Recensioni per
Frattaglie
di Francine

Questa storia ha ottenuto 71 recensioni.
Positive : 71
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
17/03/18, ore 20:20

So che mi hai detto di non apprezzare 'Buffy', ma io qui ci ho rivisto la dinamica di diverse sue meravigliose scene. E lo dico in senso positivo, chiariAmo.
Qui la storia ha un taglio prettamente d'Azione, quindi non mi aspettavo di ritrovare le inquietanti e crepuscolari - giusto per stare in Tema- Atmosfere di Stocker o Polidori, mi aspettavo si menassero fendenti in perfetto stile d'assalto, volassero crani e si estirpassero budella (cosa che non è avvenuta, almeno non graficament), ma non mi aspettavo la cosa mi agghiacciasse tanto.
Incredibile l'umanità di questo capitolo: il terrore di Aiolos, che sarà anche un ammazzavampiri ma quando giuardi in faccia una morte tanto spietatamente truculenta...; la desolazione colpevole di Saga, che chissà perché, anche quando è il Destino o chi per lui a designare colui che deve cadere, ci sentiamo sempre in colpa di non essere stati noi quelli prescelti; la determinata speranza di Aiolia, sorda e cieca a qualsiasi rigor di logica che si sa, la Speranza è Femmina.

Cme al solito , tessuto relazionale tra le parti costruito eccellentemente.
E Deathmask mi fa da padrone, con la sua saggezza. Perché il ragazzo è saggio quando e se vuole. Lo è, perché quando non ci sono dubbi, inutile trovarli

Oh, giusto, noto con piacere che oltre a Non plus Ultra abbiamo anche altre organizzazioni oltre al Sanctuary, che a quanto pare questa volta, con lui collaborano. Ovviamente , seppure credo siano destinatiaA rimanere minimi cammeo, sono lietissima di aver notato...Kanon? e...no, non ho idea di chi possano essere gli Agenti II e IV, ma non importa. I miei amati Spettri sono stati menzionati e tanto basta...ti prego non farmeli crepare!

Ora solo una cosa mi lascia perplessa ed amareggiata. Aiolos ha vampirizzato suo fratello? Ha perduto a tal punto la sua Umanità?
(Recensione modificata il 09/11/2023 - 10:26 pm)

Recensore Veterano
17/03/18, ore 18:49

Vediamo di non perderci, che avrei tante cosa di dirti ma non sono certa che il mio ovattato intelletto oggi possa collaborare:

La tua scrittura è estremamente piacevole, infonde una sensazione quasi fAMIGLIARE, ogni voltA che si apre una tua storia è come ritrovare qualcuno che non vedi spesso ma che appena incroci ricordi in maniera lampante, perché improvvisamente sono lì tutte quelle piccole, ripetute peculiarità che piuttosto che stancarti ti rassicurano.
Servono a fare il punto della situazione.
Vi sono delle frasi ricorrenti, modi di dire o topoi nelle tue storie, che creano la perfetta illusione di conoscere il personaggio attraverso tutte le storie e tutti gli AU che puoi creare, in maniera coerente e solida.
E non si riconoscono solo perché stiamo parlando sempre di Aiolia, Aiolos, Saga...sono i tuoi Aiolia, Aiolos e Saga, e sono sempre, incredibilmente riconoscibili. E distinguibili.
Nella tuA penna risiede la forza della semplice chiarezza, e questa è una cosa che non smette mai di stupirmi.
Devo ammettere che, essendo un universo così nuovo e così ARticolato, è prepotente in me la voglia ed il desiderio di vedere degli approfondimenti per quanto riguarda tante piccole questioni...ma forse vi sARAanno, o forse approfondire troppo toglierebbe magiA alla vicenda, la renderebbe meno organica, troppo didascalica...ciò nonostante, una parte di me, forse quella più fastidiosamente FAnGirl ci spera.

Ed ora veniamo ai personaggi - alle dinamiche e meccaniche tra i personaggi, il tuo punto forte che raggiunge il suo apice nei dialoghi:
per me qui siamo in un contesto davvero alternativo; ho sempre dato per scontato che, sebbene non in termini canonici, fosse Aiolos colui che senza mezzi termini domande sulla Fede non se le pone, semplicemente perché ce l'hA. Aiolia è troppo riottoso, mi son sempre detta, troppo ribelle per un mero vezzo di giovinezza s'intende, per potersi dedicare alla Fede subito...ed invece...perché no? E' il Cuore, in fin dei conti, e qui questa sua caratteristica emerge nella genuina dolcezza con cui si pone dinnanzi al cinismo del fratello.
E non mi dispiace questo Aiolos tanto risoluto, solo mi domando che linea vorrai far prendere alla storia: fidarsi di Saga è davvero una buona idea? Come gestirai la continuità con il lato oscuro del Gemelli? Kanon entrerà a far parte di questa faccenda - o ne è il responsabile ancora una volta?
O forse i binari ci condurranno in tutt'altre terre inesplorate?
Insomma, che Saga abbia qualche problema, checché ne dica il medico di Baviera, è indubbio, resta solo da scoprire quanto inciderà sull'imminente missione...

