precedente
avete deciso di vedere la reazione delle streghe?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.
Oppure avete deciso di
vedere la reazione di Simon?
Anche in questo
caso siete nel capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio
fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di
seguire la reazione della Shibusen?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
Nemico pubblico numero uno! Cosa dobbiamo fare con i nostri
allievi scomparsi?
Marie
continuava a scuotere la testa, incredula: «Non ci credo... non ci posso
credere...»
Stain
le mise una mano sulla spalla: «L’abbiamo visto tutti.»
«E
non poteva essere un’allucinazione di massa? Un incantesimo? Qualcosa del
genere? Insomma, stiamo pur sempre parlando di streghe!»
Il
professore fece una smorfia: «In grado d’ingannare anche lo sguardo di Maka?»
«Ma
stiamo parlando di Simon! Simon Onpu! Lo sapete anche
voi che quel ragazzo non farebbe del male a una mosca, no? Vive praticamente
solo per Lucy e per il suo violino!»
Spirit intervenne: «Prima di tutta questa storia sarei stata
d’accordo con te, ma questa maledizione delle streghe sta rimettendo in gioco
molte delle nostre convinzioni... non possiamo più fidarci di nessuno.»
«Per
quanto possa fare male...»
Spirit tirò un pugno al muro: «Rachel l’aveva detto. In mezzo a quella
sequela di parole senza senso, l’aveva detto, ripetuto ancora e ancora, fino
alla nausea... se le streghe mettevano le mani su Simon, era la fine per
tutti... non le ho voluto dare retta, e questo è il risultato.»
Shinigami,
che fino a quel momento era stato in silenzio, prese per la prima volta la
parola: «No, non è stata colpa tua, né di nessun altro. Nemmeno di Simon,
perché anche se ora non è più il ragazzo che conoscevamo, possiamo essere certi
che non ha cercato né voluto questa situazione.»
Spirit annuì: «L’aveva detto anche in cella, in quella premonizione
che non abbiamo capito... parlava di se stesso...»
«Ma
questo non cambia la situazione, purtroppo. Ora è uno stregone animato da più
che cattive intenzioni, e non possiamo permetterci scrupoli o sensi di colpa.»
Stain
annuì: «Lo fermeremo. E con lui tutte le streghe.»
Spirit sospirò: «Perché sarebbe quello che lui vorrebbe se fosse in
condizioni normali. Essere fermato prima di combinare troppi danni e uccidere
qualcuno.»
Marie
si morse un labbro: «Io ancora non riesco a immaginarmi Simon uccidere
qualcuno...»
«In
questo momento è più pericoloso di tutte le streghe messe insieme.»
Shinigami
mise le mani dietro la schiena: «E come tale verrà trattato. Mettete sulla sua
taglia priorità massima. In questo momento è da considerare come il nemico
numero uno di Death City e del mondo intero.»
Marie
sbarrò gli occhi: «Questo vuol dire...»
Shinigami
annuì, grave: «... che bisogna prenderlo, prima possibile, vivo o morto.»
Stain
intervenne: «E per quanto riguarda Lucy Gin e Kevin Akai?»
Lord
Shinigami scosse la testa: «Sinceramente con loro non so cosa fare...
potrebbero essere con Simon come no... e anche se fossero con lui? Lo hanno
seguito di loro volontà o sono stati rapiti? Questo cambia tante cose...»
Spirit per un attimo s’inalberò: «Lucy e Kevin non tradirebbero mai
la Shibusen, poco ma sicuro!»
Stain
prese una lunga boccata dalla sigaretta: «Ma non dimenticare che Lucy è una
sposa disperata... e l’amore può spingere anche a fare atti a cui di solito non
si penserebbe neppure...»
«In
quel caso Kevin la fermerebbe!»
«Sicuro?
E se non ci fosse riuscito e la stesse seguendo per evitare che si metta nei
guai ancora di più?»
«In
effetti questo suona molto come un comportamento di quel ragazzo...»
Marie
si risollevò: «Ma abbiamo ancora un’arma dalla nostra: James!»
Spirit esclamò: «È vero! Le loro anime sono collegate! Forse potrà
dirci di più!»
«E
allora andiamo a parlarci.»
James: «Vi aspettavo.»
Stain: «E allora dicci
quello che vogliamo sapere.»
James: «Lucy sta bene. È
turbata, ma con quello che le è successo, mi pare il minimo. Si trova in quella
direzione, ma come sempre non posso dire a che distanza.»
Marie: «Queste mi sembrano
già ottime notizie!»
James: «Non ha abbandonato
ancora la speranza...»
Spirit: «Non che mi aspettassi il contrario...»
James: «C’è... ancora
qualcosa...»
Shinigami: «Cosa? Per
esempio il titolo del prossimo capitolo?»
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 15° capitolo: Ritorno al luogo proibito! In quanto tempo si
può decidere il colore della propria anima?
Spirit: «Lord Shinigami, deve per forza farlo ogni volta?»
James:
«Ecco... è...»
Marie:
«... è...?»
James: «... un panino con il
prosciutto crudo! Che schifo! Lucy si sta mangiando un panino con il prosciutto
crudo! Io non sopporto il prosciutto crudo, e ora ho in bocca questo saporaccio
che...»
Spirit: «...»
Shinigami: «...»
Marie: «...»
Stain: «... questa volta mi
autorizzate a vivisezionarlo, vero?»
Vi è piaciuto questo bivio? Spero proprio di sì, perché da
adesso in poi la storia prenderà nuovi binari...
Capitolo 18 *** [BIVIO] Una volta per tutte! Rinunciamo al nostro presente in cambio di un glorioso futuro? ***
Nel bivio precedente
avete deciso di vedere la reazione della Shibusen?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.
Oppure avete deciso di
vedere la reazione di Simon?
Anche in questo
caso siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio
fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di
seguire la reazione delle streghe?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
Una volta per tutte! Rinunciamo al nostro presente in cambio
di un glorioso futuro?
Cos’era
successo?
Nessuno
sembrava in grado di spiegarlo. All’improvviso, com’era iniziato, tutto era
finito. Scomparso Simon la guerra era semplicemente cessata. Studenti e
professori se ne erano tornati a casa, nel silenzio assordante del dubbio e
dell’orrore, e le streghe, stranamente, non li avevano fermati. Perché anche
per loro qualcosa era cambiato.
Si
erano improvvisamente svegliate da un sogno, da una specie d’incantesimo di
controllo che probabilmente Simon aveva lanciato senza neanche accorgersene, ed
erano rimaste così sconvolte e imbambolate da rimanere immobili fino a che
tutto non fosse passato. Solo allora sembrarono iniziare a riprendersi.
«Cosa è accaduto?»
«Quello
di cui vi avevo avvertite.»
«Siamo
state plagiate. Eravamo sotto il suo controllo completo.»
«Di
più. Eravamo sue. E lo saremo sempre.»
«È un dominatore nato. Lo stregone più
potente mai esistito, in grado di controllare il mondo intero con la stessa
semplicità con cui noi potremmo schiacciare una formica.»
«Senza
dubbio un genio.»
«Un genio
ora fuori controllo.»
«In
fondo stava andando tutto bene. Non stava seguendo esattamente il piano,
d’accordo, ma...»
«... ma qualcosa in lui ha resistito
all’incantesimo.»
«Come?»
«L’avete
detto, è un genio. Un genio della magia. Forse lo era già prima che
intervenissimo noi col nostro canto. Forse una parte di lui ha inconsciamente
trovato un modo per resisterci. Come ha sempre fatto. Come farà sempre.»
«E
noi cosa faremo?»
«È il tempo di una decisione, sorelle.
Unica e definitiva.»
«La
prenderemo.»
«Cosa
ne facciamo ora del nostro Stregone? Torneremo sotto il suo controllo?»
«Sì.
Senza dubbio alcuno.»
«Il nostro mondo futuro è più importante
della nostra libertà attuale.»
«Se
tutte le nostre prossime generazioni saranno così potenti, si ricostituirà l’assemblea
attuale. Sarà solo questione di tempo, e di sacrificio.»
«E
così sia.»
«E
se lo Stregone resisterà?»
«Non potrà farlo a lungo.»
«L’istinto
del Male è troppo forte, non potrà trattenerlo per sempre.»
«Tornerà.»
«Lo
cercheremo e lo riporteremo qui.»
«Uccideremo chiunque si metterà sulla
nostra strada.»
«Se
non lo farà lui per primo.»
«E
ricominceremo.»
«Come
sempre.»
«E per sempre.»
«Dunque, dove iniziamo a
cercarlo?»
«Io dico di
qua.»
«Io di là.»
«Perché non
dalla mia parte, scusa?»
«E perché non
dalla mia, allora?»
«Buone, per favore, non
litigate...»
«ZITTA TU! È
UNA QUESTIONE PRIVATA!»
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 15° capitolo: Ritorno al luogo proibito! In quanto tempo si
può decidere il colore della propria anima?
«Sigh...
rimpiango già l’armonia che c’era sotto il regno dello stregone...»
Vi è piaciuto questo bivio? Spero proprio di sì, perché da
adesso in poi la storia prenderà nuovi binari...
Capitolo 19 *** [BIVIO] In bilico fra due versioni di sé! L'odio può amare? ***
Nel bivio precedente
avete deciso di vedere la reazione delle streghe?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.
Oppure avete deciso di
vedere la reazione della Shibusen?
Anche in questo
caso siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio
fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di
seguire la reazione di Simon?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
In bilico tra due versioni di sé! L’odio può amare?
Una
strana e arcana musichetta si diffuse fra le fronde, lieve, leggera, non
invasiva, al punto tale da confondersi con il fischio della brezza. Veloce, più
veloce quasi del vento stesso, la melodia attraversò le infinite e contorte vie
del giardino, senza mai sbagliare, sicura e diretta là, verso il centro di
tutto, dove tutto era iniziato.
E
là, e là soltanto, Simon riprese la sua forma corporea, lasciandosi andare
sulla dura pietra che, come sempre negli anni, lo attendeva. Respirò
profondamente, cercando nei familiari profumi una calma che sembrava aver
perduto definitivamente. Non aveva cercato quel luogo apposta, era scappato
senza pensare, anzi, cercando disperatamente di non pensare, di non impazzire, e si era lasciato guidare dai
ricordi e dall’istinto verso un luogo dove cercare pace e serenità. La serenità
che aveva perduto di colpo, forse per sempre, scoppiata all’improvviso come una
bolla di sapone.
Cos’era successo?
Era
successo che aveva cercato di cancellare il passato di colpo, con una passata
di spugna, e fingere che non fosse mai esistito, di essere nato improvvisamente
poco più di una settimana prima, come Venere dalle onde del mare. E poi il
passato era tornato a bussare, violentemente e con una forza inaspettata, con
quella delicatezza che solo e soltanto Lucy poteva avere.
Lucy.
Simon
sentiva la sua anima come un mare in tempesta. Avvertiva ancora dentro di lui,
forti e potenti come prima, il desiderio e l’istinto di puro Male, quella sete
di potere e in minor parte di distruzione che lo aveva guidato fino a quella
mattina. Ma non riusciva a togliersi dalla mente il volto sorridente di Lucy,
la sua voce leggiadra, il suo canto dolcissimo e sereno...
Lucy.
Urlò,
un urlo di sfogo e di disperazione. Era dilaniato da due istinti opposti e antagonisti,
entrambi dotati della stessa forza. Nascose il volto fra le mani.
Amarla o ucciderla?
Perché amarla?
Perché
come si poteva non amare una creatura così? In grado di affrontare l’inferno di
una guerra scatenata dal suo stesso innamorato per venirlo a cercare? Capace di
non nascondere la paura, ma di mostrare come affrontarla, ogni volta in modo
diverso, ogni volta come fosse la prima? Capace di accantonare tutto per lui?
Perché ucciderla?
Perché
era il maggior ostacolo ai suoi piani. L’unica cosa che poteva farlo recedere
dalle sue più profonde convinzioni. Perché aveva un potere sconosciuto persino
a lui, che della magia aveva capito tutto o quasi in pochissimo tempo.
Perché l’amava.
Simon
allontanò per un attimo le mani dal volto, gli occhi sbarrati a guardare una
cosa così semplice, così ovvia da stupirsi che gli ci fosse voluto così tanto
tempo per capirlo.
Lui amava Lucy.
La amava come Maestro d’armi
violinista.
La amava come Stregone
Oscuro.
L’unica cosa che lo teneva
unito come individuo, che ancora non lo aveva reso pazzo o schizofrenico,
diviso fra due personalità diverse e opposte, era l’amore per quella ragazzina.
Lacrime
cristalline e ombrate scivolarono dal suo volto, bagnandogli le mani, gli abiti
e il terreno.
Ecco qual era il suo potere,
quello che fino a quel momento non era riuscito a comprendere.
Lucy
aveva il potere di renderlo una persona, un individuo unico nonostante le mille
sfaccettature diverse che lo componevano, così diverse, opposte persino, ma
coerenti, in qualche modo. Era così, e lo era sempre stato. Era per lei che era
riuscito ad affrontare suo padre, al matrimonio, tirando fuori una grinta che
quasi non sapeva di avere. Era per lei che riusciva ad essere il violinista
pacifico e il Maestro d’armi in missione. Lei era il perno che permetteva alla
sua anima di rimanere in equilibrio.
Ucciderla
avrebbe significato perdere quel perno. Perdere la sua razionalità. Perdere il
controllo, definitivamente.
Perdere se stesso.
Quindi
no, non c’era una scelta da fare. Non poteva ucciderla. Poteva solo amarla.
Ma lui era il Male
incarnato. Lei, così pura, così dolce, così giusta e buona, non avrebbe mai
potuto amarlo, così.
Di
più.
Lui, in quanto incarnazione
del Male, era autorizzato ad amare?
Non
sarebbe stato contro i suoi stessi principi, la sua stessa natura?
Forse.
O forse no.
In
fondo qualcuno aveva forse stabilito delle regole? Non che lui sapesse. E anche
se fosse stato così, aveva abbastanza potere per sovvertirle.
«Simon?»
Ci
aveva riflettuto troppo e troppo profondamente. Avrebbe giurato di aver sentito
la voce di Lucy chiamarlo, con quella voce dolce e leggera come una brezza
d’estate...
Alzò
lo sguardo. Forse ora aveva anche le allucinazioni visive, oltre quelle
uditive, perché la vedeva lì, di fronte a lui, bella come sempre, con
quell’aria preoccupata che spesso la caratterizzava...
La
figura ripeté timidamente, nascosta parzialmente da un cespuglio: «Simon?»
Il
ragazzo sbarrò gli occhi.
Non era un’allucinazione?
Era vera?
«Lucy?»
Lei
non rispose, annuì in silenzio e cercò di avvicinarsi, ma Simon balzò in piedi
e si allontanò gridando: «NO! PER FAVORE, VATTENE! NON VOGLIO FARTI DEL MALE!»
Lucy
si fermò per un secondo, un secondo soltanto, sorpresa. Poi il suo volto si distese
in un sorriso dolcissimo.
«Questo era quello che aspettavo di
sentirti dire. Questa è la prova che sei sempre tu e nessun altro, come continuo a dire dall’inizio di questa
storia.»
«Eh?»
Lucy
si avvicinò ancora, ma questa volta Simon la lasciò fare. Lei si limitò a
prendergli delicatamente la mano, come aveva fatto prima.
«Questo
è esattamente quello che mi hai detto l’ultima volta che ci siamo visti a Death
City. Quale prova migliore per dimostrare che sei sempre tu?»
Simon
si morse un labbro, confuso: «Come... come mi hai trovato?»
«Sono
tua moglie... o quasi... e ti conosco piuttosto bene. Se hai bisogno di
tranquillità cerchi di isolarti, e questo labirinto nella casa di villeggiatura
della tua famiglia è il posto ideale. Lo sapresti percorrere ad occhi chiusi,
me l’hai detto tu stesso...»
«Già...»
«Ricordi
quando?»
Simon
annuì, lasciandosi guidare dalla sua amata di nuovo verso la panchina: «Il
giorno in cui ti ho presentato la mia pazza famiglia.»
Lucy
l’incalzò: «E...»
Simon
sorrise dolcemente, in un sorriso che nulla aveva a che vedere con lo Stregone
Oscuro che era stato fino a poco prima: «... e la prima volta che ci siamo
baciati, proprio qui, su questa panchina.»
«Visto?
Non è cambiato nulla!»
Simon
ridacchiò: «Già... nemmeno...»
Prese
fiato profondamente, per poi gridare divertito: «TANA PER KEVIN DIETRO LA
SIEPE!»
Kevin,
che fino a quel momento aveva silenziosamente osservato la scena di sottecchi,
con fare fintamente annoiato uscì allo scoperto. In realtà non aveva perso di
vista un attimo l’amico di sempre, e non ci voleva un esperto in magia
esoterica per capire che il ragazzo era fortemente combattuto: i suoi occhi
erano tornati azzurri, come un tempo, ma i capelli erano strani, con la radice
bionda, anche se di un biondo più scuro rispetto a come era abituato a vederlo,
che diventavano via via più scuri, fino a divenire
neri in punta. Sembrava fosse passato per le mani di un parrucchiere pazzo, ma
per una volta tenne la sua ironia per sé. Simon aveva dimostrato di poter
reagire molto male in quel momento ed era meglio non irritarlo.
«Beccato.»
Simon
gli sorrise e per un momento sembrò che non fosse cambiato nulla. Poi sospirò.
«Se
solo... sapeste cosa mi è successo...»
Lucy
gli strinse ancora di più la mano: «Siamo qui per questo. Spiegaci, Simon, solo
tu puoi farlo.»
Kevin
si limitò ad incoraggiarlo con un cenno della testa e Simon, con profondi
sospiri, cercò di raccontare l’inenarrabile, il profondo cambiamento che il
canto delle streghe aveva causato in lui, e più o meno quello che aveva fatto
in quelle due settimane scarse.
Alla
fine di tutto Lucy, ancora un po’ sconvolta da quanto non aveva mai pensato di
poter udire dalla bocca dell’uomo che amava, sentì sul palmo della mano
qualcosa di caldo e umido. Sollevò lo sguardo. Simon stava piangendo a dirotto,
come se quel racconto gli avesse tolto tutti i freni inibitori, e ancora
cercava di parlare fra i singhiozzi.
«Voi
non sapete quanto è difficile... una parte di me vorrebbe tornare a casa con
voi e fingere che sia stato solo un brutto sogno... ma come faccio? Non posso
prendere la mia magia e questo... istinto
malvagio... prenderli, buttarli in una scatola, dimenticarmene e fingere
che non siano mai esistiti... fanno parte di me, ora, e non posso ignorarli...
non ho scelto di essere così, ma ora non ne posso fare a meno... anche se
decidessi di non usare la magia, questa uscirebbe da sola, farebbe del male a
chi mi circonda anche contro la mia volontà... e non è neanche quello che
voglio, in fondo, voglio solo essere... me...
ma non so quasi più chi sono...»
Simon
cercò di asciugare le lacrime con la manica.
«So
solo che ti amo, Lucy, e questo non cambierà mai. Ma il resto...tutto il
resto... è difficile da dire a parole... e forse ancora più difficile da
capire, per voi...»
Kevin,
che era rimasto in piedi e in disparte per tutto il tempo, sospirò: «E se
invece ti dicessi che ti capisco benissimo?»
Simon
lo guardò sorpreso: «Eh?»
L’amico
gli sorrise: «Ragiona per un attimo. Chi ero quando mi avete conosciuto?
Nient’altro che un assassino. Credi che anche se ho smesso di uccidere, questa
cosa sia completamente scomparsa in me?»
Allungò
un braccio e lo trasformò in veleno: «La prima cosa che mi è stata imposta
prima di entrare alla Shibusen è stata di non usare
mai completamente i miei poteri. Voi stessi, all’inizio, me lo ricordavate
sempre. Poi però avete smesso. Forse avete pensato che mi fossi dimenticato
quella parte della mia vita, ma non è vero. A volte provo ancora l’istinto di
uccidere. Non posso non farlo, è radicato dentro di me, di più, è scritto
dentro il mio stesso sangue. Quindi, sì, Simon, capisco cosa significhi lottare
ogni giorno contro la tua stessa natura.»
Simon
lo aveva guardato tutto il tempo con gli occhi sbarrati. Non aveva mai davvero
pensato che Kevin potesse avere quel problema, così straordinariamente simile a
quello che stava provando lui in quel momento. Certo, non c’entrava la magia,
ma forse era davvero l’unica persona al mondo in grado di capire cosa stesse
provando.
L’amore della sua vita e il
suo migliore amico.
Come aveva potuto stare
senza di loro per così tanto tempo?
«Non
è una cosa semplice. Avrò bisogno di un po’ di tempo per riflettere e per
capire cosa fare... e chi voglio
essere.»
Lucy
annuì, lentamente: «Certo... io... sono disposta ad aspettare.»
Simon
le strinse la mano con più forza: «Non da sola. Non più. Verrai con me, questa
volta. E anche tu, Kevin.»
Poi,
resosi conto di aver utilizzato un cipiglio un po’ troppo autorevole, si
affrettò ad aggiungere imbarazzato: «Se volete, ovviamente.»
Lucy
gli saltò al collo: «E me lo chiedi? Ti avrei seguito di nascosto in ogni
caso!»
Simon
ricambiò l’abbraccio, felice. Poi si rivolse a Kevin.
«E
tu?»
«Vi
seguirò anch’io. Ma voglio che mettiamo in chiaro un paio di cose fin da
subito.»
Simon
si staccò un attimo da Lucy e si alzò in piedi con uno sguardo serio e
determinato, a cui Kevin non era abituato e che per un attimo lo disorientò. Un
attimo, però.
Se
questo era il nuovo lato del suo amico che doveva imparare a conoscere e ad
affrontare, bene, era il caso di cominciare fin da subito. Sapeva essere tosto
almeno quanto lui, se voleva, ed entrambi lo sapevano bene.
«Non
ho problemi a viaggiare con te, Simon, sei e sarai sempre il mio migliore
amico. Non ho grossi problemi neanche con la magia in sé, se questa però non ti
trascina con il suo utilizzo a mostrare il peggio di te. È per la nostra
sicurezza, e soprattutto per quella di Lucy, che ti chiedo di stabilire fin d’ora
qualche piccola limitazione.»
Simon
lo guardò con aria dura e severa, gli occhi nuovamente scuri: «Sta bene. Fai la
tua proposta.»
Kevin
ebbe un attimo di esitazione. Gli avevano fatto notare spesso di essere un po’
lunatico, alle volte, ma anche lui aveva dei cambiamenti così netti? Quasi non
riusciva ad associare la persona che aveva davanti al ragazzino in lacrime di
qualche minuto prima e a quello che gli aveva gridato ridendo di uscire dal suo
nascondiglio.
«Non
dico che tu non possa usare la magia, ma solo a patto che questa non faccia del
male a nessuno.»
Simon
annuì e Kevin continuò: «Durante il tuo periodo di “riflessione”, non potrai
contattare le streghe in alcun modo. Se deciderai di riunirti a loro potrai
farlo, ma solo dopo avercelo comunicato prima e sapendo che è una scelta senza
ritorno.»
Aspettò
il cenno di assenso, poi concluse: «E se vedrò che tenterai di fare qualunque tipo di stranezza, che sia
ipnosi, farci del male fisicamente o altro, qualunque cosa diversa da quello
che hai sempre fatto, o se ti vedrò comportarti in modo ambiguo o falso nei
nostri confronti, soprattutto verso Lucy, considererò rotto il patto.»
Kevin
allargò le braccia trasformandole in polvere: «E in quel caso riprenderò
anch’io per quest’unica volta a seguire la mia natura originaria e ti ucciderò
pur di fermarti.»
Lucy
sbarrò gli occhi e fece per intervenire, ma Simon la fermò con un gesto brusco.
Aveva negli occhi lo sguardo da Stregone Oscuro, perché in fondo era con lui
che Kevin stava stringendo il patto.
«Accetto
il tuo patto, Kevin Akai. Se romperò una delle tue
condizioni, sarai autorizzato a tentare di uccidermi. Ma se perderò
completamente il controllo, non contare sul fatto che stia fermo mentre tu mi
togli la vita.»
«In
quel caso sarà una lotta senza esclusione di colpi.»
«Bene.»
«Bene.»
Simon
si sciolse improvvisamente in un sorriso, mentre gli occhi lentamente si
schiarivano: «Stabilito questo, ora che facciamo?»
Kevin
si rilassò di colpo, buttando fuori la tensione con un profondo respiro, poi riprese
a parlare: «Non possiamo rimanere qui a lungo. Ci troveranno presto e su una
cosa hai perfettamente ragione, Simon, gli altri non capirebbero, ti hanno
visto come il potente e malvagio Stregone e quella immagine condizionerà il
loro giudizio.»
Simon
annuì: «Dobbiamo anche prestare attenzione alle streghe. Se le conosco
abbastanza bene verranno a cercarmi, hanno bisogno di me per il loro piano e
non possono sostituirmi con nessun altro.»
Lucy,
che fino a quel momento era stata in silenzio, prese la parola: «Forse so io
dove andare.»
Simon
e Kevin si voltarono verso di lei e la ragazza sorrise imbarazzata: «Però vi
avverto, in condizioni normali non lo proporrei nemmeno, è una piccola
follia...»
Kevin
rise: «Tanto, peggio di così...»
Simon
li guardò con aria divertita: «Anch’io ho una proposta da farvi, sapete?»
Il
ragazzo osservò i loro sguardi curiosi e un pochino preoccupati e rise di
cuore. Sì, ci sarebbe voluto un po’ di tempo a tutti, prima di abituarsi
davvero a tutte quelle novità.
Kevin: «Va bene, Simon, cosa
vuoi fare?»
Simon: «Una piccola
follia...»
Kevin: «E due. Mi sta
venendo il dubbio che qua invece ci stiamo trasformando tutti in Kishin...»
Lucy: «Su, dai, non sarà una
cosa così terribile...»
Simon: «...»
Lucy: «... v-vero?»
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 15° capitolo: Ritorno al luogo proibito! In quanto tempo si
può decidere il colore della propria anima?
Simon: «E se ti dicessi che
ho deciso...»
Lucy: «...»
Kevin: «...»
Simon: «... di portare il
mondo verso la distruzione...»
Lucy: «GLOM!»
Kevin: «...»
Simon: «... lasciando che Kevin cucini la cena?»
Lucy: «NO, PER FAVORE, CI PENSO IO!»
Simon: «AHAHAHAHAH!!!
Scusami, Lucy, ma la tua faccia era troppo bella...»
Kevin: «... grazie...lo so
anch’io di non essere un grande cuoco... ma addirittura usarmi come arma per
l’Apocalisse...»
Vi è piaciuto questo bivio? Spero proprio di sì, perché da
adesso in poi la storia prenderà nuovi binari...
Capitolo 20 *** Ritorno al luogo proibito! In quanto tempo si può decidere il colore della propria anima? ***
Ritorno al luogo proibito! In quanto tempo si può decidere il colore della
propria anima?
Non
era giusto.
Erano
in una situazione a dir poco disperata, avevano già incrociato per la strada
gli avvisi di taglia su Simon e il ragazzo sentiva che le streghe lo stavano
cercando. Erano circondati e braccati da entrambe le parti.
Quindi
quello che stavano facendo non era giusto.
Ma
non aveva resistito alla tentazione, una tentazione innocente, tanto che neppure
Kevin aveva saputo dirgli di no.
Simon
non aveva mai avuto problemi ad essere un maestro d’armi da quando era in
squadra con Lucy e Kevin, né era mai stato particolarmente geloso. Ma c’era una
cosa che, sì, ogni tanto gli faceva venire una piccola fitta allo stomaco, non
esattamente invidia, piùche altro... curiosità. Una curiosità peraltro
condivisa dalla quasi totalità della Shibusen.
Per
cui, visto che dovevano muoversi in fretta e non farsi notare troppo, era così
ingiusto se per quest’unica volta Simon approfittasse dei suoi nuovi poteri per
poter volare assieme agli amici di
sempre? Forse no, ma una piccola parte di lui si sentiva in colpa perché si
stava sinceramente divertendo. L’aveva sempre sognato, in fondo, di svolazzare
con Kevin e Lucy nell’aria, facendo capriole e acrobazie. Certo, non avrebbe
mai immaginato di farlo così, con loro sottoforma di polvere e lui di melodia,
ma in fondo era bello anche in quel modo.
Quel
momento di spensieratezza durò poco, solo fino all’ingresso di una città. A
quel punto tutti e tre si fermarono.
La
polvere argentea disse: «Ci siamo. Ma siete davvero sicuri?»
La
polvere cremisi rispose: «Non sarà semplice, lo sappiamo, ma la tua idea finora
era comunque la più sensata.»
Lucy
ridacchiò: «Come no! Buttarci in un covo di Kishin
per scampare alla Shibusen e alla streghe,
sensatissimo...»
Kevin
la rassicurò: «D’accordo, il Principato di Nisty non
è il posto dove passerei le mie vacanze, ma è l’unico luogo al mondo dove la Shibusen non può entrare e anche la magia è malvista. È il
posto più sicuro per Simon, finché non avrà preso una decisione sul suo futuro.»
Simon
rimase in silenzio. Kevin lo fissò di sottecchi.
«Ricordi
ancora il nostro patto, vero?»
Simon
elencò i punti, come per un’interrogazione scolastica: «Vediamo... niente magia
per ferire le persone, nessun contatto con le streghe e nessuna magia contro di
voi, altrimenti mi ucciderai... tutto giusto?»
Kevin
sospirò: «Sì, corretto.»
Era
una situazione assurda. Normalmente non si sarebbe mai e poi mai sognato di
andare a dire cose del genere al suo migliore amico, ma visto che lui stesso
aveva confessato di faticare parecchio a resistere all’istinto di fare del
male, qualche precauzione gli era sembrata il minimo. Trovava inquietante la
tranquillità con cui Simon ne parlava. La persona che conosceva lui non sarebbe
stata così placida nel fare quel tipo di discorso.
Lucy
si fermò: «Eccoci. Simon, come pensi di entrare? Dal cancello o infiltrandoti
di nascosto come noi?»
«Perché,
voi come vorreste entrare?»
«Noi
dobbiamo per forza passare sottoforma di polvere ed entrare di nascosto... le
armi sono vietate nel Principato di Nisty, ricordi?»
«Giusto,
l’avevi accennato... bè, tanto sono ricercato
anch’io, ed è meglio che non mi faccia troppa pubblicità... entrerò con voi.»
Facendo
attenzione a non farsi notare troppo, i tre ragazzi si calarono dall’alto sulla
città, cercarono un punto non troppo trafficato e si rimaterializzarono.
Kevin
si guardò intorno. Era come se avessero sradicato da una grossa metropoli la
periferia più malfamata e insana, popolata da pazzi furiosi semiubriachi che se
tutto andava bene lanciavano bottiglie di vetro, se andava male coltelli, e
l’avessero trapiantata in mezzo al nulla. Era una zona pericolosa, sporca e in
preda alla più pura anarchia.
Lucy
non ricordava molto della città, e quel poco che le era rimasto aveva cercato
di dimenticarlo. L’aveva anche sognata qualche notte, e le sembrava sempre di
entrare in un’atmosfera da incubo, persino in quel momento che era
perfettamente sveglia. Una parte di lei voleva trasformarsi in polvere e
scappare, intangibile. D’istinto si strinse al braccio di Simon con tutte le
sue forze. Non voleva perderlo, non voleva trovarsi in quell’inferno da sola.
Il
ragazzo biondo rimase sorpreso quando sentì Lucy stringersi a sé, ma sorrise
teneramente dandole una carezza sui capelli. Non poteva avere idea di quanto lo
rendesse felice il fatto che lei cercasse ancora protezione da lui, nonostante
tutto.
Si
guardò intorno. Ricordava cosa le aveva raccontato la sua ragazza quando era
tornata da quella missione con Maka e Kid, ma i racconti non gli quadravano.
Lucy aveva parlato di un luogo in grado di gelare il sangue nelle vene dalla
quantità di violenza e terrore che pervadeva l’intera città, ma Simon si
sentiva perfettamente tranquillo e a suo agio. Anzi, dovette ammettere con se
stesso che il posto gli piaceva parecchio. Certo, non per viverci con Lucy, per
lei non era abbastanza sicuro né rassicurante. Ma se fosse stato da solo...
Scosse
la testa. Si stava di nuovo lasciando prendere dall’istinto di Stregone Oscuro.
Non doveva cedere, doveva essere lucido per mettere al sicuro Lucy e Kevin.
Loro erano la cosa più importante, e se necessario per difenderli, anche contro
l’intera città, avrebbe dato il peggio di sé. Era certo di poter vincere in
ogni caso, ma avrebbe preferito non doverlo fare di fronte a Lucy.
Trovare
un alloggio fu un’impresa più ardua del previsto. Gli affitti richiesti erano a
dir poco spropositati e più di una volta rischiarono di arrivare alle mani, con
somma gioia di Simon, che a dirla tutta non aspettava altro. Kevin per fortuna
era inaspettatamente un buon mediatore e riusciva sempre ad evitare il peggio.
A
fine giornata, però, Simon prese l’amico da parte.
«Ascoltami...
Lucy è stanca, è terrorizzata da questa città e vorrei risolvere la cosa in
fretta.»
Kevin
guardò di sottecchi Lucy: «D’accordo. Cos’hai in mente?»
Simon
sospirò: «Potrei ottenere un alloggio gratis e senza fare del male nessuno...»
Il
ragazzo dai capelli rossi alzò un sopracciglio: «Magia?»
«Molto
piccola. Nessuno si farebbe male, potremmo tenere i soldi per comprarci da mangiare,
visto che non sappiamo per quanto staremo qui, e Lucy potrebbe avere un po’ di
tranquillità.»
Il
ragazzo gli lesse il dubbio negli occhi: «Per favore... controllami pure passo passo, se vuoi, ma lasciami risolvere la situazione. Posso
farlo, davvero, senza scontentare nessuno.»
Kevin
sospirò rassegnato: «E va bene. Ma accetto solo per Lucy.»
Tutto
filò inaspettatamente liscio. Con l’ausilio di una musichetta ipnotica, Simon
convinse il proprietario di un alloggio di essere suo nipote e di avere bisogno
di una sistemazione temporanea con i suoi amici. Il signore sembrò felice di
prestarla, a patto che la tenessero pulita e in ordine, cosa di cui s’incaricò
volentieri Lucy. Non era grandissima, ma c’era tutto quello che poteva servire:
un piccolo salottino con angolo cottura, un bagno e due stanze.
Kevin
sorrise: «Immagino che voi vorrete una stanza da... sposini...»
Simon
ridacchiò imbarazzato: «Veramente... preferirei di no. Scusami Lucy, davvero,
ma finché non imparerò bene a controllarmi, preferirei saperti al sicuro se mi
venissero... ehm... deliri di onnipotenza
notturni, ecco... sai, non vorrei mai sognare di essere uno Stregone e...»
Lucy
gli sorrise: «Ho capito perfettamente, non preoccuparti. Allora facciamo che
una stanza è per te, va bene?»
Kevin
sospirò, metà divertito e metà rassegnato: «E allora l’altra è per te e io mi
piglio il divano, capita l’antifona...»
La
ragazza lo guardò delusa: «Come il divano?»
«Ah,
io con te in camera non ci dormo! Niente di personale, Lucy, ma se al tuo
promesso sposo invece dei deliri di onnipotenza dovessero venire i deliri di gelosia notturni, io non
voglio essere nella tua stanza!»
Simon
rise di cuore: «Ma figurati! Non potrei mai pensare che...»
Kevin
alzò le spalle: «E poi disturberei tutti con la mia insonnia cronica... almeno
qui posso passeggiare, ho il tavolo a disposizione se voglio fare qualcosa... e
questo divano non ha l’aria così scomoda, sai?»
Il
maestro d’armi alzò le mani in segno di resa: «Come preferisci. Allora siamo
tutti a posto?»
Lucy
si guardò intorno, cercando di abituarsi alla loro nuova casa: «Penso di sì...»
Simon
l’abbracciò di spalle: «Andrà tutto bene, vedrai!»
Kevin
sorrise tristemente e si incamminò verso il bagno. Quanto sarebbe stato
difficile ricostruire la normalità che avevano perduto?
Padrone di casa: Ciao!
Signore: Ciao! Senti, quella
tua casa in affitto...
Padrone di casa: Oh, l’ho
prestata a mio nipote.
Signore: Tuo... nipote?
Padrone di casa: Certo, il
figlio di mia sorella! Guarda, gli devo anche portare questo biglietto con la
scelta dei prossimi bivi per i lettori!
(Per seguire la giornata dal punto di vista di
Kevin)
Signore: ... scusa, ma tu
non eri figlio unico?
Padrone di casa: ...
Signore: ...
Padrone di casa: Ne sei
sicuro?
Signore: Sì.
Padrone di casa: Ma proprio
sicuro sicuro?
Signore: Sì.
Padrone di casa: Ma proprio
sicuro sicurosicur...
Signore: Ma fai quel che
vuoi! E chiamami quando ti è passata la sbronza!
Padrone di casa: Ma perché
se l’è presa così? Proprio non l’ho capito...
Ciao a tutti! Spero che siano state solo le vacanze estive a
farvi diradare, perché stavolta siete stati davvero pochini... ringrazio
intanto il mio unico recensore, KING KURAMA, e cerco di non impazzire
preparando i bivi... odio il pasticcio di link che ne esce tutte le volte...
Capitolo 21 *** [BIVIO] Alla ricerca della normalità perduta! Riuscirò a vivere in quello che per anni è stato il mio peggiore incubo? ***
Nel bivio precedente
avete deciso di seguire la giornata dal punto di vista di Simon?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Oppure
avete deciso di seguire la giornata dal punto di vista di Kevin?
Anche in questo
caso siete nel capitolo sbagliato, cliccate pure qui
per raggiungerlo.
Non
vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate qui per
rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di
seguire la giornata dal punto di vista di Lucy?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
Alla ricerca della normalità perduta! Riuscirò a vivere in
quello che per anni è stato il mio peggiore incubo?
Kevin
aprì un occhio, uno solo. Lucy gli sorrise.
«Buongiorno!»
Il
ragazzo si mise seduto sul divano, sbadigliando: «Buongiorno, Lucy... che ora
è?»
La
ragazza avvitò la caffettiera: «Sono le otto passate, e a giudicare dalla tua
faccia, hai passato più di metà della notte in bianco, vero?»
Kevin
si stiracchiò: «Capita, quando si soffre d’insonnia... e Simon dov’è?»
«In
bagno.»
«Allora
mi toccherà aspettare che esca.»
Lucy,
voltandosi di spalle, fece un minuscolo sorriso. Erano discorsi normali, più o
meno quelli che facevano tutte le mattine.
Era tutto a posto. Tutto
nella norma. Tutto come sempre.
Simon
entrò nella stanza, perfettamente sveglio: «Buongiorno.»
Lucy
gli sorrise: «Ciao, Simon! Tutto bene?»
Il
ragazzo annuì, sedendosi a tavola: «Sì, il letto era meno scomodo di quanto
sembrasse a una prima occhiata.»
Kevin
rientrò dal bagno e Lucy servì il caffè, prima di sedersi a sua volta, a
mangiare e ad osservare i due ragazzi litigarsi il burro.
Era tutto a posto. Tutto
nella norma. Tutto come sempre.
«Ti
aiuto a sparecchiare.»
Lucy
guardò Simon con dolcezza: «Oh, grazie!»
«Figurati,
dobbiamo pur recuperare un po’ di tempo perduto, no?»
«Non
hai tutti i torti. Dai, finisco di pulire e...»
Simon
la trascinò sul divano: «Ma no, lo facciamo dopo! Su, sediamoci qui e parliamo
un po’...»
Lucy
si lasciò convincere facilmente. In fondo non aspettava altro.
«Uhm...
che cosa vogliamo fare oggi?»
«Non
lo so...»
Lucy
si strinse il più possibile al suo ragazzo, lasciandosi cullare dal suono della
sua voce. Non gli importava cosa avrebbero fatto oggi, era solo felice di
essere lì con lui. Ad occhi chiusi gli accarezzò i capelli. Ad occhi chiusi,
forse per non vedere che non erano completamente biondi, come al solito, ma per
cancellare ogni traccia che potesse anche solo farle pensare alla loro vera
situazione. No, non ci doveva pensare, doveva solo godersi quel piccolo momento
di gioia con l’uomo che amava.
Era tutto a posto. Tutto
nella norma. Tutto come sempre.
Kevin
la guardò dubbioso: «Sei sicura di voler fare tutto da sola? Possiamo aiutarti,
non mi dà alcun fastidio e credo neanche a Simon... vero?»
Il
ragazzo annuì: «Infatti.»
Lucy
sorrise: «Andate, tranquilli! Abbiamo promesso di tenere pulita questa casa e
lo faremo. Oggi lo faccio io, e magari un altro giorno ci dividiamo i compiti,
ok? Andate a farvi una passeggiata, e mentre siete fuori comprate un po’ di
pane per cena, va bene?»
Kevin
sospirò. Simon le prese una mano.
«Sei
sicura? Non mi piace l’idea di lasciarti da sola...»
Lucy
annuì: «Sicurissima. Andate, non vi piace stare chiusi in casa, lo so.»
Il
ragazzo si morse un labbro e le lasciò la mano: «Va bene... ma non staremo via
molto.»
«Mi
troverete qua al vostro ritorno, non vi preoccupate.»
Kevin
aprì la porta: «Allora a dopo.»
Lucy
li salutò con la mano e con un bel sorriso: «Buona passeggiata.»
Non
appena la porta si chiuse, ogni traccia di sorriso dal volto di Lucy scomparve,
come se non ci fosse mai stato. Prese la scopa per iniziare a pulire.
La
mattinata era passata tranquillamente, e così anche il pranzo, ma aveva bisogno
di tenersi occupata, continuamente, per non lasciarsi prendere dai brutti
pensieri. Le pulizie erano un’ottima scusa, e probabilmente l’avrebbe sfruttata
anche nei prossimi giorni, anche per lasciare un po’ di spazio a Kevin e Simon.
Non voleva assolutamente che Kevin si sentisse di troppo, glielo avevano
promesso quando lei e Simon si erano fidanzati, ma doveva ammettere che era
così felice di riavere con sé il suo amato che quella mattina si era lasciata
trascinare un po’ troppo, finendo quasi per escluderlo. Non doveva permettere
che accadesse di nuovo. A costo di lucidare quella casa mille e mille volte,
cercando di non pensare perché quel
signore così gentile avesse accettato di prestarla gratuitamente a tre
sconosciuti, tentando di non immaginarsi cosa potesse aver fatto Simon.
Era tutto a posto. Tutto
nella norma. Tutto come sempre.
La
cena fu più silenziosa del solito. Lucy cercò intavolare più volte qualche
discussione, ma Kevin le rispondeva distrattamente e Simon, se parlava, lo
faceva a monosillabi.
Non
appena ebbe finito la sua arancia, quest’ultimo s’alzò.
«Scusatemi,
ho un po’ di mal di testa, vado a stendermi un po’.»
Lucy
lo guardò preoccupata: «Passo più tardi a portarti qualcosa?»
«No!»
Simon
prese un profondo respiro: «No, Lucy, ti ringrazio, mi serve solo una buona
dormita.»
La
ragazza annuì: «Va bene, allora. Buonanotte.»
«Buonanotte.»
Kevin
non parlò, si limitò a guardare l’amico allontanarsi, le braccia incrociate sul
petto e uno sguardo che Lucy conosceva anche troppo bene.
«Non
sta bene.»
La
ragazza sorrise conciliante: «Lo ha detto anche lui. È un periodo stressante
per tutti, un po’ di mal di testa è normale.»
Kevin
la fulminò con i suoi occhi smeraldo: «Sai
cosa intendo.»
Lucy
si alzò portando via le stoviglie, ma non rispose. Sentì solo Kevin sospirare.
«Vado
in bagno.»
Lucy,
con le mani insaponate e i piatti in mano, chiuse gli occhi, cercando di non
pensare a cosa potesse star veramente facendo Simon in camera, cercando di non
vedere Kevin che provava a sbirciare dalla porta, cercando disperatamente di
non far scendere quelle calde lacrime che premevano sui suoi occhi da tutto il
giorno.
E,
in fondo, perché avrebbe dovuto piangere?
Era tutto a posto. Tutto
nella norma. Tutto come sempre.
Avrebbe
dovuto crederci con tutta la sua mente e con tutto il suo cuore, per non
impazzire.
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 17° capitolo: L’ultima cosa che avrei voluto vedere! Una
giornata di ordinaria follia?
Kevin: «Lucy... asciugarti
gli occhi con le mani insaponate non è stata la tua idea migliore, lo sai?»
Ed ecco a voi il bivio che avete scelto! Cosa succederà quindi
nella “tranquilla” cittadina in cui i nostri eroi sono andati a cacciarsi? Lo scoprirete
nel prossimo capitolo!
Capitolo 22 *** [BIVIO] Sorvegliato speciale ventiquattro ore su ventiquattro! Quanto è difficile mantenere il controllo dei propri desideri? ***
Nel bivio precedente
avete deciso di seguire la giornata dal punto di vista di Lucy?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Oppure
avete deciso di seguire la giornata dal punto di vista di Kevin?
Anche in questo
caso siete nel capitolo sbagliato, cliccate pure qui
per raggiungerlo.
Non
vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
capitare, cliccate qui per
rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di
seguire la giornata dal punto di vista di Simon?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
Sorvegliato speciale ventiquattro ore su ventiquattro! Quanto
è difficile mantenere il controllo dei propri desideri?
Simon
aprì gli occhi di scatto e si guardò intorno. Per un attimo non riconobbe il
posto e si preoccupò, poi, appena riuscì a svegliarsi un pochino, tutto gli
tornò alla mente.
Erano
lì per scappare per un po’ dalle streghe e dalla Shibusen
e per permettergli di fare un po’ di ordine nella sua vita. Si guardò intorno.
A quanto pare non doveva aver fatto sogni con deliri di onnipotenza, perché la
stanza era ancora integra.
Si
buttò giù dal letto, prese gli abiti e uscì dalla stanza. Con la coda
dell’occhio, vide Lucy in cucina e sorrise quando lei si accorse della sua
presenza. Poi, entrato nel bagno e posato i vestiti, si avvicinò allo specchio,
prendendo fra le dita una ciocca.
Cos’era
successo ai suoi capelli?
Non
ricordava di averne modificato il colore, né con la magia né con una tintura.
Cercò di farli tornare biondi senza riuscirci. Ridacchiò nervosamente. Aveva
sentito parlare di capelli ribelli, ma mai in quel modo! Sospirò. In fondo non
gli stavano così male, per di più esprimevano nel miglior modo possibile come
si sentiva in quel momento: diviso.
Quando
uscì dal bagno, perfettamente vestito e pettinato, si avviò verso la cucina, in
cuor suo chiedendosi come l’avrebbero accolto. Il giorno prima era andato
sostanzialmente bene, ma vivere gomito a gomito con uno Stregone era più
semplice a dirsi che a farsi.
Simon
si fece coraggio: «Buongiorno.»
Lucy
gli sorrise e al vedere quel sorriso, così dolce, così vero, che per mesi il
ragazzo aveva solo sognato, si sentì sprofondare nel pavimento.
«Ciao,
Simon! Tutto bene?»
Il
ragazzo annuì, sedendosi a tavola: «Sì, il letto era meno scomodo di quanto
sembrasse a una prima occhiata.»
Pessima
battuta, lo sapeva, ma non aveva trovato di meglio per dissimulare l’imbarazzo.
Lucy ridacchiò mentre finiva di preparare la colazione. Poco dopo, Kevin
rientrò dal bagno e la ragazza servì il caffè, prima di sedersi a sua volta a
mangiare.
Kevin
prese il burro senza preavviso, mentre Simon aveva già allungato la mano per
prenderlo: «Ehi!»
Il
ragazzo gli fece un occhiolino malizioso: «Di prima mattina non abbiamo i
riflessi così pronti, eh?»
Simon
gli restituì un sorriso furbetto: «Parla l’eterno insonne che poi crolla a metà
giornata... almeno io ho più autonomia!»
Poi
entrambi scoppiarono a ridere. Oh sì, quanto gli era mancata una semplice
colazione tutti insieme!
«Ti
aiuto a sparecchiare.»
Lucy
guardò Simon con dolcezza: «Oh, grazie!»
Il
ragazzo si sentì arrossire e si voltò per un secondo per prendere una tazzina e
recuperare il controllo di sé: «Figurati, dobbiamo pur recuperare un po’ di
tempo perduto, no?»
«Non
hai tutti i torti. Dai, finisco di pulire e...»
Simon
non ce la fece più. Sorprendendo anche se stesso, le prese delicatamente il
polso e la trascinò sul divano: «Ma no, lo facciamo dopo! Su, sediamoci qui e
parliamo un po’...»
Lucy
non oppose resistenza e lo seguì: «Uhm... che cosa vogliamo fare oggi?»
«Non
lo so...»
Era
vero. Non lo sapeva e non gli importava. Gli bastava poter nuovamente
abbracciare la sua piccola Lucy e tenersela stretta. Niente di più, niente di
meno. Avrebbe voluto passare tutta la vita in quel gesto, e quando lei si alzò
per finire di sistemare si sentì come se gli avessero strappato una parte di
sé. La mano si mosse, quasi di sua volontà, per trattenerla, ma poi strinse il
pugno e si contenne. Non voleva, anche se era mosso da sincero affetto, che lei
pensasse che potesse farle del male. Trattenne a fatica un sospiro.
Quanto
avrebbe dovuto ancora litigare con i suoi sentimenti?
Il
pranzo scivolò via in un’atmosfera quasi idilliaca e per Simon la giornata non
avrebbe potuto essere migliore, fino a quando Lucy non chiese a lui e Kevin,
con pacata fermezza, di uscire, così che lei potesse fare le pulizie.
Kevin
la guardò dubbioso: «Sei sicura di voler fare tutto da sola? Possiamo aiutarti,
non mi dà alcun fastidio e credo neanche a Simon... vero?»
Il
ragazzo annuì: «Infatti.»
Lucy
sorrise: «Andate, tranquilli! Abbiamo promesso di tenere pulita questa casa e
lo faremo. Oggi lo faccio io, e magari un altro giorno ci dividiamo i compiti,
ok? Andate a farvi una passeggiata, e mentre siete fuori
comprate un po’ di pane per cena, va bene?»
Kevin
sospirò, mentre Simon le prese una mano.
«Sei
sicura? Non mi piace l’idea di lasciarti da sola...»
Non
mentiva, ma non avrebbe saputo dire neanche lui se era perché aveva paura per
lei o se aveva paura di cosa avrebbe potuto fare lui senza di lei.
Lucy
annuì: «Sicurissima. Andate, non vi piace stare chiusi in casa, lo so.»
Il
ragazzo si morse un labbro e le lasciò la mano: «Va bene... ma non staremo via
molto.»
«Mi
troverete qua al vostro ritorno, non vi preoccupate.»
Kevin
aprì la porta: «Allora a dopo.»
Lucy
li salutò con la mano e con un bel sorriso: «Buona passeggiata.»
Non
appena la porta si richiuse, fra Simon e Kevin scese un’atmosfera di puro
imbarazzo. Non erano mai rimasti da soli dall’inizio di quella storia.
Simon
rivolse il suo sguardo dall’altra parte: «Scusa per prima. Siamo stati un po’
inopportuni nei tuoi confronti.»
