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Autore: Hikari93    13/07/2012    7 recensioni
TITOLO MODIFICATO!!! (Ex "Una strana coppia")
(ATTENZIONE: (NON) solo il primo capitolo è un po' "dark/angst")
Sentii solo una risatina, che non mi piacque. «Facciamo un patto.»
Alzai il capo, esterrefatto. «Un patto?» ripetei.
«Esattamente: hai sei mesi di tempo. Se riesci a diventare la mia» ironizzò, come se mi stesse prendendo in giro, e non desse peso alle mie parole «”persona che mi fa stare bene”, avrai i tuoi genitori indietro.»
I miei genitori? Allora erano vivi! «Altrimenti?» chiesi.
«Altrimenti sarai mio per l’eternità.»
D’impulso sgranai gli occhi, poi mi rilassai, accennando a un sorrisetto. «Come vuoi, signor…?»
«Sasuke… Uchiha.»
Genere: Angst, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 17: Epilogo

 





 


 
 
Non ci si rende mai conto di qualcosa finché questa non avviene. La si vede come un avvenimento lontanissimo, che incombe, ma che alla fine non potrà scalfire se stessi.
Mi successe esattamente lo stesso.
Ricordavo perfettamente il sogno fatto circa una settimana prima. Avevo incontrato Itachi Uchiha, il fratello di Sasuke. Io… francamente non avevo capito come diamine fosse stato possibile vederci, perché stesse lì o altro, ma da quando mi ero immischiato in quella storia, avevo rinunciato a capire. Le cose accadevano e basta, e io ero molto più sfigato di quanto avessi mai pensato.
Sospirai, poi fu il buio. L’ultima cosa che ricordai, prima di allontanarmi dalla mia realtà, fu la sensazione del metallo della collana di Itachi tra le mie dita, la sua freddezza. Sembrava che mi volesse comunicare che il suo proprietario fosse morto. Dopo quel che non seppi se fu molto o pochissimo tempo, la mia camera mi apparve di nuovo uguale. Le stesse sensazioni di prima, niente più oscurità, né morte, né disperazione. La luce, la collana, il mio respiro.
Succedeva sempre così quando il Kyuubi diventava me stesso.
Respirando affannosamente, diressi lo sguardo di nuovo verso quel pendaglio, che ormai costituiva l’unico mio appiglio, la mia sola speranza di salvezza. Sasuke l’aveva adocchiata una volta, aveva domandato quand’è che l’avessi presa e dove; i suoi occhi mi erano sembrati annebbiati, quasi non avesse riconosciuto l’oggetto al mio collo. Davanti a una mia risposta vaga, mi era sembrato ugualmente soddisfatto, tanto che non pose altre domande, ma mi rivolese solamente un ghigno divertito.
Mi lasciai sprofondare nel materasso morbido, chiusi gli occhi, i battiti del cuore a mille.
Avevo paura, perché il momento era arrivato.
Sasuke ghignava molto più spesso da un po’.
 