Si nota che sono curiosa?
Un saluto affettuoso!

i
(Recensione modificata il 17/03/2018 - 06:56 pm)

Recensore Master
17/03/18, ore 16:07

Ecco, l'avevo detto io che sarebbe finita male. Avevo intuito che Aiolos avrebbe fatto la sua comparsa nelle vesti di vampiro, e sapevo fin dal prologo che pure Aiolia si sarebbe trasformato. Ma santodio, che Aiolos facesse una cosa del genere proprio no, non me lo sarei mai aspettato. Fantastico, un colpo basso degno del più perfido e infingardo dei nemici. Che laido è stato ad approfittarsi così della fiducia di suo fratello! Questo la dice lunga sul sistema valoriale dei vampiri. Perfino la famiglia diventa cibo. Ottimo, con questo gesto di cattiveria pura la tua storia ha guadagnato 100 punti secchi. Chapeau!
S.

Recensore Master
17/03/18, ore 15:09

Rieccomi! Non ho fatto in tempo a mollare questa storia per qualche settimana che già sono rimasta indietro di quasi dieci capitoli. okay, rimbocchiamoci le maniche.
Non sono certa che la canzone di Zarrillo sia la colonna sonora più appropriata per questo momento di tragedia, ma tralasciando questo dettaglio tutto il resto mi è piaciuto moltissimo. Il dialogo (si fa per dire) fra Shura e Aiolia è stato pieno di intensità. Entrambi hanno perso una persona importante (Shura un amico, Aiolia il fratello) ed entrambi soffrono tremendamente. La parabola dell'elaborazione del lutto è descritta alla perfezione: negazione, rifiuto, rabbia, e infine l'accettazione consolatoria di quell'abbraccio finale, con il pianto liberatorio che scioglie il dolore. Quel che mi piace di questa storia è anche la brevità dei singoli capitoli. Un invito alla lettura, che spero di continuare con maggiore costanza.
A presto!
S.

Recensore Veterano
17/03/18, ore 14:59

Mi piace che, da bravo esponente della sua naturA Astrale, sia proprio Shaka a dire le cose come stanno - o lui o Shura, sono loro i principali imputati per dar il giusto nome alle cose.
Mi piace che sia stato Shaka e la fredda incisività con cui lo ha fatto (ho una passione smodata per lui, nel caso non fosse ancora chiaro).

I Segni ci sono, ci sono sempre a volerli cogliere che siamo tutti dentro allo stesso fitto reticolato pulsante e vivo di avvenimenti, eventi e situazioni, checché molti si ostinino a 'negare' che il mero caso non faccia da padrone sull'esistenza. Bisogna VOLER aguzzare i Sensi, questo è certo, ed allora ecco però che si comincia ad intravedere oltre la patina olografica di tutti gli schermi che ci sono stati piazzati intorno e davanti al naso.
Il CreAto è in mutamento continuo, ha le sue crisi, è importante ricordarsi della capacità di saperle leggere quando arrivano in sordina...altrimenti, giacché siamo tutti un poco addormentati, arrivano le organizzazioni come il SAnctuary...ed allora devi solo sperare che siano pro-Umanità, o si casca dalla padella alla brace.

Bellissima questa svolta vagamente militante. Molto verosimile.
Ed è assolutamente da apprezzare il semplice seppur geniale utilizzo dei codicia Saintseiyania come nome in codice per un organismo del tutto nuovo.

E mi stupisce che si passi direttamente ai Vampiri orientali, che, spero, saranno in grado di spogliarsi di un pò delle vestigia del bello e tormentato che l'occidente gli ha appioppato per ifarsi un poco alle loro spaventose origini.

Bravissima!

Recensore Master
07/03/18, ore 15:41

ciao,
scusandomi nuovamente per l'enorme ritardo..
finalmente ho letto anche questo questo capitolo

questo capitolo, incentrato su due personaggi che amo, mi è piaciuto molto, anche più dei precedenti.

Hai narrato un rapporto tra fratelli molto bello, seppur nella sua conflittualità e – cosa molto importante – davvero realistico.