Kevin
fece un mezzo sorriso: «Non ti preoccupare, lo capisco, era da tanto che non
avevate un po’ di tempo per voi.»
Dopo
una piccola pausa, il ragazzo continuò: «Allora, dove andiamo di bello?»
Simon
ridacchiò amaramente: «Caschi male, Kevin, non so nulla di questa città,
l’esperta qua è Lucy.»
«E
allora andiamo ad esplorarla, che ne dici?»
Il
ragazzo alzò le spalle: «Non mi pare che ci sia molta altra scelta.»
Camminarono
per un po’ in silenzio. Fra i due era calata un’atmosfera d’imbarazzo, cosa che
non capitava loro da molto, moltissimo tempo. O forse non era mai successo,
Simon non avrebbe saputo dirlo, non gli venivano in mente episodi simili. Guardò
l’amico di sottecchi cercando d’indovinarne i pensieri. Per un attimo sentì di
nuovo i poteri risvegliarsi, come a voler obbedire a quel suo muto desiderio,
ma li soppresse di nuovo. Non poteva risolvere tutto con la magia.
I
loro piedi li portarono su una via piuttosto trafficata e movimentata, e
tuttavia più silenziosa di quanto si aspettassero. In un paese che si reggeva
in gran parte sull’omertà degli abitanti, ognuno si faceva gli affari propri,
guardandosi in giro sospettosamente e stringendosi nelle giacche, spesso
cercando di non farsi notare. Quell’atmosfera così tesa e cupa risvegliò Simon
dai suoi pensieri malinconici. Era dunque
quella l’anima di Nisty, il sospetto?
Interessante...
L’animo
da Stregone Oscuro, che fino a quel momento aveva faticosamente soppresso,
tornò a risvegliarsi dal suo torpore senza che Simon potesse fare nulla per
contrastarlo. L’atmosfera malvagia che aleggiava in quelle strade era più forte
della sua buona volontà di contenersi, e in un attimo al fianco di Kevin si
ritrovò a passeggiare la più crudele creatura mai esistita.
Oh,
sì, il principato di Nisty, visto con quegli occhi,
assumeva tutto un altro aspetto. Era come se quell’aria infetta avesse tolto ai
sensi di Simon ogni limitazione. Ora avvertiva
chiaramente il desiderio di malvagità proveniente da ogni persona che
incrociavano sul cammino, addirittura dalla gente che se ne stava chiusa in
casa. Criminali e kishin, ecco chi erano gli abitanti
di Nisty. Oh, Lucy aveva accennato qualcosa, ma vederlo e sentirlo era una cosa totalmente diversa.
Allo
Stregone venne la pelle d’oca. Malignità e follia nascente, si mescolavano e si
univano all’aria della città, le poteva respirare, sentire bruciare nei polmoni
e spandersi in tutto il suo corpo. Meraviglioso. Ad occhi chiusi, Simon inspirò
profondamente godendosi appieno quel bagno di malvagità. Si sentiva
rinvigorito, mentre in lui aumentava esponenzialmente il desiderio di sfogare
una minima parte di quel male che cresceva nella sua anima.
Qualcosa
attirò la sua attenzione e si fermò a guardare. Era una rissa. Non sapeva chi
stesse lottando, né perché, ma si sentiva attratto da quella violenza come
un’ape al nettare. Era incantato, imbambolato, null’altro esisteva se non le
grida, i corpi che si muovevano frenetici e quell’intenzione, chiara, nitida,
da parte di tutti i contendenti, di voler fare del male.
Simon
si passò la lingua sulle labbra secche, negli occhi un luccichio nuovo. La sua
anima gli stava gridando d’intervenire, perché era stato fermo e buono per
troppo, troppo tempo... due giorni, due
interi giorni dove non aveva ferito né distrutto niente e nessuno... due giorni
sprecati...
Fece
un passo avanti, ma improvvisamente una mano sulla spalla lo fermò.
Istintivamente poggiò anche la sua mano su quella che l’aveva bloccato, con la
seria intenzione di punirla per quell’affronto. L’avrebbe sciolta o bruciata,
qual era la punizione più crudele?
E
invece non fece nulla, bloccato da una voce ferma e profonda: «Qui non c’è
nessuna panetteria, Simon. Andiamocene.»
Si
voltò, trovando gli occhi smeraldo di Kevin a fissarlo, gelidi e profondi.
Quegli occhi cercavano di leggergli dentro, per capire chi o cosa avesse
davanti. Per un attimo fu ammirato dalla sua determinazione: Kevin sapeva
perfettamente chi stava sfidando e nei suoi occhi non c’era la minima traccia
di paura.
«Non
vorrai far preoccupare Lucy, vero? Ci sta aspettando a casa ed è quasi ora di
rientrare.»
Lucy.
Aveva
detto la parolina magica, l’unica in grado di fargli riprendere il controllo di
sé.
Kevin,
senza nemmeno rendersene pienamente conto, era riuscito a spegnere l’inferno
del suo cuore con un’unica secchiata di acqua gelida.
Simon
abbassò lo sguardo e s’incamminò con passo più veloce del solito per
allontanarsi da quella fonte di tentazione: «Sì, hai ragione. Andiamo.»
Camminò
per qualche metro con gli occhi chiusi, stretti il più possibile per contenere
le lacrime. Si vergognava da morire, gli era bastato un attimo per farlo
cedere. Si era illuso di potersi contenere perfettamente, che bastasse solo il
suo amore per Lucy per fargli dimenticare il fascino del suo lato oscuro.
E
invece...
La
delusione fu più dura da digerire di quanto Simon stesso avesse creduto.
Durante la cena non riuscì lontanamente ad essere brillante come lo era stato a
pranzo, anzi, si era chiuso in un mutismo inscalfibile.
I tentativi di Lucy di risollevargli il morale erano in realtà per lui la
peggiore delle umiliazioni, perché erano il segno inequivocabile che era ancora
preoccupata per lui, nonostante tutto il suo impegno.
Dopo
qualche risposta a monosillabi priva di convinzione e un’arancia mandata giù
più per dovere che per fame, Simon si rese conto di non poter resistere un
secondo di più a quel tavolo, dove si sentiva costantemente sotto esame da parte
di tutti.
«Scusatemi,
ho un po’ di mal di testa, vado a stendermi un po’.»
Lucy
lo guardò preoccupata: «Passo più tardi a portarti qualcosa?»
«No!»
Simon
si morse un labbro. Aveva risposto troppo violentemente, troppo velocemente,
troppo... troppo. La pietà e la
preoccupazione di Lucy erano le ultime cose di cui aveva bisogno in quel
momento e per di più sentiva di che non sarebbe riuscito a contenersi ancora a
lungo.
Prima
di risponderle, prese un profondo respiro cercando di recuperare tutto il suo autocontrollo:
«No, Lucy, ti ringrazio, mi serve solo una buona dormita.»
La
ragazza annuì: «Va bene, allora. Buonanotte.»
«Buonanotte.»
Simon
si fiondò in camera e chiuse la porta più velocemente che poté, per poi
appoggiarcisi sopra di peso dopo aver poggiato la chiave della serratura sul
comò. Aveva un enorme peso sullo stomaco, e sicuramente non era dovuto alla
cena praticamente inesistente che aveva appena mangiato. Si sentiva esplodere.
Con
un gesto della mano insonorizzòe
sigillò perfettamente la stanza, poi prese un profondo respiro e urlò con tutte
le sue forze, riversando tutto il suo dolore e la sua magia in quel grido.
L’onda d’urto fu enorme, il letto e i mobili si rovesciarono andando a sbattere
violentemente contro la parete di fronte e ogni soprammobile andò in frantumi.
Se non avesse protetto la stanza prima di cominciare, avrebbe probabilmente
provocato un terremoto e distrutto la casa. Riprese fiato, guardando quello che
aveva fatto. Nonostante tutti i suoi sensi di colpa, proprio non riuscì a
contenere un sorriso alla vista della devastazione appena compiuta e di come
fosse riuscito a contenerla senza che nessuno si accorgesse di nulla. Fu allora
che un’idea folle gli passò per la testa. Rinforzò ulteriormente le difese
intorno a quella stanza e quando fu certo che nulla avrebbe potuto infrangerle,
si scatenò come mai prima di quel momento, in turbinio di distruzione e caos di
cui era solo vagamente consapevole, sfogandosi sia fisicamente che usando la
magia ma senza pensare, senza ragionare, finalmente libero dai mille pensieri
che gli opprimevano il cervello.
Quando
tornò in sé, si rese conto di essersi trasformato senza neanche rendersene
conto in un lupo, e di non aver lasciato un millimetro di quella stanza
integro: la mobilia era stata quasi polverizzata, strisce di tessuto che
dovevano essere state un tempo lenzuola e coperte erano ovunque, le pareti erano
ricoperte di crepe e infestate di rovi e pavimento e soffitto sembravano essere
scomparsi, lasciando al loro posto sabbie mobili su cui camminava senza
problemi. Simon sospirò, finalmente tranquillo, mentre riprendeva forma umana,
ritrovandosi seduto. Si alzò in piedi e allargò le braccia, ricostruendo ciò
che aveva distrutto. In un paio di minuti era scomparsa ogni traccia di quel che
era accaduto. Sorrise, sollevato. Non era una soluzione definitiva, ma poteva
essere un utile palliativo fino a che non avrebbe trovato un’idea migliore.
Meglio distruggere e ricostruire mille volte quella camera che rischiare di
fare del male a chi voleva bene.
Leggermente
sollevato, prese la chiave sul comò e riaprì la porta, per non far preoccupare
gli altri, dopodiché indossò il pigiama, sperando in giornate migliori.
Simon: Che razza di
giornata, ora non vedo solo l’ora di infilarmi a letto e... AHI!
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 17° capitolo: L’ultima cosa che avrei voluto vedere! Una
giornata di ordinaria follia?
Simon: Accidenti... avevo
dimenticato un rovo sul materasso... ahia...
Ed ecco a voi il bivio che avete scelto! Cosa succederà quindi
nella “tranquilla” cittadina in cui i nostri eroi sono andati a cacciarsi? Lo scoprirete
nel prossimo capitolo!
Capitolo 23 *** [BIVIO] Non abbassare mai la guardia! Cosa posso fare per proteggerli senza essere il terzo incomodo? ***
Nel bivio precedente
avete deciso di seguire la giornata dal punto di vista di Lucy?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Oppure
avete deciso di seguire la giornata dal punto di vista di Simon?
Anche in questo
caso siete nel capitolo sbagliato, cliccate pure qui
per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio fra
cui scegliere?
capitare, cliccate qui per
rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di
seguire la giornata dal punto di vista di Kevin?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
Non abbassare mai la guardia! Cosa posso fare per proteggerli
senza essere il terzo incomodo?
Un
fascio di luce sugli occhi fece passare Kevin dal sonno al dormiveglia. Gli ci
volle un po’ per riuscire a trovare la forza di aprire le palpebre.
«Buongiorno!»
La
voce allegra e pimpante di Lucy lo risvegliò quasi completamente. Il ragazzo si
mise seduto sul divano, sbadigliando: «Buongiorno, Lucy... che ora è?»
La
ragazza avvitò la caffettiera: «Sono le otto passate, e a giudicare dalla tua
faccia, hai passato più di metà della notte in bianco, vero?»
Kevin
si stiracchiò: «Capita, quando si soffre d’insonnia...»
Aveva
semplificato un po’ la situazione. Certo, l’insonnia cronica aveva fatto la sua
parte, ma in realtà aveva passato gran parte della notte sveglio a controllare
la porta della camera di Simon. Non era certo di cosa potesse fare uno Stregone
Oscuro nel sonno e a giudicare dai discorsi dell’amico la sera prima,
probabilmente non lo sapeva neanche lui.
«E
Simon dov’è?»
«In
bagno.»
«Allora
mi toccherà aspettare che esca.»
Nella
stanza scese un attimo di silenzio. Lucy stava finendo di preparare la
colazione e Kevin, non ancora del tutto sveglio, stava cercando di
riorganizzare un po’ i mille pensieri che gli avevano agitato il sonno e il
dormiveglia.
In
quel momento Simon entrò nella stanza, perfettamente sveglio: «Buongiorno.»
Lucy
gli sorrise: «Ciao, Simon! Tutto bene?»
Il
ragazzo annuì, sedendosi a tavola: «Sì, il letto era meno scomodo di quanto
sembrasse a una prima occhiata.»
Kevin
si limitò a fargli un cenno di saluto e si fiondò in bagno. Si buttò dell’acqua
fredda sul viso cercando di svegliarsi del tutto, poi, appoggiandosi al
lavello, respirò profondamente facendo appello a tutte le sue energie. Gli
stava toccando un compito tutt’altro che adatto a lui. Si sentiva in colpa, era
diventato praticamente uno stalker per tenere così sotto controllo il suo
migliore amico, ma cosa poteva fare? I due promessi sposi non erano nelle
condizioni migliori per poter tenere sotto controllo una situazione a dir poco
esplosiva. Simon se ne rendeva conto da solo, Lucy sembrava fin troppo
tranquilla, probabilmente rassicurata dalle parole del suo fidanzato, come se
solo le buone intenzioni fossero sufficienti da sole per risolvere il problema.
Kevin
si sentiva schiacciato da una responsabilità enorme. Gli sarebbe bastato abbassare
la guardia nel momento sbagliato e teoricamente avrebbe condannato il mondo
intero. Era tutt’altro che sicuro di farcela, ma non aveva altra scelta.
Accettando il patto con Simon si era preso il compito di giudice e controllore
delle azioni dell’amico, e non poteva sottrarsi. Non aveva altra scelta che
uscire da quella porta e affrontare la giornata.
Quando
anche lui si fu seduto al tavolo, Lucy servì il caffè. Sovrappensiero, Kevin
afferrò la confezione del burro, senza notare che Simon aveva già a sua volta allungato
la mano per prenderlo.
«Ehi!»
Il
ragazzo, una volta accortosi dell’amico, non resistette e gli fece un
occhiolino malizioso: «Di prima mattina non abbiamo i riflessi così pronti,
eh?»
Simon
gli restituì un sorriso furbetto: «Parla l’eterno insonne che poi crolla a metà
giornata... almeno ioho
più autonomia!»
Si
guadarono per un attimo con aria di sfida, poi scoppiarono a ridere. Per un
attimo sembrava essere tornato tutto alla normalità, come se fossero a casa
durante una colazione qualsiasi.
Un
attimo, però, perché proprio dopo la colazione Kevin si rese conto che la
situazione era tutt’altro che normale. Decisamente non era da Simon, né da
Lucy, mettersi a fare i piccioncini in sua presenza. Gliel’avevano promesso anni
prima, nel momento in cui si erano fidanzati, e fino a quel momento non avevano
mai mancato la parola. Kevin si rifugiò nel corridoio, mordendosi un labbro e
trovando come unica via di fuga il bagno. No, non era l’infrazione della
promessa il problema, neanche lontanamente. Quello che lo preoccupava era
quanto dovessero aver sofferto i suoi amici per arrivare a infrangerla senza
neanche rendersene conto. Li aveva aiutati nel modo migliore o avrebbe potuto
fare qualcosa di più? E come doveva comportarsi da lì in avanti?
Tutte
domande senza risposta, che gli opprimevano la mente e il petto, e a cui, lo
sapeva benissimo, avrebbe dovuto trovare una soluzione completamente da solo.
Il
pranzo si svolse senza particolari problemi e, dal modo in cui Simon e Lucy gli
rivolgevano la parola, chiedendogli pareri su qualunque argomento, Kevin capì
che si erano resi conto di averlo fatto sentire il terzo incomodo e che stavano
cercando in ogni modo di rimediare. Questo lo sollevò leggermente, forse il
momento di crisi era passato.
Tuttavia,
dopo pranzo, Lucy lo sorprese di nuovo con una richiesta inaspettata, che lo
prese in contropiede.
«Sei
sicura di voler fare tutto da sola? Possiamo aiutarti, non mi dà alcun fastidio
e credo neanche a Simon... vero?»
«Infatti.»
Ma Lucy
sorrise: «Andate, tranquilli! Abbiamo promesso di tenere pulita questa casa e
lo faremo. Oggi lo faccio io, e magari un altro giorno ci dividiamo i compiti,
ok? Andate a farvi una passeggiata, e mentre siete fuori comprate un po’ di
pane per cena, va bene?»
Kevin
sospirò, molto dubbioso. Simon le prese una mano.
«Sei
sicura? Non mi piace l’idea di lasciarti da sola...»
Lucy
annuì: «Sicurissima. Andate, non vi piace stare chiusi in casa, lo so.»
Il
ragazzo si morse un labbro e le lasciò la mano: «Va bene... ma non staremo via
molto.»
«Mi
troverete qua al vostro ritorno, non vi preoccupate.»
Kevin
aprì la porta: «Allora a dopo.»
Lucy
li salutò con la mano e con un bel sorriso: «Buona passeggiata.»
Non
appena la porta si richiuse, fra Simon e Kevin scese un’atmosfera di puro
imbarazzo. Non erano mai rimasti da soli dall’inizio di quella storia.
Simon
rivolse il suo sguardo dall’altra parte: «Scusa per prima. Siamo stati un po’
inopportuni nei tuoi confronti.»
Kevin
fece un mezzo sorriso. Aveva avuto ragione.
«Non
ti preoccupare, lo capisco, era da tanto che non avevate un po’ di tempo per
voi.»
Dopo
una piccola pausa, in cui inutilmente aspettò che il suo migliore amico dicesse
qualcosa, il ragazzo continuò con una classica frase di circostanza, giusto per
smorzare un po’ l’imbarazzo: «Allora, dove andiamo di bello?»
Simon
ridacchiò amaramente: «Caschi male, Kevin, non so nulla di questa città,
l’esperta qua è Lucy.»
«E
allora andiamo ad esplorarla, che ne dici?»
Il
ragazzo alzò le spalle: «Non mi pare che ci sia molta altra scelta.»
Camminarono
per un po’ in silenzio. Fra i due era calata un’atmosfera d’imbarazzo, cosa che
non capitava loro da molto, moltissimo tempo. Kevin ricordava una sensazione
simile solo i primissimi tempi in cui si era unito alla loro squadra, quando,
venendo da un mondo totalmente diverso, fatto di violenza fisica e psicologica,
quasi sempre non sapeva cosa dire e alzava un muro fra sé e il mondo. Quel muro
era stato smontato, giorno dopo giorno, mattone dopo mattone, dai sorrisi
incoraggianti di Lucy e, soprattutto, dal modo di fare di Simon, che oltre che
con le parole sapeva esprimersi con la musica e con i suoi gesti, giorno dopo
giorno. Nei primi giorni alla Shibusen l’aveva profondamente
ammirato per questo, e quell’ammirazione si era poi trasformata in sincera
amicizia. Ora, per la prima volta da quando lo conosceva, era Simon ad avere
eretto un muro, e lui non era certissimo di avere la stessa capacità dell’amico
di smontarlo. Ci avrebbe provato con
tutte le sue forze, ma temeva profondamente che il suo atteggiamento avrebbe
finito per sfondarlo, invece, e non
era sicuro di cosa avrebbe potuto trovare in quel momento dall’altra parte.
I
loro piedi, intanto, li avevano portati su una via piuttosto trafficata e
movimentata, e tuttavia più silenziosa di quanto si aspettassero. In un paese
che si reggeva in gran parte sull’omertà degli abitanti, ognuno si faceva gli
affari propri, guardandosi in giro sospettosamente e stringendosi nelle
giacche, spesso cercando di non farsi notare.
Kevin
si sentì a disagio. Gli ricordava anche troppo bene il gruppo di kishin con cui aveva viaggiato anni prima, anche se
l’architettura della città non era poi così dissimile da quella di Death City,
e l’accostamento di due parti della sua vita così contrastanti erano per lui un
pugno nello stomaco.
Fece
ancora qualche passo sovrappensiero, poi si rese improvvisamente conto che
Simon non era più alla sua sinistra. Preoccupato, tornò sui suoi passi fino a
ritrovare l’amico, dietro l’angolo di una casa, a fissare una rissa fra gente
sconosciuta. Fece per chiamarlo, ma si fermò. Oltre a non essere una buona idea
attirare l’attenzione dei contendenti, c’era un altro dettaglio che lo stava
preoccupando non poco: il colore dei capelli di Simon si era fatto
improvvisamente più scuro. Il ragazzo osservava la scena attentissimo, senza
nemmeno sbattere le ciglia, e l’ansia s’impadronì per un secondo di Kevin. Un
secondo, però. Se Simon stava cedendo al suo lato oscuro, doveva fermarlo,
subito!
Gli
appoggiò una mano sulla spalla proprio nel momento in cui l’amico aveva fatto
un passo verso il gruppetto. Quasi immediatamente Simon mise anche la sua mano
sopra la sua, con una presa forte e decisa, come se volesse spezzargliela.
«Qui
non c’è nessuna panetteria, Simon. Andiamocene.»
Non
era stata la sua uscita migliore, d’accordo, ma non gli era venuto in mente
niente di meglio per distrarre l’amico che ricordargli quello che Lucy aveva
chiesto loro di fare.
Simon
si voltò di scatto. I suoi occhi erano ancora azzurri, ma con un luccichio di
perfidia che normalmente gli era alieno. Kevin lo guardò con tutta la
determinazione che aveva in corpo. Non aveva paura dello Stregone Oscuro, si
erano già confrontati faccia a faccia una volta, poteva farlo ancora.
«Non
vorrai far preoccupare Lucy, vero? Ci sta aspettando a casa ed è quasi ora di
rientrare.»
L’espressione
smarrita che per un istante aleggiò sul volto di Simon non appena udì il nome
di Lucy rassicurò Kevin. Anche questa volta era riuscito a far indietreggiare
lo Stregone Oscuro.
Il
ragazzo abbassò lo sguardo e s’incamminò con passo più veloce del solito: «Sì,
hai ragione. Andiamo.»
Kevin
lo seguì, dispiaciuto. Forse era stato un colpo un po’ troppo basso, ma sapevano
entrambi che non c’era stata altra scelta. In ogni caso, non poteva più
permettersi di abbassare la guardia.
La
cena fu silenziosa, tremendamente silenziosa, di un silenzio rotto solo dal
rumore delle posate in cui le parole timidamente accennate da Lucy e a cui
Kevin rispondeva per educazione stridevano come un gesso sulla lavagna. Simon
non disse neanche una parola, fino a quando non s’alzò dal tavolo: «Scusatemi,
ho un po’ di mal di testa, vado a stendermi un po’.»
Lucy
lo guardò preoccupata: «Passo più tardi a portarti qualcosa?»
«No!»
Kevin
cercò di fare finta di niente, ma non gli era affatto sfuggito il tono
allarmato con cui l’amico aveva pronunciato l’ultima parola, prima di prendere
un profondo respiro e continuare: «No, Lucy, ti ringrazio, mi serve solo una
buona dormita.»
La
ragazza annuì: «Va bene, allora. Buonanotte.»
«Buonanotte.»
Kevin
non aveva aperto la bocca per tutta la discussione, e non lo fece fino a che Simon
non si fu chiuso in camera.
«Non
sta bene.»
La
ragazza sorrise conciliante: «Lo ha detto anche lui. È un periodo stressante
per tutti, un po’ di mal di testa è normale.»
Come
faceva Lucy a dare una risposta del genere? Era cieca, stupida o bugiarda?
«Sai cosa intendo.»
Lucy
si alzò portando via le stoviglie, ma non rispose.
No,
non era né cieca, né stupida né bugiarda. Era disperata, e a quanto pareva non aveva trovato altre soluzioni che
fingere di non vedere i problemi.
Sospirò.
«Vado
in bagno.»
Ne
approfittò per bagnarsi il viso, ma senza mai smettere di tendere l’orecchio
per cercare di cogliere qualsiasi suono proveniente dalla camera di Simon. Gli
unici rumori che sentì furono quelli dei piatti che stava lavando Lucy. Uscendo
dal bagno, si fermò per un attimo di fronte alla porta della stanza dell’amico.
Nulla, neanche il più piccolo respiro. Un’ansia all’apparenza ingiustificata lo
prese alla bocca dello stomaco e lo portò a chinarsi e a guardare dal buco
della serratura. La mascella gli cadde nel vedere quali devastazioni Simon
stava compiendo alla sua camera, uno sfogo in piena regola di pura magia
oscura, uno spettacolo affascinante e raccapricciante allo stesso tempo, da cui
non riuscì, neanche volendo, a distogliere lo sguardo, nemmeno quando l’amico
si mise a quattro zampe e si trasformò in un enorme lupo nero, diventando
ancora più aggressivo e feroce. Kevin rimase immobile, paralizzato non tanto
dalla paura, quanto dall’indecisione. Cosa doveva fare? Sfondare la porta e
cercare di fermarlo? E se in quello stato non lo avesse riconosciuto e lo
avesse ucciso? Senza contare che a pochi metri di distanza c’era anche Lucy,
ignara di tutto...
Improvvisamente
il lupo si fermò, come esausto, e riprese l’aspetto di Simon. Il ragazzo si
guardò intorno, poi, con pochi semplici gesti, rimise la camera esattamente
com’era prima, senza lasciare la minima traccia di quello che era accaduto.
Kevin osservò tutto attentamente, sentendosi contemporaneamente più rilassato e
più preoccupato di prima. Più rilassato, perché a quanto pare Simon non aveva
perso totalmente il controllo, anzi; più preoccupato, perché se l’amico sentiva
il bisogno di sfogarsi in quel modo dopo due soli giorni, probabilmente la sua
fragilità psicologica era ancora più grave di quanto avesse immaginato.
Kevin
prese un profondo respiro. No, non doveva abbassare la guardia, mai. Ora, più che mai, tutto dipendeva
da lui e dalla sua capacità di essere l’ago della bilancia.
Kevin: E ora che fa? Prende
la chiave e...
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 17° capitolo: L’ultima cosa che avrei voluto vedere! Una
giornata di ordinaria follia?
Lucy: Kevin! Che hai fatto
all’occhio?
Kevin: Si è trovato nel
posto sbagliato al momento sbagliato... hai una bistecca, per caso?
Ed ecco a voi il bivio che avete scelto! Cosa succederà quindi
nella “tranquilla” cittadina in cui i nostri eroi sono andati a cacciarsi? Lo scoprirete
nel prossimo capitolo!
Capitolo 24 *** L’ultima cosa che avrei voluto vedere! Una giornata di ordinaria follia? ***
L’ultima cosa che avrei voluto vedere! Una giornata
di ordinaria follia?
Per
quanto tempo potevano andare avanti così?
Era
la domanda che aleggiava silenziosamente sulla testa di tutti e tre.
Simon
aveva notato il comportamento anomalo di Kevin. Si era presentato a colazione
pochi giorni prima con un occhio nero. Caduta al buio, si era giustificato il
ragazzo, ma non gli aveva creduto neanche un po’. Cosa poteva aver combinato
per conciarsi in quella maniera? Si era messo in pericolo per trovare un modo
per aiutarlo? Forse. Di certo il ragazzo si era fatto più silenzioso e accorto
nei suoi confronti, tanto che ormai era sempre più frequente passare momenti in
assoluto silenzio. Che ironia, proprio loro tre che a Death City avevano
bandito il silenzio dalla loro casa, sostituendola con la musica. Da quanto
tempo non suonavano? Tanto, troppo.
Per
Kevin il discorso non era cambiato. Si era solo fatta più pesante l’insonnia,
che fino a quel momento era stata una circostanza e ora era diventata una
necessità. Il risultato era che sembrava essere ancora più nervoso del solito,
anche se cercava di non darlo a vedere.
Lucy
si era chiusa nel suo piccolo mondo di bugie e si rifiutava ostinatamente di
uscirci.
Era
passata ormai una settimana e a tutti era chiaro che quell’equilibrio non
sarebbe potuto durare a lungo.
Lucy
girò l’angolo. Ormai stava prendendo l’abitudine di uscire da sola a fare la
spesa, superando la repulsione verso quella città. Non era più la ragazzina
indifesa di quattro anni prima, era un’arma in tutto e per tutto, con molta
esperienza alle spalle. Poteva anche permettersi di andare a comprare un chilo
di frutta senza temere per la propria vita, no? E a Simon ci avrebbe badato Kevin,
per fortuna. Cosa avrebbe fatto senza di lui?
Simon
non ne poteva davvero più di essere controllato ovunque andasse. Il terrore che
questo suo fastidio si trasformasse in rabbia e rischiare di attaccare il suo
migliore amico era l’unica cosa che lo tratteneva dallo scacciare in malo modo
Kevin che, silenziosamente, lo seguiva al suo fianco passo dopo passo senza mai
perderlo di vista.
Cosa
poteva fare per cambiare quella situazione di stallo?
Lucy
ricontrollò le buste. Frutta, pane, latte… sì, aveva preso tutto, poteva
tornare indietro. S’incamminò per ritornare verso l’abitazione, quando una
figura grossa e imponente attirò la sua attenzione.
No… non lui,
non dopo tutti quegli anni…
Si voltò più e più volte, cercando una via di fuga
senza trovarla.
Cosa doveva fare?
Simon alzò la testa all’improvviso.
Cos’era? Cos’era stato di così… magico, da attirare la sua attenzione in modo così violento e
repentino da impedirgli di pensare ad altro?
Doveva scoprirlo, o lasciare perdere?
Marie: Allora,
novità su Lucy?
James: Sì…
sento che è di fronte a una grave scelta… e non solo lei…
James: Vorrei
saperlo anch’io, Marie… per ora sono certo solo di una cosa…
Marie: Di
cosa? Dimmelo, non farmi stare sulle spine!
James: Che
stai facendo tardi per la lezione…
Marie: Uh! È
vero, grazie James! A dopo!
James: Che
cosa farebbero senza di me?
Ciao a tutti! Sono in un ritardo mostruoso, ne sono
perfettamente consapevole e mi dispiace, purtroppo quest’anno l’università mi
sta portando via più tempo di quanto pensassi e scrivere questa storia è
complicato, perché devo sempre scrivere più capitoli.Tuttavia non ho abbandonato il progetto, né ho
la minima intenzione di farlo.
Ne saprete di più nei bivi, scegliete la vostra strada e buon
divertimento!
Capitolo 25 *** [BIVIO] Un richiamo irresistibile! Ora posso davvero essere onnipotente? ***
Nel bivio precedente avete deciso di scoprire cosa ha
spaventato tanto Lucy?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.
Oppure
avete deciso di capire cosa stia per succedere a Kevin?
Anche in questo
caso siete nel capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio fra
cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete
convinti di capire cosa abbia attirato l’attenzione di Simon?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
Un richiamo irresistibile! Ora posso davvero essere
onnipotente?
Simon
si morse le labbra fino a farle sanguinare. Poteva, doveva resistere alla tentazione di seguire quel richiamo che,
infido, come il canto delle sirene o delle streghe, s’insinuava nella sua
anima, impedendogli di pensare a null’altro.
Fu
un errore. Il gusto del sangue che sentì in bocca infranse ogni sua difesa
mentale, facendolo tornare per un momento pienamente Stregone Oscuro. Il suo
sguardo si assottigliò, i suoi occhi si fecero nuovamente scuri e i pensieri
quasi si annullarono, lasciando all’istinto il compito di guidare le sue
azioni. Senza neppure averne piena consapevolezza, Simon si avvicinò all’orecchio
di Kevin e sussurrò qualcosa, un’arcana melodia che lasciò l’amico confuso e
intontito per qualche secondo, quanto sarebbe bastato per potersi finalmente
allontanare da lui.
Si
lanciò per le strade quasi di corsa, sentendo la sua anima contorcersi per la
fame. La sua fame di potere, da
quanto tempo non l’aveva sentita, quanto gli era mancata! Come aveva potuto
vivere senza?
Voltò
un angolo, e un altro ancora. Finalmente giunse alla sua meta: era un piccolo
bazar, dall’aria quasi esotica, quasi sicuramente una sorta di mercato nero per
artefatti proibiti al di fuori del Principato di Nisty.
Era da lì che sentiva provenire quella fonte di potere irresistibile.
Senza
esitare, Simon entrò. Nell’umida oscurità del negozio, nessuno notò il
repentino cambio di colore dei suoi capelli, ora totalmente neri. Lo Stregone
respirò profondamente, sentendo i brividi corrergli lungo la schiena e la pelle
d’oca su tutto il corpo. Quel posto era pervaso di piccole fonti di magia, ma
quella che aveva avvertito le superava di gran lunga ed era là, di fronte a
lui, dietro al bancone. Con una calma innaturale, ben lontana da quello che in
realtà stava agitando il suo cuore, si rivolse al losco venditore.
«Buongiorno.»
«Buongiorno.»
«Cosa
sta cercando?»
«Qualcosa d’inerente alla magia.»
Il
venditore sorrise, quasi con un avido ghigno: «Qui può trovare tutto quello che
cerca. L’ho personalmente rubato alle più potenti streghe. Cosa cerca di
preciso? Ingredienti? Pozioni? Artefatti?»
Simon
scosse la testa: «No. Qualcosa di più raro
e antico.»
Il
venditore sorrise, mellifluo: «Capisco... cliente difficile, eh? Ho quello che
fa per lei, ma vi costerà caro... molto caro...»
«I soldi non sono un problema.»
Il
negoziante non aspettava di sentire altro. Si chinò sotto il bancone ed estrasse
un grosso pacco, avvolto in cenci antichi e logori.
«È
fortunato, questo mi è arrivato proprio stamattina. Era abbandonato in
un’antica costruzione stregonesca in disuso, non ho ancora avuto il tempo di
analizzarlo per capire di che cosa si tratti.»
Sul
volto di Simon apparve un ghigno: «Perfetto.»
Prima
che il venditore si rendesse conto di qualcosa, lo Stregone allungò una mano
verso di lui e questo si riversò sul bancone privo di sensi. Con uno schiocco
di dita Simon sigillò il locale e lo isolò dal mondo, come faceva ormai tutte
le sere con la sua camera, per poi concentrarsi sul pacco. Lo scartò con
estrema cura e attenzione, mentre il suo cuore e la sua anima palpitavano
impazienti. All’interno di quei luridi stracci era contenuto un antico volume
in pergamena, cucito a mano foglio per foglio e vergato di simboli e lettere incomprensibili
per qualunque essere umano, ma non per lui. Era un manuale di stregoneria
antica, probabilmente andato perduto da tempo, perché non ricordava nulla sul
suo contenuto, oscuro e proibito anche per le stesse streghe. All’interno aveva
indicazioni per incantesimi potentissimi, in grado di trascendere i limiti
stessi della natura. Probabilmente era stato nascosto proprio per questo:
troppo potenti per una normale strega, che senza dubbio si sarebbe ritrovata
prosciugata di ogni magia. Ma per lui...
Simon
si passò la lingua sulle labbra. Forse le antiche streghe avevano previsto la
sua venuta, perché quel libro sembrava essere stato scritto proprio per lui.
Potere, puro potere nelle giuste mani. Le
sue.
Mise
entrambe le mani sul libro e, letteralmente, ne aspirò il contenuto. Ogni segno
d’inchiostro venne assorbito dai suoi palmi, imprimendosi indelebilmente con
caratteri di fuoco nella mente di Simon, una sensazione quasi di estasi, mentre
il ragazzo si rendeva conto, secondo dopo secondo, di star trascendendo il
limite di qualunque creatura magica, di qualunque strega. Il contenuto di quel
volume poteva renderlo potenzialmente una divinità onnipotente, perché gli
spiegava come utilizzare in modo nuovo il suo infinito potere, aprendogli
prospettive mai valutate fino a quel momento.
Sollevò
le mani dal libro solo quando le sue pagine furono bianche, intonse come se
nessuno ci avesse mai scritto. Simon reclinò la testa in avanti, per poi
sollevarla lentamente e guardare ciò che lo circondava con puro disprezzo. Ogni
fonte di magia presente in quella stanza, per quanto rara e potente, era
sostanzialmente ridicola rispetto a
quello che poteva compiere da quel momento in poi. Uscì dal locale in perfetto
silenzio, poi, non appena chiuse la porta e si allontanò di qualche passo,
soffiò delicatamente. Alle sue spalle si udì un boato. Qualunque oggetto magico
contenuto nel bazar era esploso con inaudita violenza. La gente accorse alle
urla del venditore, probabilmente ustionato, ma Simon continuò a camminare con
calma e tranquillità.
Quando
voltò l’angolo, all’improvviso, si ritrovò davanti Kevin.
Forse
inconsciamente si era già accorto della sua presenza, perché i suoi occhi e i
suoi capelli erano tornati come prima, ma la sua aria spaventata e preoccupata
lo fecero rinsavire.
Cosa aveva fatto?
«Simon!»
«Kevin!
Finalmente ti ho ritrovato! Mi sono voltato e non c’eri più!»
Non
voleva mentirgli, ma quelle parole gli erano uscite di bocca quasi contro la
sua volontà. Che fosse ancora l’influenza residua dello Stregone Oscuro a farlo
parlare così?
Oppure,
più semplicemente, la sua vergogna?
Kevin
guardò il fumo alle sue spalle: «Cos’è successo?»
«Non
lo so, ti stavo cercando, poi ho sentito lo scoppio e sono andato a controllare
che non fossi coinvolto.»
Il
ragazzo lo guardò perplesso per qualche secondo, poi commentò: «Non si può mai
stare tranquilli in questa città, eh?»
Simon
rispose con un mezzo sorriso: «Eh già...»
Non
gli piaceva mentire, neanche in quel momento, ma visto che ormai aveva
cominciato, sarebbe arrivato fino in fondo. Ovunque fosse quel fondo.
Kevin: Simon, sai che sei
macchiato d’inchiostro?
Simon: DOVE???
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 19° capitolo: Una decisione senza ritorno! Inferno o
paradiso?
Kevin: Qui, sulla manica.
Devi esserti sporcato prima, quando con Lucy facevi i conti della spesa...
Simon: Ah... già..
Kevin: Sembravi
spaventato... paura della reazione di Lucy quando scoprirà cosa deve pulire?
Simon: Sì... certo... come
no...
E rieccoci! Dunque, di cosa stavo parlando nel capitolo
principale?
Dovrete tenervi pronti, perché dal prossimo capitolo sarete voi
lettori a scegliere davvero le sorti di questa storia. Con questo si conclude
il lunghissimo preambolo al punto fondamentale della vicenda. Siete pronti a
decidere cosa ne sarà dei nostri personaggi?
Ne approfitto per ringraziare ancora darkroxas92 per l’unica
recensione e vi aspetto al prossimo capitolo, sperando debba passare meno
tempo...
Capitolo 26 *** [BIVIO] Faccia a faccia con il passato! Sono davvero cresciuta come credo? ***
Nel bivio precedente
avete deciso di capire cosa abbia attirato l’attenzione di Simon?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.
Oppure
avete deciso di capire cosa stia per succedere a Kevin?
Anche in questo
caso siete nel capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio fra
cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete
convinti di scoprire cosa ha spaventato tanto Lucy?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
Faccia a faccia con il passato! Sono davvero cresciuta come
credo?
Lucy
deglutì a vuoto. Non avrebbe mai creduto di potersi ritrovare nuovamente in una
situazione del genere. Respirò profondamente, cercando di mantenere la calma.
Il
loro piano di rifugiarsi nel Principato di Nisty si
basava su un’unica convinzione: nessuno lì li avrebbe potuti riconoscere.
Quello meno a rischio di tutti forse era Simon, i ricercati da Death City erano
ben accetti, e nell’avviso di taglia non era specificato che fosse uno stregone,
anche perché ben pochi ne avrebbero compreso il significato. No, il problema
grosso erano lei e Kevin. Nonostante i tre anni di distanza, ricordava le
parole di quel giorno come se le avesse udite pochi minuti prima.
«Tutte
le armi, in quanto collegate alla Shibusen, sono
bandite…»
«Scusi, ma cosa succede se trovano un’arma?»
«Semplice, la uccidono!»
Il piano si era basato proprio sul fatto che eludendo
i controlli all’ingresso, nessuno avrebbe potuto identificarli come armi. Ma
Lucy, fino a quel momento, si era dimenticata che c’era una persona di Nisty che sapeva chi fosse
e che avrebbe potuto denunciarla. Tutta colpa di una leggerezza, una
sciocchezza alla fine della missione che era stata assegnata a cui, sul
momento, non aveva prestato peso.
«Ehi voi!»
I due ragazzi
sussultarono e si girarono al rallentatore.
«Non è che
avete visto un’arma, per caso?»
La guardia
dall’enorme pancione che avevano incontrato all’ingresso li guardava dall’alto
al basso, ma solo con curiosità e senza nutrire alcun sospetto.
«Chi, noi? Nooo, ma si figuri! Quando mai?»
«Ehi, tu sei
quel tizio dal nome strano! Allora, ti sei trovato bene?»
Kid rispose: «Un
soggiorno indimenticabile! Ora mi scusi, ma siamo un po’ di fretta…»
«Prego, prego!
Spero di rivedervi presto!»
Maka sussurrò:
«Se, come no…»
«Siamo fuori?»
«Direi di sì.»
«Posso tornare
umana?»
«Non vedo
perché no!»
«Finalmente!»
Lucy
ricomparve dal nulla accanto ai due ragazzi: «Fiù,
non ci crederete, ma è stancante stare tutto quel tempo sotto forma di polvere!
Richiede una grande concentrazione e dopo un po’ ti viene l’emicrania…»
«EHI, MA
QUELLA E’ UN’ARMA! FERMI, FERMI!!! TORNATE INDIETRO!!!»
Maka sorrise: «Mi
sa che la guardia si è accorta di noi!»
Kid commentò: «Un
po’ tardi, però! Direi che è ora di tornare a casa!»
E i tre
ragazzi si allontanarono lasciando la guardia alle loro spalle a sbraitare.
Altra
storia, altri tempi. Quella volta la guardia non aveva potuto fare nulla,
perché era già uscita dai confini della città, ma questa volta era all’interno,
senza via di scampo. Si specchiò in una finestra. Era cambiata molto in quei
tre anni? Se fosse stato così forse non l’avrebbe riconosciuta...
Ma
chi voleva prendere in giro? Sì, aveva i capelli più corti e qualche centimetro
in più d’altezza, ma per il resto era identica. Se l’uomo aveva un minimo di
fisiognomica, l’avrebbe riconosciuta al volo. Insomma, quante armi negli ultimi
tre anni avevano avuto la sfrontatezza di superare in quel modo i controlli? Non
aveva paura per la sua sorte, una volta scoperta le sarebbe bastato
trasformarsi in polvere e disperdersi per evitare l’arresto, ma se invece
avessero cercato di ucciderla sul posto, come
avrebbe reagito Simon? Non doveva essere lei la goccia che rischiava di far
traboccare il vaso.
Accelerò
il passo, stringendo a sé la borsa. Doveva mostrarsi naturale, non attrarre
l’attenzione, o sarebbe stata la fine di tutto, e per colpa unicamente sua e
della sua ingenuità.
L’uomo
le passò affianco, tre secondi che per Lucy sembrarono un’eternità, scanditi
dal battito accelerato del suo cuore. E passò oltre, senza notarla.
Lucy
sentì le gambe venirle meno e dovette appoggiarsi al muro per non cadere. Ce
l’aveva fatta, ma davvero aveva temuto di no. Incapace di sopportare altre
emozioni nella giornata, la ragazza corse direttamente a casa, passando per i
vicoli più trascurati e cercando di non farsi più vedere in volto da nessuno.
Guardia: Tesoro, sono a
casa!
???: Bau, bau!
Guardia: Sì, sì, bella di
papà, sono tornato! Allora, chi è il mio piccolo tenero rottweiler?
Cane: Bau, bau!
Guardia: Non leccarmi tutta
la faccia, tesoro! Tieni, sono andato al mercato e ti ho preso questa bella
bisteccona... così mio tesoruccio cresce bella forte, diventa aggressiva e mi
aiuta a sbranare chi cerca di passare il confine...
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 19° capitolo: Una decisione senza ritorno! Inferno o
paradiso?
Guardia: Brava, bravissima,
mangiala tutta... quando sto pensando a te, tesoro mio, potrebbe passarmi
vicino Shinigami in persona e non lo riconoscerei...
E rieccoci!
Una piccola nota: il pezzo in corsivo è stato copiato pari pari da Polvere Incantata, se non ricordate da dove potete
trovarlo qui.
Dunque, di cosa stavo parlando nel capitolo principale?
Dovrete tenervi pronti, perché dal prossimo capitolo sarete voi
lettori a scegliere davvero le sorti di questa storia. Con questo si conclude
il lunghissimo preambolo al punto fondamentale della vicenda. Siete pronti a
decidere cosa ne sarà dei nostri personaggi?
Ne approfitto per ringraziare ancora darkroxas92 per l’unica
recensione e vi aspetto al prossimo capitolo, sperando debba passare meno
tempo...
Capitolo 27 *** [BIVIO] Un fatale attimo di distrazione! Che cosa ho davvero fatto fino a questo momento? ***
Nel bivio precedente avete deciso di capire cosa abbia
attirato l’attenzione di Simon?
Allora siete nel
capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.
Oppure
avete deciso di scoprire cosa ha spaventato tanto Lucy?
Anche in questo
caso siete nel capitolo sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio fra
cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete
convinti di capire cosa stia per succedere a Kevin?
Allora siete nel
posto giusto! Buona lettura!
Un fatale attimo di distrazione! Che cosa ho davvero fatto
fino a questo momento?
Kevin si guardò intorno. Come sempre, quella città non
offriva grandi spettacoli, anzi, di per sé sarebbe stato il posto peggiore per
trascinarsi dietro Simon, ma tant’era...
Fece per voltarsi verso l’amico: «Che dici, magari
passiamo da...»
Non riuscì nemmeno a finire la frase. Rimase lì, con
l’ultimo pensiero incompleto che gli rimbombava nella mente ovattata, ancora,
ancora e ancora...
Fu solo dopo un tempo indefinito che, sbattendo gli
occhi un paio di volte, Kevin tornò in sé. Si guardò intorno. Doveva essersi
mosso, perché non era più nella stessa zona di prima, ma non ricordava di
averlo fatto. Non riusciva a mettere a fuoco cosa fosse successo, si sentiva
confuso e intontito. Sapeva solo che stava parlando con Simon e...
Un pensiero fulmineo gli attraversò la mente,
risvegliandolo completamente.
Simon!
Dov’era
finito?
Con il panico che gli attanagliava lo stomaco, iniziò
a correre per i vicoli chiamando l’amico a gran voce. Com’era possibile che non
lo sentisse? Era uno Stregone con poteri sulla musica e sui suoni!
A meno che non lo volesse sentire...
All’improvviso, finalmente, vide Simon voltare
l’angolo.
«Simon!»
Il
ragazzo si mostrò sollevato al vederlo: «Kevin! Finalmente ti ho ritrovato! Mi
sono voltato e non c’eri più!»
Solo
a quel punto Kevin notò la gran quantità di fumo alle spalle dell’amico: «Cos’è
successo?»
«Non
lo so, ti stavo cercando, poi ho sentito lo scoppio e sono andato a controllare
che non fossi coinvolto.»
Scoppio?
Quale scoppio? Perché lui non l’aveva udito? E dire che, a giudicare dalla
quantità di fumo e dalla gente che stava accorrendo, non doveva essere stato
piccolo...
«Non
si può mai stare tranquilli in questa città, eh?»
Simon
rispose con un mezzo sorriso: «Eh già...»
Kevin
s’incamminò di nuovo al suo fianco. Era felice di aver ritrovato l’amico sano e
salvo, di corpo e soprattutto di spirito, ma ancora non riusciva a spiegarsi
quel momento di buio. D’accordo, mai come in quel periodo l’ansia e l’insonnia
avevano reso le sue notti così agitate, ma addirittura addormentarsi in piedi?
Anzi, no, di più, perché in quel momento di vuoto si era mosso, aveva
continuato a camminare! Sonnambulismo? Forse, ma non gli risultava che gli
fosse mai capitato prima d’ora. E allora perché il ricordo di quella sensazione
di confusione lo stava agitando in quel modo? Aveva forse paura d’impazzire?
Paura di non riuscire più a controllare Simon?
Un’inaspettata
associazione mentale fece capolino nella sua coscienza, insieme al ricordo di
un volto e di uno sguardo.
Simon.
Era rimasto confuso e
intontito.
Come quando Simon aveva
ipnotizzato il padrone della casa che stavano occupando.
Un
atroce dubbio attanagliò il ragazzo. E se
Simon avesse fatto con lui la stessa cosa? Magari anche solo per sfuggire
un po’ dal suo pressante controllo, magari anche senza aver fatto nulla di
male. Il sospetto sull’origine di quel fumo, però, gli fece rimangiare l’ultimo
pensiero. Con tranquilla nonchalance, Simon l’aveva allontanato di lì,
impedendogli di vedere l’accaduto. Forse temeva che avrebbe capito più di
quanto doveva? E se quel sospetto fosse stato reale... quante volte era accaduto prima di quel momento? Era possibile che
fino ad allora avesse creduto di
controllarlo, e in realtà fosse stato esattamente l’opposto? Come poteva
verificarlo?
In
nessun modo. La magia dello Stregone era potente, lo aveva dimostrato più
volte, la sua volontà era sufficiente a modificare pensieri, credenze e realtà.
Forse tutto quello che credeva di aver vissuto in quelle settimane era stato
solo un sogno. Solo Simon conosceva la verità, ma chiedergliela avrebbe
significato ammettere la sua incapacità e, nel caso in cui il ragazzo si fosse
rivelato innocente, dargli un ottimo pretesto per allontanarsi definitivamente
da loro. Perché se ne era reso conto solo in quel momento?
Tutto
dipendeva dalla fiducia che Kevin riponeva in lui.
Ma
come poteva ancora averne, ora che si era reso conto di essere totalmente
inutile e alla mercé dei confusi e traviati desideri del compagno?
Simon: Kevin,
stai bene? Sei pallido...
Kevin: Sto
bene! Benissimo!
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 19° capitolo: Una decisione senza ritorno! Inferno o
paradiso?
Simon: Se vuoi
posso creare una musica energizzante per riattivare il tuo sistema circolatorio
e combattere i cali di pressione...
Kevin: ... sei
in grado di fare anche questo? Sei peggio di un coltellino svizzero...
E rieccoci! Dunque, di cosa stavo parlando nel capitolo
principale?
Dovrete tenervi pronti, perché dal prossimo capitolo sarete voi
lettori a scegliere davvero le sorti di questa storia. Con questo si conclude
il lunghissimo preambolo al punto fondamentale della vicenda. Siete pronti a
decidere cosa ne sarà dei nostri personaggi?
Ne approfitto per ringraziare ancora darkroxas92 per l’unica
recensione e vi aspetto al prossimo capitolo, sperando debba passare meno
tempo...
Capitolo 28 *** Una decisione senza ritorno! Inferno o paradiso? ***
Una decisione senza ritorno! Inferno o paradiso?
Simon spalancò gli occhi, completamente sveglio. A dir
la verità, non si era mai addormentato. Troppi pensieri, troppe preoccupazioni
lo stavano agitando. Buttò via le coperte e si alzò, iniziando a camminare per
la stanza, inquieto.
Troppe cose erano accadute quel giorno, troppi piccoli
e grandi avvenimenti che rischiavano di rendere ingestibile la loro già
precaria situazione.
