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Autore: _Sihaya    12/08/2012    5 recensioni
Finale alternativo per la saga di Harry Potter!
- Dimenticate l’epilogo di Harry Potter e i doni della morte (Diciannove anni dopo);
- eliminate circa le ultime otto pagine del finale e precisamente fermatevi alle seguenti parole (cito testualmente): “[…] L’alba fu lacerata dalle urla e Neville prese fuoco, immobilizzato. Harry non poté sopportarlo: doveva intervenire… Poi accaddero molte cose contemporaneamente.
- Ora domandatevi: “Quali cose sono accadute? E se fossero state dimenticate?”
[Ai capitoli 13, 19 e 27 trovate un breve riassunto degli eventi!]
Genere: Guerra, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Angelina/George, Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
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Lost Memories - Capitolo 40

Lost Memories

(di _Sihaya)

 

* * *

 

Sono le scelte che facciamo che dimostrano quel che siamo veramente,

molto più delle nostre capacità.

 

J. K. Rowling, Harry Potter e la camera dei segreti

 

* * *

 

Epilogo – Scelte (II Parte)

 

I programmi dei corsi intensivi per il recupero del settimo anno di scuola erano stati decisi e pubblicati tempestivamente. L’inizio delle lezioni era fissato al primo giorno di primavera.

Inutile dire che Hermione si era iscritta per prima. Il suo piano di studi, concordato a tu per tu con il professor Vitious e la professoressa Sprite, prevedeva un pacchetto intensivo che riuniva Incantesimi, Trasfigurazione, Erbologia e Pozioni, in seguito avrebbe seguito il corso di Storia della Magia integrato a Babbanologia e Antiche Rune integrato ad Artimanzia.

Rimboccandosi le maniche, a giugno avrebbe potuto diplomarsi.

Ovviamente nessuno aveva presentato lo stesso temerario piano di studi, anche se quelli di Terry e Luna davano del filo da torcere. Harry e Neville avevano optato solo per i corsi obbligatori, mentre Malfoy si era iscritto agli esami di tutte le discipline (d’altronde aspirava alla carica di Preside!), ma intendeva studiare privatamente.

 

In attesa di ritornare a fare la studentessa, Hermione si era offerta di lavorare da sola alla ricostruzione della Sala Grande. Riteneva che riuscire a incantare il soffitto e illuminare la stanza potesse essere un ottimo esercizio per prepararsi al M.A.G.O. di Incantesimi. Neville non aveva avuto nulla in contrario e così lei, munitasi di alcuni pesanti volumi raccattati tra quei pochi rimasti in biblioteca, si era letteralmente accampata nella Sala fino a che non fosse riuscita nell’intento.

 

In piedi, con i palmi delle mani appoggiati sulla lunga tavolata di Corvonero e la testa china sul manuale di Incantesimi aperto a metà, stava ripassando mentalmente la formula magica che avrebbe dovuto aprire il soffitto al cielo limpido di quel pomeriggio.

 

D’un tratto sollevò la testa e tese le orecchie. Lentamente si voltò verso l’ingresso e subito aggrottò la fronte.

 

Aveva avuto la sensazione d’essere spiata, ma non c’era nessuno.

 

Prima che potesse rendersene conto, il pensiero corse a lui. A Draco Malfoy. L’ultima volta che lo aveva visto era stato quando aveva testimoniato in tribunale, ma sapeva che s’aggirava nel Castello e aveva la netta sensazione che la stesse evitando.

 

Non l’aveva più rivisto, ma lo aveva pensato. Oh, se lo aveva pensato!

 

E lo aveva anche maledetto, qualche volta.

 

Per essersi intrufolato nella sua mente a piccole dosi, così minuscole da non farle minimamente sospettare quanto fossero pericolose.

 

Era difficile descrivere quello che provava.

 

Si era invaghita di lui? O, peggio ancora, innamorata?

 

Se l’era domandato, in effetti, con una certa apprensione che era aumentata appena si era resa conto che una risposta non l’aveva.