Buona l'idea di far si che Aiolia sia in ansia perche il fratello andrà in missione con qualcuno che a lui non piace ed ottima la trovata con cui hai inserito le problematiche psicologiche di Saga (se m concedi un parere personale HA RAGIONE AIOLIA)

ottimo anche il modo con cui hai inserito il ciondolo di Aiolos dandogli un chiaro significato all'interno della storia stessa

come ti ho già detto nella recensione precedente mi piace molto anche il tuo stile di scrittura, mai pesante o ripetitivo che ti invoglia a proseguire nei capitoli a venire...

alla prossima

Recensore Master
07/03/18, ore 14:56

ciao,
scusandomi per l'enorme ritardo..
finalmente ho letto questo capitolo

mi è piaciuto il modo in cui hai affrontato l'incertezza delle persone nel capire la situazione che si è creata ed il giusto timore nel chiamare ciò che accadeva col suo nome.

Ottima anche, fra i Saint, di far palesare la cosa a Shaka a mio parere il più adatto dei 12.

mi piace molto anche il tuo stile di scrittura, mai pesante o ripetitivo che ti invoglia a proseguire nei capitoli a venire...

al prossimo capitolo

Recensore Junior
28/02/18, ore 15:00

Ringconposition! Io amo la Ringcomposition!
Tanto quanto, nella narrazione in sè, i cliffhanger. Sono i pistoni della storia, e soprattutto servono a chiudere. A fare quella "quadratura del cerchio" che mi avevi accennato e promesso.
Torna. Tutto torna. Da quella fame che apriva il primo capitolo, a quel gabbiano che se ne va, verso l'orizzonte, sul finale. Un gabbiano (e tu, con i gabbiani, hai un feeling particolare. No?). Un gabbiano che è un predatore, uno di quelli che nessuno guarda, che quasi trova carino. Un gabbiano. Spesso i gabbani sono associati alla libertà, al volo oltre i limiti, oltre le frontiere. Eppure. Eppure il gabbiano, nel nostro folklore mediterraneo, con questa bella immagine non ha nulla a che spartire. Il gabbiano è la morte: le anime dei morti. Il gabbiano è Ermes, è psicopompo. Il gabbiano è come la sirena. E' una creatura del mare, una creatura liminare. Vive sulle scogliere, fra mare e terra; vive sul confine. Vive di quelle regioni tradizionalmente associate ai contatti con il regno invisibile e proprio per questo il gabbiano simboleggia la comunicazione con gli spiriti. E' lo spirito dell'acqua. Non appartiene al cielo; e non può restare in eterno sulla terra. Il gabbiano è la linea. Il gabbiano è il vampiro. Ed è anche Cechov. Cechov e il "suo" Gabbiano. Quello con la G maiuscola. Quello che mette in scena un uomo e una donna. Un abito nero e un lutto. Ecco cos'è “Il gabbiano”: quattro atti di incomprensione, ricerca, scontro, arte. Nessuna personalità a dominare. Nessun vincitore. Tutti vinti. Da chi? Da che cosa?
Ecco cosa mi è venuto in mente, leggendo questo ultimo capitolo. Cechov. E il suo teatro. Quello sbatterti in faccia la realtà con una grazia di ballerina classica. Di quelle di Degas. Molto tulle e velo; e dietro al trucco quella grandissima malinconia che solo l'attore in scena conosce davvero. Che solo il Pierrot di turno conosce, nell'istante della morte. Quando l'attore non esiste più; e nemmeno il personaggio (come succedeva in quel quadro. Rammenti?).
Ecco: tu parti da qui. Da una pantomima che entrambi accettano di vivere, di mettere in scena. Lo sa Aioria; e lo sa Marin.
Lo sanno e vogliono ingannare l'istante. Perchè finchè il sole non sorgerà, finchè le parole non verranno dette, quella realtà resterà una delle mille, diecimila possibilità. Finchè l'ombra di Shura non sarà concretizzata da quel "Ero la sua donna" ci si può ancora illudere, si può ancora giocare.
Ho amato questa schermaglia, verbale e fisica, che davvero tiene in equilibrio la rassegnazione di Aioria e la determinazione di Marin con. Con una battaglia che ha la drammaticità e l'intensità di quegli scontri all'ultimo sangue da film western.
E' un duello fra due volontà, quello che metti in scena. Due volontà ugualmente forti e altrettanto concrete. C’è epicità, e dignità, in questo confronto. Non c’è il livore, la rabbia, quel grumo di disgusto e violenza da, appunto, B-movie. Non c’è la mattanza finale, ma ricorda piuttosto un sacrificio. Un rituale di cui vittima e carnefice sono entrambi consci, e di cui non possono prevedere però l’esito. Perché. Perché sullo sfondo resta comunque, resta sempre, l’istinto. Frattaglie è una storia di istinto. È la cristallizzazione, la concretizzazione dell’istinto sotto tutti gli aspetti. L’istinto di vita, di sopravvivenza, del predatore, del carnivoro che fiuta il sangue e lo segue con caparbietà.
Nella morte di Aioria risiede la cifra della differenza. La morte di Aioros è stata pianificata, preparata ed eseguita con la stessa violenza della sua vita. La morte di Aioria no. La morte di Aioria, dicevo, ricorda il sacrificio. Ricorda l’immolarsi per stanchezza, per sfinimento. Perché in quelle braccia aperte, pronte ad accogliere, Aioria esprime la sua decisione. La sua scelta. È Aioria che sceglie di morire; che concede a Marin di essere lei lo strumento, la lama, della sua morte. Non c’è passibilità, e nemmeno concessione. C’è solo il realismo di quanto fatto: Aioria potrebbe vivere, potrebbe vincere. Eppure. Eppure è un predatore. Anche di se stesso. Soprattutto di se stesso. E allora sceglie il proprio cacciatore. Una ragazzina; pardon: una donna. Una donna che vede, che sente, che percepisce. Una donna come lui, una donna che è lui stesso in un’altra vita, in un altro mondo. Una donna che avrebbe voluto fra le braccia, in una storia diversa; una donna che avrebbe accompagnato al fianco dell’amico di sempre, in un universo ancora. Io amo i multi versi e le dimensioni parallele. Sono il sale di spaccati possibili. E amo ancora di più quando restano la proiezione di un qualcosa di possibile, di vago e fantasmagorico, più ancora che una percezione reale e concreta.