Quando erano tornati a casa, avevano trovato Lucy
seduta, con la testa appoggiata al tavolo, in lacrime. Fra i singhiozzi non era
riuscita a spiegare bene cosa le fosse successo, ma aveva ripetuto più e più
volte di non poter più uscire di casa, per nessun motivo. Quella frase era
stata per Simon una stretta al cuore. Avevano faticato così tanto per cercare
di ricostruire per lei una quasi normalità, di darle il coraggio di muoversi
anche da sola, ed era bastato allontanare un attimo lo sguardo per mandare
tutto in fumo. E, a proposito di sguardi, qualcosa doveva essere successo anche
a Kevin, perché anche il suo era cambiato. Che si fosse accorto di cosa aveva
combinato? Forse, anzi, probabilmente sì, Kevin era una delle persone più
intelligenti e sensibili che conoscesse, anche se faceva di tutto per
nasconderlo, di solito. Senza contare, poi, quello che era accaduto a lui... il
libro, quel libro che aveva letteralmente assorbito di nascosto, gli aveva
aperto un mondo totalmente nuovo, estraneo a qualunque regola predefinita. Fino
a quel momento aveva avuto solo l’impressione
di essere in grado di poter fare qualunque cosa desiderasse, ora ne aveva
la certezza. Fino a quel momento si
era trovato legato alle regole non scritte delle streghe, che prevedevano di
non stravolgere mai le regole di natura. L’unica occasione in cui l’avevano
infranta era stata per creare lui, uno Stregone che normalmente non sarebbe
dovuto esistere, e le conseguenze per loro erano state deleterie. Ma per lui la storia era ben diversa.
Nuove prospettive inesplorate si spalancavano di
fronte ai suoi occhi. Fino a quel momento non era riuscito a scegliere fra Bene
e Male perché ogni scelta avrebbe comportato una dolorosa perdita, ma le cose
non stavano più così. Ora aveva i mezzi per fare la sua scelta senza dover
rinunciare a nulla!
L’unica cosa di cui era certo era che, qualunque fosse
stata la sua scelta, Lucy e Kevin sarebbero venuti con lui. Il periodo nel
Principato lo aveva aiutato a comprendere di non poter considerare completa la
sua vita senza di loro. Nel Bene e nel Male la loro squadra non si sarebbe
sciolta, sarebbero rimasti insieme per
sempre.
Ma doveva fare una scelta, e doveva farla in quel
momento, in quella notte, gli eventi di quel giorno lo avevano convinto che non
poteva più rimandare.
Una scelta netta e definitiva.
Una volta per tutte.
Hinata 92:
E... ora tocca a voi, gentili lettori!
Soul: Scusa...
ma tu non dovresti comparire solo nel capitolo finale?
Hinata 92: E
tu non dovresti essere fuori scena?
Soul: Infatti!
Io sono qui da spettatore, non hai visto i pop corn?
La tua scusa qual è?
Hinata 92:
Caso eccezionale e volevo che la questione fosse ben chiara.
Soul: Ossia?
Hinata 92:
Questo bivio è differente dagli altri. La trama che avete potuto leggere fino a
questo momento è stata una lunga, lunghissima introduzione a questo momento. In
questo bivio non sceglierete fra punti di vista differenti. In questo capitolo
dovrete scegliere LA storia! Dunque, affinché non ci siano equivoci: QUESTA
SCELTA È DEFINITIVA! I DUE BIVI E LE RELATIVE CONSEGUENZE NON SONO
COMPATIBILI FRA LORO. Da qui in poi si dipanano due storie diverse.
Dunque, questa
volta la storia è davvero nelle vostre mani.
Hinata 92: A
voi la palla, signori! Soul, che dici, i lettori avranno capito?
Soul: L’unico
modo che vedo per non esserci riusciti è non saper leggere...
Simon: Ehm...
scusate... quindi io non ho diritto di voto sulla mia vita?
Hinata 92:
Abbi fiducia nei lettori! E anche in me!
Simon: Ecco, è proprio
questo che mi preoccupa...
L’attesa è
stata eterna, ma giustificata: dovevo scrivere una marea di capitoli per
permettervi di fare questa scelta. Dunque, cosa preferirete? Sono curiosa di
scoprirlo!
Capitolo 29 *** [BIVIO] Ritorno a Death City! Anche se nessuno mi crederà mai, posso ritornare sui miei passi? ***
Nel bivio precedente avete deciso
che Simon diventi cattivo?
Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti che Simon diventi buono?
Allora siete nel posto giusto! Buona lettura!
Ritorno a Death City! Anche se nessuno mi crederà mai, posso
ritornare sui miei passi?
Simon rimase per un po’ a guardare la notte, fuori
dalla finestra. Cosa doveva fare?
Non doveva lasciarsi travolgere dalle emozioni, doveva
essere lucido e razionale come mai prima d’allora. Ridacchiò. Per un attimo
aveva pensato di fare finta di essere Kevin, in quei momenti in cui sembrava
essere un calcolatore perfetto, ma poi scosse la testa. Doveva essere lui e
nessun altro.
Se avesse
scelto di diventare uno Stregone Oscuro, cosa ci avrebbe guadagnato?
Niente. Avrebbe perso definitivamente Lucy e Kevin,
l’unica cosa a cui davvero teneva.
E se invece
fosse tornato indietro?
Dipendeva tutto da come avrebbe reagito la Shibusen, era un ricercato, dopotutto. Ma forse, chissà,
spiegando la situazione...
Il ragazzo sospirò. Non sarebbe stato facile, ma lo
conoscevano da sempre. Erano i suoi professori, i suoi compagni, non potevano
davvero credere che fosse completamente cambiato no? Probabilmente loro erano i
primi a sperarlo, come Lucy, come Kevin e come anche lui stesso, in fondo. Sì,
poteva, anzi, doveva tornare indietro
e spiegare la situazione. Da solo sicuramente avrebbe ceduto all’istinto di
Stregone, ma insieme... insieme a
tutte le persone che gli volevano bene poteva farcela. Ciò che l’aveva
trattenuto fino a quel momento era la paura di non poter trattenere la sua
magia, ma il libro che aveva assorbito gli aveva spiegato come fare, quindi non
c’era nulla da temere. Poteva farcela.
Si rimise a letto con il cuore più leggero. L’indomani
mattina avrebbe reso Lucy e Kevin fieri di lui.
Lucy gli saltò al collo: «LO SAPEVO! LO SAPEVO!»
Simon, che non si era aspettato tanto entusiasmo,
resse al pelo lo slancio della sua fidanzata. Kevin, alle spalle di Lucy, gli
sorrise, ma l’ombra di preoccupazione nei suoi occhi non venne meno.
«Pensi davvero di poter trattenere il tuo istinto
malvagio?»
Il ragazzo sospirò: «Non sarà semplice, ma ho fatto
qualche esperimento. Se riesco a scaricare la magia in qualche modo, la voglia
di fare del male diminuisce drasticamente. Non risolve completamente il
problema, ma se sono circondato da persone che credono in me e nella mia bontà
va molto meglio. Voi ci siete già riusciti da soli, pensate quello che potrà
succedere se mi aiuteranno anche tutti gli altri nostri amici e i professori!»
Lucy, al massimo dell’eccitazione, preparò le poche
cose che si erano portati dietro, ma Kevin mise una mano sulla spalla
dell’amico.
«Non la stai facendo un po’ troppo semplice? Per la Shibusen sei un ricercato ora, e uno dei loro peggiori
nemici. Io ho sentito cosa dicevano di te dopo la tua conversione e non
erano...»
Simon lo interruppe: «Lo so. Dovrò essere convincente,
prima che per loro per me stesso. Sai, c’è ancora una vocina nella mia anima
che non è per niente entusiasta della mia decisione e che cercherà ancora di
traviarmi...»
Kevin gli sorrise: «Parleremo più forte di lei. Le nostri
voci la sovrasteranno.»
«È proprio su questo che conto.»
Usciti fuori dal Principato di Nisty,
non faticarono a trovare un avamposto della Shibusen.
Prima che Lucy o Kevin potessero fermarlo, Simon ritornò corporeo e si parò
davanti ai seguaci di Lord Shinigami, a distanza di sicurezza e con le mani
alzate.
«Mi arrendo. Mi consegno nelle vostre mani. Per favore
portatemi nuovamente a Death City, sono stanco di scappare.»
Agli uomini prese a dir poco un colpo, ma fu niente
rispetto a quello che prese a Lucy, che sotto forma di polvere cercò di
lanciarsi contro di loro per proteggere il suo amato. Fu Kevin a fermarla di
colpo.
«Ferma! È la scelta migliore, e lui lo sa!»
«Lo imprigioneranno di nuovo! Ci terranno di nuovo
separati!»
«È per questo che non ce l’ha detto, ma concordo con
lui. Consegnarsi spontaneamente a un posto di blocco è il metodo migliore per
mostrare il suo pentimento.»
Lucy osservò disperata Simon, a cui venivano messe le
catene ai polsi: «Ma... io pensavo che saremmo entrati insieme a Death City...»
Kevin sospirò: «Entrare con le sue gambe nella città
che lo sta cercando e presentarsi direttamente da Lord Shinigami passando tutti
i sistemi di sicurezza sarebbe stato un segno di forza. Lui in questo momento
vuole farsi vedere per quello che è.»
«Ovvero?»
«Bisognoso dell’aiuto di tutti noi.»
Simon riuscì a sostenere l’umiliazione e il dolore del
ritorno solo perché supportato dalla consapevolezza di star facendo la cosa
giusta. Fu un dolore quasi insopportabile vedere le persone con cui fino a
qualche mese prima aveva parlato serenamente, a cui voleva bene, scappare alla
sua vista, o, peggio ancora, insultarlo e denigrarlo in ogni modo possibile.
Uno dei negozianti gli lanciò persino della verdura avariata, e in quel momento
lo Stregone Oscuro che dimorava in lui tornò nuovamente a farsi vivo, a
pretendere vendetta per quel gesto infamante. Ma fu lo sguardo disperato di
Lucy, tornata umana non appena erano rientrati in città, che mai lo aveva
abbandonato, ma che anzi cercava in ogni modo di oltrepassare la barriera di
guardie e di Kevin per portarlo via da quella tortura, a mantenerlo saldo nelle
sue convinzioni. Doveva resistere, non tanto per lui, ma per porre fine alle
sofferenze di quella ragazza. Lasciò colare la polpa del pomodoro sul suo
volto, sugli abiti e poi a terra, calpestandola e guardando dritto avanti a sé,
alla Shibusen, dove lo attendeva il giudizio.
Non doveva vergognarsi di nulla di quel che stava
facendo.
Ritrovarsi nuovamente nella cella in cui aveva passato
i primi giorni dopo il suo tentato matrimonio, nuovamente solo, non fu
piacevole. Avevano provato a mettere ogni sorta di possibile difesa contro la
sua magia, ma quella vocina nella sua anima gli ripeteva suadente che in
confronto al suo potere non erano altro che polvere da calpestare... che doveva
approfittare di essere all’interno della base dei suoi nemici per
distruggerli...
Simon scosse la testa, rimanendo inginocchiato là,
esattamente dove le guardie lo avevano lasciato. Non si sarebbe mosso, avrebbe
solo fatto la cosa giusta: pregare per Lucy e Kevin che tutto andasse per il
meglio.
Una guardia aprì il cancello: «Lord Shinigami vuole
parlare con te. Ti trascineremo da lui, guai a te se provi anche solo a muovere
un muscolo.»
Simon si limitò a chiudere gli occhi e a lasciarsi
portare a peso morto. Da una parte quasi gli facevano tenerezza tutte quelle
misure di sicurezza, era perfettamente consapevole di poterle abbattere senza
nemmeno muovere il muscolo di cui l’avevano minacciato, ma non l’avrebbe fatto.
Non gli interessava.
Finalmente giunsero nella sala di Lord Shinigami, la
stessa stanza in cui qualche volta era entrato da studente, e che ora varcava
da prigioniero. Venne posato a terra, in piedi. Simon rimase immobile, ancora
con gli occhi chiusi.
«Simon! Sono felice di rivederti, sai?»
Il ragazzo aprì gli occhi, ritrovandosi a meno di un
centimetro dal volto la maschera di Shinigami. Dallo spavento trasalì e cercò
di fare un balzo all’indietro, ma le catene lo fecero cadere a terra.
«Oh, scusa, non volevo spaventarti così... ecco,
aspetta, ti aiuto ad alzarti...»
Le guardie fecero un passo avanti per aiutarlo, ma
Lord Shinigami alzò una sua manona per fermarle e fece da solo.
«Ecco qua.»
«G-grazie...»
La prima parola uscita dalla bocca di Simon dopo la
sua resa suonava gracchiante a causa della bocca completamente asciutta, ma
Lord Shinigami parve non farci caso.
«Spirit, puoi portare una
sedia? Credo che Simon sia stanco di stare in piedi, e lo posso anche capire,
le prigioni non sono il massimo della comodità...»
Tenendo gli occhi chiusi, Simon non si era accorto che
nella sala, oltre a Lord Shinigami e alle guardie, c’erano altri volti noti: i
professori Spirit, Stain, Sid e Marie. I loro sguardi
erano particolari, riusciva a leggerci ansia, timore, dolore e curiosità. Non
sapevano chi avevano davanti, se l’allievo che per anni avevano aiutato a
crescere o lo Stregone Oscuro che aveva ordinato la loro morte, ed erano divisi
fra l’affetto e la prudenza.
Spirit obbedì e Simon poté
sedersi.
Lord Shinigami lo fissò a braccia incrociate: «Ci è
stato detto di tutto su di te, Simon, ma tu sei l’unico che possa spiegarci
davvero come stanno le cose.»
Il ragazzo annuì: «Sono tornato proprio per questo.»
«Bene, ti ascoltiamo.»
E Simon iniziò a raccontare. Spiegò della maledizione
delle streghe, dei loro piani, del suo rinsavimento e del tempo passato a Nisty.
«Sono tornato perché ho bisogno di aiuto per
combattere la mia maledizione. Mi sono reso conto che da solo non posso
farcela.»
Stain, prendendo una lunga tirata dalla sigaretta,
intervenne: «Non puoi annullarla, nemmeno con la tua magia?»
Simon scosse la testa: «No. Sono stato creato violando
le regole stesse della magia e della natura. Tutto ciò non sarebbe mai dovuto
avvenire e, credetemi, le streghe stesse hanno pagato un prezzo altissimo per
il loro gesto. Io vorrei solo riprendere la mia vita di prima, nonostante tutto
sono ancora lo stesso Simon Onpu che avete
conosciuto.»
Lord Shinigami annuì: «Capisco... ma devi anche tu
comprendere che tenerti qui sarebbe un rischio non indifferente. Devo pensare
anche all’incolumità di Death City, anche se stai dicendo la verità, potresti
sempre perdere il controllo, e io non...»
Il ragazzo lo interruppe: «Ne sono perfettamente
consapevole. Proprio per questo ho pensato a lungo a cosa fare una volta giunto
qui. Penso di aver trovato il modo di assicurare anche ai più scettici la mia
buonafede e, allo stesso tempo, di darvi un pegno per il nostro accordo.»
«Cosa intendi dire?»
Il violinista sospirò: «Professor Albarn,
può passarmi la bottiglia di birra che ha nascosto dietro allo specchio di
Shinigami?»
Il volto di Spirit cambiò
improvvisamente colore: «E tu come...»
Simon fece una risatina imbarazzata: «Magia...»
Con una smorfia, il professore obbedì e, al vedere la bottiglia,
Marie s’infuriò: «Spirit! Quante volte ti devo dire
di non bere mentre lavori?»
Solo a quel punto Simon si liberò senza sforzo delle
catene che lo imprigionavano, facendo scattare in allarme le guardie. Lord
Shinigami però fece loro segno di attendere e osservò incuriosito il ragazzo
prendere la bottiglia dalle mani di Spirit e, dopo
averlo ringraziato, mettere un dito sull’imboccatura. In contenitore si riempì
in poco tempo di quella che sembrava una sostanza nera e fluida, che poi Simon
porse a Lord Shinigami.
«Ecco. La mia proposta è imbottigliare tutta la mia
magia e lasciarla sotto la vostra sorveglianza.»
Stain si avvicinò aggiustandosi gli occhiali e
osservando con aria a dir poco interessata il contenuto della bottiglia:
«Questa... è magia?»
«Sì.»
«Tutta la tua magia?»
Simon non riuscì proprio a contenere una risata:
«Magari! Questa non è che una minima parte. Il mio corpo produce continuamente
magia, è un processo che si autoalimenta. Più ne uso, più ne produco, più, di
conseguenza, cresce il mio desiderio di impiegarla per fare del male. No, la
mia idea è un po’ più complessa. Se potessi depurarmi una volta sola da tutta
la magia che ho in questo momento... e ci vorrà qualche contenitore decisamente
più grande di questo... dovrebbe essermi molto più facile mantenere il
controllo, con l’aiuto delle persone che mi circondano. Solo che sarei
costretto a ripetere questo processo almeno una volta al giorno per mantenermi
“pulito”, ma a quel punto penso possa bastarmi anche una bottiglietta come questa.»
Stain era ormai preda di una pura frenesia
scientifica: «Le streghe producono la stessa quantità di magia al giorno?»
Simon annuì: «La differenza fra me e una strega comune
non è nella quantità, ma nella qualità della magia. La mia è
infinitamente più potente e pericolosa... e proprio per questo sono costretto a
porre delle condizioni.»
Lord Shinigami annuì: «Esponi bene il patto che ci
stai proponendo.»
«Chiedo di poter avere niente di più e niente di meno
di quello che avevo prima: una normale vita da studente, da passare con Lucy,
Kevin e i miei amici, dopo naturalmente, immagino, un periodo di pena adeguato
a quello che ho commesso. In cambio offro la mia stessa magia, con la clausola
che nessuno...»
E il suo sguardo si soffermò per un momento sul
professor Stain.
«... la tocchi, per nessun motivo, scientifico o
militare. È una cosa più che pericolosa, difficile da controllare anche per me
stesso, figuriamoci per un estraneo. Pretendo che sia sorvegliata e
controllata, anche e soprattutto da me stesso.»
Lord Shinigami tornò a fissarlo avvicinandosi sempre
di più, fino a portarsi a pochi centimetri dal volto del ragazzo.
«Devo ancora chiederti tre cose.»
«Va bene.»
«Saresti disposto ad aggiungere alle tue condizioni un
controllo continuo da parte della Shibusen?»
Simon ridacchiò: «Dubito che i vostri controlli
possano battere quelli di Kevin, quindi non ho nulla in contrario, ormai mi
sono abituato.»
«Sai che le persone non si fideranno molto di te?»
«Lo immagino, ma spero di poter riconquistare anche la
loro fiducia.»
«Bene. La prossima domanda è un po’ più seria e
potrebbe condizionare il mio giudizio.»
Il ragazzo sospirò: «La ponga, allora.»
«Da quando sei uno Stregone, hai mai tolto la vita a
qualcuno?»
Simon lo guardò dritto negli occhi: «Non ho mai
oltrepassato questo limite, nemmeno in questo stato.»
Lord Shinigami si rialzò di scatto, come una
marionetta: «Benissimo. Quindi non hai fatto nulla d’irreparabile e quello che
hai fatto l’hai compiuto sotto l’effetto di un incantesimo che interferisce con
la tua capacità d’intendere e volere. Per quanto mi riguarda, appena avrai
consegnato la tua magia, puoi ritornare subito in libertà.»
Il ragazzo lo guardò incredulo: «Davvero?»
Marie gli sorrise, con le lacrime agli occhi:
«Bentornato a casa, Simon.»
Lucy: Simon!
Simon: Lucy!
Hai visto? Sono libero! Posso di nuovo stare con voi!
Lucy: È
fantastico!
Kevin: Come
hai fatto a convincerli?
Simon: Ho
fatto loro una proposta e hanno accettato. Come quella che sto per fare ai
lettori per la scelta del prossimo bivio.
Capitolo 30 *** [BIVIO] Ricominciare dal principio! Riusciremo a riadattarci a un mondo che non si fida più di noi? ***
Nel bivio precedente avete deciso di
seguire Maka, Soul e tutti gli altri?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Per caso avevate deciso che Simon dovesse
diventare cattivo?
Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate nessuna scelta per Simon fra buono e cattivo?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di seguire Simon, Lucy e Kevin?
Allora siete nel posto giusto! Buona lettura!
Ricominciare dal principio! Riusciremo a riadattarci a un
mondo che non si fida più di noi?
Voci confuse e alterate bucarono il bozzolo che
sembrava avvolgere la testa di Simon. Era ancora troppo addormentato per
comprendere le parole, ma il tono era chiarissimo.
«Lucy?»
Il sussurro impastato che uscì dalle sue labbra non fu
sufficiente a coprire la voce indignata, se non addirittura arrabbiata, della
ragazza.
«Capisco la sorveglianza, ma santo cielo...»
Simon, con un sospiro, si tirò fuori dal letto a
fatica e, con un’espressione da zombie, aprì la porta della sua camera.
«Che succede?»
Subito le due guardie appostate fuori dalla sua camera
scattarono con le armi puntate contro di lui e Lucy protestò: «Buoni! È troppo
addormentato anche solo per riconoscere i vostri volti, figuriamoci per tentare
la conquista globale!»
Solo a quel punto il ragazzo, più o meno, iniziò a
capire cosa stava accadendo e bofonchiò: «Buongiorno anche a voi. Posso andare
in bagno senza rischiare la vita?»
Lucy con un gesto mandò a quel paese le guardie e lo
baciò: «Buongiorno, amore. Scusa, volevo venire a portarti la colazione in
camera, ma mi hanno fermato.»
Simon le sorrise: «Non fa nulla. Portala giù, vado un
attimo in bagno e vengo...»
Rifilò un’occhiata semi addormentata alle guardie:
«... se posso...»
Una delle due arretrò: «Prego.»
«Grazie, troppo gentili.»
Solo dopo aver chiuso la porta del bagno, il ragazzo
si concesse un profondo sospiro. Quelle guardie non avevano la minima idea di
quanto avessero rischiato grosso. Se una scena del genere fosse avvenuta solo
il giorno prima, quando ancora aveva in sé tutta la sua magia, di loro sarebbe
rimasto ben poco. Si guardò le mani. Nonostante tutto, però, doveva essere loro
grato, perché così aveva avuto la prova che il suo piano aveva funzionato. Non
avendo quasi più magia in corpo le sue reazioni erano state normali, i suoi
sentimenti riconducibili a un comune malumore da levataccia e non aveva sentito
voci strane. Sembrava tutto a posto. Si preparò e scese a mangiare la sua
colazione.
Mentre si accomodava al tavolo, sempre sorvegliato a
vista dalle guardie, Simon chiese: «E Kevin?»
Lucy guardò l’ora: «Hai ragione, è in ritardo! Strano,
è uscito per la sua solita corsetta mattutina e...»
In quel momento la porta d’ingresso s’aprì: «... e
iniziate pure a mangiare senza di me, ragazzi. È meglio che io prima faccia di
nuovo un giro sotto la doccia.»
Lucy e Simon guardarono esterrefatti l’amico: «Kevin!»
«Cosa ti è successo?»
Il ragazzo era completamente ricoperto da qualcosa di
melmoso e dai colori strani. Nonostante quello, si sforzò di sorridere: «Nulla
che una buona doccia non possa rimediare.»
Quasi d’istinto, Simon fece un gesto con la mano per
togliere quel sudiciume da Kevin, ma non accadde nulla.
«Ah, già, mi devo un pochino riabituare al non avere
più magia...»
Kevin fece un gesto con la testa: «Ti ringrazio per il
pensiero, ma i metodi tradizionali sono sempre i migliori.»
Una delle guardie si era avvicinata con fare
minaccioso: «Cosa ha appena cercato di fare, signor Onpu?»
Simon sospirò: «Solo pulire il mio migliore amico, ok?
L’ho visto in difficoltà e volevo aiutarlo, tutto qui.»
Kevin, da sopra le scale, gridò: «Aiutami tenendo il
caffè in caldo, ok?»
«Sarà fatto!»
La guardia non sembrava affatto soddisfatta della
risposta ricevuta: «Le consiglierei di non fare tanto il furbo con noi, signor Onpu. Lei è sotto sorveglianza speciale, e la sua libertà
vigilata dipende solo dalla nostra parola.»
Simon dovette fare appello a tutta la sua forza
d’animo. Sapeva che il rischio di produrre magia oscura, se opportunamente
stuzzicato, era alto, e sembrava che quei due volessero far di tutto per farlo
crollare. Per evitare altre discussioni, si sedette al tavolo senza replicare e
cercò di ignorare la loro presenza parlando con Lucy.
«Secondo te cos’è successo?»
La ragazza fece un mezzo sorriso: «Probabilmente nulla
di grave. Magari Kevin è scivolato o...»
«... o gli hanno tirato frutta marcia addosso per
colpa mia.»
Lucy lo guardò sorpresa e Simon affondò la testa fra
le braccia: «Tranquilla, nessun potere magico, solo che non sono stupido,
l’odore di marcio lo riconosco ancora. E non basta una semplice caduta per
ridursi in quel modo.»
Sospirò: «Cosa ho fatto? Non volevo causare tutto
questo, soprattutto a voi! Forse ho sbagliato a tornare...»
Lucy andò a sedersi di fronte a lui con aria risoluta:
«Non dirlo neanche per scherzo! Era la cosa giusta da fare e l’hai fatta!
Sapevamo che non sarebbe stato facile, ma non per questo puoi arrenderti al
primo giorno!»
«Soprattutto quando basta una doccia calda per rimediare!»
Lucy si voltò verso le scale: «Kevin!»
Il ragazzo dai capelli rossi si avvicinò all’amico e
allargò le braccia: «Visto? Tutto a posto!»
Simon sbuffò: «Tutto a posto un corno! Quando uscirai
ancora succederà la stessa cosa!»
«E io manderò loro la bolletta dell’acqua, se
insisteranno a volermi far fare così tante docce! Non ci arrenderemo per così
poco, e non devi farlo neanche tu.»
Lo sguardo di Simon indugiò per un secondo sulle
guardie: «E se...»
Lucy e Kevin capirono immediatamente cosa stava passando
per la sua testa e lo abbracciarono insieme: «Non accadrà. Saremo con te, non
succederà nulla.»
«Andrà tutto bene.»
Simon chiuse gli occhi e pregò con tutto il cuore di
riuscire a crederci il più presto possibile.
Il rientro in classe fu, se possibile, ancor peggio.
Intorno al trio si creò letteralmente il vuoto, e a far più male fu proprio la
lontananza degli amici di sempre. Soul, con cui Simon aveva sempre suonato e
che considerava il suo migliore amico dopo Kevin, non l’aveva nemmeno guardato,
e così anche tutti gli altri. Lucy e Kevin si erano mostrati forti, ignorando
gli sguardi sospettosi, ma Simon non si sentiva così forte e determinato come
loro, e temeva sempre di più che quell’atmosfera d’odio potesse riattizzare la
magia che piano piano si stava riformando dentro di lui. Si obbligò ad
ascoltare con tutta l’attenzione possibile le noiose spiegazioni di Stain.
Chissà, forse un lato positivo dopotutto poteva anche esserci, magari così
avrebbe avuto per la prima volta dei voti decenti...
«Onpu?»
Simon si voltò. Una guardia di Shinigami era dietro di
lui.
«Siamo venuti a prenderla.»
Il ragazzo guardò l’ora e annuì. Non appena uscì
dall’aula, si scatenò incontrollabile il chiacchiericcio degli altri studenti.
«Ma dove va?»
«Forse si sono resi conto del pericolo e finalmente lo
arrestano!»
«Sì, sarebbe ora, è un pericolo!»
«È una spia delle streghe!»
«È qua per ucciderci tutti!»
Lucy, sentendo queste voci, s’irrigidì con aria
inorridita e si voltò verso Kevin: «Cosa stanno dicendo? Simon è andato a
scaricare la sua magia proprio per loro, per la loro sicurezza! Come possono
dire una cosa del genere?»
Kevin sospirò: «Parlano perché non lo sanno.»
Lucy fece per alzarsi: «E allora basta dirlo!»
Kevin la prese per un polso e la tirò per costringerla
a sedersi: «No! Non farlo!»
«Perché? Se solo sapessero...»
«Simon non ha voluto.»
Lucy lo guardò ancora più sconvolta: «Cosa...»
«Ha detto che sarebbe stato meglio se i suoi amici
avessero imparato nuovamente a fidarsi di lui senza aiuti.»
«È una follia! Non lo faranno mai! Simon non ha visto
le loro reazioni dopo la guerra!»
Kevin scivolò leggermente sulla sedia: «Lo so, ma non
possiamo andare contro la sua volontà. Se così ha deciso, così dev’essere.
Forse lo scoprirà da solo, non è stupido, solo molto confuso.»
Lucy sospirò: «Anch’io lo sono... come possiamo
aiutarlo se non si aiuta da solo?»
«Forse ritiene di meritarsi una punizione, e visto che
la Shibusen non gliel’ha data...»
La ragazza guardò ancora una volta i compagni
parlottare fra loro: «Quindi pensano di avere in classe uno Stregone Oscuro al
massimo della sua potenza?»
«Esatto. Solo io, te e i professori sappiamo che Simon
è innocuo, e che d’ora in poi tutti i giorni alle cinque del pomeriggio andrà a
scaricare la poca magia che produce al giorno.»
Lucy fece una smorfia: «Sarà dura smontare le loro
fantasie...»
Kevin cercò di sorridere: «Abbiamo affrontato demoni e
streghe, cosa vuoi che sia il malumore di un po’ di studenti?»
«Lo spero, Kevin... lo spero con tutto il cuore...»
«Ho sentito
dire che Simon Onpu è il più grande Stregone Oscuro
mai esistito!»
«E che può
controllare il vento e le tempeste!»
«Può far
venire notte quando sarebbe giorno!»
«E
trasformarci tutti in zombie con un solo sguardo!»
Soul Eater, Richiamo di sangue, 22° capitolo: Tutto ciò che è
rimasto in sospeso! Piani basati su qualcosa che non esiste?
Lucy: Tu sei davvero così
convinto che riusciremo ad affrontare tutto questo?
Capitolo 31 *** [BIVIO] Amicizia e sospetto! Cosa possiamo fare per salvare il salvabile? ***
Nel bivio precedente avete deciso di
seguire Simon, Lucy e Kevin?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Per caso avevate deciso che Simon dovesse
diventare cattivo?
Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate nessuna scelta per Simon fra buono e cattivo?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di seguire Maka, Soul e tutti gli altri?
Allora siete nel posto giusto! Buona lettura!
Amicizia e sospetto! Cosa possiamo fare per salvare il
salvabile?
Soul entrò in casa trafelato: «Maka, sono...»
Il ragazzo, vedendo lo stato della compagna, non
riuscì nemmeno a finire la frase.
«Lo sai già, vero?»
Maka si limitò ad annuire e Soul provò ad avvicinarsi
a lei, con delicatezza.
«L’hai sentito?»
Maka annuì ancora, con gli occhi sbarrati.
«Capisco... ma non puoi reagire così, non è figo,
sai?»
La ragazza iniziò a tremare: «Tu... tu non capisci...
non puoi capire, nessuno qui può...»
«Lo so.»
Maka si sedette e Soul rimase vicino a lei.
«La lunghezza d’onda dell’anima di Simon... quella
volta... mi è rimasta dentro... la sento continuamente, anima i miei incubi...
un’anima così nera, così oscura, così... malvagia,
io... io non riesco a sopportarla, non ho nemmeno bisogno di vederla, è
così potente che la sento anche a distanza. E ora è qui! È qui, capisci? Mi sta
facendo impazzire, è da allora che mi sta facendo impazzire, peggio di un kishin!»
Soul annuì: «Forse ho qualche notizia che potrebbe
aiutarti.»
«Davvero?»
«Simon è tornato con Lucy e Kevin. È tornato per
consegnarsi e Shinigami l’ha perdonato.»
«COSA???»
Maka si era alzata in piedi, agitata come Soul non
l’aveva mai vista: «NON PUÒ FARLO! NON L’HA VISTO, NON HA VISTO LA SUA ANIMA!
SIMON È MALVAGIO! ANZI, È L’INCARNAZIONE DI TUTTO CIÒ CHE DI MALVAGIO PUÒ
ESISTERE! NON PUÒ FARLO! NON PUÒ FARLO!»
«E invece sì, Maka, l’ha fatto. Da domani tornerà a
scuola con noi.»
«No... no...»
La ragazza scosse la testa: «Io come faccio a stare
nella stessa aula con lui? Mentre sento la sua anima che cerca di inghiottirmi?»
Soul non sapeva cosa risponderle, e Maka se ne rese
conto. Dopo un momento di pausa, cambiò argomento.
«E Lucy e Kevin?»
«Sembra che stiano bene e che stiano cercando di
aiutarlo.»
La ragazza sembrò sovrappensiero: «Lucy... e Kevin...»
Soul la guardò preoccupata: «Maka?»
«Lucy e Kevin... ma certo! Sono la risposta! Lucy e
Kevin!»
Il ragazzo non stava più capendo nulla: «La risposta?
La risposta a quale domanda?»
Maka si alzò, di nuovo piena di energie: «Dobbiamo
parlare con gli altri! Domani sarà dura, ma se ho ragione... se ho ragione...
c’è una speranza! Ci deve essere! Il mondo non può finire domani!»
Soul, sempre più confuso, non poté fare altro che
lasciarsi trascinare, tirato per una manica: «Maka, per favore, spiegati! Maka,
tutto questo è molto poco figo! Maka!»
Il solito vecchio gruppo entrò in classe compatto e si
sedette ben lontano dal trio.
Black Star sbuffò: «Io non ci sto capendo niente! Sono
tornati, bene! Andiamo a salutarli!»
Maka, tremando, rispose: «No, Black Star, dobbiamo
capire chi abbiamo davanti.»
Tsubaki, incerta, guardò di sottecchi i vecchi amici:
«Secondo me è tutto a posto, mi sembrano normali...»
Soul la guardò incuriosito: «Non senti nulla di
strano?»
«No. È da tempo che non sento più le voci, e neanche
stare in classe con Simon cambia la situazione.»
«Questa mi pare già una notizia figa, no?»
Per un attimo lo sguardo di Maka indugiò su un posto
vuoto, quello di Chrona. Da un paio di settimane aveva lasciato la prigione, ma
ancora non gli era permesso di frequentare posti affollati, il rischio che
impazzisse e cercasse di uccidere tutti era ancora troppo elevato. Sicuramente
avrebbe detto che non avrebbe saputo come comportarsi, ma chissà cosa avrebbe
pensato veramente...
Kid sospirò: «Maka ha ragione. Dobbiamo andarci cauti.»
Patty non disse nulla, rimase a fare compagnia alla
sorella, in una crisi di mutismo completo.
Death the Kid si sedette simmetricamente al suo posto:
«Per oggi osserviamoli e basta, poi decideremo cosa fare.»
Le ore di lezione trascorsero lente, lentissime, con
sguardi alle spalle pieni di dubbio, speranza e dolore. Alla fine, quando verso
le cinque del pomeriggio Simon venne chiamato dalle guardie e la classe si
ritrovò un insperato momento di pausa, il gruppo si riunì nuovamente.
«Allora cosa ne pensate?»
Iniziarono tutti a parlare, sovrapponendosi a vicenda,
tanto che Kid fu costretto a prendere in mano la situazione: «Ok, ok, facciamo
così! Andiamo per alzata di mano, possibilmente in modo simmetrico! Chi pensa
che dobbiamo stare attenti nei loro confronti?»
Solo Kid stesso alzò la mano.
«Fantastico, addio alla simmetria... e va bene, chi
pensa invece che possiamo fidarci?»
Black Star, Tsubaki e Patty alzarono la mano.
«E voi cosa ne pensate?»
Soul rispose senza esitazioni: «Io sono stato preda
del sangue nero, posso capire come si possa sentire Simon in questo momento e
vorrei solo ritrovare il mio amico. Ma...»
«Liz?»
Per la prima volta nella mattinata, la ragazza disse
una sola frase: «Finché non mi parlerà non posso dire nulla.»
Kid sospirò: «D’accordo. Maka?»
«L’anima di Simon è ancora nera, ma non mi da più quel
senso di oppressione. Non mi sono sentita soffocare come l’altra volta, sono
riuscita a stare tranquillamente nella stessa stanza con lui. Non so cosa
pensare.»
«E quindi cosa facciamo?»
Maka, con uno sguardo determinato, rispose: «Io ho un
piano.»
«Davvero?»
«Ma mi servirà aiuto. E forse più di quanto avessi
pensato all’inizio.»
«Possiamo aiutarti noi?»
«Non subito. Prima devo chiedere consiglio a un’altra
persona.»
La ragazza era messa peggio di quanto Maka avesse
immaginato. Con gli occhi bassi e gonfi di pianto, taciturna e timida, era una
persona completamente diversa da quella che ricordava.
«Era tanto tempo... che nessuno... veniva a trovarmi.»
Maka rimase colpita da quel modo di parlare. Soppesava
con cura ogni parola, come per riflettere bene prima di pronunciare qualcosa di
sbagliato.
La ragazza cercò di sorridere in modo più
incoraggiante: «Se vuoi... stare più
comoda, posso chiedere che ti tolgano quella
roba, io non ho paura di te.»
Rachel sorrise, quasi intenerita:
«Ma io sì. Lasciami la mia... camicia di forza, te ne prego. L’ho chiesta io...
non appena ho saputo che saresti venuta... a trovarmi.»
«D’accordo, allora.»
«Immagino che tu sia qui... per Simon.»
«Sai che è tornato?»
«Le notizie corrono... in fretta, persino agli...
arresti domiciliari.»
«Tu sei l’unica che possa spiegarmi come stanno le
cose, perché ha quell’anima nera, se si può fare qualcosa.»
«Vuoi... aiutarlo?»
«Forse. Ma temo che per ora sia al di fuori delle mie
possibilità. E non so nemmeno se possa essere salvato. Stamattina, quando è
entrato in classe... sembrava quasi a posto. Aveva ancora l’anima nera, sì, ma
a parte questo era abbastanza normale. Ma col passare delle ore ho iniziato a
sentire i brividi alla schiena. No, non so cosa gli sia successo, non è
sicuramente la stessa persona che abbiamo incontrato durante la guerra delle
streghe, ma non è nemmeno il Simon che conoscevamo. Non so cosa sia e mi fa
paura.»
Rachel abbassò ancora lo sguardo:
«Paura... conosco... questo sentimento.»
Maka la guardò preoccupata: «Anche tu hai paura di
Simon?»
La ragazza scosse la testa: «Io ho paura... di tutto.
Della mia... schizofrenia, di cosa... potrei fare se... uscissi da Death
City... di quello che pensa... di me... Simon. Papà... già mi odia. Se n’è
andato. Ha deciso che... tutta la sua famiglia... è morta... per sempre... e
che io... io... io l’ho uccisa... insieme alle streghe...»
Un paio di grossi lacrimoni scesero dai suoi occhi
azzurri e Maka si sentì in colpa per quanto la stava costringendo a rivivere.
Rachel si fece forza: «Se posso
aiutarti... se posso almeno un po’... rimediare a quanto... ho fatto... sarò
felice... sarò felice di aiutarti!»
Maka la guardò sinceramente commossa dalla forza
d’animo di quella ragazzina mentalmente devastata: «Grazie.»
«Qual è il tuo... piano?»
«Cominciare a salvare chi è possibile salvare, e
quando sarà chiara la situazione di Simon vedere cosa si potrà fare per lui. Ho
controllato a lezione, per loro nulla è cambiato.»
Rachel la guardò confusa: «Loro?»
Maka annuì: «Aiutami a salvare Lucy e Kevin
dall’influenza dello Stregone Oscuro.»
Patty: Uhm...
Black Star: Ta-dah!
Patty: Lascia
stare, provo io! Bhu!
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 22° capitolo: Tutto ciò che è rimasto in sospeso! Piani
basati su qualcosa che non esiste?
Death the Kid:
Ma insomma! Si può sapere cosa state facendo vestiti da clown?
Patty:
Cerchiamo di far ridere Liz!
Liz: ...
Black Star:
Non è possibile che una somma divinità come il sottoscritto non ci riesca! Io
sono unico, inimitabile, irresistibile, io sono BLACK STAR!
Death the Kid:
L’unica cosa che so è che sei... un clown totalmente asimmetrico!!! Fuori,
fuori, fuori da casa mia!
Black Star:
Non puoi buttare fuori di casa il grande BLACK STAR!
Death the Kid: Possoeccome! Ora vedrai!
Liz: ...
Patty: Neanche
questo ha funzionato? Oh, sorellina...
Capitolo 32 *** [BIVIO] Tutto ciò che è rimasto in sospeso! Piani basati su qualcosa che non esiste? ***
Nel
bivio precedente avete deciso che Simon diventi cattivo?
Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non
vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete
convinti che Simon diventi buono?
Allora siete nel posto giusto! Buona lettura!
Tutto ciò che è rimasto in sospeso! Piani basati su qualcosa che
non esiste?
Simon si sedette vicino a Lucy, in cortile, e le mise
un braccio sulle spalle. Lei gli sorrise intenerita e appoggiò la testa sulla
spalla di lui. Un’atmosfera quasi romantica, se non fosse stato per le guardie
che li controllavano da vicino, ma ormai stavano imparando a ignorarle.
«Mi mancavano questi momenti.»
«Anche a me.»
Rimasero in silenzio per un po’, intenti ad ammirare
il tramonto, poi Lucy disse: «Avremmo un po’ di cose in sospeso da sistemare.
Bollette, provviste...»
Simon sospirò: «... un matrimonio...»
Lucy ridacchiò: «Già... un matrimonio... mi sembra sia
passato un secolo dal nostro quasi...»
Non ebbe la forza di concludere la frase.
Simon l’abbracciò più forte. Erano successe così tante
cose da allora... loro erano rimasti insieme, e avevano vissuto da marito e
moglie anche senza quel fatidico sì. Però...
«E se chiedessimo di concludere quel che avevamo
iniziato?»
Lucy lo guardò sorpresa, mentre Simon sorrise.
«Dimmi che sai dove hai messo l’abito e al resto penso
io.»
Lei ricambiò il suo abbraccio con le lacrime agli
occhi e il ragazzo sospirò: «Forse non sarà esattamente tutto come l’avevamo
programmato allora, ma... farò del mio meglio.»
Alla seconda pubblicazione di matrimonio di Lucy e
Simon, Maka si mise le mani nei capelli: «No! No, no, no! Dobbiamo fermarli! Se
si sposano non sarà più possibile togliere Lucy dall’influenza di Simon!»
Soul la guardò preoccupato: «E cosa intendi fare? Il
classico “io mi oppongo” a metà cerimonia?»
«Intendo fermare Lucy prima che salga sull’altare. Ma mi servirà aiuto.»
Kevin indugiò a lungo sulla porta, dondolandosi avanti
e indietro, ma quando riuscì a premere quel campanello si sentì esausto come se
avesse dovuto affrontare un combattimento a mani nude. Non sapeva cosa
aspettarsi, sapeva benissimo di essere nel torto e quasi sperava in una
sfuriata. Ma quando Liz lo fissò con lo sguardo gelido fu quasi peggio.
«Ciao.»
«Ciao.»
Kevin iniziò a fissarsi le punte delle scarpe. Non
sapeva cosa fare di fronte alla sua ragazza dopo che l’aveva abbandonata di
punto in bianco per cercare di salvare il suo migliore amico. Sospirò.
«Qualunque cosa dirò sarà quella sbagliata, immagino,
quindi andrò al sodo. Mi è dispiaciuto da morire andarmene così, è stata
l’ultima cosa che avrei voluto fare, ma avevo paura che se avessi aspettato a
inseguire Simon non avrei più potuto salvare il mio migliore amico. Poi
purtroppo non c’è più stato modo di avvertirti, ma avrei voluto... non mi sono
mai dimenticato di te, se l’hai creduto mi dispiace molto.»
Liz non aveva cambiato espressione, quindi Kevin
sospirando girò i tacchi: «Bè... quello che dovevo dirti l’ho detto. Ti auguro
ogni bene, Liz, ti meriti di meglio del sottoscritto.»
Solo a quel punto la ragazza l’afferrò per un braccio:
«Aspetta. Non è vero, non hai detto tutto.»
Kevin si voltò a guardarla e lei lo fissò dritto negli
occhi: «Mi ami ancora?»
«Sì. Non ho mai smesso di farlo.»
«E puoi aiutarmi a capire cosa sta succedendo?»
«Sì, la situazione è complessa, ma non incomprensibile.»
Liz sospirò: «Allora entra. È il momento di fare due
chiacchiere come si deve.»
Lucy era felicissima. Le cose sembravano andare
finalmente per il verso giusto: Lord Shinigami aveva concesso il permesso per
le nuove pubblicazioni, Simon stava organizzando il matrimonio e, finalmente,
le sue amiche l’avevano nuovamente invitata da loro, anche se solo per
recuperare le lezioni che aveva perso. Maka dopotutto era la più brava della
classe, sicuramente avrebbe potuto aiutarla, e Tsubaki avrebbe sicuramente
aiutato ancora di più il suo umore a risollevarsi.
La prima parte del pomeriggio trascorse
tranquillamente, tra un esercizio di matematica e un biscotto fatto in casa da
Tsubaki. Lucy si era davvero rilassata e per qualche ora pensò davvero che
fosse tornato tutto alla normalità. Ma fu proprio quando Maka si accorse di
questo che decise di partire all’attacco.
«Senti... come va con Simon?»
Lucy le rispose con un magnifico sorriso, felice di
poter condividere la sua gioia: «Tutto a posto, grazie! Si sta dando molto da
fare per riuscire a riorganizzare il matrimonio... ma devo fare attenzione, o
finisce che mi trascura di nuovo lo studio e poi deve fare di nuovo i recuperi
con Black Star!»
Ridacchiò, ma Maka era serissima: «A proposito del
matrimonio... sei sicura che sia una buona idea?»
Lucy la guardò perplessa: «E perché non dovrebbe esserlo?
Lui mi ama, io lo amo...»
Tsubaki distolse lo sguardo, prevedendo la tragedia,
mentre Maka insistette: «Appunto... sei sicura di amarlo?»
La ragazza era ancora più confusa: «Ma certo... ci
conosci da tempo, siamo fidanzati da tre anni... qual è il problema?»
«Dopo gli ultimi eventi non hai pensato che forse
Simon potrebbe... averti costretto ad
amarlo? Non so... ipnosi, condizionamento...»
Lucy la guardò impassibile per qualche secondo,
cercando di realizzare quello che la ragazza stesse insinuando, mentre Tsubaki
dovette impegnarsi con tutta se stessa per resistere all’impulso di scappare.
Il ragazzo ansimava pesantemente: «Secondo te faremo
in tempo?»
Lei gli rispose: «Non lo so, ma dobbiamo provarci. Se
non la fermiamo...»
Un urlo confermò i loro peggiori timori. Kid sbuffò
rivolto al resto del gruppo: «Odio le giornate non simmetriche come questa...»
Fuori dalla casa di Maka sembrava essersi trasferito
un piccolo girone dantesco: la stessa Maka e Tsubaki cercavano inutilmente di
trattenere una Lucy semi trasformata in polvere che gridava come un'ossessa
contro le ragazze.
«Sono stata una stupida a pensare di potermi fidare di
voi! Nulla tornerà mai più come prima a causa della vostra ottusità! Non avete
capito niente! NIENTE!!!»
Maka cercò ancora di parlarle: «Va tutto bene! Non è
colpa tua, lo sappiamo, se solo accettassi di farti vedere da Blair, giusto per
essere sicura che...»
«SICURA DI COSA? CHE VOI SIETE DELLE FALSE AMICHE?
GRAZIE, LO VEDO DA ME!»
Tsubaki tentò, con poca convinzione, di sedare gli
animi: «Ragazze, per favore...»
Maka si fece ancora avanti, cercando di trattenere
Lucy: «Senti, ora basta! Bisogna...»
Un fulmine nero le passò davanti agli occhi e atterrò
fra loro.
«No, Maka. Sei tu che devi fermarti.»
In un attimo la piccola gatta divenne la Blair che
tutti conoscevano.
«Lucy ha ragione, questa volta sei tu nel torto.»
Maka rimase perplessa: «Cosa...»
Solo in quel momento giunsero finalmente, ansimanti, Kid,
Patty, Liz e Kevin.
Blair fulminò Maka, con un’aria seria che la ragazza non
le aveva mai visto: «Perché non sei venuta a chiedermi consiglio, invece che
fare di testa tua? Ti sei dimenticata che anche io sono una strega, anche se
gatta?»
Lucy ritornò in forma umana, sempre più confusa: «Cosa
sta succedendo?»
Kevin finalmente riprese abbastanza fiato da riuscire
a parlare: «Ho parlato con Liz e ho chiarito la questione. Pensavano che Simon
ci avesse fatto qualcosa nel periodo in cui siamo spariti per condizionarci.»
Kid annuì: «Era un dubbio che ci tormentava, ma Kevin
ha accettato immediatamente di farsi controllare da Blair e abbiamo visto che
era pulito. Poi siamo corsi qui per cercare di fermare Maka, ma evidentemente
non abbiamo fatto in tempo.»
Blair era molto arrabbiata: «Esatto. Se tu avessi
parlato a me di questi tuoi dubbi, ti
avrei già confermato a una prima occhiata che Simon in questo momento è completamente privo di magia.»
Maka era sconvolta: «Cosa?»
«Esatto.»
Tutti si voltarono. Dietro di loro c’erano Soul, Black
Star e, soprattutto, Simon, con il suo violino in mano e l’aria molto delusa.
«Lord Shinigami non è stupido. Ha accettato di
riammettermi alla Shibusen solo perché in questo
momento sono perfettamente innocuo.»
Maka scosse la testa: «E allora perché non dirlo?»
«Perché mi fidavo di voi! Ero convinto che avreste
potuto accettarmi anche come Stregone! Ma evidentemente mi sbagliavo...»
Soul sospirò: «Che situazione poco figa, eh? Noi lo
abbiamo scoperto poco fa, quando l’abbiamo visto uscire da casa di Stain dopo
che aveva finito di scaricare la sua magia...»
«... come faccio sempre ogni giorno, alle cinque, per
la vostra sicurezza.»
Black Star commentò urlando a squarciagola: «Una
scoperta così scioccante che ci siamo pure dimenticati di rubare le risposte
del compito di Stain di domani! E dire che ci eravamo andati apposta!»
Simon sospirò con un mezzo sorriso: «Già... per
passarle a me, visto che non riuscivo a studiare...»
Black Star sorrise: «L’avevo detto che era tutto a
posto, no?»
Soul sospirò: «Poi abbiamo sentito le vostre urla e ci
siamo precipitati qui.»
Ma il violinista ritornò serio: «Bene, Maka, ora che
sai la situazione...»
Si avvicinò a lei brandendo il suo violino e
piazzandosi davanti a Lucy: «... hai ancora intenzione di aggredirla? Perché ti
assicuro, magia o meno, se la tocchi di nuovo farò tutto ciò che è in mio
potere per difenderla! È mia moglie, santo cielo!»
Maka abbassò lo sguardo: «... mi dispiace. Ero solo...
avevo solo...»
Simon completò per lei: «... paura, lo capisco.»
«E non è nella paura che intendo celebrare il nostro
matrimonio.»
Simon si voltò verso la sua amata: «Lucy, cosa stai
dicendo?»
Lucy sembrava sul punto di piangere: «Sto dicendo che
ormai noi siamo marito e moglie, e il
matrimonio a questo punto è una stupida formalità burocratica! Non mi interessa
cosa dice la legge, o il mondo, noi siamo
marito e moglie. E se dev’essere un’occasione per fare festa bè... questa
non lo sarebbe di sicuro. Quindi basta, questo matrimonio forse semplicemente
non dovrà mai essere celebrato.»