 
*
 
 
Semplicemente, Naruto non poteva comprendere la grandezza di ciò che gli stava accadendo. In un certo senso avrebbe dovuto ringraziarmi per averlo reso tanto più forte e più imponente di quanto il più portentoso umano sarebbe potuto essere. Naruto, adesso, costituiva un’entità aldilà di tutto, rappresentava un oltre che ero stato in grado di creare e di assoggettare al mio potere.
Lo guardai mentre, senza che nemmeno si accorgesse che lo stessi fissando, chiuse gli occhi, consapevole. Strinse qualcosa tra le dita e sospirò profondamente.
Poi accadde, finalmente. Si realizzò quello per cui avevo lottato senza tregue per tutti quegli anni: il Kyuubi sarebbe apparso a breve, la mia vendetta non sarebbe più stata qualcosa di astratto, ma di tangibile, di veritiero. Sarebbe stato possibile contare tante gocce di sangue quante ne erano state estratte dal mio Clan prima e dalla mia famiglia poi.
Naruto, che fino a qualche istante fa era rimasto steso sul letto normalmente, tranquillo, cominciò a essere percorso da brividi tremendi e da spasmi. Si contorceva e divincolava come se avesse voluto sopprimere il demone che si agitava dentro di lui. Stringeva i pugni, si conficcava – probabilmente in un ultimo gesto cosciente – le unghie nella carne facendo uscire del sangue, si mordeva il labbro.
Era il passaggio dall’umano all’immortale, ed era qualcosa di grandioso, che mi esaltava.
Se era vero che tutto era cominciato nel modo giusto, era altrettanto veritiero che non si concluse come speravo. Naruto non si trasformò nel Kyuubi. Anzi, si illuminò di luce bianca, quasi si stesse sì trasfigurando, ma non in quello che avevo sempre desiderato.
Scettico, rimasi a guardarlo, aspettando che quel bagliore che mi stava ferendo gli occhi scemasse.
Non credetti a quello che vidi; semplicemente, non lo ritenni possibile, non lo era. Spalancai gli occhi dallo stupore e rimasi a bocca aperta. I pugni che avevo chiuso per l’agitazione si aprirono d’un botto, lasciando scivolare via tutte le mie speranze, e le braccia, tenute prima davanti a me, mi ricaddero lungo i fianchi: quello davanti a me non poteva essere lui.
Inizialmente non parlò. Era trascorso molto tempo dall’ultima volta che ci eravamo visti, ma ricordavo tutto di lui, nelle mie memorie c’era sempre stato, costantemente al mio fianco.
Ma…
Scossi la testa, velocemente, ripetendomi che non poteva essere… proprio lui. Mi costringevo a mandare via il suo nome dalla mia mente, a rispedire a quel paese tutti i ricordi di lui che mi assalivano e mi facevano sentire completamente debole e umano. Sentivo che quella umanità che avevo perduto premeva per diffondersi nella mia anima – sarebbe stato ingiusto parlare di mio corpo.
Quello non era… no! Dovevo riuscire a convincermene assolutamente…
«Che c’è, otouto?» mi sorrise. «Non mi riconosci più?»
C’era molta dolcezza nel suo tono di voce, talmente tanta che sentii sciogliere tutto l’odio che avevo provato in quei lunghissimi anni. Era bastata una sua parola a eliminare ogni mio – stupido, perché già avevo saputo la verità da subito – dubbio, ogni mia preoccupazione. Esattamente come quando eravamo bambini.
«Nii-san, ma…» riuscii soltanto a dire, sconvolto, «sei davvero… sei tu?»
Avanzai qualche passo, volevo toccarlo, volevo sentirlo. Volevo riviverlo per un secondo. Mi sarebbe bastato. Solo un po’. Itachi…
Allungai una mano verso la sua guancia all’apparenza irraggiungibile, ma mi bloccai di colpo prima che potessi sfiorarla. Anche il sorriso di Itachi sembrò inclinarsi per la sorpresa.
