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Autore: Thumbelina    18/11/2012    3 recensioni
E’ veramente lì fuori, è così? Dobbiamo essere in grado di difenderci da soli. E se la Umbridge si rifiuta di insegnarcelo ci serve qualcuno che lo faccia.
Ok, questa idea mi è venuta guardando questa sera stessa il film hp5, e al sentire questa frase mi è parso che sullo schermo comparisse la scritta "e se non si stesse riferendo ad Harry?" e da lì è stata tutta un'ispirazione! Quindi mi sono subito tuffata a scrivere (dopo aver visto la fine del film, ovviamente!) ed ecco qua la mia piccola introduzione. Che dirvi, penso che sia un'idea molto originale, probabilmente non avete mai letto niente, niente di simile, o almeno spero, ecco tutto! Spero di avervi quantomeno incuriosito, e che quindi leggerete il mio primo ed insulso capitolo (è una stupida, semplice introduzione, nulla di che) per poi appassionarvi alla storia, quando questa sarà pronta per essere scritta, cosa che avverrà molto presto, temo. Forse è la storia più geniale che mi sia venuta in mente, e di certo è qualcosa di totalmente diverso rispetto al mio genere e quindi... non c'è che dire, sono molto incuriosita anch'io. Prima di finire le parole a disposizione vi lascio. Bacioni. Buona Lettura. Giulia.
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dolores Umbridge, Il trio protagonista, Severus Piton, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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Le scuse (sia di Potter, sia dell'autrice!)

La seconda delle Riunioni Speciali dell’E.S. era stata molto più breve e semplice della prima. Dopo l’invettiva di Severus Piton e la sua grande uscita di scena, i ragazzi s’erano guardati sconvolti fra loro, applaudendo il discorso del loro insegnante, ed era solo grazie a Harry, Ron ed Hermione che erano riusciti a tornare non visti fino ai loro dormitori, in quanto, presi dall’euforia, sarebbero usciti di lì tutti insieme chiacchierando animatamente su quanto travolgente fosse stato il monologo.
Così, presi come non mai dall’idea di quelle lezioni, avevano aspettato con ansia, il successivo incontro, interrogandosi fra loro su quale sarebbe stato il prossimo argomento, e su come il professor Severus Piton avrebbe scelto di trattarlo.
Quell’impeto, quell’ansia, quell’enorme coinvolgimento, era andato però molto presto ad eclissarsi. Erano passate infatti ben due settimane, due settimane dalla fine della precedente lezione, e Severus Piton non s’era ancora deciso a convocarne un’altra. In un primo momento, Harry e Ron avevano pensato – nonché sperato – che questo ritardo derivasse solo dal fatto che il professore non fosse riuscito a mettersi in contatto con loro, e così avevano preso a fingere di dimenticare qualcosa nell’aula di Pozioni, per tornarvi quando c’era solo lui, a camminargli casualmente accanto se lo avvistavano nei corridoi, a passare più tempo possibile nei sotterranei, di dargli, insomma, l’opportunità di parlargli, ma, a quanto pare, Severus Piton non s’era sprecato a coglierla. Se qualcuno s’attardava in aula per parlargli lui s’affrettava a uscirne, se lo si raggiungeva nei corridoi accelerava il passo, e se sentiva le voci dei suoi studenti provenire dai sotterranei vedeva bene di non uscire dal suo ufficio. Sembrava come non mai tentasse di evitarli…
Quindi, dopo che le due settimane s’erano trasformate in tre, i ragazzi avevano visto bene di riunirsi per discutere della situazione.
Il convegno era stato tenuto dagli stessi ragazzi che avevano tenuto il primo, nello stesso identico bagno, l’unica grande differenza era rappresentata dalla persona di Hermione Granger, che se ne stava comodamente seduta su un lavandino, zitta, a guardarli divertita, intervallando le loro invettive con delle risate non trattenute che facevano montare i nervi a tutti. Dopo aver ripetuto per la quarantatreesima volta la soddisfacente formula “Ve l’avevo detto” declinata e proposta sotto tutte le sue possibili sfaccettature, s’era stufata anche lei di quella ripetizione, e così ora si limitava a restare in silenzio a godersi l’avverarsi di tutte le sue tesi. Parte ancora migliore del tutto era il fatto che nessuno potesse obbiettarle quelle risate, o arrabbiarsi apertamente quando le faceva, in quanto, e questo nessuno poteva più ammettere non fosse vero (sebbene Zacharias Smith c’avesse provato incredibilmente a lungo) che lei aveva avuto ragione su tutto.