Simon la fece appoggiare sulla sua spalla e si rivolse
agli altri: «Per favore, per oggi basta. Torniamo a casa, riprenderemo questo
discorso un altro momento, direi che abbiamo tutti bisogno di rimanere un po’
da soli.»
E si allontanò con Lucy. Kevin, dopo aver rivolto
un’occhiata a Liz e aver ricevuto da lei un sorriso e un cenno d’assenso, li
seguì. Solo a quel punto Maka crollò in lacrime.
«Che cosa ho fatto?»
Patty: «Kid?»
Death the Kid: «Dimmi, cosac’è?»
Patty: «Mi
togli una curiosità?»
Death the Kid:
«Se è simmetrica... come la scelta del prossimo capitolo!»
Capitolo 33 *** [BIVIO] Un canestro contro ogni problema! Amici come prima? ***
Nel bivio precedente avete deciso di seguire Rachel?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio fra cui
scegliere?
Può
capitare, cliccate qui per rinfrescarvi la memoria.
Per caso avevate deciso che Simon
dovesse diventare cattivo?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate nessuna scelta per
Simon fra buono e cattivo?
Può
capitare, cliccate qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di seguire Maka, Soul
e tutti gli altri?
Allora
siete nel posto giusto! Buona lettura!
Un canestro contro ogni
problema! Amici come prima?
Per alcune settimane la vita di Simon, Lucy e Kevin
procedette normalmente: la scuola, i compiti e soprattutto gli amici. Simon
s’incontrava molto spesso con Soul, così come Kevin era spesso in compagnia di
Liz o di Black Star e Lucy di Tsubaki. Gli altri compagni di classe continuavano
a pensare che Simon fosse uno stregone, ma a lui non importava assolutamente.
Ogni giorno alle cinque del pomeriggio veniva scortato dal professor Stain e
così la sua coscienza era più che a posto.
C’era solo una cosa che non era affatto come prima, e
ne erano tutti consapevoli, anche se cercavano di fare finta di niente.
Blaire si avvicinò alla ragazza e
strusciandosi sulle sue gambe le fece le fusa. Maka sorrise impercettibilmente
continuando a leggere.
«Oggi è una bella giornata... perché non esci?»
La ragazza rispose tristemente: «No, grazie.»
Blaire sospirò: «Per quanto tempo
hai ancora intenzione di isolarti?»
«Non mi sto isolando! Ho solo qualche libro da
recuperare!»
Blaire saltò sul tavolo solo per
lanciarle un’occhiataccia dritta negli occhi, ma Maka fece quasi finta di
nulla. Sapevano entrambe la sua vera risposta.
La gatta le disse con tono comprensivo: «Guarda che ti
hanno capito.»
«Non so di cosa tu stia parlando.»
«Piantala con questa commedia, Maka. Tu ti stai
punendo per quello che è successo con Simon.»
La ragazza alzò le spalle: «E anche se fosse? Qual è
il problema? Simon ha diritto di rifarsi una vita, e se io non lo disturberò
sarà solo meglio per tutti.»
La gatta scosse la testa: «Tu non sei ancora convinta,
vero?»
La ragazza chiuse il libro sbuffando: «Io sì... i miei
occhi no. Cioè, conosco bene Simon, so cosa è successo, ho parlato anche con Rachel, so che nessuno dei due ha scelto in completa
libertà di fare quello che ha fatto, sono tutti vittime di quello stupido incantesimo,
né più né meno delle persone che hanno cercato di uccidere chi stava loro
vicino. Penso forse che Tsubaki o Chrona siano degli assassini? No! Quindi
perché dovrei pensarlo di Simon? Anzi, dovrei essere felice che ci sia anche
per lui la possibilità di ricominciare da zero, cosa che è ancora impossibile
ad esempio per Rachel o Chrona!»
A Blaire non sfuggì l’uso
del condizionale nell’ultima frase: «E allora perché non lo sei?»
La ragazza, in un moto di rabbia, si indicò gli occhi:
«Per colpa loro! Dei miei sensi! Non riesco a non vedere l’anima nera di Simon,
per quanto mi sforzi! Non riesco a non sentire i brividi di panico lungo la
schiena ogni volta che mi si avvicina! Vorrei, credimi... ma come faccio a
ignorare tutti questi segnali?»
Lasciò ciondolare la testa sullo schienale della
sedia: «Gli altri non lo capiscono, non potranno mai capirlo, salvo forse un
po’ Soul... con il risultato che passo per razzista e idiota. Non ho neanche
più il coraggio di rivolgere la parola a Lucy dopo quella volta...»
In quel momento qualcuno suonò alla porta.
Svogliatamente la ragazza si alzò, ma dopo aver visto chi la stava cercando,
cercò di allontanarsi senza fare rumore. L’ospite insistette, bussando alla
porta.
«So che ci sei, Maka, me l’ha detto Soul! Dai, fammi
entrare, voglio solo parlare con te!»
«Vattene! È meglio per tutti voi non avere a che fare
con me, mi sembrava che l’avessimo chiarito.»
La ragazza si avviò nuovamente verso il suo libro, ma
lo scatto della porta la fece voltare. Blaire,
saltando sulla maniglia, l’aveva aperta e ora Kevin era sull’uscio ad
attenderla.
«Blaire!»
«Non puoi continuare così, prima o poi dovrai
affrontare la questione.»
Il ragazzo sospirò leggermente: «Permesso...»
Dopo un paio di secondi di imbarazzato silenzio,
l’arma disse: «Vorrei invitarti a una partita di basket che stiamo per giocare
al campo qua dietro.»
«Passo, grazie.»
«Maka, noi non siamo arrabbiati con te.»
La ragazza ebbe un piccolo scatto di nervi: «Io sono arrabbiata con me.»
«Lucy ha molta voglia di vederti.»
«Lucy sta meglio senza di me. È sempre stato così, ti
ricordi qualche anno fa cosa ho combinato nel deserto per cercare di aiutarla?»
«Non è vero.»
Cogliendo Maka completamente di sorpresa, Lucy si
materializzò nella stanza e senza lasciarle il tempo di reagire l’abbracciò:
«Non è vero che sto meglio senza di te.»
La maestra d’armi impiegò un paio di secondi per
realizzare quanto fosse successo. Ma certo, era così semplice... mentre Kevin
entrava, Lucy si era trasformata in polvere ed era sempre stata lì, quasi
invisibile. Se non fosse stata così agitata forse se ne sarebbe pure accorta.
E fu quella consapevolezza, più delle parole e degli
abbracci degli amici, a farle capire che stava esagerando. I suoi sensi non
erano infallibili, soprattutto se usati mentre lei era sotto tensione. E altro
che essere sotto tensione in quel momento!
Lucy le sorrise: «Se non ti va il basket possiamo
discutere dei libri che hai letto in questi giorni...»
Maka sospirò scuotendo la testa: «Mi arrendo.
D’accordo, esco.»
Lucy era al settimo cielo. Poter passeggiare
nuovamente con una delle sue migliori amiche era quanto chiedeva. Certo, ci
sarebbe voluto del tempo perché lei riacquistasse nuovamente fiducia in se
stessa, ma la pazienza e la costanza non le mancavano. L’accompagnarono al
campetto, dove li stavano attendendo gli amici di sempre, che accolsero
l’ultima arrivata con un sorriso.
«Maka!»
«Ciao!»
Soul fu subito al suo fianco: «Tutto bene?»
Maka si limitò ad annuire e cercò di fare finta di
nulla: «Allora, cominciamo?»
«Dobbiamo aspettare l’ultimo giocatore...»
Kid buttò distrattamente un’occhiata all’ora e Maka
realizzò. Erano le cinque e mezza del pomeriggio, quindi stavano aspettando...
Come previsto, Simon comparve in quel momento insieme
alle sue guardie. Maka istintivamente cercò di arretrare, ma poi si accorse di
una cosa. Concentrando il suo sguardo sul maestro d’armi poté notare come la
sua anima non fosse più nera come ricordava, ma viola, né più né meno come una
strega qualunque. Né più né meno come Blaire, che aveva
accolto da anni nella sua casa. Forse a forza di scaricare la magia tutti i
giorni la sua anima malvagia si stava indebolendo. Si impose di sorridere,
anche se quello che uscì fu un sorriso piuttosto tirato. Se poteva vivere con
una strega in casa, avrebbe ben potuto anche giocarci una partita a basket, no?
Simon sembrò notare il suo imbarazzo e si limitò ad
annuire nei suoi confronti, per poi rivolgersi agli altri: «Allora, con che
squadra sono?»
Un rimbalzo dopo l’altro, la palla arancione
attraversò il campo più e più volte. Fu una partita normale, dove il sudore e
le urla per farsi passare la palla sovrastarono qualunque altro brutto
pensiero. Ci fu anche modo di ridere quando Lucy, d’istinto, invece che
afferrare la palla, si trasformò in polvere per schivarla.
«Lucy!!! Era un tiro perfettamente simmetrico, e tu
cosa fai? Mi rovini la perfezione!»
La ragazza arrossì leggermente: «Scusa, Kid...»
Ma proprio quando si stavano divertendo di più, le
guardie irruppero nel campo, accerchiando Simon.
Il ragazzo si fermò ansimante e preoccupato: «Che
succede?»
«Deve rientrare, signor Onpu.
Ha esaurito il tempo messo a sua disposizione da Lord Shinigami.»
Il ragazzo, preso dalla partita, disse: «Insomma, la
partita è quasi finita. Ancora cinque minuti!»
Le guardie lo afferrarono di peso: «Ci dispiace, gli
ordini di Lord Shinigami sono precisi.»
Non appena Simon fu sfiorato dai suoi sorveglianti,
Maka avvertì nuovamente quel brivido. Si voltò verso l’amico e si accorse che
la sua anima era, seppur sempre viola, decisamente più scura di prima.
Quasi d’istinto, si avvicinò e gli mise una mano sulla
spalla: «Non preoccuparti, la finiamo la prossima volta. Cercheremo di
calcolare meglio i tempi, non c’è nessun problema. Vai pure, sei sudatissimo,
sarà meglio che tu vada a casa a farti una doccia.»
Simon sospirò deluso, ma la sua anima si schiarì di
nuovo: «Già... vabbè, ragazzi, a domani!»
«Ciao!»
«Ciao!»
Lucy si voltò, salutando con la mano: «Vado con lui! A
domani!»
«Certo! Ciao, Lucy!»
Non appena Maka abbassò la mano con cui stava
salutando l’amica, Kevin, Soul e Kid furono subito al suo fianco.
«Allora, che te ne è parso?»
Maka sbuffò: «Avevate ragione, non posso chiudermi in
casa per aiutarli, il mio posto è qui...»
Kevin le fece un mezzo sorriso: «L’anima di Simon è
peggiorata appena le guardie lo hanno interrotto, vero?»
Maka lo guardò sorpresa e il ragazzo alzò le spalle:
«Non posso vedere le anime come te, ma ho osservato Simon così a lungo durante
la nostra assenza che ormai lo intuisco da solo.»
La ragazza annuì: «L’intenzione di redimersi di Simon
è sincera, ma forse non è così facile come lui pensa. Lo dovremo tenere
d’occhio e aiutarlo a calmarsi nei momenti di agitazione.»
Soul le sorrise: «Quindi sei dei nostri?»
«Certo!»
Maka guardò ancora una volta verso l’orizzonte, nel
punto in cui aveva visto sparire Simon e Lucy.
«Anche loro meritano una vita felice.»
Black Star:
Non è possibile!
Tsubaki: Mi
dispiace...
Liz: Sei il
solito esagerato.
Patty: E
già...
Soul Eater, Richiamo di sangue, 23° capitolo: Una triste
missione! Questa maledizione non può smettere di farci soffrire?
Black Star:
NON POSSO ESSERE NELLA SQUADRA CHE STAVA PERDENDO!
Liz: Mi
dispiace, 45 a 23!
Black Star: Ma
io sono una divinità!
Liz: E allora
anche le divinità possono sbagliare...
Black Star:
Non io! Non il fantastico, il meraviglioso, il...
Capitolo 34 *** [BIVIO] Una condanna senza speranza! Come puoi perdonarmi dopo quello che ti ho fatto? ***
Nel bivio precedente avete deciso di seguire Maka, Soul e tutti gli altri?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio fra cui
scegliere?
Può
capitare, cliccate qui per rinfrescarvi la memoria.
Per caso avevate deciso che Simon
dovesse diventare cattivo?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate nessuna scelta per
Simon fra buono e cattivo?
Può
capitare, cliccate qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di seguire Rachel?
Allora
siete nel posto giusto! Buona lettura!
Una condanna senza speranza!
Come puoi perdonarmi dopo quello che ti ho fatto?
Una guardia bussò educatamente alla porta della camera:
«Signorina?»
La ragazza rispose stancamente: «Sì? Cosa succede?»
«C’è una visita per lei.»
La ragazza aprì uno spiraglio della porta: «Per me?»
«Sì, signorina. È stata regolarmente autorizzata da
Lord Shinigami.»
«E... chi è?»
La guardia le sorrise, quasi intenerita: «Forse è
meglio che venga a vedere con i suoi stessi occhi.»
La ragazza sospirò, evidentemente combattuta, ma poi
prese una decisione: «D’accordo. Preparatemi... la camicia... di forza.»
«Certo, signorina Onpu.»
Rachel, completamente
immobilizzata come da sua richiesta, scese le scale chiedendosi chi fosse così
folle da venire a trovarla. Forse di nuovo Maka, per spiegarle cosa era
successo dopo la sua ultima visita. Ma quando riconobbe il volto di chi
l’attendeva, fu colta da un attacco di panico. Fece dietrofront e cercò di
sfondare il cordone di guardie.
«NO! NO! LUI NO! NON POSSO! FATEMI TORNARE IN CAMERA!
FATEMI TORNARE IN CAMERA!»
Una guardia cercò di calmarla: «Signorina, la prego,
si calmi, va tutto bene!»
«NO! NO! NO!»
«Rachel...»
La ragazza si fermò, come fulminata da quella voce,
poi grossi lacrimoni iniziarono a scorrere sul suo viso.
«Simon...»
Il maestro d’armi, anche lui seguito dalle sue
guardie, cercò di avvicinarsi alla sorella: «Ti prego, Rachel,
non voglio farti del male.»
La ragazza crollò in ginocchio sulle scale: «Lo so...
sono io che... non voglio... farne più... a te...»
Simon rimase immobile, sconvolto nel vedere sua
sorella ridotta in quello stato. RachelElizabethOnpu, l’onore del
casato, quella ragazza che lo chiamava sempre mozzarella, pronta a picchiarlo per fargli tirare fuori tutto il
suo coraggio e allo stesso tempo a imbracciare un’arma per venirlo a salvare,
ora era lì, bloccata in una camicia di forza, a piangere e implorare per venire
lasciata da sola. La stretta al cuore e allo stomaco si fece quasi
insopportabile, un indiretto senso di colpa per come aveva ridotto la persona
più forte che avesse mai conosciuto. Si voltò per chiedere un tacito consenso
alle sue guardie, e una volta ottenuto la raggiunse e l’abbracciò di spalle.
«Non mi farai del male. Non me ne hai mai fatto. Hai
sempre solo cercato di farmi tirare fuori una forza che non ero in grado di
mostrare da solo. Hai sempre e solo fatto questo, anche questa volta.»
Rachel non smise di piangere:
«Io... ti ho... ucciso.»
Simon cercò di ridacchiare: «Mi sembra di essere
ancora vivo e vegeto.»
«Ho ucciso... Simon... Emanuel...
Onpu... per creare... lo Stregone Oscuro.»
Con un gesto che non gli sarebbe appartenuto prima
della maledizione e che sorprese non poco Rachel, Simon
la tirò su di peso e la voltò verso di lui per fissarla dritto negli occhi.
«Guardami, Rachel. Guardami!
Chi pensi di avere davanti? Guarda i miei occhi, ascolta la mia voce! Chi ti
sta parlando? Tuo fratello o lo Stregone?»
Rachel lo guardò sorpresa, poi
abbassò lo sguardo: «Nessuno... dei due.»
Simon rimase spiazzato da questa risposta, e Rachel continuò: «Quella... mozzarella... di mio
fratello... non si rivolgerebbe mai... a me... così...»
Simon sorrise, un sorriso magnifico che quasi contagiò
anche la sorella. Poi abbassò lo sguardo, malinconico: «Già, forse hai
ragione... non sono più il tuo fratellino mozzarella... ma anche adesso non so
come poterti aiutare.»
«Ti senti inutile, Simon?»
«Già, mi sento...»
Il ragazzo si bloccò a metà frase.
«...inutile...»
Da quanto tempo non diceva quella frase, quelle tre
parole che lo avevano sempre caratterizzato? La risposta era semplice e
scontata, da quando per effetto della maledizione era diventato quasi
onnipotente, e quel senso di inutilità era stato completamente annientato. Solo
in quel momento, davanti a una delle persone che più teneva al mondo ridotta in
quello stato, si era sentito nuovamente impotente, e lo sarebbe stato anche con
i suoi poteri.
Rachel, finalmente, si sciolse in
un sorriso intenerito: «Ecco... questa è la mia mozzarella preferita. Adesso...
se vuoi... possiamo parlare.»
Simon annuì e l’accompagnò giù per le scale, fino in
cucina. Le guardie di Rachel convinsero quelle di
Simon a rimanere fuori dalla porta, per lasciare un momento di intimità ai due
fratelli.
«Per favore, non chiedermi come sto. Parlami di te,
piuttosto. Cosa è successo dopo che... dopo quello che ti ho fatto?»
Simon sospirò e le raccontò tutto quello che gli era
accaduto. Rachel rimase in silenzio ad ascoltare, con
una rassegnazione e malinconia che Simon non le aveva mai visto, e solo alla
fine si decise a parlare.
«L’ho sempre detto... che Lucy... mi piaceva. È
riuscita... dove io ho fallito. Guai a te... se non te la... sposi.»
Simon sorrise intenerito. Rachel
si stava sforzando in ogni modo di recuperare la sua solita parvenza, ma come
si vedeva che era assolutamente falsa! Il suo sguardo, il suo tono di voce, le
sue pause... nulla di tutto ciò aveva a che fare con la sua sorellina forte e
indomita.
«Non riesco a contattare nostro padre.»
Rachel s’incupì ancora di più: «E
non ci riuscirai mai. Il... duca di Onpu ha deciso...
che la sua famiglia è morta. Le streghe... hanno ucciso la moglie, la nuora...
e la figlia... e io... ho ucciso suo
figlio. Non vuole sapere più nulla... di noi.»
Ancora un paio di lacrime le caddero in grembo: «Io
invece... sono felice. Io ho ritrovato... qualcuno. Anche se... ti ho fatto
qualcosa di tremendo... hai reagito... bene. Sei cresciuto. Sei diventato
forte, forse non ti avrei mai visto così senza tutto questo. E di questo...
nonostante tutto... sono felice.»
Era vero. Aveva sempre sognato di vedere suo fratello
forte e coraggioso e quel sogno si era avverato. Certo, le era costato tutto,
la sua famiglia, il suo nome, tutta se stessa... ma era sempre meglio che aver
bruciato tutto questo per niente. Non sapeva cosa ne sarebbe stato di lei, ora
che era messa persino peggio di sua madre quando lo stress le aveva bruciato il
cervello. Quelle belle profezie che la zia le aveva raccontato, che da grande
sarebbe stata una grande donna d’affari, ora le sembravano solo fiabe della
buonanotte. Non c’era nessun futuro per lei, forse la zia l’aveva sempre saputo
e le aveva raccontato quello che voleva sentirsi dire, non ne sarebbe mai
venuta a conoscenza e mai avrebbe chiesto a Simon di ricontrollare.
Simon abbracciò ancora una volta la sorella e le
disse: «Non sei sola. Tornerò a trovarti spesso, parleremo, se vuoi suonerò
anche per te.»
A quelle parole le guardie, rimaste sulla porta,
entrarono e lo guardarono malissimo.
«Ah, già... mi sa che per l’ultima parte dovremo come
minimo aspettare un po’.»
Rachel rise, ancora con il volto
bagnato, la prima risata sincera in quell’incontro. Quel volto imbarazzato, la
frase detta sovrappensiero... sì, era decisamente suo fratello!
La guardia sospirò: «Signor Onpu,
dobbiamo andare. Sono quasi le cinque.»
Simon sussultò. La sua scarica di magia quotidiana!
«Scusa, devo andare. Ho un impegno e poi devo ancora
riappacificarmi con Maka.»
Rachel annuì: «Salutami Lucy.»
«Sono sicura che verrà lei stessa. Oggi doveva andare
da suo nonno e da Maka, ma sono sicuro che verrà anche da te.»
«Ci conto. Ora vai. Buona fortuna.»
«Anche a te.»
«Ciao, Rachel!»
«Ciao.»
Non appena il ragazzo e la sua scorta si furono
allontanati, una guardia si avvicinò a lei e in modo quasi materno la liberò
dalla sua camicia di forza. Rachel sospirò.
«Il mio fratellone si è fatto grande.»
«Si sente un po’ più tranquilla, ora?»
«Sì... forse non l’ho ucciso. Forse... l’ho solo liberato
dalle sue paure.»
E con l’animo un pochino più leggero tornò in camera
sua, nel suo isolamento.
Guardia 1:
Sono fiero di lei! Si è comportata egregiamente!
Guardia 2: Non
sei sua madre...
Soul Eater, Richiamo di sangue, 23° capitolo: Una triste missione!
Questa maledizione non può smettere di farci soffrire?
Guardia 1:
Parla quello che le cucina tutti i pasti...
Capitolo 35 *** [BIVIO] Una triste missione! Questa maledizione non può smettere di farci soffrire? ***
Per caso avevate deciso che Simon dovesse diventare cattivo?
Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungere l’inizio della vicenda o qui
per continuare dall’ultimo capitolo.
Non vi ricordate nessuna scelta per Simon fra buono e cattivo?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di seguire le vicende di Simon diventato buono?
Allora siete nel posto giusto! Buona lettura!
Una triste missione! Questa maledizione non può smettere di
farci soffrire?
La vita a Death City, per Simon, trascorreva sempre più
felice, mese dopo mese: tutti i suoi amici di nuovo al suo fianco, Lucy sempre
con lui, una vita che lentamente stava tornando alla normalità. Riprese la sua
attività come maestro d’armi, prima a scuola e poi per piccole missioni. Dopo
tre mesi gli fu persino permesso di tornare ad ascoltare della musica, dopo
altri due di riprendere in mano un violino, anche se non il suo. Andava da Rachel un giorno sì e uno no per farle compagnia, e dopo
che tutta la combriccola si presentò da lei per festeggiare il suo compleanno,
le fu persino concesso di uscire di casa, come regalo eccezionale. A parte la
perdita totale di contatti con suo padre, sembrava tutto perfetto.
Fino a un tardo pomeriggio d’autunno.
Simon, finito di scaricare la sua dose giornaliera di magia,
si diresse verso Lucy e Kevin, che lo attendevano al fuori di un’aula. Aveva
ottenuto il permesso di muoversi un po’ da solo, e quindi i tragitti
all’interno della Shibusen non erano più sorvegliati.
In un corridoio erano appesi gli avvisi di missione per le squadre e Simon
buttò un occhio, curioso. C’era qualcosa di adatto a loro?
Non appena vide un avviso di taglia, però, si sentì morire
dentro. Rimase per un tempo indefinito a fissare il foglio, la testa
completamente vuota, fino a che, in uno scatto di rabbia, strappò il volantino
e lo appallottolò in tasca. Trattenendo le lacrime si allontanò correndo dal
corridoio, schivando apposta Lucy e Kevin, e si diresse verso casa. Spalancò la
porta, corse verso la sua camera e, dopo aver buttato nel cestino il foglio, si
buttò sul letto a piangere. Se Maka fosse stata lì, avrebbe notato come la sua
anima, spinta dalla disperazione, diveniva sempre più scura e carica di magia,
contro la volontà dello stesso Simon. Rimase a piangere, incapace di calmarsi,
fino a che la stanchezza non lo fece crollare e si appisolò. Al suo risveglio
Lucy e Kevin erano seduti sul suo letto e lo guardavano preoccupati.
Simon, ancora addormentato, cercò di asciugarsi le lacrime
con la manica: «Ragazzi...»
Lucy abbassò lo sguardo. Nel grembo aveva il foglio
appallottolato che Simon aveva gettato via, nuovamente disteso e leggibile,
seppure stropicciato.
Simon si limitò a sospirare. Se lo avevano letto non c’era
bisogno di aggiungere altro.
Lucy aveva gli occhi lucidi: «È terribile.»
Simon scosse la testa: «No. Era inevitabile, sono stupido io
a non averci pensato prima.»
Kevin lo guardò serio: «Non è colpa tua.»
«Lo so. È successo prima ancora che io diventassi Stregone,
quindi non posso accusarmi di nulla. Concordo persino con quell’avviso, sono
pericolose e vanno fermate, nessuno lo sa quanto me. Però...»
Lucy lo guardò comprensiva: «Però sono pur sempre tua madre
e tua zia.»
«Già. So che strappare l’annuncio di missione è stato
stupido, ne metteranno un altro. Quello non risolve il problema.»
Kevin lo fissò preoccupato. Il volto di Simon esprimeva una
dolorosa ma risoluta decisione.
Il Maestro d’armi si alzò in piedi e proclamò risoluto,
seppure con una lacrima: «Lucy! Kevin! Voi siete le mie armi, il mio dovere di
Maestro è chiaro: devo farvi mangiare 99 anime di kishin
e una strega. Perciò vi chiedo un favore enorme. Fate che quelle anime siano le
loro. Non sopporto il pensiero di...»
S’interruppe per asciugare con la manica le altre lacrime:
«... di lasciarle ad altri. Non mia mamma e mia zia. Se non si possono
salvare... almeno devo essere io a fermarle. Vi prego...»
Kevin e Lucy si guardarono preoccupati.
«Per noi non c’è problema, ma Lord Shinigami e i professori
ce lo lasceranno fare?»
Simon ridacchiò tristemente: «Ovviamente no. Se...
infrangiamo di nuovo le regole, perderemo gran parte della fiducia e dei
privilegi che abbiamo riconquistato finora, ne sono consapevole.»
Abbassò lo sguardo: «Credo che se avessero voluto
permetterlo, ci avrebbero avvertito, no? Invece hanno messo una missione così,
come se fossero persone qualunque...»
Kevin osservò le foto per un attimo: «Simon... sei sicuro
che le abbiano riconosciute?»
Il ragazzo lo guardò confuso: «Eh?»
«Voglio dire... noi sappiamo che tua madre e tua zia hanno
subito una metamorfosi, ma gli altri lo sanno?»
Simon ci pensò su: «Uhm... io non ne ho mai parlato, se non
l’ha detto neanche Rachel... forse no.»
Lucy sorrise incoraggiante: «Allora forse possiamo chiedere
la missione regolarmente, senza fare pasticci. Se i professori non sanno di chi
si tratta, non dovrebbero esserci problemi!»
Simon sospirò: «Uno c’è. Non avete ancora le 99 anime di kishin.»
Lucy esclamò: «Sì, ma non ci manca tantissimo! Diamoci da
fare in questi giorni, le raggiungiamo e poi chiediamo la missione!»
Il violinista si rabbuiò: «E se qualcuno la chiede prima di
noi?»
Kevin alzò le spalle: «Forse prima sarebbe stato un rischio,
ma da dopo la maledizione le streghe abbondano quasi più dei kishin e non ci sono troppe armi alla Shibusen
vicino all’obiettivo. Secondo me ce la possiamo fare. Hai fatto di tutto per
essere regolare finora, non cedere adesso.»
Simon strinse i pugni: «D’accordo, mi fido di voi. Ma
dovremo lavorare molto, molto più del solito.»
Kevin gli sorrise: «Rimboccarci le maniche non è mai stato
un problema per noi.»
Lucy annuì: «Vero. Allora forza, andiamo subito alla bacheca
e prendiamo quante più missioni possibili!»
Per una settimana il trio lavorò senza soste per procurarsi
le venti anime di kishin mancanti per l’obiettivo.
Svolgevano tre o quattro missioni al giorno, saltando le lezioni, senza
lamentarsi né scoraggiarsi. Svicolarono ogni domanda degli amici su questo loro
improvviso accanimento al lavoro, fino a che, finalmente, Kevin inghiottì
l’ultima anima necessaria.
«Ci siamo: 99 anime io e 99 Lucy! È fatta!»
Lucy, in preda all’entusiasmo, gridò di gioia: «Forza,
andiamo subito da Lord Shinigami!»
Simon, diviso fra la gioia dell’obiettivo raggiunto e la
consapevolezza di quanto stava per fare, si limitò ad annuire con un mezzo
sorriso. Tornarono alla Shibusen di tutta fretta, si
precipitarono al tabellone delle missioni per controllare che il nuovo cartello
di missione fosse ancora lì e, quando lo trovarono, con un sospiro di sollievo
lo presero e andarono dal preside. Le missioni riguardanti le streghe dovevano
sempre essere approvate da lui.
Shinigami guardò dubbioso l’avviso di missione e poi i
ragazzi: «Uhm... quindi avreste raggiunto entrambi le 99 anime necessarie?»
Kevin rispose convinto: «Certo, Lord Shinigami. Ci siamo
impegnati a fondo per raggiungere questo obiettivo.»
«Lo so.»
Il suo sguardo indugiò per un attimo su Simon. Non aveva
aperto bocca da quando era entrato, lasciando fare tutto a Kevin. Era pallido e
non alzava gli occhi dal pavimento, stringendo fino a sbiancarsi le nocche la
mano di Lucy, che si stava sforzando di non guardarlo, ma con scarsi risultati.
«Vi ho tenuto d’occhio, questa settimana avete accettato
molte più missioni del solito, quindi non metto in dubbio il vostro impegno.
Però...»
Con un balzo quasi felino, Shinigami scattò in avanti e,
prendendo tutti di sorpresa, abbracciò Simon. Il ragazzo rimase confuso, con
gli occhi sbarrati.
«... sei sicuro di farcela? Anche se ora sono streghe, anche
se sarebbero giusto le due anime che ti permetterebbero di concludere il tuo
lavoro... sei davvero sicuro di poter
uccidere tua madre e tua zia?»
Simon si sentì morire: «Lei... lo sapeva?»
Shinigami si staccò dall’abbraccio e riprese per un attimo
il suo tono più leggero: «Certo che lo sapevo! Non sottovalutare la mia rete di
informatori. Se non ti ho detto nulla era per risparmiarti un grandissimo
dolore, tuttavia da quando hai saputo la notizia vi siete impegnati oltre ogni
limite per potervi aggiudicare questa missione. Quindi te lo chiedo seriamente,
Simon: sei sicuro di farcela?»
Il ragazzo tenne lo sguardo basso per un paio di secondi,
poi li alzò e con una risoluzione inaspettata guardò Shinigami dritto nei buchi
della maschera: «Sì.»
Il Dio della Morte annuì: «D’accordo, allora. La missione è
vostra.»
Lucy sbarrò gli occhi dalla sorpresa e per un momento anche
Simon rimase incredulo, ma Lord Shinigami alzò uno dei suoi grossi ditoni: «Peeerò... devo mettere un paio di condizioni.»
Il violinista sospirò: «Dica.»
«Punto uno: anche se fuori orario, prima di partire andrai a
scaricare la tua magia. Devi essere pulito quando affronterai tua madre e tua
zia.»
«Non ho mai avuto intenzione di usarla.»
«Lo so, ma la situazione potrebbe portarti ugualmente a
produrne anche se non vuoi, anche solo per autodifesa, quindi dobbiamo ridurre
i rischi.»
«Comprendo. D’accordo, non è un problema.»
«Punto due: non andrete soli. Almeno due professori vi
accompagneranno. Non interverranno nella vostra missione, ma solo in caso di
emergenza.»
Simon annuì: «Va bene.»
«Punto tre: se le cose dovessero precipitare, dovete
abbandonare la missione. Questo vale sia se le due streghe dovessero essere
troppo forti, sia nel malaugurato caso che tu, Simon, dovessi perdere il
controllo. In quel caso, Lucy, Kevin, sappiate che darò ordine ai professori di
portarvi via, anche con la forza e contro la vostra volontà.»
Lucy sbarrò gli occhi, inorridita dal pensiero di doversi di
nuovo separare da Simon, ma Kevin le mise una mano sulla spalla e la guardò
fisso negli occhi, annuendo lentamente. Se non avessero acconsentito il
desiderio di Simon non avrebbe mai potuto realizzarsi.
Con uno sforzo disumano, sussurrò: «D’accordo.»
«Ultimissimo punto: porterete qua le anime delle streghe e
le mangerete qui. Non sappiamo come l’anima di Simon potrebbe reagire allo
sprigionamento del potere di una Falce della Morte.»
Questa era forse la richiesta più facile a cui acconsentire.
Lord Shinigami batté le mani: «Bene! Allora adesso andate a
riposarvi, partirete domattina. I vostri accompagnatori busseranno alla porta
di casa vostra e verranno a prendere Simon, poi potrete partire.»
I tre ragazzi, con un inchino di riverenza, uscirono dalla
stanza e Lord Shinigami rimase lì, con l’avviso di missione in mano, per un bel
po’ di tempo, a riflettere su quanto aveva appena concesso.
Aveva appena autorizzato un matricidio.
Finiti i preparativi necessari, Simon, Lucy e Kevin
partirono. Non avevano avvertito quasi nessuno, perché quasi nessuno avrebbe
veramente potuto capire. L’unica persona informata della situazione era stata
James, il nonno di Lucy. Lui era l’unico ad essersi ritrovato costretto ad
uccidere i suoi familiari, e si era limitato ad abbracciare la nipote, Simon e
Kevin con tutte le sue forze, prima che lasciassero la città. Con loro c’erano
Stain, Spirit e Blaire, una
delle più potenti accoppiate di Maestro e Arma e una strega, per ogni
evenienza. Simon non aveva protestato, era mossa prevedibile. Insieme, il
gruppo si diresse in un silenzio quasi innaturale nel luogo dell’ultimo
avvistamento delle streghe, un bosco neanche tanto lontano da Death City.
Simon rimase per un attimo indeciso. Sarebbe stato meglio
trovarle o non trovarle?
Per qualche secondo rimase fermo, a occhi chiusi, poi si
decise a sbirciare fra le fronde. Sospirò. Se sua madre non era tanto riconoscibile,
mimetizzata fra gli alberi, sua zia, col corpo d’inchiostro, era
inconfondibile.
Lucy, al suo fianco, gli chiese: «Sicuro di farcela?»
La vera risposta che Simon avrebbe voluto dare era no, ma si
ritrovò a dire: «Sì, andiamo.»
Simon non aveva voglia di tentare imboscate o altre mosse
tattiche. Si limitò a impugnare le sue armi e a camminare, con calma e
naturalezza verso le due streghe. Sara e Helen si accorsero quasi subito di lui
e lo guardarono con puro odio.
«Tu!
Traditore!»
«Come
osi presentarti ancora a noi?»
Simon sospirò tristemente: «Ciao, mamma. Ciao, zia.»
«Non
chiamarci così.»
«Non
vogliamo più saperne di te.»
«Eri
perfetto, eri il nostro orgoglio! Il sangue del nostro sangue che avrebbe dato
nuova vita alle streghe!»
«E
invece, come al solito, sei scappato.»
«E
ora ogni strega ci odia.»
«Come
sempre, sei inutile.»
«È la maledizione che vi fa parlare così.»
«Già!
E perché tu hai smesso di seguire il canto?»
«Non
eri felice? Eri forte, potente come mai nessuna creatura che abbia messo piede in
questo mondo! Eri inarrestabile, una divinità!»
«Avete ragione, ero tutto questo. Ma... su una cosa
sbagliate. Non ero felice. Non ero completo. Tutta questa storia mi ha dato
indubbiamente molta più sicurezza in me stesso, ma mi è servita anche a capire
che il potere non fa per me.»
Simon ridacchiò: «Non capisco perché siate sorprese. Mio
padre lo ripete da sempre che io non sono fatto per il potere e le
responsabilità, e voi avete pensato di mettermi in mano un mondo intero,
addirittura una nuova razza!»
La strega arborea sibilò: «Non
nominare quello sporco umano!»
«E invece lo faccio, mamma. Per quanto non ci siamo mai
capiti, è e rimarrà mio padre. E tuo marito.»
«Io
non ho mariti! Una strega non ha mariti!»
«Una donna sì. Mia madre sì. Ma se dici questo... allora hai
ragione, non sei più mia madre.»
«Vedo
che almeno su un punto siamo d’accordo.»
«Sei una strega, e come Maestro d’Armi il mio compito è
ucciderti.»
Sara sorrise, un sorriso malefico e tentatore: «Non vedo quale sia il problema. Con i
tuoi poteri potresti ucciderci in un istante.»
Simon sollevò le sue armi: «Vi ucciderò come Maestro d’Armi,
non come Stregone.»
«Allora
non hai speranze.»
«Ti
uccideremo.»
«Uccideremo
te e i tuoi sciocchi compagni.»
«Sarà
un piacere fare a pezzi un traditore della sua carne e la bambolina che ce l’ha
portato via.»
«Anche
l’amichetto rosso, ma su di lei indugeremo di più.»
«La
faremo a pezzetti, sempre più piccoli, sempre più piccoli...»
«Fino
a che di lei non resterà più nulla.»
«E
ti costringeremo a guardare.»
«A
quel punto, o tornerai quel che eri, o avremo ottenuto la nostra vendetta.»
Simon avvertì il fioretto tremare nella sua mano, e lo
strinse ancora più forte. Lucy non aveva capito nulla del discorso, ovviamente,
quelle erano parole che solo lui e Blaire, in
lontananza, potevano capire. Probabilmente si era spaventata per i loro volti,
forse aveva vagamente intuito che parlavano di lei. Ma se quelle espressioni
avevano impressionato Lucy, invece avevano sollevato lui.
«Sono felice. Ora sono certo che mia madre e mia zia sono
definitivamente morte e che ho davanti solo due streghe. Posso uccidervi senza
alcun rimpianto.»
Simon gettò in aria Kevin, in un tacito ma preciso ordine di
trasformarsi in veleno. Era una tattica che non usava quasi mai, ma questa
volta sarebbe stata fondamentale. Kevin ubbidì, facendo come sempre attenzione
a non avvicinarsi mai a Simon e Lucy. Il Maestro d’Armi tenne invece con sé
Lucy. Normalmente avrebbe usato anche il suo violino, ma sapeva che contro una
strega, anzi due, solo un’arma speciale avrebbe potuto funzionare. Partì con la
falce verso Helen, per scoprire che poteva trapassarla da parte a parte senza
distruggerla.
«Cosa
fai, Simon? Tagli l’inchiostro?»
Simon fece una smorfia. Era prevedibile, ma aveva dovuto
provarci. Sicuramente aveva un punto vitale, ma bisognava capire dove fosse.
Intanto, parò il colpo di Sara, un ramo di quercia diretto verso la sua testa,
che tranciò in due senza difficoltà.
«Non
hai speranze, Emanuel. Sei in una foresta, sei nel
mio regno.»
Simon ridacchiò: «Che egoista. Pensi a te e non a tua
sorella?»
E corse verso di lei, tranciando liane, funghi e qualunque
cosa Sara gli mandasse contro per intralciargli il cammino. Lei era più facile
da colpire. Kevin, per aiutarlo, tornò ad essere lama rotante e colpì
autonomamente i vegetali alle spalle del suo amico, per poi disperdersi
nuovamente in polvere quando Simon giunse di fronte alla strega arborea. Il
Maestro d’Armi fece per attaccarla, ma poi chiese a Lucy di trasformarsi in
boomerang e lo lanciò alle sue spalle, per proteggere Kevin dall’attacco di
Helen. Rimasto per un attimo disarmato, tirò un semplice pugno al tronco di
Sara, che subito rimase avvolto da robusti rami. Un istante dopo Lucy era di
nuovo nella mano libera di Simon, che usando la sua lama da falce si liberò.
Sara gli sorrise, malefica: «Puoi
sfrondarmi quanto vuoi, ma non mi indebolisci.»
Simon la guardò risoluto: «Dimentichi che sono stato uno
Stregone. So quali sono i vostri punti deboli.»
Era una mezza verità. Usando la magia avrebbe davvero
individuato in un istante i loro punti vitali, e quella poca che era in lui
cercava in ogni modo di uscire, di aiutarlo, di realizzare il suo inconscio
desiderio. Simon però faceva di tutto per contenerla. Non voleva vincere così.
Dopotutto, lui sapeva quale fosse il punto debole di una strega, anzi, di
qualunque creatura vivente, glielo avevano insegnato alla Shibusen:
l’anima! Certo, gli occhi di Maka
sarebbero stati più utili in quella situazione, ma un’idea su dove potesse
trovarsi ce l’aveva. Anche senza usare la magia in quel momento, poteva ricordare dove l’aveva avvertita quando
era Stregone. Cercò di concentrarsi al massimo. Le aveva avute entrambe al suo
fianco in quei giorni, e in quei momenti non poteva non avvertire la magia,
anche sforzandosi.
Simon disse: «Lucy, trasformati in fioretto, dovremo essere
precisi! Kevin, avvolgi la lama di Lucy! Ci servirà tutta la nostra forza!»
Kevin obbedì, e tutti e tre si concentrarono al massimo,
cercando di mettere in risonanza le loro anime. La polvere di veleno di Kevin
si dispose a spirale intorno alla lama, come una piccola trivella. Simon si
concentrò con tutto se stesso, impugnando Lucy al contrario di com’era solito
fare.
Dunque, l’anima di
Sara era...
«...QUI!!!»
Con un urlo liberatorio e una mossa fulminea, Simon colpì lateralmente
il piede di Sara, e mettendo tutta la sua forza nel colpo, lo trapassò e andò a
infilzare anche l’altro. La strega sbarrò gli occhi. Simon sorrise tristemente.
«Un albero non può vivere senza le sue radici...»
Con un urlo disumano la strega si distrusse: le caddero le
foglie e la corteccia, fino a ritornare per un attimo la donna che era stata.
Simon chiuse gli occhi, incapace di guardare. Il corpo di Sara scomparve e
quello che rimase, appena sopra la lama di Lucy, fu un’anima viola. Con un
tremendo groppo in gola, Simon la prese con la mano libera.
«SORELLA!!!»
Il Maestro d’Armi sospirò, un sospiro che sapeva di
liberazione e di profonda tristezza.
«E una.»
Helen concentrò su di sé tutto l’inchiostro, che cominciò a
ribollire: «Maledetto... maledetto...»
«Sempre meno di voi.»
Helen si gettò con un’onda d’inchiostro sul nipote. Simon si
limitò a chiudere gli occhi, sforzandosi di ricordare. La sua anima invece si trovava...
Sbarrò gli occhi, che contro la sua volontà divennero d’oro.
Non era la magia della maledizione, era la sua
a guidarlo. Una visione, per un solo, piccolo istante, ma sufficiente.
Ancora con gli occhi d’oro, Simon si buttò in mezzo al mare d’inchiostro e
diresse il colpo verso un punto specifico.
«Gli occhi... per te erano gli occhi... l’unica parte di te
che non potevi mutare in inchiostro...»
La fanghiglia nera scomparve, sciogliendosi fino a sparire.
Di nuovo rimase per un attimo la donna che era.
«I
tuoi occhi... i miei occhi...
mi hanno ucciso... ci hanno ucciso...»
E in un attimo di lei rimase solo l’anima, viola. Simon
lasciò andare Lucy e Kevin, che tornarono immediatamente umani e si
affrettarono intorno al ragazzo biondo, che teneva fra le mani le tanto
agognate anime viola. Subito anche Blaire e i
professori furono lì.
Spirit gli sorrise: «Sei stato
bravo, Simon. Ce l’hai fatta.»
Il ragazzo guardò le anime viola, le lacrime che spingevano
per uscire, e sotto l’abbraccio di Lucy e Kevin scoppiò a piangere, incapace di
fermarsi.
Soul: Non
avrei mai pensato di dirlo, ma tu sei proprio sadica!
Hinata 92: Io?
Soul: Sì, tu!
Ma non ti vergogni? Costringere il mio migliore amico a vivere una tragedia del
genere è tutto fuor che figo!
Hinata 92: Ti
fidi di me?
Soul: Se la
risposta è negativa mi togli dalla storia?
Hinata 92:
Sigh... non c’è più rispetto per gli autori...
Soul Eater, Richiamo di sangue, 25° capitolo: Il momento dei
saluti! E se invece fosse stato già tutto previsto?
Black Star:
SOOOUL! Entri in scena nel prossimo capitolo!!!
Soul: Guarda
che me l’hai promesso.
Hinata 92:
Promesso cosa?
Soul:
Brutta...
Black Star:
Muoviti, ti vogliono al trucco!
Soul: Ehi, di
che trucco parli? No, no, niente trucco, mica sono una donna. Ehi, Hinata!
Hinata! Rispondimi! Che...
Black Star:
Che sono una divinità! Sì, certo!
Soul: ... ma
sei in combutta con lei? Almeno dillo!
Capitolo 36 *** [BIVIO] Il momento dei saluti! E se invece fosse stato già tutto previsto? ***
Per caso avevate deciso che Simon dovesse diventare cattivo?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungere l’inizio della vicenda o qui
per continuare dall’ultimo capitolo.
Non vi ricordate nessuna scelta per
Simon fra buono e cattivo?
Può
capitare, cliccate qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di seguire le vicende
di Simon diventato buono?
Allora
siete nel posto giusto! Buona lettura!
Il momento dei saluti! E se invece fosse stato già tutto
previsto?
Lucy entrò in chiesa, tenendo a braccetto Simon. In parte
era il suo sogno, rientrare in chiesa al suo fianco per terminare il famoso
matrimonio. Tuttavia, quel giorno indossava un abito nero, come tutti in
chiesa, e nessuno era felice. I professori, gli amici di sempre e Rachel, con la sua solita camicia di forza, erano tutti
vestiti di scuro, con aria triste, tutti pronti ad assistere a un insolito
funerale. Simon aveva chiesto a Lord Shinigami, prima che Kevin e Lucy
mangiassero le loro anime, di poter fare un funerale a sua madre e a sua zia.
In via del tutto eccezionale, il Dio della Morte glielo aveva concesso, anzi,
aveva deciso di celebrarlo lui stesso.
In un’atmosfera di tristezza e forse anche un po’
d’imbarazzo, tutti andarono a sedersi, così che Lord Shinigami potesse
cominciare. Non c’erano bare, perché non c’erano corpi, solo due fotografie su
un tavolino.
«Siamo qui riuniti per ricordare due donne, due donne che,
come le abbiamo conosciute, sono scomparse tempo fa.»
A Simon non scese neanche una lacrima. Le aveva consumate
tutte prima di entrare.
«Helen e Sara erano due donne speciali. Non ci interessa
sapere che fossero l’una la Veggente di Reims e l’altra la duchessa di Onpu, non parlo di questo. Erano rispettivamente una zia e
una madre e una moglie amorevoli, che nonostante tutte le loro debolezze non
hanno mai rinunciato a dare tutte loro stesse per ciò che amavano. Un male più
grande delle loro forze le ha piegate, ma non ne facciamo loro una colpa. Come
potremmo? Quindi salutiamole oggi per ciò che hanno fatto prima che un canto
portasse loro via tutto.»
Uno per uno, tutti passarono davanti alle fotografie
lasciando dei fiori. Rachel, pur di non rinunciare,
posò i suoi con la bocca. Simon lasciò i suoi e uscì dalla chiesa di corsa,
così in fretta che Lucy e Kevin non fecero in tempo a raggiungerlo.
«È lei il duca di Onpu, Simon Emanuel?»
Il ragazzo trasalì. Gli dava sempre una strana sensazione
essere chiamato in quel modo. Si voltò. Aveva di fronte un omino sconosciuto, con
gli occhiali, in giacca e cravatta grigi, con i pochi capelli rimasti sistemati
a riporto.
«Sì, sono io. Chi mi cerca?»
L’uomo tirò fuori un biglietto da visita: «Sono un notaio,
per la precisione sono il notaio di sua zia. Alla notizia del funerale il Duca
di Onpu vostro padre, pur non intendendo minimamente
partecipare, mi ha incaricato di venire da lei.»
Simon rimase perplesso alla notizia. Suo padre che gli
inviava un notaio?
«Nel testamento della signorina era specificato che lei
dovesse ricevere questa busta il giorno del suo funerale. Come vede, è ancora
sigillata, nessuno l’ha aperta.»
Simon prese, con mani tremanti, una busta con un sigillo di
ceralacca.
«Bene, ho compiuto il mio lavoro. Le auguro una buona
giornata, per quanto possibile in queste tristi circostanze.»
«Aspetti! Ha visto mio padre? Come sta?»
L’uomo scosse la testa: «Sono spiacente, non l’ho
incontrato, ho ricevuto le istruzioni via telefono. La voce tuttavia mi era
parsa piuttosto turbata.»
«Comprendo... la ringrazio.»
«Si figuri.»
Simon rimase per un secondo a guardare la busta bianca e il
segno di ceralacca, per poi romperlo. Gli fece uno strano effetto rivedere la
scrittura di sua zia, quella scrittura che per lei aveva un significato
speciale, come per lui lo era la musica. Era così che, un tempo, esprimeva quel
curioso dono che poi era diventato una maledizione.
Mio piccolo Simon,
mi dispiace e allo stesso tempo
sono felice di poterti scrivere in un momento importante come questo. Quando
riceverai questa lettera tutto sarà compiuto.
Simon rilesse due volte la frase, mentre un orrendo,
destante dubbio lo assaliva.
Se ti conosco anche solo un po’,
sarai devastato dai sensi di colpa, quindi ci tenevo a dirtelo.
Grazie per averci fermate.
I fogli gli scivolarono dalle dita, anche se non aveva
ancora finito di leggere.
La zia lo sapeva.
Lo aveva sempre
saputo.
Aveva sempre saputo
che sarebbe diventata una strega.
Aveva sempre saputo
che sarebbe stato lui a ucciderla.
Doveva averlo visto, e lui lo sapeva bene, non c’era scampo
dalle visioni.
Quello che si vedeva
non poteva essere cambiato.
Da quanti anni... sua
zia sapeva?
Il dolore della consapevolezza di tutto questo lo assalì con
una violenza inaspettata.
«Simon?»
La voce di Lucy non gli giunse nemmeno alle orecchie,
tappate da un eccesso di magia che lo stava travolgendo e che lo rendeva sordo
e cieco. Senza rendersene conto, stava letteralmente venendo ricoperto di magia
nera.
Non sentì le urla di aiuto del suo amore, non si accorse
nemmeno che a livello inconscio stava richiamando a sé la magia che aveva
scaricato, giorno dopo giorno. Nel magazzino dove era custodita le botti
esplosero tutte insieme, e la magia, sotto forma di una nuvola nera, uscì dalle
pareti e raggiunse il suo legittimo proprietario, unendosi nuovamente a lui.
Ora capiva il senso di
quelle parole.
«I tuoi occhi... i miei occhi... mi hanno ucciso... ci hanno ucciso...»
Perché sì, Simon EmanuelOnpu era morto, ucciso da quelle parole d’inchiostro. Era
rimasto un mostro enorme, fatto di magia oscura, pieno di dolore, un dolore che
avrebbe cancellato nel solo modo in cui era in grado.
Uccidendo e distruggendo tutto con un unico urlo.
«NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!»
Soul: ...