 

E che per trovarla doveva rivederlo.

 

E guardarlo negli occhi.

 

E…

 

Scosse la testa con decisione.

 

Che tu sia maledetto, Malfoy!

 

 

* * *

 

La porta dell’aula di pozioni s’aprì cigolando e Malfoy si voltò in modo talmente brusco che la seggiola su cui poggiava il piede cadde per terra.

 

« Potter? » Esclamò tra il sorpreso e l’infastidito.

 

Harry si fermò sulla soglia.

 

« Per tua sfortuna ho il permesso di stare qui, » asserì Malfoy dandogli le spalle.

 

Fu talmente irritante che Harry considerò di andarsene su due piedi, poi si disse che la cosa migliore era chiudere la faccenda in modo diretto e sbrigativo.

 

« Lo so. » Rispose secco. Neville gli aveva riferito che Malfoy non poteva prendere parte alla ricostruzione di Hogwarts, ma aveva ottenuto il permesso di frequentare il Castello durante i lavori.

 

« Bene. Allora levati di torno. » grugnì Malfoy.

 

« Non vedo l’ora. » commentò Harry, ma invece di uscire, s’avvicinò al banco.

 

Malfoy s’alzò in piedi sospettoso. « Che vuoi? »

 

Harry non disse nulla, si limitò a mettere sul tavolo una bacchetta magica.

 

Malfoy sbarrò gli occhi sconcertato: « Co-Come come l’hai avuta? »

 

Harry lo guardò con superiorità, senza celare la soddisfazione d’averlo preso in contropiede.

 

« Era nell’Ufficio del Preside. A quanto pare, Bellatrix l’ha conservata. »

 

L’aveva trovata nel primo cassetto della scrivania, privo di qualsiasi incantesimo di protezione. Gli era sembrata immediatamente familiare, ma aveva impiegato un po’ per ricordarne il proprietario.

 

« Apparteneva a tua madre, vero? »

 

Malfoy non rispose, ma afferrò l’oggetto con avidità temendo che Harry potesse riprenderselo da un momento all’altro. Poi fece una smorfia.

 

« Per quale motivo quella strega avrebbe dovuto tenerla? » Borbottò fra i denti, con rancore e disprezzo. Parlava fra sé e sé, non si stava rivolgendo a Harry, ma lui intervenne ugualmente.

 

« Perché Narcissa era sua sorella. »

 

Malfoy si voltò scettico verso di lui, sembrava avere bisogno di una spiegazione. 

 

« Essere un seguace di Voldemort non significa essere come lui, incapaci di amare. Forse Bellatrix, a modo suo, amava Narcissa. La sua morte deve essere stata dolorosa da accettare… »

 

Malfoy strabuzzo gli occhi. « Bellatrix era pazza. » scandì con sarcasmo.

 

Harry scrollò le spalle. « Non ha importanza. L’amore ha molte forme, » commentò, « a volte è malato. A volte è così debole che puoi ignorarlo tutta la vita, a volte la lotta per reprimerlo è persa in partenza. Può commuoverti o disgustarti, ma non puoi fare a meno di vederlo. Voldemort, invece, era cieco di fronte ad ogni aspetto dell’amore, questo lo ha reso estremamente potente, ma altrettanto disumano. »

 

« Le tue teorie sull’amore mi fanno venire il voltastomaco, » l’interruppe Malfoy.

 

« Anche i tuoi genitori, anche loro hanno - » azzardò Harry, ma non poté continuare, l’ordine di Malfoy - rabbia e dolore trattenuti a stento - lo zittì.

 

« Vattene Potter! »

 

Harry indietreggiò di un passo.

 

Vide il Serpeverde portarsi le mani al volto, stringersi le tempie e aggrapparsi ai capelli.

 

Forse non avrebbe dovuto nominare la sua famiglia.

 

Imbarazzato, s’infilò una mano in tasca e con l’altra si sistemò gli occhiali.