Così, da brava Prefetto la quale era, Hermione Granger si era rimboccata le maniche ed era andata a presentare al caro professor Piton le sue più sincere scuse a nome di tutti.
“Non credo proprio che sia il caso di tenere questo discorso, signorina Granger.” Aveva commentato Severus Piton mentre lei lo aiutava a rimetter in ordine l’aula appena finita la lezione “Anzi, devo dire di sentirmi anche piuttosto irritato dalle sue scuse, a dire il vero.” “Addirittura??” aveva chiesto lui Hermione “Ok, i ragazzi si son comportati male, questo lo so quanto lei, ma ora non le sembra di esagerare?” “No, io non esagero affatto.” le aveva risposto Severus “Non ho mai esagerato in vita mia, pensa un po’ se comincio a farlo adesso…”
Non che Hermione avesse condiviso a pieno l’idea che il suo professore fosse un idolo d’equilibrio e moderazione, a dire il vero al sol sentirselo dire aveva fatto ruotare le orbite con espressione seccata (tanto da provocare un richiamo), diciamo solo che aveva avuto il buon gusto di non commentare, ed aspettare che il suo insegnante parlasse, concludesse il suo discorso, sfogasse pure tutta la sua rabbia, senza fargli la minima obiezione.
Ciò che ne era uscito di importante dal discorso, suonava più o meno così:
“Se permette, signorina Granger,” aveva detto Severus Piton “pensavo che dotata com’è di un ingegno largamente superiore alla media, lei non avrebbe avuto il minimo problema nel capire che la mia invettiva della lezione scorsa era rivolta a tutti fuorché a lei.” “Sì,” aveva risposto lui Hermione annuendo “lo avevo capito”. “Perfetto, ed allora perchè è proprio lei ad essere qui, signorina Granger? Proprio lei, l’unica, la sola, che non mi si è opposta e che ha provato piuttosto, stando a quel che mi è stato dato capire, di difendere i miei metodi, proprio lei viene a scusarsi? Mentre tutto il resto della classe, quella stessa classe che mi si è rivoltata contro se ne sta comoda comoda ad aspettare il suo ritorno. Beh, mi dispiace, signorina Granger, mi dispiace davvero, ma non ritengo opportuno, da parte mia, accettare e sue scuse; perché lei non me le deve”.
Detto ciò, il professore aveva visto bene di non proferir più parola, ed era tranquillamente uscito dall’aula lasciando Hermione da sola.
Per quanto la ragazza non avesse sperato affatto che con quel breve dialogo la situazione potesse definirsi conclusa, nell’accezione positiva del termine almeno, era stata davvero molto seccata dal constatare che il professor Piton sembrava del tutto intenzionato a persistere nell’ignorarli. Tutti i ragazzi avevano per poco sperato che quel gioco stancasse prima lui che loro, ma, dopo ben altre due settimane di silenzio assoluto, avevano finalmente accettato l’idea che il professore non li avrebbe perdonati per nulla.
Così, accettata questa nozione come consapevolezza, era stato Harry a farsi avanti, comunicando ai suoi sempre più disperati compagni che sarebbe andato lui a parlare al professore. Hermione, pur avendo soppesato questa sua proposta un po’ più accuratamente di lui, aveva preferito comunque non frenarlo né dir nulla, contando comunque sul fatto che probabilmente il ragazzo non avrebbe poi saputo tenere testa alla propria promessa. E, se davvero l’avesse fatto… in quel caso sarebbe stato saggio sbrigarsi a metter su un rifugio antibomba, per se e per tutti gli elfi domestici!
Neanche lo stesso Harry, a dire il vero, era assai convinto della sua impresa. Il suo piano era molto semplice: avrebbe cercato di fermare il professore per parlargli e quando lui l’avrebbe ignorato – ed Harry era piucchè sicuro che il professore l’avrebbe ignorato – sarebbe tornato dai suoi compagni raccontando la propria sconfitta, così che nessuno potesse dire che non ci aveva provato. Sì, s’erano visti piani migliori.