Per questo ho amato il tuo spennellare lieve, con poche battute, che passano a volo (di gabbiano, appunto) attraverso altre millanta vite senza far perdere coscienza della realtà, senza nulla togliere a quell’aderenza al sangue, all’istinto e alla carne che rimane di sottofondo.
Mi è piaciuto come Aioria si difenda nonostante tutto. Come lo dica e metta sull’avviso Marin, della sua difesa. Della consapevolezza di cos’è; e del fatto che comunque non lo rifiuti. Perché anche un leone vecchio e malato resta pur sempre un leone, e anche davanti alla morte, anche nell’accettazione della morte, c’è qualcosa di viscerale, di istintivo e disperato che ci monta dentro, che ci obbliga a graffiare alla vita come animali selvatici.
Quindi no: quello di Aioria non è un suicidio. Nessuno mi convincerà mai che lo sia. Non ce lo vedo. Ci vedo invece il cacciatore che ha scelto di farsi preda, forse per quieta indolenza forse per disperata necessità. Aioria ha scelto il suo carnefice, ha scelto il suo sacerdote. Ma questo non significa che offrirà remissivo il collo alla lama sacrificale, non significa che accetterà passivamente quella morte che conosce fin nelle viscere.
Aiora è e resta volontà. È quello che è sempre stato.
Volontà di fare, volontà di eseguire. Volontà di essere volontà. Per volontà ha rincorso Aioros; per volontà disperata lo ha ucciso; per volontà si è fatto eroe in una città che lo ignora, in una città che sonnecchia con il suo fiume e si lascia consumare pezzettino per pezzettino.
Forse è anche per questo che Aioria cerca fino all’ultimo di essere quel salvatore, quell’eroe che forse avrebbe voluto sempre essere. Che forse è solo il ricordo di un fratello preso a modello. Prima che tutto precipitasse. Forse è per questo che Aioria accetta la morte da Marin, e cerca di toglierla al Santuary. Non per togliere un cacciatore in più dalle strade. No. Vuole toglierla perché vede in lei se stesso. Si rivede come era. Con la caccia nelle vene anche prima. Con la missione nello stomaco. E sa che la dedizione diventa ossessione in un istante, senza nemmeno che ci sia davvero una linea di confine. Sa che dall’ossessione alla follia il passo è quello di un piede che si alza e si abbassa, e che non ci sono sirene o campane a fartelo capire. A Marin Aioria vuol risparmiare quella vita, la sua stessa vita.
Belli i dialoghi, con quella compassata cortesia che trascinano la storia fuori dal tempo, in un altro tempo. In un momento che è qui e ora ed è sempre al contempo. Belli questi dialoghi fra due avversari che il destino (Dio? Il Fato? La sorte? Troppo difficile da sapere; anche solo da chiedere. E poi. Importa davvero?) ha messo l’uomo contro l’altro, ma che non sono nemici. Sono solo avversari. Non c’è desiderio di vendetta in Marin. E nemmeno di giustizia. Ciò che muove Marin non è ciò che ha mosso Aioria contro suo fratello. Per Marin è solo giusto. È giusto che Aioria muoia, perché è una creatura che soffre, che si dilania. È giusto perché è giusto, perché lo sente giusto. Per nessun altro motivo.
È giusto perché è così che deve andare, e bisogna metter fine a questa piaga. Anche se a Roma di vampiri ce n’è uno che si traveste da eroe, sempre di un vampiro si tratta. E va eliminato. Radicalmente.
E sullo sfondo c’è Roma. Il suo Tevere e la sua gente. La sua gente che è Pino. Un insieme di genuinità e falsa ingenuità; la faccia piena di chi le cose le vede, ed è abituato a vedere. E per questo non ha nemmeno bisogno di chiamarle con il loro nome. Con una confidenza, con una frequentazione che stupisce per la sua abitudine. Pino non si scompone per Marin, non si scompone per il pensiero di un corpo di fondo al fiume. Pino forse Aioria lo conosceva, lo aveva visto altre volte affacciarsi sulla balaustra di pietra del ponte. Come conosce il Gabbiano. Come conosce la città con i suoi orrori e gli ride in faccia, con la serena confidenza che hanno solo quelli che la vita la guardano dal fondo. Delle scale; della bottiglia; del barile.
Ho amato ogni virgola di questo capitolo. Anche se mi ha lasciato in bocca il gusto delle cose lasciate, come diceva qualcuno. Perché fremevo al desiderio di leggere il finale (che – in nota – è arrivato il giorno prima del mio esame. Dandomi la carica. Speriamo mi abbia anche portato fortuna!), e assieme avrei voluto non arrivasse mai. Per cullarmi nell’attesa. E gustarmi questa piccola per più a lungo.
L’unica incertezza che mi è rimasta (e perdona la pedanteria) è più una curiosità: se Marin era la compagna di Ruy (e cavoli! Come sa di Spagna questo nome, niente al confronto!), perché Aioria non la consceva? Non di persona, indento. Non necessariamente. Almeno per sentito dire.
Ripeto: è pedanteria (e curiosità! Da gatta!)
Grazie a te per questa perla!
Davvero. Spelndida!