«Naruto» sussurrai, «come hai fatto? Come… come lo sapevi?» domandai a mio fratello. Non sapevo che pensare. Prima di morire… io avevo allontanato l’idea di poter vedere di nuovo il mio nii-san, per questo quello che stavo vedendo in quel momento non poteva essere altro che il frutto di una stupida illusione. Una sorta di vendetta di Naruto, per forza!
Se fossi stato vagamente consapevole, invece che sconvolto e con una distorta visione della realtà per via di Itachi, avrei capito di star dicendo un mucchio di sciocchezze. Perché Naruto era un umano, Naruto non era capace di fare questo. E, semplicemente, Naruto non l’avrebbe mai fatto.
Stavolta fu Itachi – o chi la mia mente continuava a incolpare di aver dissacrato la sua immagine assumendo le sue fattezze – a muovere qualche passo verso di me, giusto quanto fosse necessario per avvicinarsi e toccarmi il viso.
«Non mi credi, otouto?» sembrava dispiaciuto, sembrava… non lo sapevo, non ne ero convinto. Non ero sicuro di niente, e non era così che sarebbe dovuta andare. Indietreggiai un po’. «Mi spiace, otouto» aggiunse, «mi spiace per quello che hai passato, e mi spiace ancora di più di non averlo potuto evitare in nessun modo, di non essere stato capace di proteggerti come ti avevo sempre promesso.»
Avrei voluto che stesse zitto, avrei voluto urlargli contro, e dirgli che stava dicendo un mucchio di stronzate, che non importava cosa diavolo fosse successo, e nemmeno che lui mi avesse abbandonato morendo prima di me. Non era colpa sua, volevo che capisse semplicemente questo. Eppure erano parole troppo pesanti da far risalire fino alle labbra. L’unica mia risposta fu il silenzio, in attesa che Itachi continuasse. Avrebbe voluto dirmi tante cose, glielo leggevo in faccia. E anch’io lo avrei desiderato.
«Perdonami otouto, non ho tempo nemmeno di rispondere a ciò che ti starai sicuramente chiedendo. Non posso sprecare il poco tempo che ho per spiegarti il motivo della mia presenza.»
Inghiottii il boccone amaro: invece io avrei tanto voluto saperlo.
«C’è altro che devi sapere» concluse, temporeggiando. Attendeva una mia qualsiasi reazione.
«Nii-san, cosa c’è allora?»
«Cosa stai progettando?»
Rimasi colpito dalla sua domanda. Sicuramente, non era quello che mi aspettavo. Avrei immaginato una risposta teorica essenziale, un qualche discorso di non immediata comprensione. Qualcosa alla Itachi, semplicemente.
«Vendetta» chiarii, stringendo nuovamente i pugni e riprendendomi dalla sorpresa iniziale – anche se il desiderio di poterlo almeno sfiorare era ancora forte. «E deve essere una vendetta in grande stile. Devo sterminarli tutti questi bastardi che ci hanno portati alla fine. Devono morire, se lo meritano.»
Itachi non fece una piega, e nel suo sguardo non vidi né rimprovero né accondiscendenza.
«Eri troppo giovane per saperlo» spiegò ancora, sul vago. «Anche se te lo avessi detto, chissà se sarebbe cambiato qualcosa. Sono stato pessimo con te, mi disp-»
«Smettila di scusarti» sbottai senza neanche accorgermene. Sentivo un pugno allo stomaco nel vederlo tanto dispiaciuto. Non era quello che volevo. «Piuttosto, voglio sapere come stanno le cose, visto che… a quanto pare mi è sfuggito qualche piccolo dettaglio.»
Mio fratello annuì. «Otouto, non sono stati i Senju a infliggerti quella punizione.»
Sobbalzai. «Che cosa stai dicendo, nii-san? I Senju sono… sono stati nemici degli Uchiha da tempi immemori! Chi altri ne avrebbe voluto la distruzione? Ciò che mi dici è assurdo» contestai, irritato.