Black Star:
...
Soul: ...
ok... e a questo punto come dovremmo continuare dopo un finale del genere?
Hinata 92? Hinata 92?
Black Star:
... credo si sia rifugiata in quel bunker...
Soul: Hinata
92?
Hinata 92: Tranquilli,
è tutto come nei programmi, va tutto bene!
Black Star: Ma
come va tutto bene??? Ma se pure tu ti sei rifugiata per sfuggire a Simon!
Hinata 92: Eh?
Ma no, questo bunker non è per Simon!
Soul: Come no?
Hinata 92: È
per sfuggire all’ira dei lettori!
Black Star:
Come sarebbe a dire “per i lettori”?
Hinata 92:
Annuncia il titolo del prossimo capitolo, dai!
Soul: ABBIAMO
UN PROSSIMO CAPITOLO DOPO TUTTO QUESTO MACELLO?
Soul Eater, Richiamo di sangue, 26° capitolo: La terza scelta!
Ho cercato per tutto il tempo la risposta alla domanda sbagliata?
Soul: ... si
annuncia qualcosa di o tremendamente figo, o tremendamente stupido...
Black Star: HO
POTUTO ANNUNCIARE IL TITOLO DEL CAPITOLO! SONO ANCORA UNA POTENTISSIMA
DIVINITÀ!
Soul: Abbiamo
a che fare con la fine del mondo e tu ti preoccupi solo di questo?
Hinata 92: Massì, lascialo divertire!
Soul: La tua
tranquillità m’inquieta invece che rilassarmi...
Su, che ci fate ancora qui? Andate subito a leggere il prossimo
capitolo!
Capitolo 37 *** [BIVIO] Traviando il controllore! Riuscirò a trascinarvi con me nell’incubo più oscuro mai ideato da essere vivente? ***
Nel bivio precedente avete deciso che Simon diventi buono?
Allora siete nel capitolo
sbagliato, cliccate pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio fra cui
scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti che Simon diventi
cattivo?
Allora siete nel posto
giusto! Buona lettura!
Traviando il controllore! Riuscirò a trascinarvi
con me nell’incubo più oscuro mai ideato da essere vivente?
Simon rimase per
un po’ a guardare la notte, fuori dalla finestra. Cosa doveva fare? Scosse la
testa. Pensando razionalmente non sarebbe mai riuscito a trovare una risposta
in quel momento, non ci era riuscito in settimane!
Chiuse gli occhi,
cercando di concentrarsi sui suoi veri, intimi desideri.
Cosa voleva per la
sua vita?
Lucy.
Kevin.
Le loro immagini
divennero vivide di fronte ai suoi occhi. E poi?
Quasi subito fu
assalito da sensazioni molto diverse.
Oscurità.
Potere.
Dolore.
Distruzione.
Male.
Sì, erano questi i
suoi veri desideri, ma Lucy e Kevin non...
Un’illuminazione
attraversò la sua mente, mentre sul suo volto si allargava un sorriso malefico.
E se invece Lucy e Kevin avessero potuto capirlo?
Ripensò per un
momento a quando aveva rivisto Lucy, durante la guerra, all’apice della sua
malvagità. Senza sapere esattamente perché, le aveva proposto di diventare una
strega. All’epoca non avrebbe saputo esattamente come fare, anche se forse
aveva già intuito di poterlo fare... ma
ora...
Guardò le sue mani
ricoprirsi di pura magia oscura, mentre i suoi occhi e i suoi capelli viravano
velocemente al nero. Sì, era un inguaribile egoista, in fondo. Perché
rinunciare a qualcosa quando poteva avere tutto? Avrebbe potuto essere malvagio
oltre ogni limite, come la sua anima gli imponeva, e avrebbe potuto essere
amato da loro. Era certo che l’avrebbero ringraziato, alla fine, loro erano
inorriditi dal Male solo perché non lo conoscevano, dopotutto... sarebbe
bastata solo una piccola spintarella, nulla di più, e poi sarebbero stati
insieme per sempre. Maligni per sempre,
insieme.
Uscì dalla stanza.
Dopo aver preso finalmente quella decisione, si sentiva più leggero, più libero
di comportarsi finalmente da quel che era, da pura incarnazione del Male, senza
rimorsi di alcun tipo. Quanto gli era mancata quella sensazione, gli sembrava
di poter respirare dopo un’eterna apnea.
Fece due passi
verso la camera di Lucy, poi si fermò di colpo, attirato da un rumore.
Non era la scelta
giusta, per quanto amasse quella ragazza alla follia e non vedesse l’ora di
farla sbocciare in una rosa nera irta di velenose e letali spine. Si voltò
verso la cucina. C’era un problema molto
più urgente da risolvere.
Aprì la bocca in
una minuscola fessura e sussurrò un’arcana melodia, così potente che nemmeno la
leggendaria insonnia di Kevin poté resistere. Il ragazzo dai capelli rossi
crollò sul divano senza neanche un rumore e Simon gli si avvicinò, guardandolo
dall’alto con occhi gelidi.
Lucy era
indubbiamente una preda più facile, ma Kevin era molto più pericoloso. Non
aveva dimenticato la promessa fattagli, e ora stava deliberatamente per
infrangerla. Il ragazzo era di parola, lo sapeva bene, se aveva detto che al
primo segnale negativo l’avrebbe ucciso, l’avrebbe fatto. Per di più, dopo la
sua piccola bravata nel pomeriggio, il ragazzo era all’erta. S’inginocchiò di
fronte al divano, con espressione seria. Da quello che stava per fare non c’era
ritorno, né redenzione. Stava per tradire la fiducia delle persone che lo
amavano di più, stava per infrangere ben due promesse, stava per uccidere definitivamente ogni traccia di
bontà e umanità del suo cuore. Se lo avesse fatto davvero, il caro vecchio
maestro d’armi violinista sarebbe morto di crepacuore, lasciando
definitivamente spazio allo Stregone Oscuro.
Era pronto?
Senza preavviso, con
una luce spietata negli occhi e un sorriso sadico, infilzò il petto di Kevin
con la mano senza far uscire nemmeno una goccia di sangue.
Sì, era pronto, non vedeva l’ora!
Kevin non reagì,
completamente sotto l’effetto dell’incantesimo. Simon afferrò con forza l’anima
azzurra e pura di Kevin. Non aveva mai toccato un’anima, era una sensazione
strana, ma appagante: aveva una vita fra le sue mani, e poteva farci tutto
quello che voleva. Chiuse gli occhi e si concentrò, infondendo in quella
piccola fiammella vitale una piccola goccia di magia e oscurità pura,
inquinandola di una leggerissima tonalità cobalto. Tolse la mano dal petto di
Kevin, lasciandolo tranquillamente a dormire, senza alcuna ferita. Si accasciò
per un momento, leggermente affaticato per la grande concentrazione che aveva
dovuto mantenere durante il processo, ma incredibilmente felice e soddisfatto.
Ecco fatto.
Avrebbe potuto trasformarlo subito in uno Stregone, ma non aveva voluto. Se lo
avesse fatto, avrebbe significato cambiare l’amico artificialmente, renderlo
un’altra persona, e lui non voleva. Voleva Kevin, il suo amico di sempre, solo
convertito all’oscurità. Gli aveva donato giusto ciò con cui poteva cominciare
la sua rinascita malvagia, sarebbe stato lui stesso a cullarla e a farla crescere,
se gli fosse piaciuta, ma Simon non aveva alcun dubbio a proposito. Chi non
adorava il Male una volta conosciuto davvero?
Si sedette per
terra per un momento. Era sudato, ma si sentiva incredibilmente bene, malvagio
come neanche quando era con le streghe si era mai sentito, ma di una malvagità
diversa, più sottile e subdola. Stavolta sì, stavolta aveva ucciso davvero la
sua parte umana, era riuscito a diventare uno Stregone Oscuro completo. La
magia, risvegliata dopo quello sforzo, ribolliva in lui e la lasciò sfogare
assorbendo tutta la luce delle lampade presenti in casa e in strada, lasciando Nisty nel più oscuro e profondo buio. Simon si alzò e tornò
verso le camere, indugiando ancora per un momento di fronte alla stanza di
Lucy. Doveva procedere anche con lei?
Scosse la testa.
No, non c’era alcuna fretta, dopotutto. Sarebbe rimasto a guardare l’evoluzione
di Kevin.
Sorrise
crudelmente.
Ci sarebbe stato
di che divertirsi, indubbiamente.
Netturbino: Bha, questa
città va sempre peggio! Guarda, guarda, qua! Sudiciume, vetri, porcheria! Pure
le cartacce, adesso! E questo cos’è? Un elenco di bivi?
(se volete leggere
cosa accadrà dal punto di vista di Kevin)
Netturbino: Bha!
Sciocchezze, tutte sciocchezze che mi tocca raccogliere! Bene, adesso vediamo
un po’ dove... EHI, CHI HA SPENTO LA LUCE??? MALEDETTI, RISPETTATE IL LAVORO
ALTRUI!!!
Ed ecco qua le conseguenze della vostra decisione! Ora non vi
resta che continuare su questo sentiero d’oscurità...
Capitolo 38 *** [BIVIO] Va tutto bene! Nulla può rompere la nostra tranquillità, vero? ***
Nel bivio precedente avete deciso di
seguire Kevin?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Nel bivio precedente avete deciso di
seguire Simon?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Per caso avevate deciso che Simon dovesse
diventare buono?
Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate nessuna scelta per Simon fra buono e cattivo?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di seguire Lucy?
Allora siete nel posto giusto! Buona lettura!
Va tutto bene! Nulla può rompere la nostra tranquillità,
vero?
Lucy si avviò verso la cucina stiracchiandosi ben
bene. Una nuova giornata stava iniziando e...
Per qualche secondo rimase con le braccia alzate,
perplessa.
«Kevin?»
Nessuna risposta, e la ragazza faticò non poco a non
scoppiare a ridere. Era la prima volta in tanti anni che vedeva Kevin dormire a
sole sorto, e la posizione in cui si era piazzato era a dir poco esilarante,
completamente spaparanzato, un piede su tavolo, una mano sotto la testa e una
aggrappata allo schienale del divano per mantenersi in qualche modo in
equilibrio, con la bocca spalancata e un filo di saliva che bagnava la fodera.
Simon entrò in quel momento e lei fece segno di fare
silenzio. Il ragazzo si avvicinò e ridacchiò a sua volta. Chiese con il labiale
se poteva fargli uno scherzo e Lucy annuì. Il maestro d’armi allora si avvicinò
al compagno e gli mise una mano vicino all’orecchio, per poi emettere con la
magia il classico rumore di una trombetta da stadio, che fece fare a Kevin un
balzo fin quasi al soffitto.
«Shinigami mio! Che kishin...»
Poi vide i suoi amici piegati in due dalle risate e
sbuffò: «Oh, certo, molto divertente...»
Per Kevin decisamente non doveva essere giornata,
perché anche se un po’ permaloso, di solito avrebbe reagito poi con una risata,
essendo anche lui un amante degli scherzi. Invece tenne il muso per tutta la
colazione, tanto che Lucy prese da parte Simon e gli sussurrò: «Forse abbiamo
un po’ esagerato... ammetto che non pensavo a un rumore così forte quando l’hai
proposto...»
Simon alzò le spalle: «Ma intanto tu hai ritrovato il
sorriso. Quando se ne renderà conto gli passerà, vedrai.»
Lucy sorrise e aprì il frigo, per poi esclamare: «Oh
no!»
Kevin si avvicinò: «Che succede?»
La ragazza tirò fuori del cibo andato a male: «Che è
successo stanotte? Qua è marcito tutto!»
Simon provò ad accendere un interruttore: «Forse un black out...»
Lucy sbuffò: «Un black out
bello lungo per ridurmi tutto così!»
Kevin sembrò pensieroso: «Allora addirittura da
stanotte... strano che non abbiano ancora riparato il guasto...»
La ragazza sospirò, guardando ancora
nell’elettrodomestico: «Ma così come vi preparo il pranzo?»
Kevin improvvisamente sbatté la porta del frigo così
forte che Lucy fece appena in tempo a spostarsi per evitare di rimanerci
dentro.
«Kevin! Che fai? Ho sempre pensato che a te l’insonnia
facesse male, ma ci sto ripensando! Per una volta che dormi sei più nervoso del
solito!»
Il ragazzo sembrò rimanerci male, ma non disse nulla.
Lucy sospirò.
«Fatemi il favore, andate a comprare qualcosa. Io vedo
di sistemare un po’ questo disastro.»
Kevin, un po’ mesto, uscì subito. Simon si fermò
ancora per darle un bacio sulla guancia: «Non ti preoccupare per lui, ci faccio
due chiacchiere io e vedrai che lo tirerò su di morale!»
«Te ne occupi tu?»
Simon le sorrise, con quel sorriso dolce che lei
adorava: «Certo. Tu non devi preoccuparti di nulla. Vedrai, andrà tutto per il
meglio!»
Lucy ricambiò il bacio e lo lasciò andare. Stava
meglio, rispetto al giorno prima. Certo, non poteva più uscire di casa, ma
Simon sembrava essere molto più tranquillo e questa non poteva che essere una
buona notizia. Kevin forse aveva semplicemente dormito peggio del solito, Simon
aveva ragione, non doveva preoccuparsi troppo, altrimenti sarebbe impazzita e
non poteva permetterselo.
Una volta buttato via tutto quello che era andato a
male e aver salvato il salvabile, Lucy fece per abbandonarsi sul divano, per poi
rialzarsi di colpo. La macchia che aveva fatto Kevin? Guardò con calma su tutti
i cuscini, ma sembrava scomparsa. Strano...
Alla ragazza sfuggì un piccolo sorriso. Forse era un
segno, un segno che le cose stavano per cambiare in meglio, nei giorni seguenti.
Sospirando, si risedette e attese.
Era tutto a posto. Tutto
nella norma. Tutto come sempre.
Lucy: «Eccovi,
finalmente! Tutto bene?»
Simon: «Sì,
ecco la spesa!»
Kevin: «E...
scusami per prima.»
Lucy: «Non fa
nulla! L’importante è che stai meglio!»
Kevin: «...
sì...»
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 22° capitolo: Mostrami cosa vuol dire essere davvero
malvagi! Conversione inevitabile e consapevole verso l’Oscurità?
Simon: «Ah, avevo proprio
voglia di sedermi sul divan...»
Lucy: «Attento! Non sederti
sulla...»
Simon: «... non avevi altri
posti dove mettere la farina?»
Lucy: «Scusa, non avevo
ancora finito di sistemare tutto... sei solo un po’... bianco...»
Kevin: «Mff...»
Simon: «Oh bè, per lo meno
tu hai avuto la tua piccola vendetta...»
Capitolo 39 *** [BIVIO] Aspettando il mio futuro compagno! È il primo segno di malvagità quel guizzo che vedo nei tuoi occhi? ***
Nel bivio precedente avete deciso di
seguire Kevin?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Nel bivio precedente avete deciso di
seguire Lucy?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Per caso avevate deciso che Simon dovesse
diventare buono?
Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate nessuna scelta per Simon fra buono e cattivo?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di seguire Simon?
Allora siete nel posto giusto! Buona lettura!
Aspettando il mio futuro compagno! È il primo segno di
malvagità quel guizzo che vedo nei tuoi occhi?
Simon aprì la porta della sua camera e si diresse
verso la cucina. Non aveva praticamente dormito quella notte dall’eccitazione,
non vedeva l’ora di vedere come avrebbe reagito Kevin dopo il suo piccolo
“ritocco”.
Non fu affatto sorpreso di vederlo ancora
addormentato. Anche se era inusuale per Kevin, e quasi sicuramente era quello a
causare l’ilarità di Lucy, l’incantesimo che aveva usato per sedarlo era
piuttosto potente, avrebbe addormentato per giorni anche un elefante. Aveva
voluto andare sul sicuro, conoscendo la quasi leggendaria insonnia dell’amico.
Ora però doveva fare attenzione, o Lucy si sarebbe accorta, cercando di
svegliarlo, che il sonno di Kevin era tutt’altro che naturale.
La guardò di sottecchi. Rideva e il suo buonumore gli
suggerì l’idea giusta. Ridacchiò a sua volta e le chiese, col labiale, se
poteva fargli uno scherzo. Lucy annuì e Simon si avvicinò all’amico,
nascondendo alla ragazza un sorriso tutt’altro che divertito. Era il destino a
dargli una mano, o inconsciamente la sua amata approvava i suoi loschi
progetti?
Mise una mano sull’orecchio di Kevin e fece partire
con la magia il rumore di una forte trombetta da stadio, che coprì
completamente una seconda melodia, molto più lieve, l’unico contro incantesimo
in grado di ridestare davvero l’amico. Il ragazzo aprì un occhio e, sentendo a
quel punto la trombetta, balzò dallo spavento fin quasi al soffitto.
«Shinigami mio! Che kishin...»
Poi vide i suoi amici piegati in due dalle risate e
sbuffò: «Oh, certo, molto divertente...»
Oh, né Kevin né Lucy potevano immaginare quanto si
stesse divertendo Simon, che con una sola mossa li aveva fregati entrambi in
modo perfetto.
La colazione si svolse in modo decisamente pacato.
Simon non aveva smesso neanche per un attimo di tenere d’occhio Kevin, che si
mostrava decisamente inquieto. Non poteva esattamente sapere cosa stesse
provando, dopotutto la sua conversione al male era avvenuta in modo molto
diverso, e proprio per questo non perdeva un movimento del ragazzo. Chissà cosa
stava pensando, se aveva notato qualcosa di diverso in sé. Perché qualcosa
c’era, eccome, era così evidente che persino Lucy se ne accorse e lo prese da
parte.
«Forse abbiamo un po’ esagerato... ammetto che non
pensavo a un rumore così forte quando l’hai proposto...»
Simon alzò le spalle: «Ma intanto tu hai ritrovato il
sorriso. Quando se ne renderà conto gli passerà, vedrai.»
Esatto. Era necessario che fino a che non fosse giunto
il suo momento, Lucy fosse tranquilla e serena e che non sospettasse di nulla.
Il suo patto era valido solo con Kevin, ma non poteva sottovalutare
l’eventualità che se la ragazza avesse scoperto il suo piano prima del tempo
avrebbe tentato mosse azzardate pur di fermarlo. Non era così difficile, in
fondo, per quanto fosse ansiosa, in quel momento desiderava così tanto una vita
normale da ignorare volutamente i mille segnali di pericolo.
Lucy sorrise e aprì il frigo, per poi esclamare: «Oh
no!»
Kevin si avvicinò: «Che succede?»
La ragazza tirò fuori del cibo andato a male: «Che è
successo stanotte? Qua è marcito tutto!»
Lo Stregone Oscuro s’impose di rimanere impassibile.
Un piccolo effetto collaterale del suo momento di gioia della notte precedente.
Con nonchalance, Simon fece il gesto più naturale in
un’occasione del genere e provò ad accendere un interruttore: «Forse un black out...»
Lucy sbuffò: «Un black out
bello lungo per ridurmi tutto così!»
Kevin sembrò pensieroso: «Allora addirittura da stanotte...
strano che non abbiano ancora riparato il guasto...»
Simon faticò non poco a trattenere un sorriso
soddisfatto. Cosa potevano dei miseri umani contro la sua magia, dopotutto?
La ragazza sospirò: «Ma così come vi preparo il
pranzo?»
Fu un attimo. Un guizzo improvviso ballò negli occhi
di Kevin come una fiamma appena accesa e sfrigolante. Una fiamma oscura di odio
e risentimento che Simon avrebbe riconosciuto ovunque, perché era quella che
albergava nella sua anima.
Un paio di secondi dopo il ragazzo si ritrovò
improvvisamente a sbattere la porta del frigo con inaudita violenza. Simon non
riuscì a stabilire se con quel gesto Kevin avesse voluto inconsciamente
distruggere il frigo o ferire Lucy che aveva quasi la testae le braccia dentro. Per fortuna la ragazza
ebbe i riflessi abbastanza pronti da tirarsi indietro appena in tempo e
gridargli: «Kevin! Che fai? Ho sempre pensato che a te l’insonnia facesse male,
ma ci sto ripensando! Per una volta che dormi sei più nervoso del solito!»
Il ragazzo si risollevò, come se si fosse appena
svegliato da una sorta di trance. Non disse nulla per discolpare il suo gesto,
probabilmente perché nemmeno lui avrebbe saputo spiegare cosa avesse fatto.
Lucy sospirò: «Fatemi il favore, andate a comprare
qualcosa. Io vedo di sistemare un po’ questo disastro.»
Kevin, un po’ mesto, uscì subito. Probabilmente era
confuso e tormentato dai sensi di colpa per l’accaduto. Tutto normale, era solo
agli inizi.
Simon si fermò ancora per dare un bacio sulla guancia
a Lucy: «Non ti preoccupare per lui, ci faccio due chiacchiere io e vedrai che
lo tirerò su di morale!»
«Te ne occupi tu?»
Simon le sorrise: «Certo. Tu non devi preoccuparti di
nulla. Vedrai, andrà tutto per il meglio!»
Senza ombra di rimorso per quanto stava tramando alle
spalle dei suoi amici, Simon si affrettò a raggiungere Kevin fuori dalla porta.
Il ragazzo non disse una parola, lo sguardo basso e triste. S’incamminarono per
le strade in silenzio, mentre lo Stregone Oscuro non perdeva mai di vista il
compagno, in cerca di un nuovo guizzo di malvagità che però non venne,
soffocato dalla tristezza e dai sensi di colpa. Simon si lasciò sfuggire un
piccolo sospiro. A quanto pareva c’era nuovamente bisogno di una piccola
spintarella.
«Non so cosa tu stia pensando, ma Lucy non ce l’ha con
te.»
Kevin sembrò risollevarsi dai suoi pensieri:
«Davvero?»
«È solo preoccupata per te, ma io ti capisco.»
Kevin ridacchiò: «Buon per te, io non ci sto capendo
più nulla...»
«Lo stress di queste settimane si sta facendo sentire,
non è un periodo facile per nessuno. A volte ti viene voglia di spaccare tutto,
solo perché così speri di distruggere quello che ti sta facendo soffrire e
ritrovare un po’ di serenità, vero?»
«Qualche volta sì.»
Simon alzò le spalle, con un sorriso amichevole:
«Stamattina ti è preso solo un po’ più forte del solito, ma diciamoci la
verità... quante notti sono che non dormi?»
«Te ne sei accorto?»
«Ti conosco, Kevin, come le mie tasche. Sarebbe stato
strano se non fosse stato così.»
Kevin finalmente si concesse un piccolo sorriso:
«Grazie. Mi mancavano un po’ queste chiacchierate fra amici.»
Il ragazzo gli fece un occhiolino: «Io non ho mai
smesso di essere tuo amico. Mai. Potrai sempre contare su di me, desidero solo
la tua felicità.»
Kevin sorrise imbarazzato e Simon continuò: «Dai,
andiamo a fare la spesa.»
Per un’oretta tutto trascorse come sempre. Kevin
riprese a sorridere e a chiacchierare, decisamente più rilassato. Nessuna
traccia di quel meraviglioso guizzo di violenza, ma lo Stregone Oscuro sapeva
essere paziente. E l’occasione venne proprio sulla strada del ritorno. Con un
sorriso, si fermò di colpo.
«Simon?»
Finse di non sentirlo. L’aveva rabbonito, l’aveva
tranquillizzato, gli aveva fatto abbassare la guardia. Ora era il momento di
passare al contrattacco.
Kevin tornò sui suoi passi e si avvicinò: «Simon, cosa
stai facendo?»
«Osservo.»
Nella piazza in cui si erano fermati, infatti, era in
corso una violenta rissa. Kevin scosse la testa.
«Non dovresti.»
«E perché? Guardare non è ancora un reato, che mi
risulti.»
«Sai perché.»
«Cinque minuti. Niente magia, promesso.»
Non era una promessa difficile da mantenere, tutta la
magia di cui aveva bisogno per creare e piantare il suo seme maligno l’aveva
già usata la notte precedente. Ora si stava limitando a innaffiarlo con acqua
nera e infetta.
Kevin sembrava titubante, ma poi annuì: «Cinque
minuti.»
Simon sorrise. Non era certo per soddisfare la sua
sete di violenza che si era fermato lì, ma per risvegliare quella di Kevin. Con
un occhio non smise mai di guardare il compagno e la sua attesa venne
soddisfatta. Avrebbe riconosciuto ovunque quella scintilla malvagia nello
sguardo, quel ritmo di respiro, quel battito di cuore. Kevin si era lasciato
sopraffare dalla bellezza del Male, finalmente era in grado di cogliere anche
lui la meraviglia di quello che li circondava. Sorrise soddisfatto, sicuro che
l’amico non gli stesse prestando attenzione. Per un attimo invidiò la vista di
Maka, quanto gli sarebbe piaciuto ammirare lo spettacolo dell’anima di Kevin
che si scuriva sempre più...
Gli lasciò tutto il tempo di assimilare le nuove
sensazioni e i nuovi inebrianti e crudeli pensieri. Kevin era così immerso in
se stesso da non accorgersi nemmeno che la rissa si era conclusa. Fu solo dopo
un’ulteriore ventina di minuti che Simon si decise a richiamarlo.
«Kevin?»
Il ragazzo sussultò, stringendo con forza il pacco che
aveva fra le braccia: «Eh?»
Simon gli sorrise gentilmente, mettendogli una mano
sulla spalla: «È finita, possiamo andare.»
«Cosa... è...»
Scosse la testa: «Scusa, ero... sovrappensiero...»
«Tranquillo, prenditi pure tutto il tempo che ti
serve. Io sarò sempre qui, al tuo fianco.»
Kevin scosse ancora la testa, con più forza: «No, no,
dobbiamo tornare, Lucy sarà in pensiero!»
«Va bene, allora... magari potremmo tornare, domani,
che ne dici?»
Il ragazzo impiegò un paio di secondi a rispondere,
con voce leggera e quasi sognante: «Già... magari...»
Simon sorrise.
Una volta
conosciuto il Male, non si tornava più indietro.
Kevin: Oh
mamma, è tardissimo! Ora cosa diciamo a Lucy?
Simon: Tu cosa
diresti?
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 22° capitolo: Mostrami cosa vuol dire essere davvero
malvagi! Conversione inevitabile e consapevole verso l’Oscurità?
Kevin: Che...
che... che c’era coda in negozio! O che la strada era bloccata per un
incidente! O che siamo stati aggrediti dai coccodrilli usciti dalle fogne!
Simon: ...
l’ultima era originale, nulla da dire...
Kevin: O che
abbiamo dovuto affrontare gruppo di serial killer ubriachi... sto esagerando,
eh?
Capitolo 40 *** [BIVIO] Il risveglio di un sentimento perduto! C’è qualcosa di diverso intorno a me o dentro di me? ***
Nel bivio precedente avete deciso di
seguire Simon?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Nel bivio precedente avete deciso di
seguire Lucy?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Per caso avevate deciso che Simon dovesse
diventare buono?
Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi ricordate nessuna scelta per Simon fra buono e cattivo?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di seguire Kevin?
Allora siete nel posto giusto! Buona lettura!
Il risveglio di un sentimento perduto! C’è qualcosa di
diverso intorno a me o dentro di me?
«Shinigami mio! Che kishin...»
Kevin rimase per un attimo sorpreso, col fiatone dallo
spavento, il cuore che batteva a mille. Cos’era successo? Poi vide i suoi amici
piegati in due dalle risate e sbuffò: «Oh, certo, molto divertente...»
Una trombetta da stadio direttamente in un orecchio,
bel modo d’iniziare la giornata! A quanto pareva i suoi cosiddetti “amici” non
avevano rispetto dei suoi rarissimi momenti di sonno. E pensare che aveva
passato un bel po’ di notti in bianco proprio per loro, alla faccia della
riconoscenza...
Sbuffò ancora. Decisamente si era svegliato male, si
sentiva tremendamente nervoso. Anche se non voleva davvero pensare male di Lucy
e Simon, non riuscì a rivolgere loro la parola per tutta la colazione. Fu solo
verso la fine del pasto che s’impose di calmarsi. In fondo, cosa avevano fatto
di male? Simon aveva cercato solo di far ridere Lucy, che dopo la giornataccia
che aveva avuto era quasi sull’orlo della depressione. Non poteva certo
sgridare l’amico per aver cercato di far star meglio l’amore della sua vita,
no?
Guardò di sottecchi i due confabulare. Stavano
sicuramente parlando di lui e del suo malumore. Stupido, stupido Kevin! Non avevano
già abbastanza pasticci senza che lui aggiungesse nuove preoccupazioni?
Mentre stava finendo di sparecchiare, sentì Lucy
esclamare: «Oh no!»
Kevin si avvicinò: «Che succede?»
La ragazza tirò fuori del cibo andato a male: «Che è
successo stanotte? Qua è marcito tutto!»
Cosa? Il ragazzo osservò le
verdure in mano alla ragazza. Una putrefazione così rapida era tutt’altro che
naturale, non faceva nemmeno così caldo! Il suo sguardo si volse rapidamente a
Simon, che nel frattempo stava provando ad accendere un interruttore: «Forse un
black out...»
Lucy sbuffò: «Un black out
bello lungo per ridurmi tutto così!»
Un sospetto inevitabile si affacciò alla sua mente.
Era stato un normale black out o...
«Allora addirittura da stanotte... strano che non abbiano ancora riparato il
guasto...»
Chissà se Simon aveva colto la sua frecciatina.
La ragazza sospirò: «Ma così come vi preparo il
pranzo?»
Problemi, problemi, sempre problemi! Non c’era mai
nulla che andasse per il verso giusto! Perché? Perché sempre tutto a loro?
Sentì montargli una gran rabbia, senza apparentemente
motivo. Il nervosismo con cui Kevin si era svegliato si era trasformato in
pochi secondi in una furia cieca e selvaggia, rivolta a tutti o forse a nessuno
in particolare. Era come se gli fosse divampata improvvisamente nel petto una
fiamma violenta e inestinguibile pronta a bruciare tutto, compresa la sua
stessa anima. La sentì muoversi nel suo petto e prendere possesso del suo
stesso corpo senza che lui riuscisse a reagire, anzi, senza che sentisse la necessità di reagire. Non
era per nulla spaventato, era curioso, curioso di vedere cosa sarebbe successo.
Lucy mise nuovamente la testa nel frigo, per cercare qualcos’altro, e Kevin
sentì dentro di sé una precisa e nitida sensazione di pura cattiveria e
onnipotenza. Un pensiero distruttore e omicida si formò nella sua mente,
semplice, lineare, nitido, perfetto. La fiamma dentro di lui lo portò a muovere
il braccio, ad afferrare saldamente la porta del frigorifero e ad utilizzare
ogni stilla di forza del suo arto per sbattere la porta, con gli occhi fissi al
candido collo di Lucy.
La ragazza si comportò come una bestia braccata che,
d’istinto, avverte la presenza del predatore e si mette al riparo. Tirò
indietro la testa, mettendosi in salvo, poi si voltò verso di lui per gridare:
«Kevin! Che fai? Ho sempre pensato che a te l’insonnia facesse male, ma ci sto
ripensando! Per una volta che dormi sei più nervoso del solito!»
Kevin si sentì come se si fosse svegliato da un
incubo. Qualunque strana sensazione lo avesse dominato fino a quel momento
scomparve, spenta dalla voce spaventata di Lucy.
Cos’era
successo?
Cosa gli era
preso?
Cosa stava per
fare?
Il ragazzo rimase con gli occhi sbarrati. Era come se
per un secondo avesse perso il controllo del suo istinto omicida e avesse
cercato di prendersela con il frigorifero.
Con il frigo... o
con Lucy?
L’idea che per un paio di secondi avesse pensato
seriamente di uccidere Lucy lo inorridiva, e scacciò quel pensiero con forza
dalla sua mente. Tuttavia il senso di colpa rimase lì, indelebile e bruciante
come una cicatrice fresca, con un unico pensiero fisso.
Cos’era
successo?
Lucy, inconsapevole del vero rischio che aveva corso,
sospirò: «Fatemi il favore, andate a comprare qualcosa. Io vedo di sistemare un
po’ questo disastro.»
Kevin approfittò di quella parole per scappare fuori
dalla porta. Non aveva il coraggio di fissare di nuovo il volto dell’amica.
Appoggiato sul muro, ad occhi chiusi per trattenere le lacrime, il ragazzo
cercava disperatamente di convincersi che nulla era accaduto. Lucy non aveva
mai corso un vero pericolo, in fondo, le sarebbe bastato trasformarsi in
polvere per evitare il colpo. Ma perché la sua mano si era mossa?
Simon lo raggiunse quasi subito, probabilmente dopo
che Lucy lo aveva avvertito di fare attenzione a lui. Kevin si vergognava da
morire, tanto che non osò rivolgergli la parola, né alzare lo sguardo.
Continuava a fissare il cemento, mentre camminavano apparentemente senza meta.
Era sempre stato convinto di poter perfettamente tenere a bada il veleno che
gli scorreva nel sangue, fino a quel momento. Aveva sospettato tanto di Simon,
e forse invece era lui, il mostro...
Dopo un po’ udì l’amico sospirare e Kevin in quel
sospiro lesse la conferma dei suoi peggiori timori. Dubitava di lui, ed era
giusto. In quel momento, anche lui dubitava di se stesso.
«Non so cosa tu stia pensando, ma Lucy non ce l’ha con
te.»
Kevin lo guardò sorpreso: «Davvero?»
«È solo preoccupata per te, ma io ti capisco.»
Kevin ridacchiò: «Buon per te, io non ci sto capendo
più nulla...»
«Lo stress di queste settimane si sta facendo sentire,
non è un periodo facile per nessuno. A volte ti viene voglia di spaccare tutto,
solo perché così speri di distruggere quello che ti sta facendo soffrire e
ritrovare un po’ di serenità, vero?»
Forse poteva essere davvero quella la spiegazione? Se
Simon aveva ragione, forse non era un mostro, forse era solo... stressato! In effetti non ricordava di
essere mai stato sotto pressione così tanto in vita sua.
Alla fine ammise: «Qualche volta sì.»
Simon alzò le spalle, con un sorriso amichevole:
«Stamattina ti è preso solo un po’ più forte del solito, ma diciamoci la
verità... quante notti sono che non dormi?»
Kevin sussultò: «Te ne sei accorto?»
«Ti conosco, Kevin, come le mie tasche. Sarebbe stato
strano se non fosse stato così.»
E dire che era stato attento a non farsi scoprire! In
effetti, però, era fin troppo prevedibile, e questo lo sapeva bene.
Sospirò. Stress e stanchezza potevano fargli perdere
il controllo di sé per un istante? Probabilmente sì, ma questo non giustificava
il suo gesto. Se però aveva capito il problema, poteva prestarci più
attenzione, prima di ricascarci.
Kevin finalmente si concesse un piccolo sorriso:
«Grazie. Mi mancavano un po’ queste chiacchierate fra amici.»
Il ragazzo gli fece un occhiolino: «Io non ho mai
smesso di essere tuo amico. Mai. Potrai sempre contare su di me, desidero solo
la tua felicità.»
Kevin sorrise imbarazzato e Simon continuò: «Dai,
andiamo a fare la spesa.»
Il ragazzo fu preso da un momento di malinconia. Forse
per troppo tempo aveva visto Simon solo come un sorvegliato speciale,
dimenticandosi che prima di tutto era suo amico...
Per un’oretta Kevin recuperò la sua tranquillità. Con
Simon al suo fianco aveva ritrovato la voglia di sorridere e chiacchierare,
sentendosi decisamente più leggero.
Fu solo al ritorno che si accorse all’improvviso che
l’amico non era più con lui.
«Simon?»
Era rimasto indietro, su una piazzetta, lo sguardo
fisso apparentemente nel vuoto. Ritornò sui suoi passi e gli si avvicinò:
«Simon, cosa stai facendo?»
«Osservo.»
Davanti a loro, infatti, era in corso una violenta
rissa. Kevin scosse la testa, distogliendo subito lo sguardo. Aveva abbassato
la guardia e Simon ci stava ricascando: «Non dovresti.»
«E perché? Guardare non è ancora un reato, che mi
risulti.»
Kevin lo guardò severamente: «Sai perché.»
«Cinque minuti. Niente magia, promesso.»
Doveva fidarsi? Il patto sembrava onesto, dopotutto. E
Simon quel giorno lo aveva aiutato non poco...
«Cinque minuti.»
Il ragazzo si voltò, tenendo le spalle alla scena, gli
occhi fissi sull’orologio, cercando di ignorare le urla e i rumori di lotta. Un
frastuono di vetri infranti, però, lo fece voltare d’istinto. Uno degli
omaccioni più grossi aveva rotto una bottiglia e la stava usando come arma
contro un altro della sua stessa stazza. Un rapido gesto e un taglio non troppo
profondo apparve sulla guancia del secondo. Kevin rimase per qualche secondo ad
osservare le gocce di sangue che stillavano dal vetro verde. Il contrasto di
colori sembrava averlo affascinato: quel rosso così vivo che si stagliava sul
verde trasparente...
Il suo cuore accelerò all’improvviso, si sentì per un
attimo la febbre, mentre il suo respiro si faceva più profondo e ritmico. Si
sentì come appagato da quella visione, più ancora che dai bei discorsi di
Simon. Era quasi come se avesse trovato il senso della sua vita in quella
goccia di sangue che scorreva verso il basso. Strinse a sé il sacchetto, con
molta forza. Improvvisamente sentiva un gran vuoto dentro di sé, un vuoto quasi
incolmabile. Mancava qualcosa nella sua vita, se ne rendeva conto solo in quel
momento. E la risposta l’aveva sotto gli occhi.
Sangue.
Nella sua vita
mancava lo scorrere del sangue.
Lui era nato
per uccidere, lo sapeva benissimo. Il veleno gli scorreva nelle vene, rosso, come i suoi
capelli, come la sua polvere. Era uno strumento di morte vivente, ad ogni
respiro poteva uccidere centinaia di persone. L’aveva fatto, in passato, ma in
modo del tutto inconsapevole. Invece quel giorno qualcosa era cambiato intorno
a lui, o forse in lui, qualcosa che aveva completamente risvegliato un istinto
che quasi non ricordava nemmeno di avere. Per la prima volta sentì la mancanza
di quei momenti passati con Blaze a uccidere.
All’epoca lo faceva senza provare alcun sentimento, né positivo né negativo, ma
se lo avesse fatto ora? Kevin sentì crescere dentro di lui la risposta.
Lo avrebbe
fatto con cattiveria, crudeltà e sadismo, badando che ogni singola vittima
soffrisse quanto più possibile prima di esalare l’ultimo respiro, torturandola
fino ai limiti della sopportazione fisica e mentale, e forse anche oltre.
Per la prima volta pensò che il suo veleno fosse
insufficiente per i suoi scopi. Dopotutto, uccideva sul colpo, la vittima quasi
non si accorgeva di nulla. Cosa avrebbe
potuto fare, invece, per provocare quanto più dolore possibile? Esisteva un
modo per potenziare se stesso e il suo veleno con quello scopo? Non ci aveva
mai pensato prima, ma forse un modo poteva anche esistere... anzi, c’era,
sicuramente c’era! Era lo stesso vuoto nella sua anima a suggerirglielo. C’era,
ed era più vicino e più semplice di quanto credesse...
«Kevin?»
«Eh?»
La voce di Simon lo riportò nuovamente alla realtà, ma
questa volta la sensazione non fu di essersi svegliati da un incubo, ma da un
bel sogno, uno di quelli che lasciano dietro di sé una sensazione piacevole.
Quasi non ricordava neanche più cosa gli fosse passato per la mente in quegli
istanti. Simon gli mise una mano sulla spalla. La sua presa era forte e sicura
e in qualche modo tranquillizzò ancora di più Kevin, come se emanasse un’aura
rassicurante.
«È finita, possiamo andare.»
«Cosa... è...»
Kevin si voltò, notando con stupore che la piazza era
deserta. Possibile che non si fosse neanche accorto della fine della rissa?
Scosse la testa, confuso.
«Scusa, ero... sovrappensiero...»
«Tranquillo, prenditi pure tutto il tempo che ti
serve. Io sarò sempre qui, al tuo fianco.»
Per un attimo il ragazzo ebbe la tentazione di seguire
il consiglio di Simon e di attendere ancora un po’, ma l’occhio gli cadde
sull’orologio e scosse ancora la testa, con più forza: «No, no, dobbiamo
tornare, Lucy sarà in pensiero!»
«Va bene, allora... magari potremmo tornare, domani,
che ne dici?»
Simon l’aveva buttata lì come se niente fosse, ma Kevin
dovette ammettere con se stesso che, qualunque cosa gli fosse capitata prima,
gli era piaciuta tremendamente e non vedeva l’ora di avere una nuova occasione
per riprovare quelle sensazioni. Fu probabilmente per questo che, nonostante
sapesse benissimo la pericolosità di quello a cui andava incontro, le sue
labbra si schiusero quasi da sole.
«Già... magari...»
Lucy: Grazie
per la spesa!
Kevin:
Figurati.
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 22° capitolo: Mostrami cosa vuol dire essere davvero
malvagi! Conversione inevitabile e consapevole verso l’Oscurità?
Lucy: Ma... e
le uova?
Kevin: Ops! Devo aver stretto troppo il sacchetto!
Lucy: E direi
che a pranzo ci tocca una frittata...
Capitolo 41 *** [BIVIO] Mostrami cosa vuol dire essere davvero malvagi! Conversione inevitabile e consapevole verso l’Oscurità? ***
Nel bivio precedente avete deciso che
Simon diventi buono?
Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non
vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete
convinti che Simon diventi cattivo?
Allora siete nel posto giusto! Buona lettura!
Mostrami cosa vuol dire essere davvero malvagi! Conversione
inevitabile e consapevole verso l’Oscurità?
Kevin prese la giacca: «Allora noi usciamo.»
Lucy rispose dall’altra stanza: «Va bene.»
Simon aggiunse: «Ti serve qualcosa mentre siamo
fuori?»
«No, no tranquilli. Divertitevi!»
Lucy non sarebbe stata così tranquilla se avesse
davvero saputo cosa andavano a fare Simon e Kevin tutti i pomeriggi da un paio
di settimane a quella parte. Aveva notato come i due si fossero molto
riavvicinati, e non aveva potuto farle che piacere, di certo non aveva motivo
di sospettare che questa riscoperta amicizia fosse in parte dovuta alla nuova,
strana passione che i due si erano ritrovati ad avere improvvisamente in
comune: le risse. Oh, nessuno dei due si era mai lasciato coinvolgere, ma
avevano assistito a parecchie zuffe, avvenimenti quotidiani in un covo di
criminali quale il Principato di Nisty. Simon usava i
suoi poteri per cercare nella cittadina il combattimento più adatto all’umore
di Kevin e ce lo trascinava, quasi per caso. Il ragazzo che prima era
sospettoso di qualunque movimento dello Stregone Oscuro sembrava volutamente
ignorare come facesse Simon a
portarlo sempre nel posto giusto al momento giusto. Aveva capito dopo un paio
di giorni che quando gli proponeva di uscire era perché c’era una bella scena
di pura violenza ad attenderli, e la sua anima pareva gongolare di gioia al
pensiero, tanto che le ore in attesa di quella chiamata sembravano passare
sempre più lente e monotone. Kevin continuava a chiedersi perché improvvisamente fosse nato in lui questo perverso e malato
desiderio, ma non riusciva né a contenerlo, né tantomeno a controllarlo.
Davanti a Lucy riusciva a fare finta di nulla, ma in realtà ogni giorno si
ritrovava per un tempo sempre maggiore a immaginare scene sempre più cruente e
dettagliate. Fu solo dopo qualche giorno che riuscì a parlarne a Simon, che si
rivelò un ottimo interlocutore. Simon lo capiva come nessuno prima d’allora e
ciò lo rassicurava, ma allo stesso tempo si divertiva ad ascoltare i suoi
racconti e questo, anche se era sbagliato, lo esaltava. Era felice che al suo amico piacessero quei
racconti intrisi di sangue e torture e indirettamente si sentiva autorizzato a
concentrarsi ancora di più su quei pensieri, a cercare di portarli al limite
estremo. Era una sadica e perversa curiosità: quanto la sua fantasia poteva essere spietata e crudele?
Simon da parte sua godeva della crescita di quel seme
maligno che aveva impiantato nell’anima dell’amico, e non era per nulla pentito
della sua scelta. Kevin stava dimostrando una malvagità diversa dalla sua, ma
non per questo meno potente e affascinante, anzi, trovava estremamente
istruttive le loro chiacchierate. Dopo una settimana dall’inizio della sua conversione
al Male, Simon aveva iniziato a metterlo alla prova, in modo sottile e cauto,
usando vistosamente la sua magia per piccoli scherzi, come far cadere qualcuno
o spaventare qualche gatto. Kevin rideva e non lo sgridava più, anzi, dopo un
paio di giorni gli diede persino qualche suggerimento. Era una crescita lenta e
costante, fino a una domenica pomeriggio.
Kevin rideva dopo la conclusione dell’ennesimo
scontro, di un’allegria però malsana, sadica: «E l’hai visto quello, quello
sulla fine che col coltello ha cercato di torturarlo sulle mani?»
Simon annuì: «Un tocco di classe.»
Kevin continuò a parlare, descrivendo come secondo lui
avrebbe potuto essere ancora peggiore la scena, ma a un certo punto l’amico
smise quasi di ascoltarlo. Qualcosa, all’interno del petto di Kevin, aveva
attirato la sua attenzione. Non aveva gli occhi di Maka, vero, ma poteva
avvertire chiaramente un principio di magia formarsi nella sua anima. Abbassò
il volto per non fare vedere un sorriso di pura malvagità che non riusciva in alcun
modo a trattenere. Era giunto il momento tanto atteso.
«Dimmi,
Kevin... non ti piacerebbe provare?»
Il ragazzo si fermò, interdetto: «In che senso?»
Simon continuò a parlare, a testa china: «Continui a raccontarmi cosa immagini di poter fare, ma dimmi la
verità... hai mai pensato di provare veramente?»
Kevin rimase pensieroso per un po’, poi rispose:
«Sinceramente fino a questo momento no... però ci sto pensando ora...»
«E...?»
Il ragazzo sorrise, con la stessa espressione di una
bambino a cui avessero proposto di passare il pomeriggio alle giostre: «E
l’idea mi piace da impazzire...»
«Kevin,
ascoltami bene. Tu capisci quello che ti sto dicendo?»
«Sì, lo so, è sbagliato, non dovrei... ma... forse
proprio perché non dovrei... quasi non riesco a resistere...»
«No,
non sto parlando di questo. Tu comprendi le mie parole?»
Kevin lo guardò sinceramente sorpreso: «Sì, perché non
dovrei?»
Solo a quel punto Simon si lasciò guardare in volto,
gli occhi neri come mai prima d’allora e un’espressione che quasi non aveva più
nulla d’umano: «Perché
sto parlando la lingua delle streghe, Kevin, e tu mi stai capendo.»
Il ragazzo era sconvolto, non tanto dalle sue parole,
ma dall’aspetto che aveva l’amico. Stava fissando negli occhi lo Stregone
Oscuro, ormai era chiaro, ma... non ne aveva paura. Ne era tremendamente
affascinato.
I capelli di Simon divennero neri, mentre lui piano
piano perdeva consistenza e diventava solo musica: «Vieni con me. È il momento che ti spieghi la situazione.»
Senza la minima esitazione, Kevin divenne polvere e lo
seguì.
«Fammi capire bene: tu hai modificato la mia anima
rendendomi... una strega?»
Simon annuì, coricato sul tetto dell’edificio più alto
della città: «Quasi. Uno stregone, per
l’esattezza. Anzi, in realtà hai fatto tutto da solo, io ti ho solo offerto il
modo di sviluppare in te la magia, cosa che normalmente non sarebbe stata
possibile, perché tu non hai sangue di strega... sei tu che la stai facendo
crescere, su questo non sono intervenuto.»
«Quindi è a causa tua che in questi giorni sono... così?»
Lo Stregone Oscuro annuì, poi si alzò per fissare
l’amico dritto negli occhi, con aria di sfida: «Vuoi uccidermi per questo?»
Kevin rimase impassibile per qualche secondo, poi sul
suo volto si allargò un sorriso malvagio: «Scherzi? Te ne sarò eternamente
grato! Non avrei mai capito nulla su me stesso se non avessi fatto questo!»
Simon rispose con lo stesso sorriso: «Esatto. Ormai sei sulla buona strada per
diventare un vero Stregone Oscuro, come me.»
«Avrò la magia?»
«L’hai già, la
prova è che hai capito il linguaggio delle streghe. Sta crescendo dentro di te,
la sento, e tra poco premerà per uscire. Ma se ascolti un consiglio da amico,
resisti. La tentazione di usarla sarà fortissima, dilaniante, ma cerca di
resistere più a lungo che puoi. Non te ne pentirai...»
«Cosa succederà?»
«La magia è un
po’ come il vino: più lo lasci fermentare, più diventa buono... nel nostro
caso, più la lasci crescere...»
Una fiamma nera avvolse il corpo di Simon: «... più potente e distruttiva sarà quando
la userai. È questo il motivo per cui sono più forte di qualunque strega.»
«Interessante... potrei essere potente quanto te?»
«Anche più di
me, se riuscirai a battermi.»
«E dopo potrei fare...?»
«Tutto ciò che
di più malvagio potrai immaginare. E credimi, quello che mi hai illustrato
finora sarà nulla rispetto a quanto potrai ideare durante la trasformazione...
per noi Stregoni non esistono limiti al Male che possiamo diffondere.»
«Fantastico.»
«Ti aiuterò a
diventare ciò che vuoi, pongo un’unica condizione: prima di scatenarci per
davvero, dovremo far conoscere tutto questo anche a Lucy.»
«Nulla in contrario, anzi, sarà più piacevole smettere
di fingere di fronte a lei e poter essere ciò che siamo davvero.»
«Ciò che è
anche lei, anche se ancora non lo sa... non vedo l’ora di poter ammirare il suo
lato più oscuro... sarà magnifico...»
«La ami anche adesso, vero?»
«Certo. L’amore
e l’amicizia non sono intaccate dal mio essere malvagio, sono solo... diversi. E quando lei potrà capirmi
appieno, sarà perfetto.»
«Bene. Ti seguirò, Simon, ma vorrei davvero chiederti
una cosa.»
«Dimmi.»
Kevin lo guardò con aria seria: «Voglio vedere di cosa
è capace davvero il tanto temuto Stregone Oscuro.»
Simon rise di gusto: «Oh, vuoi vedere il mio vero volto?»
«Sì. Scatenati per me, voglio conoscerti per come sei
davvero.»
«So essere
malvagio in un modo diverso da te, ti va bene ugualmente?»
«Sarà magnifico.»
Simon divenne nuovamente musica: «E allora seguimi. Sarà bello ritornare nuovamente all’opera, dopo tanto
tempo... ero stufo di fare il bravo bambino!»
Kevin lo seguì fino a un vicolo buio dall’altra parte
della città, ben lontano dalla loro casa. Rimase sotto forma di polvere mentre
Simon ritornava umano. Un cocchiere si avvicinò lentamente, con la frusta in
mano pronta all’utilizzo, non notando il ragazzo nell’ombra. Fu solo quando lo
vide quasi sotto gli zoccoli del suo cavallo che inchiodò di colpo tirando le
redini.
«Ma sei impazzito? Brutto deficiente, ti stavo per
mettere sotto! Guarda dove vai!»
