CIAO BONAZZA!
Cinque mesi. Renditi conto che sono CINQUE MESI che smanio per lasciarti questa recensione... no, non sto emulando Harley nel farti venire i sensi di colpa, perché oggi è giorno di festah! <3
Parto col dire che avevo cominciato questa recensione in un modo ben preciso… ma ho deciso che quel pezzo partorito de core finirà nell’ultimo capitolo, tanto per essere un po’ melodrammatica (che te credi, l’influenza Stark si fa sentire, eh!)
E quindi… ricominciamo. Già dalle prime righe ci butti nella testa di Harley, e io ogni volta che lo leggo rimango senza parole di fronte a quanto tu sia riuscita a operare un’analisi e una caratterizzazione così profonde partendo da un personaggio che avrà, sì e no, 10 minuti di screentime totale. E nonostante sia un Harley ormai quasi adulto, che del ragazzino di Iron Man 3 conserva solo pochi tratti, è perfettamente riconoscibile: la tua interpretazione non stona, è semplicemente un prolungamento del poco che ci hanno mostrato nei film, e funziona, vive di vita propria che tu gli hai donato. Ritroviamo la sua attenzione per i dettagli e quella sorta di atteggiamento stoico di chi scende in garage, vi trova Tony Stark e non batte ciglio limitandosi ad accettare la cosa senza porsi troppe domande, tenendo però a freno un’iperattività di fondo che emerge nel voler fare qualcosa di utile. Un’iperattività scemata nel tempo, che però si manifesta con la stessa caparbietà dimostrata da bambino con un Tony che non voleva dare a vedere quanto stesse male per via di New York, e che adesso si converte in quella di voler far ammettere a Peter che neanche lui sta bene, per niente.
Quindi arrivo a proprio a lui, Peter… e tu sai quanto io ami il tuo Peter, che tu lo dipinga tramite gli occhi degli altri, o che tu ci permetta di guardare il mondo attraverso i suoi. Questo Peter fa male nel suo essere terribilmente realistico. Perché non porta semplicemente un lutto, ma ne diviene simulacro di carne e ossa, gli permette di inglobare la sua vita, invece di integrarlo in essa fino ad assorbirlo e andare avanti. Diventa il lutto e smette di essere lui, irriconoscibile se messo a confronto con quelle vecchie foto che tu citi e spezzano il cuore, persino ad Harley che l’ha conosciuto solo attraverso esse e alle parole di chi l’ha amato.
“La miglior rappresentazione di Tony che Harley abbia mai visto in vita sua. Lo fa sorridere, e a Peter lo oscura."
Questa credo sia una delle frasi che più rappresenta il blocco del nostro bimbo-ragno. Un’osservazione quasi passeggera che racchiude tutto: si sa che chi rimane, soprattutto i figli, tende a conservare qualcosa di chi se n’è andato. Uno sguardo, un sorriso, un modo di fare… e si può gioire di questi piccoli paralleli, usarli per trattenere in questo mondo chi non c’è più e pensare che dopotutto vi rimarrà sempre, o percepirli come pugnalate, come memento del fatto che quel qualcuno non tornerà più, e che quelli sono gesti-fantasma e vuoti, intrisi di dolore. Lo stesso atteggiamento che ci fa diventare claustrofobici in un posto amato che diventa poi carico di troppi significati, soprattutto se non ci si sente a posto con la coscienza con chi li ha vissuti. Ed è lampante quanto sia gravoso il fardello di Peter in questo senso.
Qui apro una "minuscola" parentesi su Pepper: la donna che sa, comprende e perdona, perché aver avuto un marito turbolento, contraddittorio e pieno di estremi e idiosincrasie come Tony induce a non serbare rancore per nessuno, soprattutto per chi è buono per natura come lui e Peter. Questa è una storia che prende una piega diversa, è vero, ma io ho sempre nel cuore la tua Protocollo speranza, e do per scontato tutto ciò che Pepper dice ed esterna in quel contesto. Non smetterò mai di ringraziarti per averla resa così lei e averle accordato la dignità che merita, anche con un’altra coppia in primo piano – anzi, oserei dire sullo stesso piano. Perché Morgan esiste, e Pepper soffre come Peter e più di Peter; e Peter soffre come Pepper e più di Pepper. È la dicotomia tra un amore durato decenni, vissuto in ogni sfaccettatura che manca ogni giorno, e l’amore durato il tempo di una fiammata che quelle sfaccettature non ha mai potuto racchiuderle e ora può solo anelarle. Dio, Co’, quanto mi distruggi l’anima, ppperò.
Torno ad Harley dopo la “piccola” parentesi, ma lo so che a questo giro sarò incapace di pormi dei limiti… quindi seguo il flow e spero non mi inseguirai con un’accetta :’)
Ti adoro perché Harley ha il coraggio e l’umiltà di ammettere che, no, non può capire. Non può capire e non può nemmeno provare a farlo, visto che il dolore di Peter si basa su presupposti a lui sconosciuti, e sconosciuti alla maggior parte dei suoi coetanei. Si immedesima, quello sì, e può sfiorare il dolore che lo attanaglia solo nel pronunciare il nome di Tony. Un errore evitabile, quello, ma commesso da chi cerca di normalizzare la morte e renderla parte della vita, come sta cercando di fare Harley nel suo essere così analitico e pragmatico – più di Tony, in effetti, che di contro ha sempre avuto un pessimo rapporto coi lutti e la loro gestione. E più ci penso, più vedo Peter e Harley come facce della sua medaglia… ma su questo mi sa che è meglio se ritorno più in là ;)
Uno scontro tra queste due “facce”, a questo punto, era inevitabile… e non avresti potuto gestirlo in modo più soddisfacente e realistico. È umano, credere che non parlare di qualcosa possa aiutare, anche quando quel qualcosa ci divora dall’interno ogni giorno senza mai diventare più gestibile, o controllabile; Peter più di tutti dovrebbe saperlo, lui che con la morte ha un conto aperto fin quasi dalla nascita… eppure questo sembra il suo punto di rottura, il suo concedersi alla morte e allo strascico che si lascia dietro dopo che è passata. La sua resa, l'emergere di un cinismo che non gli appartiene, e fa male al cuore pensare a Spider-Man che si arrende, soprattutto se pensa di non farlo; si arrende, ma implora con gli occhi che qualcuno, per una volta, combatta per lui. Fosse anche un ragazzino sconosciuto che forse lo conosce più di quanto non creda, proprio tramite le parole di chi ha perduto. È un circolo, che potrebbe essere vizioso e che invece grazie ad Harley apre uno spiraglio di speranza per rialzarsi: è questo, ciò che ha spezzato, e che andrà risanato in futuro.
Co’, io non so manco quanto diamine abbia scritto; probabilmente troppo e comunque troppo poco rispetto a tutto ciò che avrei da dirti. Hai il potere di toccare ogni volta dei tasti sensibili, per me, e con questa storia mi hai distrutta, smolecolata e poi ricomposta, anche solo col primo capitolo. Mi hai emozionata e mi hai fatta pensare, mi sono sentita un sondino nell’anima ad ogni frase ed evocare quest’impressione non è dono di tutti.
Però adesso mi cucio la bocca e svanisco, prima che tu mi mandi la postale a casa, ché tanto non è certo finita qui :’)
Nun te ferma’ mai, Co’, che io abbisogno de te <3
Un baciotto, da quella cretina che te vo’ bbene anche quando le dissezioni il cuore,
-Light/Co2- (Recensione modificata il 30/11/2019 - 11:40 am) |