«Può sembrarlo, e tu avresti tutto il diritto di crederlo. Tuttavia è stata un’altra la persona che ha sterminato tutti gli Uchiha, escluso se stesso.»
«Aspetta!» lo interruppi urlando. «Se dici che ha eliminato tutti tranne se stesso, intendi dire che… intendi dire che è stato un Uchiha stesso a voler la fine del suo stesso clan?» Mi ero reso a malapena conto di aver cominciato a urlare, anche se il mio nii-san non muoveva nemmeno un muscolo. «E’ ancora più ridicola questa storia. Nii-san… per me è difficile crederci» confessai.
«Lo so, otouto» mi concesse. «Ma se ripensi a quanto sta scritto nei libri che narrano della storia del nostro Clan, a quei libri da cui tu stesso hai attinto informazioni, sono sicuro che capirai.» Attese qualche secondo, probabilmente per farmi riflettere. Non ce n’era nemmeno bisogno, avevo già capito. «I testi narrano di una tragica ecatombe, di un male che ha afflitto tutto e tutti in una delle grandi e temibili battaglie tra Uchiha e Senju. L’ultima battaglia, per la precisione» continuò. «In quell’occasione, ci fu un guerriero che tra tutti si distinse, e che accumulò un potere tale da abbattere qualunque ostacolo che si frapponesse tra sé e chissà quale suo malato scopo. Sai bene di chi parlo, non è vero?»
Annuii. «Uchiha… Madara?»domandai lentamente, incredulo per via di tutta quella storia. «Ma era uno di noi, perc-»
«Qualunque cosa facesse credere agli altri, Madara desiderava una sola cosa, e la desiderava tutta per sé. Mi riferisco al potere. Tuttavia, inizialmente le intenzioni di Madara erano sì egoistiche, ma non tanto da prevedere nel suo piano di distruzione anche tutto il Clan Uchiha, col quale avrebbe giovato del successo ottenuto. O almeno lo avrebbe fatto tanto per tenerseli buoni e per non attirarsi una possibile minaccia che era preferibile evitare. Ma te l’ho detto: nel corso delle diverse battaglie, Madara aveva accumulato in sé un potere inimmaginabile, del quale nemmeno lui conosceva la forza effettiva.»
«Con quel potere ha sconfitto i Senju? I testi raccontano anche che poi Madara fu sconfitto da Hashirama Senju. Come lo spieghi?» domandai, sempre più confuso. Non volevo non credere alle parole di Itachi – mi era semplicemente impossibile non fidarmi di lui – eppure davanti alle mie certezze che si frantumavano dovevo opporre un minimo di resistenza, perlomeno.
«Madara non riuscì a controllare quella sua nuova forza, e perciò quando la utilizzò in battaglia, sperando di sconfiggere i Senju, successe l’inevitabile: rase al suolo ogni cosa, senza fare distinzione tra amico o nemico. Tutti, che fossero Uchiha o Senju, andarono incontro allo stesso destino. Fu un ecatombe, ripeto. Come starai per domandarmi, Hashirama fu l’unico che sopravvisse, perché dotato di facoltà probabilmente superiori. Nonostante tutto, riportò parecchi danni, tanto che Madara lo ritenne morto. Forse fu per questo motivo che, anni dopo, Hashirama riuscì a cancellare Madara dalla faccia della Terra.»
Avevo capito tutto, eppure continuavo a non esserne convinto. «E noi? Che cosa diamine c’entriamo? Perché…?»
«Essendo Madara l’unico Uchiha sopravvissuto a quella catastrofe, capirai bene che tutti gli Uchiha dopo di lui sono stati suoi diretti discendenti. Noi compresi. Otouto, non so se lo notasti dalle immagini che ci giunsero, ma tu… sei molto simile a Izuna Uchiha, il fratellino minore di Madara.»