Tristemente però, per Harry e per tutti, l’occasione per parlare con il suo professore si era presentata eccome. Venerdì sera, per precisione, dalle sette e dieci – perché era arrivato in ritardo – fino alle otto, ora della sua punizione. Ah, sì, ci sarà da spiegare anche questa…
Quella era stata una lezione come le altre con il professor Piton, resa ancora più insopportabile dal fatto che dopo il monologo dell’ultima lezione il caro Severus era peggio sempre. Tendeva a evitare tutti i membri dell’esercito, a trattarli peggio di sempre, se possibile, e così un giorno Harry non ce l’aveva fatta più, ed era esploso. Non era stato poi un gran monologo, più che altro si era alzato in piedi, aveva detto “Basta!” e fatto cadere, nell’alzarsi, il suo calderone, nonché quello di Ron, situato accanto al suo, rovesciando il contenuto di entrambi a terra. La cosa gli era costata non solo la pessima figura fatta davanti a Piton, che invece di ammonirlo si era limitato ad un’occhiata pungente, ma anche una punizione. Tutti i suoi compagni dell’esercito, comunque, gli avevano strizzato l’occhio, usciti dalla stanza, convinti come non mai che quella punizione facesse parte niente popò di meno che del suo brillante piano per parlare con Piton. Harry s’era comportato come se così fosse, sorridendo e ammiccando a sua volta ai suoi compagni, ma in realtà s’era maledetto per mille e mille volte, essendo com’era ora costretto per davvero a parlar al professore.
È qui che siamo rimasti.
Il professor Severus Piton se ne stava, per inciso, comodamente seduto presso la sua scrivania, a contemplare dei fogli che aveva dinnanzi (i compiti dei suoi alunni, probabilmente), senza degnare Harry, in ginocchio sul pavimento, neppure di uno sguardo. Il ragazzo non stava sul pavimento per caso. Tanto per farvela breve, il professore aveva appioppato lui un noioso, noiosissimo incarico, il quale consisteva, a conti fatti, nel riordinare per ordine alfabetico uno schedario di quasi un centinaio di fascicoli.
Aveva già cominciato da venti minuti buoni il suo lavoro, il ragazzo, senza pur proferir parola al suo insegnante, ed era arrivato alla lettera N.
La situazione era imbarazzante. Sapeva di dover parlare con il suo professore, lo sapeva eccome, e sapeva anche che probabilmente il caro Severus Piton s’aspettasse a sua volta che lui parlasse, eppure non sapeva come cominciare. Il silenzio in quella stanza era così totale che gli sarebbe davvero sembrato un delitto squarciarlo così, e poi temeva, soprattutto, che le sue parole potessero, se possibile, peggiorare addirittura la situazione.  Quella che gli ci voleva per cominciare era, di preciso, una frase ad effetto. Qualcosa di spiccato, di brillante, una frase alla Hermione, che catturasse l’attenzione del suo insegnante, qualcosa che lo scioccasse, che lo lasciasse senza fiato, che l’ammaliasse. Qualcosa di geniale, un discorso bello quanto quello che il suo insegnante aveva fatto loro cinque settimane prima. Sì, ci voleva qualcosa di ingegnoso…
- Chi era Deliverance Nolahan? – chiese Harry, indirizzando al suo insegnante uno dei fascicoli che aveva in mano.
Ok, non era proprio il discorso brillante in cui aveva sperato, ma era pur sempre un inizio…
- Come, scusa? – domandò lui il professore alzando gli occhi dalle verifiche.
- Deliverance Nolahan, - ripeté Harry – c’è il suo nome nel fascicolo che stavo sistemando, ed ho visto che l’ha promossa con il massimo dei voti in Pozioni, doveva essere brava…
- No, Potter, - rispose lui Severus – non era brava affatto, la peggiore studentessa che io abbia mai avuto, le mettevo buoni voti perché il suo gatto mi stava simpatico… certo che era brava!
- Ok, ok, - fece Harry – non si scaldi tanto, era solo così per dire…
- Già, Potter, a volte dimentico che parli solo perché hai la bocca – commentò Severus.
- Molto divertente, quanto un chiodo in fronte, all’incirca, - rispose lui Harry – comunque aveva ragione, doveva essere proprio brava, è anche Corvonero.