Recensore Veterano
27/02/18, ore 11:35

E così arriviamo alla fine, con un groppo in gola e la voglia di accompagnare Marin e Pino a prendersi un caffè da Mimmo.
Che dire? Dolce amaro finale per una storia meravigliosa e umanamente toccante. Questo Aiolia mi rimarrà nel cuore, vampiro riluttante che accetta una fine liberatoria tra le braccia della donna del suo amico assassinato. Io penso che sia il bello degli AU vampirici (o degli AU fantastici, in genere), quello di estremizzare il carattere dei personaggi, e porli davanti a difficoltà e situazioni che nella loro vita non avrebbero mai affrontato. Li si trasforma in mostri e si sta a vedere che succede: è brutalmente affascinante. Soprattutto quando i mostri sono esseri come quelli che hai descritto qui, ripugnanti cacciatori di uomini, e non i vampiri fighetti che vanno così di moda oggi.
Un plauso, quindi, sia per la caratterizzazione in generale dei personaggi che per il contesto di questi ultimi capitoli. La Roma che fa da sfondo agli ultimi giorni di vita di Aiolia è bella, invitante ed accogliente, con il tepore del sole che scaccia l'inverno e che scalda i marmi millenari. Come si fa a morire in una città così? Con l'alba che illumina l'isola Tiberina... basta, mi fermo qui che mi viene un groppo in gola.
Questa magnifica storia finisce direttamente nei miei preferiti, pronta per essere riletta.
Grazie! <3