«Questo non ha il benché minimo senso!» sbottai, allarmato, sempre più sicuro e convinto dal tono tanto amato di Itachi. «Una somiglianza? E che c’entra?»
Itachi era ancora tranquillo, e probabilmente si era aspettato pure una mia reazione del genere. «Gli Uchiha, o meglio, gli spiriti smaniosi di vendicarsi degli Uchiha, pensarono che potesse esserci un legame tra te e Madara, pensarono che fosse l’occasione giusta per entrare in azione e per vendicarsi. Non so di preciso che cosa dovettero credere, tuttavia suppongo che, secondo loro, da te sarebbe nato una sorta di nuovo Madara. Non furono i Senju a… impossessarti del tuo corpo, come credesti tempo fa, ma gli Uchiha, coloro che volevano vendicarsi di Madara.»
A quella confessione mi sentii più distrutto di quanto non fossi. Avrei voluto poggiarmi a Itachi, magari farmi consolare come quando eravamo piccoli. Volevo… semplicemente… volevo una spiegazione. Perché a noi? E perché per un motivo così stupido?
«Ma allora… se era con me che ce l’avevano, per quale motivo hanno ucciso te, la mamma e il papà?» domandai.
Fu un istante breve, ma Itachi non ebbe la forza per guardarmi dritto negli occhi e distolse lo sguardo. «E’ a causa mia» confessò, lasciandomi con gli occhi sgranati. «Sono stato io a proporre un accordo agli spiriti. Volevo difenderti, ma alla fine, a conti fatti, ho solamente peggiorato ogni cosa.»
«Nii-san, spiegati meglio.» Non era una paternale, quasi una supplica. Ero in ballo, volevo ballare fino alla fine, per quanto disarmante potesse essere.
«Otouto, pregai gli spiriti di risparmiarti la vita e di uccidere me al tuo posto. Spiegai loro che tu non potevi rappresentare Madara, non avresti mai potuto farlo. Concessi loro di scrutarmi dentro, di leggere qualsiasi mio ricordo su di te, mi misi a loro completa disposizione per dissuaderli, per far loro capire che tu non avevi nulla di Madara. Ma non fui convincente, evidentemente, perché loro continuarono, volevano te. O, in cambio, il resto della famiglia.»
Non dissi niente, non feci niente. Ascoltavo rapito, non volevo capire. Era assurdo. Quelle erano le mie certezze…
«Non avrei voluto ergermi a giudice supremo sugli altri, ma la tua salvezza per me era più importante di tutto. Se non avessi preso una decisione, ti avrebbero ucciso di sicuro, e non era questo che volevo. Scelsi così la sofferenza, per te, piuttosto che la morte. Alla fine, però, non cambiò nulla, non fui in grado di proteggerti, sbagliai su tutta la linea.» Si fermò un po’, sembrava cercasse le parole adatte. «Ed è per questo che, anche se adesso sai la verità, non ti fermerò, non cercherò di convincerti che la vendetta non serve a nulla. Mi serviva solamente parlarti, così da poter essere almeno un po’ in più in pace con me stesso. Chissà, è per questo che ci è stato concesso di rivederci?»
Itachi sorrideva di un sorriso triste ma al contempo rassicurante. Era la stessa espressione di quando gli Uchiha in me avevano ucciso i nostri genitori, lo ricordavo benissimo.   
Mi poggiò una mano tra i capelli, accarezzandomeli. La sua sagoma stava diventando sempre più chiara, meno tangibile, più lontana.
Io… non volevo che andasse via.
«Otouto, ricorda una cosa: non importa quello che farai d’ora in poi, io ti amerò per sempre.»
E svanì. Scomparve, fu lontano, e non avevo avuto il tempo nemmeno per… per… per cosa?
Caddi in ginocchio a testa bassa, al posto di Itachi era riversato il corpo di Naruto, che dormiva profondamente.
 