- Il fatto che sia Corvonero non significa per forza che debba eccellere nella mia materia, sai? – rispose lui stizzito il professor Piton – Nel corso della mia carriera scolastica ho bocciato molti Corvonero, circa otto all’anno che sono un gran bel numero, certo, mai quanto i Grifondoro…
- Sì, già, noi Grifondoro siamo negati, ed immagino che lei si sentirà soffocare se non mi fa l’immenso piacere di ripeterlo ogni tre minuti, giusto? – fece lui Harry.
- Lei ha forse dimenticato, signor Potter, di trovarsi in punizione? – chiese lui Severus in tono severo.
- E lei ha forse dimenticato che mi ci sono fatto mettere apposta, professore? – gli fece eco Harry.
Quella era una balla, una balla bella e buona, ed Harry questo lo sapeva benissimo, eppure, pensò il ragazzo sostenendo fieramente lo sguardo del suo insegnante, se tutti c’avevano creduto, forse anche Piton non sarebbe stato da meno…
- Risparmiatela per i tuoi compagni, Potter, – rispose lui Severus, - se sono così stupidi da crederci, ma non pensare di ingannare me, sono troppo furbo per i tuoi standard, e tu sei troppo ottuso per i miei.
- Non è una bugia! – protestò Harry – Lei non si decideva a convocare l’Esercito e si ostinava di evitarci, così ho pensato che avrei potuto parlarle solo se lei mi avesse punito.
- Già, suppongo che sia questa la versione che hai dato ai tuoi compagnucci per farti bello dinnanzi a loro, non è così? – chiese lui il professore – Un’altra storia inventata a bella posta per far vantare al ragazzo-che-è-sopravvissuto un’altra grande vittoria, immagino. No, no, non credo che tu sia abbastanza intelligente neppure per questo… - continuò Severus – già, mascherare un errore pazzesco in una trovata geniale, ci vorrebbe una soglia d’ingegno come minimo superiore allo zero, e tu hai ripreso da tuo padre… hum… direi che è stata la signorina Granger a suggerire la trovata, se solo non sapessi che lei è troppo intelligente per poter pensare che un eventuale colloquio fra noi due potesse risolversi in qualcosa di buono, ed anche il signor Weasley è da escludersi per ragioni che rasentano l’ovvietà, quindi immagino che dev’esserci stato un malinteso. Sì, scommetto, che aveva promesso ai suoi compagni di parlare con me dopo che avevo rifiutato le scuse della Granger, sì, doveva fare l’eroe, come al solito del resto, e poi non ha avuto il coraggio di farlo, e così, quando ha fatto l’errore di farsi mettere in punizione, ed i suoi compagni l’hanno scambiata per una trovata geniale, così lei si è semplicemente limitato a confermare la loro versione. Hum… sì, le cose devono essere andate più o meno in questo modo…
- Wow, - commentò Harry staccando un momento lo sguardo dai suoi fascicoli – deve essere proprio un bravo legilimens lei.
- Non serve essere un legilimens per dire quello che ho appena detto, Potter, – rispose lui il professore – tu sei così prevedibile!
- Beh, lei è antipatico…
- E lei è in punizione. Devo forse ricordarle ogni due minuti, Potter, chi dei due sia in punizione qui?
- Io sarei molto più educato se lei non fosse così scontroso…
- Io sarei molto meno scontroso se lei non fosse così seccante
- Io non sono così seccante!
- Credimi, lo sei…
- Questo lo pensa solo lei. E’ naturale, lei mi odia!
- Io non ti odio, Potter. Io ti disprezzo, è differente. Sei tale e quale a tuo padre, due palloni gonfiati, elogiati ed acclamati da tutti, pur senza aver mai fatto nulla di speciale.
- Io non so se lei l’ha mai notato, professore, magari i fumi delle sue pozioni le hanno annebbiato un po’ la vista, ma è un po’ di anni che mi trovo a lottare contro Lei-sa-chi, al primo anno come testa rampicante sulla nuca del professor Raptor, e poi nella camera dei segreti contro quel che rimaneva nel suo diario, e l’altr’anno contro di lui stesso, e tutto il suo bel girotondo di mangiamorte e allora… Beh, insomma penso che questo possa essere etichettato come QUALCOSA DI SPECIALE, lei non crede?
- L’elenco dei tuoi successi non diverte nessuno, signor Potter, tanto meno il sottoscritto, ed in più vorrei ricordarle che la sua fama era già a vertici incridibili ancor prima che lei smettesse di usare il pannolino. Suppongo che sia stato questo a montarla così tanto…
- Io non sono montato!
