Epilogo. Prima questo e poi il 6°, sì, che se lo recensisco sarà per completezza. Ma avendoli trattati come uno, io vado su questo e poi ci penserò.
Premessa principale è che rimane l'amaro in bocca, un sacco di amaro in bocca, principalmente perché l'epilogo svalorizza una storia così ben strutturata. Adesso spiegherò nei vari dettagli il perché.
Non riuscivo fino a poco a darmi una risposta se sia più banale uccidere l'amico rivelatosi cattivo, o dare un altro turning point che cambi la situazione. Non ne sono perfettamente sicuro, incolperò anche le 2 stelle che Paolo Fox mi ha dato stamattina, ma ritengo di per sé semplicistico togliere di mezzo il cattivo. Anche se viene accompagnato dal buono, che sarà il punto focale, ma lo dirò dopo. Sarà che forse un modo di concludere "giusto" non c'è, ma qui ho dovuto obiettare. Avrei preferito l'utilizzo di ciò che hai specificato dopo l'epilogo, di un motore che dava movimento a Hilbert e a ciò che gli era accaduto. Che non c'è stato purtroppo, e devo dirlo con amarezza, c'è un'eccessiva non - spiegazione di tutto ciò che poi succede, che oltre a lasciare abbastanza straniti (va bene la schizofrenia o quel che debba essere, ma da te m'aspetto di sentire quando, dove, come e perché) lascia anche delusi per non aver visto. Per non aver rilevato la presenza di motivi pregressi o checchessia. Di per sé la scelta ci sta ma mancano forse troppi elementi. Questo punto suppongo lo approfondirò nell'altra recensione.
Il finale del finale è infatti molto più problematico. Una volta tanto non mi sento nemmeno di dover assegnare la colpa della "respinta" al buonismo che posso avere o non avere, o alle aspettative che allo stesso modo si possono o meno covare per un finale. L'ultima cosa che mi sarei aspettato da te - e ripeto, da te - è uno che alla fine di tutto si uccide e si augura di ritrovare gli amici all'altro mondo. Insomma, la speranza "vado in paradiso e un giorno ti rivedrò nell'aldilà" mi fa alquanto storcere il naso, per usare una espressione decisamente riduttiva. Troppo basilare, troppo semplice, oserei dire stupida, per metterla lì come "ci vediamo in paradiso". Sono purtroppo già molto critico sulla uccisione in sé per sé, giacché basata su un discorso prettamente iperfilosofico. Le braccia mi sono cadute su una parte che no, da te non posso accettarla in nessuna delle mie sette vite da gatto persiano.
"E le nuove generazioni? Dove le mettiamo? Non crescono più con la gioia del primo pokémon atteso dopo così tanto. Unova è corrotta, non è più la meraviglia che era una volta, non è più il regno incontaminato e innocente che noi bambini amavamo e che i bambini di oggi amerebbero. È un concentrato di frenesia, di nuove tecnologie, di precoce perdita dell'infanzia. Lo so, ho sempre ripudiato questi discorsi perché usualmente fatti solo da nostalgici, solo da gente incapace di accettare lo scorrere del tempo. Ma è così, solo ora posso realizzarlo appieno. Non è così marcato come certuni raccontano, ma è così.
Veniamo a quel discorso, ecco. Da te non posso minimamente accettare un discorso sulla nostalgia. Un discorso sulle nuove generazioni e sulla dispersione del nuovo rispetto al vecchio. Da te non posso accettare una disquisizione - non troppo sensata, dato che la 'corruzione di Unima' non traspare oltre le opere di Hilbert - su come vadano male le cose oggi, da te non posso davvero sentire, e se dico davvero dico davvero, una frase del genere. Chiedimi tutto ma non quella.