 

L’amore ha molte forme, pensò scivolando in silenzio verso l’uscita.

 

Anche il dolore.

 

* * *

 

Malfoy attese la sera per uscire dall’aula di Pozioni. Attraversò i sotterranei, risalì le scale ed entrò nel Salone d’Ingresso della scuola. Non c’era anima viva. Approfittò della solitudine per avvicinarsi alla grande scala di marmo, salì sul primo gradino e si voltò ad osservare l’entrata. Lì nessuno ancora era intervenuto: lo stato di degrado era notevole. Il marmo delle scale era danneggiato in più punti; la luce delle poche torce accese si perdeva verso l’alto e non era sufficiente ad illuminare l’enorme stanza; le clessidre segnapunti avevano crepe evidenti e il contenuto di ognuna si era riversato a terra mescolandosi con quello delle altre.

 

Strinse il palmo attorno al corrimano scheggiato: un’idea gli era balenata in mente. Con fare circospetto si guardò intorno assicurandosi d’essere effettivamente solo, poi impugnò la bacchetta magica. Sapeva perfettamente che ciò che stava per fare gli era stato proibito, ma in fondo che male c’era ad alleggerire un poco il lavoro delle instancabili formichine dell’Esercito di Silente?

 

Un frastuono, proveniente dalla Sala Grande, lo fermò appena in tempo. Era un rumore catastrofico, come se centinaia di volumi fossero precipitati a terra dallo scaffale più alto di una libreria.

 

Insospettito, raggiunse la Sala e sbirciò all’interno. D’istinto provò l’impulso di nascondersi, ma poi rimase sulla soglia.

 

Hermione non si era accorta del suo arrivo. Stizzita, con le braccia incrociate sul petto, batteva ritmicamente in terra la punta del piede destro. Sulla sua testa brillavano le prime stelle del cielo notturno, sul pavimento e sulle lunghe tavolate giacevano migliaia di candele spente.

 

Malfoy capì subito cos’era accaduto: Hermione stava cercando di incantare l’illuminazione della stanza ma le candele non rimanevano sospese che per pochi secondi.

 

Prese un respiro profondo e si rilassò appoggiandosi allo stipite con una spalla e infilandosi le mani in tasca. L’espressione imbronciata di lei gli strappò un sorriso: non aveva dubbi sul fatto che prima o poi ci sarebbe riuscita. Avrebbe tentato e ritentato fino allo sfinimento, e lui…

 

Lui aveva un sacco di tempo libero.

 

Hermione scosse la testa e sollevò la bacchetta; pronunciò la formula magica e le candele s’accesero all’unisono, vibrarono dando l’impressione di volersi sollevare ma pochi istanti dopo si spensero con un sibilo delicato e sconfortante. Piccoli fili di fumo si sollevarono dagli stoppini e nella stanza si diffuse un forte odore che lei provvide immediatamente ad eliminare. Poi si voltò di scatto e pestando i piedi raggiunse il tavolo di Corvonero sul quale erano aperti diversi volumi.

Si passò una mano tra i capelli (più ordinati del solito - notò Malfoy - ma sempre troppo voluminosi) e si tolse il mantello, che ripiegò sullo schienale di una seggiola.

 

Era quello di Aberforth, riconobbe Malfoy. Anche lei lo aveva conservato.

 

Appoggiò le mani sul tavolo e si piegò in avanti, spostando il peso del corpo sulle braccia e sulla gamba sinistra, piegando leggermente l’altra.

Spogliata degli abiti da mago, sembrava una babbana qualunque. Non ricordava per niente la ragazzina saccente e petulante che frequentava Hogwarts. Era come se le fosse rimasto addosso un velo di quella maschera indossata forzatamente per adeguarsi alla Londra babbana.

Portava una camicetta azzurra e delle scarpe grigie con un piccolo tacco che batteva nervosamente sul pavimento. Malfoy non poté fare a meno di seguire con lo sguardo il taglio della gonna: lunga fino al ginocchio, larga in fondo e stretta sui fianchi.