- Sì, Potter, lo sei.
- No, non è vero. È lei il montato, il pallone gonfiato, che fa tanto il sofisticato con i suoi metodi alternativi che non si degna neppure di spiegarci e poi va su tutte le furie appena qualcuno prova a farle notare che sta facendo la cosa in modo strano.
- Io non le permetto…
- Sa che le dico? Noi non siamo le sue cavie da laboratorio, non può provare le sue pratiche alternative come le pare e pretendere che noi stiamo zitti. Non ha provato a spiegarcelo, a dircelo, pretendeva che noi ci sottomettessimo ai suoi metodi di merda senza alcuna spiegazione!
- POTTER!
- Beh, io dico che lei non ha mai voluto davvero tenerla quella classe, no, una parte di lei si ribellava all’idea di prepararci, altrimenti non sarebbe stato così duro con noi, così assurdo, e non avrebbe continuato ad ignorarci, a tenerci il muso anche dopo le nostre scuse…
- Ma è questo il punto, Potter, io non ho mai ricevuto neppure l’ombra delle vostre scuse.
- È una bugia, non le abbiamo…
- No, Potter, non voi, la signorina Granger mi ha chiesto scusa, e lei era l’unica che avrebbe potuto astenersi dal farlo.
- Anche io le ho chiesto scusa!
- No, Potter, non l’hai fatto! Quello che ho visto da parte tue è stato un pedinamento, e poi silenzi imbarazzati, sguardi, non sono una ragazza che devi rimorchiare, Potter, sono un insegnante che hai oltraggiato! Dovresti essere come minimo spiacente!
- E lo sono, è chiaro che lo sono, lo siamo tutti e lei è sicuramente troppo intelligente per non averlo capito, è piucchè evidente che siamo mortificati e la rivogliamo con noi, quindi qual è il suo problema?
- Il mio problema è che così è troppo facile, voi mi avete cacciato e…
- No, tecnicamente non l’abbiamo fatto perché con il suo monologo ci ha anticipati, ha intenzione di fare un processo alle intenzioni?
- Io processo quel che mi pare, Potter! Volevate cacciarmi dopo solo due lezioni per il semplice fatto che il mio modo di insegnare non era quello che vi sareste aspettati, non era quello di Lupin…
- Né quello di qualsiasi altro insegnante normale (e parlo per sentito dire dato che non ne abbiamo avuto granché da quando sono arrivato)…
- Non vi siete fermati neppure un attimo a cercare di comprendere i miei metodi: mi avevate chiesto di prepararvi per una guerra, avreste dovuto capire…
- Andiamo, professore, nessuno avrebbe mai potuto capirlo!
- La signorina Granger l’ha fatto! Lei non mi è andata contro!
- Già, ed ha intenzione di mettere su una fondazione per la liberazione degli elfi domestici, la cosa non le dice niente? È più sensibile del normale, crede che ci sia del buono in tutti, tranne che nello studio della Divinazione, quindi…
- Bene, così gli alunni dalla mia parte scendono a 0. Complimenti, Potter, per aver scavato una buca là dove credevo di aver toccato il fondo.
- Gli alunni non scendono a zero, professore, gli alunni dalla sua parte sono vent’otto, non ce n’è uno fra tutti quanti che non la rivorrebbe indietro professore. Ok, avevamo frainteso i suoi metodi (non che lei si fosse disturbato a spiegarceli comunque) e siamo saltati a conclusioni affrettate e sbagliate. Non capivamo il suo metodo perché non capiamo cosa ci sia là fuori, ma non è proprio questo che la dovrebbe spingere a non abbandonarci? Ora come non mai può vedere quanto siamo incasinati, quante poche possibilità abbiamo di sopravvivere, aveva accettato di aiutarci proprio per questo, giusto? Per darci una possibilità di sopravvivere. Ed ora vuole lasciarci, adesso che ha potuto vedere con i suoi stessi occhi quanto davvero ci occorra il suo aiuto, se non riusciamo neppure a riconoscerlo. Ha ragione, professor Piton, con Voldemort io ho sempre avuto fortuna. Non so come ho fatto a cavarmela contro di lui da bambino, ho messo per puro caso le mani sul volto di Raptor, e Fanny mi ha aiutato nella camera dei segreti, e poi l’hanno scorso se non avessi sentito le voci dei miei e di Cedric nel cimitero… no, probabilmente non ce l’avrei fatta. Credo che la mia fortuna sia finita professore, che io l’abbia consumata tutta nel chiedere il suo aiuto, ma non avrei mai potuto farne un uso migliore. Lei mi ha salvato la vita troppe volte perché possa permettermi di implorarle aiuto ancora una volta, lo so, soprattutto ora che ho denigrato tutti i suoi sforzi. Ma ho davvero bisogno che lei mi dia una mano, ne abbiamo bisogno tutti, perché lei aveva ragione: non abbiamo neppure una possibilità di cavarcela là fuori. Pensavo che non ci potesse essere nulla di peggio delle sue lezioni, ma credo di preferirle di gran lunga alla morte. La mia vita è nelle sue mani, professore, io ce l’ho tolta ed io ce la rimetto. La imploro ci aiuti per un’ultima volta, ci dia un’ultima possibilità, e le giuro sul cadavere di mia madre che non ci azzarderemo a sprecarla. La prego.