Recensore Veterano
26/02/18, ore 19:09

Per prima cosa chiedo scusa per l’immenso ritardo, sono stata presa da un sacco di cose e il mio cervello si è totalmente dimenticato degli scambi, ma per fortuna me li hanno ricordati nel gruppo del Giardino. In secondo luogo appena aperto il tuo profilo sono stata colpita da questa storia, non tanto perché è la prima della lista, ma perché il titolo, secondo me, è qualcosa di geniale, assieme all’anteprima. Metto le mani avanti fin da subito dicendoti che non conosco affatto il fandom di Saint Seya, ma dal gruppo del Giardino ho notato che ci scrivono in molti, quindi ero anche curiosa di spulciare qualcosa.
Il prologo era molto breve, quindi ho letto sia quello che il primo capitolo. Ti dirò che con questa storia sono di parte perché a) amo i vampiri, e b) vengo dalla capitale, questo significa che ho letto la domanda del gabbiano con la mia pura cadenza della profonda Roma Sud. E a proposito di Roma Sud, è proprio lì che nel prologo si sta dirigendo Aiolia… per fare cosa, esattamente? In che modo uno come lui è diventato un vampiro?
Anche questo primo capitolo lascia una serie di domande. Intuisco che ci troviamo in una specie di futuro, o comunque in un universo alternativo (e grazie, altrimenti non sarebbe un’AU, dirai tu), un mondo soggiogato da un’epidemia diffusasi in un modo che ancora non è troppo chiaro. Mi è piaciuta la vena cinica con cui hai affrontato il clima che serpeggia attraverso la popolazione, come se fosse un qualcosa di inevitabile e contro cui non si può combattere, come se chi si scanna in tv su quale sia la giusta soluzione – e che mi ha ricordato molto lo scontro epocale vaccinisti\antivaccinisti, non so perché – fosse soltanto un mentecatto che dà fiato alla bocca.

«Vampiri», disse, sganciando quella bomba da svariati megatoni colla stessa grazia di una ballerina che attraversa il palcoscenico nel suo vaporosissimo tutù.

Ed eccola qui, la risposta all’epidemia – dove al cinismo si mescola il sarcasmo, un’accoppiata vincente, secondo me.
Ripeto, anche se non conosco il fandom guardavo Saint Seya da piccola\alle medie, così come molti altri anime un po’ datati, quindi vagamente ricordo di cosa tratta, per questo trovo incredibile il modo in cui tu sia riuscita ad adattare questo anime a una specie di ambiente apocalittico, con tanto di base segreta. È figo ed esilarante insieme, oltre a essere scritto in modo impeccabile.

Ti faccio i miei complimenti e concludo qui la recensione 😊

Alla prossima!

Trix

Recensore Junior
24/02/18, ore 04:18

Credo che qualsiasi altro commento risulterebbe da parte mia lungo e forzato , quindi mi limito a un : 
Applaudo . Gran bella storia 

Recensore Master
24/02/18, ore 01:34

Raramente sono una che piange. 
Ermetica nell'animo e nella faccia, tendo a soffocare molte cose - troppe. 
La mia emotività si attiva premendo tasti che ai più risultano strani, fuori tono, impropri. 
Su questo finale ho pianto. Sai quando ti senti salire quel groppone dal centro del petto, che fa male perché pare una ragnatela bruciante che si allarga e arriva poi agli occhi, pungendoli e lasciandoli a lacrimare indecorosamente? Ecco, proprio così. 
Non so cosa mi abbia fatto più male, se Marin o Aiolia. 
Non so se sia stata la rassegnazione di Marin, oppure la ricerca di pace (una cosa di cui avrei molto bisogno ultimamente, in effetti) del Santo del Leone. 
La prosa, indubbiamente; quella mi ha colpita e affondata. 
Un sentimento che aveva attraversato il tempo, qualcosa di eterno e che, per assurdo, pare ancora più forte dopo la morte. 
Non sono sicura di quali tasti siano stati premuti, ma ha funzionato - e mi ha lasciato quel respiro mozzato che poche cose riescono a fare. 
Storie del genere non hanno mai un finale semplice - all'apparenza, forse, ma il loro cuore rimane complicato quanto la loro vita. 

Una perla, davvero; mi è piaciuta tantissimo e spero di averti restituito almeno un po' della bellezza che mi hai trasmesso. 

Accetto più che volentieri gli amaretti: qui nevica, ci facciamo una cioccolata corretta? 

Recensore Veterano
23/02/18, ore 14:21

Complimenti a pioggia anche per questo, ennesimo bellissimo capitolo. Aiolia si reinventa scrittore di romanzi pulp per giovinette (come li chiamiamo? Urban fantasy?), e ci riesce benissimo scatenando batticuori e ormoni. Esilarante la parte di Shaina, che deve organizzare l'evento cercando di uscirne viva e di non far spolpare l'autore. Il comportamento delle fangirl presenti è descritto a puntino... sei stata per caso ad un firmacopie con Alberto Angela? ;)
Marin... la sua comparsa è inaspettata, ma adoro come l'hai resa in questa veste diversa ma tuttavia riconoscibile. Mi chiedo se non sia in cerca di vendetta, subodorando che c'è più verità che invenzione in quel libro. Il fratello, dopotutto, potrebbe anche averle raccontato tutto.
E lei potrebbe essere più competente di tutti quei cacciatori di vampiri, oppure Aiolia potrebbe essere stanco di vivere come un mostro.
Attendo il prossimo capitolo un po' come quelle fangirl attendevano la firma del volume e la stretta di mano con l'autore. Batticuore! :)