 

Un improvviso calore lo attraversò, arrossandogli le guance e appesantendogli il respiro, tanto che dovette allentarsi il nodo del mantello.

 

Aggrappandosi ad una buona dose di cinismo, si disse che quella era un’ovvia reazione. Quando non si ha più nulla da perdere è normale che anche le cose più squallide assumano valore e la banalità diventi preziosa. Nonostante la mediocrità delle proprie origini, Hermione Granger era tutto fuorché una ragazzina e poi, a pensarci bene, che potesse (con i dovuti accorgimenti) risultare carina l’aveva dimostrato anni addietro, quando si era presentata al Ballo del Ceppo al fianco di Krum e tutti l’avevano riconosciuta a stento…

 

Ma la realtà era un po’ più complicata.

 

E lui lo sapeva.

 

Perché quella volta l’imbarazzo gli aveva tolto le parole per qualche istante, ma poi si era volatilizzato senza lasciare traccia, mentre oggi (fosse anche solo per quella stupida gonna!) gli scaldava il sangue, gli agitava il respiro, lo confondeva.

 

Perché da quando Voldemort era stato sconfitto, non aveva trascorso un giorno senza chiedersi cosa stesse facendo o cosa avrebbe fatto l’indomani.

 

Perché l’improbabile alleanza che avevano stretto, inizialmente indigesta a entrambi, ora aveva assunto il sapore dei ricordi: ad ogni assaggio, sempre più dolci.

 

La vide gettarsi sconfortata su una seggiola e provò l’istinto di entrare e avvicinarla.

 

Per dirle cosa, poi?

 

Grazie di quello che hai fatto per me?

 

Scartò l’idea.

 

Avrebbe potuto scivolarle alle spalle e spaventarla, farla balzare in piedi con un grido terrorizzato…

 

Ma quella sembrava un’idiozia ancora peggiore.

 

« È da questa mattina che ci prova, sai? L’ho tenuta d’occhio. »

 

Malfoy sobbalzò con il cuore in gola e si guardò le spalle. Trattenendosi a stento dall’imprecare ad alta voce, puntò la bacchetta magica verso Pix.

 

Il poltergeist ridacchiò soddisfatto per la riuscita del proprio assalto a sorpresa. Era l’unico spirito ad essersi fatto vivo dalla sconfitta di Voldemort e, forte dell’assenza del Barone Sanguinante, scorazzava spavaldo per il Castello e importunava chiunque gli capitasse a tiro.

 

« Sta’ zitto! » lo minacciò Malfoy con un filo di voce e un’espressione truce.

 

Per nulla intimorito, Pix sghignazzò ancora più forte, poi, senza un preciso motivo, abbassò il tono di voce e affiancò il Serpeverde. « È carina, vero? » gli sussurrò all’orecchio.

 

Malfoy si scostò e agitò la bacchetta nell’aria, scacciandolo come fosse un moscerino e fulminandolo con lo sguardo.

 

In tutta risposta, Pix gorgheggiò in modo sommesso e alquanto irritante.

 

« Ih-ih-ih, peccato che sia una Grifondoro, » commentò ironico.

 

Se è per questo è anche una Sangue Sporco

 

Pix roteò nell’aria un paio di volte poi si piazzò ad una spanna dal suo viso.

 

« Posso darti un consiglio? »

 

Malfoy gli voltò le spalle seccato. « No. »

 

« Te lo darò comunque: nessun serpente vorrebbe mai trovarsi tra gli artigli di un rapace. »

 

Malfoy non ebbe il tempo di assimilare quella parole: all’improvviso Hermione s’alzò in piedi folgorata da un'intuizione, attirando la sua attenzione insieme a quella di Pix.

 

Ragazzo e spiritello la seguirono trepidanti, la videro brandire la bacchetta magica con sicurezza, disegnare nell’aria una trama complessa e l’udirono pronunciare una lunga formula.