 
*
 
 
«Non fare tardi per pranzo!»
«No mamma, sarò puntuale, te l’ho già detto!» ridacchiai. Poi mi sbattei la porta alle spalle e fui fuori. Feci appena appena in tempo a udire la voce scherzosa e sempre allegra di mio padre che rassicurava la mamma.
L’inverno era arrivato, l’aria era talmente tanto gelida che i denti in bocca ballavano. Stretto nel cappotto, però, ci si difendeva abbastanza bene. Salutai allegramente la vecchietta del negozio di dolciumi e mi costrinsi a proseguire, sorridendo. Konoha era cambiata parecchio da quel giorno. Effettivamente, molte cose erano cambiate, e non solo l’aspetto del mio paese, divenuto di sicuro meno tetro, visto che la storia dello Spettro era stata risolta.
Arrivai in un posto abbastanza isolato. Una specie di viale desolato che, grazie alla ringhiera che lo costeggiava, si affacciava sul fiume. Mi ci poggiai, perdendomi nel movimento agitato delle acque.
Ricordavo ogni cosa di quel giorno, come se fosse stato proprio ieri.
Avevo potuto assistere al discorso tra Itachi e Sasuke, avevo compreso il legame tra i due e anche l’interiorità di Sasuke. Lui… non era cattivo, ma semplicemente… triste, solo, incompreso. Arrabbiato con il mondo perché non riusciva a trovare una spiegazione al suo destino, alla sua vita, a quello che gli era successo. Lo aveva dimostrato quando, distrutto fin dentro, aveva liberato coloro che aveva imprigionato, lasciando che tutti si dimenticassero di quant’era accaduto.
Tranne io.
C’ero entrato del tutto in quella faccenda, ne ero stato ricoperto fino ai capelli.
E lo espressi chiaramente con il mio ultimo desiderio.
Avevo capito che Sasuke se ne sarebbe andato, però non lo accettavo. Da succube e martire, nonostante tutto lo capivo, nonostante tutto lo amavo. Per questo quando lo avevo visto dissolversi sempre più davanti ai miei occhi non avevo resistito e lo avevo stretto a me, lo avevo baciato. Delicatamente, cercando di fargli capire che lo volevo lì, al mio fianco, che lo avevo perdonato se era quello che anche in minima parte voleva, che lo avevo capito, che desideravo aiutarlo.
Desiderai che, anche se avessi dovuto donargli metà della vita che mi rimaneva, Sasuke potesse vivere da vivo. E chissà per quale motivo accadde ciò che successe poi, ma ne fui felice.
«Ciao Naruto-kun.»
Sorrisi d’istinto, riconobbi quella voce.
«Itachi-san» lo salutai, voltandomi verso di lui. Il mio sguardo, però, si soffermò sul più piccolino dei due, che convulsamente stringeva la manina inguantata a quella dell’altro fratello. Le guance rosse lo rendevano adorabile.
«Naruto onii-chan, non hai freddo?» notò proprio lui, riferendosi, probabilmente, all’assenza di un mio set di cappello, guanti e sciarpa che il suo nii-san non gli faceva mai mancare.
Gli tirai una guanciotta. «No, Sasuke-kun, sto bene così!»
Lui rispose con un’espressione stizzita, infastidita, che mi ricordò tanto il mio Sasuke teme, che avrei visto molto presto, probabilmente: Sasuke cresceva a vista d’occhio – e più cresceva più ricordava –, molto più velocemente di un bambino normale, anche se – per chissà quale incantesimo, non mi interessava nemmeno saperlo – nessuno pareva accorgersene. Konoha era coperta da un manto di illusioni in cui solo io ci vedevo chiaro.
«Fa’ ciao, otouto, ora dobbiamo andare a casa» lo esortò Itachi paziente, e Sasuke obbedì.
Si allontanarono sotto il mio sguardo felicissimo.
Del resto, era giusto così, era giusto che quella possibilità di vita che per errore era stata tolta loro, venisse loro restituita. Una seconda opportunità più che meritata, sia per Sasuke che per Itachi.
E poi… chi aveva vinto la nostra scommessa? Io avevo riavuto i miei genitori, però pure Sasuke aveva vinto, anche se il piccolo teme ancora non poteva capirlo. Era finito, coi suoi modi bruschi, di legarmi a se per l’eternità.
Stupido, Sasuke teme… se non vinci non sei tu, eh?
 
 
 










 









 
Ed ecco che anche questa si chiude! <3
Dunque, che dire? Chi mi ha seguita, sa che ritengo questa una delle mie fanfiction preferite, per cui mi dispiace il doppio che sia finita – anche se sono contenta di essermi liberata da una storia! XD
Sicuramente, questo finale deluderà qualcuno, me lo sento, ma io, personalmente, ne sono soddisfatta. Era un altro il finale che avevo in mente, ma era drammatico, non c’era SasuNaru. In pratica, la scena si svolgeva nello stesso luogo, soltanto che Naruto avrebbe sentito Sasuke soltanto nel soffio del vento. O meglio, avrebbe interpretato quel soffio di vento addosso come lo spirito di Sasuke. Poteva essere anche più commovente, ma capite che io amo troppo l’happy ending per mandare tutto al diavolo! ;________;
Se almeno nelle fic è possibile, preferisco far finire bene. <3
Tanto questa è stata una storia ruotata tutta intorno alla fantasia, ai fantasmi, etc, quindi…
Ah, credo avrete notato lo spoilerone in questo capitolo. Ci sta una frase di Itachi… se n’è parlato talmente tanto che credo che tutti lo sappiano, ormai! XD Ma non la dico, non si sa mai… puntualizzo solo che c’è! <3
Passiamo ai ringraziamenti, va! <3
Ringrazio:
-chi ha letto e commentato (e chi lo farà in seguito <3);
(scusate del casino e del “contatta”, ma se avessi voluto eliminare tutto, non avrei pubblicato nemmeno per domenica XD).
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Un salutone generale a tutti, grazie per aver letto, commentato e, in generale, per avermi sostenuta! *^*

   
 
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