Recensore Master
20/02/18, ore 18:39

I vampiri sono eterni. Loro, e tutto ciò che possono raccontare. Ma come diceva Lovecraft,  in strani eoni anche la morte può morire.
Mi piace come hai interpretato la maschera di Marin, come l'hai presentata - come ci restituisci questo rapporto, Shaina compresa. 
Pirandelliano il concetto che lega Aiolia alla propria storia - a tutto ciò che gli è accaduto - e quello che apprezzo di più di questi capitoli (di tutto, a dir la verità) è proprio questa sovrapposizione che riesci a creare: come tutti i personaggini trovino il loro luogo e il loro momento anche fuori dalla loro scenografia abituale, un frammento di uno dei tanti mondi possibili (e io ho una passione smodata per il multiverso.)
Bello, bello, bello! 

Ce la facciamo una cioccolata calda? Magari con un paio di biscotti semplici, che qui è venuto un freddo da segare le ossa. 

Recensore Junior
19/02/18, ore 22:22

E ritorneremo a parlare...No. Niente gentiluomini di fortuna. Chè scomodare il Marinaio, facendolo veleggiare dietro a fantasie rosse come un caldo tramonto tropicale può essere pericoloso. Vedi mai che poi, in qulle fantasie, ci si perde, e noi con lui.
Ritorniamo a te. A questo giro di boa che è. È qualcosa che ti lascia lì, disorientata. È qualcosa che non sai bene come prendere, accidenti a te.
Per prima cosa, c’è il nome. Alexander. Aléxandros. Colui che protegge gli uomini. Il mito per eccellenza (o ce lo vedo solo io, forse). Ma Aioros trasformato in Alèxandros è qualcosa che mi colpisce. Che mi fa male. Perché è il nome che ci vedo per lui, sì. Perché, nel mio headcap Aioros e Aioria sono macedoni, da parte di madre. E sono discendenti di quell’Alexandros che la storia e il mito ricordano. Quindi: permettimi di dirti che mi hai fatto tremare. Davvero. Nel profondo. Già solo con quel nome. Che si porta dietro tutto il carrozzone emozionale ed evocativo che solo un nome del genere può portare.
Tornando alla tua narrazione. Trasformare Aioros in Alexander è solo il preludio. È solo la briciola di pane che hai iniziato a seminare per farci abboccare a quell’amo che è lo straniamento perfetto. Il dubbio sottile, palpabile, opprimente che ti passa per la testa.
La narrazione è quella della storia. È la storia nella storia. È la storia che racconta se stessa. Qualcuno parla di meta teatro. E il meta teatro lo conosco. Io qui parlo di meta narrazione. Ma no. Non la meta narrazione in cui è l’autore a intervenire all’interno del racconto. No. Qui è una meta narrazione diversa. È il protagonista che racconta di sé. Che ci rivela che la storia è solo questo: una storia. Il prodotto di una fantasia che ammalia, che fa leva su un brand che è interesse. Un brand che affascina. Che piace perché, come già ho detto, l’orrore attira. L’orrore affama; e sfama. Perché in quello stralcio di testo nel testo si concretizza l’orrore e quella sensualità ferina, diabolica, che attira da sempre. Si annida l’erotismo, il fascino del vampiro. L’essenza stessa del vampirismo. No. Non la sindrome propriamente detta. Parlo del vampirismo come amalgama di culture e subculture che si sono stratificate nei secoli, dalle narrazioni folkloriche di età neolitica fino alle moderne rivisitazioni. Alexander è il figlio di quella progenie. È la cristallizzazione dei vari Dracula, Lestat, Nosferatu, Edward Cullen, Stefan, Draka e altri che popolano la letteratura recente. Ha fascino, ha charm; è bello e dannato. È l’ideale che fa innamorare le donne e le ragazzine con un’onda montante dei loro ormoni che minacciavano di sommergere la piccola libreria. Perché è catartico; e perché risveglia quella sindrome da infermiera che tutte le donne hanno. Che tutte le donne vorrebbero poter realizzare.
E all’improvviso ti ritrovi anche tu in quella libreria del Ghetto. Quale Ghetto, mi verrebbe da chiederti. Roma (la tua Roma?) O Venezia? La città lagunare è perfetta, per simili ambientazioni. E Shaina nel ruolo di Nane Zanon è bella e sublima, con la sua carica di misticismo ebraico che si porta dietro. Fin nel nome. Con quel Cohen che ha il suono delle note di Leonard Cohen, con il suo Halleluja, e assieme il suo valore etimologico di sacerdote ebraico. Cos’è Shaina? Una sacerdotessa? Un’esorcista? Una moderna, smaliziata e più raffinata Buffy (che no. Non amavo. Non ho mai amato. Vai a capire la mia testa)?