 

In pochi istanti, come migliaia di piccoli soldatini, tutte le candele si sollevarono da terra volando verso il soffitto; lì, in un colpo solo, si accesero illuminando a giorno la Sala Grande.

 

Pix era ammutolito e Malfoy a bocca aperta per la meraviglia, il cuore gli batteva forte come al primo giorno di scuola.

 

Pensò a Hermione che teneva ancora il braccio sospeso nell’aria e immaginò chiaramente l’emozione che in quel momento la stordiva.

 

« Adesso sì che siamo a Hogwarts » mormorò Pix, con una commozione che Malfoy non avrebbe mai immaginato di trovare in uno spirito.

 

Malfoy aveva un nodo alla gola, gli occhi lucidi e nessuna parola, quindi Pix fece quello che – così pensava il poltergeist - avrebbe dovuto fare lui.

 

Si mise a battere forte le mani e a gridare: « Brava! Brava! »

 

Malfoy spalancò gli occhi terrificato, fece per schiantare il maledetto spiritello ma era troppo tardi: Hermione si era già voltata e li aveva riconosciuti entrambi.

 

Malfoy era certo che di lì a poco avrebbe iniziato a sbraitare per la loro maleducazione, ma per diversi secondi non accadde nulla. Lo sguardo di Hermione rimase fisso su di lui, che si ritrovò immobile, investito da una vampata di calore che gli prese l’intero volto, fin dietro le orecchie. Era troppo lontano per coglierne l’espressione, ma temeva che fosse di biasimo e delusione.

 

Perché era rimasto lì a spiarla invece di andare a dirle grazie.

 

O per tanti altri motivi.

 

Malfoy si toccò l’avambraccio sinistro attorno al quale aveva avvolto una benda medica, non per curare una ferita, ma per tentare di nascondere agli occhi ciò che, di fatto, non poteva più cancellare dall’anima.

 

E da quando l’aveva fatto, in effetti, certi errori avevano cominciato a diventare più sopportabili.

 

Ma questo non significava che lei la pensasse allo stesso modo.

 

Senza dire nulla, tirò un lungo sospiro e abbassò lo sguardo a terra, voltò le spalle a Hermione e allo splendore che aveva restituito alla Sala Grande e si eclissò dietro allo stipite del grande portone d’ingresso.

 

Aveva fatto appena un paio di passi che la sentì gridare dalla Sala, l’eco amplificava notevolmente la sua voce accentuando la nota drammatica che accompagnava il suo nome.

 

« Malfoy? Malfoy! »

 

Lui accelerò il passo per arrivare alle scale dei sotterranei. Aveva lo stomaco attorcigliato su se stesso. Non aveva davvero voglia di sentire il suo sarcasmo, le sue minacce o i suoi rimproveri, quello era un pessimo momento.

 

Lei comparve nell’atrio e di nuovo lo chiamò.

 

Lui non fermò la fuga. Fuggire era una cosa che gli riusciva piuttosto bene ed era anche convinto che fosse anche un’ottima soluzione per smettere di pensare a lei. Di pensarla in quel modo.

 

« Oh, Malfoy! Aspetta! » Supplicò lei.

 

Davvero il peggiore di tutti i momenti.

 

I suoi piccoli tacchi calpestarono il pavimento a un ritmo veloce e un po’ irregolare. Stava correndo verso di lui, che però continuava a camminare verso l’ingresso alle scale dei sotterranei. Non voleva essere raggiunto, tuttavia rallentò il passo. Così quando inforcò la porta che conduceva ai sotterranei, lei riuscì a raggiungerlo e lo afferrò per una manica del mantello, come se lui, appena svoltato l’angolo, potesse scomparire.

 

Ansimava forte per la corsa. Ed era agitata. Agitatissima.

 

Lui continuò a darle le spalle senza avere il coraggio di voltarsi.

 

Sapeva bene quello che avrebbe visto.

 

Avrebbe visto lei che lo stringeva al braccio e ansimava.

Lei che lo rimproverava d’averla spiata.