Simon non riusciva a togliersi dalla faccia quel
sorrisetto strafottente e malvagio. Per la verità fino a quel momento non si
era ancora spinto come stava per fare, ma per Kevin...
Un sussurro e il cavallo stramazzò al suolo. L’uomo
non ebbe quasi il tempo di realizzare cosa stesse succedendo che la frusta gli
sparì dalle mani, mentre Simon si avventava su di lui dall’alto della carrozza.
Non riuscì nemmeno a chiedersi come avesse fatto quel ragazzino ad arrivare fin
lì, perché fu subito tempestato da colpi violenti e spietati. Urlò con quanto
fiato avesse in gola, ignaro che quelle grida aizzassero soltanto la violenza
di Simon ed eccitassero Kevin al punto che per la prima volta avvertì davvero
la sua magia e fece fatica a trattenerla. Simon impiegò ogni stilla della forza
del suo braccio in quelle frustate, senza avvertire minimamente la stanchezza,
ogni colpo più forte del precedente. Sentiva su di sé lo sguardo di Kevin e,
anche se non avrebbe saputo dire se per superbia, orgoglio o per guadagnarsi il
favore dell’amico, lo spingeva a dare il peggio di sé. Sapeva che la vista del
sangue sarebbe stato quanto di meglio avrebbe potuto chiedere Kevin, ma temeva
che per l’emozione avrebbe potuto tirare fuori troppo presto la sua magia, così
optò per una scelta originale ma non meno crudele. Ad ogni ferita aperta, ad
ogni goccia di sangue che usciva dal corpo della sua vittima sacrificale,
nasceva tramite la magia un papavero di un rosso intenso, inconfondibile.
Continuò ancora ed ancora, fino a che l’uomo non cessò di gridare e di lui rimase
solo un’aiuola di papaveri rossi di forma umana.
Kevin tornò umano applaudendo lentamente: «Non male...
è stato un bello spettacolo.»
Simon sorrise: «Non
ho ancora finito.»
Lo Stregone salì sulla carrozza e, con un colpo di
frusta diretto al cavallo, lo avvolse di fiamme nere che lo consumarono
all’istante. Il nitrito straziante della bestia rimbombò nell’aria mentre il
corpo di Simon cambiava, si faceva animalesco e violento, e si avventava sulla
carrozza, riducendola in brandelli. Infine, tornando umano, richiamò a sé con
la mano sinistra le ceneri del cavallo, trasformandole in un vasetto di vetro,
mentre con la destra sembrò risucchiare i papaveri che aveva creato dal
cadavere del malcapitato. Quando chiuse il coperchio del vaso, questo era pieno
di uno strano miele con riflessi rossastri.
«Per te. Un
piccolo assaggio di ciò che mi pare di aver capito tanto brami.»
Kevin era rimasto sinceramente impressionato dalla
prova di Simon. Ormai era chiaro che, anche da malvagi, rimanevano due persone estremamente
diverse, ma non gli dispiaceva il carattere subdolo e manipolatore dell’amico
che lui probabilmente non avrebbe mai posseduto. Gli aveva dato quello che
voleva, ma a modo suo, senza cedere a una violenza che non lo caratterizzava e
allo stesso tempo senza perdere una goccia della sua perfidia e del suo
sadismo. Aprì il vaso con avidità e se lo rovesciò direttamente in bocca,
assaporando il sapore malvagio e sacrilego della magia nera di Simon unito a un
piacevole retrogusto di sangue. Un miele che nonostante tutto non era dolce,
proprio per niente. Quando ebbe finito, Kevin si leccò le labbra al meglio che
poté, quasi dispiacendosi di non poter avere una lingua più lunga per far
durare più a lungo quel piacere, e ruppe a terra il vaso, calpestandone ben
bene i frammenti.
«Buono. Non vedo l’ora di assaggiarne dell’altro, o
meglio ancora di crearmene io stesso.»
«Bene. Ora sarà
il caso di tornare indietro, o Lucy si preoccuperà. Non deve sospettare di
nulla.»
«Sarà difficile fare finta di niente... inizio a
sentire la magia che preme per uscire, e sarà davvero dura continuare a fare il
bravo ragazzo...»
L’aspetto di Simon tornò normale, con i capelli biondi
e gli occhi azzurri, mentre anche la sua voce tornava del solito tono: «Capisco
perfettamente la sensazione. Anche per me darmi nuovamente una calmata dopo
questo piccolo... ritorno alle origini...
non è facile. Imparerai presto che la magia e la malvagità sono delle
droghe: più ne usi e più non puoi farne a meno.»
Kevin quasi rimase deluso dal ritorno della voce di
Simon al quale era abituato. Dopo aver udito quella intrisa di magia, ora
stonava alle sue orecchie. Nonostante tutto, ridacchiò: «E chi vuole più farne a meno?»
Simon rise con lui: «Esatto. Ma adesso, davvero,
dovrai fare uno sforzo. Ti aiuterò a mantenere le apparenze di fronte a Lucy.»
«Auguri.»
Per Kevin fu difficilissimo mantenersi tranquillo in
casa. Ogni ora si sentiva sempre meno tranquillo e sempre più malvagio. Sentiva
scomparire in lui ogni traccia di bontà e ne godeva, tanto che anche fingere
gli stava pesando sempre di più. Voleva mostrare al mondo l’aberrazione in cui
stava mutando e non poteva. La magia cresceva in lui sempre più potente, quasi
dolorosa, tanto che non riusciva completamente più a dormire, né a mangiare. Lucy
iniziò a pensare che stesse male, perché da un paio di giorni non lo vedeva più
sereno; non aveva più sorriso, neanche una volta, ed era inquieto e nervoso.
Arrivò persino a consigliargli di cercare un medico, ma Kevin la tranquillizzò
dicendole che era solo qualche effetto collaterale della solita insonnia. Simon
fece del suo meglio per distrarre Lucy dalla trasformazione dell’amico, ma
spesso l’unica soluzione era portarlo fuori casa e lasciarlo sfogare un
pochino.
Era per questo motivo che, cinque giorni dopo, Simon e
Kevin si ritrovarono in un locale piuttosto malfamato. Simon era all’erta: era
da quella mattina che Kevin tremava vistosamente, quasi avesse la febbre, e
aveva insistito con più veemenza del solito per uscire di casa, dicendo che si
sentiva soffocare dalle attenzioni di Lucy. Tuttavia, anche portandolo in un
posto a lui confacente, non sembrava riuscire a calmarsi, continuava a tremare
e si rifiutava di mangiare e bere.
Sorseggiando una bibita, Simon gli chiese: «Come va?»
«Male.»
Il Stregone Oscuro era un po’ preoccupato: «Sei sicuro
di non volere nulla?»
Kevin aspettò qualche secondo a rispondere: «Nulla che
possano servirmi in questo locale potrà placare la mia fame e la mia sete.»
Simon alzò un sopracciglio. Durante la sua trasformazione
non aveva mai provato né fame né sete, e non sapeva bene come aiutare l’amico.
«Potrei aiutarti io?»
«No... non più... devo fare da me.»
Accadde tutto in un secondo, e fu uno scoppio di magia
così violento che Simon sobbalzò sulla sedia. Apparentemente, per qualche
secondo, sembrò non fosse accaduto nulla, poi gli occhi di tutti i presenti, ad
esclusione di Simon, si accesero di una strana luce e iniziarono ad avventarsi
l’uno contro l’altro, con violenza. Kevin si sciolse in una risata malvagia.
«Non hai idea di quanto mi senta bene adesso!»
Simon gli sorrise: «Non ce l’hai fatta più, eh?»
«No, ma direi che ne è valsa la pena. Guardali, è così
che dev’essere il mondo. Violento e pieno di sete di sangue.»
Simon li osservò interessato: «Hai il potere di controllare gli istinti delle persone?»
Kevin annuì: «Gli istinti e i sentimenti, posso far
fare loro quello che voglio.»
«Interessante.»
«Mi sento traboccare di magia e malvagità! Dimmi, ti
ho raggiunto?»
«In realtà no,
io ero riuscito a resistere qualche giorno in più, ma sei comunque estremamente
potente, molto più di qualunque strega.»
Kevin lo guardò sorpreso: «Come hai fatto? Io già così
stavo impazzendo!»
Simon non gli rispose, limitandosi a riproporre quel
sorriso malevolo che ora compariva anche sul volto di Kevin.
«Come intendi
festeggiare il tuo risveglio?»
«Come in ogni festa che si rispetti...»
Il corpo di Kevin iniziò a cambiare: si abbassò fino a
ritrovarsi a quattro zampe, mentre il suo volto assumeva fattezze leonine,
sulla sua testa comparvero corna e gli spuntò un vero e proprio serpente come
coda.
«... con un
banchetto!»
Simon lo guardò ammirato: «Una chimera! Mi piace, ti si addice!»
Kevin rispose con un ringhio: «Vieni anche tu. Voglio condividere con te la mia gioia.»
Simon si trasformò a sua volta nel lupo, ma poi si
fermò.
«Fammi un favore, per questa volta. Usa i
tuoi poteri su di me, rendimi una bestia spietata. Non riesco proprio a capire
questa tua passione per il sangue, aiutami a comprendere. Chissà, magari potrebbe
anche piacermi.»
Il volto bestiale di Kevin sembrò sorridere: «Allora condividerò con te non solo la mia
gioia, ma anche la mia fame e la mia sete. Buon appetito, Simon, goditi il
banchetto!»
Kevin dovette usare quasi tutta la sua magia per
vincere le difese dell’amico, ma quando ci riuscì, il mondo per Simon cambiò
aspetto. I colori sparirono quasi del tutto, rimanendo solo in scala di grigi,
mentre un solo colore rimase al naturale, anzi, divenne ancora più vivo: il
rosso, e solo quello del sangue dei feriti che iniziavano ad esserci intorno a
loro. La bocca e la gola del lupo si fecero secche, sentì la pancia
restringersi, in una sensazione di vuoto che però non era spiacevole, anzi.
Anche il suo olfatto era mutato: sentiva pochi odori di sottofondo, mentre gli
unici che davvero attiravano la sua attenzione erano quelli umani, il sudore,
l’adrenalina e, ovviamente, il sangue. Intorno a lui non vedeva più delle
persone, ma solo cibo. Era questo, dunque, il mondo malvagio di Kevin?
Non aveva più importanza, l’unico pensiero fisso che
lo tormentava era quella fame impellente e malvagia. Si avventò sulla persona
più vicina e la divorò con una furia di cui non si credeva capace, ancora viva,
godendosi le sue urla di dolore e disperazione, e via così, una vittima dietro
l’altra, fino a che nel locale non rimasero solo due bestie sporche di sangue e
tremendamente felici. Fu solo a quel punto che Kevin ritornò normale e cessò
gli effetti della sua magia su Simon.
«Allora, com’è stato?»
Anche Simon riprese il suo aspetto umano e, seduto sul
pavimento, riprese fiato ansimando: «Una
follia di sangue. Davvero, non pensavo potesse essere così...»
«Così...?»
«...
soddisfacente e divertente.»
Si guardò intorno, fissando i brandelli di abiti
insanguinati, ancora un po’ incredulo per essere riuscito a divorare una
ventina di persone intere, comprese le ossa e addirittura l’anima, quasi come
un kishin, anzi, persino peggio, ed essersi divertito
come un matto nel farlo.
«Allora, Kevin,
sei sazio?»
Il ragazzo si ripulì dalle tracce di sangue sul volto
con una lingua innaturalmente lunga e biforcuta: «Diciamo che come antipasto
può bastare.»
«Davvero? Io
dubito che per un paio di giorni riuscirò anche solo mandare giù la colazione
di Lucy.»
Di tutta risposta Kevin andò a prendere qualche
brandello di abito ancora intriso di sangue e lo leccò: «La mia sete di carne e
sangue è insaziabile, per fortuna, e qualunque delizioso pasto potrà preparare
la tua sposa alle mie labbra sarà solo sabbia, ormai.»
Simon annuì. Finito l’effetto della magia di Kevin,
era tornato alla normalità, ma ora poteva capire finalmente l’amico.
«Come la mia
sete di potere. Io non mi sentirò mai abbastanza potente da poter essere
soddisfatto.»
Kevin buttò via lo straccio ormai pulito da ogni
goccia di sangue: «Credo sia questa la nostra essenza di Stregoni. Cambia solo
il tipo di fame, ma non saremo mai sazi, non potremo mai fermarci. Adoro questa
cosa!»
«Oh sì, anche
io. È l’essenza stessa della nostra vita, dei nostri respiri. È bello
finalmente avere qualcuno che mi capisce.»
«Già...»
«Ora torniamo a
casa. L’opera non è ancora conclusa.»
Lucy dormiva placidamente nel suo letto, e grazie a un
aiutino di Simon, avrebbe continuato ancora a lungo.
«Sei pronto?»
«Certo!»
I due Stregoni si avvicinarono a Lucy ed entrambi
infilarono le loro mani nel petto della ragazza, afferrando la sua anima. Il
processo questa volta si rivelò più complesso, ed essere in due fu
indispensabile: l’anima di Lucy, infatti, conteneva un frammento di quella di
suo nonno, ed era necessario trattarle separatamente. Kevin infuse un pizzico
di magia e malvagità nell’anima della ragazza, Simon si preoccupò di sciogliere
ogni legame fra quel frammento d’anima di kishin e
l’originale, in modo che James non si potesse accorgere dei cambiamenti che
sarebbero avvenuti in lei e non avvertisse la Shibusen.
«Ecco fatto.»
Entrambi si accasciarono sul pavimento, un po’
esausti.
Non restava altro da fare che attendere, ma in due
l’attesa sarebbe stata molto più piacevole.
Simon: Non
vedo l’ora che sia mattina.
Kevin:
Immagino...
Simon: Sono
sicuro che Lucy sceglierà di essere come noi, ma la lascerò libera. Come anche
i lettori sono liberi di scegliere fra:
Capitolo 42 *** [BIVIO] Una delusione quasi inspiegabile! Perché devo essere sempre così dolce? ***
Nel bivio precedente avete deciso di
seguire Simon e Kevin?
Allora siete
nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non
vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Per caso avevate deciso che Simon
dovesse diventare buono?
Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non
vi ricordate nessuna scelta per Simon fra buono e cattivo?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete
convinti di seguire Lucy?
Allora siete nel posto giusto! Buona lettura!
Una delusione quasi inspiegabile!
Perché devo essere sempre così dolce?
Lucy si svegliò un po’ più tardi del solito. Con un
grosso sbadiglio cercò le ciabatte, ma queste erano finite sotto il letto, come
se qualcuno ci avesse dato un calcio. Ingoiando un paio di maledizioni, si
chinò a cercarle, poi, quando le ebbe in mano, si fermò perplessa. Perché
prendersela tanto per un paio di ciabatte? Non era da lei. Prese un profondo
respiro imponendosi la calma. Cos’era successo alla fine? Nulla! Sorrise
leggermente. Forse aveva fatto un brutto sogno quella notte e le era rimasto
addosso il nervosismo, non era niente di grave.
Cercando di dissimulare, soprattutto con se stessa, il
crescente nervosismo, si preparò e andò in cucina. Lì trovò Kevin ancora appisolato,
mentre di Simon pareva non esserci traccia. Per una volta che rimaneva
addormentata nessuno che preparasse la colazione, eh?
Lucy ignorò volutamente l’irritazione per quel
pensiero e con un atteggiamento quasi apatico cominciò a preparare il pasto.
Poco dopo entrò nella stanza Simon.
«Buongiorno Lucy!»
«Ciao.»
Simon si avvicinò preoccupato: «Va tutto bene?»
Lucy si rese conto di aver risposto con un tono
decisamente più cupo del solito e si affrettò a rimediare: «Sì, certo! Credo
solo di non aver dormito bene stanotte, mi sono svegliata ancora stanca.»
Simon le sorrise comprensivo: «Può capitare. E a
proposito di sonno, penso mi tocchi andare a buttare giù da divano Kevin...
torno subito.»
Ma prima di allontanarsi le diede un fugace bacio
sulla guancia. Lucy sorrise e si rimise al lavoro, col sottofondo delle
proteste di Kevin che le fecero solo allargare il sorriso.
Fu però quando la caffettiera non volle saperne di
avvitarsi correttamente che le salì nuovamente quello strano nervoso, così
improvviso che la ragazza non riuscì a controllarsi e lanciò tutto contro il
muro più vicino. Per qualche secondo rimase lì a fissare il punto dell’impatto
e il caffè sparso a terra, ansimante, come se in quel lancio avesse messo tutta
la sua forza e la sua anima, ma quello che provò, anche se solo per un istante,
la lasciò sorpresa.
Delusione?
Perché avrebbe
dovuto essere delusa?
Forse perché
la caffettiera non aveva funzionato a dovere?
Solo il colpo di tosse di Kevin alle sue spalle la
riportò alla realtà.
«Ehm... volevo augurarti buongiorno, ma non so se lo
sia...»
Lucy si voltò imbarazzatissima: «Scusa Kevin!
Buongiorno! Ora raccolgo tutto, scusa!»
Simon scosse la testa: «Lascia, per oggi faccio io.»
Con un gesto della mano il ragazzo fece sparire ogni
traccia di caffè e fece apparire la colazione sul tavolo, esattamente identica
a quella preparata da Lucy ogni mattina.
La ragazza sospirò: «Non dovresti...»
Il suo promesso sposo le scostò la sedia: «Lo so, ma
tengo alla nostra incolumità... e se il prossimo oggetto che lanci fosse
diretto a noi?»
Lucy ridacchiò: «Esagerato... ma che non sia
un’abitudine!»
«Promesso.»
Il resto della colazione si svolse come di consueto,
ma Lucy rimase più silenziosa del solito. Non riusciva a spiegarsi cosa le
fosse preso, non era da lei. Kevin dopo un po’ provò a metterle una fetta
biscottata davanti alla bocca. Lei lo guardò perplessa e il ragazzo ridacchiò.
«Se hai ancora intenzione di morderci, addenta prima
questa.»
Lucy ridacchiò nervosamente per lo scherzo: «Già...
scusate ancora per prima.»
Simon rispose tranquillamente, imburrando il pane: «Te
l’ho detto, stai tranquilla, non è successo niente. Una giornata partita col
piede storto capita a tutti. E non puoi dire di non essere sotto stress,
ultimamente. Non preoccuparti.»
Kevin sorrise: «Forse sei stata anche troppo chiusa in
casa. Perché non esci a fare una passeggiata?»
Lucy abbassò lo sguardo: «Non posso rischiare che mi
riconoscano.»
«E se ti aiutassimo a mascherarti?»
Lucy si voltò sorpresa verso Simon: «In questa città
piena di ricercati nessuno farà caso a una persona con il volto coperto anche
solo da una sciarpa... non serve niente di elaborato.»
Lucy rimase per un po’ pensierosa, poi annuì:
«D’accordo.»
La ragazza si guardò allo specchio: un vecchio
cappello, un impermeabile e una sciarpa ed effettivamente diventava dura
riconoscerla.
Simon le sorrise: «Ecco fatto! Ora puoi andare a fare
la spesa senza problemi, no?»
«Sì... penso di sì.»
Kevin le aprì la porta di casa: «E allora vai,
coraggio!»
«Ci vediamo tra poco.»
«Va bene.»
«Buona passeggiata!»
«Grazie.»
Lucy si ritrovò sul marciapiede, quasi smarrita.
Doveva avere davvero una brutta aria perché sia Simon che Kevin la spingessero
a uscire con così tanta insistenza. Sospirò, avviandosi verso il centro. Non
voleva ammetterlo, ma i suoi nervi erano a pezzi. L’aria fresca però la tirò un
po’ su di morale. Forse Kevin non aveva tutti i torti, una passeggiata forse
era quello che le ci voleva. Imboccò un vicolo quasi sovrappensiero, andando a
sbattere contro qualcuno.
«Scusi...»
La ragazza alzò lo sguardo per vedere contro chi fosse
andata a sbattere e improvvisamente la sua bocca si fece secca. Di fronte a lei
c’era un energumeno due volte più grande di lei, pelato e con una faccia
piuttosto spaventosa.
«Scusa un corno, non crederai di scamparla così, eh?»
La prima reazione di Lucy fu la fuga, ma l’uomo
l’agguantò per la giacca e la sollevò di peso quasi senza sforzo, facendole
scivolare via il cappello.
«Oh, ehi... ma non sei un moccioso, anzi... sei
piuttosto carina, sai? Più delle sgualdrine che girano a Nisty
di solito...»
Lucy era terrorizzata. Cosa voleva farle quell’uomo?
Doveva scappare, doveva trasformarsi in polvere, addormentarlo e fuggire dritta
a casa per non uscirne mai più, era la cosa giusta da fare! Ma non riusciva a
muoversi. Fissò dritto negli occhi quell’uomo... e improvvisamente la assalì di
nuovo quel senso di delusione, chiaro, netto.
Non era stata delusa dalla caffettiera, come in quel
momento non era delusa dal suo aggressore o dal risultato della sua passeggiata.
Era delusa da
se stessa e dalla sua debolezza.
Perché quella mattina pur avendo lanciato quella
caffettiera con tutte le sue forze non aveva nemmeno scalfito il muro. Perché
era così debole da non voler uscire di casa. Perché era così debole da farsi
maltrattare dal primo venuto. Lo sapeva, lo aveva sempre saputo, e allora
cos’era cambiato quella mattina?
La risposta le giunse spontanea. Quella mattina era
nato in lei un desiderio di rivalsa.
Era stufa di essere la piccola, dolce,
innocente Lucy. Voleva essere qualcosa di più forte, anche se ancora non
sapeva cosa. E quella parola, cosa, le
accarezzò l’anima. Non chi, cosa. Fosse
stato anche un qualcosa di completamente diverso da ciò che era, le andava
bene, purché ci fosse un modo per cancellare quella sciocca e debole parte di
sé che in quel momento disprezzava con tutta se stessa. Lo sguardo che rivolse
verso il suo aggressore era già molto diverso da quello che aveva esibito poco
prima. Chissà se lui poteva aiutarla...
Fu con quel pensiero che Lucy si risvegliò. Era a
terra e del suo aggressore non c’era più alcuna traccia. Afferrò cappello e
giacca e corse verso casa, trovandola vuota. Simon e Kevin dovevano essere
usciti. Posò tutto e si buttò sul divano.
Ma davvero, che le stava succedendo? Prima il nervoso,
poi l’aggressione e infine lo svenimento. Senza contare quel... quel...
Sospirò. Non sapeva nemmeno come definirlo, di quel
momento aveva ricordi un po’ confusi, forse oltre allo stress poteva anche star
covando qualche malattia. Si alzò e si diresse verso la cucina. Per evitare
altri svenimenti la cosa migliore era mangiare qualcosa di dolce, e visto anche
il suo umore, non c’era niente di meglio di qualche cucchiaiata di miele, come
faceva sempre quando era giù di morale...
Prese il solito vasetto, ormai quasi vuoto. In effetti
ultimamente ne aveva mangiato parecchio...
Fu solo a quel punto che notò un altro vasetto, più
indietro, quasi nascosto. Per raggiungerlo le fu necessaria una sedia e quando
lo afferrò ne fu piuttosto sorpresa. Era un miele rossastro, senza alcuna
etichetta sul vasetto, che era certa di non aver mai comprato. Lo osservò
controluce. Da quali fiori poteva essere stato ricavato per avere quel colore?
Rose, forse? Alzò le spalle, scese dalla sedia e svitò il coperchio dal barattolo,
immergendo un cucchiaino nel miele, per poi portarselo alla bocca. Trasalì
dalla sorpresa. Quel miele non era affatto dolce, anzi! Tuttavia...
Ne prese una seconda cucchiaiata. Il gusto non le
dispiaceva affatto, per quanto fosse strano, le sembrava quasi adeguato al suo
umore. Prima che se ne rendesse conto ne mangiò altri tre cucchiaini. Si
sentiva meglio. Quel curioso miele sembrava non tanto risollevarle il morale,
come le accadeva di solito, ma rilassarla. I problemi sul suo stato d’animo le
sembrarono molto più piccoli e accettabili cucchiaino dopo cucchiaino. Si era
sentita debole e imperfetta, e allora? Non doveva fare altro che cambiare, e le
sembrava così semplice in quel momento, come se le bastasse desiderarlo e
basta. Forse era già diversa, diversa dal giorno prima, quando un miele come
quello probabilmente non le sarebbe piaciuto, mentre in quel momento aveva
l’impressione che non sarebbe più riuscita a mangiare quello normale... troppo
dolce, troppo nauseante, come il suo solito atteggiamento, di cui
improvvisamente aveva quasi il voltastomaco.
Fu il rientro di Kevin a risollevarla dai suoi strani
pensieri.
«Lucy, sei già a casa?»
«Sì.»
Si sarebbe aspettata che le chiedesse come fosse
andata la sua passeggiata, invece Kevin fissò quasi inorridito il vasetto di
miele.
«E quello dove l’hai preso?»
«Dal fondo dell’armadio, quello che avevo comprato io
era finito. È un problema?»
«No, no, assolutamente... era un vasetto che avevo
preso per me, non pensavo ti piacesse, ha un gusto un po’... particolare...»
Lucy annuì: «Me ne sono accorta, però non mi
dispiace.»
«Davvero?»
«Sì.»
La ragazza si rese conto che sovrappensiero si era
mangiata quasi mezzo vasetto: «Scusa, era tuo e te l’ho quasi finito.»
Kevin le rispose di spalle, mentre ritirava
impermeabile e cappello: «Non fa nulla, davvero. Se ti piace così tanto posso
procurartene dell’altro.»
«Davvero?»
«Certo!»
«A proposito, di che cos’è? Non c’è l’etichetta...»
«Papavero.»
Lucy ripeté sovrappensiero: «Papavero... ok...»
Rimise in bocca un’ultima cucchiaiata, prima di
chiudere il vasetto.
Lucy: E adesso
come lo rimetto su?
Kevin: Lascia,
faccio io.
Lucy: Oh, grazie.
Kevin: Lo sai che i papaveri, sono alti alti alti,
e tu sei piccolina, e tu sei... AAAAAHH!!!
Soul Eater, Richiamo di sangue, 24° capitolo: La violenta
esplosione della strega! Meglio un pizzico di follia della debolezza?
Kevin: EHI!
Che bisogno c’era di togliermi la sedia da sotto i piedi?
Lucy: Non mi
piaceva la canzone.
Kevin: Ma c’è
modo e modo di protestare!
Simon: Mfff...
Kevin: E tu
non ridere! Proprio adesso dovevi tornare?
Capitolo 43 *** [BIVIO] Guide nell’ombra! Un piccolo segno di malvagità in chi è sempre stato perfetto? ***
Nel
bivio precedente avete deciso di seguire Lucy?
Allora siete
nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non
vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Per caso avevate deciso che Simon
dovesse diventare buono?
Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non
vi ricordate nessuna scelta per Simon fra buono e cattivo?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete
convinti di seguire Simon e Kevin?
Allora siete nel posto giusto! Buona lettura!
Guide nell’ombra! Un piccolo
segno di malvagità in chi è sempre stato perfetto?
Né Simon né Kevin riuscirono a dormire per
l’eccitazione e passarono la notte a confabulare, immaginando come potesse
comportarsi Lucy al risveglio; tuttavia per mantenere le apparenze entrambi
tornarono nei loro letti e finsero che fosse una mattina come tutte le altre.
Lucy si svegliò circa una mezz’oretta dopo che Simon disattivò l’incantesimo
per farla dormire e dopo più tempo del normale si presentò in cucina. Kevin la
sbirciò di sottecchi, ma non sembrò vedere nulla di anomalo. Fu a quel punto
che Simon decise di entrare in scena.
«Buongiorno Lucy!»
«Ciao.»
Gli stregoni oscuri rimasero leggermente sorpresi da
quel tono così apatico.
Simon si avvicinò: «Va tutto bene?»
Lucy rispose in fretta: «Sì, certo! Credo solo di non
aver dormito bene stanotte, mi sono svegliata ancora stanca.»
Simon le sorrise comprensivo: «Può capitare. E a
proposito di sonno, penso mi tocchi andare a buttare giù da divano Kevin...
torno subito.»
Ma prima di allontanarsi le diede un fugace bacio
sulla guancia, per poi dirigersi verso il compagno. Trovò Kevin con la testa
dentro il cuscino, che cercava disperatamente di trattenere una risata. Simon,
impassibile, lo scosse come per svegliarlo e gli sussurrò all’orecchio: «Non sei di grande aiuto, così.»
Kevin gli rispose con un ghigno divertito: «Scusa, ma è troppo divertente... sei un
attore perfetto, adoro come la stai prendendo in giro!»
Simon rimase serio: «Io
non la prendo in giro. Cerco solo di essere discreto. Sappi che non mi diverto
neanche un po’.»
«Ceeerto, come no... e dovrei pure crederti?»
«Ti
ricordo che tu sei stato intortato da me come e peggio di lei.»
«Touché.»
«Ora
alzati, non possiamo continuare la pantomima a lungo.»
Ma non appena Kevin si mise in piedi si resero conto
che Lucy non stava facendo troppo caso a loro, perché presa dalla caffettiera.
Con uno scatto che li fece trasalire entrambi, la lanciò contro il muro con una
violenza inaspettata.
Kevin sussurrò ancora: «Bé, direi che ha funzionato.»
Simon gli rifilò un’occhiataccia e solo allora si
decise ad entrare nella parte, per quanto l’idea gli fosse quasi
insopportabile. Fissò Lucy con attenzione per un momento, ricordando quando
aveva sbattuto la porta del frigo, quel primo, piccolo istante di malvagità.
Oh, come capiva il suo smarrimento e la sua eccitazione negata... ma Simon
aveva ragione, era il caso di riportarla alla realtà.
Con un piccolo colpo di tosse attirò la sua
attenzione.
«Ehm... volevo augurarti buongiorno, ma non so se lo
sia...»
Lucy si voltò imbarazzatissima: «Scusa Kevin!
Buongiorno! Ora raccolgo tutto, scusa!»
Simon scosse la testa: «Lascia, per oggi faccio io.»
Con un gesto della mano il ragazzo fece sparire ogni
traccia di caffè e fece apparire la colazione sul tavolo, esattamente identica
a quella preparata da Lucy ogni mattina. Kevin ebbe una piccola fitta
d’invidia. Aveva una voglia matta di usare anche lui la sua magia...
La ragazza sospirò: «Non dovresti...»
Il suo promesso sposo le scostò la sedia: «Lo so, ma
tengo alla nostra incolumità... e se il prossimo oggetto che lanci fosse
diretto a noi?»
Lucy ridacchiò: «Esagerato... ma che non sia
un’abitudine!»
«Promesso.»
Il resto della colazione si svolse come di consueto,
ma Lucy rimase più silenziosa del solito. Simon ebbe una sensazione di déjà-vu
e trattenne una risata osservando il volto scocciato di Kevin. Alla fine anche
il ragazzo dai capelli rossi cercò di darsi da fare, a modo suo, mettendole una
fetta biscottata davanti alla bocca. Lucy lo guardò perplessa e Kevin
ridacchiò: «Se hai ancora intenzione di morderci, addenta prima questa.»
Lucy ridacchiò nervosamente per lo scherzo: «Già...
scusate ancora per prima.»
Simon rispose tranquillamente, imburrando il pane: «Te
l’ho detto, stai tranquilla, non è successo niente. Una giornata partita col
piede storto capita a tutti. E non puoi dire di non essere sotto stress,
ultimamente. Non preoccuparti.»
Kevin rimase quasi sconvolto. Le stesse identiche
frasi che aveva detto a lui. E funzionavano ugualmente! Non sapeva se essere
sconvolto o ammirato per l’abilità del suo maestro d’armi, ma doveva ugualmente
aiutarlo.
«Forse sei stata anche troppo chiusa in casa. Perché
non esci a fare una passeggiata?»
Lucy abbassò lo sguardo: «Non posso rischiare che mi
riconoscano.»
Simon alzò gli occhi al cielo trattenendo un sospiro
per la ritrosia della ragazza: «E se ti aiutassimo a mascherarti?»
Lucy si voltò sorpresa verso Simon e lui continuò a
parlare, intimamente sorpreso dal fatto che lei non avesse mai pensato da sola
a quella semplice opzione, ma anche provando la stessa soddisfazione di un
ragno che vede la sua preda avvinghiarsi sempre di più nella propria tela: «In
questa città piena di ricercati nessuno farà caso a una persona con il volto
coperto anche solo da una sciarpa... non serve niente di elaborato.»
Kevin annuì. Ormai potevano dirsi degli esperti dei
luoghi più malfamati della città.
Lucy rimase per un po’ pensierosa, poi annuì:
«D’accordo.»
Appena conclusa la colazione Simon e Kevin si
procurarono con la magia un vecchio cappello, un impermeabile e una sciarpa,
premunendosi di incantarli in modo da sapere sempre dove fosse la ragazza e
glieli fecero provare davanti a uno specchio.
Simon le sorrise: «Ecco fatto! Ora puoi andare a fare
la spesa senza problemi, no?»
«Sì... penso di sì.»
Kevin le aprì la porta di casa: «E allora vai,
coraggio!»
«Ci vediamo tra poco.»
«Va bene.»
«Buona passeggiata!»
«Grazie.»
Non appena la ragazza si allontanò un pochino, Kevin
si lasciò andare sul divano senza forze.
«Giuro che non pensavo fosse così difficile.»
Simon ridacchiò: «Tu hai perso decisamente molta
pazienza nella trasformazione.»
«E tu ne hai guadagnata più del normale... Lucy è
estenuante!»
«Anche tu non eri male, ma devo ammettere che lei ti
batte di gran lunga.»
«Davvero, come fai? Io stavo per condizionarla pur di
farla uscire!»
Sul volto di Simon si allargò un ghigno: «Pregusto la
magnificenza che sta nascendo in lei... se sta combattendo così tanto è perché
quello che sta diventando dev’essere veramente malvagio, e non vedo l’ora di
vederlo.»
Kevin sospirò: «La ami alla follia, veramente...»
Simon divenne incorporeo: «Già... che ne dici, la
seguiamo?»
Kevin, ancora seduto sul divano, alzò le spalle e si
trasformò in polvere: «Non che avessi programmi migliori per la mattinata...»
In un attimo la raggiunsero. Lucy stava imboccando un
vicolo e andò a sbattere contro uno di quegli attaccabrighe che tanto avevano
fatto divertire Simon e Kevin durante la trasformazione di quest’ultimo.
Lucy rispose con una vocetta acuta: «Scusi...»
L’uomo non sembrò gradire la risposta: «Scusa un
corno, non crederai di scamparla così, eh?»
La prima reazione di Lucy fu la fuga, ma l’uomo
l’agguantò per la giacca e la sollevò di peso quasi senza sforzo, facendole
scivolare via il cappello.
«Oh, ehi... ma non sei un moccioso, anzi... sei
piuttosto carina, sai? Più delle sgualdrine che girano a Nisty
di solito...»
Kevin ebbe l’istinto di correre in suo soccorso, ma fu
fermato dal sussurro perentorio di Simon: «Metti
giù le mani da mia moglie.»
L’amico rabbrividì per il tono della minaccia e per la
rabbia furiosa che lo Stregone Oscuro emanava. Il tizio non aveva la minima
idea di quanto stesse rischiando grosso.
Ma prima che Simon potesse reagire in qualunque modo,
una leggera vibrazione nell’aria fece trasalire entrambi gli stregoni.
«Magia?»
«Questa è...»
Entrambi fissarono Lucy preoccupati. Possibile che si
stesse già risvegliando? Era troppo presto! I due si precipitarono verso terra
e Simon si preoccupò di sedare subito la sua amata prima che fosse troppo
tardi.
L’uomo rimase interdetto: «Ehi, che succede?»
Simon, imponendosi la calma, fece un gesto con la
mano. L’omone divenne all’istante una piccola statuina di terracotta.
«Zitto tu. Non
solo stavi per aggredire mia moglie, ma stavi mandando all’aria tutti i miei
piani.»
Kevin rimase ben zitto, osservando i capelli e gli
occhi neri dell’amico. I suoi nuovi poteri lo avevano reso particolarmente
sensibile ai sentimenti delle persone che lo circondavano e quello che
avvertiva in Simon era molto più di una rabbia repressa. Era puro desiderio di
compiere del Male. Osservò l’amico prendere la testa di Lucy sulle sue
ginocchia e accarezzarla, e solo quando gli sembrò che si fosse leggermente
calmato prese la parola.
«Certo che non me l’aspettavo... così in fretta...»
Simon sospirò: «Le
streghe sono diverse dagli stregoni, lo sapevo, ma ammetto che ha stupito anche
me.Le streghe faticano molto di più
a resistere al desiderio di usare la loro magia. Inizio a pensare che sarà
necessario tenerla sotto stretto controllo se vogliamo aiutarla a diventare
potente quanto noi.»
Kevin sbuffò: «Sarà dura...»
Simon annuì sorridendo in modo sadico, senza mai
smettere di accarezzare la sua Lucy: «Già...
ma sarà fantastico. Lucy ha sempre represso qualunque sentimento o pensiero
negativo, è sempre stata un angelo... e ora guarda con quanta forza questi
stanno cercando di uscire!»
L’altro stregone sorrise intenerito. Niente da fare,
Simon era proprio cotto!
«Cosa facciamo adesso?»
Simon lasciò andare la sua amata: «La svegliamo. Se la conosco abbastanza bene
dopo questa esperienza si spaventerà e tornerà a casa. Vai con lei, aspetta un
pochino e poi entra.»
«E tu?»
Simon afferrò la bambolina di terracotta rimasta sul
selciato e la strinse nel pugno con forza, mentre la sua mano era avvolta da
pura magia nera: «So che moriresti dalla
voglia di sfogare la tua sete di sangue, ma questo...
questo devo chiederti di lasciarlo a me.»
Kevin alzò le mani in segno di resa. Chi si sognava di
mettersi contro Simon in quello stato?
«Grazie.»
E dopo aver svegliato Lucy svanì nell’aria. Kevin si
ritrasformò in polvere e attese che la ragazza si destasse del tutto e tornasse
in casa. Dovendo attendere un pochino, aggredì un passante e dopo essersi fatto
un piccolo spuntino, rientrò.
«Lucy, sei già a casa?»
«Sì.»
E dove doveva essere? Kevin chiuse la porta, posò la
sua giacca e si voltò verso Lucy. Per un attimo rimase paralizzato dalla
sorpresa. La ragazza stava mangiando il suo
miele, quello creato da Simon per lui durante la sua trasformazione in
stregone.
«E quello dove l’hai preso?»
«Dal fondo dell’armadio, quello che avevo comprato io
era finito. È un problema?»
Bella domanda,
pensò
Kevin. Come avrebbe reagito Lucy in quel momento se si fosse resa conto di star
divorando con gusto un altro essere umano? E quel pasto poteva aiutarla o
avrebbe solo accelerato ulteriormente il processo di trasformazione che lui e
Simon stavano cercando di rallentare? Non aveva la risposta, forse non
l’avrebbe avuta neppure Simon, ma una risposta alla domanda di Lucy andava
data.
«No, no, assolutamente... era un vasetto che avevo
preso per me, non pensavo ti piacesse, ha un gusto un po’... particolare...»
Lucy annuì: «Me ne sono accorta, però non mi
dispiace.»
Kevin la guardò incuriosito: «Davvero?»
«Sì.»
La ragazza fissò il vasetto: «Scusa, era tuo e te l’ho
quasi finito.»
Kevin si voltò con la scusa di ritirare l’impermeabile
e il cappello lasciati da Lucy sul divano, incapace di trattenere un sorriso
puramente malvagio: «Non fa nulla, davvero. Se ti piace così tanto posso
procurartene dell’altro.»
«Davvero?»
«Certo!»
Oh, poteva avere l’occasione di sperimentare di
persona le mille torture che aveva ideato durante la tua trasformazione, come
avrebbe potuto negarglielo? E poi se Lucy si abituava a quel gusto
probabilmente era solo una cosa positiva.
«A proposito, di che cos’è? Non c’è l’etichetta...»
Kevin rifletté un secondo prima di rispondere:
«Papavero.»
Lucy ripeté sovrappensiero: «Papavero... ok...»
Non aveva mentito, dopotutto Simon trasformava davvero
la gente in papaveri prima di ricavare quel piccolo, maligno nettare. Lucy
rimise in bocca un’ultima cucchiaiata, prima di chiudere il vasetto e rimetterlo
a posto. Kevin non vedeva l’ora che Simon tornasse per raccontargli i progressi
di quel piccolo angioletto in piena caduta verso l’inferno.
Forse aveva ragione, dopotutto. Sarebbe stato
fantastico.
Simon:
D’accordo, allora chi va a procurarsi il miele per Lucy?
Kevin: Io! Io!
Dai, lasciamelo fare!
Simon: Uhm...
Soul Eater, Richiamo di sangue, 24° capitolo: La violenta
esplosione della strega! Meglio un pizzico di follia della debolezza?
Simon: E chi
mi assicura che tu le vittime le trasformerai davvero e non te le divorerai?
Capitolo 44 *** [BIVIO] La violenta esplosione della strega! Meglio un pizzico di follia della debolezza? ***
Per caso avevate deciso che Simon
dovesse diventare buono?
Allora siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungere l’inizio della vicenda o qui
per continuare dall’ultimo capitolo.
Non vi ricordate nessuna scelta per Simon fra buono e cattivo?
Può capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di seguire Simon diventato cattivo?
Allora siete nel posto giusto! Buona lettura!
La violenta esplosione della strega! Meglio un pizzico di follia
della debolezza?
Due giorni dopo, nella casa che occupavano ormai da
qualche tempo, la vita di Lucy, Simon e Kevin era ormai intrisa di una tensione
nascosta.
Lucy naturalmente non era più voluta uscire, ma
ugualmente si sentiva nervosa e ossessionata dal pensiero di non voler essere
più debole. Si odiava per non avere la forza d’animo di varcare la porta e allo
stesso tempo non riusciva a farlo. Rimaneva a vagare per casa come un’anima in
pena, cercando continuamente qualcosa da fare per tenersi occupata.
Simon e Kevin, se non erano entrambi presenti, si
davano il cambio per non lasciarla mai da sola. Non avevano la più pallida idea
delle possibili reazioni di Lucy, arrivati a quel punto. Un principio di magia
aveva già cercato di svilupparsi in lei, ma era quasi subito svanito e da quel
momento non ce n’era più stata traccia. Per di più, a differenza di Kevin, la
ragazza non parlava, non si sfogava con loro, teneva tutto dentro; e se questo
per lo sviluppo della magia poteva anche essere un bene, dall’altro lato
rendeva davvero difficile ai due Stregoni capire come aiutare la ragazza.
Simon, di ritorno dalla spesa, si avvicinò a Kevin: «Come andiamo?»
Il ragazzo indicò Lucy, che stava lucidando con più
insistenza del normale tutte le posate di casa: «Come
al solito.»
«Riesci
a sentire i suoi sentimenti?»
«Confusione,
nervosismo, inadeguatezza... non posso dirti di più.»
«Capisco.»
Il biondo si avvicinò al suo amore e le schioccò un
bacio sulla guancia.
«Ti ho portato il pane.»
Lucy quasi lo ignorò, apatica: «Grazie.»
Simon l’abbracciò da dietro, con dolcezza, ma lei si
scostò, infastidita. Simon rimase interdetto: questo per Lucy era davvero strano.
Il ragazzo, con un sospiro, provò a sedersi di fronte a lei.
«Posso fare qualcosa per aiutarti a stare meglio?»
«Non starmi così appiccicato sarebbe già un aiuto.»
Simon tirò fuori dalla borsa il vasetto di miele rosso
e lo fece scorrere sul tavolo: «E questo potrebbe essere un altro aiuto?»
Lucy alzò le spalle: «Forse.»
Poi, vedendo che la ragazza non gli rivolgeva più la
parola, con un sospiro si alzò dal tavolo e tornò da Kevin in camera sua.
«Ok, non è
decisamente da lei.»
«Che non abbia funzionato?»
«No, ha
funzionato sicuramente, ma forse semplicemente è più resistente del previsto.»
Kevin lo guardò scandalizzato: «Più resistente? Ha cercato di liberare la magia in meno di un
giorno!»
Simon fece un gesto di stizza: «Non parlavo di quello! Credo che stia facendo più resistenza
nell’ammettere che qualcosa in lei sta cambiando. Tu lo hai accettato
abbastanza facilmente, ma lei non ha quasi mai mostrato lati oscuri finora.»
«Sì, ok, ma cosa
sta cambiando in lei? È quello che non riesco a capire!»
Simon sospirò pensieroso: «Bella domanda.»
«Dato per appurato che lo sviluppo di una strega è
diverso da quello di uno Stregone, e che quindi non possiamo usare la nostra
esperienza come base sicura per fare un confronto, proviamo ad andare per
esclusione. Cosa è cambiato in lei negli ultimi due giorni?»
Simon sorrise. Rieccolo, per un attimo, il vecchio Kevin
calcolatore!
«È più nervosa.»
«Vuole stare da sola.»
Simon scosse la testa: «Non proprio. Negli ultimi giorni ci spingeva spesso a uscire, adesso
non lo fa più. No, non è la nostra presenza in sé a darle fastidio, ma qualcosa
che facciamo, che abbiamo sempre fatto e che ora non va più bene.»
«Non accetta più i tuoi abbracci.»
«Ma i baci sì.»
«Gli abbracci no, ma i baci sì. Dov’è la differenza?
Inoltre, sta facendo molti lavori in più del solito. Dai, quando mai si è messa
a lucidare le posate?»
«Non vuole più
uscire, ma allo stesso tempo sopporta di meno il fatto di stare in casa. Anche
se noi le proponessimo di uscire, anche insieme, reagirebbe male.»
«Forse... forse soprattutto se glielo proponessimo
insieme.»
«Cosa vuoi
dire?»
«Sai, stavo riflettendo sui sentimenti che sento in
lei in questi giorni. Ce n’è uno che è simile, ma diverso da prima. Prima era insicura. Ora si sente inadeguata. Tu dovresti sapere benissimo
che non è la stessa cosa.»
Simon annuì. Lui si era sempre sentito inadeguato,
prima di incontrare loro, e poi era passato a insicuro. Fu a quel pensiero che
ebbe un flash.
«Inutile!»
«Scusa?»
«Si sente
inutile! Ecco cos’è che mi sfuggiva! Come me una volta!»
Kevin rimase pensieroso: «Ok... e mentre tu ti
abbattevi, lei diventa iperattiva. D’accordo. Ma la questione degli abbracci?»
Senza troppe cerimonie, Lucy spalancò la porta della
camera: «È ora di pranzo, venite?»
«Sì, subito.»
I due la seguirono, ma continuarono a borbottare tra
loro.
«E
quindi? Cosa facciamo?»
Lucy sbottò: «Magari apparecchiate il tavolo! Se vi
annoiate tanto qualcosa da fare lo trovo pure per voi!»
Kevin e Simon trasalirono: «Aspetta... ci capisci?»
«Non sono mica scema.»
I due Stregoni si guardarono. Era il momento di
anticipare di un bel po’ un certo discorsetto...
Lucy non disse una parola durante l’intera spiegazione
dei due Stregoni. Li guardò, quasi impassibile, aspettando la fine del loro
discorso, e anche allora stette in silenzio per un bel po’. Simon non sapeva
davvero cosa pensare. Lo odiava per quello che aveva fatto?
«Quindi ora... sono una strega?»
Trattenendo un sospiro, Simon le rispose: «Quasi,
amore mio. Stai cambiando, molto più velocemente di quanto mi aspettassi, in
verità. La magia si sta sviluppando in te.»
«Quanto ci vorrà?»
Kevin intervenne: «Teoricamente, molto poco. Ma se
riuscirai a resistere all’impulso di usare subito la tua magia, se riuscirai a
trattenerti, questa diventerà molto più potente quando la userai.»
Sul volto di Lucy comparve un sorriso diabolico, che
mai le era appartenuto: «Hai detto proprio quello che speravo di sentirti
dire... posso diventare forte?»
Simon rimase impassibile, cercando di capire cosa le
stesse passando per la testa: «Più tempo aspetterai, più diventerai forte. È
questo il segreto della nostra potenza.»
Lucy si guardò le mani con una luce entusiasta negli
occhi: «Ottimo. Sai, sono due giorni che ho un pensiero fisso in testa. Ci ho
provato, ma non riesco a pensare ad altro.»
Simon annuì, sorridendo leggermente: «Qual è?»
«Che sono troppo debole. Debole e inutile. E che non
lo sopporto più. Non voglio più essere protetta, costretta a fuggire o a
giocare in difesa. Voglio attaccare. Voglio ferire. Voglio vincere.»
Il sorriso sadico di Simon si allargò molto di più:
«Oh, non sai quanto sono felice di sentirtelo dire, amore mio.»
La sua dolce metà che come lui agognava il potere,
cosa poteva desiderare di più? Un nuovo sentimento, un nuovo legame ad unirli,
come e più di prima.
«Grazie per avermi aperto gli occhi sulla mia
debolezza. Sì, inizio a sentire qualcosa dentro di me che ribolle...»
Kevin l’avvertì: «Attenta, per una strega è più
difficile resistere che per uno Stregone.»
Lucy gli rifilò uno sguardo infuocato, di puro odio e
di tutta risposta Kevin scoppiò a ridere: «Finalmente! Finalmente posso
smettere di fingere di essere un bravo bambino!»
«Già, ammetto
che è un sollievo anche per me.»
Lucy si voltò verso Simon, tornato con i capelli e gli
occhi scuri, che si avvicinò a lei, accarezzandole i capelli: «O almeno credo... ti dispiace se da questo
momento mi mantengo in questa forma anche in tua presenza?»
Gli occhi della ragazza luccicarono, complici:
«Perché, hai mai avuto altre forme?»
Simon rise e lei le sfiorò i capelli: «Ti invidio,
voglio anch’io una nuova forma, non mi riconosco più in questo corpo gracile e
delicato. Non lo voglio più.»
«Un po’ di
pazienza, amore mio, e potrai avere quello che vorrai.»
La trasformazione di Lucy fu più complicata del
previsto. A distanza di un paio d’ore il corpo della ragazza iniziò a tremare
per la potenza che si stava accumulando in lei, così forte che le fu presto
impossibile tenere in mano qualunque oggetto. Simon si ritrovò costretto a
imboccarla con quel miele rosso che lei chiedeva in continuazione, ma presto
anche questa operazione divenne difficile. Alla sera sulla pelle della ragazza
cominciarono ad apparire quelle che sembravano pustole, e sia Simon che Kevin
avvertivano provenire da esse della magia.
«Così non va... non pensavo che le streghe potessero
avere reazioni fisiche...»
«Adesso è
chiaro perché non riescono a trattenersi, è pericoloso, per loro...»
Simon provò ad avvicinarsi con cautela a Lucy, seduta
a tremare e a grattarsi le braccia.
«Penso che
possa bastare. Libera la magia, non continuare a farti del male.»
Lucy di tutta risposta gli rise in faccia.
«Un corno! Non sono neanche lontanamente vicina a voi!
Non posso arrendermi adesso!»
Simon sospirò: «Streghe
e Stregoni sono diversi.»
«Se con “diverso” intendi dire “debole”, mi dispiace,
non sono disposta ad accettarlo. Anzi, mi trovo costretta a chiederti un
favore.»
«Dimmi.»
Lucy gli mostrò il braccio. Dove si era grattata le
pustole sembravano sul punto di esplodere.
«Legami le mani, non posso permettermi di grattarmi.»