Ma torniamo a noi. Alla lettura.
A quelle letture dove autore, libro e storia sembrano una cosa sola. Sembrano un black Friday. Con l’autore che è un pezzo di manzo (un gran bel pezzo di manzo, se mi permetti. Sebbene il biondo e ceruleo non sia proprio l’ideale che ho), un vestito, una sciarpa. Un trofeo.
Aioria è quel trofeo che si offre alle folle, che gioca con le folle con quell’atteggiamento bohemien che affascina e ti porta in un mondo che sa di apparenza, e non di sostanza. E che piace proprio per questo. Per il personaggio che è. Come Johnny Deep. Come mille altri attori-scrittori. Come ogni scrittore che si rispetti, che è egocentrismo puro. E che misura la grandezza del proprio ego negli svenimenti delle proprie fans.
Aioria invece. Aioria cavalca questa realtà con l’indifferenza e la compassione. La compassione non come pietà, ma come indifferenza. E ti chiedi se quello che hai letto fin’ora non sia solo la riproduzione di una lettura pubblica. E se anche tu ti sia fatta infinocchiare.
Poi. Poi ti viene in mente che sono altri, i nomi che leggevi. Ma la memoria ricrea i ricordi. Li adatta. La memoria è solo questo: una riscrittura per consolarci, una ri-creazione per avvalorare le nostre idee, il nostro stesso subconscio (si chiamo bias. E no. Non sto scherzando. Lo sto facendo davvero: sto mettendo il mio esame nella tua storia. Perdonami!)
Fino a quando. Fino a quando non arriva quella ragazza. Anzi, quella donna.
Una donna che non è lì per l’autore, l’autografo o il testosterone. No.
Una donna che è lì per la storia. Per una storia da ragazzine, da adolescenti che. Che non sa neanche lei perché la studia e la ristudia. Perché ci vede altro, dietro quella storia. Ci vede una narrazione che è vita. Ci vede la disperazione di chi si aggrappa alla narrazione proprio per recuperare, conservare, mantenere una vita. Una storia che il tempo potrebbe altrimenti inghiottire.
Mi è piaciuto come hai presentato Marin. Come hai driblato la maschera con ombra e frangetta. Come hai reso l’armatura un cappottino blu e una sciarpa lasciata morbida. L’hai resa se stessa trasformandola, attualizzandola.
E adesso sembra che la storia possa ripartire. Possa tracciarsi su nuovi binari.
Marin sembra la classica ragazza degli horror movie. Adesso mancano solo il quarterback, il nerd (di colore. Se possibile) e il ragazzo occhialuto e in carne. Oppure la saputella occhialuta. Comunque. I personaggi sembrano delinearsi. Ma non è solo questo. Non è solo il preludio a qualcosa che conosciamo. Che ci aspettiamo.
Aioria ha bisogno di una succuba, per sopravvivere. Ha bisogno di mangiare, se è ancora un vampiro. Se è davvero ancora un vampiro. O se lo è mai stato. E la morte di Aioros (di Alexander. Perché sì: lo sappiamo che nel romanzo Aioros morirà. Lo sappiamo perché lo abbiamo visto. Con la spada. E nulla è diverso.) è per altro. Un incidente, una scelta sbagliata, una strada sbagliata. Una gang; una pistola. Uno sgarro. Non importa. Lo ha perso. E continuerà a perderlo. Ancora e ancora. Qualunque cosa scriva. Perché scrivere è anche tormentarsi con lo stesso sentimento per potersene liberare. Ma è anche una droga. E il drogato ha bisogno sempre e comunque dello “sballo”. Anche quando crede di essersi disintossicato.
E allora ti chiedo; allora mi chiedo: Aioria si è “disintossicato”? Aioria è libero da quella fame che lo ha divorato, che lo ha reso altro, o. O c’è quell’o. Che apre altre prospettive. Che apre ogni cosa. E Marin. Marin potrebbe essere la nuova vittima sacrificale.
Eppure. Eppure so che non ci sarà un lieto fine, per questo. Lo so per quello che sei tu. E allora sto solo aspettando che mi fai trovare la prossima briciola, il prossimo indizio che hai disseminato.
 
 
 
Complimenti. Vivi. Vivissimi.
E. Grazie.