Lei con i suoi capelli cespugliosi, la camicetta azzurra, le guance arrossate e la gonna stretta sui fianchi.

Lei che era scesa a patti con lui, che l’aveva riportato a Hogwarts, che gli aveva salvato la vita… e che aspettava un “grazie”.

 

Sapeva bene quello che avrebbe visto.

 

Ma non sapeva quello che avrebbe sentito né, di conseguenza, quello che avrebbe fatto.

 

« Io… sono giorni che ti cerco, » disse a un tratto Hermione, seccandogli la gola.

 

Sono giorni che ti penso.

 

Giorni che ho paura.

 

Paura di incontrarti e allo stesso tempo di non vederti mai più.

 

Malfoy prese un respiro profondo ma rimase immobile.

 

Perché non poteva voltarsi. Doveva andarsene. Ma voleva restare. E guardarla negli occhi.

 

E forse voleva anche ringraziarla, ma quello non l’avrebbe fatto. No. L’orgoglio Slytherin non era nella lista delle proprietà confiscate alla sua famiglia.

 

Non c’era nemmeno la purezza del suo sangue, a dire il vero, ma lui era a un passo dal consegnarla di sua sponte.

 

O forse gliel’avrebbe strappata lei dalle mani… ma non faceva molta differenza.

 

Sentì la sua mano stringersi più forte attorno al braccio. « Volevo sapere come stavi… io volevo solo… ».

 

Malfoy trattenne il respiro.

 

Non poteva restare. Doveva andarsene.

 

Ma voleva davvero guardarla negli occhi per capire perché aveva lasciato quella frase a metà.

 

« Volevo rivederti.»

 

Doveva andarsene. Ma si voltò e piantò gli occhi nei suoi; l’intensità dello sguardo fu tale che lei dovette prendere due respiri prima di riuscire a parlare.

 

Sapeva quello che avrebbe visto…

 

« Mi hai evitato fino a ora di proposito, vero? » disse lei con un filo di voce.

 

Ma non sapeva quello che avrebbe sentito né, di conseguenza, quello che avrebbe fatto.

 

In tutta risposta, la spinse contro il muro e quando Hermione alzò gli occhi offesi per domandargli il motivo di quella reazione, si piegò verso di lei e la baciò.

 

Un vuoto, generato dalla spontaneità di quel gesto, s’allargò nello stomaco di Hermione.

 

Disorientata, si aggrappò con una mano al collo del suo mantello e con l’altra al suo braccio, lì, appena sopra alle bende che non poteva vedere (ma che poteva immaginare), conficcandogli il pollice nell’incavo del gomito. 

 

Lui ebbe un tremito e quasi senza accorgersene si avvicinò di più, cercando una risposta dalle sue labbra ancora inermi.

 

Ma calde. E morbide. E arrendevoli.

 

Nonostante lui tenesse la mano sinistra piantata contro la parete, accanto ai suoi fianchi senza osare sfiorarli, e nonostante sulla schiena sentisse chiaramente il contatto con la pietra gelida, Hermione aveva avuto la netta sensazione di cadere.

 

Di precipitare, per l’esattezza.

 

Un attimo dopo socchiuse le labbra.

 

Malfoy sentì il cuore aumentare i battiti e d’istinto le mise una mano alla vita, traendola, per quanto fosse possibile, ancora di più a sé.

 

Lei abbandonò la stoffa che stringeva fra le dita e con l’indice scivolò cauta, un po’ imbarazzata, a sfiorargli il collo. Malfoy sentì bruciare al contatto.

 

Che poi non c’era da sorprendersi, perché aveva già sperimentato quanto il suo tocco potesse scottare.

 

Reclinò la testa e lei aprì la mano sulla sua pelle, scivolò dietro la nuca e l’affondò nei capelli.

 

E poi, finalmente, accolse quel bacio che (cosa c’era di male ad ammetterlo?) desiderava con tutta se stessa.

 

Abbandonandosi al calore della sua bocca, Malfoy pensò a quello che aveva appena detto Pix.