Le ventiquattro ore successive furono terribili. Kevin
andò a procurarsi miele per Lucy, mentre Simon non si mosse da lei per un
istante. La ragazza, legata a una sedia, ormai urlava dal dolore, perché le
pustole si erano trasformate in piaghe, come se il suo corpo stesse cercando a
tutti i costi una via d’uscita per la magia che ormai tracimava da lei e che
invece, per pura testardaggine, tratteneva. Seguendo le sue richieste,
amorevolmente, Simon aveva isolato acusticamente la casa, scurito la stanza,
come se fossero in un’eterna notte, e cercava di imboccarla con il miele, anche
per dare sostegno al suo corpo sofferente. Lucy gridava e sembrava sorda ad
ogni richiesta di smettere, che venisse da Simon o dal suo stesso corpo. Il suo
promesso sposo ammirava la sua tempra, ma temeva per la sua vita. Fu alla sera
del secondo giorno che, per un attimo, Lucy smise di gridare.
«Adesso... BASTA!!!»
Fu come se fosse scoppiata una bomba, violenta e
improvvisa. Simon dalla sorpresa non riuscì nemmeno a reagire, né a rendersi
conto di cosa fosse successo prima di qualche secondo. Lucy, semplicemente, era esplosa. La casa era sventrata,
senza più il tetto né un singolo vetro integro. Qualunque soprammobile era
volato via, in frantumi, e se Simon fosse stato il semplice violinista di un
tempo, lo spostamento d’aria l’avrebbe mandato a sbattere da qualche parte.
Dopo un attimo di scombussolamento, Simon si voltò verso Lucy. La sedia era
intatta, le corde a terra, ma lei non c’era, come se fosse scoppiata anche lei.
Kevin arrivò di corsa: «Che succede?»
«Non ce l’ha
fatta più.»
«Lo vedo, ma lei dov’è?»
«Non lo so.
Vado a cercarla, sento ancora la sua magia nell’aria.»
«Ok, io penso ai curiosi.»
Simon non si chiese nemmeno se intendesse plagiarli
con i suoi poteri o semplicemente eliminarli, non gli importava. Voleva solo
sapere dove fosse Lucy e in che condizioni.
Lucy, confusa, fluttuava per un vicolo sconosciuto. La
magia era letteralmente esplosa in lei, e si era ritrovata dispersa in mille
frammenti d’argento in giro. Non ci aveva messo molto a ricomporsi, come
sempre, ma non se l’era sentita di tornare da Simon. Non ce l’aveva fatta, era
troppo, troppo debole rispetto a lui. Doveva rimediare e i suoi poteri le
suggerivano un metodo.
Quando sentì arrivare la persona giusta, si ricompose,
ma non con il suo solito aspetto. Durante la sua trasformazione in strega aveva
continuato a ripetersi che il suo corpo non le piaceva, e quindi non si stupì
che una volta ottenuti i tanto agognati poteri riuscisse a mutare a suo
piacimento. Quella che camminò di fronte all’energumeno che le veniva incontro
era una donna avvenente e matura.
«Ehi, bellezza, vuoi fare un giro con me?»
Lucy non gli rispose nemmeno, si limitò ad
abbracciarlo e baciarlo. L’uomo quasi non credette ai suoi occhi, ma impiegò un
attimo a comprendere che quello non era un bacio. Quella donna non lo stava
baciando, ma mangiando. Lentamente,
il suo corpo divenne una polvere nera che lei si limitò ad aspirare. Non ebbe
il tempo di urlare o di divincolarsi, entro poco fu tutto finito. Lucy si
limitò a pulirsi la bocca, insoddisfatta.
«Troppo poco. Anche facendo così ci metterò una vita.»
«Interessante.»
Lucy alzò gli occhi al cielo, scocciata, mentre Simon
compariva di fianco a lei: «Piantala. È una sciocchezza rispetto ai tuoi
poteri.»
«Non è vero. Io
non sono in grado di assorbire le persone.»
«Questo non è nulla. È solo un modo, stupido tra
l’altro, perché neanche funziona bene, per cercare di diventare più forte.»
«Ma tu sei
forte. Credimi, sei la più forte strega che abbia mai posato piede su questa
terra.»
«Ho resistito solo due giorni, sento la differenza di
potere tra noi.»
«Nessuna strega
ha mai resistito tanto. Nessuna creatura potrebbe farti del male.»
Lucy alla fine sbottò: «MA NON È ABBASTANZA PER POTER
ESSERE UNA SPOSA DEGNA DI TE!»
Simon rimase spiazzato. Era quello che la tormentava
così tanto?
«Ti amo, ma ora non sono più degna di te.»
Di tutta risposta Simon la prese e la baciò, il bacio
più intenso che avessero mai avuto. Le loro bocche si cercarono con un’avidità
che mai avevano avuto.
Simon le sussurrò lentamente: «Fallo.»
Lucy rispose: «Sicuro?»
«Sì.»
E lentamente la strega iniziò ad assorbire un po’ di
magia da Simon. Polvere nera arrivava alla sua bocca, carica di meraviglioso
potere oscuro, ma lo Stregone non sembrava minimamente risentirne, come se la
sua magia fosse semplicemente infinita. Quando quasi non ne poté più, Lucy si
staccò e Simon le sorrise.
«Sei la sposa
più meravigliosa che potessi desiderare. Guardati! Hai sopportato delle
sofferenze che io non potrei nemmeno immaginare, sei la strega più potente che
sia mai esistita! E per di più condividi con me la sete di potere...»
Lucy fece una smorfia: «Più o meno. Il potere per me è
solo un mezzo.»
«Cosa sogni,
allora, amore mio?»
Un luccichio apparve nei suoi occhi: «Quello che
agognano tutte le streghe, la distruzione!
Quella piccola esplosione era solo un assaggio di quello che vorrei fare.»
Simon sorrise. Sete
di potere, di sangue, di distruzione... sarebbero stati un trio perfetto!
«Se però
proprio desideri avere più potere, potrei aver pensato a una possibile soluzione.»
«Hai la mia attenzione, parla!»
«Dovremo
tornare indietro, mi servirà anche l’aiuto di Kevin.»
«D’accordo, allora.»
Con una rapida illusione, in modo da nascondere gli
effetti dell’esplosione, Simon si assicurò che nessuno venisse a disturbarli.
«Ascoltami
bene, Lucy, perché una volta fatto non si potrà più tornare indietro.»
Lucy annuì.
«Nella tua
anima si nasconde una potente fonte di potere, anche se non ne hai mai avuto
accesso. Sto parlando della follia di tuo nonno. Al momento risiede ancora dentro
di te, silente. Se lo desideri, potrei renderla tua, ma questo potrebbe...
toglierti qualche freno inibitorio.»
Lucy ridacchiò, prendendo una mano di Simon e
mettendosela sul petto: «E chi vuole più trattenersi? Fallo.»
Simon sospirò: «D’accordo.
Kevin, aiutami, mi servirà un contenimento.»
Mentre Kevin tratteneva Lucy, con un gesto rapido, lo
Stregone infilò la mano nel petto della strega. e le estrasse l’anima, ora
viola con un punto rosso in centro. Con estrema delicatezza, l’afferrò e dopo
un momento di esitazione, fece letteralmente esplodere la follia del kishin. L’anima di Lucy divenne di una tonalità di viola
decisamente più tendente verso il rosso. Con un sospiro, temendo per il
risultato del suo operato, rimise l’anima al proprio posto.
La ragazza sussultò, tremò leggermente, sbarrando gli
occhi così tanto che sembrarono uscirle dalle orbite, e infine iniziò a
ridacchiare, prima piano, e poi via via sempre più forte, una risata malvagia e
incontenibile che le usciva direttamente dall’anima.
«Così!Così!»
Con la follia del kishin,
infatti, la sua potenza magica aveva raggiunto più o meno quella di Kevin. La
ragazza schioccò le dita e una casa nelle vicinanze esplose con una violenza
non paragonabile a quella della loro casa, mentre i vetri e i suppellettili,
lanciati dalla forza dell’esplosione, ferivano chiunque si trovasse in strada
in modo anche grave. Lucy ridacchiò ancora: «Adesso si ragiona!»
Simon la guardò sinceramente sorpreso del risultato.
Lucy era diventata un curioso ibrido fra una strega e un kishin
e, incredibilmente, riusciva a mantenere una coerenza, tanto da aver recuperato
in pochi secondi il controllo di sé, ad esclusione di una risatina
incontrollabile.
«Sei
soddisfatta, amore mio?»
«Enormemente.»
Simon le sorrise, quasi con dolcezza, prendendole le
mani: «Consideralo la mia fede per le
nostre nozze.»
«Quali nozze?»
«Quelle che
stiamo per celebrare, proprio ora.»
Fece un cenno a Kevin: «Sii il nostro celebrante. Non esiste un rito ufficiale per unire una
Strega e uno Stregone, quindi sentiti libero di inventare ciò che vuoi. Ho
promesso a questa donna che l’avrei sposata e intendo mantenere il patto.»
Gli occhi di Lucy s’illuminarono di gioia, anche se la
sua bocca manteneva quel ghigno malvagio che non voleva saperne di andarsene dal
suo volto. Kevin ridacchiò.
«Questa non me l’aspettavo, ma d’accordo. Vogliamo
avere un po’ di atmosfera?»
Simon fece un leggero gesto della mano e l’ambiente
intorno a loro cambiò completamente, così come i loro abiti. Fu quasi come se
si fossero trovati in una piccola dimensione parallela, dove la luce non
esisteva e non era mai esistita, seppure fossero in grado di vedersi a vicenda.
Non sembrava esistere terreno o pavimento, perché galleggiavano in aria senza
alcuno sforzo. Lucy guardò il suo sposo, che indossava un abito molto simile a
quello che aveva vestito per il loro primo tentativo di matrimonio, ma che ora
sembrava essere portato con molta più eleganza; si differenziava giusto per i
bottoni e i gemelli ai polsi, entrambi d’oro. Kevin aveva uno smoking rosso,
con cravatta nera. Quanto a lei, si era ritrovata con una copia del suo abito
da sposa, ma nero, con meno perline e più pizzi. Sorrise. Anche questa volta
Simon aveva fatto centro nei suoi gusti.
Con un gesto Kevin fece apparire intorno a loro un
cerchio di candele dalla fiamma blu cobalto.
«Siamo oggi qui riuniti per unirvi in un vincolo
eterno e sacrilego, come può esserlo solo un’unione fra creature oscure che
neanche dovrebbero esistere. Strega, Stregone, demoni oscuri intrisi di pura malvagità,
siete pronti a dichiarare il vostro eterno legame?»
«Sì.»
«Sì.»
Fra le mani di Kevin apparve un elegante pugnale, di
fine manifattura, e due calici altrettanto eleganti.
«Siete pronti a diventare l’uno il sangue e la carne
dell’altro?»
«Sì.»
«Sì.»
E, a turno, entrambi si ferirono, versando il loro
sangue nel calice, per poi bere dalla coppa dell’altro, incrociando le loro
braccia; mentre bevevano, Kevin strinse i pugni e creò per loro un paio di
anelli neri, che mise alle loro dita.
«Ora siete una cosa sola. Un unico male che mai potrà
essere separato.»
Poi rise.
«Lo sposo può baciare la sposa.»
Ma Lucy non gli lasciò neanche il tempo, perché si
fiondò su di lui con un’avventatezza degna di una pantera sulla sua preda.
Simon glielo lasciò fare, perché in fondo non avevano sognato altro per mesi,
ma prima che la sua focosa sposa andasse oltre, si ritrovò costretto a
fermarla.
«Perdonami, ma
abbiamo un paio di cose che ci attendono.»
Kevin si passò la lingua sulle labbra, come una bestia
desiderosa di cibo: «Come un mondo da devastare?»
«Esattamente.»
Con uno schiocco di dita li riportò nella devastazione
della loro stessa casa e annunciò con tono serio: «Ascoltatemi bene. Kevin prima aveva perfettamente ragione: noi siamo
qualcosa che non dovrebbe esistere. Non siamo esseri umani, né kishin, né streghe. La nostra potenza supera di gran lunga
tutto questo. Il nostro potere, insieme, supera anche quello di Shinigami, su
questo non ho dubbi. Esistiamo, respiriamo, viviamo, con un solo obiettivo,
diverso per ognuno di noi, ma complementare. Potere.»
«Sangue.»
«Distruzione.»
«Esatto.Noi siamo divinità del Male, inarrestabili,
invincibili. Lucy ha ragione, che senso ha questo nostro misero aspetto umano?
Date sfogo al vostro potere, alla vostra magia! Date una forma al Male che
alberga nella vostra anima, una forma che vi rappresenti appieno! Mostratemi il
peggio di voi!»
I due non se lo fecero ripetere. Kevin, con un urlo
liberatorio, divenne la chimera in cui si era trasformato la prima volta, solo
molto più grande; Lucy, finalmente libera di poter usare il suo potere di
trasformazione come voleva, cercò nel suo cuore una forma che esprimesse il suo
essere e la trovò. Simon la osservò con ammirazione mutare in una creatura
indubbiamente femminile, con un corpo sinuoso ma letale, dotato di arti extra,
di affilati artigli su tutte le mani e di enormi ali, in grado di avvolgerla
completamente. Un’arpia, potente, elegante, letale, gigantesca. Entrambi, sia
Kevin che Lucy, erano grandi almeno quanto l’edificio che li aveva ospitati, e
incombevano minacciosi su Simon, che rise di pura gioia.
«Meravigliosi!
Meravigliosi! Non mi aspettavo niente di meno da voi!»
Kevin rispose con un ringhio di soddisfazione. Lucy,
invece, con una voce possente quanto suadente, chiese: «E tu? Cosa
diventerai?»
Kevin rispose: «Immagino
il lupo che mi hai mostrato.»
Simon scosse la testa: «No, quella è una forma che ho solo preso in prestito. Non ho mai
provato a dare sfogo completamente al mio potere, perché sapevo già che il mio
corpo non era in grado di contenerla. Ora però non mi importa più di questo
corpo, di questo aspetto. Sono curioso quanto voi di vedere la mia vera forma!»
E detto questo le sue mani e via via tutto il suo
corpo vennero avvolti da magia oscura, senza forma, e cominciò a crescere,
sempre di più, fino ad arrivare al cielo. In pochi secondi Simon si era
tramutato in un enorme concentrato di magia oscura, che ricordava vagamente una
nuvola di tempesta incorporea dall’aspetto umanoide.
«Uao.»
«Puoi dirlo.»
Simon, grande dieci volte i suoi già enormi compagni,
si guardò per un momento le “mani” e scoppiò a ridere, assaporando lo stupore
di Lucy e Kevin e il terrore degli abitanti di Nisty.
«Sì! Finalmente sono me stesso!»
Poi si rivolse ai suoi compagni: «Ascoltatemi, perché sono le ultime parole che dirò. Usiamo su di noi i
nostri poteri, trasmettiamoci a vicenda i nostri desideri di potere, di sangue
e di distruzione, perché siano questi a guidarci d’ora in poi, come una sola
creatura. Non ci serviranno parole, d’ora in poi, né nomi, né nient’altro. E questo
è il mio ultimo ordine come vostro Maestro d’Armi.»
Sorrise, il sorriso più malvagio che mai fosse
esistito.
«Scatenatevi, date il peggio di voi,
non fatevi fermare da niente e da nessuno, ora e per sempre.»
Le risposte furono dei ruggiti di gioia, a cui si unì
anche Simon. La devastazione cominciò, senza pietà, senza remore.
Al tramonto del Principato di Nisty
rimanevano solo il nome e il ricordo.
Soul: Stiamo
scherzando??? E noi dovremmo fermare quei tre mostri?
Black Star:
Sì!!! Un compito degno di una divinità!
Soul: Ma ti
rendi conto di cosa significa?
Soul Eater, Richiamo di sangue, 25° capitolo: La fine del mondo!
Cosa succede quando non c’è più nulla?
Hinata 92: Sì,
ma stai tranquillo.
Soul:
Tranquillo??? Ci stai mandando contro degli abomini e io dovrei stare
tranquillo??? E me lo dici bevendoti un cocktail come se niente fosse?
Hinata 92: Ti
fidi di me?
Soul: Se la
risposta è negativa mi togli dalla storia?
Hinata 92:
Sigh... non c’è più rispetto per gli autori...
Capitolo 45 *** [BIVIO] La fine del mondo! Cosa succede quando non c’è più nulla? ***
Per caso avevate deciso che Simon dovesse diventare buono?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungere l’inizio della vicenda o qui per continuare dall’ultimo capitolo.
Non vi ricordate nessuna scelta per
Simon fra buono e cattivo?
Può
capitare, cliccate qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete convinti di seguire Simon
diventato cattivo?
Allora
siete nel posto giusto! Buona lettura!
La fine del mondo! Cosa succede quando non c’è più nulla?
«Lord Shinigami...»
Il Dio della Morte abbassò la testa: «Lo so. Lo sento.
Stanno arrivando, vero?»
Sid sospirò: «Sì, Lord Shinigami. I mostri sono quasi
giunti alle porte di Death City.»
Shinigami si alzò dalla sedia, sentendosi addosso il
peso del mondo: «Non era possibile diversamente, dopotutto non c’è più
nient’altro su questo pianeta...»
Una settimana prima nulla avrebbe fatto presagire
l’Apocalisse, ma questa era semplicemente avvenuta, senza lasciare il tempo e
il modo di reagire. Un paese dopo l’altro era scomparso, quasi inghiottito
dalla terra stessa. Erano cominciate le indagini, naturalmente, ma poco dopo un
paio di sopravvissuti avevano riportato una storia incredibile: il cielo che si
oscurava e poi tre demoni, di cui uno grande fino al cielo, che distruggevano e
divoravano tutto. Se all’inizio potevano sembrare deliri di persone sotto
shock, via via sempre più persone si rifugiavano a Death City con quella
storia. Sembrava quasi che fossero state lasciate scappare apposta per
diffondere il terrore.
Lord Shinigami si era attivato subito, mandando i suoi
migliori uomini e le sue migliori armi. Nessuno era tornato. Non c’era stato
modo di reperire alcun tipo di informazione su quei mostri, salvo che erano
stati in grado addirittura di sterminare tutte le streghe nello stesso tempo
che avevano impiegato nell’annientare ogni città. Nell’unica città rimasta al
mondo gli unici in grado di combattere erano lui, Sid (che tanto era già
morto), Stain, Spirit, Marie, James e i suoi
coraggiosi studenti, che mai e poi mai avrebbe voluto mettere in pericolo.
Tuttavia, non c’era modo di proteggerli: nessun nascondiglio era sicuro, tutti
quelli che avevano provato a mettersi al sicuro erano stati trovati e divorati
da quei mostri senza pietà e senza fondo. Purtroppo, volenti o nolenti, era
arrivato per tutti il momento di combattere per la propria vita.
Maka, Soul, Black Star, Tsubaki, Kid, Liz, Patty,
Chrona e Ragnarok erano schierati all’ingresso di
Death City, aspettando le bestie. Se avevano paura, nessuno l’aveva detto, né
aveva intenzione di farlo. La paura era un lusso che non potevano permettersi.
Il cielo si oscurò di colpo, come era stato loro raccontato.
Un grosso nuvolone nero coprì il sole, togliendo la luce. Era notte, e
nell’aria si diffondevano i ringhi delle bestie, ringhi in grado di gelare il
sangue, annunci di morte certa. Nemmeno il tempo di deglutire ed eccole
arrivare. Non ci fu il tempo di osservare, di capire cosa stesse piombando loro
addosso, di prepararsi a combattere. In pochi secondi non c’erano più, travolti
dalla tempesta di morte, e lo stesso avvenne al resto di Death City.
Mentre i palazzi e i pennoni della Shibusen
crollavano inesorabilmente al suolo, Shinigami si alzò in piedi. Fino a quel
momento era stato inginocchiato, forse pregando qualche altra divinità, ma il
momento era giunto. Pregando che la maschera nascondesse le lacrime, si limitò
a fare un gesto a Spirit, che divenne Falce della
Morte, questa volta davvero, e uscì a vedere cos’era rimasto della sua città,
della sua anima.
Polvere.
Polvere mista
a sangue.
Ecco cos’era rimasto di Death City.
Polvere.
Sangue.
Lui, con la
sua arma.
E le bestie,
le due bestie che lo osservavano affamate.
Doveva essere forte, doveva fare il proprio dovere,
portare la morte. Avevano usurpato il suo ruolo per troppo tempo.
Shinigami si avventò sulla chimera, puntando al suo
collo. Prima che potesse avvicinarsi a sufficienza, l’arpia gli fu addosso e lo
sbatté contro uno spuntone della Shibusen. Prima di
farsi impalare, Shinigami riuscì a spostarsi e a dirigersi nuovamente contro le
bestie. Fu una lotta ardua, in cui le due creature sembravano sempre sul punto
di vincere, ma Shinigami riusciva comunque a divincolarsi in tempo. Dopo minuti
che parvero ore, Shinigami riuscì ad assestare il colpo decisivo, tagliando la
coda alla chimera. Il mostro urlò di dolore, un urlo umano, quasi familiare.
Shinigami rimase lì, immobile per un momento. Dove aveva già udito quella voce?
Fu una distrazione fatale. L’arpia gli strappò di mano
l’arma e, allargando in modo innaturale la bocca, se la inghiottì, intera.
«Spirit, no!»
Ora era solo, solo contro le due bestie.
In un moto di rabbia Shinigami afferrò l’arpia e quasi
le strappò un’ala. Un altro urlo di dolore, questa volta femminile, questa
volta veramente familiare.
Era un urlo che aveva udito anni prima e che, volente
o nolente, era entrato a forza nel suo cervello.
L’urlo di una
persona a cui strappano una parte del corpo.
E lui ora sapeva a
chi aveva strappato un’ala.
Un déjà-vu unito a sensi di colpa, ricordi dolorosi e
una terribile consapevolezza gli strinse lo stomaco in una stretta che lo fece
quasi rimettere.
La volta
precedente era stato un incidente.
La volta
precedente erano in una segreta, di fronte a un’anfora appena sigillata.
La volta
precedente, dopo quell’urlo, si era trovato di fronte una ragazzina senza più
le gambe.
«... Lucy?»
Riguardò la chimera, ripensando a quell’urlo.
«Kevin?»
Un mucchio di domande gli affollavano la mente.
Com’erano diventati così? Com’era potuto succedere che due ragazzi così a modo
potessero diventare quei mostri?
La risposta a quelle domande gli arrivò, veloce e
diretta come un fulmine.
Simon.
E a quel punto un’altra domanda giunse, più prepotente
delle altre.
Dov’era Simon?
Alzò gli occhi. Forse lo aveva sempre saputo, ma si
era rifiutato di crederci.
Simon era
diventato l’incarnazione dell’oscurità.
Una nuvola che
oscura il sole prima della devastazione.
Solo allora, guardando meglio la nuvola, ne intravvide
un volto, e comprese, comprese tutto.
Chiuse gli occhi e alzò le mani, in segno di resa. Era
finita, era oltre il suo potere.
Aveva fallito,
come Shinigami, come preside. Aveva permesso che il mondo fosse governato da
una morte indiscriminata, aveva permesso che ben tre dei suoi alunni si
perdessero in un mondo di oscurità, e che trascinassero tutto con loro.
Era tutto finito.
«Perdonatemi.»
E si lasciò divorare dalle tre bestie, senza un grido,
né un respiro.
Era finita. Non c’era più nulla da divorare, né da
distruggere, ogni potere era stato assorbito. Erano rimasti solo loro.
Avrebbero potuto essere sazi, ma non lo erano affatto.
Solo, non c’era più nulla da fare.
La chimera e l’arpia si guardarono per un po’, quasi
girandosi intorno, poi, senza preavviso, si attaccarono.
Simon, dall’alto, li fissò sorpreso.
«No, fermi, cosa fate?»
Eppure era tanto ovvio cosa stessero facendo, tanto
semplice. I loro istinti stavano gridando loro di continuare a distruggere e a
uccidere, e loro erano tutto quello su cui potevano sfogarli.
«Fermatevi!»
No, non si
sarebbero fermati. Glielo aveva ordinato lui, di non farlo. Doveva esserne
felice, no?
No, non lo era affatto.
Senza riflettere, Simon si chinò verso di loro e, non
riuscendo a fermarli in altra maniera, decise di riprendersi di colpo la magia
che aveva donato loro. I corpi dei suoi compagni rimasero sospesi a mezz’aria,
avvolti da una luce viola e nera, mentre Simon, per un momento, si appagava
dell’ulteriore aumento del suo potere. I loro corpi rimpicciolirono, fino a
tornare quelli di Lucy e Kevin, la prima con un braccio quasi staccato, il
secondo con un taglio gigantesco nella schiena. Non appena se ne rese conto,
Simon li lasciò andare.
«NO!»
I due corpi precipitarono a terra, immobili, senza
vita.
Riprendendosi la loro magia gli aveva strappato
l’anima. Li aveva uccisi.
Aveva fatto tutto questo per poter stare con loro, e
li aveva uccisi con le sue stesse mani.
Ora era solo. Per sempre.
«NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!»
Soul: ...
Black Star:
...
Soul: ...
ok... e a questo punto come dovremmo continuare dopo un finale del genere?
Hinata 92? Hinata 92?
Black Star:
... credo si sia rifugiata in quel bunker...
Soul: Hinata
92?
Hinata 92:
Tranquilli, è tutto come nei programmi, va tutto bene!
Black Star: Ma
come va tutto bene??? Ma se pure tu ti sei rifugiata per sfuggire a Simon!
Hinata 92: Eh?
Ma no, questo bunker non è per Simon!
Soul: Come no?
Hinata 92: È
per sfuggire all’ira dei lettori!
Black Star:
Come sarebbe a dire “per i lettori”?
Hinata 92:
Annuncia il titolo del prossimo capitolo, dai!
Soul: ABBIAMO
UN PROSSIMO CAPITOLO DOPO TUTTO QUESTO MACELLO?
Soul Eater, Richiamo di sangue, 26° capitolo: La terza scelta!
Ho cercato per tutto il tempo la risposta alla domanda sbagliata?
Soul: ... si
annuncia qualcosa di o tremendamente figo, o tremendamente stupido...
Black Star: HO
POTUTO ANNUNCIARE IL TITOLO DEL CAPITOLO! SONO ANCORA UNA POTENTISSIMA
DIVINITÀ!
Soul: Abbiamo
a che fare con la fine del mondo e tu ti preoccupi solo di questo?
Hinata 92: Massì, lascialo divertire!
Soul: La tua
tranquillità m’inquieta invece che rilassarmi...
Su, che ci fate ancora qui? Andate subito a leggere il prossimo
capitolo!
Capitolo 46 *** La terza scelta! Ho cercato per tutto il tempo la risposta alla domanda sbagliata? ***
Per caso avevate deciso che Simon
dovesse diventare buono?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungere l’inizio della vicenda o qui per continuare dall’ultimo capitolo.
Oppure avevate deciso che Simon
dovesse diventare cattivo?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungere l’inizio della vicenda o qui per continuare dall’ultimo capitolo.
Non vi ricordate nessuna scelta per
Simon fra buono e cattivo?
Può
capitare, cliccate qui per rinfrescarvi la memoria.
Avete recuperato tutti i capitoli
del bivio scelto?
Allora...
La terza scelta! Ho cercato per tutto il tempo la risposta alla domanda
sbagliata?
«NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!»
Con una violenza insolita, Simon gettò via il violino contro
il muro. Rimase per qualche istante ansimante, mentre gli occhi, lentamente, si
spegnevano, tornando dal color oro a quello azzurro. Le gambe gli cedettero,
cadde in ginocchio di fianco a quel violino speciale, quel violino
indistruttibile che una parte di lui in quel momento avrebbe volentieri fatto a
pezzi.
La porta della camera si aprì di scatto.
«Simon?»
«Che succede?»
Simon li guardò e quasi non credette ai suoi occhi. Lucy e
Kevin erano ancora lì, ancora vivi, integri, salvi. Erano ancora lì, sulla
soglia della sua stanza al Principato di Nisty. Li
guardò e altre lacrime gli scesero sul volto. Lucy corse ad abbracciarlo, ad
accarezzargli quei capelli biondi e neri ai quali era ormai abituata.
Il ragazzo rispose fra i singhiozzi: «Non... c’è...
speranza... per me. Qualunque... scelta faccia... morite... e io... rimango
solo...»
Kevin s’inginocchiò: «Cosa stai dicendo? Cos’è successo?»
Simon si staccò dall’abbraccio di Lucy e cercò di calmare il
proprio respiro per poter parlare: «Stasera... volevo prendere una decisione.
Non posso andare avanti così, mi sono detto, volevo prendere una decisione, se
essere buono o cattivo. Ma non riuscivo a scegliere. Così ho pensato...»
Lo sguardo gli cadde sul violino e Kevin completò per lui:
«... hai pensato di dare una sbirciata nel futuro.»
«Sì, ma è successa una cosa strana! Di solito vedo il futuro
e il futuro è quello, punto, non si può cambiare. Questa volta, però, ho visto due futuri, uno dove diventavo buono e
uno dove diventavo cattivo. Entrambi, però, sono pessimi. Non c’è speranza. In
entrambi...»
Simon si prese una piccola pausa.
«... morite per mano mia.»
Tirò un pugno sul pavimento: «E io non voglio! È l’unica
cosa di cui sono certo!»
Kevin abbassò lo sguardo, poi si alzò e prese in mano il
violino di Simon.
«Certo che è strano...»
«Cosa?»
Kevin si mise ad analizzare lo strumento, da ogni lato:
«L’hai detto tu, finora tu hai sempre visto un solo futuro, certo e non
modificabile.»
Simon sospirò: «Quando lo facevo ero solo un Veggente, non
uno Stregone Oscuro. Sono stato scemo io a pensare che potesse funzionare come
prima. Con i miei poteri aumentati...»
Kevin esclamò: «Appunto, aumentati! Ma queste visioni non
sono più potenti... sono più deboli!»
Simon lo guardò sorpreso: «Come?»
«Prima avevi una risposta certa, ora sembra che puoi vedere
le infinite possibilità delle tue scelte! Stai avendo più risposte a una sola
domanda! Non è un vantaggio!»
Simon scoppiò: «Una risposta l’ho avuta, e cioè che sono un
assassino! Se scelgo di essere buono ucciderò mia madre, mia zia e poi tutti
gli altri: se scelgo di essere cattivo presto o tardi ucciderò voi! Comunque
vada, finisco con l’uccidere le persone che amo, e io non voglio! Non
voglio...»
Simon si bloccò di colpo.
«... uccidere...»
Lucy si avvicinò cautamente al suo amore: «Simon?»
Il ragazzo, con gli occhi sbarratissimi, rimase attonito,
perso in un suo pensiero: «Uccidere...»
Kevin si avvicinò preoccupato: «Simon? Tutto ok?»
«MA CERTO!»
Il ragazzo, facendo prendere un colpo a Lucy e Kevin, era
schizzato in piedi di colpo, con un salto e con un entusiasmo che non gli
avevano mai visto.
«È questa la risposta! Come ho fatto a non capirlo prima?
Era così semplice! Non capite?»
Lucy, ancora per terra, con una mano sul cuore per lo
spavento, rispose: «Veramente... no...»
Simon era fuori di sé dall’entusiasmo: «Non era la risposta
ad essere sbagliata! Voi tutti avete continuato a chiedermi “buono o cattivo?”,
ma non funziona... è la domanda ad essere
sbagliata! Non posso rispondere correttamente alla domanda sbagliata!»
Kevin, in profonda concentrazione, chiese: «Ok... la domanda
è sbagliata. Qual è allora la domanda giusta?»
Simon lo afferrò per le spalle gli occhi sbarrati
dall’entusiasmo: «La domanda non è “chi
voglio essere”... ma “cosa voglio
fare”! È tutto qui! Tutto qui!»
Kevin, iniziando ad afferrare il ragionamento di Simon, gli
sorrise: «E allora, Simon... cosa vuoi
fare?»
Simon allargò le braccia ed esclamò come se fosse la cosa
più semplice del mondo: «NON VOGLIO UCCIDERE!»
Abbracciò Lucy e la baciò: «Capisci amore mio? Non m’importa
essere buono o cattivo... io non voglio
uccidere! Finora mi avevano tutti imposto che se ero buono non potevo usare
i miei poteri perché erano malvagi, e che se ero cattivo non potevo fare
nient’altro che del male... anzi, che non mi era possibile essere buono perché
non potendo contenere la mia magia questa avrebbe fatto per forza del male... ma
se... se per mantenere questo mio proposito usassi tutti i miei nuovi poteri...
a fin di bene?»
Lucy lo guardò perplessa: «È... possibile?»
Simon la guardò ridendo: «Certo che è possibile! L’ho già
fatto, anche solo per procurarmi questa casa! Avevo pensato di farlo per
egoismo, ma in realtà in quel momento ero davvero
preoccupato per te! Se finora ho pensato che fosse impossibile era perché
non ci avevo mai pensato seriamente! Hanno continuato a ripetermi tutti che
sono l’essere più potente mai esistito... quindi perché devo avere questo
limite? Se c’è una cosa che queste visioni mi hanno mostrato è che al contrario
di sempre, in questo momento, letteralmente, non ho limiti! Sono tutti gli altri che, in un modo o nell’altro,
me li hanno imposti! Ma voi non potete capire... perché nessuno può farlo,
oltre a me!»
Il ragazzo ormai era preda di un filo del ragionamento che
non si poteva più spezzare, e che difficilmente poteva essere seguito da
chiunque altro.
«È dall’inizio di questa storia che continuano a ripetermi
che c’è un’altra cosa impossibile...»
Il ragazzo si morse un labbro, con un guizzo di sfida negli
occhi: «Ora voglio verificare se è vero. Forse quando sono arrivato qui poteva
esserlo, ma ora...»
Incapaci di fermarlo, Lucy e Kevin rimasero ad osservare
Simon iniziare a scrivere sulle pareti della stanza quello che solo all’apparenza
sembrava un complicato pentagramma, ma che aveva sette righe e una marea di
simboli che i due non avevano mai visto prima. Lo Stregone scrisse velocemente,
con una foga insolita, per una decina di minuti, poi rimase lì a fissare la sua
opera, pensieroso.
«È il problema magico più difficile che abbia mai visto...
sicuramente con i mezzi ortodossi è irrisolvibile, eppure... se aggiungessi...»
Si voltò di colpo verso i compagni, li scrutò come se avesse
i raggi X, e poi esclamò: «Ma certo! Così!»
Aggiunse altri simboli, ne cancellò altri e infine gridò:
«SÌ! COSÌ! COSÌ FUNZIONA!»
Si precipitò da Lucy e Kevin, prendendo le loro mani:
«Ragazzi, potrei aver trovato la soluzione, ma mi serve il vostro aiuto. Anche
se sono... potente, la magia in
questo caso non basta. Avevano ragione in parte, con i normali mezzi è
impossibile, ma se tentiamo un azzardo, insieme...
c’è una possibilità. Ma è rischiosa, e senza di voi non posso farcela. Senza di voi sono inutile.»
Lucy e Kevin si guardarono, per un attimo perplessi.
Simon si sentì sopraffare dall’ansia: «Allora?»
Lucy si limitò a sorridere, con gli occhi lucidi: «Quante
volte ti ho detto di smetterla di dire che sei inutile?»
Kevin lo guardò soddisfatto: «Sei il nostro Maestro d’Armi.
Dicci cosa dobbiamo fare e noi saremo con te.»
Hinata 92: Arrivano?
Soul: Non ancora.
Hinata 92: A che
punto sono?
Soul: I due gruppi
stanno leggendo le anticipazioni del capitolo precedente...
Hinata 92: E ora?
Soul: Ora si stanno
incontrando all’inizio di questo capitolo.
Hinata 92: E ora?
Soul: Ora si salutano
amichevolmente, era da un po’ che non si vedevano...
Hinata 92: E ora?
Soul: Ora si stanno
rendendo conto di essere tornati tutti sulla stessa trama.
Hinata 92: E ora?
Soul: Ora stanno
prendendo torce e forconi...
Hinata 92: Aiuto!!!
Soul Eater, Richiamo di sangue, 27° capitolo: Realizzando
l’impossibile! Il silenzio calerà quando l’ordine sarà posto?
Soul: Hai
intenzione di rimanere chiusa nel bunker fino a fine storia?
Hinata 92:
Anche oltre, se necessario!
Ehm... salve... vi parlo dal bunker...
Dunque... tutto questo pasticcio era un gigantesco imbroglio?
Sì.
E no.
Era necessario per far arrivare Simon a questa precisa opzione. E
per fare arrivare voi senza che ve ne accorgeste.
Prometto ulteriori spiegazioni dettagliate nell’ultimo capitolo.
Comunque, continuate a leggere, la storia non è ancora finita!
Intanto ringrazio fenris per il suo
commento e, se non mi avete mandata a quel paese fino a qui, vi aspetto al
prossimo capitolo.
Capitolo 47 *** Realizzando l’impossibile! Il silenzio calerà quando l’ordine sarà posto? ***
Realizzando l’impossibile! Il silenzio calerà quando l’ordine
sarà posto?
Un silenzio quasi innaturale avvolgeva il luogo dell’ultimo
avvistamento delle streghe, un bosco neanche tanto lontano da Death City.
Simon rimase per un attimo indeciso. Sarebbe stato meglio
trovarle o non trovarle?
Per qualche secondo rimase fermo, a occhi chiusi, poi si
decise a sbirciare fra le fronde. Sospirò. Se sua madre non era tanto riconoscibile,
mimetizzata fra gli alberi, sua zia, col corpo d’inchiostro, era
inconfondibile.
Lucy, al suo fianco, gli chiese: «Sicuro di farcela?»
In quel momento Simon fu assalito dai dubbi. Era stato così
entusiasta, un paio di giorni prima, che rimangiarsi la parola gli sembrava un
controsenso. Eppure, un margine di dubbio c’era, e se i suoi peggiori timori si
fossero avverati sarebbe stato davvero un brutto colpo. Sospirò ancora.
«Sì, andiamo.»
Simon non aveva voglia di tentare imboscate o altre mosse
tattiche. Si limitò a camminare, con calma e naturalezza verso le due streghe,
seguito a ruota da Lucy e Kevin. Sara e Helen si accorsero quasi subito di loro
e li guardarono con puro odio.
«Tu!
Traditore!»
«Come
osi presentarti ancora a noi?»
Simon sospirò. Esattamente come nella sua visione.
«Ciao, mamma. Ciao, zia.»
«Non
chiamarci così.»
«Non
vogliamo più saperne di te.»
«Eri
perfetto, eri il nostro orgoglio! Il sangue del nostro sangue che avrebbe dato
nuova vita alle streghe!»
«E
invece, come al solito, sei scappato.»
«E
ora ogni strega ci odia.»
«Come
sempre, sei inutile.»
«È la maledizione che vi fa parlare così.»
«Già!»
Simon si limitò a sorridere, con una sicurezza disarmante:
«Ma tranquille, ancora per poco.»
Helen sbarrò gli occhi: «Cosa
intendi dire?»
«Non sono qui per un saluto nostalgico. Voi sarete le mie
cavie.»
«Cavie
per cosa?»
«Per il più grande esperimento magico mai creato.»
Sara ed Helen iniziarono a intuire il pericolo e tentarono
la fuga, ma Simon si limitò a fare loro un cenno con la mano.
«Ferme!»
Le due streghe s’immobilizzarono.
«Vi ricordo che ho
ancora il potere di controllarvi a mio piacimento. Non potete disubbidire al
suono della mia voce.»
Sara ed Helen si voltarono verso di lui, decisamente più
amichevoli.
«Hai
ragione.»
«Non
possiamo.»
«Quindi ora rimarrete
qui buone buonine a godervi lo spettacolo. E credetemi, sarà uno spettacolo
grandioso. Ah, e tornate a parlare il linguaggio umano, così che tutti i
presenti vi possano capire.»
Sara chiese, sinceramente curiosa: «Cosa hai intenzione di
fare?»
Simon non rispose, fece un cenno a Lucy e Kevin e prese loro
le mani, mettendosi in cerchio.
Simon sospirò, poi chiese con la sua voce normale: «Siete
pronti? Se non funziona, probabilmente mia madre e mia zia si rivolteranno
contro di noi. Dovrete essere pronti a scappare velocemente.»
Lucy gli chiese: «E tu?»
Il ragazzo ridacchiò: «Qualcosa m’inventerò. Dopotutto, sono
o non sono lo Stregone più potente mai esistito?»
Kevin gli strinse più forte la mano. Come si vedeva che non
era sicuro neanche lui di quello che stavano per fare...
Indipendentemente dalla certezza dei risultati, erano tutti
e tre decisi e convinti, quindi all’unisono, come una sola persona, chiusero
gli occhi e iniziarono a sincronizzare le loro anime. Sembrò quasi che un vento
abbastanza impetuoso li avvolgesse, facendo muovere le fronde degli alberi.
Helen e Sara li osservarono, curiose. Non avevano mai assistito di persona a
quel fenomeno.
Per qualche secondo il trio rimase così, immobile. Poi Simon
parlò.
«Che
la mia anima nera fornisca la magia, indispensabile e illimitata, per lo scopo
che tutti e tre aneliamo.»
Il vento intorno a loro divenne visibile a occhio nudo, con
tonalità nere e viola.
Lucy sospirò, poi aprì la bocca. La mosse a vuoto un paio di
volte, prima che le labbra smettessero di tremarle.
«Che...
Che... che la mia anima...»
Helen e Sara sbarrarono gli occhi.
«Sta parlando la lingua delle streghe! È impossibile!»
«Che
la mia anima, incastonata di follia, fornisca l’energia che la magia non può
offrire.»
Helen guardò la ragazzina, interessata: «O Simon l’ha resa
una strega... ma non credo, o anche lei avrebbe ubbidito al suo ordine,
prima... oppure...»
All’aura che li circondava si aggiunse il colore rosso.
Kevin strinse le labbra con tutte le sue forze, concentratissimo
come se stesse cercando le parole.
«Che
la mia anima pura diriga l’energia per lo scopo prefissato e voluto.»
L’aria intorno a loro divenne anche azzurra.
A quel punto tutti insieme gridarono: «Nera,
Viola, Rossa, Azzurra! Non La Magia, Non La Follia, Ma Le Nostre Anime Ci
Guidino Al Silenzio!»
L’aura che fino a quel momento li aveva circondati si
concentrò in un punto, in mezzo al loro cerchio. Il vento smise di soffiare e
tutto tacque. In quel silenzio irreale, Simon si staccò dal cerchio e si
avvicinò lentamente al quel concentrato di energia.
«Bene. E ora... o la va o la spacca.»
Sara si avvicinò di un passo, ma di tutta risposta Simon le
rifilò un’occhiata assassina.
«Ti prego, dimmi solo come hai fatto a far parlare loro la
lingua delle streghe.»
Simon la guardò sorpreso dalla richiesta.
«La curiosità mi sta divorando, per favore...»
Il ragazzo sospirò: «E
sia, ma dovrai stare lì dove ti trovi. E vale anche per te, zia.»
Le due donne annuirono e Simon sospirò: «È grazie alla
sincronizzazione delle anime. Faccio fluire in loro la mia magia attraverso le
nostre anime. So bene che usando solo
le arti delle streghe è una cosa impossibile... ma questo è il bello! Voi
streghe definite “impossibile” ciò che con la magia non si può fare, ma a
questo mondo non c’è solo la magia! C’è molto di più, e per mia fortuna non
sono solo uno Stregone!»
Fece per prendere in mano il globo di energia, ma Helen lo
fermò un’ultima volta.
«Chi sei, tu che puoi sovvertire l’ordine naturale delle
cose? Che puoi controllarci con una parola, che sembri essere fatto di pura
magia eppure non desideri la distruzione? Chi sei?»
Simon sorrise. Ora poteva dare una risposta.
«Sono Simon EmanuelOnpu. Sono un violinista, un Maestro D’armi specializzato
in armi in grado di trasformarsi in polvere, sono uno degli ultimi discendenti
di un’antica famiglia nobiliare, per quanto non mi piaccia l’’idea. Sono il
promesso sposo di questa splendida fanciulla...»
Sorrise a Lucy.
«... sono il migliore amico di questo ragazzo e di altre
persone che mi aspettano a Death City...»
Fece un cenno a Kevin.
«... sono alunno della Shibusen,
un figlio, un fratello, un nipote e, incidentalmente, sono anche uno Stregone
Oscuro. Sono tutto questo, è l’insieme di tutto questo che mi rende ciò che
sono, tentare di togliere anche solo un pezzo mi renderebbe incompleto. Io
desideravo tutto non per egoismo, ma per non impazzire. Ma se questa
maledizione ha causato questo pasticcio, bene... è ora che smetta.»
Helen e Sara sbarrarono gli occhi, cogliendo il senso delle
sue parole. In un innato istinto di sopravvivenza, cercarono di muoversi, di
ribellarsi all’ordine ricevuto per fermarlo, ma non ci riuscirono. Simon le
guardò con un filo di tristezza.
«È inutile. È finita.
Io ho deciso che oggi questa maledizione cesserà e voi sapete bene come ogni
mio desiderio sia un ordine per voi. Gli effetti della maledizione non possono
cessare usando la magia, perché è nella natura stessa della magia portare il
mondo alla distruzione, ma depurandola dell’istinto di distruzione grazie alla
follia e dirigendo l’incantesimo nella giusta direzione con l’ausilio di
un’anima pura... non è più impossibile. Ma è possibile fare ciò solo perché
oltre ad essere uno Stregone sono un Maestro d’armi, e perché ho questa
magnifica squadra al mio fianco. Quindi non solo il vostro canto oggi cesserà,
ma farò in modo che ogni suo effetto taccia con voi. Quindi, ve lo ordino, una
volta per tutte... STREGHE, TACETE!»
Con una mossa fulminea Simon ruppe quel globo di energia,
che subito cambiò colore, divenne dorato e letteralmente esplose, investendo
tutti i presenti e, nel giro di pochi secondi, il mondo intero. Lucy e Kevin
vennero sbalzati via dalla forza d’urto, ma le loro grida e quelle di dolore di
Sara e Helen si annullarono, lasciando Simon in piedi in mezzo a un’esplosione
di pura energia. Quasi subito il ragazzo avvertì quella stessa energia che
aveva sprigionato penetrare nella sua anima e cercare con forza di strappargli
una parte di lui. Con una facilità che sorprese anche lui, non solo glielo
lasciò fare, ma quasi gliela offrì, lieto di liberarsi di qualcosa che non
aveva mai veramente voluto. Non appena però lo lasciò, l’esplosione sembrò
colpirlo con effetto ritardato e venne sbalzato all’indietro anche lui,
sbattendo la testa. Simon si sforzò di non svenire, per controllare a tutti i
costi come stessero sua madre e sua zia, per sapere se aveva funzionato, ma
anche per lui il mondo, inesorabilmente, si spense.
Capitolo 48 *** [BIVIO] Tornando a casa! Si può trasformare una maledizione in una salvezza? ***
Nel
bivio precedente avete deciso di vedere il risveglio
di Simon?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate pure
qui per
raggiungerlo.
Oppure
avete deciso di vedere il risveglio di Kevin?
Anche
in questo caso siete nel capitolo sbagliato, cliccate pure
qui per
raggiungerlo.
Non
vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può
capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la
memoria.
Siete
convinti di seguire il risveglio di Lucy?
Allora
siete nel posto giusto! Buona lettura!
Tornando
a casa! Si può trasformare una maledizione in una
salvezza?
Lucy aprì gli
occhi di scatto, ma poi
sbatté più volte le
palpebre, confusa. Stava sognando? Probabilmente sì,
perché era davvero tanto
tempo che non vedeva quel volto che ora la osservava preoccupato.
«Nonno?»
James
l’abbracciò: «Piccola
mia, sei sveglia.»
Lucy si
svegliò del tutto: «Nonno!
Nonno! Dove...»
Si guardò
intorno. Era in camera sua.
Rimase per un attimo
sorpresa, era tanto tempo che non la vedeva e le sembrava quasi
innaturale ritrovare
tutto esattamente dove l’aveva lasciato. Seduto sul suo letto,
James le
sorrideva; poco più in là, su una sedia, c’era
anche Tsubaki e, in piedi,
appoggiato in maniera perfettamente simmetrica al centro della parete,
Kid.
«Cosa ci faccio
qui?»
Kid rispose:
«Ti abbiamo portata noi. Dopo
lo scoppio di
magia che si è avvertito in tutto il mondo, James ha insistito
che dovessimo
venire a prenderti e ci ha indicato la direzione corretta.»
Lucy sorrise al
nonno. Giusto, le loro anime erano
sempre
legate...
La ragazza
sobbalzò: «Simon? Kevin? E
Sara e Helen? Eravamo
tutti insieme e...»
Tsubaki la
tranquillizzò: «Stanno
tutti bene. Simon è stato
messo sotto sorveglianza, ma sembra che sia tornato se stesso, come sua
madre e
sua zia. Anche io mi sento molto meglio.»
Lucy saltò in
piedi: «Ha funzionato!
Quindi abbiamo
annullato davvero la maledizione!»
Kid la guardò
davvero curioso: «A
quanto pare sì. Anche se è
davvero assurdo.»
La ragazza prese le
mani del nonno: «Simon
ne era sicuro! Ha
detto che se univamo la sua magia alla follia custodita nella mia anima
e
usando l’anima di Kevin come tramite si poteva fare.»
James
ridacchiò: «Ah, avete usato la
mia follia! Ecco
perché!»
«Perché
cosa?»
Tsubaki
ridacchiò, mentre James abbassava
lo sguardo
imbarazzato: «A un certo punto il corpo di tuo nonno si è
quasi avvolto di
magia, è esploso in polvere e per qualche secondo non riusciva a
parlare
normalmente...»
Kid
puntualizzò: «Parlava la lingua
delle streghe. Fortuna
che c’era Blaire lì vicino che ci ha tradotto cosa diceva,
prima di rimanere
muta.»
Tsubaki aggiunse:
«Continuava a ripetere che
eri in
pericolo, che bisognava trovarti subito.»
Lucy guardò
James con i suoi occhi scuri:
«Nonno...»
«Sentivo la tua
ansia, la paura, il dolore e
poi una
sensazione che non avevo mai avvertito prima... cosa dovevo
pensare?»
Lo abbracciò e
gli sussurrò
all’orecchio: «Scusami. Ho usato
la tua follia senza dirti nulla.»
«Di cosa devi
scusarti, piccola mia? Hai
usato la mia
maledizione per spezzarne una molto peggiore, hai reso qualcosa di
pericoloso
non solo utile, ma bellissimo. Come sempre, Lucy.»
La ragazza si
lasciò sfuggire una lacrima,
e poi, piano
piano, tutte quelle che aveva trattenuto in quei mesi di stress
continuo.
Tsubaki e Kid, lentamente, lasciarono la stanza, capendo di essere di
troppo.
L’importante
era che stessero tutti bene.
Lucy:
Grazie per
averci cercato.
James:
Hanno provato
a fermarmi in tutti i modi, ma sono un gran testone.
Lucy: Mi
togli giusto
una curiosità?
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 29° capitolo: Finalmente sposi! Quale futuro ci
attende?
Capitolo 49 *** [BIVIO] Tutto ciò che era in mio potere! Di che colore è la mia anima? ***
Nel bivio
precedente avete deciso di vedere il risveglio di Lucy?
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Oppure
avete deciso di vedere il risveglio di Kevin?
Anche in
questo caso siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non vi
ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può
capitare, cliccate
qui per
rinfrescarvi la
memoria.