Harry vide il professor Piton alzare lentamente lo sguardo su di lui. Qualcosa nell’ultima parte del suo discorso doveva averlo colpito particolarmente, perché sembrava alquanto turbato.
- Mercoledì prossimo, Potter, alle diciotto e trentacinque, - si limitò a dire poi mentre sul viso del ragazzo si accendeva un enorme sorriso – se solo qualcuno di voi prova anche solo a immaginare di venire in ritardo io…
- Non la deluderemo, lo giuro, - rispose entusiasta Harry - saremo tutti in aula mezz’ora prima, mi occuperò personalmente che tutti siano piucchè…
- La tua punizione è finita, Potter, - lo interruppe Piton, fingendo disgusto dinnanzi a tanta euforia – ed ora vola ad avvertire quegli altri scellerati dei tuoi compagni.
- Lo farò, professore, lo farò subito – rispose il ragazzo lanciandosi alla porta – li avvertirò uno ad uno, e gli farò tutto il discorsetto che lei ha fatto a me, gli ricorderò come lei sia stato gentile ad accettare, e che se proviamo a deluderla ancora lei…
- Va, Potter, hai parlato abbastanza – lo liquidò Piton.
Il ragazzo uscì, sorridente, dall’ufficio.
- Ah, Potter! – lo richiamò il suo insegnante.
- Sì, professore? – chiese il ragazzo tornando indietro.
- Il tuo è stato davvero un bel monologo, ma sarebbe bastato che dicessi anche solo scusa.




IMPLORO PIETA'.
Già, vorrei scusarmi per l'immenso ritardo nell'aggiornamento non solo di questfa, ma di tutte le mie storie, adducendo comunque a riguardo tre giustificazioni quantomeno valide.
Punto uno, il mio Word funziona davvero, davvero male, nel senso che ci mette venti minuti buoni per aprirsi, venti minuti buoni per richiudersi e s'impalla continuamente, così come il mio computer, che sta ormai in uno stato comatoso/vegetativo.

Punto due, mi mancava l'ispirazione, o anche la voglia, ossia ogni volta che mettevo le mani sul pc mi perdevo fra facebook o youtube o la nuova puntata di Pretty Little Liars in streaming e facevo tutto fuorchè aggiornare. Mi pesava anche solo il pensiero di aprire il documento (ragione spiegata nel punto 1), e se lo facevo e cominciavo a scrivere un paio di righe accadeva qualcosa che mi faceva smettere, mi ripromettevo di continuare il giorno dopo e tutto si concludeva in un nulla di fatto.

Punto tre, in questo periodo sono successe cose non gravi ma alquanto spiacevoli nella mia vita, diciamo che sto passando un pessimo periodo nella mia vita e queste cose brutte, fra l'altro, mi hanno anche fatto mettere in discussione il mio modo di scrivere. Non sono più affatto convinta di quello che ritanevo essere il mio unico talento, la mia vocazione.
Non prometto nulla, non ne sono in grando. Ma appena chiuso qui apro il documento su Dall'ultima sera in poi e vedo un po' che posso fare. Avevo intenzione di apporre al titolo la formula "- storia di alcune seconde possibilità", col tempo capirete. Baci. Giulia.

   
 
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