 

Che nessun serpente vorrebbe mai trovarsi tra gli artigli di un rapace.

 

Ma le mani di lei premute sul suo petto, che salivano ad accarezzargli il collo, che sprofondavano nei suoi capelli… tutto sembravano, tranne che artigli.

 

Pensò a Salazar Serpeverde, alla Casa Slytherin e alla purezza del sangue che gli scorreva nelle vene.

 

Pensò a quello che avrebbe detto suo padre, se fosse stato ancora vivo.

 

Che suo figlio disonorava la famiglia, che trasgrediva ad una regola inviolabile.

 

Ma lui, a Hogwarts, le regole le aveva infrante più di una volta.

 

E in futuro, magari, in qualità di Preside, avrebbe potuto addirittura cambiarle…

 

All’improvviso fu attraversato da un ricordo.

 

Gemette e si separò bruscamente da Hermione, ma lei non ne fu sorpresa, aveva pensato alla stessa cosa: « Il Cappello Parlante… è danneggiato, ma si può riparare, » mormorò sulle sue labbra.

 

Lui si allontanò appena, per guardarla negli occhi. « Dovresti sistemare tu anche quello, ora che hai la Bacchetta di Sambuco… » azzardò.

 

Non gliel’aveva vista usare nella Sala Grande e moriva davvero dalla voglia di sapere quale ignobile destino lei avesse riservato al potente oggetto.

 

Sì, certo, il tentativo per ottenere l’informazione era pessimo, fallimentare in partenza, ma in quel momento, con lei ancora addosso, era impossibile ragionare. Non si curò nemmeno di mascherare la curiosità e un briciolo di disapprovazione che aveva sul viso per la prevedibile risposta.

 

Hermione, infatti, si limitò a sorridergli sardonica.

 

Lui allora inspirò profondamente e guardò prima verso le scale che conducevano nel seminterrato e poi sbirciò attraverso l’atrio verso la Sala Grande. Non per controllare d’essere soli, ma per imprimersi bene nella mente il luogo in cui stava accadendo tutto quello.

 

« Dico sul serio, » le disse, « dovresti riparare tu il Cappello Parlante. »

 

Hermione arrossì ancora di più. « Oh, ma io… non saprei da dove cominciare… » si schernì imbarazzata, « non so se posso farlo… » La sua voce vibrava di emozione.

 

Per il bacio che si erano appena scambiati.

 

Per il sapore di lui che ancora aveva sulla bocca.

 

E per il ricordo vivo e inebriante di ogni singolo evento, passato e presente, vissuto fra quelle mura.

 

« Certo che puoi farlo, » la rassicurò lui, « dopotutto, a Hogwarts eri la migliore. »

 

Poi le sorrise, ironico e rilassato, pervaso da una serenità mai provata prima.

 

« Dopo di me, ovviamente. »

 

Hermione aprì la bocca per ribattere, ma lui la mise a tacere con un altro bacio.

 

E questa volta lo fece consapevolmente: la strinse a sé con entrambe le braccia e chiuse gli occhi, l’accarezzò, respirò il suo profumo, cercò la sua lingua e ascoltò i suoi gemiti. Senza pensare più a niente.

 

 

- Fine -

 

 

* * *

 

 

F I N I T A

 

Non vedevo l’ora, giuro. Anche se so perfettamente che questo è un lavoro pieno (anzi, stracolmo) di difetti, non posso negare d’esserne soddisfatta. Ci ho lavorato per ben tre anni, quando ho iniziato a pubblicare ero più o meno al capitolo 19 e, anche se la mia mente contorta aveva già architettato quasi tutto, non credevo davvero di riuscire a terminare (ci mancava solo che Madre Natura, sul finale, decidesse di shakerarmi la vita…)

 

Che dire ancora?

GRAZIE

 

Grazie per aver commentato con sincerità, e grazie per essere arrivati fino a qui. Spero che vi siate divertiti, così come mi sono divertita io a macchinare questa trama.

   
 
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