Siete
convinti di seguire il risveglio di Simon?
Allora
siete nel posto giusto! Buona lettura!
Tutto
ciò che era in mio potere! Di che colore è la mia
anima?
Simon aprì gli
occhi di scatto, con un
respiro profondo e si
mise immediatamente seduto, come se si fosse svegliato da un incubo.
Per un
paio di secondi la sua testa fu completamente vuota, mezzo intontito e
incapace
di pensare. Un attimo dopo però mille ricordi lo sommersero: il
bosco, sua
madre e sua zia, Lucy e Kevin, la sincronizzazione delle anime, il
controincantesimo. Solo a quel punto iniziò a farsi la vera
domanda.
Dove si
trovava?
«Simon?»
«Tutto
bene?»
Il ragazzo si
guardò intorno. Non era
affatto solo. Intorno
a lui c’erano Soul, Maka e il professor Stain. Era seduto su una
barella in una
stanza di quelle da osservazione medica. A quanto pare si trovava a
Death City,
ma non aveva la più pallida idea di come ci fosse arrivato.
Si passò una
mano fra i capelli,
imbarazzato: «Ragazzi...
che...»
Solo a quel punto gli
vennero mente cose
più importanti a
cui pensare. Afferrò una ciocca e la controllò con ansia,
per vederne il
colore. Era completamente bionda.
«Ha...
funzionato? Ha davvero
funzionato?»
Rimase assorto per un
momento, cercando di usare
la magia.
Si rese conto di non avere la più pallida idea di come fare e
dopo un momento
di spaesamento iniziò a ridacchiare, lentamente, fino a
sciogliersi in una
risata incontrollata.
«SONO LIBERO!
SONO LIBERO!»
Soul e Maka gli
sorrisero, quasi inteneriti, Stain
si limitò
ad accendersi una sigaretta. Simon rimase ancora un momento incredulo,
poi
sembrò riprendersi.
«Lucy? Kevin?
Dove sono? E mia mamma e mia
zia? Erano con me
e...»
Stain sospirò:
«Non preoccuparti,
sono nelle stanze di
fianco, nessuno si è fatto veramente male. Tu sei qua solo per
motivi di
sicurezza.»
Simon abbassò
lo sguardo. Giusto, dopotutto
lui era
ufficialmente ricercato. Notò in quel momento che la sua barella
in realtà era
dotata anche di cinghie, ma che non gli erano state applicate.
«Maka, devo
chiederti una cosa.»
La ragazza lo
guardò seria:
«Dimmi.»
«La mia
anima... di che colore
è?»
«È di un
colore che non ho mai visto.
Un indaco molto
pallido.»
«Quindi non
è più nera.»
«No.»
«E neanche
viola.»
«No, ma neanche
azzurra.»
Simon alzò le
spalle: «Immaginavo che
dopo tutto quello che
è successo le cose non potessero esattamente
tornare come prima...»
Stain si sedette
sulla barella: «Spiega
anche a noi esattamente cos’è
successo.»
E Simon
raccontò, come un fiume in piena,
quello che gli era
successo da quando la maledizione l’aveva colpito e tutto quello
che aveva
ideato per annullarla.
«Quindi... ha
funzionato? Mia mamma e mia
zia sono ancora
delle streghe o ho annullato la maledizione solo per me? Perché
se è così ora
non avrei più modo di tenerle sotto controllo e
potrebbero...»
Soul gli sorrise:
«Non preoccuparti, il tuo
lavoro è stato
veramente figo.»
Stain tradusse:
«Tutte le persone che erano
state
influenzate dal canto delle streghe sono tornate alla normalità:
chi, come
Tsubaki, era stata solo controllata non rischia più di esserlo,
chi, come la
tua famiglia, era stata trasformata in una strega ha perso i propri
poteri ed è
tornato alla ragione.»
Simon si sentì
incredibilmente sollevato,
così tanto che
quasi si lasciò andare senza forze sulla barella.
Soul rimase un attimo
pensieroso:
«Però non ho capito perché
da quel momento Blaire non riesce più a parlare.»
Simon lo
guardò sorpreso:
«Come?»
«Nel momento
che hai spezzato la maledizione
c’è stato come
un forte vento dappertutto. Da quel momento Blaire è rimasta
completamente
senza voce.»
Il violinista rimase
un momento pensieroso, poi
improvvisamente sobbalzò e divenne tutto rosso: «Ops...
non dirmi che...»
Maka lo guardò
curiosa: «Che
cosa?»
Simon rimase
imbarazzato: «Potrebbe essere
colpa mia...
quando ho annullato la maledizione ho ordinato alle streghe di
stare zitte... ma avevo ancora la
voce da Stregone, non ci ho mica pensato...»
Rimase pensieroso per
un po’: «Se
l’ho fatto esattamente in
contemporanea, potrei aver diffuso il mio ordine insieme alla
contromaledizione, in un unico flusso magico basato sulla lunghezza
d’onda
della mia magia, che era alla base, che è andato a colpire anche
chi non è una
strega, ma una creatura stregonesca, come le gatte streghe... tuttavia,
se la
potenza è quella che ho calcolato, dovrebbe cedere leggermente
di potenza ogni
nove minuti e mezzo, quindi... nel giro di tre mesi dovrebbe nuovamente
poter parlare,
e con lei tutte le altre streghe.»
Stain, Maka e Soul lo
guardarono sconvolti.
«Aspetta,
aspetta, aspetta...»
«Tu riesci a
fare calcoli di questo
tipo?»
Simon, risollevandosi
dai suoi pensieri e
rendendosi conto
di essere osservato come se fosse un alieno, arrossì
imbarazzato: «Ehm... ricordo
tutto di quando ero Stregone, anche se non lo sono più.»
Stain lo
guardò come se stesse mentalmente
pensando al modo
migliore per vivisezionarlo: «Tutte le streghe sono in grado di
fare calcoli
così approfonditi sulle loro magie?»
Il violinista si
imbarazzò ancora di
più: «Ehm... no, in
realtà... è che... avevo approfondito parecchio quando
ero uno Stregone...
avevo trovato dei libri che le streghe non ricordavano e... in quel
momento mi
sembrava tutto così facile da capire e...»
Soul lo guardò
con ammirazione:
«Figo! Quindi al momento sei
tipo il più grande esperto di magia esistente?»
Simon
ridacchiò: «In effetti... messa
così...»
Gli occhi di Stain
brillarono nel buio come quelle
di un
predatore. Simon deglutì.
Aveva la netta
impressione che con quella frase si
fosse
appena messo in un mucchio di guai.
Blaire:
...
Maka: Su,
dai,
perdonalo, non l’ha mica fatto apposta.
Blaire:
!!!
Maka:
Sì, lo so, è
fastidioso, ma te l’ha detto, passerà!
Blaire:
...
Maka: E
sì, tre mesi
sono lunghi, lo so.
Blaire:
...
Maka:
Cosa fai?
Cerchi di scrivere? Almeno torna umana per farlo, come fai senza mani?
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 29° capitolo: Finalmente sposi! Quale futuro ci
attende?
Maka: “Chi se
ne frega di Simon, è da mezz’ora che cerco di chiederti se
hai comprato il
latte”.
Capitolo 50 *** [BIVIO] Fine della battaglia! Potrai perdonare se ho anteposto l’amicizia all’amore? ***
Nel
bivio precedente avete deciso di vedere il
risveglio di Simon
Allora
siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Oppure
avete deciso di vedere il risveglio di
Lucy?
Anche
in questo caso siete nel capitolo sbagliato, cliccate
pure qui per raggiungerlo.
Non
vi ricordate alcun bivio fra cui scegliere?
Può
capitare, cliccate
qui per rinfrescarvi la memoria.
Siete
convinti di seguire il risveglio di Kevin?
Allora
siete nel posto giusto! Buona lettura!
Fine
della battaglia! Potrai perdonare se ho anteposto
l’amicizia all’amore?
Kevin non
riusciva ad aprire gli occhi. Dopo mesi
d’insonnia, un po’ naturale e un po’ forzata,
finalmente poteva riposare in
pace. Quasi avvertiva, nel sogno, le labbra di Liz sulla sua fronte...
«No, non sembra avere la febbre...
però non si sveglia, il
che è un po’ strano per lui.»
Aveva pensato spesso a lei, per non impazzire
mentre
sorvegliava Simon, ma era la prima volta che i suoi sogni sembravano
così
realistici. Sperò di non svegliarsi più.
«Secondo voi è il caso di chiamare di
nuovo il dottore?»
«Perché?»
Kevin rimase interdetto. Non si aspettava la voce
petulante
di Patty nel suo sogno. Forse però era normale, Liz e Patty
dopotutto stavano
sempre insieme...
«MA CI PENSA LA VOSTRA GRANDISSIMA
DIVINITÀ!»
«No, grazie.»
Kevin questa volta sbarrò gli occhi e si
costrinse a
sedersi. Ok, poteva passare Patty, ma Black Star nel suo sogno con Liz
proprio
non ce lo voleva!
Liz, seduta di fianco a lui, lo guardò
sorpresa: «Kevin...»
L’arma fece appena in tempo a rendersi conto
di essere nel
suo letto che lei lo abbracciò: «Kevin!»
Il ragazzo, imbarazzato, confuso ma felice,
ricambiò
l’abbraccio: «Liz...»
Subito dopo una botta sulla testa lo lasciò
ancora più
confuso.
«Dove sei stato tutto questo tempo, cretino?
Io mi sono
preoccupata da morire per te! Pensavo fossi morto! Non mi hai cercato
neanche
una volta!»
Kevin rimase in silenzio per un secondo, poi
scoppiò a
ridere, una risata liberatoria. Liz però non prese bene la
reazione, passando
direttamente a impugnare sua sorella.
«Ehi, ehi, ehi! Ferma, posso spiegare!»
Liz lo guardò con occhi di brace:
«Prega che la tua
spiegazione sia buona.»
Patty, sotto forma di pistola, si lasciò
sfuggire: «La
sorellona questa volta è proprio arrabbiata...»
Black Star, dalle spalle della ragazza, fece segno
a Kevin
che era pronto a disarmarla con una tecnica da assassino, ma il ragazzo
alzò
una mano per fermarlo: «Ha ragione. Vuoi una spiegazione, Liz?
Eccola.»
E con un lungo racconto, sempre tenuto sotto mira
dalla sua
ragazza, spiegò tutto quello che era successo. Liz non si mosse
mai, Patty
ascoltò, seppure con qualche sbadiglio, Black Star iniziò
a fare flessioni, ma
non aveva importanza. Era una cosa fra Kevin e Liz, e loro due soli.
Arrivato alla fine, Kevin disse: «Se vuoi
spararmi perché ho
anteposto un amico a te, fai pure, hai tutte le ragioni del
mondo.»
Liz, lentamente e con un sospiro, abbassò
Patty, che
finalmente poté tornare umana. Mentre la ragazzina si
stiracchiava, la sorella
rispose: «Se fosse successo a Patty avrei fatto lo stesso.»
«È normale, è tua
sorella.»
«E Simon per te è come se fosse un
fratello, questo lo so
bene.»
Liz lo abbracciò ancora: «Ma piantala
di fare l’eroe. Hai
sorvegliato lo Stregone, il mondo è salvo, ora riposati.
Riposati qui con me.»
Kevin chiese ancora: «Il mondo è
salvo?»
«Sì, ci siete riusciti. Riposa, ora,
guerriero.»
Kevin chiuse gli occhi e sospirò.
Finalmente.
Patty: Guarda, come
sono teneri!
Black Star: Ma guarda
che roba, sono rimasto qui per salutarlo e non mi ha neanche rivolto la
parola!
Patty: Se vuoi te la
rivolgo io!
Soul Eater,
Richiamo di sangue, 29° capitolo: Finalmente sposi! Quale futuro ci
attende?
Liz: Kevin?
Kevin: Zzzz...
Liz:
... avevo detto di
riposarti, ok, ma non intendevo così alla
lettera...
E dunque
tutto è bene quel che
finisce bene? Quasi… le cose non sono così semplici come
immaginate. Tutte le
risposte vi attendono nel penultimo capitolo!
Capitolo 51 *** Finalmente sposi! Quale futuro ci attende? ***
Finalmente sposi! Quale futuro ci attende?
L’uomo abbracciò la donna, facendo attenzione a non
stringere troppo. Era un miracolo poterla riavere al suo fianco, così insperato
che un uomo così materialista come era lui sentiva a volte il bisogno di
controllare con mano che fosse tutto a posto.
La donna gli sorrise dolcemente: «Sei emozionato?»
L’uomo sbuffò scocciato e Sara rise. Non sia mai che Charles
Michael Onpu potesse tradire emozioni in pubblico!
Con il sorriso sulle labbra gli risistemò il farfallino.
«Io sì. Ci siamo già passati, ma... non credevo davvero di
poter tornare qui, così, dopo tutto quello che è successo.»
L’uomo le bloccò le mani e la guardò negli occhi. Quello
sguardo, diretto solo e soltanto alla donna che amava con tutta l’anima,
espresse tutto quello che non avrebbe mai potuto dire a parole: l’affetto e la
paura di perdere tutto, l’intera sua famiglia, che l’avevano attanagliato in
quei lunghi mesi. Sara annuì.
«Quante cose sono cambiate.»
Lo sguardo dell’uomo indugiò per un momento sulla sua
adorata figlia Rachel, e la presa sul braccio della
moglie si fece più stretta. Rachel, il suo orgoglio,
la figlia forte e sicura di sé, in grado di piegare il mondo al suo volere, era
insieme ad altre persone, ma si teneva in disparte, stropicciandosi le mani, in
un atteggiamento d’ansia che non aveva nulla a che fare con la ragazzina che
conosceva. La maledizione si era conclusa, certo, ma le conseguenze di essa
pesavano ancora sul mondo intero. Le donne diventate streghe erano tornate in
sé, ma nessuna magia aveva potuto riportare in vita i morti, ricostruire le
devastazioni, cancellare dai ricordi ciò che era stato o far tacere le voci
nella testa di Rachel, che se ora non erano più
indotte dall’esterno, dopo mesi di tortura continuavano lo stesso a generarsi
nella sua mente, logorandola. Era un dolore enorme per un padre che l’amava e
che si rispecchiava in lei in tutto. Ne sarebbe uscita, ne era certo, dopotutto
ci era riuscita anche sua madre, anni e anni prima, e lei aveva comunque dentro
di sé il puro spirito degli Onpu, ma sarebbe stata
una lotta lunga e dolorosa.
D’altro canto...
Spostò lo sguardo su Simon, l’altro figlio, che a braccia
incrociate, fermo sulla porta, aspettava pensieroso. Il leggero nervoso era
tradito dalle labbra strette con forza, ma per il resto appariva sicuro.
Ecco, forse il vero effetto collaterale di quell’assurda
maledizione era stato far uscire l’aspetto più nascosto dei due fratelli Onpu: tanto sicura era prima Rachel
e tanto debole Simon agli occhi del padre, quanto ora era Rachel
a essere fragile e Simon forte.
Charles aveva riposto così tante aspettative in quel figlio.
Il primogenito maschio di una famiglia così influente come la loro aveva delle
enormi responsabilità. Scoprire che Simon aveva preso in tutto e per tutto
l’animo dolce e remissivo della moglie, che pure amava, era stato un brutto
colpo, non perché non amasse il figlio, ma perché aveva avuto paura per lui,
per un mondo che vedeva pieno di squali pronti a mangiarselo in un boccone, lui
e indirettamente tutto quello che il padre e i suoi avi avevano costruito in
secoli addietro. Si era impegnato per evitare che ciò potesse accadere,
forgiandolo e temprandolo con durezza, temendo che proprio nulla di lui a parte
i capelli biondi gli fosse stato passato e, soprattutto, nel profondo del suo
cuore, terrorizzato dall’idea che potesse anche lui dimostrare le fragilità
psicologiche di Sara e crollare.
A ripensarci in quel momento, indizi che le sue paure
fossero infondate in realtà c’erano stati anche prima, ma non li aveva colti:
come si era ribellato quando lo avevano iscritto alla Shibusen,
la ferma volontà di non farsi mai chiamare Duca, la determinazione a sposare
Lucy... il ragazzo non era mai stato per niente semplice da malleare,
anche prima della maledizione, ma era stato durante questa che davvero Charles aveva
scoperto quanto si fosse sbagliato
sul figlio. Quando erano venuti a dirgli che Simon, proprio il suo Simon, si era messo a guida di un
gruppo rivoluzionario di streghe, era scoppiato a ridere. Quando gli avevano
detto che sarebbe diventato il nuovo dittatore mondiale, aveva tremato di paura.
Si era reso conto solo in quell’istante
che in realtà suo figlio, se ben determinato nei suoi obiettivi, poteva essere
inarrestabile.
Charles era rimasto per giorni chiuso nella sua dimora
vuota, aspettando che Simon venisse a vendicarsi di lui. Aveva visto cos’era
successo a Sara, ad Helen e a Rachel, e dall’unica
persona che effettivamente, seppure per il suo bene, aveva davvero maltrattato
si aspettava solo le peggiori torture. Aveva pianto di rimorso per non aver
saputo vedere la gemma nascosta nell’animo di Simon prima che si trasformasse
in pece. Aveva atteso la morte, e invece era giunto un insegnante della Shibusen a dargli la notizia che mai e poi mai avrebbe
sperato: Simon, con quella stessa forza inarrestabile che tanto aveva temuto,
aveva risolto la situazione e salvato il mondo intero. Charles era rimasto
incredulo sulla sedia per quasi altrettanto tempo per cui aveva aspettato,
incapace di pensare a nulla, mentre emozioni contrastanti, di sollievo, d’incredulità,
di gioia, di rimorso, di delusione verso se stesso, lo
assalivano. Si ripromise mille cose, di cambiare, di essere il padre che forse
non era mai veramente stato, di dire a Simon tutto l’affetto che provava per
lui. Si era alzato dalla poltrona ed era corso a Death City determinato a tutto
questo, ma appena giunto gli venne presentata prima Rachel.
L’uomo si era sentito morire di nuovo, nel vederla in quello stato, e si era
reso conto che proprio in quel momento, per lei, doveva essere l’uomo forte che
era sempre stato. Aveva inghiottito con amarezza tutto ciò che avrebbe voluto
dire a Simon e aveva cercato di comportarsi come sempre.
«Già.»
Tuttavia, non era certo di riuscirci quel giorno, e Sara,
che aveva compreso tutto anche se Charles non le aveva detto niente, lo strinse
ancora, con tutta la poca forza che aveva.
«Andrà tutto bene.»
«Lo so. Ora lo so.»
Sara guardò Simon con gli occhi lucidi: «È diventato grande,
vero?»
La voce di Charles tremò: «Così grande da ritornare piccolo
pur di non perdere ciò a cui teneva.»
«Ha preso tutta la forza del suo papà.»
L’uomo scosse la testa: «No, per fortuna no. Ha preso tutta
la tua.»
Simon sospirò. Aveva delegato a Kevin tutta l’organizzazione
ed era infinitamente grato che amico di sempre avesse accettato invece di
mandarlo a quel paese.
Era agitato?
Sì, indubbiamente, ma lo era in modo diverso dalla prima
volta.
La volta prima era isterico, nervoso, tanto da saltellare
sul posto e avere la mente completamente annebbiata. Questa volta era perfettamente
lucido, solo con una stretta allo stomaco che con tutta la buona volontà non
riusciva a scacciare. L’altra volta aveva paura degli invitati, di suo padre,
di tutto ciò che era stato collaterale al matrimonio. Questa volta si ritrovò a
chiedersi se sarebbe stato un degno marito per Lucy, per la donna che lo aveva
costretto a rivoluzionare il mondo pur di rimanere con lei. Alzò gli occhi al
cielo, controllandone il colore. Era azzurro, stavolta, non viola, nessuna
traccia di magia nell’aria. Seppure non ne avesse più, Simon si era comunque
ritrovato ad essere davvero il maggior esperto di magia mai esistito, sia fra
gli umani che fra le streghe, ed era certo di saperne individuare i segni anche
solo guardandosi intorno. Sorrise imbarazzato. Le streghe non si sarebbero
dimenticate facilmente di lui, oltretutto dopo l’involontario souvenir che
aveva lasciato loro, e che aveva colpito collateralmente anche Blaire. Nessun canto, oggi, perché nessuna voce era loro
concessa. Forse dopo quella storia avrebbero imparato a non andare contro le
leggi della natura, ma non poteva escludere che qualcuna cercasse di vendicarsi
di lui. Sospirò ancora. Lord Shinigami gli aveva offerto protezione, ma non era preoccupato. Che
venissero avanti, conosceva un mucchio di modi per annullare una magia anche
senza poterla usare!Involontariamente
quella maledizione gli aveva assicurato un futuro, e proprio nel campo degli
studi, in cui era sempre stato una frana. Ridacchiò, in un gioco che forse solo
lui poteva comprendere. Lui e Lucy.
Non avrebbe più potuto sbirciare come sarebbero andate le
cose fra loro. La contromaledizione era stata
potente, così potente da strappargli via non solo la sua magia e quella di Sarktos che aveva rubato, ma anche il dono di preveggenza.
Ne era stato felice, dopotutto era un peso che non aveva reso la vita più
facile o più bella né a lui né a sua zia; almeno ora avrebbe potuto suonare il
violino in santa pace. Il professor Stain lo aveva
avvertito che probabilmente però il dono in lui non era del tutto scomparso: la
sua anima era indelebilmente macchiata di magia, ed era probabile che qualche
visione di quelle imprevedibili, in rima, sarebbe tornata. Simon non aveva
paura, nulla che potesse avere a che fare con la magia lo poteva più spaventare.
Kevin gli si avvicinò: «Allora, i parenti si sono
accomodati, Black Star è stato contenuto, Kid è
impegnato a sistemare gli ultimi petali in modo simmetrico, Soul si sta
scaldando al pianoforte, il pranzo per dopo è in caldo e Shinigami
si sta aggiustando la divisa cerimoniale. Dovrei aver sistemato tutto.»
Simon gli sorrise: «Grazie.»
«Tutto tranne lo sposo. Allora, vuoi deciderti ad entrare?»
«E perché?»
Kevin alzò un sopracciglio: «Bè, la conosci la procedura,
no? Lo sposo deve attendere all’altare la sposa...»
Simon lo guardò divertito e ripeté: «E perché?»
L’amico lo fissò perplesso: «E io che ne so? Immagino per
non vedere il vestito della sposa!»
«Lucy ha cambiato l’abito dall’altra volta?»
«Che io sappia no.»
«E allora l’ho già visto. E direi che tutta la sfortuna che
poteva portarmi l’ha già portata.»
Kevin rise: «Sei in ansia?»
Simon strinse le labbra: «Abbastanza da non entrare finché
non sarò sicuro che lei sia qui.»
«Non avrai paura che Lucy scappi dall’altare, vero?»
Simon non rispose e Kevin lo guardò sconvolto: «No... davvero?»
Lo sposo rimase serio: «Ha visto qualcosa di tremendo in me.
Non potrei biasimarla, chiunque ne sarebbe spaventato.»
Kevin lo guardò sconvolto: «Ma scusa, stiamo parlando della
stessa Lucy?»
«Eh?»
«Parliamo della ragazza che ha accettato di fare squadra con
un asociale che pensava di essere inutile all’umanità intera e con un ex
assassino? Della persona che ha riconvertito un Kishin?
Della stessa ragazza che ha affrontato una guerra per venire a cercare il suo
innamorato, e che si è lasciata alle spalle qualunque certezza? O vuoi dirmi
che ci hai fregato tutti, e oggi stiamo aspettando un’altra ragazza sempre di nome Lucy?»
Simon lo guardò perplesso, per poi scoppiare a ridere e
abbracciarlo.
Kevin si staccò dall’abbraccio, gli raggiustò il vestito e
poi lo guardò negli occhi: «Sarai perfetto.»
«Grazie per avere sempre creduto in me.»
«Dovere di amico e di arma. E ora avanti... Lucy è qui.»
A Simon sfuggì una vocetta isterica: «Cosa?»
Kevin ridacchiò mentre l’amico si voltava e vedeva Lucy
iniziare a salire le scale.
«Non è cambiato nulla, non temere. Vi aspetto dentro.»
Alzò un pollice verso Lucy con un occhiolino ed entrò. La
sposa gli sorrise imbarazzata e, a braccetto di James, salì i gradini verso il
suo sposo.
«Perché non sei dentro?»
«Mi sembrava giusto aspettarti. Tu mi hai aspettato fino ad
ora...»
Lucy arrossì leggermente, e di tutta risposta anche le
guance di Simon divennero di un rosa più acceso. James, a quel punto, si
sciolse dal braccio di Lucy.
«Nonno?»
«Questa volta non ti serve un accompagnatore.»
La ragazza lo guardò perplessa: «Ma...»
James si limitò a sorridere e a fare un passo indietro.
Simon, di tutta risposta, le fece un inchino e le porse la mano.
«Potrei avere io questo onore, signorina?»
Lucy li guardò perplessa. Poi rise.
«Massì, al diavolo le formalità!»
Mise il bouquet in mano a Simon, poi con una mano si sollevò
l’abito, con l’altra lo afferrò e lo trascinò dentro.
«Andiamo. Insieme, come abbiamo sempre fatto!»
Simon, ricomponendosi, la seguì: «Sì.»
L’ingresso inusuale dei due sposi che correvano per la
navata centrale tenendosi per mano e con il bouquet nelle mani dello sposo
lasciò interdetta la sala, ma nessuno disse nulla. Chi poteva dare loro torto
se dopo tutta quell’attesa i due avessero fretta di concludere?
Solo una volta giunti davanti all’altare i due sposi,
sciogliendosi in una risata, si ricomposero. Lucy risistemò l’abito, riprese il
bouquet e Simon fece un cenno a Lord Shinigami, ma
senza riuscire a togliersi quel sorriso di sincera gioia e divertimento.
«Amici,
oggi siamo qui per rendere onore a due giovani che hanno deciso di passare il
resto della loro vita insieme, come...»
Solo a quelle parole ormai familiari, Simon si sentì davvero
come la volta scorsa. Le
sue orecchie fischiavano e il suo cervello sembrava essersi sconnesso dal resto
del mondo. Aveva aspettato così tanto quel momento, l’aveva atteso così a
lungo, eppure questa volta non gli sembrava per nulla un sogno. Mai nulla come
in quel momento gli era sembrato così vero.
«E
allora, li abbiamo i testimoni?»
Simon sobbalzò. Di nuovo, perso nei suoi pensieri, si era
perso il clou del discorso di Shinigami!
Nuovamente Kevin, Maka, Tsubaki
e Soul, dalla sua postazione al pianoforte, alzarono la mano.
Lord
Shinigami annuì: «Bene! E allora... Simon?»
Questa volta rispose con sicurezza: «Sì.»
«Vuoi
prendere Lucy come tua sposa?»
Simon prese le mani di Lucy, guardò l’amore della sua vita
negli occhi e prese un profondo respiro. Lo sguardo gli sfuggì ancora una volta
verso il cielo, in una muta preghiera che stavolta nulla lo potesse
interrompere.
«SIMON, TI PREGO, DILLO! DILLO!»
Lo sposo sobbalzò dalla sorpresa. Quei secondi di attesa
erano stati troppo per i nervi di Kevin, che si era messo a urlare così forte
da farsi sentire tranquillamente fino agli ultimi banchi. Il ragazzo era
pallidissimo, con il volto tirato dall’ansia, e quell’uscita era così sincera,
così simile a quando aveva interrotto il loro primo bacio, che Simon scoppiò a
ridere in maniera incontrollata, e con lui Lucy e piano piano tutti gli
invitati.
A Kevin non gliene importò nulla, poteva fare tutte le
figuracce del mondo, ma quei due dovevano
sposarsi in quel giorno, a qualunque costo, il suo cuore non avrebbe retto
ulteriori ritardi!
«Sì.»
La risposta venne coperta completamente dalle risate, e
dovette ripeterla di nuovo non appena tornò nuovamente il silenzio.
«Sì!»
Lord Shinigami continuò: «E tu,
Lucy, vuoi prendere Simon come tuo sposo?»
Sforzandosi di non guardare Kevin, che alle loro spalle
stava avendo un embolo per la tensione, rispose.
«Sì!»
L’uomo cinse con un nastro rosso le mani degli sposi e mise
le fedi alle loro dita: «E allora, con l’autorità conferitami da me stesso, vi
dichiaro marito e moglie.»
I due sposi si guardarono con gli occhi che brillavano di
felicità.
«Lo sposo può baciare la sposa.»
Senza attendere un attimo di più, Simon cinse con forza la
schiena di Lucy e la portò con decisione verso di sé, per il bacio forse più
significativo della loro storia d’amore. L’applauso della sala s’interruppe a
causa di un tonfo secco. Lucy e Simon si staccarono e subito si precipitarono
verso Kevin, crollato a terra dopo che la tensione lo aveva abbandonato tutto
d’un botto. Subito Simon gli alzò le gambe e Lucy iniziò a schiaffeggiarlo, mentre
anche Liz si chinava preoccupata.
«Kevin?»
Non appena il ragazzo riaprì gli occhi e riprese i sensi,
per la prima volta da quando lo conoscevano, ancora coricato, scoppiò a
piangere.
«Alleluia... grazie... grazie ad ogni divinità...»
I due novelli sposi si guardarono. Quello che aveva avuto
più paura per le sorti di quel matrimonio, alla fine, era stato proprio Kevin.
Liz gli tirò uno scappellotto e
Kevin rispose: «Ehi, ero già sveglio!»
«Guai a te se fai qualcosa del genere al nostro matrimonio!
Screanzato, hai rovinato tutto!»
Simon e Lucy risero, insieme, e Kevin, seppure imbarazzato,
si sentì finalmente sollevato e felice insieme a loro.
Lucy si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. La cerimonia
si era conclusa, il pranzo si stava lentamente avviando verso il dolce, nessuno
degli invitati si era lamentato e, soprattutto, era seduta di fianco a quello
che ora era a tutti gli effetti suo marito. Si appoggiò un momento sulla
spalla, e Simon le sorrise dolcemente.
«Sei stanca?»
«Un po’.»
«Non manca molto, ormai...»
I due sposi si guardarono intorno. Guardarono Blaire, che forse per fare un dispetto per la sparizione
della voce, con un balzo felino aveva afferrato a mezz’aria il bouquet della
sposa e ora lo sventolava beffarda in faccia a Liz,
che sperava davvero di poterlo afferrare. Kevin al suo fianco, cercava di non
andare fuori di testa fra Patty che faceva sculture di cibo nel suo piatto e Kid che cercava di mangiare simmetricamente. Guardarono Maka che chiacchierava amabilmente con Chrona
e Tsubaki, mentre Soul e Black Star sembravano
tramare qualcosa di “molto poco figo” ai danni del tavolo dei professori,
prontamente fermati da un implacabile MakaChop. Guardarono il Duca di Onpu
chiacchierare abbastanza amabilmente con James, a quanto pareva ora ammesso a
tutti gli effetti nella famiglia, mentre Rachel, per
un momento con un sincero sorriso divertito, raccontava qualcosa alla madre e
alla zia. Assaporarono insieme quel momento di serenità, il primo da tanto
tempo.
«È quasi finita.»
Gli occhi di Simon si velarono per un momento d’oro. Lucy
sobbalzò sorpresa e gli strinse le mani con tutte le sue forze. Le labbra del
ragazzo si mossero, ma fu un sussurro così lieve che non riuscì a percepirlo.
In un attimo Simon tornò alla normalità.
«Simon?»
Lo sposo strizzò un attimo gli occhi, poi si rivolse a Lucy
come se niente fosse successo: «Sì?»
Lucy sussurrò, facendo attenzione a non farsi sentire dagli
invitati: «Hai visto il futuro?»
Il ragazzo annuì.
«Nuove minacce all’orizzonte?»
«No. Ho visto solo che ti sbagliavi.»
«Eh?»
Il ragazzo, con gli occhi lucidi, rivide negli occhi scuri
della sua amata il riflesso di quello che sarebbe stato, dei loro figli giocare
felici con i figli di Kevin sulle gambe del nonno, un Duca di Onpu anziano ma felice come non lo aveva mai visto.
Sorrise emozionato.
«Non è affatto finita. Credimi, questo è stato solo
l’inizio.»
Non gli importava quanto avrebbe dovuto aspettare per vedere
dal vivo quella visione.
Avevano tutta la vita davanti, insieme.
Kevin: No, aspetta,
cosa vuoi che faccia?
Lucy: Mi devi
aiutare! Non ti ricordi la nostra promessa? “Niente più segreti”! E Simon ce ne
sta nascondendo uno grande come una casa!
Kevin: E cosa vuoi
che faccia? Che lo ricatti?
Soul Eater, Richiamo di sangue, 30°
capitolo: L’ultima occasione per salutarsi! Quanti segreti si nascondono
ancora?
Lucy: Non lo so, ma
pensiamoci! Abbiamo solo più un capitolo di tempo!
Kevin: Sigh... mai un
momento di pausa, eh?
Ed eccoci qua. Finalmente il finale della storia, il famoso
matrimonio atteso fin dal primo capitolo!
Cosa manca ancora? Il capitolo con l’intervista, ovvio! I tempi
di pubblicazione di quello, però, non dipendono totalmente da me, ma da una
persona che mi sta preparando una cosa…
Mi scuso inoltre per i problemi di font dei precedenti capitoli,
nonostante i venti tentativi (e non scherzo) per qualche motivo non è stato
possibile uniformare il tutto.
Capitolo 52 *** L’ultima occasione per salutarsi! Quanti segreti si nascondono ancora? ***
30- L’ultima occasione per salutarsi! Quanti segreti si
nascondono ancoraL’ultima
occasione per salutarsi! Quanti segreti si nascondono ancora?
Maka si aggira per lo studio,
ricontrollando tutto.
Maka:
Allora, le sedie ci sono, il tavolino pure, gli invitati anche... direi
che ci siamo! Lucy:
Veramente...
Maka stritola il foglio di
appunti che ha in mano.
Maka:
Eppure non credo di avere grandi pretese... una, una intervista
decente! Cosa c’è stavolta che non va? Lucy:
Ehm... ci manca l’autrice. Maka: Come
sarebbe “ci manca
l’autrice”? Dov’è Hinata 92? Lucy: Ti
ricordi che si era rifugiata in un bunker per sfuggire alle possibili
ire dei lettori? Maka:
Sì?
Le due ragazze raggiungono il
famoso bunker, davanti alla cui porta stanno trafficando Simon, Black
Star e Soul, ognuno a modo suo. Per la precisione, Black Star sta
cercando di sfondare la porta a calci, mentre Simon, impugnando Soul
sotto forma di falce come un piede di porco, cerca di farne saltare i
cardini.
Maka: Ma
che cavolo... Simon:
Allora, l’avete trovata la chiave? Kevin
(dall’interno): Macché! E dire che non c’è
niente qua dentro! Ma non la troviamo! Lucy:
Kevin si è trasformato in polvere ed è riuscito ad
entrare, ma non sappiamo come tirarla fuori... Maka: ... Black
Star: COM’È POSSIBILE CHE QUESTA PORTA NON CEDA DI FRONTE
A UNA DIVINITÀ? Hinata 92
(dall’interno): Me l’avevano venduto come resistente, il
negoziante è stato di parola... Simon:
Anche troppo! Soul:
Sappi che usarmi come piede di porco non è per nulla figo. Simon:
Siamo aperti a suggerimenti. Lucy: Non
so... tentiamo con un Maka Chop?
Maka, sospirando e poco
convinta, tira fuori una delle sue migliori enciclopedie e tenta il
colpo, ma senza risultati apprezzabili.
Kevin
(dall’interno): Ma te la sei mangiata questa maledetta chiave? Hinata 92
(dall’interno): Con i miei problemi di stomaco? Stai scherzando,
vero? Lucy:
Volete che entri anch’io a controllare? Kevin:
(dall’interno): Siamo già un po’ strettini in due,
ma se vuoi provare, prego...
Lucy si trasforma in polvere
ed entra dal buco della serratura.
Lucy
(dall’interno): Certo che è un po’ spoglio qua
dentro. Hinata 92
(dall’interno): È pensata come soluzione
d’emergenza, non come casa vacanze... Kevin
(dall’interno): Sentite, esco io, qua mi sento soffocare!
Una polvere rossa esce dalla
serratura e in pochi secondi Kevin è fuori.
Kevin: Io
davvero non so come fare! Lucy
(dall’interno): Aspetta... aspetta... trovata! Hinata 92
(dall’interno): Davvero? Kevin
(sconvolto): Davvero? Maka
(idem): Davvero? Soul
(idem): Davvero? Simon
(idem): Davvero? Black
Star: IN NOME DI ME STESSO, DOV’ERA???
Un rumore di chiave che gira
nella toppa e finalmente Lucy apre la porta con un sorriso.
Lucy: In
fondo ai pantaloni dell’autrice! Ha un buco nella tasca ed
è rimasta nella fodera! Hinata 92
(tutta rossa d’imbarazzo): ... Kevin
(tutto rosso pure lui, ma di rabbia): ... Simon: E
non ti sei accorta del peso sulla gamba? Hinata 92:
È piccolo qua dentro, sono stata tutto il tempo seduta. Kevin:
Possibile che tu stavolta non ne faccia una giusta? Hinata 92:
Ehi! Kevin: Ce
ne hai combinate davvero di tutti i colori, questa volta! Diavolo,
tutti i problemi che avevamo avuto l’altra volta non erano
davvero nulla in confronto! Hinata 92:
Avevo le mie buone ragioni! Kevin (con
aria di sfida): Oh, davvero? Vorrei proprio sentirle! Maka
(cercando di sedare gli animi): E proprio per questo di là ci
sono delle sedie che vi aspettano! Che ne dite se ci sedessimo e, con calma, ne discutessimo?
Kevin, con un gesto di
stizza, si volta e si dirige verso il luogo deputato per
l’intervista, dove stanno già aspettando tutti gli altri
personaggi. Lucy fa un sorriso incoraggiante all’autrice.
Lucy: Non
farci caso, poi gli passa. Hinata 92:
Lo so. E non ha poi tutti i torti...
Tutti si accomodano, anche se
Kevin continua a fare l’offeso. Maka cerca di tornare ad essere
professionale e recupera il foglio delle domande.
Maka:
Allora, direi finalmente che possiamo cominciare... prima domanda:
avevi pensato subito a un seguito per Polvere incantata? Hinata 92:
Sì e no, sapevo di non aver espresso ancora tutto il vostro
potenziale, ma non ero partita subito con l’idea di fare un
sequel. L’idea in realtà è venuta pochi mesi dopo... Soul: Come
“pochi mesi”? Hai pubblicato questa storia dopo anni! Hinata
(imbarazzata): In realtà ci ho messo una marea di tempo con la
cosa all’apparenza più stupida... il primo capitolo! Simon: Eh? Hinata:
Doveva essere intrigante ma in grado di far capire la trama anche a chi
non avesse letto la prima storia, doveva introdurre le novità e
allo stesso tempo non essere un noioso “riassunto delle puntate
precedenti” che avrebbe allontanato qualunque lettore... questo
mi ha bloccato, non riuscivo a venirne fuori. Ci ho messo due anni
prima di trovare una soluzione che mi soddisfacesse. Ma nel frattempo
molti dei vecchi lettori si erano allontanati dal fandom o direttamente
da EFP... insomma, non è andata esattamente come speravo, ma
pazienza. Maka:
Seconda domanda: perché una storia a bivi? Hinata 92
(ridacchiando): E perché no?
Tutti la guardano malissimo.
Hinata 92:
Ok, ok, risposta seria! La storia inizialmente non era nata per essere
a bivi, lo è diventata in corso d’opera. Kevin:
Potevi anche lasciarla come una storia normale, diamine, abbiamo dovuto
tutti fare un superlavoro, noi a interpretarla, tu a scriverla e i
lettori a leggerla! Hinata 92:
Hai ragione, però il messaggio che volevo trasmettere non
sarebbe stato lo stesso. Pensaci un attimo: il piano originale
prevedeva che Simon controllasse il futuro col violino, vedesse
più o meno tutta la trama che si è poi vista nel bivio
“cattivo”, chiamiamolo così per semplicità, e
decidesse che non andava bene. Fine. Simon
(guardandola perplesso): Cosa c’era di male? A me sembra un buon
svolgimento ugualmente. Hinata 92:
Sì, ma era riduttivo! Era come a dire che essere buoni al 100%
è sempre la soluzione giusta in ogni occasione! Era dividere il
mondo in bianco e nero, e dire di scegliere sempre il bianco! Era... troppo semplice, soprattutto per
dei personaggi come voi, nati nella prima storia per insegnarmi a
creare dei personaggi veri, a
tuttotondo, e non delle macchiette o delle marionette da muovere a mio
piacimento! Era farvi un torto negarvi una “zona grigia”,
che alla fine ogni essere umano possiede. Quindi mi sono sentita in
dovere di concederti anche un “bivio buono” ma sbagliato,
perché alla fine il messaggio che volevo tramettere non era
“sii sempre buono”
ma “prendi la decisione
migliore con i mezzi che hai al momento”. Non è la
stessa cosa. così ho preso spunto dalle storie di Topolino che
tanto amo e ho introdotto i bivi. Lucy:
Potevi mettere entrambe le soluzioni, ma senza i bivi... Hinata 92:
Non avrei ottenuto lo stesso risultato. Innanzitutto avrei confuso
ancora di più il lettore, perché avrebbe letto prima uno
svolgimento e poi un altro, senza continuità logica. E poi avrei
dovuto scegliere una
soluzione da presentare per prima rispetto all'altra, rischiava di
dover comunque privilegiare una soluzione rispetto all’altra. In
questo modo è il lettore a scegliere. Sono rimasta così
neutrale che nel mio file word è stato scritto prima il
“bivio buono”, ma su EFP è stato pubblicato prima il
“bivio cattivo”. E per evitare di stravolgere il lettore a
metà storia, ho volutamente aggiunto una marea di bivi che in
realtà... sono inutili. In quei punti non scegliete veramente la
trama, la storia va nella stessa direzione indipendentemente dalle
vostre scelte, anzi, vi suggerisce di leggere tutte le versioni per
avere un quadro completo. In questo modo la scelta
“fondamentale” risulta più naturale e allo stesso
tempo, seppur imbrogliando il lettore, in realtà non ho tradito
per nulla lo spirito iniziale della storia, perché chi legge non
ha mai veramente scelto, in questo caso. Soul: Sei
una truffatrice poco figa. Hinata 92:
Necessario per il bene della trama, però sì, questa volta
sono stata davvero una truffatrice. Non che non lo sia anche in altre
storie, ma ammetto mai così palese come questa volta. Simon:
Anche nella prima versione era previsto che diventassi cattivo? Hinata 92:
Sì, assolutamente. Simon:
Perché? Hinata 92:
Perché eri stato fin troppo di sfondo nella prima storia.
Polvere incantata, già dal titolo, è incentrato tutto sui
Majikkodasuto, cioè alla fine su Lucy, Kevin e James.
Però non ti ho mai considerato un personaggio secondario, anzi,
alla fine ti avevo dato un background interessante, ma non
l’avevo sfruttato. Inoltre Lucy e Kevin nel corso di quella
storia erano cresciuti parecchio, erano partiti dall’essere una
ragazzina spaventata dal mondo e un assassino inconsapevole a due Armi
della Shibusen coraggiose e oneste, era un bel salto. Tu invece, a
parte l’incontro con Lucy e quella rivelazione finale, eri
rimasto sempre lo stesso. Poter vedere nel futuro, lo sapevo, non ti
avrebbe veramente tolto l’idea di “essere inutile”.
Nel finale un pochino lo lasciavo intendere, ma era più una
speranza che alla fine avresti smesso di sentirti così... Simon
(sospirando): Che fiducia. Hinata 92:
Ti ricordi su cosa ho basato parte del tuo personaggio? Te l’ho
detto alla fine della scorsa storia. Simon:
Sì, suoi tuoi... difetti... Hinata 92:
Quindi sapevo che non ti
saresti convinto, perché io
non mi sarei convinta. Serviva un evento forte per farti cambiare
prospettiva, per costringere a cambiare chi non vuole cambiare mai, chi
si trova costretto dalla vita a cambiare un po’, anche se
controvoglia. Credo che qualche studioso la chiami “Sindrome di
Peter Pan”, chissà... in ogni caso è un tema che mi
affascina molto. E poi mi ero allenata in altre storie a creare i
cattivi, lo trovo divertente! Kevin: Ed
era necessario smobilitare tutte le streghe? Hinata 92:
Dai, era interessante! Quando ho creato Polvere Incantata Soul Eater
era ancora in corso e non si sapeva molto delle streghe, così ho
finito per crearne una versione alternativa, diversa, ma con una sua
logica perfettamente funzionante. Mi sembrava carino continuare a
giocare sulle “mie” streghe. Soul:
Però tutta questa storia è stata una faticaccia. Hinata 92:
Hai proprio ragione. Ho creato un mucchio di bivi, ma con una logica
precisa: se leggi la storia seguendo sempre un unico bivio ti
ritroverai a leggere esattamente 30 capitoli, proprio come Polvere
Incantata. Peccato che per farlo ne abbia dovuti scrivere ben 52... Lucy: E
ora cosa succederà? Hinata 92:
Ormai non è più affar mio. Il mio regalo per voi
personaggi, e per i lettori, è quello di lasciare che ognuno
crei la continuazione che vuole. Lucy
(quasi con le lacrime agli occhi): Non... ci saranno altri seguiti? Hinata 92
(sospirando): No. Ci ho pensato, ma non ho davvero più niente da
aggiungere alla vostra trama. I vostri personaggi sono cresciuti, io ho
migliorato il mio modo di costruire i personaggi, questa volta ho
approfondito meglio tutti voi, quindi ho la coscienza a posto. E poi,
dai, ora siete la squadra perfetta! Simon: In
che senso? Hinata 92
(ridacchiando): Ora avete le tre anime della serie, umana, Kishin e
strega, chi vi può più fermare? Soul: Ah,
peccato, pensavo a un’altra storia figa per trasformare
l’anima di Kevin in quella di uno Shinigami... Kevin: Eh? Kid: EH? Hinata 92
(ridendo di gusto): No, direi che può bastare così! E poi
se proprio volete sapere qualcosa di più del vostro futuro,
avete un esperto, no? Lucy
(leggermente offesa): Che non mi vuole dire cosa ha visto durante il
matrimonio... Simon
(imbarazzato): Ehm... ma senti, Hinata, posso chiederti una cosa... in
privato? Hinata 92:
Certo.
I due si allontanano dal
gruppo, che cerca comunque di ascoltare tutto di nascosto.
Simon:
Quindi quello che ho visto... si avvererà? Hinata 92:
Solo se tutti voi vi darete da fare perché ciò avvenga.
Diciamo che così hai avuto una piccola motivazione in più. Simon: Ah,
bè, sì, certo... Hinata 92
(facendo l’occhiolino): E poi, sai, in realtà il figlio di
Kevin è già in giro, in un’altra serie... Simon
(sorpreso): Davvero? Hinata 92:
Ho fatto un’associazione mentale mentre stavo scrivendo
l’ultimo capitolo... guarda un po’ qui.
Hinata tira fuori una
fotografia.
Simon: Oh
cavolo! È la copia di Kevin! Hinata 92:
Si chiama Karma, e nella serie “Assassination Classroom” si
ritrova costretto ad essere un assassino. Simon
(guardando alternativamente la foto e Kevin): Oh mamma... è proprio il figlio di Kevin! Hinata 92:
Riflessivo e calcolatore, furbo e agile, ma con una tendenza agli
scherzi da far paura. Neanche quest’ultimo dettaglio ti ricorda
nulla? Simon:
Intendi battutine ironiche? Hinata 92:
Quelle erano scontate, essendo il figlio di Kevin. No, intendo scherzi
del calibro di wasabi nel naso. Simon:
Ehm, no, questo non è da Kevin... Hinata 92:
Ma anche se in queste storie si è visto poco, nella serie
originale è una caratteristica che ben si abbina a
un’altra ragazza... Simon
(avendo l’illuminazione): Oh santa pazienza... è il figlio di Kevin e Liz??? Hinata 92:
Ssssh! E parla piano! Non vorrai mica cambiare il futuro? Simon
(tappandosi la bocca): Scusa, scusa... però è
incredibile... Hinata 92:
Vero? E il manga è stato creato molto dopo l’inizio di
Polvere Incantata. Ho guardato questa serie per un bel po’ e non
ho mai fatto il collegamento fino ad ora... Simon: Ma
ha anche i loro poteri? Hinata 92:
Non in “Assassination Classroom”, ma chissà... Kevin
(arrivando alle loro spalle): Di che state complottando voi due? Mi
guardavate in un modo... Simon
(diventando tutto rosso): NIENTE! Kevin
(incuriosito): Cosa state guardando?
Con un colpo degno di un
prestigiatore, Hinata fa sparire la foto di Karma e la sostituisce con
un altro foglio.
Hinata 92:
Ammiravamo la copertina di questo capitolo, fatta dalla mia amica Noemi
che ringrazio tantissimo!
Tutti gli altri si avvicinano
ad ammirare la copertina.
Lucy: Uao!
Ma è bellissima! Soul: Figa! Kevin:
Davvero niente male! Black
Star: DEGNA DI UN DIO! Simon
(sottovoce a Hinata): Complimenti per l’abilità a far
sparire il foglio. Hinata 92
(sottovoce): Grazie, ormai sono anni che oltre a voi scrivo le vicende
di un prestigiatore, qualche trucchetto l’ho imparato...
L’autrice affida il
foglio nelle mani di Lucy e inizia ad allontanarsi.
Lucy
(correndo ad abbracciarla): Aspetta! Hinata 92:
Mi dispiace, ma vi ho dato tutto quello che potevo. Non avete
più bisogno di me, ormai. Lucy: Non
è vero! Hinata 92
(sorridendo come se si rivolgesse a un bambino): Sì che lo
è. Sei una donna adulta e sposata, ormai sei in grado di
cavartela da sola. Ci sono altre storie che mi attendono.
Cercando di trattenere le
lacrime, Hinata saluta tutti con la mano. Si sofferma ancora per un
momento su Lucy, in lacrime, tenuta per mano da un Simon triste ma
molto più sicuro; su Kevin, che cerca di fare finta di niente ma
che sta soffrendo forse più degli altri; su Maka, Soul, Black
Star, Tsubaki, Kid, Liz, Patty e su tutti gli altri personaggi adulti
che, alle loro spalle, salutano da lontano.
Hinata 92:
Addio, e buona fortuna a tutti voi.
È un augurio quasi
inutile. Sa che Simon farà di tutto per avverare la sua profezia
e che gli altri non saranno da meno. Con un po’ di malinconia e
sensi di colpa per lasciare tutti loro dopo sei anni, si dice da sola,
sottovoce:
Non è la
loro fine, solo un diverso inizio.
Ed
eccoci qua, è finita per davvero, questa volta.
Un lavoro lungo e complesso, ma ora che si è concluso mi
dispiace un po'.
Intanto ringrazio chi ha messo la storia fra le preferite:
darkroxas92
2 - Kronohunter25
3 - NEON GENESIS KURAMA
Fra le seguite:
Bo Becket
darkroxas92
Tnecniv Victus Mors
Fra le
ricordate:
Kronohunter25
E chi ha
commentato:
darkroxas92
_Madame_
Tnecniv Victus Mors
NEON GENESIS KURAMA
fenris
Ed ecco qua.
Vi ringrazio davvero e vi aspetto nella prossima storia.