Continuo ripetendo che, a malincuore, sono contrario. Sì, è probabile che il finale adatto per una storia spesso non esista, dato che in ogni caso si rischia il troppo bello o il troppo brutto. Però è compito di chi scrive, di chi inizia. Il finale con la disquisizione filosofica su Unima corrotta, la nostalgia inafferrabile per i tempi passati, e la solitudine al mondo dopo la perdita dell'amico che porta a tranciarsi di conseguenza, non è proprio roba mia. Mi sa di facile, mi sa di più facile che finirla bene, mi sa di modo per sorprendere che non sorprende più dai tempi di Don Chisciotte. Non so se mi spiego, è semplicistico, è riduttivo verso uno schema così ben preordinato e prefissato, è quasi degradante verso una tale ricchezza di dettagli e riferimenti così come di spunti. Non si evince una netta e indiscutibile "corruzione di Unima" dalla storia, poiché tutto era legato agli atti (e alle illusioni?) di Hilbert. Un discorso del genere perciò perde gran parte dei suoi significati più importanti ai fini della scelta finale. Sarà la Milano - Venezia ma allora la prossima volta non scriverla in treno, anche io ho dei momenti di malinconia ma evito col cuore di pubblicarli su Facebook. E poi no, no, proprio tu non puoi dirmi che le nuove generazioni non sono all'altezza della purezza e (!) dell'amore delle prime, tutto m'aspettavo men che questo!
Sì, è la prima delusione in cui incappo, considerando che, turning point compresi, ho sempre potuto comprendere non la maggior parte ma la totalità delle scelte compiute. La storia così messa è come monca di finale, o meglio fornita di un finale - principalmente l'epilogo, nemmeno il VI - che finale non è. E non lo è paradossalmente proprio per la sua parola "fine", emblematicamente e per scelta ripetuta 2 volte nell'ultima frase. É come se questa storia avesse richiesto a tutti i costi una "fine" decisa, una conclusione netta che tremendamente stona col resto degli elementi, perfettamente studiati. É un finale forzato e riduttivo, aggiungerei lacunoso per alcuni elementi della storia.
Non pretendo "rialzati e combatti", sia chiaro, anche se talvolta ci sta bene. Ma come già detto questa cosa della fine di Hilbert, del suo piano completo, mi rimane senza piene e giuste motivazioni per il lettore. E ciò ha ripercussioni anche sui personaggi interni. Sembra che nemmeno i personaggi sappiano e capiscano bene perché è andata così, eppure Cheren la fa finita. Nemmeno un "e se..." di quest'ultimo, neanche un "É possibile che...?" in risposta a eventi tanto e tanto catastrofici che coinvolgono persone così vicine. Eppure il legame indissolubile viene effettivamente decantato nell'epilogo, ma ciò non mi corrisponde all'altra scelta. Sì, il legame d'amicizia tra i quattro protagonisti, sottolineato nel corso di tutta la storia e decantato in modo ancor maggiore nel finale, non viene rispettato nella conclusione. Per prima cosa da legame a quattro è stato ridotto a legame a due. Nemmeno per quella esclusione di Hilda di cui avevo parlato, quella è una scelta narrativa e non va toccata, ma per la sostanza dell'epilogo. Il rapporto enunciato come il più profondo del mondo (e lo dice il monologo finale) diviene troppo flebile, si limita; si riduce al minimo concepibile il legame tra Cheren e gli altri due componenti, il che contraddice lo stesso monologo finale nella sua essenza. Quindi risulta deludente.
Eh sì, per la prima volta te l'ho messa giù molto pesante. Sarà che sono uno controverso sui finali, non li accetto molto facilmente, o forse non sarà quello. A conti fatti la parte davvero deludente è l'epilogo, in particolare sulle disquisizioni - più da treno che da finale - di Cheren. Per riferimenti: http://it.wikipedia.org/wiki/Pok%C3%A9mon:_Arceus_e_il_Gioiello_della_Vita (Recensione modificata il 02/02/2012 - 12:10 pm) (Recensione modificata il 02/02/2012 - 12:11 pm) |